Come si è già accennato, l’art. 124 bis TUB prevede che prima della conclusione del contratto di credito, il finanziatore valuti il merito creditizio del consumatore sulla base di informazioni adeguate, se del caso fornite dal consumatore stesso e, ove necessario, ottenute consultando una banca dati pertinente. Analoghi obblighi sono previsti nel caso in cui le parti convengano di modificare l’importo del credito dopo la conclusione del contratto. Regole simili sono previste dall’art. 120 undecies del TUB per quanto concerne il credito immobiliare ai consumatori.
Per quanto riguarda la disciplina della crisi ed insolvenza del consumatore l’art. 12 bis della legge n. 3/2012, nel testo originario introdotto dal D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge n. 221/2012, prevedeva, con riferimento alla sola omologazione del piano del consumatore, che il giudice omologasse il piano soltanto dopo aver escluso che il consumatore [avesse] assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere ovvero che [avesse] colposamente determinato il sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali. Questa parte della norma era stata soppressa con il nuovo terzo comma dell’art. 12 introdotto dal D.L. 28 ottobre 2020, n. 137.
La ragione di questa modifica è da ricercare nella volontà del legislatore di limitare l’originaria severità nella valutazione del requisito della colpa del consumatore ai fini dell’omologazione del piano di ristrutturazione dei debiti, sostituendo il generico riferimento alla colpa con la più ristretta nozione di colpa grave.
La giurisprudenza aveva infatti ritenuto, sulla base dell’ampia originaria formulazione dell’art. 12 bis della legge n. 3/2012 che il requisito della meritevolezza del consumatore (il termine era stato evidentemente ripreso dalla disciplina del concordato preventivo prima della riforma del 2005) comportasse che il giudice per omologare il piano fosse in condizioni di escludere che il debitore avesse assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere, e che del pari non avesse colposamente determinato la situazione di sovraindebitamento[18].
L’orientamento rigoroso era stato condiviso dalla Cassazione[19].
Nel modificare la disciplina il legislatore aveva inteso valutare con minor severità il requisito della meritevolezza del consumatore, escludendo la rilevanza della colpa lieve.
La giurisprudenza di merito si era quindi orientata nel senso di dar rilevanza nel giudizio di meritevolezza non soltanto al rapporto di proporzionalità tra le obbligazioni contratte ed il patrimonio liquido o prontamente liquidabile con cui farvi fronte, ma anche all’apprezzabilità sociale delle ragioni che avevano indotto il debitore a contrarre debiti in misura superiore alle proprie disponibilità[20]. Si è ritenuto che vada esente da censure non soltanto il comportamento di chi assume obbligazioni nel rispetto del rapporto di proporzionalità con il proprio patrimonio, ma anche chi si trova in una situazione di sovraindebitamento c.d. indotto o necessitato, ed assume obbligazioni in presenza di una situazione personale o familiare che richiede di far fronte ad esigenze sopravvenute, con un comportamento che risponda a quel minimo di diligenza che può esser richiesto anche alle persone scarsamente accorte.
Il codice della crisi[21] non ha innovato rispetto agli artt. 7 e 9 della legge n. 3/2012. Per quanto concerne la procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, che ha preso il posto del piano del consumatore previsto dalla legge n. 3/2012, l’art. 69 CCII stabilisce che il consumatore non può accedere alla procedura, oltre che in altre ipotesi che qui non interessano, se ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode. L’art. 67 CCII dispone al comma 2, lett. a) che alla domanda del debitore deve essere allegata la relazione dell’OCC che deve contenere l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni.
In dottrina é stato osservato che pretendere dal consumatore una programmazione finanziaria adeguata era irragionevole a fronte di un sistema economico che incita al consumo e prevede forme di accesso al credito che non rispettano la già ricordata disciplina del T.u. bancario in materia di credito al consumo (art. 124 bis T.u.b.). Il finanziamento, infatti, non è erogato al consumatore, ma al venditore e può essere erogato anche da enti non finanziari[22].
Il rispetto da parte del finanziatore della disciplina in tema di merito creditizio incide sulla valutazione della meritevolezza del consumatore nell’accesso alla procedura di ristrutturazione dei debiti[23]. A tal fine l’art. 68 nel disciplinare il contenuto della relazione che l’OCC deve presentare al Tribunale insieme alla domanda del consumatore, prevede che il gestore della crisi indichi anche se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore, valutato in relazione al suo reddito disponibile, dedotto l’importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita. Il riferimento, secondo la norma, è rappresentato da un ammontare non inferiore all’assegno sociale moltiplicato per un parametro rapportato al numero dei componenti del nucleo familiare secondo la scala di equivalenza ISEE, secondo il DPCM del 3.12.2013, n. 159[24].
Il codice della crisi ha peraltro dettato una disciplina particolare, che era già presente nella legge n. 3/2012, che sanziona il mancato rispetto da parte del finanziatore delle disposizioni in materia di merito creditizio. L’art. 69, comma 2, CCII, nel testo introdotto dal D.Lgs. n. 147/2020 (primo decreto correttivo) stabilisce che il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento o che ha violato i principi di cui all’articolo 124 bis T.u.b., non può presentare opposizione o reclamo in sede di omologa per contestare la convenienza della proposta.
Tale disciplina è estesa al concordato minore. L’art. 80 CCII dispone che il creditore, anche dissenziente, che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento, non può presentare opposizione in sede di omologa per contestare la convenienza della proposta. In questo caso non viene richiamato l’art. 124 bis T.u.b. perché esso riguarda il consumatore, che non può accedere al concordato minore.
L’applicazione di questo principio nella prassi comporta una complessa attività[25] che ha ad oggetto una valutazione caso per caso, alla data di erogazione di ogni finanziamento, per determinare la condizione economico patrimoniale del consumatore e le prospettive future anche di mantenimento del reddito sulla base del quale è stato chiesto ed ottenuto il singolo finanziamento. L’OCC, o meglio il gestore della crisi all’uopo nominato, dovrà acquisire la documentazione predisposta e comunicata alla banca in occasione della richiesta di finanziamento; verificare l’esistenza alla data della richiesta di segnalazioni alla Centrale Rischi, di eventuali insolvenze o protesti conclamati, di una struttura finanziaria chiaramente insostenibile. Ancora dovrà essere verificata la tipologia di reddito sulla base del quale è stata ipotizzata la restituzione del debito; se il finanziatore abbia tenuto conto al momento dell’erogazione del credito delle effettive capacità reddituali del debitore, con deduzione dal reddito disponibile (considerata l’eventuale esistenza di altri finanziamenti) di un importo minimo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita.
Il risultato di questo accertamento dovrà essere confrontato con i parametri indicati dalla legge: l’ammontare dell’assegno sociale e del parametro corrispondente al numero di componenti il nucleo familiare della scala di equivalenza ISEE.
Il rispetto del merito creditizio da parte del finanziatore rileva anche per quanto concerne l’esdebitazione dell’incapiente, prevista dall’art. 283 CCII a favore del debitore persona fisica meritevole che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura. La capacità del debitore di pagare deve essere calcolata tenendo conto delle spese di produzione del reddito e di quanto occorrente per il mantenimento del debitore e della famiglia in misura pari all’assegno sociale moltiplicato per il numero dei componenti. La domanda è presentata tramite l’OCC. L’OCC deve riferire sulla diligenza del debitore nel contrarre obbligazioni e sul rispetto del merito creditizio da parte del soggetto finanziatore.
Anche nel concordato minore, e quindi per i soggetti diversi dagli imprenditori commerciali sopra soglia, la relazione dell’OCC che accompagna la presentazione della domanda deve dar conto se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore (art. 76, comma 3, CCII)[26]. In questo caso il legislatore non fornisce precisi riferimenti per questa attività di verifica, che andrà effettuata guardando ai canoni che presidiano l’attività della banca e degli altri intermediari finanziari. Già si è sottolineato, tuttavia, che vi sono forme di finanziamento che sono erogate da soggetti che non rientrano in queste categorie.
Il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o che ha violato i principi di cui all’art. 124 D.Lgs. n. 385/93 in tema di merito creditizio non può presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, anche se dissenziente, né far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore. Si tratta di una sanzione che per taluni versi appare sproporzionata, quando si impedisce al creditore di far valere la violazione di norme che non sono direttamente collegate alla violazione delle regole in materia di merito creditizio. In dottrina si è affermato che il creditore, sebbene non possa esprimersi sulla convenienza della proposta, possa sollecitare l’esercizio dei poteri officiosi del giudice volti a rilevare l’esistenza di condizioni ostative all’ammissibilità della medesima sul versante oggettivo o soggettivo[27].
Il rimedio non pare sufficiente. Ci pare che questa disciplina, che introduce una deroga al diritto di azione previsto dall’art. 24 Cost., vada considerata norma eccezionale e debba essere interpretata restrittivamente, limitatamente quindi alla convenienza della proposta.
Va considerato, per la ristrutturazione del consumatore, che l’art. 70, comma 7, stabilisce che “quando uno dei creditori o qualunque altro interessato, con le osservazioni di cui al comma 3, contesta la convenienza della proposta, il giudice omologa il piano se ritiene che il credito dell’opponente può̀ essere soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione controllata”. Ne deriva che il creditore conserverà il diritto di proporre opposizione e, eventualmente, reclamo quando sia leso il suo diritto ad ottenere un trattamento non inferiore a quello previsto in caso di liquidazione controllata. Tale limite, infatti, non rappresenta un parametro di valutazione della convenienza, ma una soglia minima che deve essere garantita perché in difetto il creditore subirebbe un’ingiustificata falcidia del suo credito.
Più in generale il creditore potrà far valere ogni lesione del suo diritto che non attenga alla convenienza della proposta.
Negli stessi termini va letto l’art. 81, comma 4, CCII che riguarda il concordato minore, ove ugualmente si fa riferimento alla sola contestazione della convenienza della proposta. E per altro verso la limitazione in sé al diritto di azione va considerata legittima perché attiene ad un’ipotesi in cui è il creditore che con il suo comportamento colposo ha dato causa alla ricorrenza o all’aggravamento dello stato di sovraindebitamento. Può quindi esservi spazio per una censura di legittimità costituzionale tutte le volte che il comportamento colposo del creditore non abbia attinenza con le ragioni della non convenienza della proposta. E del pari deve ritenersi che il creditore sia legittimato a far valere il difetto del suo comportamento colposo da cui si fa discendere la decadenza dall’opposizione.