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Saggio

La vendita dell’azienda nel concordato semplificato*

Giuseppe Bozza, già Presidente del Tribunale di Vicenza

3 Giugno 2024

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
L’Autore indaga l’aspetto della cessione di azienda che intervenga nel corso del concordato semplificato. L’indagine prende in esame le vendite effettuate nella fase pre omologa e in quella della esecuzione del concordato semplificato, sia qualora sia presente una offerta da parte di un soggetto individuato già nel piano di liquidazione sia quando manchi una prepacked solution; attraverso l’esame delle differenze tra le varie fattispecie l’Autore ricostruisce un quadro unitario da cui emergono soluzioni apprezzabili ma anche più di qualche incongruenza.
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1 . Premessa
Il concordato semplificato attua una procedura concorsuale a carattere liquidatorio, strutturata sul modello del concordato preventivo con cessione dei beni[1], la cui previsione e la speciale disciplina per esso dettata, seppur non escludono la liquidazione atomistica dei singoli beni, si giustificano proprio quando del patrimonio da liquidare faccia parte, anche o soltanto, un'azienda ancora in esercizio o suscettibile di immediata riattivazione; in questa ottica liquidatoria la vendita unitaria dell’azienda o di rami della stessa, espressamente contemplata, non è considerata in vista del risanamento dell’impresa, finalità ormai già accantonata a causa dell’esito infruttuoso delle trattative nella composizione negoziata, ma è vista solo come occasione di una più proficua liquidazione[2]. 
Dando per note le caratteristiche del concordato semplificato, pare opportuno premettere, per chiarire il criterio che si seguirà in questa indagine, che questa figura di nuovo conio non può essere considerata una sottospecie del concordato preventivo ordinario ma una procedura concorsuale a sé stante retta da norme proprie e da quelle richiamate[3], alla quale non è quindi applicabile, per colmare le inevitabili lacune, la disciplina del concordato preventivo, né in via diretta né in via analogica, sia perché manca tra le due procedure quelle stretta affinità che consente l’analogia, sia perché molti degli spazi normativi vuoti non sono da colmare costituendo le caratteristiche della nuova figura, che lo differenziano dal concordato liquidatorio ordinario, senza che ciò escluda la natura concordataria della stessa[4], ferma restando l’utilizzabilità dei principi di carattere generale dettati per gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, tra i quali è da ascrivere anche il concordato semplificato. 
Ulteriore premessa da fare è che nel corso del presente contributo si farà riferimento anche allo schema del decreto legislativo correttivo dell’attuale codice della crisi (in sintesi, decreto correttivo provvisorio). Trattasi di uno schema che porta la data del 3 maggio 2024, privo di qualsiasi ufficialità in quanto non è stato ancora oggetto di approvazione da parte del CdM al momento in cui queste considerazioni vengono svolte, per cui potrà subire variazione. Ne faccio cenno quando necessario per evidenziare i possibili futuri sviluppi. 
Orbene, della vendita dell’azienda o rami della stessa nel concordato semplificato ne tratta espressamente l’art. 25 septies, ma le ipotesi in questa norma contemplate non sono le uniche in cui possa intervenire la vendita dell’azienda o di un ramo di essa. La norma citata regola, infatti, solo le cessioni “quando il piano di liquidazione di cui all'articolo 25 sexies comprende un'offerta da parte di un soggetto individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore dell'azienda o di uno o più rami d'azienda o di specifici beni”, da cui è agevole dedurre che quando manca una offerta da parte di un soggetto individuato già nel piano di liquidazione, quando, cioè manca una prepacked solution, la vendita dell’azienda o di rami della stessa possa egualmente essere effettuata applicando non la normativa dell’art. 25 septies, bensì una diversa disciplina, da individuare. 
Non è infatti pensabile che l’art. 25 septies escluda altre modalità di vendita perchè l’estromissione dal concordato semplificato del ricorso a diverse modalità di vendita impedirebbe la realizzazione dello scopo del nuovo istituto in mancanza di un’offerta predeterminata. Né può ritenersi che il legislatore abbia inteso privilegiare le modalità di vendita contemplate nell’art. 25 septies per favorire la circolazione, il mantenimento e il recupero delle aziende, giacchè, per un verso, tale norma non regola esclusivamente la cessione delle aziende o rami della stessa, ma anche la vendita di “specifici beni”[5] e, per altro verso, perché la finalità di conservazione della continuità dell’impresa, cui tenderebbe il mantenimento dell’integrità del complesso aziendale, è estranea al concordato semplificato votato alla liquidazione dei beni. 
Ed allora volendo procedere sistematicamente ad una verifica della vendita di azienda nel concordato semplificato, si deve tenere distinta la fattispecie in cui sia presente una offerta chiusa e individuata di acquisto da quella in cui questa manchi. Inoltre va considerato che, seppur la liquidazione di beni concordatari viene normalmente effettuata da un liquidatore, che viene nominato con il decreto di omologazione[6], le vendite non richiedono l’omologa, per cui possono essere eseguite anche in pendenza del concordato, nella fase pre omologa, quando l’organo della procedura è l’ausiliario, come del resto lo stesso art. 25 septies consente. 
Pertanto, trattando della cessione dell’azienda nel concordato semplificato, le ipotesi prospettabili sono quattro: 
1-vendita non preceduta da offerta nella fase pre omologa 
2-vendita con offerta preconfezionata nella fase pre omologa 
3-vendita non preceduta da offerta nella fase post omologa 
4-vendita con offerta preconfezionata nella fase post omologa
2.1 . Vendita dell’azienda nella fase post omologa senza offerta preconfezionata. Primo approccio al tema
Le ultime due ipotesi sono le più semplici in quanto attuate da un liquidatore, chiamato al precipuo scopo di effettuare tutti gli atti necessari alla monetizzazione e a destinare il ricavato a soddisfare i creditori in conformità alla proposta omologata. 
Orbene, lì dove il debitore non abbia confezionato una proposta che già comprenda accordi per il trasferimento dei beni ceduti (che è la fattispecie regolata dal secondo comma dell’art. 25 septies, di cui si parlerà in seguito), bisogna fare riferimento al comma primo dell’art. 25 septies, per il quale, con il decreto di omologazione il tribunale nomina “un liquidatore” (formula che esclude la nomina di più liquidatori), al quale si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 114 (che riproduce in gran parte l’art. 182 L. fall). 
L’espresso richiamo dell’art.114 comporta l’applicazione al liquidatore del concordato semplificato anche degli “articoli 125, 126, 134, 135, 136, 137 e 231 in quanto compatibili e (del)l'articolo 358”; pertanto, il liquidatore, sia esso del concordato preventivo ordinario che semplificato, deve avere i requisiti per la nomina a curatore di cui all’art. 358, deve accettare l’incarico entro i due giorni successivi alla comunicazione, è soggetto a revoca da parte del tribunale, deve adempiere ai doveri del proprio ufficio, imposti dalla legge o derivanti dal piano omologato, con la diligenza richiesta dalla natura dell'incarico, ha diritto al compenso secondo il comma terzo dell’art. 5 del d.m. n. 30 del 2012, che tratta espressamente del compenso dovuto ai liquidatori nominati a norma dell’art. 182 L. fall. e deve presentare il conto della gestione alla fine del suo incarico, come ogni organo che ha la gestione di beni altrui, seguendo l’iter processuale delineato nell’art. 231, con relativa approvazione con decreto del tribunale. Inoltre il secondo comma dell’art. 114 rende applicabile al liquidatore le disposizioni di cui agli artt. 35, comma 4 bis, e 35.1 e 35.2 del D.Lgs 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione nonchè nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136.) in modo da richiamare le cause di incompatibilità e assicurare la vigilanza sul rispetto delle stesse. 
Il nuovo codice ha riproposto quella che nel vigore dell’art. 182 L. fall. era stata chiamata la fallimentarizzazione della fase esecutiva del concordato e, in particolare, della figura del liquidatore, posto che il meccanismo delle attribuzioni delle funzioni al liquidatore, sia del concordato semplificato che ordinario, può essere riassuntivamente spiegato (senza indugiare sulle varie costruzioni sviluppatesi sul tema), quale un originario conferimento di poteri da parte del debitore ai creditori individuabile nella costituzione di un diritto di disposizione differita al decreto/sentenza di omologazione; con questo provvedimento tale diritto viene trasferito, nella sua attualità, direttamente al liquidatore, il quale esercita i suoi poteri di disposizione in nome e per conto dell’ufficio di cui è titolare e non dei creditori. 
Il liquidatore ha, pertanto, come il curatore della procedura maggiore, il potere di disposizione dei beni ceduti dal debitore, il quale viene privato della disponibilità degli stessi e del potere di esercitare le relative azioni[7]; di conseguenza il liquidatore può, anzi deve procedere alle vendite dei beni ceduti e può compiere tutte quelle attività di gestione patrimoniale utili e funzionali alla più proficua realizzazione dei cespiti oggetto di cessione, dalla locazione di beni ad acquisti strumentali ad una più vantaggiosa alienazione, quale anche l’affitto di azienda in prospettiva di una futura vendita. 
Non a caso, quindi, il comma quarto dell’art. 114, con una formula diversa nella forma ma simile nella sostanza a quella di cui all’art. 182, comma 5, L. fall., che richiamava, sempre con la clausola della compatibilità, le disposizioni di cui agli artt. da 105 a 108 ter L. fall., stabilisce che “Alle vendite, alle cessioni e ai trasferimenti legalmente posti in essere dopo il deposito della domanda di concordato o in esecuzione di questo, si applicano le disposizioni sulle vendite nella liquidazione giudiziale, in quanto compatibili”[8]; di modo che il richiamo dell’art. 114 da parte del primo comma dell’art. 25 septies riconduce la fase esecutiva del concordato semplificato nel solco del modello tradizionale del concordato con cessione dei beni e, più a monte, nell’alveo della disciplina per le vendite nella liquidazione giudiziale. 
Ovviamente la trasposizione della disciplina sulle vendite della liquidazione giudiziale nel concordato, sia esso ordinario che semplificato, non può non subire alcuni necessari aggiustamenti. 
Il curatore, infatti, non è tenuto a rispettare modalità di vendite prefissate, ma è lui che determina nel programma di liquidazione la strada da seguire in relazione al caso concreto, nel rispetto di procedure competitive strutturate in modo da consentire, nel più breve tempo possibile, la massima partecipazione degli interessati come sancito dall’art. 216 e nel rispetto della centralità del valore aziendale, posto che alla liquidazione di singoli beni si può procedere, secondo l’incipit dell’art. 214, solo ove sia prevedibile che la vendita della azienda non consenta maggiore soddisfazione per i creditori. 
Il liquidatore concordatario non sempre ha la stessa libertà e autonomia. A parte, invero, il caso della proposta preconfezionata - che, come detto rientra nella previsione del secondo comma dell’art. 25 septies - non è escluso (benchè l’art. 114, rispetto all’art. 182 L. fall., non riproduca la clausola della sussidiarietà) che il debitore indichi le modalità della liquidazione che il tribunale, seppur non più vincolato ad accettarle, le richiami nel decreto di omologa (o nella sentenza se si tratta di concordato ordinario) e che il liquidatore è tenuto a seguire. 
Le disposizioni sulle vendite nella liquidazione giudiziale costituiscono, quindi, criteri operativi legali cui deve attenersi anche il liquidatore concordatario, in mancanza di diverse indicazioni contenute nel decreto/sentenza di omologazione, trattandosi di prescrizioni normative di carattere imperativo, che escludono che il liquidatore possa valutare la scelta delle forme ritenute più utili per conseguire il miglior realizzo nell’interesse della massa concorsuale. 
Inoltre il liquidatore del concordato semplificato, pur avendo come il curatore, la disponibilità dei beni del debitore, può realizzare le vendite soltanto con strumenti negoziali non avendo la possibilità di “delegare” alle vendite il giudice delegato (che peraltro nel concordato semplificato è figura non prevista) ai sensi del comma 3 dell’art. 216, dal momento che il tribunale ha proceduto alla nomina del liquidatore proprio perché provveda lui alla liquidazione dei beni. Tuttavia è innegabile- riprendendo le parole della S. Corte[9]- il carattere coattivo delle vendite effettuate anche nelle esecuzioni collettive con adozione di forme diverse da quelle previste dal codice di rito e che si perfezionano con lo strumento privatistico del contratto, anziché con il provvedimento giudiziale del decreto di trasferimento, “dipendendo (tale natura) non dalle modalità adottate ma dall'essere l'atto inserito nel procedimento concorsuale e strumentale alle sue finalità”[10]. 
L’art. 114 non riproduce il quarto comma dell’art. 182 L. fall. che richiedeva l’autorizzazione del comitato dei creditori per le vendite di aziende e rami delle stesse, dei beni immobili e mobili iscritti in pubblici registri, nonché delle cessioni di attività e passività dell'azienda e di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco, sicchè la presenza del comitato dei creditori, ove anche ammessa[11], è completamente svilita. E’ vero che l’art. 140, espressamente richiamato dall’art. 114, comma 3, dispone che “Il comitato dei creditori vigila sull'operato del curatore, ne autorizza gli atti ed esprime pareri nei casi previsti dalla legge, ovvero su richiesta del tribunale o del giudice delegato”, ma, appunto, manca nella fase liquidatoria una previsione di legge che richieda l’autorizzazione del comitato dei creditori per gli atti di disposizione di qualsiasi rilevanza, essendo stato accuratamente evitato il richiamo dell’art. 132 che richiede per gli atti di straordinaria amministrazione del curatore l’autorizzazione del comitato dei creditori, probabilmente perché le modalità della liquidazione debbono essere disposte dal tribunale[12]. Sicchè, seppur venga nominato il comitato dei creditori, il ruolo fondamentale che aveva tale organo, che doveva autorizzare i principali atti della fase liquidatoria, si riduce a quello di una generica vigilanza sull’operato del debitore; conclusione avallata dalla mancanza della figura del giudice delegato che sostituisce il comitato nella funzione autorizzativa quando questo non è in grado di funzionare. 
A sua volta, l’art. 214 non riproduce il terzo comma dell’art. 105 L. fall., che trattava delle consultazioni sindacali e del trasferimento dei dipendenti in occasione della cessione dell’azienda, per il semplice fatto che questa materia è stata trasfusa nell’art. 191, che rientra nella più analitica regolamentazione dei rapporti di lavoro pendenti all’apertura della liquidazione giudiziale contenta negli artt. 189, 190 e 191; quest’ultimo, in particolare, da leggere in combinato con l’art. 368, nel rendere applicabile al trasferimento di azienda l'art. 47 L. n. 428/1990, l'art. 11 D.L. n. 145/2013, convertito nella L. n. 9/2014, e le altre disposizioni vigenti in materia, rende implicitamente applicabile ai debiti da lavoro l’art. 2112 c.c., salvo che, appunto, non siano intervenute consultazioni tra le parti con l’intermediazione delle organizzazioni sindacali con finalità di salvaguardia dell’occupazione. Di specifico interesse è il nuovo comma 5 dell’art. 47 L. n. 428/1990, come riscritto dall’art. 368, che così dispone: “Qualora il trasferimento riguardi imprese nei confronti delle quali vi sia stata apertura della liquidazione giudiziale o di concordato preventivo liquidatorio, ovvero emanazione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, nel caso in cui la continuazione dell'attività non sia stata disposta o sia cessata, i rapporti di lavoro continuano con il cessionario. Tuttavia, in tale ipotesi, nel corso delle consultazioni di cui ai precedenti commi, possono comunque stipularsi, con finalità di salvaguardia dell'occupazione, contratti collettivi ai sensi dell'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in deroga all'art. 2112, commi 1, 3 e 4 del Codice civile...”. Non vi è quindi più la necessità di concordare la disapplicazione dell’art. 2112 c.c., ma è rimasta comunque la necessità di concludere un accordo con le organizzazioni sindacali con riferimento alle concrete modalità di applicazione delle deroghe. 
È stato altresì introdotto l’art. 5 bis di grande rilievo in quanto questo dispone, tra l’altro, che “Nelle ipotesi previste dal comma 5, non si applica l'articolo 2112, comma 2, del Codice civile e il trattamento di fine rapporto è immediatamente esigibile nei confronti del cedente dell'azienda”. In tal modo, il trasferimento dell’azienda viene equiparato alla cessazione del rapporto di lavoro con conseguente esclusione della responsabilità solidale del cessionario con riferimento al credito per TFR maturato dai dipendenti nei confronti del cedente fino al momento del trasferimento. 
Circa l’applicazione dell’art. 191 al concordato semplificato può sussistere qualche dubbio per il fatto che detta norma rende applicabile la normativa speciale richiamata ai “ trasferimento di azienda nell'ambito delle procedure di liquidazione giudiziale, concordato preventivo e al trasferimento d'azienda in esecuzione di accordi di ristrutturazione”, tuttavia, posto che l’art. 47 L. n. 428/1990, e succ. modifiche, ha lo scopo di offrire un'appropriata tutela alla posizione dei lavoratori nella circolazione delle aziende gestite da imprese in crisi o insolventi, sarebbe inspiegabile non applicare le stesse forme di tutela, tese al mantenimento di un difficile equilibrio tra le esigenze occupazionali e quelle dell'azienda cessionaria, anche alla cessione in corso di esecuzione del concordato semplificato. Il dubbio comunque viene eliminato dal decreto correttivo provvisorio, che ha reso applicabili le disposizioni richiamate “al trasferimento di azienda disposto nell’ambito degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza o della liquidazione giudiziale o controllata”, e, quindi anche al concordato semplificato, che rientra tra gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza.
2.2 . Vendita dell’azienda nella fase post omologa senza offerta preconfezionata. La normativa applicabile
Fatte queste doverose premesse, va ricordato che tra le norme sulle vendite nella liquidazione giudiziale richiamate dall’art. 114, comma 4, vi è anche quella dell’art. 214, il cui incipit, come già ricordato, prescrive al curatore liquidatore di privilegiare la vendita unitaria dell’azienda o di suoi rami o di beni e rapporti in blocco rispetto alla vendita particellizzata, cui pervenire solo quando la liquidazione dei singoli beni “consenta una maggiore soddisfazione dei creditori”.
Una volta deciso per la vendita del complesso aziendale o di rami dello stesso, la loro vendita - prescrive il comma 2 dell’art. 214 - “è effettuata con le modalità di cui all'articolo 216, in conformità a quanto disposto dall'articolo 2556 del Codice civile”.
Il rinvio a questa norma civilistica richiama le forme richieste per i contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda, che, al di là della forma necessaria per la validità del contratto o ai fini probatori di cui al primo comma dell’art. 2556 c.c., finiscono per essere quella dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata, dovendo detti contratti essere depositati per l’iscrizione nel Registro delle Imprese nel termine di 30 giorni dalla stipula, a cura del notaio rogante o autenticante (art. 2556, comma 2, c.c.).
Il rinvio all’art. 216 fa confluire nelle vendite concordatarie di cui si sta trattando l’intero complesso normativo sulle modalità della liquidazione dei beni nella procedura di liquidazione giudiziale, con il relativo meccanismo della competitività su cui esso si fonda, attuata attraverso adeguata pubblicità sul portale delle vendite pubbliche, unico per tutto il territorio nazionale, allo scopo di offrire, in sede di vendita concorsuale, condizioni di parità informativa quale presupposto per una efficace competitività tra i soggetti potenzialmente interessati, nell’ottica finale di massimizzare la recovery dei creditori concordatari[13]. 
Non è questa la sede per un approfondito esame dell’art. 214 riguardando questo il trasferimento dell’azienda nell’ambito della liquidazione giudiziale, per cui mi limito ad una breve e rapida rassegna dei principi base che regolano questa materia, come applicabili al concordato semplificato. 
Il terzo comma dell’art. 214 riprende il comma 4 dell’art. 105 L. fall riproponendo il fondamentale principio che il cessionario non risponde dei debiti relativi all'esercizio delle aziende cedute sorti prima del trasferimento, allo scopo evidente di incentivare i potenziali interessati a partecipare alla competizione per l’acquisto di una azienda libera dei debiti che hanno determinato lo stato di crisi o di insolvenza dell’impresa che la gestiva. Come si vede, il discrimen tra debiti che passano o non passano al cessionario non è dato dalla iscrizione degli stessi nei libri contabili obbligatori, come prescrive il comma 2 dell’art. 2560 c.c., bensì dal solo criterio temporale dei debiti relativi al complesso produttivo esistenti prima del trasferimento. Formula che, come è stato opportunamente sottolineato con riferimento all’art. 105 L. fall.[14], permette di ricomprendere nell’esonero in modo chiaro ed inequivocabile “non solo i debiti cristallizzati alla data di pubblicazione del ricorso di cui all’art. 161 L. fall. nel Registro delle Imprese, ma anche quelli sorti successivamente per effetto della continuità aziendale; crediti questi ultimi che non soggiacciono alle regole dell’obbligatorietà del concordato omologato e del divieto di azioni esecutive di cui rispettivamente agli artt. 184 e 168 L. fall.”. 
Criterio simile è richiamato nel caso di cessione delle attività e delle passività dell'azienda o dei suoi rami, nonché di beni o rapporti giuridici individuali in blocco ( art. 214, comma 4); si tratta delle c.d. cessioni aggregate che individuano, per lo più nel settore bancario, quelle situazioni nelle quali si procede al trasferimento di attività e passività, beni e rapporti identificabili in base alla loro omogeneità e ascrivibilità ad uno specifico affare o asset, che seppur non funzionalmente organizzati all’esercizio dell’impresa, sono comunque collegati dall’essere destinati alla cessione ad un unico soggetto in maniera tale che quest’ultimo possa essere dotato di quegli stessi strumenti essenziali che, in precedenza, consentivano al debitore cedente di esercitare l’attività economica[15]. 
In questi casi, poiché oggetto del trasferimento sono anche e proprio i debiti, il legislatore non poteva esentare l’acquirente dalla responsabilità di cui al secondo comma dell’art. 2560 c.c., ma doveva prendere in considerazione la posizione del cedente che, a norma del primo comma dell’art. 2560 c.c., non è liberato dai debiti inerenti l’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento. Questo spiega perché il comma 4 dell’art. 214 escluda la responsabilità dell’alienante pur senza l’espresso consenso dei creditori; di conseguenza il debitore concordatario, in caso di cessione aggregata (in cui evidentemente le passività cedute sono state considerate nella fissazione del prezzo), non può essere chiamato a rispondere nei confronti dei creditori qualora si dovessero verificare inadempimenti da parte dell’acquirente[16]. Disposizione che, invece, non trova applicazione nel caso di cessione aggregata di rapporti di lavoro o di debiti derivanti da tale categoria di rapporti perché il comma 4 dell’art. 214 esclude la sola responsabilità dell’alienante discendente dall’art. 2560 c.c., sicché qualora il rapporto di lavoro dipendente continui con l’acquirente il debitore in liquidazione o concordatario cedente rimane obbligato, in solido con il cessionario, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento, giusto il disposto dell’art. 2112, comma 2, c.c., salvo diversi accordi attraverso trattative assistite espressamente contemplate dall’art. 191. 
Il comma quinto dell’art. 214 riproduce pari pari il comma sesto dell’art. 105 L. fall., che, a loro volta, riprendono la formula dell’art. 2559, comma 1, c.c., sulla cessione dei crediti e sugli effetti della cessione rispetto al debitore ceduto a decorrere dall'iscrizione del trasferimento nel Registro delle Imprese. Ed egualmente il comma sesto dell’art. 214, riprende il comma settimo dell’art. 105, per i quali “I privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestate o comunque esistenti a favore del cedente, conservano la loro validità e il loro grado a favore del cessionario”, che non è altro che applicazione del disposto dell’art. 1263 c.c. 
Il comma 7 dell’art. 214 prevede, come il comma 6 dell’art. 105 L. fall., quale forma di liquidazione il conferimento in una o più società, eventualmente di nuova costituzione, dell'azienda o di rami della stessa, ovvero di beni o crediti, con i relativi rapporti contrattuali in corso, esclusa la responsabilità dell'alienante ai sensi dell'articolo 2560 c.c. La norma fallimentare si fermava qui, deducendosi che il pagamento dei creditori avvenisse mediante liquidazione delle partecipazioni nelle società conferitarie, nel mentre l’art. 214 prevede anche la possibilità che “le azioni o quote della società che riceve il conferimento possono essere attribuite, nel rispetto delle cause di prelazione, a singoli creditori che vi consentono”; inoltre la nuova norma richiede anche che siano osservate nell’operazione di conferimento “le disposizioni inderogabili contenute nella presente sezione”, ed il pensiero corre immediatamente alla necessità del rispetto delle procedure competitive, la cui applicazione al conferimento non era in precedenza inequivoca. 
La nuova norma ha mantenuto, come quella fallimentare, il silenzio sulla responsabilità della società conferitaria per debiti ribadendo soltanto l’esclusione della responsabilità dell’alienante ai sensi dell’art. 2560 c.c., ma tale omissione si può spiegare ritenendosi che il conferimento coattivo di un intero complesso aziendale o di un ramo della stessa in altra società debba comprendere l’intero blocco delle passività inerenti, di cui si deve tenere conto nel determinare il valore della partecipazione da dare quale corrispettivo di detto trasferimento. 
L’art. 214 termina, così come l’art. 105 L. fall., con la previsione che "Il pagamento del prezzo può essere effettuato mediante accollo di debiti da parte dell'acquirente solo se non viene alterata la graduazione dei crediti”. Questa norma va letta in combinato con quella di cui al comma 3 che, nel prevedere la deroga al secondo comma dell’art. 2560 c.c., fa salva una diversa convenzione tra le parti, per cui alcune passività possono essere trasferite, mediate accollo, al cessionario e utilizzate quale pagamento del prezzo, a condizione, appunto, che non venga alterata la graduazione dei crediti. Condizione quest’ultima che, nel concordato, ordinario come in quello semplificato, deve intendersi riferita alle condizioni di pagamento previste nella proposta del debitore omologata dal tribunale, di modo che possono essere accollate dal cessionario soltanto quelle passività, da considerare come pagate per il debitore, che, nel contesto dell’operazione (ossia tenendo conto del residuo prezzo pagato) non alterino la regola della priorità assoluta, come coniugata nella proposta concordataria, questa essendo l’unica regola distributiva applicabile ai concordati liquidatori. 
Spiccano, sia nella norma fallimentare che in quella attuale, il mancato richiamo dell’art. 2557 c.c., che pone un divieto di concorrenza per cinque anni per chi aliena l’azienda, nonché dell’art. 2558 c.c. in tema di successione nei contratti all’atto della cessione di azienda. 
Questa seconda omissione è agevolmente superabile nella liquidazione giudiziale (nel cui contesto l’art. 214 è inserito) con la regolamentazione dei rapporti pendenti, per cui il curatore può orientarsi a non sciogliersi da quei contratti utili all’esercizio dell’azienda che possono essere oggetto di pattuizione per il loro trasferimento o comunque, necessariamente seguono l’azienda, anche in mancanza di esplicita pattuizione, qualora siano indispensabili al suo funzionamento; nel concordato ordinario, il potere del curatore è in qualche modo attribuito al debitore con la facoltà di cui all’art. 97 di chiedere la sospensione o lo scioglimento dei contratti, nel mentre nel concordato semplificato l’art. 97 non è richiamato, né è in qualche modo applicabile posto che il debitore chiede direttamente l’omologazione del concordato. Pertanto, a maggior ragione nel caso in esame, in cui tutti i contratti pendenti al momento della presentazione della domanda permangono, è da ritenere che questi possano essere oggetto di pattuizione da parte del liquidatore e che quelli indispensabili al funzionamento dell’azienda si trasferiscano, anche in caso di conferimento[17], automaticamente, salvo espressa esclusione. 
Il divieto di concorrenza quinquennale per il cedente, che ha lo scopo di evitare che questi inizi una nuova impresa che, attraverso lo sviamento della clientela, vanifichi o comunque pregiudichi, la realizzazione dello scopo concreto del trasferimento, è da ritenersi operante anche nel caso della cessione di azienda effettuata dal curatore o dal liquidatore data la natura derivativa del trasferimento e la permanenza delle ragioni giustificative del divieto, anche se la cessione non è operata direttamente dal precedente imprenditore ma da altri che ha la disponibilità dei suoi beni[18].
L’art. 114, comma 4, dopo il rinvio alle disposizioni sulle vendite nella liquidazione giudiziale, riprende nel successivo periodo la parte finale del comma 5 dell’art. 182 L. fall., sicché “La cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonché delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo, sono effettuati su ordine del giudice, salvo diversa disposizione contenuta nella sentenza di omologazione per gli atti a questa successivi”, fermo restando, benché non esplicitato nella norma, che la cancellazione dei gravami è condizionata al pagamento del prezzo, come espressamente statuito dal comma 2 dell’art. 217, anch’esso richiamato dall’art. 114, in quanto rientrante tra le “disposizioni sulle vendite nella liquidazione giudiziale”; del resto non vi è alcun motivo per cui nelle vendite concordatarie, sia nel concordato ordinario che in quello semplificato, l’effetto purgativo prescinda dalla riscossione del corrispettivo della cessione.
3 . Vendita dell’azienda nella fase post omologa con offerta preconfezionata
Si è visto finora che quando manca una offerta preconfezionata, il liquidatore può cedere l’azienda o rami della stessa seguendo le regole della competitività e le modalità di vendita di cui all’art. 216, con le forme indicate dall’art. 2556 c.c., e con gli effetti descritti dall’art. 214, norme veicolate nel concordato semplificato dall’art. 114, richiamo dell’art. 25 septies. 
Quando il piano di liquidazione di cui all'articolo 25 sexies comprende un'offerta da parte di un soggetto individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore dell'azienda o di uno o più rami d'azienda, non trova più applicazione la regolamentazione della vendita di azienda nella liquidazione giudiziale di cui finora si è parlato, in quanto il comma 2 dell’art. 25 septies dispone che, in tal caso, “il liquidatore giudiziale, verificata l'assenza di soluzioni migliori sul mercato, dà esecuzione all'offerta e alla vendita si applicano gli articoli da 2919 a 2929 del codice civile”. 
Questa norma, quand’anche l’offerta predeterminata sia irrevocabile (come richiesto dall’art. 91 per far scattare la procedura delle offerte concorrenti), esclude l’applicazione dell’art. 91, sia perché questo non è richiamato nel concordato semplificato sia, principalmente, perché le modalità della complessa disciplina prevista da tale norma sono chiaramente incompatibili con la semplificazione del rito del nuovo strumento concordatario e, in particolare, con la previsione che fa leva su una valutazione del liquidatore per stabilire se accettare l’offerta indicata nel piano e non su un procedimento diretto ad acquisire offerte di interessati ed effettuare una gara con meccanismi competitivi tra i concorrenti; di conseguenza la norma specifica alla fattispecie prevale su quella di carattere generale. E, infatti, quando in casi del genere - di un piano, cioè, che preveda l’offerta da parte di un soggetto individuato, avente ad oggetto l’affitto o il trasferimento in suo favore dell’azienda o di uno o più rami d’azienda - il legislatore ha voluto che fosse applicata la disciplina delle offerte concorrenti, ha espressamente disposto, come nell’art. 84, comma 9, che “il giudice provvede ai sensi dell’articolo 91, comma 1”. 
La situazione è destinata a rimanere immutata anche a seguito dell’entrata in vigore del decreto correttivo provvisorio, che, se verrà confermato nella versione al momento in circolazione, introduce variazioni che incideranno sul concordato ordinario ma non su quello semplificato. Il riferimento è al nuovo comma 1 bis introdotto nell’art. 114 (della cui applicazione alla fattispecie in esame, infra), secondo il quale “Quando il piano prevede offerte irrevocabili da parte di un soggetto individuato il tribunale determina le modalità attraverso le quali il liquidatore dà idonea pubblicità delle offerte al fine di acquisire offerte concorrenti”. Appare evidente che le ragioni di incompatibilità dell’applicazione dell’art. 91 al concordato semplificato sopra accennate si riproducono esattamente per l’applicazione del nuovo comma 1 bis dell’art. 114, che propone il ricorso al sistema delle offerte concorrenti per i concordati liquidatori[19] in caso di offerta preconfezionata, nel mentre l’art. 25 septies non prevede alcun intervento del tribunale e lascia al liquidatore la scelta della offerta ritenuta essere la migliore sul mercato. 
Ovviamente se il tribunale detta delle modalità per la pubblicità (come prescrive la nuova norma in itinere) il liquidatore è tenuto a seguirla e, comunque, la libertà operativa di cui dispone va sempre valutata con il parametro della diligenza[20], di modo che un liquidatore diligente, al di là della prescrizione normativa, organizzerà una data room per consentire la visione di documentazione e la presentazione di offerte migliorative rispetto a quella già acquisita o comunque pubblicherà inviti a formulare offerte di acquisto dell’azienda che risultino economicamente più vantaggiose o ricorrerà ad altri sistemi pubblicitari, ma queste forme di pubblicità, in primo luogo, non equivalgono a quelle di cui all’art. 216, e, ad ogni modo, ove anche consentano l’arrivo di altre offerte, non è prevista, né è ipotizzabile, l’espletamento di una gara - che è l’essenza della competitività - tra l’originario offerente e coloro che hanno presentato altre proposte perché è il liquidatore che stabilisce a quale offerta dare esecuzione in quanto da lui ritenuta che sia la migliore soluzione che il mercato possa offrire. 
La semplificazione del rito dello strumento concordatario di nuovo conio, che trova una delle massime espressione proprio nelle modalità di vendita previste dal secondo e terzo comma dell’art. 25 septies, in contrasto con il farraginoso meccanismo delle offerte concorrenti di cui all’art. 91, ha indotto il legislatore a lasciare all’organo concorsuale “la verifica dell’assenza di soluzioni migliori”, che implica una valutazione del liquidatore basata su un sondaggio a schema libero”[21], senza necessità di ricorrere ad inviti a manifestare interesse o di procedere a gare, dato che la norma speciale dettata per il concordato semplificato non lo richiede lasciando le modalità dell’indagine per la ricerca di soluzioni migliori sul mercato alla diligente discrezionalità del liquidatore, dando così un duro colpo alla competitività; nello svolgimento di questo compito il liquidatore può anche far uso di modalità competitive adeguate e flessibili rispetto alle diverse circostanze del caso concreto, ma queste devono essere compatibili con le esigenze di celerità e di urgenza che caratterizzano questa fase. 
A tutto ciò è da aggiungere che: 
a-la vendita non è preceduta da una stima in quanto il prezzo base su cui calcolare offerte migliorative è dato dall’offerta preconfezionata; 
b-non è assoggettata ad alcuna preventiva autorizzazione da parte del tribunale, in quanto non prevista dal comma 2 dell’art. 25 septies, a differenza di quanto richiesto dal comma successivo per la vendita eseguita nelle stesse condizioni dall’ausiliario (di cui si dirà), né dal giudice delegato, che è figura non contemplata nel concordato semplificato, né dal comitato dei creditori perché l’art. 114, come già ricordato, non riproduce il quarto comma dell’art. 182 L. fall. che richiedeva l’autorizzazione del comitato dei creditori per le vendite di aziende e rami delle stesse. Non vi è pertanto, un tribunale né altro organo che possa verificare preventivamente l’esistenza di eventuali soluzioni migliori di mercato, rispetto a quella scelta dal liquidatore essendo stata questa scelta lasciata a costui senza la necessità di autorizzazione alcuna[22]; 
c-difficile è anche ipotizzare una verifica successiva interna sulla scelta del liquidatore, in quanto l’art. 133 non è richiamato nè dagli artt. 25 sexies e septies, né dall’art. 114, per cui l’unica forma di controllo rimane quella esercitabile dall’ausiliario (qualora non sia stato nominato anche liquidatore) o quella esterna che passa attraverso la revoca del liquidatore e una successiva azione di responsabilità, che però non intacca l’operato compiuto. 
Si vuol dire che in mancanza di parametri normativi precisi che vincolino il liquidatore quanto alle modalità ed alla valorizzazione degli asset da liquidare, le scelte di quest’ultimo possono avere carattere ampiamente discrezionale, con grave pregiudizio anche del principio di trasparenza, oltre che di quello della competitività[23]. 
E qui emerge il modo ondivago del procedere del legislatore che, da un lato, richiama per il liquidatore l’art. 114, con l’intero carico delle norme da questo a sua volta richiamate, che hanno determinato la c.d. fallimentarizzazione della fase esecutiva del concordato per cessione dei beni, e, dall’altro, sottrae la liquidazione del concordato ai principi cardini della liquidazione concorsuale, quali la competitività e i controlli sulla liquidazione, che, nella liquidazione concordataria, sono finalizzati proprio all’accertamento che siano rispettati i parametri legali richiamati dall’art. 114. 
A questo punto è d’obbligo porsi una domanda: qual è l’estensione della portata derogatoria della disposizione di cui al secondo comma dell’art. 25 septies, dal momento che questa traccia le modalità della vendita di azienda o di un ramo di essa in presenza di una prepacking solution, ma nulla dice circa gli effetti della vendita dell’azienda o di suoi rami. 
Per la verità, la norma appena richiamata precisa che alla vendita in questione “si applicano gli articoli da 2919 a 2929 del codice civile”, da cui la agevole deduzione che si è in presenza di una vendita coattiva, tuttavia il legislatore non qualifica la vendita in esame come coattiva - con la possibilità di poter risalire all’intero complesso normativo dettato per vendite di questo genere, tra cui le disposizioni dell’art. 214 - , ma si limita a rendere applicabile alla stessa alcune delle disposizioni dettate per le vendite forzate; rimane pertanto aperta la questione se alla vendita di cui si sta discutendo si possano estendere le previsioni sulla vendita dell’azienda di cui all’art. 214, mutuate nella vendita di azienda non preceduta da offerta preconfezionata dal richiamo dell’art. 114 contenuto nel primo comma dell’art. 25 septies
In altre parole, la previsione di cui al primo comma di questa norma, secondo cui si applicano al liquidatore, in quanto compatibili “le disposizioni di cui all’art. 114” è riferibile anche alle vendite di cui al secondo comma dell’art. 25 septies, oppure alla cessione di azienda rientrante nella previsione di questa norma si applica la disciplina civilistica sulla circolazione dell’azienda? 
È preferibile la prima opzione considerato: 
- che l’applicazione dell’art. 114 (che costituisce il veicolo con cui arrivare all’art. 214) è estesa al liquidatore dal primo comma dell’art. 25 septies, indipendentemente, quindi, dalle modalità di vendita che poi questi segue; 
- che il concordato semplificato è costruito dalla legge come la procedura concorsuale cui il debitore può ricorrere (dopo il fallimento delle trattative della negoziazione per cercare un regolamento extra giudiziaria del dissesto) secondo il modello classico della cessione dei beni; in questo la cessione dell’azienda nella sua interezza (o di rami della stessa) è uno dei modi di liquidazione del patrimonio messo a disposizione dei creditori, preferibile alla vendita particellizzata in quanto presumibilmente più proficua per i creditori, è realizzata da un organo della procedura in un contesto giurisdizionalizzato, e quindi è una vendita coattiva per la quale è solo dettata l’apposita previsione che all’offerta può essere data esecuzione “verificata l'assenza di soluzioni migliori sul mercato”, 
- che, pertanto, la deroga ai criteri che reggono la vendita dell’azienda nella liquidazione giudiziale riguarda prevalentemente la competitività, che è regolata dall’art. 216 e può estendersi alle norme che fanno perno sulla competitività, quale quella dell’art. 217, che detta modalità per l’esercizio del potere impeditivo o sospensivo del giudice, in quanto solo queste sono del tutto incompatibili con la speciale regolamentazione delle vendite con offerta preconfezionata in cui è esclusa ogni forma di competitività;
si può ammettere che le disposizioni di cui all’art. 214 sono applicabili in quanto compatibili, alle vendite di azienda o rami della stessa effettuate dal liquidatore, sia in mancanza che in presenza di una offerta preconfezionata, fermo restando che alle modalità di vendita e scelta dell’offerta prevalente non si applicano le disposizioni di cui all’art. 216, bensì quelle di cui all’art. 25 septies
E questo spiega perché l’art. 118 (il cui comma ottavo contiene, come si vedrà una specifica disposizione in tema di vendita di azienda), benchè riguardante l’esecuzione del concordato, è richiamato dall’art. 25 sexies, comma 8, con chiaro ed esclusivo riferimento alle attività dell’ausiliario, tanto che, dopo il richiamo, è precisato “sostituita la figura del commissario giudiziale con quella dell’ausiliario” e il liquidatore entra in scena nel concordato semplificato solo con l’art. 25 septies, che dispone la sua nomina e l’applicazione delle disposizioni di cui all’art. 114, di cui si è trattato.
4 . La vendita dell’azienda nella fase pre omologa. Figura e ruolo dell’ausiliario
A seguito della presentazione della richiesta di omologazione del concordato semplificato, il tribunale, a norma dell’art. 25 sexies comma 3, valutata la ritualità della proposta, acquisiti la relazione finale di cui al comma 1 e il parere dell'esperto, nomina un ausiliario ai sensi dell'articolo 68 del Codice di procedura civile[24]. 
Non è chiaro perché il legislatore abbia introdotto questa nuova figura, ma qualunque sia stato il motivo di questa scelta, si è indubbiamente creata una figura ibrida in quanto il personaggio dell’ausiliario nominato dal tribunale “ai sensi dell’art. 68 c.p.c.” evoca l’immagine del CTU, la cui nomina rientra nella facoltà del giudice che ha bisogno di un esperto in una determinata arte o professione, o, comunque, sia idoneo al compimento di atti che il giudice non può compiere da solo[25], nel mentre la nomina dell’ausiliario nel concordato semplificato è, nonostante il richiamo dell’art. 68 c.p.c., obbligatoria in quanto egli è un organo della procedura. 
Nonostante, infatti, il richiamo all’art. 68 c.p.c. comporti: 
a-che l’ausiliario nominato ai sensi dell’art. 25 sexies comma 3, vada scelto tra gli iscritti negli albi presso i tribunali (artt. 22 e segg. disp. att. c.p.c.), tra i quali il giudice individua chi ritiene più idoneo al compito che gli assegna, e non tra iscritti all’albo dei soggetti incaricati dall’autorità giudiziaria delle funzioni e di controllo nelle procedure di cui all’art. 356 CCII. L’art. 25 sexies, comma 3, ult. periodo, si limita, infatti a dire che all’ausiliario si applicano le disposizioni di cui agli artt. 35, comma 4 bis, e 35.1 e 35.2 del D.Lgs 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136) in modo da richiamare le cause di incompatibilità e assicurare la vigilanza sul rispetto delle stesse, ma non richiama l’art. 125, che richiede che il curatore debba avere i requisiti di cui all’art. 358, applicabile al commissario giudiziale in forza del rinvio a tale norma contenuto nell’art. 92, non richiamato nel concordato semplificato, a differenza di quanto stabilito per il liquidatore, al quale è applicabile l’art. 125 tramite il richiamo dell’art. 114[26]; 
b-che l’ausiliario, in quanto consulente del giudice, è soggetto al giuramento avanti al giudice o mediante dichiarazione sottoscritta ai sensi dell’art. 193 c.p.c. ed ha un obbligo di accettazione, salvo legittimo impedimento, che discende proprio dalla qualifica dell’ausiliario in applicazione dell’art. 63 c.p.c. al punto da poter essere perseguito per il reato di rifiuto di ufficio legalmente dovuto (art. 366 c.p.). In ogni caso, in forza del terzo comma dell’art. 25 sexies, “L'ausiliario fa pervenire l'accettazione dell'incarico entro tre giorni dalla comunicazione”, che segna un’altra diversità rispetto a tutti gli altri soggetti coinvolti nella crisi in quanto l’esperto deve provvedere all’accettazione “entro due giorni lavorativi dalla ricezione della nomina” (art. 17, comma 4), che è il termine fissato anche per l’accettazione della carica di curatore dall’art. 126, richiamato per il commissario dall’art. 92 e per il liquidatore dall’art. 114; 
c-che, a causa del mancato richiamo dell’art. 92, non sono applicabili all’ausiliario, oltre agli artt. 125 e 126 di cui si è fatto cenno, neanche le altre disposizioni richiamate del predetto art. 92, ossia quelle di cui agli artt.133, 134, 136 e 137, per cui, a differenza di quanto previsto per il liquidatore, è all’interno della disciplina del codice di rito che vanno cercate le soluzioni a tale carenza. In particolare torna utile l’art. 196 c.p.c., per il quale “il giudice ha sempre la facoltà di disporre la rinnovazione delle indagini e, per gravi motivi, la sostituzione del consulente tecnico”, che, esprimendo il potere del giudice che ha nominato il consulente di disporre indagini tecniche suppletive o integrative di quelle già espletate, di sentire a chiarimenti il CTU ovvero di disporre addirittura la rinnovazione delle indagini, con la nomina di altri consulenti, sopperisce al reclamo e alla revoca di cui agli artt. 133 e 134, seppur con applicazione di criteri più stringenti, quali i gravi motivi richiesti per la sostituzione. La diligenza e probità richieste dall’art. 136 è implicita nel giuramento che l’ausiliario presta al momento dell’assunzione dell’incarico; 
d-che, in mancanza di qualsiasi indicazione circa la liquidazione del compenso, visto che non è richiamato l’art. 137, è da ritenere che questo vada liquidato secondo le indicazioni degli artt. 52 e 53 disp. att. c.p.c. e art. 49 D.P.R. n. 115 del 2002, ossia secondo le tabelle di cui al D.M. 30 maggio 2002 e succ. aggiornamenti, con una evidente disparità di trattamento rispetto all’esperto e al liquidatore, come rispetto al commissario giudiziale, che poteva essere preso come modello, riducendo il compenso di cui all’art. 5 D.M. 25 gennaio 2012, n. 30 in considerazione del minor carico di lavoro che questi sostiene nel concordato semplificato; 
nonostante tutto ciò, non vi è dubbio che l’ausiliario sia un organo della procedura del concordato semplificato, posto che per il richiamo dell’art. 94 contenuto nel secondo comma dell’art. 25 sexies, egli esercita la vigilanza sull’attività del debitore, come il commissario in un qualsiasi concordato preventivo, e rileva eventuali fatti e circostanze interessanti ai fini del sub procedimento di cui all’art. 106, espressamente richiamato dal comma ottavo dell’art. 25 sexies. Infine, il richiamo contenuto nell’ult. comma dell’art. 25 sexies all’art. 118 comporta che l’ausiliario non cessa la sua attività con l’omologa, giacché in forza della norma richiamata egli deve sorvegliare l'adempimento del concordato e, quindi l’opera del liquidatore, secondo le modalità stabilite nel decreto di omologazione e deve riferire al giudice ogni fatto dal quale possa derivare pregiudizio ai creditori. 
Si può dire, pertanto, che la figura dell’ausiliario corrisponde a quella del commissario giudiziale, solo che i suoi compiti sono più limitati in quanto non svolge alcuna delle attività iniziali tipiche del commissario. Nel concordato semplificato, infatti, non è prevista la redazione della relazione di cui all’art. 105 né le altre integrative e illustrative previste dalla stessa norma e dall’art. 107, sia perché manca la votazione dei creditori, sia anche perché alcune di queste informazioni sulla condotta del debitore e sulle cause del dissesto sono, o dovrebbero essere, contenute nella relazione dell’esperto; né è tenuto al compimento di quelle attività strumentali alla predisposizione della relazione, quale la verifica dell’elenco dei creditori sulla scorta delle scritture contabili presentate, come richiesto dal primo comma dell’art. 104, né, infine, a quelle finalizzate all’espletamento della votazione, quale la comunicazione ai creditori dell’avviso di cui al secondo comma dell’art. 104, posto che alla comunicazione ai creditori della sua nomina, della data dell’udienza della relazione dell’esperto e dei pareri provvede, per la previsione di cui al quarto comma dell’art. 25 sexies il debitore proponente il concordato. 
Il dato che comunque qui rileva è che l’ausiliario, così come il commissario giudiziale, non ha la disponibilità dei beni del debitore in quanto l’imprenditore concordatario subisce quello che viene comunemente chiamato uno "spossessamento attenuato"; questi, infatti conserva non solo, come nella liquidazione giudiziale, la proprietà, ma anche l'amministrazione e la disponibilità dei propri beni e l’esercizio dell’impresa, salve le limitazioni connesse alla natura stessa della procedura, la quale impone che ogni atto sia comunque funzionale all'esecuzione del concordato[27]. 
Per questo motivo l’art. 94, comma 2, come già il pari comma dell’art. 167 L. fall. richiede per l’efficacia di specifici atti di particolare interesse e, comunque per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione l’autorizzazione del giudice delegato; norma da integrare con la previsione dell’art. 46, fatto salvo dall’art. 94 e da adattare al concordato semplificato, ove il comma 2 dell’art. 25 sexies richiama entrambi. 
In realtà, l’art. 46 sembra poco pertinente alla fattispecie in esame. Tale norma, infatti, per l’efficacia degli atti urgenti e di straordinaria amministrazione compiuti dal debitore nella fase che va dalla presentazione della domanda al decreto di apertura della procedura, nonché nel periodo successivo al decreto di apertura e fino all'omologazione, richiede l’autorizzazione del tribunale nel primo caso e del giudice delegato nel secondo. Orbene, nel concordato semplificato non esiste un periodo tra il deposito della domanda e fino al decreto di apertura - durante il quale il debitore possa compiere atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale - dal momento che in questa procedura non è previsto un decreto di apertura, posto che il debitore chiede direttamente l’omologa; e, quand’anche si voglia equiparare il decreto di nomina dell’ausiliario a quello di apertura, egualmente improprio è richiedere che le autorizzazioni siano concesse dal giudice delegato, che è figura non contemplata nel concordato semplificato. 
Il richiamo dell’art. 46 va, quindi, inteso nel senso di chiarire che dalla presentazione della domanda di omologa di concordato semplificato e fino alla omologazione, il debitore può compiere atti di straordinaria amministrazione urgenti, ma questi devono essere autorizzati dal tribunale, che è l’unico organo giudiziario previsto in questa procedura, sia per la loro efficacia che per la loro legalità ai fini della prededuzione. E nello stesso senso va l’art. 94 che, nella sua applicazione al concordato semplificato, richiede l’autorizzazione del tribunale per gli atti nominativamente elencati e comunque per quelli eccedenti l’ordinaria amministrazione che il debitore intende compiere nel tempo tra il deposito della domanda di omologa del concordato semplificato e il decreto di omologazione (comma 2); autorizzazione che può essere concessa, sentito l’ausiliario, “se l’atto è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori” (comma 3).
5 . La vendita dell’azienda da parte dell’ausiliario. Normativa applicabile
Venendo, dopo queste premesse, al tema della cessione dell’azienda, anche per l’ausiliario è opportuno tenere distinte le due fattispecie della vendita dell’azienda o di un ramo di essa in mancanza di una offerta predeterminata o in presenza di offerta da parte di un soggetto individuato contenuta nel piano di liquidazione. 
Nel primo caso, determinante è il richiamo dell’art. 94, il quale (dopo le previsioni cui si è fatto cenno) termina con una speciale disciplina dettata proprio per la vendita, oltre che per l’affitto, di aziende, rami della stessa o singoli beni, richiedendo il comma 5, che tali atti siano effettuati tramite procedure competitive, previa stima ed adeguata pubblicità. Di modo che, in mancanza del richiamo dell’art. 216 con l’intero complesso normativo sulla pubblicità sul portale delle vendite e sulle vendite telematiche[28], sono comunque richieste una stima per determinare il valore del complesso da liquidare e una adeguata pubblicità - che, nella genericità della formula che non ne specifica quale sia il contenuto, va adattata al caso concreto - nonché il rispetto del principio di competitività, che implica una gara seppur informale tra più offerenti; ne deriva che il tribunale, nel rilasciare l’autorizzazione, può imporre delle linee da seguire in tema di pubblicità e competitività allo scopo di ottenere che la vendita risponda alla migliore soluzione che il mercato possa offrire nell’ottica di funzionalizzare l’atto al miglior soddisfacimento dei creditori. 
I principi di pubblicità e di competitività, tuttavia, vengono meno qualora ricorra l’urgenza in quanto, in tal caso, il comma 6 dell’art. 94 prevede che il tribunale, sentito il commissario giudiziale (nel concordato semplificato l’ausiliario) può autorizzare gli atti di cui al comma precedente (vendita e affitto azienda, ecc.) “senza far luogo a pubblicità e alle procedure competitive quando può essere compromesso irreparabilmente l’interesse dei creditori al miglior soddisfacimento”. 
Pur nella fumosità delle espressioni utilizzate, è da ritenere che la norma voglia dire che quando l’attuazione della pubblicità e di procedure competitive può danneggiare i creditori perché nel frattempo la vendita del complesso aziendale potrebbe non essere più realizzabile, da cui l’urgenza a provvedere prima che un tale evento si verifichi, il tribunale “può autorizzare gli atti previsti al comma 5 senza far luogo a pubblicità e alle procedure competitive”. E tutto questo per venire incontro al non meglio precisato interesse dei creditori al loro miglior soddisfacimento rispetto evidentemente alla non vendita immediata e non certo all’interesse di salvaguardare l’unità del complesso aziendale, sia perché una valutazione del genere non è contemplata, sia perché gli atti previsti dal comma 5 non sono soltanto quelli della vendita dell’affitto di azienda o ramo della stessa, ma anche della vendita di “specifici beni”. 
Inoltre il legislatore, dopo aver previsto che in caso di urgenza può procedere all’autorizzazione per la vendita dell’azienda senza far luogo alla adeguata pubblicità prevista dal comma 5, continua imponendo che del provvedimento del giudice e del compimento dell’atto “deve comunque essere data adeguata pubblicità e comunicazione ai creditori”, di modo che si elimina l’adeguata pubblicità della proposta di vendita, che avrebbe potuto stimolare altri interessati, e si procede alla adeguata pubblicità del provvedimento già preso, che taglia fuori la possibilità di altri concorrenti di partecipare. Avrebbe un senso questa forma di pubblicità ulteriore rispetto a quella della iscrizione del contratto di cessione nel Registro delle Imprese (prevista dalla norma generale di cui all’art. 2556 c.c.) ove fosse consentito un intervento sollecitativo dei creditori interessati verso il tribunale per i provvedimenti di cui all’art. 217, ma tale norma è, come visto, richiamata, attraverso il rimando all’art. 114 per la fase esecutiva del concordato, ma non per le vendite effettuate in corso di procedura.
Orbene è abbastanza evidente che nel concordato semplificato, ove, per la mancanza della votazione, la fase fino alla omologa è, o dovrebbe essere, molto più breve di quella del concordato ordinario[29], la cessione anticipata dell’azienda prima della omologa, qualora non sia presente una offerta precostituita, è ipotesi abbastanza rara e può essere giustificata proprio dall’urgenza di non poter attendere che venga nominato un liquidatore, come ad esempio, nel caso di una offerta sopravvenuta che contenga termini ristretti per l’accettazione e non siano prospettabili soluzioni ponte, quale il ricorso all’affitto; pertanto la vendita di azienda o di ramo della stessa nella fase ante omologa, in mancanza di offerta preconfezionata, è verosimilmente, ma sarebbe più appropriato dire ineluttabilmente, destinata ad essere assoggettata alla previsione del comma sesto dell’art. 94 in quanto sempre correlata ad una situazione di urgenza, altrimenti si attende l’omologa per dare esecuzione al concordato. 
Ad ogni modo, quando tale situazione si verifica, e interviene l’autorizzazione del tribunale, è chiaro che la vendita viene effettuata dal debitore in concordato, che ha la disponibilità dei beni aziendali, seppur sotto la vigilanza dell’ausiliario, senza far luogo a pubblicità (non solo quella di cui all’art. 216, ma neanche quella che potrebbe disporre il tribunale in una circostanza di non urgenza), né a procedure competitive (manca quindi una gara seppur informale); di tal che ove il debitore proponga di procedere alla cessione (di accettare l’offerta sopravvenuta dell’esempio di cui in precedenza), l’autorizzazione del tribunale è sostanzialmente basata sul parere dell’ausiliario che, a norma del comma sesto dell’art. 94, deve essere sentito, in una situazione parallela a quella che può verificarsi in un concordato ordinario nella fase pre omologa in presenza della stessa urgenza, ove ad essere sentito è il commissario giudiziale. 
Da qui il problema solito: quali norme sulla circolazione dell’azienda si applicano alla specie? 
In questo caso viene in soccorso l’art. 118, applicabile, come già ricordato, alla fase pre omologa del concordato semplificato per il richiamo contenuto nell’art. 25 sexies, comma 8. Il comma ottavo dell’art. 118 dispone che “In deroga all'articolo 2560 del codice civile, l'acquirente o cessionario dell'azienda non risponde dei debiti pregressi, salvo diversa previsione del piano di concordato”, di modo che il cessionario, per default, non diventa condebitore solidale dei debiti inerenti l’esercizio dell’azienda ceduta, ma soltanto di quelli risultanti dai libri contabili obbligatori, a differenza di quanto previsto dall’art. 214, comma 3, CCII di cui si è detto. Questo comma, unitamente al settimo (che tratta della cancellazione delle formalità iscritte e della delega al notaio a rogare l'atto di trasferimento[30]), al primo (che attribuisce all’ausiliario la sorveglianza sull’adempimento) e al secondo (che attiene alle modalità per soddisfare i creditori contestati, condizionali o irreperibili) sono le uniche disposizioni dell’intera norma compatibili con il concordato semplificato, ove manca la possibilità di proposte concorrenti e i tempi sono tali da impedire che il potere di sorveglianza dell’ausiliario si trasformi in un potere gestorio sostitutivo. 
Se si attribuisce, come detto in precedenza, all’art. 191 il ruolo di espressione di principi di carattere generale applicabili ad ogni tipo di trasferimento di azienda realizzato nel corso di procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza, anche alle vendite di cui si discute i rapporti di lavoro restano assoggettati alla disciplina dell’art. 47 L. n. 428/1990, nella versione più recente applicabile. 
Per il resto trova applicazione la disciplina civilistica sulla circolazione dell’azienda. Non può, infatti, essere invocato il comma 4 dell’art. 114, che, come si è ricordato, estende le disposizioni sulle vendite nella liquidazione giudiziale “alle vendite, alle cessioni e ai trasferimenti legalmente posti in essere dopo il deposito della domanda di concordato o in esecuzione di questo”, e, quindi anche alla fase ante omologa, sia perché tale norma è, per l’art. 25 septies, comma 1, applicabile solo al liquidatore per le vendite in esecuzione del concordato, sia perché per quelle della fase antecedente l’omologa sono richiamati l’art. 94 (integrato dal richiamo dell’art. 46), che detta norme specifiche sugli atti dispositivi del patrimonio del debitore in quella fase con riferimento particolare alla vendita di azienda, e l’art. 118 che pone la deroga all’art. 2560 c.c. e determina effetti purgativi. L’art. 114 sarebbe la chiave per l’applicazione al concordato semplificato della normativa sulle vendite nella liquidazione giudiziale, tra cui l’art. 214 e l’art. 216, che sono inconciliabili con la previsione della vendita in una fase pre omologa dominata dall’urgenza che richiede l’applicazione dell’art. 94, comma 6[31]. 
L’ultimo caso da esaminare è quello di cui al comma 3 dell’art. 25 septies, per il quale ”Quando il piano di liquidazione prevede che il trasferimento debba essere eseguito prima della omologazione, all'offerta dà esecuzione l'ausiliario, verificata l'assenza di soluzioni migliori sul mercato, con le modalità di cui al comma 2, previa autorizzazione del tribunale”. 
Si tratta della stessa disposizione di cui al comma 2 già esaminata per il liquidatore, applicata nel caso all’ausiliario. Ma se la previsione che attribuisce al liquidatore il potere, una volta verificata l'assenza di soluzioni migliori sul mercato, di dare esecuzione all'offerta e alla vendita, alla quale si applicano gli artt. da 2919 a 2929 c.c. è coerente con i poteri attribuiti a tale organo che, come visto, subentra al debitore nella gestione dei beni ceduti nella esclusiva finalità della loro liquidazione, poco, anzi per nulla coerente, è il terzo comma dell’art. 25 septies, per il quale, quando il piano di liquidazione prevede che l'offerta di cui al comma 2 debba essere accettata prima della omologazione, “all'offerta dà esecuzione l'ausiliario”, verificata, anche in questo caso, l'assenza di soluzioni migliori sul mercato, previa autorizzazione del tribunale. 
Tale norma, infatti, attribuisce all’ausiliario il potere di procedere alla vendita come se avesse la disponibilità del patrimonio del debitore, nel mentre egli, nonostante alla vendita si applichino gli artt. da 2919 a 2929 c.c.[32], esercita, in forza del richiamo dell’art. 94 contenuto nel secondo comma dell’art. 25 sexies, solo una attività di vigilanza sulla gestione dei beni e sull’esercizio dell’impresa che rimane in capo al debitore. 
Per riportare la norma negli schemi delle funzioni affidate all’ausiliario bisognerebbe o ammettere che l’ausiliaria abbia anche un potere di gestione finalizzato alla liquidazione come il liquidatore, ma una tale ipotesi incontrerebbe un ostacolo insormontabile nel richiamo dell’art. 94, oppure ritenere che il legislatore intenda dire che il compito dell’ausiliario sia solo quello di verificare l’assenza di soluzioni migliori sul mercato, fermo restando che la vendita viene stipulata dal debitore concordatario; in tal modo, però, si finisce per attribuire alla medesima locuzione di dare esecuzione all’offerta, ossia accettare l’offerta, - riferita nel comma secondo all’attività del liquidatore e nel comma terzo all’attività dell’ausiliario - un diverso significato. 
Attribuendo, come è doveroso, eguale significato all’identica espressione contenuta nella stessa norma, le alternative sono due: se dare esecuzione all’offerta vuol dire che il soggetto che vi dà esecuzione accetta l’offerta e procede alla vendita, la norma è incongrua per l’ausiliario; se, invece, vuol dire che è il debitore che procede alla vendita nel mentre gli organi concorsuali svolgono il solo compito di verificare l’assenza di soluzioni migliori sul mercato, allora la norma è incongrua per il liquidatore, che ha la disponibilità dei beni. Per sopperire alla discrasia normativa non c’è, comunque, altra strada che prescindere, in questo caso, dalla unità organica della norma e attribuire significati diversi alla locuzione di cui si è detto. 
Per il resto la norma in esame pone gli stessi problemi già visti per il liquidatore che opera nelle medesime condizioni di prepacked solution, in particolare quanto all’incompatibilità tra discrezionalità della valutazione attribuita all’ausiliario nella scelta della soluzione migliore offerta dal mercato e le offerte concorrenti; incompatibilità che si ripropone con il comma 6 bis dell’art. 94 aggiunto dal decreto correttivo provvisorio, per il quale “Quando il piano prevede l'offerta da parte di un soggetto individuato, avente ad oggetto l'affitto o il trasferimento in suo favore dell'azienda o di uno o più rami d'azienda, si applica l'articolo 91”, essendo evidente la inconciliabilità del meccanismo delle offerte concorrenti con i poteri attribuiti all’ausiliario, di cui si è parlato con riferimento al liquidatore. 
Rispetto all’ipotesi di cui al comma 2, quella del comma 3 dell’art. 25 septies prevede la garanzia dell’autorizzazione del tribunale. Posto che l’ausiliario deve verificare l’assenza di soluzioni migliori sul mercato, è logico presumere che la completezza e coerenza della ricerca espletata sia l’oggetto della valutazione del giudice il quale, tuttavia, non gode in questa fase ante omologa del concordato semplificato di particolari poteri di indagini; pertanto, salvo casi di incongruenze manifeste nella valutazione, il vero arbitro diventa, anche nel caso in esame, l’ausiliario che esprime il giudizio sulla mancanza di soluzioni migliori sul mercato. 
Quanto agli effetti della vendita giova il richiamo dell’art. 118 e della conseguente applicazione del comma ottavo circa la deroga del secondo comma dell’art. 2560 c.c., dato che tale effetto è collegato alla vendita effettuata dall’ausiliario, senza precisare se in presenza o in assenza di una offerta preconfezionata, sicché si riproduce la situazione esaminata in precedenza per le vendite pre omologa non preconfezionate.

Note:

[1] 
La S. Corte nel suo primo intervento in tema di concordato semplificato, (Cass. 12 aprile 2023, n. 9730 in Dirittodellacrisi.it) ha statuito che questo nuovo istituto, pur connotato da peculiarità rispetto al concordato preventivo fin dalla fase d'accesso in quanto postula il previo percorso della composizione negoziata, rientra “tra gli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza, essendo una delle procedure destinate ad attuare la liquidazione del patrimonio o delle attività”. 
[2] 
La Cassazione nell’intervento citato ha altresì affermato che questo nuovo istituto “è stato concepito fin dalla legislazione dell'emergenza per evitare la liquidazione giudiziale dopo l'esperimento negativo delle trattative e la verifica che non vi sono altre soluzioni possibili per il superamento dello stato di crisi e per la prosecuzione dell'attività”. Per la verità l’affermazione sembra troppo frettolosa perché nell’art. 23 il concordato semplificato è posto in alternativa non solo alla liquidazione giudiziale ma anche agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, il che, tuttavia nulla toglie alla natura liquidatoria del nuovo istituto sia perchè la lett. c) del comma 2 dell’art. 23 dispone che, all’esito delle trattive, l’imprenditore può “proporre la domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all'articolo 25 sexies” e l’art. 25 sexies, la cui rubrica recita: “Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio all’esito della composizione negoziata”, a sua volta, identifica il concordato semplificato in “una proposta di concordato per cessione dei beni unitamente al piano di liquidazione e ai documenti indicati nell'articolo 39 e richiede all’esperto un parere “con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione”; sia perché l’art. 25 septies, nel prevedere la vendita unitaria del complesso aziendale, non contempla la prosecuzione dell’attività e nulla dispone circa la sorte futura dopo la liquidazione. Appare chiaro, pertanto, che la finalità principale del concordato semplificato è quella di consentire la rapida liquidazione dei beni, possibilmente dell’intero complesso aziendale, per distribuirne il ricavato ai creditori. 
[3] 
Come giustamente sottolineato da Ambrosini, (S. Ambrosini, Il concordato semplificato, primi appunti, in Ristrutturazioni Aziendali ilcaso.it, settembre 2021) se si trattasse di un sottotipo del concordato ordinario andrebbero semmai menzionate le previsioni non applicabili, potendo ritenersi che al sottotipo di un istituto siano tendenzialmente applicabili tutte le norme proprie del tipo, ad eccezione per l’appunto di quelle oggetto di deroga. 
[4] 
Sulla inutilizzabilità dell’analogia, di recente, App. Trieste 21 marzo 2024 in Dirittodellacrisi.it, che ha confermato sul punto Trib. Udine, 30 novembre 2023 in Diritttodellacrisi.itEd infatti, ad esempio, nessuno dubita che nel silenzio della disciplina sul concordato semplificato, il debitore non sia tenuto a prevedere un apporto di risorse esterne che incrementino almeno del 10% l’attivo disponibile né che assicuri il soddisfacimento dei creditori chirografari in misura non inferiore del 20%, come richiesto dall’art. 84, comma 4, per il concordato liquidatorio ordinario; egualmente nessuno dubita che nel concordato semplificato non si proceda alla nomina del giudice delegato, pur in mancanza di espressa previsione che lo escluda, e così via. 
[5] 
Formula che, seppur riconducibile ai beni facenti parte del complesso aziendale, evidenzia che la norma richiamata trova applicazione anche quando la vendita abbia ad oggetto beni aziendali singolarmente considerati, che possono portare al disgregamento del complesso unito dal vincolo della destinazione all’esercizio di una impresa. 
[6] 
L’omologazione del concordato semplificato è disposta con decreto motivato, precisa l’art. 25 sexies, comma 6, a differenza dell’art. 48, comma 5, che richiede per l’omologa del concordato ordinario la sentenza.
[7] 
Benchè l’art. 25 septies non richiami l’art. 115, che tratta delle azioni del liquidatore in caso di cessioni di beni, deve ritenersi implicito nel potere dispositivo del patrimonio del debitore che il liquidatore abbia anche la legittimazione processuale attiva nei giudizi che investono lo scopo liquidatorio della procedura e, quindi, per il recupero dei crediti e, in generale, per le controversie aventi ad oggetto l’esercizio di azioni patrimoniali relative a beni oggetto dell’esecuzione concordataria; compreso l’esercizio dell’azione sociale di responsabilità nei confronti di amministratori e sindaci della società che ha avuto accesso al concordato semplificato, anche ove l’azione non sia stata già proposta e anche senza l’autorizzazione assembleare, non tanto perché tale azione è ora espressamente attribuita al liquidatore dal secondo comma dell’art. 115, non richiamato, quanto per il fatto che dovendo, nel concordato semplificato, la cessione dei beni investire l’intero patrimonio del debitore (la mancanza del voto dei creditori esclude che il debitore possa mettere a disposizione dei creditori solo parte del suo patrimonio), tra i beni e i diritti compresi nel patrimonio della società istante ceduti non può non essere compreso il credito della società al risarcimento dei danni ad essa cagionati dai suoi amministratori. 
[8] 
Le disposizioni sulle vendite della liquidazione giudiziale richiamate sono quelle contenute negli artt. da 214 e 218, per cui non è compreso nel richiamo l’art. 213, che tratta del programma di liquidazione, che il liquidatore può predisporre, sia che il tribunale abbia dettato le modalità della liquidazione sia in caso assenza di indicazioni, come strumento di guida per la sua attività, senza necessità di approvazione da parte del comitato dei creditori e delle altre ritualità richieste dall’art. 213. 
[9] 
Cass. 16 maggio 2018, n. 11957, in Unijuris.it
[10] 
È pacifico, altresì che l'acquisto del bene in sede di esecuzione forzata individuale, come collettiva, pur essendo indipendente dalla volontà del precedente proprietario ricollegandosi ad un provvedimento del giudice o ad un atto negoziale stipulato dal curatore o, come nel caso dal liquidatore, ha natura di acquisto a titolo derivativo e non originario, in quanto si traduce nella trasmissione dello stesso diritto del debitore esecutato (Giur. pacifica, tra le tante, Cass. 2 settembre 2022, n. 25926, in Dirittodellacrisi.it; Cass. 9 novembre 2017, n. 26608; Cass. 13 marzo 2017, n. 6386; Cass. 22 settembre 2010, n. 20037; ecc., fino a Cass. 28 gennaio 1985, n. 443.). 
[11] 
La esclude S. Leuzzi, Il concordato semplificato nel prisma delle prime applicazioni, in Dirittodellacrisi.it, marzo 2023, sia per la formula dell’art. 114 che per il fatto che nelle norme sul concordato semplificato non ne fanno cenno.
[12] 
Egualmente non è richiesta l’autorizzazione né un parere del comitato dei creditori nel caso di accoglimento di una offerta chiusa, come si vedrà. 
[13] 
Ovviamente nella fattispecie in esame, che presuppone la mancanza di una offerta predeterminata nel piano di liquidazione, non è configurabile il ricorso al meccanismo delle offerte concorrenti di cui all’art. 91 (peraltro non richiamato dall’art. 25 sexies) che, nel nuovo codice, è stato ulteriormente limitato, rispetto alla previsione dell’art. 163 bis, L. fall. alle offerte chiuse ab origine irrevocabili, al fine di semplificare il processo liquidatorio; né è richiamato l’art. 90 riguardante le proposte concorrenti per il semplice fatto che tale norma non può trovare spazio nel concordato semplificato per la mancanza di una votazione che scelga quale, tra le più proposte, debba essere portata all’omologazione. 
[14] 
L. Mandrioli, Le vendite nel concordato preventivo, in Dirittodellacrisi.it, aprile 2022. 
[15] 
C. Fiengo - E. Locasio Aliberti, Commento art. 214 in Il codice della crisi, Commentario, a cura di P. Valenzise, G. Di Cecco e D. Spagnuolo, Torino, 2024; L. Mandrioli, Le vendite nel concordato preventivo, cit.
[16] 
L. Mandrioli, Le vendite nel concordato preventivo, cit. 
[17] 
Cass., 14 ottobre 2022, n. 30296 in Dirittodellacrisi.it. 
[18] 
In tal senso, Trib. Torino, 30 giugno 2006 in Giur. merito 2006, 12, 2657, per il quale “Il divieto di concorrenza sancito a carico dell'alienante dell'azienda commerciale dall'art. 2557 c.c. è estensibile ad ogni caso in cui si verifichi sostanzialmente la sostituzione di un soggetto ad un altro nell'azienda ed è quindi applicabile anche in caso di cessione dell'azienda a seguito di fallimento”. Peraltro, la dottrina ha sempre attribuito alla norma di cui all’art. 2557 c.c. carattere non eccezionale (G.C.M. Rivolta, L’affitto e la vendita dell’azienda nel fallimento, Milano, 1973, 133; G.E. Colombo, Contratti, crediti e debiti nel trasferimento dell’azienda in piena titolarità, in Tratt. Galgano, III, L’azienda e il mercato, Padova, 1979, 139; M. Casanova, Impresa e azienda. (Le imprese commerciali), in Trattato Vassalli, X, Torino, 1974, 831) e la Cassazione, seppur in un risalente intervento (Cass. 16.02.1998, n. 1643, in Giur. it. 1998, 1181), ha ritenuto che “Il divieto quinquennale di concorrenza stabilito dalla norma di cui all'art. 2557 c.c. per l'ipotesi di alienazione di azienda non riveste carattere di specialità o eccezionalità, poiché il legislatore, con la norma in parola, non ha inteso sancire una espressa deroga al generale principio della libera concorrenza, ma disciplinare nel modo più congruo la portata di quegli stessi effetti esplicitati dalle parti (o da presumersi connaturati) con il negozio di cessione posto in essere. 
[19] 
La stessa disposizione è stata riproposta nel nuovo art. 114-bis, comma 2, nel concordato in continuità qualora il piano preveda la cessione di azienda con offerta da parte di un soggetto individuato e questo spiega l’abrogazione del comma 9 dell’art. 84. 
[20] 
Nel senso che una azione di responsabilità contro il liquidatore revocato del concordato semplificato, prevista dall'art. 136 (richiamato dall’art. 114), comporta una valutazione della sua condotta secondo il paradigma della diligenza "qualificata" di cui all'art. 1176, comma 2, c.c., avuto riguardo alla natura professionale dell'incarico svolto, sia pure con la facoltà di avvalersi, a fronte di problemi tecnici di particolare difficoltà, della limitazione di responsabilità di cui all'art. 2236 c.c. Così, Cass.2 luglio 2020, n. 13597, con riferimento alla responsabilità del curatore. 
[21] 
S. Leuzzi, Il concordato semplificato nel prisma…, cit
[22] 
Situazione ben diversa da quella ipotizzata dal legislatore nell’art. 22, comma 1, lett. d) per la vendita dell’azienda o rami della stessa nella composizione negoziata, che è una vendita negoziale privata in cui l’autorizzazione del tribunale può portare alla deroga del secondo comma dell’art. 2560 c.c., ma il tribunale, per concedere l’autorizzazione deve verificare, oltre alla funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori, “il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente”; richiamo alla competitività e controllo del tribunale che nell’art. 25 septies sono condensati nella libertà del liquidatore di verificare l’assenza di soluzioni migliori sul mercato. 
[23] 
T. Senni, Il concordato liquidatorio semplificato e le sue insidie: la pronuncia del tribunale di Como del 27 ottobre 2022. Riflessioni sull’approccio del creditore bancario, in Dirittodellacrisi.it, gennaio 2023.
[24] 
Il decreto correttivo provvisorio adduce una modifica al comma 3 dell’art. 25 sexies, che non ne muta la sostanza. Secondo la nuova versione provvisoria, infatti l’incipit del comma 3 è il seguente: “Il tribunale, acquisiti la relazione finale di cui al comma 1 e il parere dell'esperto con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione e alle garanzie offerte e valutata la ritualità della proposta anche con riferimento alla corretta formazione delle classi, nomina un ausiliario ai sensi dell'articolo 68 del codice di procedura civile …”. 
[25] 
Ed infatti la medesima formula è utilizzata nel quarto comma dell’art. 19, ove, appunto è prevista la nomina, se occorre, dell’ausiliario a norma dell’art. 68 c.p.c. per assistere il giudice nel “procedere agli atti di istruzione indispensabili in relazione ai provvedimenti cautelari richiesti ai sensi del comma 1 e ai provvedimenti di conferma, revoca o modifica delle misure protettive”; qui si fa ricorso a un organo accidentale e occasionale che presta assistenza al giudice in un particolare frangente e destinato ad esaurire il suo incarico col deposito di una relazione riassuntiva del compimento degli atti specificamente commessigli, onde assicurare il migliore sviluppo della procedura, che è lo scopo per cui l’art. 68 c.p.c. prevede la nomina di un ausiliario. 
[26] 
Ne discende che l’ausiliario è l’unico soggetto chiamato a svolgere compiti anche rilevanti nel percorso di composizione negoziata e nelle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza per la cui nomina non sono richiesti requisiti professionali specifici indicativi di una competenza nelle materie della crisi di impresa, posto che anche gli esperti devono essere scelti negli elenchi presso le Camere di commercio, l’iscrizione ai quali richiede determinate caratteristiche professionali e un percorso formativo professionale. 
[27] 
Situazione, quindi ben diversa da quella del liquidatore, che, come si è detto, ha il potere di disposizione dei beni ceduti dal debitore, che procede alla liquidazione degli stessi, in via unitaria o particellizzata, e alla distribuzione dell'attivo ai creditori nel rispetto delle direttive impartite dal tribunale, in una posizione che, seppur non perfettamente sovrapponibile a quella del curatore della liquidazione giudiziale, a questa molto si avvicina. 
[28] 
Né è ovviamente applicabile l’art. 91 sulle offerte concorrenti, (peraltro non richiamato) che presuppone una offerta irrevocabile da parte di soggetto già individuato, per definizione avulsa dalla fattispecie in esame. 
[29] 
Nel nuovo decreto correttivo provvisorio, a dimostrazione dell’urgenza cui è improntata la procedura, si prevede che possa essere concesso al debitore un termine per apportare integrazioni e modifiche e produrre nuovi documenti, ma “non superiore a quindici giorni”. 
[30] 
Anche in questo caso l’effetto purgativo non è condizionato all’avvenuto pagamento del prezzo, ma valgono le considerazioni fatte in precedenza che portano a ritenere implicita tale condizione. 
[31] 
Non a caso, infatti, l’art. 25 sexies, comma 3, dispone espressamente l’applicazione della normativa antimafia per l’ausiliario, benchè la stessa normativa sia richiamata dall’art. 114, comma 2, e, attraverso tale via, applicabile al liquidatore; è di tutta evidenza che il richiamo di cui al terzo comma dell’art. 25 sexies sarebbe stato inutile ove all’ausiliario fosse applicabile la regolamentazione dell’art. 114. 
[32] 
Il richiamo a queste norme è contenuto nel comma due, ma nel terzo comma, di cui si sta parlando, si specifica che l’ausiliario provvede “con le modalità di cui al comma 2”, ed è univoco il riferimento alla citata disciplina. 

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