Saggio
Cautela e protezione dell’impresa nelle procedure concorsuali *
Salvo Leuzzi, Magistrato addetto al Massimario della Suprema Corte di Cassazione
30 Aprile 2019
Cambia dimensione testo
Sommario:
1 . Procedimento unitario e omogeneizzazione del modello cautelare-protettivo
2 . Definizione codicistica delle misure protettive
3 . Definizione codicistica delle misure cautelari
3.1 . Atipicità e strumentalità
3.2 . I presupposti del periculum in mora e del fumus boni juris e la loro prova
4 . Le misure protettive nel quadro dei procedimenti di allerta
5.1 . L’istanza di parte e la relativa rinuncia
5.2 . Attuazione e assorbimento.
6.1 . I sequestri c.d. “prefallimentari”
6.3 . La sospensione delle azioni esecutive
Al netto di questa fattispecie generale, l’adozione di misure cautelari e protettive si propone alla stregua di semplice possibilità, tanto nel caso di liquidazione giudiziale, quanto di concordato preventivo o di accordo di ristrutturazione dei debiti. Qualora faccia difetto la concessione di misure protettive – e qualora sia mancata la richiesta nella domanda summenzionata –, i creditori saranno legittimati a proseguire nelle loro iniziative individuali, pur in pendenza del procedimento unitario per la regolazione della crisi e dell’insolvenza, anche in ipotesi in cui il concordato preventivo o l’accordo di ristrutturazione dei debiti ricevano il suggello dell’omologazione.
protettiva intenda ottenere, apparendo semplicemente indispensabile che indichi l’obiettivo che persegue con la divisata misura protettiva; il Tribunale, nei limiti delle finalità dichiarata, potrà adottare quella misura che consideri nella specie più utile, anche concedendone una diversa da quella abbozzata o modulando sul caso concreto l’efficacia di quella invocata. Tale conclusione è il corollario dell’assenza di un contenuto prefissato delle misure, di talché sarebbe incongruo subordinarne l’emissione ad una domanda analitica e vincolante del debitore, tanto più che il contenuto del provvedimento potrebbe dipendere dalle indicazioni provenienti dall’OCRI (o dell’Organismo di composizione della crisi nel caso di imprenditore non fallibile) che collabora con l’imprenditore nella ricerca della soluzione più opportuna.
Tra i provvedimenti idonei a ridondare sulla sfera giuridica di terzi e non costituenti esercizio di diritti già facenti parte del patrimonio del debitore, va annoverata la sospensione dei contratti pendenti, che invero non innesca un pregiudizio definitivo e irreversibile.
In aggiunta a quelle atipiche, l’art. 20, comma 4, delinea al- cune misure protettive tipiche, in tutto analoghe a quelle che scattano ope legis a seguito del deposito della domanda di omologazione di concordato preventivo (art. 89 c.c.i.), suscettibili di essere chieste per tutta la durata del procedimento, non indefettibilmente connesse alla necessità di condurre a termine le trattative, non sottoposte ai termini originari (tre mesi) che contrassegnano quelle tratteggiate dal comma 1 della norma anzidetta. Dette misure tipiche sono funzionali a scongiurare i contraccolpi del percorso intrapreso sul funzionamento della società e a esonerare gli amministratori da responsabilità omissive che altrimenti si configurerebbero. In altri termini, esse trovano una giustificazione tangibile nella attitudine ad evitare la paralisi della società nel tempo necessario alla ricerca della soluzione concordata della crisi [18] ; non è un caso che consistano nel differimento degli obblighi societari previsti dagli 2446, commi 2 e 3, c.c. (riduzioni del capitale sociale per perdite nelle s.p.a.) [19] , 2447 c.c. (aumento del capitale sociale in caso di riduzione al di sotto del limite legale), 2482-bis, commi 4, 5 e 6, c.c. (riduzione del capi- tale sociale per perdite nelle s.r.l.), 2482-ter c.c. (riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale nelle s.r.l.). Tra gli strumenti de quibus va, poi, annoverata anche la non operatività delle cause di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli artt. 2484, n. 4), e 2545-duodecies c.c. [20] .
La sospensione, eventualmente disposta dal Tribunale, dell’efficacia delle cause di scioglimento comporta il venir meno anche dell’obbligo di depositare presso il Registro delle Imprese la relativa dichiarazione di accertamento, benché sospendere l’informazione sul verificarsi della liquidazione durante la fase di soluzione concordata della crisi possa portare a delle conseguenze assai pregiudizievoli per i terzi che, non a conoscenza della crisi (per effetto della prevista natura confidenziale e riservata dalla soluzione concordata della crisi), potrebbero essere indotti a considerare completamente affidabile la società, senza neppure potere far conto sulla responsabilità degli amministratori, esonerati dalla sospensione prevista dall’art. 20.
La natura sommaria della cognizione cautelare impone comunque che vengano conservate le garanzie previste dal legislatore del `90 per consentire un controllo sull’esercizio del potere urgente. E per la verità, a dispetto dei tempi contenuti entro cui dovrebbe tendenzialmente svolgersi l’istruttoria funzionale all’apertura della liquidazione giudiziale o all’omologa degli accordi e dei concordati, il reclamo finisce per essere, su un piano di sistema, estremamente utile, soprattutto nelle ipotesi in cui la misura concessa non corrisponda a quella richiesta.
Viene ora precisato, dal comma 4 dell’art. 55 c.c.i., che nel caso in cui emergano atti di frode da parte del debitore, su istanza del commissario giudiziale, delle parti del procedimento o del pubblico ministero, il tribunale può revocare o modificare le misure. La medesima disposizione si applica – come si è visto prima (v. Par. 4) – quando il tribunale accerta che l’attività intrapresa dal debitore non è idonea a pervenire alla composizione assistita della crisi o alla regolazione della crisi e dell’insolvenza.
In questa intelaiatura, l’art. 54, comma 1, ribadisce per un verso la correlazione necessaria tra la misura emessa e gli effetti finali del provvedimento di apertura della liquidazione o di omologa del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione, per altro verso reca una proficua puntualizzazione, per ciò che include espressamente tra le prerogative del tribunale “la nomina di un custode dell’azienda o del patrimonio”.
Le perplessità proprie del riportato orientamento erano parzialmente giustificate dalla dimensione finalistica degli stru- menti cautelari e protettivi, rappresentata dalla conservazione dei valori aziendali in vista dell’apertura del concorso, non dalla minuta tutela del credito. In realtà, la giustificazione appariva sdrucciolevole, posto che la sospensione delle procedure esecutive risponde sempre ad una finalità di salvaguardia della liquidazione, ove si consideri che, quale che sia l’obiettivo tenuto in conto dal richiedente, la misura giova a tenere dentro alla liquidazione un bene che altrimenti verrebbe alienato coattivamente altrove. Il problema era, piuttosto, nell’antinomia registrata su un piano di sistema di fronte ad un provvedimento del giudice tracimante nella violazione di una competenza funzionale di un altro magistrato, quello dell’esecuzione individuale, il quale ha una prerogativa tipica ed esclusiva sulla sospensione. La misura sospensiva adottata in sede concorsuale determina un’incursione in un processo che vive di regole proprie e che viene a scontare una sospensione veicolata ab externo, la quale suona ancora più inconsueta se si considera che, ai sensi degli artt. 51 e 107 L.fall., quindi a fallimento dichiarato è il giudice dell’esecuzione a dover pronunciare l’improcedibilità del giudizio espropriativo singolare.
Il secondo degli orientamenti descritti si lascia preferire già allo stato della legislazione vigente. La misura volta ad impedire la prosecuzione della procedura esecutiva già intrapresa, non elide il vincolo di indisponibilità derivante dal pignoramento già eseguito, ma ne dilaziona soltanto gli effetti espropriativi. E non anticipa gli effetti costitutivi della pronuncia di fallimento, ma, piuttosto, quelli protettivi del patrimonio del fallito che a quella si ricollegano ex art. 51 L. fall., norma che annovera, quale precipuo effetto della sentenza di fallimento, proprio il “divieto di azioni esecutive e cautelari individuali”.
* Il saggio è edito in Commento al Codice della crisi di impresa e dell’insol- venza, Collana "I Quaderni di In executivis", a cura di C. D’Arrigo, L. De Simone, F. Di Marzio e S. Leuzzi, Aprile 2019.
Note: