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Saggio

Le autorizzazioni giudiziali*

Laura De Simone, Presidente di Sezione procedure concorsuali nel Tribunale di Bergamo

9 Dicembre 2021

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
L’autrice si sofferma sul ruolo della giurisdizione nel contesto della composizione negoziata, delineando gli spazi di intervento decisivi rimessi al Tribunale nel percorso di risanamento delle imprese costruito fuori dalle aule di giustizia.
Riproduzione riservata
1 . Introduzione
L’art.10 del D.L. n.118/2021, convertito in L. 147/2021, prevede che nel corso della composizione negoziata l’imprenditore possa rivolgere istanza al tribunale per essere autorizzato al compimento di determinati atti.
La norma si pone come eccezionale rispetto alla regola generale poiché il contesto della composizione negoziata non è quello di una procedura concorsuale, trattandosi di un percorso strutturato ma allo stesso tempo riservato e stragiudiziale, a cui l’imprenditore accede unicamente su base volontaria con l’obiettivo di una ristrutturazione precoce.
La composizione negoziata si colloca prima e al di fuori di tutte le procedure disciplinate dalla legge fallimentare, in un terreno che all’attualità è incolto, in cui l’imprenditore che cerca un accordo “contrattuale” con i suoi creditori, per superare criticità più o meno rilevanti, opera in solitudine, subisce pressioni da parte dei creditori più forti, è sprovvisto di argini protettivi ed è talvolta costretto a comportamenti scomposti per arginare le emergenze del momento, pregiudicandosi soluzioni di più ampio respiro, con significativo rischio di dispersione del patrimonio aziendale. Se questo imprenditore entra in procedura trova nell’assetto normativo attuale la protezione che gli necessita per organizzare una ristrutturazione dell’indebitamento ma è chiamato da subito ad affrontare ingenti costi e a subire significative limitazioni alla propria libertà di azione, imposte dalla rigidità degli strumenti, dalla presenza di un Commissario giudiziale che vigila, di un Giudice che sovraintende e da un regime vincolato di autorizzazioni previsto dagli artt.161 co.8, 167, 182 quater, 182 quinquies L.fall.
Nel momento corrente, che vede per molte imprese avvicinarsi lo spettro della crisi, in ragione del forte indebitamento che è stato determinato dal rallentamento dell’economia e dal cambiamento dei costumi generati dalla pandemia, è stata prontamente intercettata dal Governo l’esigenza di strumenti nuovi a disposizione degli imprenditori che consentano loro di mantenere il controllo dell’impresa e nel contempo di aprire con i creditori tavoli di negoziazione guidati e protetti[1].
Durante la composizione negoziata chi vi accede, pur potendo beneficiare delle misure protettive e cautelari di cui agli artt.6 e 7, gestisce in autonomia la propria impresa, compiendo attività di ordinaria e straordinaria amministrazione, e questo in linea con la Direttiva sui quadri di ristrutturazione preventiva (Direttiva 20 giugno 2019, n. 2019/1023/UE, c.d. Direttiva Insolvency, che dovrà essere recepita dall’Italia entro il 17 luglio 2022), laddove sin dalle premesse si evidenzia l’obiettivo che le ristrutturazioni siano attuate dalle imprese in difficoltà - soprattutto e prima di tutto - in una fase anticipata, senza pregiudizio per le attività in corso. 
Unico limite alla prosecuzione della normale operatività dell’imprenditore, se l’impresa versa in stato di crisi, è quello di gestirla in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economica finanziaria della attività per cui non potranno essere compiuti quegli atti non coerenti con le prospettive di risanamento (come esplicitato dal primo comma dell’art.9 come modificato in sede di conversione in legge del D.L. n.118/2021).
Quando l’imprenditore ha valicato il confine della crisi e versa in condizione di insolvenza, e, ciò nonostante, sussistono concrete possibilità di recupero, la gestione dell'impresa deve essere ancora più prudente e conservativa, per cui le attività andranno contenute nell’ambito strettamente necessario a non provocare un’interruzione della continuità aziendale e questo nel prevalente interesse dei creditori, secondo uno schema affine a quanto previsto nell’ipotesi di cui all’art. 2486 c.c. allorché si determini una causa di scioglimento di società di capitali.
Con le limitazioni suddette, descritte dall’art.9, l’imprenditore in pendenza di trattative resta in bonis e può ricercare una modalità percorribile di ristrutturazione dell’indebitamento nel contraddittorio con i creditori senza stringenti e rigide limitazioni all’operatività dell’impresa. 
Unicamente per gli atti di straordinaria amministrazione e pagamenti non coerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento, il secondo comma dell’art.9 prevede l’informativa preventiva dell’esperto, il quale potrà segnalare per iscritto all’imprenditore e all'organo di controllo che l'atto può recare pregiudizio ai creditori o alla ristrutturazione dell’impresa. Se quindi nulla osta alla gestione ordinaria dell’imprenditore nel tempo della negoziazione con i suoi creditori, con riguardo agli atti più significativi e pregiudizievoli per l’impresa, è sempre prevista una interlocuzione con l'esperto, che tuttavia non potrà mai impedire il compimento dei singoli atti, stabilendo la norma esclusivamente che l’eventuale dissenso possa o debba (in ipotesi di atto che a giudizio dell’esperto leda gli interessi dei creditori) essere iscritto nel Registro Imprese.
Il Tribunale e i suoi giudici delegati sono dunque fuori dal contesto della negoziazione e dall’andamento delle trattative e l’intervento dell’autorità giudiziaria è riservato ad alcune ipotesi peculiari, in cui l’imprenditore intende porre in essere operazioni che sono decisive per la conservazione e prosecuzione dell’azienda e nel contempo incidono su diritti, in ambiti che potenzialmente possono costituire terreno di conflitti, in cui è essenziale che sia assicurato un equilibrio nei rapporti.
Le ipotesi sono esattamente descritte dall’art.10: a) autorizzazione ai finanziamenti a cui l'imprenditore vuole che sia riconosciuto il rango della prededuzione, b) il trasferimento in qualunque forma dell'azienda o di uno o più rami senza gli effetti di cui all'art.2560 II co.c.c., c) la rideterminazione secondo equità e buona fede del contenuto del contratti ad esecuzione continuata o periodica, ovvero ad esecuzione differita se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa per effetto della pandemia.
Dei primi due si tratterà nei paragrafi seguenti mentre l’ultimo, per la sua complessità e per il fatto che investe problematiche civiliste di ampio respiro, sarà riservato ad autonoma trattazione.
2 . Finanziamenti a cui garantire il rango della prededuzione
La prima ipotesi disciplinata dall’art.10 è quella dell’imprenditore che nel corso della composizione negoziata intende ottenere finanziamenti a cui garantire il rango della prededuzione[2]. 
Come anticipato l’attività ordinaria e straordinaria non è preclusa dalla pendenza delle trattative per cui all’imprenditore è anche consentito contrarre finanziamenti.
Nella maggior parte dei casi, comportando il finanziamento un impegno di spesa per la restituzione di quanto erogato, è ragionevole che per la sua entità sia qualificato atto di straordinaria amministrazione e che, in quanto tale, ricada nella disciplina prevista dall'art 9 D.L.n.118/2021. L'imprenditore dovrà informare previamente l'esperto e se l'esperto riterrà che l'atto possa recare pregiudizio ai creditori lo segnalerà per iscritto all’imprenditore e all'organo di controllo. Nondimeno il finanziamento potrà essere erogato, ma del contratto concluso contro il parere dell’esperto, questi dovrà essere notiziato. L'esperto nei dieci giorni successivi potrà iscrivere il proprio dissenso nel Registro delle imprese. L'iscrizione sarà obbligatoria se l'esperto riterrà che l'atto sia pregiudizievole per l'interesse dei creditori.
Se questa ricostruzione è ammissibile in via astratta, in realtà è di pressoché impossibile verificazione essendo assolutamente arduo che un imprenditore in crisi ottenga finanziamenti non assistiti dalla prededuzione, essendo di regola imprescindibile per i finanziatori che la restituzione di quanto erogato avvenga a prescindere dal successo della ristrutturazione.
I nuovi finanziamenti, sotto forma di aperture di credito, di anticipazioni, di sconti, di mutui, sono vitali per qualsiasi percorso di risanamento, come riconosce l’art.17 della Direttiva Insolvency che impone agli Stati membri di offrire agli stessi particolare tutela e li autorizza a prevedere che i concessori di nuovi finanziamenti o di finanziamenti temporanei abbiano il diritto di ottenere il pagamento in via prioritaria, nell'ambito di successive procedure di insolvenza, rispetto agli altri creditori che altrimenti avrebbero crediti di grado superiore o uguale.
La stessa disciplina prevista per i finanziamenti provenienti dai finanziatori terzi, tradizionali o straordinari, è altresì contemplata ora per i finanziamenti erogati dai soci. Per ampliare al massimo per le imprese in difficoltà la possibilità di recuperare risorse finanziarie la norma di cui all’art. 8 del D.L. n. 23 del 2020 (c.d. Decreto liquidità) è stata, di fatto, stabilizzata come opzione possibile nel contesto della composizione negoziata. Il legislatore dell’emergenza aveva rimosso temporaneamente la regola della postergazione del rimborso dei finanziamenti dei soci. L’art. 10 del D.L. n. 118 del 2021 permette adesso all’impresa di ottenere dal giudice un sostanziale placet a sterilizzare l’incidenza del divieto di cui agli artt. 2467 e 2497-quinquies c.c. In definitiva, qualora il tribunale reputi il finanziamento dei soci funzionale alla continuità aziendale e rispondente alla migliore soddisfazione dei creditori, la postergazione dei finanziamenti viene neutralizzata. Viene pertanto anticipata ad un ambito non concorsuale, e rafforzata rispetto alla percentuale dell’80% prevista dall’art. 182-quater L. fall., la facoltà di “chiamare a raccolta” i soci, nel momento critico dell’impresa, a supporto delle sue chance di ristrutturazione.
Quanto al perimetro dei finanziamenti autorizzabili la norma non specifica se questi devono essere erogati per sopperire alle necessità relative all’esercizio delle attività in pendenza della composizione negoziale o se possano riguardare anche il fabbisogno finanziario dell’impresa successivo al tempo delle trattative, ma in mancanza di una rigida delimitazione pare preferibile la prospettazione più ampia anche perché proprio l'esito delle trattative potrebbe essere condizionato dalla finanza messa a disposizione per l’ esecuzione del piano di risanamento più che dalla liquidità temporanea finalizzata alla mera sopravvivenza momentanea dell’impresa.
Se tuttavia la prededuzione dei finanziamenti da un lato è necessitata affinché le banche e i soci eroghino liquidità e i piani di risanamento possano essere portati ad esecuzione, dall’altro produce effetti dirompenti sulla massa passiva poiché genera un debito che viene antergato a quello dei creditori con cui pendono le trattative e incide pesantemente sull’ordine dei pagamenti. 
Per bilanciare gli interessi in gioco interviene il tribunale, al quale l’imprenditore deve rivolgersi se chiede di: i) autorizzare l’imprenditore a contrarre finanziamenti prededucibili ai sensi dell’art. 111 L.fall.; ii) autorizzare la società a contrarre finanziamenti dai soci prededucibili ai sensi dell’art. 111 L. fall.; iii) autorizzare una o più società appartenenti ad un gruppo, che acceda alla composizione negoziata di gruppo, a contrarre finanziamenti prededucibili ai sensi dell’art.111 L.fall.
Il giudice, nel rispetto del contraddittorio, svolgendo una rapida attività istruttoria che potrebbe anche richiedere la nomina dell’esperto, verifica la funzionalità degli stessi finanziamenti rispetto alla continuità aziendale e la rispondenza dei medesimi alla migliore soddisfazione dei creditori. 
L’esperto che esprime il proprio dissenso in ordine agli atti di straordinaria amministrazione compiuti dall'imprenditore deve precipuamente utilizzare come parametro per valutare l’adeguatezza dell’atto straordinario l'andamento delle trattative, le prospettive di risanamento e il possibile pregiudizio per i creditori. Il tribunale, per converso, deve indagare il miglior soddisfacimento dei titolari delle pretese creditorie. L’ambito valutativo dell’esperto ha un orizzonte ridotto avuto riguardo a quello giudiziale in quanto ancillare agli esiti del percorso di composizione, mentre quello del magistrato è mirato a soppesare le posizioni dei creditori in rapporto ai plurimi, alternativi scenari possibili, anche di matrice concorsuale.
Si noti che la relazione illustrativa del D.L. n.118/2021 già nelle premesse si cura di evidenziare che, per i creditori muniti di cause legittime di prelazione, aventi titolo anteriore rispetto al finanziamento, e in particolare per i creditori pubblici, la disposizione che consente di autorizzare finanziamenti prededucibili non è in sé dannosa poiché il risanamento dell’impresa, che garantisce il ripristino delle sue capacità solutorie, rappresenta per tutti i creditori la migliore alternativa rispetto alla gestione della crisi in sede concorsuale. Un’impresa risanata e, come tale rimessa sul mercato in un regime di ritrovato equilibrio economico-finanziario, è un contribuente per l’erario; un’impresa in meno sul mercato è un soggetto d’imposta in meno dal quale attingere tributi.
Deve essere infine chiarito che l’autorizzazione concessa dal tribunale non è funzionale a regolare l’ordine dei pagamenti nel piano di risanamento, perché in questa fase l’imprenditore è in bonis, opera la previsione dell’art.2740 c.c. ma tecnicamente non esiste l’ordine dei pagamenti di cui all’art.2741 c.c., e neppure la prededuzione. La prededuzione assume rilevanza solo nell’ipotesi in cui si apra il concorso perché l’imprenditore non è riuscito con strumenti di componimento stragiudiziale a ristrutturare il proprio indebitamento ed ha dovuto accedere ad una procedura concorsuale. 
La portata e l’importanza dell’autorizzazione a contrarre un finanziamento prededucibile nelle varie forme puntualmente descritte si coglie appieno dalla lettura congiunta dell’art.10 con il successivo art.12 che regola la conservazione degli effetti, prevedendo che gli atti autorizzati conservino i propri effetti se successivamente intervengono un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, un concordato preventivo omologato, il fallimento, la liquidazione coatta amministrativa, l'amministrazione straordinaria o il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio[3].
All’attualità non è così pacifico che i finanziamenti ex art.182 quater e quinquies ritenuti prededotti in sede con concordataria siano automaticamente ritenuti tali in sede di accertamento del passivo nel successivo fallimento poiché nessuna norma prevede tale automatismo[4]. Ora l'art.12 è molto chiaro nell’ esplicitare che gli atti autorizzati dal tribunale conservano i propri effetti se successivamente interviene un accordo di ristrutturazione, una procedura concorsuale tradizionale (concordato preventivo omologato, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria) ovvero il concordato liquidatorio semplificato. Il riconoscimento della prededuzione non ha autonoma pregnanza in pendenza di composizione negoziale, ma assume rilievo proprio nelle procedure che possono aprirsi all' esito della composizione negoziata. Il limite è che nel caso di accordo di ristrutturazione o di concordato preventivo dovrà essere intervenuta l'omologa, ma questo non pregiudica i creditori finanziatori perché se non si addivenisse all'omologa, nella procedura liquidatoria alternativa che verosimilmente si aprirà la prededuzione potrà essere riconosciuta. 
Rimane tuttavia intatto, anche alla luce delle nuove previsioni, il nucleo d’incertezza connesso alla dimensione operativa della prededuzione. L’istituto nasce ontologicamente dentro al processo (o all’attualità anche all’interno al percorso di composizione negoziata) e in ragione (o in funzione) di esso, ma tende a dilatare la propria incidenza al di fuori del processo stesso, dunque negli eventuali, diversi ambiti concorsuali nei quali l’imprenditore abbia successivamente fatto ingresso. Si tratta ora di comprendere se l’identità della crisi-insolvenza - che connota l’impresa nella fase della negoziazione in cui ab origine la prededuzione matura e che la contrassegna in un successivo ambito concorsuale - sia sufficiente a preservare la corsia preferenziale del credito. Occorre, in altri termini, comprendere se il fattore tempo possa avere un qualche impatto sulla sussistenza (e persistenza) della prededuzione nel contesto concorsuale che sia seguito, ad anni di distanza, rispetto alla composizione negoziata, soprattutto perché i finanziamenti erogati potrebbero prevedere, anche per loro natura (es. i mutui) tempi lunghi di restituzione. Una prededuzione condizionata dal trascorrere del tempo e destinata a venir meno in ragione di esso determina una incertezza del rango del credito tale da disincentivare o addirittura ostacolare il sistema bancario nei confronti dell’imprenditore che aspira a fare finanziare la ristrutturazione nell’alveo stragiudiziale. È forse giunto il tempo di prendere atto del venire in essere di una nozione sostanziale di prededuzione, ossia di una caratteristica del credito, che si genera nel procedimento, ma finisce per contraddistinguere definitivamente la posizione creditizia, quasi alla stregua di superprivilegio.
3 . Il trasferimento dell’azienda
Può accadere che nel corso della composizione negoziata l’imprenditore avverta la necessità, o raccolga l’opportunità, di trasferire a terzi, in qualsiasi forma, la propria azienda, o taluno dei suoi rami, quale intervento funzionale al superamento della crisi[5]. L’imprenditore è in bonis e ha un’attuale capacità di adempiere alle proprie obbligazioni in un orizzonte perlomeno semestrale, sebbene non nasconda ai creditori il proprio disagio economico-finanziario e l’esigenza di ristrutturare il debito e l’impresa. Ciò implica che l’imprenditore in linea di principio possa vendere la propria azienda a chi vuole. 
Si tratta di un atto di straordinaria amministrazione a cui l’imprenditore può procedere in autonomia ai sensi dell’art.9, previa informativa all’esperto[6]. In tale caso la cessione segue le regole ordinarie e il cessionario risponde in via solidale con il cedente di tutti i debiti anteriori. E’ evidente tuttavia che la situazione di crisi dell’imprenditore costituisce un ostacolo pressoché insormontabile al trasferimento, prediligendo i potenziali acquirenti vedersi trasferita l’impresa nel contesto protetto delle procedure concorsuali in cui l’intervento del Tribunale assicura l’effetto purgativo e la deroga alla previsione dell’art.2560 c.c. Quest’ultima, come noto, è prevista solo per la vendita dell’azienda in ambito fallimentare ai sensi dell’art.105, comma 8, L. fall. ovvero in esecuzione di un concordato omologato sulla scorta del richiamo di cui all’art.182 L. fall. Al di fuori di questi ambiti rigorosamente procedimentali trova applicazione l’inderogabile regime di responsabilità solidale in capo all’acquirente per i debiti aziendali, dal che discende un disincentivo alle cessioni “privatistiche” e non concorsuali delle aziende.
Questo ha indotto in passato le imprese in crisi, nel corso delle negoziazioni stragiudiziali, a concludere con gli interessati all’acquisto della loro azienda contratti di affitto, riservando il trasferimento ad un successivo concordato preventivo. Se questa percorso si palesa come snello, esso presenta almeno due ordini di inconvenienti: a) rischia di pregiudicare l’imprenditore e i creditori per il fatto che le procedure competitive di una impresa gravata da un affitto sono meno penetranti sul mercato per le asimmetrie tra i potenziali interessati, b) l’affittante, che di regola è anche il potenziale acquirente, nel tempo del mero godimento non ha la medesima libertà di movimento che potrebbe essergli assicurata dal trasferimento immediato e questo può precludere operazioni industriali vitali per la stessa sopravvivenza dell’impresa.
Per non precludere agli imprenditori la possibilità di cessione immediata delle attività, nell’interesse degli imprenditori ma soprattutto per salvaguardare l’afflato vitale delle imprese, l’art.10, primo comma al punto b) prevede che il Tribunale autorizzi la cessione dell’azienda o di uno o più dei suoi rami, consentendo all’imprenditore di assicurare all’acquirente il valore aggiunto della deroga alla responsabilità per i debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, anteriori al trasferimento, di cui al secondo comma dell’art. 2560 c.c. 
Il provvedimento del Tribunale non tramuta in una vendita coattiva quella che rimane una vendita intrinsecamente privatistica in un contesto in cui l’operatività dell’impresa fa capo direttamente allo stesso imprenditore. Si tratta d'altronde di una vendita che potrebbe avvenire anche in assenza del provvedimento giurisdizionale, la cui funzione è allora sostanzialmente circoscritta ad assicurare la vistosa deroga alla solidarietà menzionata. 
La richiesta di autorizzazione può riguardare il trasferimento in qualunque forma dell’azienda o dei suoi rami e nell’ambito dell’espressione utilizzata può senz’altro ricomprendersi il conferimento di azienda, anche in una newco, o comunque qualsiasi forma di traslazione della proprietà. Quel che rileva è il transito della titolarità della proprietà, non essendo compreso il passaggio del mero godimento, a cui è estranea la previsione dell’art.2560 secondo comma c.c.
Nel momento stesso in cui l’imprenditore accede a questa cornice di “preconcorsualità” che gli concede alcuni incentivi ed altrettante agevolazioni, egli tuttavia è chiamato a preservare l’interesse di quelli che riconosce già all’attualità come propri interlocutori sulle sorti dell’impresa.
Per questa ragione alla base del provvedimento autorizzativo previsto vi è un obbligo di verifica da parte del giudice circa la funzionalità della cessione alla salvaguardia della continuità aziendale, che assume una connotazione all'evidenza indiretta, trasferendosi il compendio produttivo in capo all’acquirente. 
Parallela rispetto alla valutazione di funzionalità al going concern corre la valutazione di rispondenza dell'operazione traslativa alla migliore soddisfazione del ceto creditorio.
Le istanze del ceto creditorio sono tenute in conto non solo in virtù del richiamo in apertura al primo comma, ma anche nell'ampia indicazione al giudice, acclusa nella lettera d), di dettare le misure ritenute opportune, anche su istanza delle parti interessate, nell’ottica di tutelare il complesso degli interessi coinvolti. Si tratta di un riferimento che guarda non solo alla posizione del debitore e dell'acquirente, ma in generale le parti interessate, tra le quali si annoverano i creditori, soprattutto di quelli che vedono nella stabilità e nella reiterazione delle relazioni contrattuali – anche con l’acquirente - la cifra essenziale dell'utilità reale perseguibile. Non è infatti avulso dal contenuto possibile delle “misure opportune” il rilascio di un'autorizzazione contenente una deroga solo parziale all'art. 2560 secondo comma c.c. o che contempli la salvaguardia necessaria di un gruppo di rapporti con alcuni soggetti costituenti il cosiddetto indotto del debitore cedente.
Con riguardo alla verifica del trasferimento alla miglior soddisfazione dei creditori è evidente che il Tribunale dovrà riscontrare che la vendita avvenga al meglio, pur non essendo previsto alcun ricorso ad una gara e ad adeguata pubblicità. 
Per i creditori non è indifferente né il prezzo al quale l’impresa viene ceduta, né il quomodo in cui l’operazione si compie. Il migliore interesse dei creditori, tenuto in conto dall’art. 10 D.L. n. 118/2021, esige quindi che il corrispettivo ricavabile dalla cessione non sia deteriore rispetto a quello obiettivamente espresso dal mercato del riferimento e postula – dal punto di vista delle modalità operative della cessione – se non una competitività procedimentalizzata, perlomeno un’ostensione della trattativa nei confronti del mercato finalizzata a sondarne le eventuali, diverse reazioni e a far emergere interessi paralleli sulle potenzialità e sul valore del complesso produttivo in dismissione (nulla impedisce che si svolga un’indagine di mercato deformalizzata alla stregua anche dell’art.91 CCII – che non replica le paratie formali delle vendite competitive della legge fallimentare). Ovvio che il sondaggio del mercato non possa essere irregimentato, ma debba avvenire in maniera destrutturata, ragionevolmente per mezzo dell’ausiliario, purché emerga una sollecitazione trasparente verso i protagonisti del mercato di riferimento e una opportunità di costoro di palesarsi all’imprenditore cedente, per far pesare il proprio interesse all’acquisto. Il giudice dal canto suo dev’essere messo in grado di leggere l’effettività, sia del sondaggio del mercato, sia delle pari condizioni fra i potenziali acquirenti di provare a rilevare l’azienda.
L’autorizzazione del Tribunale, una volta concessa, conserva i suoi effetti e il trasferimento, compreso della purgazione che lo caratterizza, è da intendersi stabilizzato in ragione della espressa previsione dell’art.12, qualsiasi siano le sorti della composizione negoziata intrapresa.
Unico limite rimarcato, presente anche nelle vendite in sede concorsuale, attiene alla tutela dei lavoratori che resta ferma ai sensi dell’art.2112 c.c. come eccezione alla deroga alla solidarietà (art. 10, comma 1, lett. d, d.l. 118/2021). Le protezioni legali dei diritti dei lavoratori in ipotesi di trasferimento dell’azienda sono conservate. 
La cessione precoce del complesso produttivo può rivelarsi in molte situazioni l’unica soluzione che consente la ristrutturazione perché assai spesso il tempo delle negoziazioni e ancor più quello delle procedure concorsuali di risanamento gioca contro l’imprenditore, il quale mantenendosi in sella all’impresa in difficoltà, finisce per allargare l’indebitamento complessivo sovente seminando nuove prededuzioni.
4 . Il procedimento e l’ambito di accertamento del tribunale
L’Ufficio giudiziario competente, come nell’ambito contiguo delle misure protettive e cautelari[7], è il tribunale di cui all’art. 9 L.Fall., quindi quello del luogo della sede principale dell’impresa. La forma del procedimento è quella snella e deformalizzata dei procedimenti in camera di consiglio. 
Il tribunale, sentite le parti interessate e assunte le informazioni necessarie, provvedendo, ove occorre, alla nomina di un ausiliario ex art. 68 c.p.c., decide in composizione monocratica.
Non è specificamente indicata l’identità delle parti “interessate”. Ad individuarle sarà il tribunale medesimo sulla base di quanto emerso davanti all’esperto nel momento in cui il giudice è interpellato. Il contraddittorio avrà dunque un recinto più o meno esteso, a seconda di quelle che si palesano essere le posizioni e le sfere giuridiche dei creditori suscettibili di essere immediatamente incise o influenzate dalla decisione autorizzatoria del giudice. Tuttavia va considerato che diversamente dalle misure protettive e cautelari dove lo stesso imprenditore può individuare selettivamente i soggetti da coinvolgere e nei cui confronti si chiede che le misure siano adottate, nelle ipotesi delle autorizzazioni di cui all’art.10, incidendo le medesime su atti strategici per la vita dell’impresa (finanziamenti e cessione dell’azienda) è verosimile che debbano essere coinvolti tutti i creditori fino a quel momento già raccolti attorno al tavolo dell’esperto negoziatore. A costoro si aggiungeranno gli altri creditori che, sebbene non ancora convocati dinanzi all’esperto, vedono le proprie sfere giuridico-economiche direttamente influenzate dalla scelta dell’imprenditore in attesa di autorizzazione. 
Nel procedimento avanti al tribunale l’esperto non assume la veste di ausiliario del giudice, ma in quanto professionista indipendente, a conoscenza dell’esatta situazione dell’imprenditore, egli garantirà al magistrato, che potrà acquisire per suo tramite qualsiasi informativa ritenuta utile, anche in ragione degli obblighi cui è vincolato ex art. 4 D.L. n. 118 del 2021, un metro oggettivo sulle vicende ristrutturatorie in corso[8]. Verrà assicurato, pertanto, all’autorità giudiziaria coinvolta nel percorso un punto di vista neutrale idoneo a far luce sull’effettiva funzionalità dell’autorizzazione richiesta. La circostanza stessa che il tribunale possa assumere informazioni dà supporto alla possibilità di una interlocuzione ad ampio spettro con l’esperto, al fine di ricavarne tutte le informazioni utili sull’ipotesi traslativa, sull’attualità del mercato, sulla natura e finalità del finanziamento richiesto e quant’altro possa interferire con le valutazioni da assumere. Precisa il Decreto Dirigenziale del 28 settembre 2021 all’art.12.4 che se l’esperto è sentito dal tribunale nel procedimento autorizzativo alla cessione dell’azienda in deroga dell’art. 2560, comma 2, c.c. potrà essere chiamato ad esprimersi anche sulle modalità con cui in seno alla composizione negoziata si è arrivati all’individuazione dell’acquirente e sulla congruità del prezzo. Egli dovrà fornire al tribunale informativa anche circa le qualità dell’acquirente reperito, precisando se si tratti di una parte correlata dell’imprenditore.
 Solo nei casi maggiormente complessi o dubbi, ovvero a fronte di un esperto poco “convincente”, il giudice potrà ricorrere alla nomina di un ausiliario, quale ulteriore tecnico che offre il suo apporto. 
L’esperto e l’ausiliario sono tra loro autonomi, non sono chiamati a collaborare, da un lato l’esperto fornirà tutte le informative di cui è a conoscenza acquisite nel corso della negoziazione di cui è protagonista e dall’altro l’ausiliario elaborerà le informazioni acquisite nel corso della sommaria istruttoria disposta e costituirà il supporto tecnico del tribunale necessario per le valutazioni allo stesso demandate. Le verifiche che il Tribunale deve compiere riguardano l’adeguatezza e la consonanza dell’atto richiesto rispetto alla continuità d’impresa e la funzionalità dell’atto alla migliore soddisfazione dei creditori, e questo sia che si tratti di autorizzare un finanziamento piuttosto che la cessione in tutto o in parte dell’azienda. La congiunzione “e” comporta la necessità che entrambi i presupposti sussistano contemporaneamente, secondo il medesimo paradigma che si riscontra nelle procedure concorsuali in tutte le ipotesi in cui sono chieste autorizzazioni nei piani di risanamento (artt.182 quater, 182 quinquies L.fall.) o è chiesta l’ammissione di un concordato in continuità (art.186 bis L.fall.). Si tratta di requisiti invero molto stringenti che trovano giustificazione proprio nella peculiarità degli atti che è richiesto al Tribunale di autorizzare, nodali per la sopravvivenza dell’impresa ma anche potenzialmente estremamente pregiudizievoli per i creditori. Il contesto dell’art.10 è l’unico in seno alla composizione negoziata in cui occorre verificare la corrispondenza degli atti alla miglior soddisfazione dei creditori dovendosi comparare la soluzione proposta con l’alternativo scenario liquidatorio. La finanza nuova sarà vitale a supportare il progetto di risanamento ma per altro finirà per generare un nuovo debito assistito dal rango prededuttivo a cui dovrà destinarsi una parte anche significativa dei nuovi flussi. La cessione dell’azienda nel corso della composizione stragiudiziale dell’indebitamento sarà fondamentale per la miglior prosecuzione, senza soluzione, delle attività ma determina la perdita per i creditori degli asset su cui contavano di soddisfarsi.
Quando il tribunale concede l’autorizzazione richiesta, alla luce della modifica apportata all’art.10 in sede di conversione in legge del D.L. n.118/2021, può dettare le misure ritenute opportune, ossia porre le “condizioni” contrattuali più giuste a contemperare l’arco degli interessi coinvolti. La matrice di tali interessi non è chiarita, il che implica che possano essere tenuti in conto e valorizzati interessi di varia natura, tra cui la prosecuzione dell’attività acquisita per un certo tempo o in un determinato contesto territoriale, oppure il mantenimento di livelli occupazionali minimi, o ancora la prosecuzione di talune relazioni negoziali già in essere. Non sembrano venire in evidenza interessi eccentrici rispetto a quelli strettamente legati alle posizioni dei creditori[9].
Il reclamo si propone al tribunale e del collegio non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.
5 . Conclusioni
La composizione negoziata inaugura, ad un tempo, una nuova concorsualità e un diverso ruolo della giurisdizione. 
La concorsualità – perlomeno quella intesa come regolazione ordinata e strutturata delle posizioni dei creditori – viene anticipata temporalmente in un perimetro stragiudiziale, esterno al tribunale.
Quest’ultimo mantiene, tuttavia, sugli snodi cruciali della negoziazione in itinere, un ruolo essenziale di presidio di diritti e contemperamento degli interessi. Allo stesso modo di quanto accade nel contesto delle misure cautelari, la giurisdizione diviene “selettiva”: al giudice è demandata l’incombenza di verificare se la scelta dell’impresa sia rispondente all’esigenza della sua continuità e di valutarne la coerenza con la persistente necessità della miglior soddisfazione dei creditori.
La continuità dell’attività d’impresa, pertanto, non potrà mai essere avulsa dalla tutela del credito e sarà proprio il giudice a ad assicurare il coordinamento fra i due piani.
L’intervento del Tribunale è decisivo e pregnante, ma non invasivo. Il percorso di risanamento dev’essere sgombro da eccessivi condizionamenti o intralci. Perciò il giudice è chiamato in causa, non con riferimento alle dinamiche ordinarie e quotidiane dell’impresa, ma unicamente riguardo alle sue scelte di maggior impatto: quella dell’assunzione di nuovo debito (finanziamenti), quella della cessione sul mercato del complesso produttivo (trasferimento d’azienda), quella, infine, di cui non si è trattato ma che pure grandemente rileva, della rimodulazione del contenuto dei contratti d’impresa alterati in executivis dall’incidenza della pandemia (rinegoziazione). 
L’opzione del legislatore è inedita proprio nella misura in cui affida al giudice un compito non facile, eppure stimolante: quello di tenere insieme in concreto la libertà dell’impresa in bonis nella gestione della propria attività e nella ristrutturazione del proprio indebitamento e la tutela effettiva dei creditori, che esige il filtro della giurisdizione ogni qualvolta l’autonomia dell’impresa sia suscettibile di pregiudicarne le posizioni.
Cambia in prospettiva l’approccio del giudice, che deve adattarsi ad un contesto non concorsuale, maturando rispetto ad esso una visione d’insieme. E’ richiesto un intervento rapido, un itinerario e un’impostazione meno schematici per quanto analogamente garantistici rispetto a quelli propri delle attuali procedure di concorso. Il magistrato diventa il metronomo tra la disciplina giuridica e il fenomeno economico essendogli demandato il compito di saldare, con flessibilità d’approccio, il divario tra la velocità del mercato e staticità delle regole chiamate a disciplinarlo.

Note:

[1] 
Per una ricostruzione dell’istituto della composizione negoziata, v. M.Fabiani e I.Pagni, La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata (e viceversa), in https://dirittodellacrisi.it, 2 novembre 2021; P.Rinaldi, La struttura del percorso, in https://dirittodellacrisi.it, 27 ottobre 2021; V.Zanichelli, Gli esiti possibili della composizione negoziata, in https://dirittodellacrisi.it, 26 ottobre 2021; A.Rossi, Composizione negoziata della crisi d’impresa: presupposti e obiettivi, in https://dirittodellacrisi.it, 25 ottobre 2021; F.P.Sisto, Un decreto “ponte” per trasformare la crisi aziendale in opportunità, in La crisi d’impresa, Speciale Italia Oggi, 25 ottobre 2021, p.6; M.Pollio, Uscire dalla crisi con un esperto facilitatore, in La crisi d’impresa, Speciale Italia Oggi, 25 ottobre 2021, p.8; A.Ghedini e M.L.Russotto, L’istituto della composizione negoziata della crisi, in https://dirittodellacrisi.it, 19 ottobre 2021; A.Iorio, Alcune riflessioni sulle misure urgenti: un forte vento di maestrale soffia sulla riforma!, in https://dirittodellacrisi.it, 1 ottobre 2021; S.Leuzzi, Allerta e composizione negoziata nel sistema concorsuale ridisegnato dal D.L. n. 118 del 2021, in https://dirittodellacrisi.it, 27 settembre 2021; F. Santangeli, Il D.L. 118/2021. Spunti per la conversione, in https://dirittodellacrisi.it, 21 settembre 2021; A. Farolfi, Le novità del D.L. 118/2021: considerazioni sparse “a prima lettura”, in https://dirittodellacrisi.it, 6 settembre 2021; L. Panzani, Il D.L. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del covid, in https://dirittodellacrisi.it, 25 agosto 2021.
[2] 
In dottrina recentemente sul tema dei finanziamenti all’impresa in crisi L.Stanghellini, I finanziamenti al debitore e le crisi, in Il Fall., 2021, 1181; S.Bonfatti, La nozione di finanziamento. Le forme negoziali tipiche e atipiche, in Il Fall., 2021, 1187; A.Guiotto, Il finanziamento bancario e i rapporti tra banca e impresa, in Il Fall., 2021, 1199; P.Rinaldi, Il fallimento su credito deteriorato, in Il Fall., 2021, 1217; G.Nardecchia, Il finanziamento fondiario e le sue patologie, in Il Fall., 2021, 1231; L.Panzani, I privilegi dei crediti finanziari, in Il Fall., 2021, 1251; F. De Santis, Garanzie dei finanziamenti alle imprese in crisi ed autotutele esecutive, in Il Fall., 2021, 1262; L.D’Orazio, I finanziamenti e la legislazione Emergenziale, in Il Fall., 2021, 1272; R.Brogi, I finanziamenti all’impresa in crisi tra legge fallimentare, Codice della crisi e D.L. n. 118 del 2021, in Il Fall., 2021, 1285; M.Maugeri, Finanziamenti infragruppo e codice della crisi, in Il Fall., 2021, 1298; A.Dentamaro, La nuova finanza nella composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa ex D.L. 118/2021, in https://dirittodellacrisi.it, 12 ottobre 2021; G.Soldi, Le regole bancarie di fronte alla negoziazione della crisi, in La crisi d’impresa, Speciale Italia Oggi, 25 ottobre 2021, p.173; P.Vella, I quadri di ristrutturazione preventiva nella Direttiva UE 2019/1023 e nel diritto nazionale (commento alla normativa), in Il Fall., 2020, 1033.
[3] 
In merito al tema della conservazione degli effetti v. A.Pezzano e M.Ratti, La conservazione degli effetti in caso di insuccesso della composizione negoziata, in https://dirittodellacrisi.it, 16 novembre 2021.
[4] 
Sul punto da ultimo in giurisprudenza Cass.14 luglio 2020 n.14961, in www.dejure.it; Trib.Ravenna, 6 febbraio 2020, in www.dejure.it.
[5] 
Per una disamina puntuale del tema G.D’Attorre, Il trasferimento dell’azienda nella composizione negoziata, in https://dirittodellacrisi.it, 5 novembre 2021.
[6] 
Il decreto dirigenziale 28 settembre 2021 all’art.12 onera l’esperto, nelle ipotesi di informativa circa la possibilità di cessione dell’azienda nella composizione negoziata, di alcune attività, in analogia a quanto previsto nell’ambito del concordato semplificato nella fase tra la domanda e l’omologa: 12.1.Qualora si intenda procedere alla cessione dell’azienda o di suoi rami, l’esperto avrà cura di far presente all’imprenditore l’utilità e l’opportunità del ricorso a procedure competitive per la selezione dell’acquirente (o in ogni caso prima di escludere possibilità diverse), in modo da sgombrare il campo dal timore di scelte in danno ai creditori. 12.2. All’esperto potrà essere richiesto di: - individuare il perimetro dell’azienda o di rami di essa ritenuto idoneo per il miglior realizzo; - fornire indicazioni all’imprenditore per organizzare data room informativa da utilizzare la raccolta delle manifestazioni di interesse (a tal fine potrà essere utilizzata la Piattaforma); - dare corso, o far dare corso, alla selezione dei soggetti potenzialmente interessati, anche attraverso procedure competitive, raccogliendo le relative manifestazioni di interesse e le eventuali offerte vincolanti (a tal fine potrà essere utilizzata la Piattaforma); - se richiesto, esprimere il proprio parere sulle manifestazioni di interesse e le offerte ricevute. 12.3.L’esperto avrà cura di ricordare all’imprenditore l’opportunità che le offerte siano quanto più possibile a contenuto determinato, vincolanti, sottoscritte ed accompagnate da garanzie.
[7] 
In merito, L.Baccaglini e F.De Santis, Misure protettive e provvedimenti cautelari a presidio della composizione negoziata della crisi: profili processuali, in https://dirittodellacrisi.it, 12 ottobre 2021; A.Didone, Appunti su misure protettive e cautelari nel d.l. 118/2021, in https://ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it.
[8] 
Chiarisce il Decreto Dirigenziale del 28 settembre 2021 all’art.10.1 che qualora l’esperto sia sentito dal tribunale in occasione della richiesta del debitore di autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili da erogare nel corso della composizione negoziata, “l’esperto – nella valutazione dell’utilità del finanziamento ad evitare un danno grave ed irreparabile alla continuità aziendale – potrà tener conto delle seguenti circostanze: i) se i finanziamenti siano funzionali al ciclo degli approvvigionamenti; ii) se occorrano per ristabilire la regolarità del pagamento delle imposte e quella del documento unico di regolarità contributiva (DURC) al fine di evitare la sospensione del titolo abilitativo o l’impedimento della partecipazione a gare e la stipula dei relativi contratti. L’esperto dovrà tenere conto inoltre della necessità che il finanziamento non pregiudichi la migliore soddisfazione dei creditori ed in particolare del fatto: a) che ci si attende un margine operativo lordo positivo, al netto delle componenti straordinarie, nel corso della composizione negoziata; b) oppure, in presenza di margine operativo lordo negativo, che esso sia compensato dai vantaggi derivanti ai creditori nel corso della composizione negoziata dalla continuità aziendale (ad esempio, attraverso un miglior realizzo del magazzino o dei crediti, il completamento dei lavori in corso, il maggior valore del valore del compendio aziendale rispetto alla liquidazione atomistica dei suoi beni). 10.2. Se sia richiesta l’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili da erogare in esecuzione di quanto previsto dalle soluzioni di cui all’articolo 11, comma 1 e 2, l’esperto, quando sentito dal tribunale, in aggiunta al precedente punto 10.1 della presente Sezione, potrà tenere anche conto delle utilità derivanti ai creditori dalla soluzione individuata rispetto a quelle che si avrebbero nell’alternativa concretamente praticabile in assenza dei finanziamenti in questione”.
[9] 
G.D’Attorre, Sostenibilità e responsabilità sociale nella crisi d’impresa, in https://dirittodellacrisi.it, 13 aprile 2021.

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