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La meritevolezza ex parte creditoris nella disciplina della crisi d’impresa*

Luciano Panzani, già Presidente della Corte d’Appello di Roma

12 Marzo 2025

*Questo lavoro è destinato agli Scritti in onore di Cesare Ruperto, di prossima pubblicazione.
Il c.d. merito creditizio rappresenta lo strumento al quale parametrare la diligenza del debitore nell’accesso al credito. La violazione dei relativi parametri è stata esaminata dalla dottrina e giurisprudenza con riferimento alla responsabilità del debitore nell’indebitamento ed a quella del creditore nell’erogazione del credito, oltre che con riguardo all’eventuale nullità del contratto di finanziamento. 
L’A. affronta il tema sotto un profilo diverso, quello della meritevolezza vista ex parte creditoris nell’ambito della disciplina della crisi d’impresa, con riguardo ai doveri del debitore nella composizione negoziata, alle misure provvisorie e cautelari che possono essere disposte sia nella composizione negoziata che negli strumenti di regolazione della crisi, ed alla disciplina del sovraindebitamento, ove si pongono problemi diversi per il consumatore e per gli altri soggetti debitori.
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1 . Il tema d’indagine
Se guardiamo ad un passato neppure troppo lontano, quando chi scrive era un giovane giudice delegato e Cesare Ruperto, che oggi onoriamo, già era un punto di riferimento per la magistratura e l’Accademia, l’alternativa alla dissoluzione coatta dell’impresa per il tramite del fallimento era limitata al concordato preventivo, al quale era ammesso l’imprenditore sfortunato, ma onesto[1], a condizione che fosse meritevole del chiesto beneficio in relazione alle cause del dissesto e alla sua condotta (cfr. art. 180, comma 1, n. 4 L. fall. nel testo in vigore sino al 14 maggio 2005). Anche l’accesso all’amministrazione controllata, procedura abrogata nel 2006 con la riforma Vietti, che consentiva in teoria il risanamento dell’impresa (ma non vi riusciva perché non vi erano soluzioni per l’abbattimento del debito) era vincolato alla valutazione da parte del Tribunale della meritevolezza. 
La storia recente della disciplina della crisi è legata all’abbandono del requisito della meritevolezza grazie soprattutto della riforma Vietti, le cui scelte sono state mantenute per questo aspetto nel codice della crisi[2]. Oggi i doveri delle parti, del debitore, dei creditori e delle altre parti interessate, sono scolpiti nell’art. 4 CCII e, per quanto riguarda la composizione negoziata, nell’art. 16 dello stesso codice[3]. Di meritevolezza continua a parlare, con un approccio in parte diverso da quello adottato per gli altri strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, la disciplina del sovraindebitamento, anche con riferimento all’esdebitazione, soprattutto per quanto concerne il consumatore. 
In queste pagine intendiamo tuttavia affrontare il tema della meritevolezza ex parte creditoris, con riferimento cioè agli obblighi che il creditore ha nella valutazione della sussistenza delle condizioni per l’erogazione del credito, sotto il profilo delle conseguenze della condotta in rapporto alla disciplina della crisi. 
La valutazione del c.d. merito creditizio rappresenta un obbligo del finanziatore, ripetutamente sancito dalla normativa di settore, ricondotto anche all’obbligo di buona fede nelle trattative e nell’esecuzione del contratto, nel senso che comporta il dovere di tener conto anche dell’interesse della controparte, sì che l’erogazione del credito non può avvenire al di fuori delle condizioni che la rendono legittima, almeno per le banche e gli intermediari finanziari in generale[4]. Si è affermato da parte della Cassazione[5] che la responsabilità del finanziatore trova fondamento nelle norme che regolano le modalità di erogazione del finanziamento da parte delle banche e degli intermediari finanziari, in sintesi secondo i parametri dettati dalla vigilanza prudenziale. La loro violazione determina responsabilità ex artt. 1173 e 1176 c.c. da parte del finanziatore, da valutare sotto il profilo del danno patito sia dal soggetto finanziato direttamente, eventualmente fatto valere dal curatore una volta aperta la liquidazione giudiziale, curatore che potrà anche esperire l’azione di massa ove il danno si sia riverberato sulla garanzia patrimoniale comune ai creditori. Oltre a ciò potrà essere rilevante il concorso del finanziatore nell’illecito degli amministratori della società sovvenuta. 
Sotto diverso profilo si è affermato, sulla base di un orientamento della Cassazione anche recentemente ribadito, che il contratto di finanziamento è viziato da nullità per contrarietà a norme imperative ex art. 1418, comma 1, c.c., quando il negozio si ponga in diretto contrasto con la norma penale che sanziona l’aggravamento del dissesto con operazioni gravemente colpose[6] (art. 323 CCII, già art. 217 L. fall.). In tale ipotesi la condotta del finanziatore che abbia ignorato l’effettiva condizione in cui si trovava il sovvenuto, è viziata da negligenza. Egli non può pretendere le somme erogate neppure a titolo di ripetizione dell’indebito perché la sua condotta si pone in contrasto con la regola del buon costume ai sensi dell’art. 2035 c.c., dovendosi ritenere contraria a tale principio l’erogazione di somme di denaro ad un’impresa già in stato di decozione[7]. 
A queste regole di carattere generale si aggiunge nel caso in cui il sovvenuto sia un finanziatore l’obbligo di verifica del merito creditizio – previsto dalle Direttive UE n. 2008/48 (art. 8), sul credito al consumo, e n. 2014/17, sui contratti di credito per consumatori riguardanti beni immobili residenziali, recepite nel nostro ordinamento, negli artt. 124 bis e 120 undecies Tub. Tali norme impongono al finanziatore di procedere preventivamente, all’accertamento della sostenibilità del finanziamento, calcolata avendo riguardo al reddito, al patrimonio aggredibile, alle trascorse vicende restitutorie, alle informazioni ricevute dal cliente e/o da banche-dati pertinenti. 
Anche le regole che presiedono alla comunicazione dell’esito del finanziamento alle banche dati, siano esse pubbliche o private, possono rilevare sotto il profilo della crisi d’impresa, perché un’errata comunicazione può essere fonte della crisi, ma non sono direttamente pertinenti alla disciplina della crisi. 
Sullo sfondo si delinea la tematica del credit scoring automatizzato in rapporto al merito creditizio sul quale si è espressa la Corte di Giustizia UE con recente sentenza.[8]
2 . Meritevolezza e doveri del creditore nel codice della crisi
Sin qui abbiamo fatto riferimento a regole di carattere generale, che non sono direttamente collegate al tema della disciplina della crisi. In passato l’erogazione di credito al di fuori dei parametri previsti dalla legge e dalle norme di vigilanza prudenziale è stata prevalentemente vista come causa o concausa dello stato di crisi o di insolvenza, ma non ha mai assunto rilevanza diretta. Lo dimostra il fatto che la giurisprudenza ha affrontato soprattutto casi in cui era questione di domande di risarcimento del danno proposte dal curatore dell’impresa decotta nei confronti del soggetto finanziatore o direttamente da parte dei creditori lesi nella tutela del loro credito verso l’impresa debitrice. 
Il codice della crisi ha tuttavia mutato la prospettiva di analisi. 
L’art. 3, comma 4, lett. c) CCII, nel testo modificato dal terzo decreto correttivo n. 136/2024, considera tra i segnali idonei alla previsione della crisi o dell’insolvenza i dati relativi all’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti, purché rappresentino complessivamente almeno il 5% del totale delle esposizioni. 
Il dato è significativo perché vi è generalmente accordo sul fatto che la valutazione cui è chiamato il finanziatore al momento dell’erogazione del credito non riguarda l’impiego del denaro prestato in sé, dovendo tenere conto, principalmente, della oggettiva e attuale capacità restitutoria del cliente. Tale valutazione considera, ovviamente, la condotta pregressa del sovvenuto ed i dati di bilancio, ma richiede anche e soprattutto una previsione adeguata, sulla base di tutti i parametri relativi alle caratteristiche ed alle condizioni del soggetto sovvenuto, delle condizioni concrete in cui questi si troverà al momento della restituzione del finanziamento. Ciò non esclude che il finanziamento possa riguardare un’impresa in crisi o comunque in difficoltà, ma richiede che in tale ipotesi l’accesso al credito si fondi su un piano di ristrutturazione adeguato e coerente, anche alla luce delle trattative in corso con i creditori. Per dare concretezza a tale ipotesi assumono rilevanza i controlli che debbono essere effettuati nell’ambito della composizione negoziata dall’esperto indipendente per il tramite della lista di controllo prevista dal decreto dirigenziale 21 marzo 2021, aggiornato con D.M. 21 marzo 2023, ex art. 13, comma 2, CCII[9]. 
Il nuovo codice è intervenuto, anche grazie al recente decreto correttivo già citato, sulla disciplina degli obblighi del debitore e dei creditori e delle altre parti interessate, con particolare riferimento alla composizione negoziata. 
L’art. 16, ultimo comma, CCII già affermava prima del Correttivo, nell’ambito della disciplina della composizione negoziata, i doveri del debitore relativi all’obbligo di collaborazione e all’obbligo di riservatezza. L’art. 16 stabilisce che tutte le parti coinvolte debbono collaborare lealmente e in modo sollecito con l'imprenditore e con l'esperto e rispettare l'obbligo di riservatezza sulla situazione dell'imprenditore, sulle iniziative da questi assunte o programmate e sulle informazioni acquisite nel corso delle trattative. E aggiunge che le parti debbono dare riscontro alle proposte e alle richieste che ricevono durante le trattative con risposta tempestiva e motivata. 
Il precetto è articolato in modo più specifico per quanto concerne le banche, gli intermediari finanziari, i loro mandatari ed i cessionari dei loro crediti. 
A tutti questi soggetti il comma 5 dell’art. 16 impone di partecipare alle trattative in modo attivo ed informato. La regola deriva da un comportamento riscontrato nel sistema bancario per cui la disattenzione e la lentezza che segue da un’organizzazione talvolta eccessivamente burocratica, costituisce un ostacolo al raggiungimento di un accordo su un piano di ristrutturazione. Il legislatore ha fatto specifico riferimento all’ipotesi di cessione dei crediti bancari perché anche qui è accaduto, a seguito della cessione ai servicer degli NPL e degli UTP, che il debitore ceduto non sia stato in grado di trovare un interlocutore valido, in condizioni di riscontrare le sue proposte. 
Si è inoltre stabilito, in armonia con il divieto previsto dalla Direttiva delle c.d. clausole ipso facto, che l’accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce di per sé causa di revoca delle linee di credito concesse all’imprenditore, ferma restando naturalmente la liceità della revoca per ragioni relative all’andamento del conto. Poiché il testo originario della norma, qual era contenuta nell’art. 4 del D.L. n. 118/2021, non era sufficientemente chiaro sulla portata del divieto di revoca, il comma 5 dell’art. 16, ampiamente modificato dal D.Lgs. n. 136/2024 precisa ora che: 
a) La notizia dell'accesso alla composizione negoziata della crisi e il coinvolgimento nelle trattative non costituiscono di per sé causa di sospensione e di revoca delle linee di credito concesse all'imprenditore né ragione di una diversa classificazione del credito. 
b) Rimane legittima la sospensione o la revoca delle linee di credito determinata dall’applicazione della disciplina di vigilanza prudenziale. 
c) Sospensione o revoca debbono essere comunicate agli organi di amministrazione e controllo dell’impresa, dando conto delle ragioni specifiche della decisione assunta. 
d) la prosecuzione del rapporto non è di per sé motivo di responsabilità della banca e dell’intermediario finanziario. 
Non è questa la sede per approfondire che cosa il legislatore intenda per disciplina di vigilanza prudenziale. Si tratta di un complesso corpo normativo che comprende il T.u. bancario (D.Lgs. n. 385/93), le Disposizioni di Vigilanza della Banca d’Italia di cui alla Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013, più volte emendate, l’assetto normativo e istituzionale della vigilanza bancaria della Unione Europea, le molteplici ulteriori fonti regolamentari, tra le quali spiccano, per analoga importanza, con specifico riguardo alla regolamentazione creditizia, le numerose e pervasive Guidelines emanate dall’European Banking Authority (EBA). 
Nessuna disposizione del TUB o di altra norma di Vigilanza (tra quelle innanzi menzionate e non solo), ivi comprese le norme relative al c.d. Calendar provisioning, arriva al punto di imporre a banche e intermediari – al ricorrere di determinate circostanze – la revoca o la sospensione degli affidamenti. 
L’interpretazione più ragionevole è che le banche possono disporre la revoca e/o la sospensione degli affidamenti per ragioni interne all’andamento del rapporto che ne evidenzino il carattere anomalo, quali ad esempio percentuali anomale di insoluti sul portafoglio anticipato, ovvero distrazione di incassi su portafoglio anticipato che l’impresa abbia volutamente “decanalizzato” presso altro intermediario. 
A tali circostanze si aggiungeranno quelle legate alla necessità di accantonamenti secondo le regole di vigilanza prudenziale che la banca consideri di non dover disporre, proprio per ragioni di ordine “prudenziale”. 
L’art. 16, comma 5, CCII stabilisce l’obbligo di comunicare l’eventuale sospensione o revoca delle linee di credito agli amministratori e all’organo di controllo della società sovvenuta dando conto delle ragioni specifiche della decisione assunta. 
L’esistenza di questi vincoli al potere di recesso dal rapporto di finanziamento, giustificata sotto il profilo costituzionale dall’implicito richiamo al dovere di solidarietà sancito dall’art. 2 Cost., è compensata con la previsione che la prosecuzione del rapporto, evidentemente coatta, non sia di per sé motivo di responsabilità della banca e dell’intermediario finanziario, premesso che la valutazione del credito, per espressa disposizione di legge, va effettuata sulla base del progetto di piano presentato ai creditori e della disciplina di vigilanza prudenziale. 
Nella sostanza il legislatore ha previsto la prosecuzione ex lege dei contratti di finanziamento in corso, limitando il potere di autotutela della banca, che si traduce nella potestà di sospensione o revoca del rapporto, ma ha dovuto considerare che tale prosecuzione è sostanzialmente coattiva, sì che non può tradursi in una sanzione per la violazione dei parametri cui sarebbe altrimenti subordinata la concessione di credito.
3 . Misure protettive e cautelari. Qualche riflessione
La disciplina delle misure protettive e cautelari introdotta dagli artt. 18-19 e 54-55 del nuovo codice, finalizzata a garantire il buon esito delle trattative e la protezione del patrimonio del debitore, ha portato la giurisprudenza ad emanare provvedimenti inibitori con carattere innovativo[10], spesso finalizzati ad impedire l’esercizio da parte del creditore, contraente in bonis, del potere di autotutela contrattuale, anche oltre i limiti stabiliti dagli artt. 18, comma 5, e 94 bis CCII. 
L’art. 18 vieta ai creditori nei cui confronti operano le misure protettive e che siano parti di contratti in corso di esecuzione, di rifiutarne l’adempimento, provocarne la risoluzione, anticiparne la scadenza, modificarli in danno dell’imprenditore, revocare le linee di credito già concesse in ragione del mancato pagamento di crediti anteriori alla proposizione della domanda. I creditori conservano il potere di sospendere i contratti pendenti sino alla conferma da parte del giudice della misura protettiva conseguente alla pubblicazione dell’istanza del debitore. Restano ferme la sospensione e la revoca delle linee di credito disposte per effetto dell’applicazione della disciplina di vigilanza prudenziale. Come per il divieto delle clausole ipso facto prevista dall’art. 16, comma 5, CCII, anche in questo caso la prosecuzione obbligata del rapporto non è di per sé motivo di responsabilità della banca o dell’intermediario. 
L’art. 94 bis, dettato in tema di concordato preventivo in continuità, ma richiamato per il P.R.O., mentre l’art. 64, comma 3, per gli accordi di ristrutturazione detta una disciplina analoga limitata all’ipotesi che vi sia stata richiesta delle misure protettive, inibisce ai creditori che siano parti di rapporti pendenti, nel caso di proposizione di uno strumento di regolazione della crisi diretto a salvaguardare la continuità aziendale, di rifiutare unilateralmente l’adempimento, di provocare la risoluzione del contratto, di anticiparne la scadenza, di modificarli in danno del debitore. Nel caso di contratti c.d. essenziali il divieto riguarda anche il caso del mancato pagamento prima dell’accesso al concordato preventivo. 
La giurisprudenza ha esteso questi obblighi anche al di fuori dei casi espressamente considerati e quindi ad esempio con riguardo al concordato semplificato[11]. La giurisprudenza ha anche ritenuto che le misure protettive atipiche previste dall’art. 54, comma 2, terzo periodo, CCII possano comprendere il divieto per il creditore di proseguire l’azione di risoluzione contrattuale quando la sospensione di tale giudizio, pendente alla data di apertura dello strumento di composizione della crisi, eviti gli effetti irreversibili della sentenza costitutiva, qualora la risoluzione impedisca l’attuazione del piano di ristrutturazione[12]. 
Le misure che possono essere adottate rientrano sia nell’ambito delle misure protettive che delle misure cautelari, intese, alla luce della definizione che ne dà l’art. 2, lett. q), CCII, in forza della quale esse, a differenza delle prime, non hanno destinatari predeterminati (i creditori), ma possono essere rivolte nei confronti di chiunque, purché dirette ad assicurare in via provvisoria il buon esito delle trattative e “gli effetti” degli strumenti di regolazione della crisi, delle procedure di insolvenza e l’attuazione delle relative decisioni. I provvedimenti cautelari, beninteso, possono essere richiesti non soltanto dai creditori, ma dal debitore. 
L’inibitoria può avere ad oggetto sia un ordine di non fare che di fare, a condizione che si tratti di un obbligo che corrisponde alla disciplina di diritto sostanziale. Si può quindi “vincere un comportamento ostruzionistico altrui lavorando sui doveri delle parti contemplati dall’art. 4 CCII”[13]. Da questo punto di vista l’obbligo di buona fede e correttezza e il dovere di leale collaborazione, interpretati alla luce della giurisprudenza prima richiamata che si è formata con riferimento all’art. 1375 c.c., possono portare ad ordini di carattere positivo, rivolti non soltanto al debitore ed ai creditori, ma a tutti i soggetti interessati. 
Il limite di tali provvedimenti è rappresentato dall’impossibilità di far valere diritti che non emergono dal diritto sostanziale, perché anche quando si tratti di misure cautelari, esse non possono raggiungere risultati che non sarebbero ottenibili con un normale giudizio di merito[14]. 
I provvedimenti possono quindi riguardare anche i rapporti tra creditore garantito e garante[15] allo scopo di impedire al garantito di escutere la garanzia alterando così il quadro entro il quale si svolgono le trattative. 
Astrattamente il divieto al creditore di escutere la garanzia per non compromettere l’esito delle trattative o per non pregiudicare il buon esito del proposto strumento di regolazione della crisi può essere giustificato dal dovere di leale collaborazione che comporta che nel realizzare il proprio diritto debbano essere tenute in considerazione anche le esigenze delle altre parti, specie nel caso in cui il privilegio accordato al garante di ultima istanza possa comportare una profonda alterazione della composizione del ceto creditorio[16]. 
Anche quando non ricorra quest’ultima ipotesi l’interesse del debitore a mantenere intatto il sistema delle garanzie che sostiene l’impresa va bilanciato con il pregiudizio che può subire il garante e con il rischio che nelle more il patrimonio di quest’ultimo possa essere svuotato da azioni esecutive poste in essere da altri creditori, anche in relazione a rapporti diversi. Il garante può subire le azioni esecutive dei propri creditori oppure alterare autonomamente la composizione e l’entità del suo patrimonio. 
In passato la considerazione della particolare posizione del creditore garantito ha spinto il legislatore a prevedere che il relativo credito debba essere obbligatoriamente inserito in una diversa classe (art. 74, comma 3; art. 85, comma 2, CCII). Il decreto correttivo 136/2024, modificando l’art. 87 CCII con l’inserimento della lettera p-bis, ha anche stabilito che il piano nel concordato preventivo debba prevedere specifici fondi rischi nell’ipotesi di escussione della garanzia che abbia ad oggetto finanziamenti garantiti da misure di sostegno pubblico. In questa previsione rientrano le garanzie SACE ed MCC, dove il creditore di ultima istanza è assistito da privilegio. 
Le attuali conclusioni della giurisprudenza, soprattutto nel caso di questo tipo di finanziamenti e garanzie, non possono evidentemente annullare la garanzia del creditore e tantomeno pregiudicare le possibilità di soddisfacimento del garante nei confronti dell’obbligato principale. 
Di conseguenza si è affermata[17], quantomeno sotto il profilo della valutazione del periculum in mora, ma a nostro avviso più propriamente nella determinazione dei limiti del dovere di leale collaborazione che non può portare alla compressione illimitata di un diritto soggettivo, la necessità del bilanciamento dei contrapposti interessi, analoga del resto a quella che il legislatore ha effettuato con l’art. 18, comma 5, CCII nella composizione negoziata prevedendo che il divieto di sospensione e revoca delle linee di credito non possa urtare contro le disposizioni di vigilanza prudenziale e non riguardi i casi in cui il recesso della banca si fonda sulla violazione degli obblighi inerenti al rapporto di finanziamento.
4 . La meritevolezza del creditore nel sovraindebitamento
Come si è già accennato, l’art. 124 bis TUB prevede che prima della conclusione del contratto di credito, il finanziatore valuti il merito creditizio del consumatore sulla base di informazioni adeguate, se del caso fornite dal consumatore stesso e, ove necessario, ottenute consultando una banca dati pertinente. Analoghi obblighi sono previsti nel caso in cui le parti convengano di modificare l’importo del credito dopo la conclusione del contratto. Regole simili sono previste dall’art. 120 undecies del TUB per quanto concerne il credito immobiliare ai consumatori. 
Per quanto riguarda la disciplina della crisi ed insolvenza del consumatore l’art. 12 bis della legge n. 3/2012, nel testo originario introdotto dal D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge n. 221/2012, prevedeva, con riferimento alla sola omologazione del piano del consumatore, che il giudice omologasse il piano soltanto dopo aver escluso che il consumatore [avesse] assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere ovvero che [avesse] colposamente determinato il sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali. Questa parte della norma era stata soppressa con il nuovo terzo comma dell’art. 12 introdotto dal D.L. 28 ottobre 2020, n. 137. 
La ragione di questa modifica è da ricercare nella volontà del legislatore di limitare l’originaria severità nella valutazione del requisito della colpa del consumatore ai fini dell’omologazione del piano di ristrutturazione dei debiti, sostituendo il generico riferimento alla colpa con la più ristretta nozione di colpa grave. 
La giurisprudenza aveva infatti ritenuto, sulla base dell’ampia originaria formulazione dell’art. 12 bis della legge n. 3/2012 che il requisito della meritevolezza del consumatore (il termine era stato evidentemente ripreso dalla disciplina del concordato preventivo prima della riforma del 2005) comportasse che il giudice per omologare il piano fosse in condizioni di escludere che il debitore avesse assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere, e che del pari non avesse colposamente determinato la situazione di sovraindebitamento[18]. 
L’orientamento rigoroso era stato condiviso dalla Cassazione[19]. 
Nel modificare la disciplina il legislatore aveva inteso valutare con minor severità il requisito della meritevolezza del consumatore, escludendo la rilevanza della colpa lieve. 
La giurisprudenza di merito si era quindi orientata nel senso di dar rilevanza nel giudizio di meritevolezza non soltanto al rapporto di proporzionalità tra le obbligazioni contratte ed il patrimonio liquido o prontamente liquidabile con cui farvi fronte, ma anche all’apprezzabilità sociale delle ragioni che avevano indotto il debitore a contrarre debiti in misura superiore alle proprie disponibilità[20]. Si è ritenuto che vada esente da censure non soltanto il comportamento di chi assume obbligazioni nel rispetto del rapporto di proporzionalità con il proprio patrimonio, ma anche chi si trova in una situazione di sovraindebitamento c.d. indotto o necessitato, ed assume obbligazioni in presenza di una situazione personale o familiare che richiede di far fronte ad esigenze sopravvenute, con un comportamento che risponda a quel minimo di diligenza che può esser richiesto anche alle persone scarsamente accorte. 
Il codice della crisi[21] non ha innovato rispetto agli artt. 7 e 9 della legge n. 3/2012. Per quanto concerne la procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, che ha preso il posto del piano del consumatore previsto dalla legge n. 3/2012, l’art. 69 CCII stabilisce che il consumatore non può accedere alla procedura, oltre che in altre ipotesi che qui non interessano, se ha determinato la situazione di sovraindebitamento con colpa grave, malafede o frode. L’art. 67 CCII dispone al comma 2, lett. a) che alla domanda del debitore deve essere allegata la relazione dell’OCC che deve contenere l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere le obbligazioni. 
In dottrina é stato osservato che pretendere dal consumatore una programmazione finanziaria adeguata era irragionevole a fronte di un sistema economico che incita al consumo e prevede forme di accesso al credito che non rispettano la già ricordata disciplina del T.u. bancario in materia di credito al consumo (art. 124 bis T.u.b.). Il finanziamento, infatti, non è erogato al consumatore, ma al venditore e può essere erogato anche da enti non finanziari[22]. 
Il rispetto da parte del finanziatore della disciplina in tema di merito creditizio incide sulla valutazione della meritevolezza del consumatore nell’accesso alla procedura di ristrutturazione dei debiti[23]. A tal fine l’art. 68 nel disciplinare il contenuto della relazione che l’OCC deve presentare al Tribunale insieme alla domanda del consumatore, prevede che il gestore della crisi indichi anche se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore, valutato in relazione al suo reddito disponibile, dedotto l’importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita. Il riferimento, secondo la norma, è rappresentato da un ammontare non inferiore all’assegno sociale moltiplicato per un parametro rapportato al numero dei componenti del nucleo familiare secondo la scala di equivalenza ISEE, secondo il DPCM del 3.12.2013, n. 159[24]. 
Il codice della crisi ha peraltro dettato una disciplina particolare, che era già presente nella legge n. 3/2012, che sanziona il mancato rispetto da parte del finanziatore delle disposizioni in materia di merito creditizio. L’art. 69, comma 2, CCII, nel testo introdotto dal D.Lgs. n. 147/2020 (primo decreto correttivo) stabilisce che il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento o che ha violato i principi di cui all’articolo 124 bis T.u.b., non può presentare opposizione o reclamo in sede di omologa per contestare la convenienza della proposta. 
Tale disciplina è estesa al concordato minore. L’art. 80 CCII dispone che il creditore, anche dissenziente, che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento, non può presentare opposizione in sede di omologa per contestare la convenienza della proposta. In questo caso non viene richiamato l’art. 124 bis T.u.b. perché esso riguarda il consumatore, che non può accedere al concordato minore. 
L’applicazione di questo principio nella prassi comporta una complessa attività[25] che ha ad oggetto una valutazione caso per caso, alla data di erogazione di ogni finanziamento, per determinare la condizione economico patrimoniale del consumatore e le prospettive future anche di mantenimento del reddito sulla base del quale è stato chiesto ed ottenuto il singolo finanziamento. L’OCC, o meglio il gestore della crisi all’uopo nominato, dovrà acquisire la documentazione predisposta e comunicata alla banca in occasione della richiesta di finanziamento; verificare l’esistenza alla data della richiesta di segnalazioni alla Centrale Rischi, di eventuali insolvenze o protesti conclamati, di una struttura finanziaria chiaramente insostenibile. Ancora dovrà essere verificata la tipologia di reddito sulla base del quale è stata ipotizzata la restituzione del debito; se il finanziatore abbia tenuto conto al momento dell’erogazione del credito delle effettive capacità reddituali del debitore, con deduzione dal reddito disponibile (considerata l’eventuale esistenza di altri finanziamenti) di un importo minimo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita. 
Il risultato di questo accertamento dovrà essere confrontato con i parametri indicati dalla legge: l’ammontare dell’assegno sociale e del parametro corrispondente al numero di componenti il nucleo familiare della scala di equivalenza ISEE. 
Il rispetto del merito creditizio da parte del finanziatore rileva anche per quanto concerne l’esdebitazione dell’incapiente, prevista dall’art. 283 CCII a favore del debitore persona fisica meritevole che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno in prospettiva futura. La capacità del debitore di pagare deve essere calcolata tenendo conto delle spese di produzione del reddito e di quanto occorrente per il mantenimento del debitore e della famiglia in misura pari all’assegno sociale moltiplicato per il numero dei componenti. La domanda è presentata tramite l’OCC. L’OCC deve riferire sulla diligenza del debitore nel contrarre obbligazioni e sul rispetto del merito creditizio da parte del soggetto finanziatore. 
Anche nel concordato minore, e quindi per i soggetti diversi dagli imprenditori commerciali sopra soglia, la relazione dell’OCC che accompagna la presentazione della domanda deve dar conto se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore (art. 76, comma 3, CCII)[26]. In questo caso il legislatore non fornisce precisi riferimenti per questa attività di verifica, che andrà effettuata guardando ai canoni che presidiano l’attività della banca e degli altri intermediari finanziari. Già si è sottolineato, tuttavia, che vi sono forme di finanziamento che sono erogate da soggetti che non rientrano in queste categorie. 
Il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o che ha violato i principi di cui all’art. 124 D.Lgs. n. 385/93 in tema di merito creditizio non può presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, anche se dissenziente, né far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore. Si tratta di una sanzione che per taluni versi appare sproporzionata, quando si impedisce al creditore di far valere la violazione di norme che non sono direttamente collegate alla violazione delle regole in materia di merito creditizio. In dottrina si è affermato che il creditore, sebbene non possa esprimersi sulla convenienza della proposta, possa sollecitare l’esercizio dei poteri officiosi del giudice volti a rilevare l’esistenza di condizioni ostative all’ammissibilità della medesima sul versante oggettivo o soggettivo[27]. 
Il rimedio non pare sufficiente. Ci pare che questa disciplina, che introduce una deroga al diritto di azione previsto dall’art. 24 Cost., vada considerata norma eccezionale e debba essere interpretata restrittivamente, limitatamente quindi alla convenienza della proposta. 
Va considerato, per la ristrutturazione del consumatore, che l’art. 70, comma 7, stabilisce che “quando uno dei creditori o qualunque altro interessato, con le osservazioni di cui al comma 3, contesta la convenienza della proposta, il giudice omologa il piano se ritiene che il credito dell’opponente può̀ essere soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione controllata”. Ne deriva che il creditore conserverà il diritto di proporre opposizione e, eventualmente, reclamo quando sia leso il suo diritto ad ottenere un trattamento non inferiore a quello previsto in caso di liquidazione controllata. Tale limite, infatti, non rappresenta un parametro di valutazione della convenienza, ma una soglia minima che deve essere garantita perché in difetto il creditore subirebbe un’ingiustificata falcidia del suo credito. 
Più in generale il creditore potrà far valere ogni lesione del suo diritto che non attenga alla convenienza della proposta. 
Negli stessi termini va letto l’art. 81, comma 4, CCII che riguarda il concordato minore, ove ugualmente si fa riferimento alla sola contestazione della convenienza della proposta. E per altro verso la limitazione in sé al diritto di azione va considerata legittima perché attiene ad un’ipotesi in cui è il creditore che con il suo comportamento colposo ha dato causa alla ricorrenza o all’aggravamento dello stato di sovraindebitamento. Può quindi esservi spazio per una censura di legittimità costituzionale tutte le volte che il comportamento colposo del creditore non abbia attinenza con le ragioni della non convenienza della proposta. E del pari deve ritenersi che il creditore sia legittimato a far valere il difetto del suo comportamento colposo da cui si fa discendere la decadenza dall’opposizione.

Note:

[1] 
La celebre espressione deriva da quella di imprenditore “onesto ma sventurato” di A. Candian, Il processo di concordato preventivo, Padova, 1937, 1 ss. con riferimento alla disciplina antecedente di cui alla legge 24 maggio 1903, n. 197, cui fa riferimento anche la Relazione al Re premessa alla legge fallimentare del 1942. 
[2] 
Con la riforma del 2005 il legislatore ha modificato gli artt. 160 e 181 L. fall. eliminando i vincoli contenutistici del piano di concordato ed i riferimenti a requisiti soggettivi del debitore quali condizioni di ammissibilità della domanda e di omologazione del concordato, ed ha rimesso ai creditori il compito di valutare con l’espressione del voto la convenienza della proposta e la meritevolezza del debitore. Su questo tema si rinvia a L. Panzani, La meritevolezza del debitore nell’accordo di ristrutturazione ex lege n. 3/2012 e nel concordato minore, in Procedure concorsuali, 2025, 192 in nota a Cass., 27 novembre 2024, n. 30538. 
[3] 
Rinviamo sul tema a L. Panzani, I doveri delle parti, in Trattato delle procedure concorsuali a cura di O. Cagnasso e L. Panzani, Milano, 2025, I, 659 e ss. ed ivi ulteriori riferimenti.
[4] 
Cass., 30 giugno 2021, n. 18610; Cass., 14 settembre 2021, n. 24725; Cass., 18 gennaio 2023, n. 1387; Cass. 27 ottobre 2023, n. 29840. Per un commento delle prime due sentenze cfr. B. Inzitari, L’azione del curatore per abusiva concessione di credito, in Dirittodellacrisi.it; R. Del Porto, Brevi note in tema di concessione abusiva di credito, in Ilcaso.it. Nella giurisprudenza di merito v. Trib. Palermo, 10 agosto 2021, in Dejure; App. Firenze, 11 novembre 2019, in Fall., 2020, 812, con nota di G. Falcone; Trib. Prato, 15 febbraio 2017, in Ilcaso.it, 17019. 
[5] 
Richiamiamo qui ancora la già citata Cass. 18 gennaio 2023, n. 1387. 
[6] 
Cass. 5 agosto 2020 n.16706, in Fallimento, 2021, 503, con nota di S. Delle Monache, Buon costume e fallimento; in Giur.comm., 2021, 2, 505 con nota di M. Martino, Soluti retentio ex art. 2035 c.c. e finanziamento all'impresa in crisi in danno ai creditori. Da ultimo Trib. Piacenza, 8 gennaio 2025, in Dirittodellacrisi.it
[7] 
Cass. 5 agosto 2020, n. 16706, cit.; Cass. 19 febbraio 2024, n. 4376 nell’ipotesi di finanziamento erogato dal socio. Sul tema cfr. M. Paccoia, Finanziamento dell'impresa in stato di decozione e contrarietà al buon costume, in Nuovo Diritto Società
[8] 
CGUE, 7 dicembre 2023, in causa C-634/2021/SCHUFA Holding. Sul tema che riguarda la legittimità della valutazione automatizzata del merito creditizio con sistemi di IA si veda S. Pesucci, Critica etica al sistema di credit scoring automatizzato, in Ristrutturazioni Aziendali, 30 ottobre 2024. 
[9] 
Si vedano in particolare la Sezione II, punto 2 (Rilevazione della situazione contabile e dell’andamento corrente), punto 4 (proiezione dei flussi finanziari), punto 5 (risanamento del debito).
[10] 
Sul tema amplius L. Baccaglini - S. Leuzzi, Su natura, funzione e limiti delle misure protettive e cautelari nel sistema concorsuale (considerazioni a margine di un recente rinvio pregiudiziale e di altre ordinanze), in Dirittodellacrisi.it, 10 febbraio 2025. 
[11] 
Trib. Bergamo, 12 gennaio 2023, in Dirittodellacrisi.it
[12] 
Trib. Milano 30 marzo 2023, cit.; implicitamente, Trib. Forlì, 12 dicembre 2023 e Trib. Milano, 13 aprile 2023, ambedue in bdp.giustizia.it. Per Trib. Napoli 28 giugno 2024, ivi, l'inibitoria della risoluzione giudiziale dei contratti è inclusa nel divieto dettato dall’art 94 bis per i creditori colpiti da misure di “provocare la risoluzione”. 
[13] 
I. Pagni, Il “sistema” delle misure protettive e cautelari negli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza: note a margine di un provvedimento del Tribunale di Milano, in Fallimento, 2024, 286.
[14] 
I. Pagni, ibidem. In giurisprudenza nello stesso senso Trib. Salerno, 22 febbraio 2024, in Dirittodellacrisi.it
[15] 
Cfr. con soluzioni non univoche Trib. Milano, 10 febbraio 2025, in Dirittodellacrisi.it; Trib. Avellino, 5 dicembre 2022; Trib. Torino, 5 dicembre 2023, ivi; Trib. Napoli Nord, 24 gennaio 2024, ivi; Trib. Roma 3 luglio 2024, in Ilcaso.it; Trib. Venezia, 6 febbraio 2023. Cfr. anche Trib. Verona, 11 aprile 2024, in Dirittodellacrisi.it
[16] 
Cfr. Trib. Milano, 12 maggio 2024, in Dirittodellacrisi.it, che ha affermato che in tema di composizione negoziata della crisi, il tribunale può disporre l’applicazione delle misure cautelari nei confronti dei creditori garantiti MCC e di Medio Credito Centrale e così vietare l’escussione della garanzia nonché inibire la prosecuzione dell’istruttoria e il pagamento delle somme dovute da parte del Fondo in forza di tale garanzia, nell’ipotesi in cui sussistano i requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora. Con particolare riferimento al periculum in mora, esso deve ritenersi sussistente nella misura in cui l’eventuale attivazione della garanzia costringerebbe il debitore a considerare nel piano e nell’accordo il “super-privilegio” di MCC, costituendo un apposito fondo rischi e destinando altrimenti la finanza necessaria alla conclusione dell’accordo, il tutto in pregiudizio all’andamento e al buon esito delle trattative. 
Sulla disciplina dei crediti SACE e MCC caratterizzati dal riconoscimento del privilegio a favore del garante di ultima istanza cfr. da ultimo A. Azzara’ - F. Miranda, Il trattamento dei crediti garantiti da SACE e MCC nella liquidazione giudiziale e nel concordato preventivo, in Dirittodellacrisi.it, 5 dicembre 2024. 
[17] 
L. Baccaglini - S.Leuzzi, op. cit., 11 e ss. 
[18] 
Cfr. Trib. Bergamo, 9 novembre 2009, in Ilcaso.it; cfr. anche Trib. Verona, 5 febbraio 2021, in Il Caso.it secondo il quale il requisito della meritevolezza sussisteva quando il consumatore nel contrarre le proprie obbligazioni abbia confidato su un ragionevole ammontare di reddito e patrimonio e la sproporzione tra questi elementi e il debito sia conseguenza di eventi sopravvenuti in assenza di una condotta colposa. Una lettura eccessivamente rigorosa di questi requisiti porterebbe inevitabilmente a limitare l’accesso alla procedura prevista dalla legge 3/2012 ai soli casi in cui il sovraindebitamento sia frutto di fatti del tutto sopravvenuti e imprevedibili. 
Nel filone rigoristico si vedano Trib. Torre Annunziata 10 ottobre 2006, in IUS Crisi d’impresa, 24 maggio 2017; Trib. Udine, 4 gennaio 2017, in Banca, borsa, tit. cred., 2019, 2, II, 225; Trib. Santa Maria Capua Vetere, 14 febbraio 2017, ivi, 2017; Trib. Monza, 22 giugno 2017, in Riv.dott.comm., 2017, 4, 581. 
[19] 
Cass.Civ. 10 aprile 2019, n. 10095, in Giur.Comm., 2020, II, 240. Cfr. soprattutto Cass. Civ. 22 settembre 2022, n. 27483, in Dirittodellacrisi.it, 2022, che ha affermato che in tema di sovraindebitamento, l'art. 12 bis, comma 3, L. n. 3 del 2012, nella disciplina anteriore all'entrata in vigore del D.L. n. 137 del 2000, conv. in L. n. 176 del 2020, postula la valutazione della meritevolezza del sovraindebitato, al quale è ascritto l'onere di provare di aver assunto le obbligazioni con la ragionevole prospettiva di poterle adempiere e di essere ricorso al credito in misura proporzionata alle proprie capacità patrimoniali, non riuscendo poi a fronteggiarle a causa di eventi sopravvenuti non imputabili. 
[20] 
In questo senso ex multis Trib. Avellino, 11 aprile 2024, in Fallimento, 2024, 1582, che afferma in motivazione che il riferimento del legislatore ( nella specie era questione di applicazione dell’art. 69, comma 1, CCII) alla colpa grave “costituisce elemento pro fondamente innovativo in quanto, pur richiedendo di valutare il comportamento del debitore sul piano oggettivo, ovvero in un’ottica comparativa e scevra da giudizi morali, muta totalmente il modello di riferimento con il quale operare il confronto, non più individuabile nel l’uomo avveduto e coscienzioso (secondo i criteri su cui di regola si basa la colpa nell’illecito aquiliano), ma nel soggetto che abbia prestato quella minima diligenza esigibile anche dalle persone scarsamente accorte”. Cfr. anche App. Bologna, 9 febbraio 2024, in IlCaso.it; App. Firenze, 8 novembre 2023, ivi; Trib. Reggio Calabria, 25 gennaio 2024, ivi.
[21] 
Sulla disciplina del sovraindebitamento nel codice della crisi ci limitiamo a rinviare a C. Cracolici - A. Curletti, Manuale delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, Torino, 2023, 353; M. Fabiani -G.B. Nardecchia (a cura di), Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Formulario Commentato, Milano, 2023, 848; P. Farina, La nuova disciplina del concordato minore tra semplificazioni e complicazioni, in Dirittofallimentaresocieta.it; G. Limitone, Meritevolezza e atti di frode nelle procedure di sovraindebitamento confluite nel codice della crisi, in: Ilcaso.it, 2022; A. Napolitano, Il concordato minore del nuovo codice della crisi alle prove generali delle aule giudiziarie, in Fallimento, 2023, 1104; G.B. Nardecchia, Concordato minore liquidatorio: legittimazione del debitore e soddisfazione dei creditori, nota a Trib. Monza, 2 novembre 2023, ivi, 2024, 542 ss.; V. Zanichelli, Commento a prima lettura del decreto legislativo 17 giugno 2022 n. 83 pubblicato in G.U. il 1° luglio 2022, in DDC, 1 luglio 2022. 
[22] 
F. Cesare, M. De Cesare, La ristrutturazione dei debiti del consumatore ed il concordato minore, in Crisi di impresa e procedure concorsuali a cura di O. Cagnasso e L. Panzani, II ed. ,Milano, 2025, I, 1523; F. Cesare, Gli atti in frode tra accordo di composizione della crisi e concordato minore, in IlFallimentarista, 2023; G. Benvenuto, Meritevolezza e colpa grave del consumatore nel sovraindebitamento, ilFallimentarista.it, 2022; A. Mancini - A. Munarin, Meritevolezza del consumatore: il declino della tesi del c.d. shock esogeno, in IlCaso.it, 27 febbraio 2024. In giurisprudenza si veda Trib.Torino, 21 marzo 2023, in ilCaso.it, che ha ammesso alla ristrutturazione ex art. 67 CCII il debitore che aveva contratto finanziamenti c.d. a catena, affermando che “il debitore risulta aver agito non con grave negligenza o imperizia - le quali richiedono pur sempre un margine di manovra e di scelta tra più opzioni possibili - ma per necessità: la stipulazione di finanziamenti cd. a catena, sebbene rivelatasi fallimentare sul piano oggettivo e strategico, risulta in questo caso giustificata sul piano soggettivo, proprio perché, nell’ottica del debitore ed alla luce del grado di consapevolezza in concreto da questi esigibile, era percepito ex ante come l’unico mezzo per liberarsi dai vincoli obbligatori”
[23] 
In questi termini Trib. Tempio Pausania, 3 febbraio 2023, in Dirittodellacrisi.it, già con riferimento all’art. 14 quaterdecies legge n. 3/2012 affermando che l’art. 124 bis T.u.b., che impone al finanziatore, prima della conclusione del contratto di credito, di valutare il merito creditizio del consumatore, è posto anche a tutela di quest’ultimo, il quale va posto in condizione di contrarre finanziamenti che abbia ragionevole possibilità di restituire, con la conseguenza che la errata valutazione del merito creditizio del debitore-consumatore rende il finanziatore corresponsabile del sovraindebitamento, ciò che esclude la mala fede del debitore e ne allevia la colpa che, pertanto, non è qualificabile come “grave”. Per Trib. Avellino, 11 aprile 2024, ivi, non sussiste la condizione ostativa della colpa grave, alla luce della previsione dell’art. 69, comma 2, CCII, quando il consumatore abbia riposto un ragionevole affidamento sulle verifiche relative al merito creditizio compiute da soggetti qualificati, laddove essi siano tenuti a compiere i controlli previsti dall’art. 124 bis T.u.b. al fine di assolvere al dovere di erogare il credito con prudenza (c.d. prestito responsabile) senza esporre il cliente al rischio di insolvenza. Negli stessi termini Trib. S. Maria Capua a Vetere, 2 aprile 2022, ivi; Trib. Modena, 16 luglio 2021, ivi; Trib. Barcellona Pozzo di Gotto, 16 aprile 2021, ivi, con l’affermazione che la colpa del finanziatore non esclude necessariamente quella concorrente del sovvenuto sovraindebitato. Sul punto si veda anche G. Limitone, Meritevolezza e atti di frode nelle procedure di sovraindebitamento confluite nel codice della crisi, in Ilcaso.it, 2022.
[24] 
L'ammontare dell'assegno sociale moltiplicato per una famiglia di quattro persone secondo la scala di equivalenza ISEE era di 13.594,46 euro per il 2023, di 13.855,00 euro per il 2024. Valori indicativi calcolati dall’I.A.
[25] 
Facciamo riferimento, a titolo esemplificativo, alle Linee guida per la gestione delle procedure di sovraindebitamento emanate dal Tribunale di Livorno nel gennaio 2024, disponibili sul sito del Tribunale. 
[26] 
Per Trib. Vicenza, 30 settembre 2021, in Dirittodellacrisi.it, 2021, che pronunciava nel vigore della legge n. 3/2012, artt. 9, comma 3 bis, e 12 comma 3 ter, il finanziatore che eroghi un mutuo ipotecario quando già il finanziato è impegnato con altri mutui ed è già al limite della sua capacità di restituzione, posto che il suo utile netto annuale è inferiore (anche se di poco) alla somma delle rate da restituire su base annua, viola le disposizioni che impongono di valutare il merito creditizio, atteso che è quasi certa la mancata restituzione dell’ulteriore prestito ed è pertanto escluso dal voto, stante la preclusione del diritto di opporsi alla omologazione della proposta. Cfr. anche Trib. Parma, 18 luglio 2021, in Dirittodellacrisi.it, 2021. 
[27] 
R. D’Alonzo, I profili processuali della ristrutturazione del consumatore, in Dirittodellacrisi.it, 2021, con riguardo al consumatore. 

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