Loading…

Saggio

La sospensione degli affidamenti ed i riflessi sulla classificazione del credito nella Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa alla luce del decreto Correttivo 2024*

Salvatore Rizzo, Avvocato addetto all'Ufficio crediti non performing istituto bancario

28 Aprile 2025

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
L’Autore approfondisce la disciplina regolamentare dei crediti bancari derivanti dai finanziamenti concessi ad una impresa che avvii una procedura di Composizione Negoziata della Crisi con i propri creditori, alla luce delle modificazioni apportate al Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza dal D.Lgs. n. 136/2024. Trattasi di un argomento di importanza centrale, investendo i possibili ostacoli economici e normativi all’assicurazione, da parte delle banche, del sostegno finanziario necessario per la ristrutturazione delle imprese in crisi.
Riproduzione riservata
1 . La Classificazione delle esposizioni creditizie verso le imprese in Composizione negoziata
Con Il D.L. 24 agosto 2021, n. 118 [1] il Legislatore, nel disporre il rinvio del termine di entrata in vigore del Codice della Crisi e dell’Insolvenza, aveva provveduto ad introdurre nell’ordinamento l’innovativa procedura della Composizione negoziata per la soluzione delle crisi d’impresa [2] (di seguito, per brevità la “Composizione negoziata”) quale strumento messo a disposizione dell’imprenditore versante in una situazione di “probabile crisi o insolvenza”, finalizzato al superamento della stessa tramite un accordo con uno o più creditori, da raggiungersi grazie all’intermediazione di un terzo, l’Esperto indipendente, ed alla messa a disposizione di una serie di benefici (in particolare per l’imprenditore), miranti a sollecitare l’interesse delle parti coinvolte al raggiungimento di una soluzione non conflittuale. La successiva esigenza di provvedere al recepimento della Direttiva UE 2019/2023 (di seguito, Direttiva Insolvency) ha determinato l’ennesimo intervento correttivo al Codice della Crisi, realizzato attraverso il d.lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a mezzo del quale si è provveduto all’integrale riformulazione del Titolo II (artt. 12-25 undecies), ove è stata fatta confluire l’intera disciplina della Composizione negoziata, anch’essa innovata sotto taluni profili. Dopo i primi due anni di esperienza applicativa del nuovo istituto, con il D.Lgs. 13 settembre 2024 n. 136[3], di seguito “Correttivo 2024”, il Legislatore ha apportato ulteriori rilevanti modifiche alla disciplina della Composizione negoziata, al fine di dipanare talune criticità interpretative ed applicative emerse, nonché di venire incontro alle esigenze di chiarimento sorte tra gli operatori. 
Oggetto del presente contributo sarà, pertanto, l’esame delle modifiche apportate dal “Correttivo  2024” con precipuo riguardo alle previsioni relative ai creditori bancari e finanziari nella Composizione negoziata[4]. Benché la Composizione negoziata non sia una procedura propriamente “concorsuale” [5], approcciando la stessa dal punto di vista della regolamentazione prudenziale, risulta di particolare interesse indagare le innovazioni apportate alle disposizioni di legge con un focus rispettivamente sul loro eventuale impatto in merito ai criteri di classificazione che dovranno essere adottati dai creditori finanziari in relazione alle proprie esposizioni verso le imprese che accedono alla Composizione negoziata, nonché con riguardo all’individuazione delle circostanze al cui ricorrere, anche in considerazione delle prime pronunce della giurisprudenza di merito[6], le “sospensioni per ragioni di vigilanza prudenziale” degli affidamenti pendenti possono o meno essere ritenute legittime. 
Per quanto concerne il primo profilo della “classificazione del credito”, il Correttivo ha introdotto una prima significativa innovazione prevedendo espressamente, all’art. 16, comma 5, CCII, che “(…) La notizia dell’accesso alla composizione negoziata della crisi e il coinvolgimento nelle trattative non costituisco di per sé causa di sospensione o di revoca delle linee di credito concesse all’imprenditore né ragione di una diversa classificazione del credito”. 
L’ultimo inciso sancisce un vero e proprio “divieto” per banche e intermediari di procedere ad una “diversa classificazione” delle rispettive esposizioni di rischio all’atto dell’accesso alla Composizione negoziata da parte dell’impresa affidata. Cercando di individuare una possibile ratio di simile previsione, si è dell’avviso che la stessa possa essere identificata nell’esigenza di arginare l’atteggiamento finora adottato dai creditori finanziari verso le imprese che accedono alla Composizione negoziata. 
Gli stessi, infatti, arrivando sostanzialmente ad interpretare l’accesso alla Composizione negoziata come un vero e proprio “evento di rischio” sotto il profilo della vigilanza prudenziale (cfr. EBA/GL/2020/06) e, di conseguenza, indipendentemente dal fatto che in ordine alle linee di credito pendenti si fossero o meno verificati degli inadempimenti o altre circostanze che potessero aver messo a rischio il regolare rimborso del credito, hanno finora – quasi in via automatica – provveduto alla pronta revisione delle proprie esposizioni di rischio ed alla conseguente loro classificazione a default, ovvero ad inadempienza probabile (i.e. UTP – unlikely to pay) se non già a sofferenza, modificando profondamente (e in termini restrittivi) la gestione della relazione con l’impresa, affidando la stessa a strutture di gestione accentrate ed assumendo quale primario obiettivo l’adozione di tutte quelle cautele gestorie e contrattuali ritenute utili e necessarie per assicurare la massima recovery possibile del proprio credito. Nella descritta prospettiva, l’intervento legislativo è da ritenersi sostanzialmente condivisibile in quanto la mera “notizia” dell’accesso alla Composizione negoziata, beninteso in assenza di ulteriori segnali di anomalia andamentale sulle pendenti linee di credito (quali, a titolo meramente esemplificativo, “decanalizzazioni” del portafoglio anticipato; elevate percentuali di insoluti; rate impagate; bilanci d’esercizio o situazioni contabili infrannuali con dati di EBITDA negativi o in forte contrazione; formalità pregiudizievoli iscritte nella  Conservatoria immobiliare o presso altre banche dati informative), potrebbe, di per sé, non essere necessariamente foriera di alcun concreto rischio di inadempimento e/o di compromissione delle rispettive ragioni di credito e della relativa loro recuperabilità per i creditori bancari e finanziari. 
Tale considerazione è ancora più vera allorquando si consideri che la nuova formulazione dell’art. 16, comma 5, CCII non impedisce in maniera assoluta la diversa classificazione del credito vantato nei confronti dell’impresa che intraprende il percorso della Composizione negoziata: né del resto potrebbe, in quanto la norma di diritto nazionale deve, in ogni caso, coordinarsi con la normativa di fonte unionale, ovvero in primis il Regolamento UE 575/2013 (CRR), vero e proprio architrave della c.d. disciplina di vigilanza prudenziale. Ed infatti, consapevole di ciò, il Legislatore – con apprezzabile pragmatismo – ha previsto, sempre nell’art. 16, comma 5, CCII, che “nel corso” della Composizione negoziata la classificazione del credito verrà determinata dai creditori finanziari “tenuto conto di quanto previsto dal progetto di piano rappresentato ai creditori e della disciplina di. vigilanza prudenziale”[7]. 
Ciò equivale a dire, pertanto, che i creditori finanziari – successivamente all’avvio delle prime interlocuzioni nell’ambito della Composizione negoziata e, quindi, dopo aver acquisito e visionato tutto il set documentale predisposto dall’impresa, ivi incluso il progetto di risanamento e le relative strategie di execution - avranno il diritto/dovere di procedere con la revisione della classificazione dell’esposizione creditoria vantata nei confronti dell’impresa, in coerenza con la disciplina di vigilanza prudenziale e la sua declinazione all’interno delle rispettive policy creditizie. 
Ovviamente la considerazione appena formulata riguarda l’ipotesi in cui i creditori bancari e finanziari dell’impresa che si avvia verso la Composizione negoziata non abbiano già intercettato pregressi segnali di difficoltà economico-finanziaria e, in ragione di tali eventi di rischio, abbiano già provveduto a classificare diversamente l’esposizione creditizia. In altri termini, la previsione di cui all’art. 16 comma 5 CCII non potrà in alcun caso ritenersi applicabile – in termini di divieto (temporaneo) di diversa classificazione del credito (a default evidentemente) – allorquando i creditori finanziari – prima dell’accesso alla Composizione negoziata - avessero rilevato un aumento della rischiosità di quella determinata impresa con il manifestarsi di uno o più “eventi di rischio” e, di conseguenza, avessero già provveduto a revisione ed eventualmente a classificare diversamente (in termini verosimilmente peggiorativi) l’esposizione creditizia complessiva[8]. 
In virtù di quanto sopra, sotto lo specifico profilo della “classificazione del credito” potranno allora ipotizzarsi due diversi scenari operativi: 
a) una prima ipotesi nella quale i creditori bancari e finanziari dell’impresa che accede alla Composizione negoziata non hanno intercettato sino al momento dell’avvio della stessa alcun evento di rischio, le rispettive linee di credito sono sostanzialmente in regolare utilizzo o, al massimo, vi sono talune anomalie andamentali di breve durata temporale  (ad es sconfinamenti sulle linee di credito che non maturano il termine dei 90 gg consecutivi per assumere la qualificazione di sconfinamento deteriorato) e/o piccole correntezze operative tollerate, anche per ragioni puramente commerciali, da parte dei creditori finanziari e, pertanto, la classificazione del credito dovrebbe essere in bonis, e tale rimanere sino all’avvio formale della Composizione negoziata; 
b) una diversa ipotesi, invece, in cui – al contrario – i creditori finanziari hanno già rilevato un aumento della rischiosità dell’impresa che accede alla Composizione negoziata e, pertanto, in virtù di dette circostanza hanno provveduto a classificare diversamente (verosimilmente a default…) le rispettive esposizioni creditizie. 
Orbene, ricorrendo tale ultima circostanza e, quindi, assumendo la posizione non sia più classificata in un portafoglio di crediti in bonis ma sia migrata verso una classificazione peggiorativa, si tratta di approfondire quale sarà lo status di classificazione più corretto, assumendo ovviamente che tale classificazione sarà influenza dalla gravità/ intensità degli “eventi di rischio” rilevati sull’impresa affidata. 
Pur con la doverosa premessa che ogni vicenda, in concreto, andrà valutata caso per caso, il punto di partenza di ogni riflessione non può che essere ancora una volta la valutazione del presupposto oggettivo che induce l’impresa ad accedere alla Composizione negoziata, ovvero “le condizioni di cui all’articolo 2 comma 1 lettere a) o b), oppure quando si trova anche soltanto di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa” [9]. 
Allorquando l’imprenditore, anche attraverso la corretta realizzazione di un adeguato assetto organizzativo amministrativo e contabile all’interno dell’impresa[10], sia stato in grado di rilevare per tempo le avvisaglie di una prossima crisi, ovvero quella situazione di potenziale squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che potrebbe rendere “probabile” la crisi dell’impresa e, in forza di ciò, si sia  avviato verso la Composizione negoziata, dal punto di vista dei creditori finanziari la classificazione più corretta potrebbe essere quella di allocare i rispettivi crediti in Stage 2 (crediti underperforming), ovvero esposizioni creditizie ancora in bonis ma sotto attento monitoraggio da parte di strutture a ciò dedicate[11]. Simile valutazione potrebbe, altresì, essere ulteriormente corroborata nei suoi razionali rispetto alle previsioni della vigilanza prudenziale nel momento in cui, ad esempio, l’impresa nell’ambito dell’intrapresa Composizione negoziata non avesse neanche fatto ricorso a “misure protettive” o “misure cautelati” ex artt. 18 e 19 CCII nei confronti dei creditori bancari e finanziari[12]. E’ evidente, infatti, che il mancato ricorso alle misure protettive presuppone che l’impresa non avrebbe esigenza di difendere il proprio patrimonio da aggressioni da parte dei creditori e, di riflesso, questi ultimi non nutrano particolari preoccupazioni in merito alla recuperabilità del proprio credito[13]. 
Tale iniziale classificazione potrà essere confermata o modificato in peius, ovvero verso lo Stage 3 (crediti a default)[14] , nel momento – temporalmente successivo – in cui nell’ambito delle trattative condotte all’interno della Composizione negoziata i creditori finanziari abbiano avuto piena visibilità del piano di risanamento ad essi proposto e, pertanto, abbiano potuto valutare le prospettive di superamento della difficoltà finanziaria, le azioni intraprese e che verranno intraprese dall’impresa e, per quanto di loro precipuo interesse, le richieste/proposte di rimborso formulate in ordine alle loro esposizioni creditorie. Questo stadio di classificazione sarà adottato soprattutto allorquando la continuità aziendale sia fortemente a rischio e l’impresa, di fatto, non solo non sia in grado (si spera temporaneamente) di produrre con l’esercizio dell’attività caratteristica flussi di cassa idonei e sufficienti per il rimborso della debitoria complessiva (ivi inclusa quella erariale) ma, nelle ipotesi peggiori, di fatto stia “bruciando cassa”. 
Chiaramente nel momento in cui ai creditori finanziari venissero formulate proposte che prevedano rimborsi parziali, rimessioni del debito, rinegoziazioni delle condizioni economiche applicate e/o loro azzeramento, rimborsi balooon ovvero  operazioni di consolidamento delle pregresse passività con termini di scadenza molto allungati[15] e, più in generale, venissero loro formulate proposte che non prevedono il regolare ed integrale rimborso delle rispettive esposizioni creditizie, gli stessi dovranno provvedere a classificare – più coerentemente – l’esposizione vantata in Stage 3
Ad analoga conclusione si dovrebbe pervenire anche nell’ulteriore ipotesi in cui la crisi o, peggio, l’insolvenza dell’impresa – seppur prospetticamente reversibili come sancito dall’art. 12 CCII -fossero già conclamate all’atto di accesso della Composizione negoziata: infatti, al netto della previsione di cui all’art. 16, comma 5, CCII, ricorrendo tale ipotesi la situazione di difficoltà finanziaria si è verosimilmente già pesantemente riflessa sulle linee di credito pendenti[16] e, pertanto, la classificazione più corretta non potrà che essere quella di credito allocato in Stage 3, ovvero credito a default[17]. All’interno di tale stadio classificatorio, si è soliti ricomprendere due sotto-categorie, ovvero le “inadempienze probabili”, c.d. UTP (unlikely tu pay), e le “sofferenze”. Come noto la disciplina di vigilanza prudenziale, pur fornendo puntuali indicazioni[18] delle circostanze al ricorrere delle quali un’esposizione creditizia deve essere classificata nell’uno o nell’altro status, riconosce un certo margine di discrezionalità valutativa alle banche e agli intermediari finanziari, consentendo loro, all’intero della cornice prudenziale innanzi citata, di esaminare analiticamente ciascuna casistica e provvedere all’attribuzione della più corretta classificazione. 
In tale prospettiva, sebbene la Composizione negoziata non sia qualificabile - come detto – come una procedura “concorsuale”, si ritiene tuttavia verosimile replicare, in via analogica, anche per queste posizioni di rischio, quanto prescritto dalla predetta disciplina di vigilanza [19] per le ipotesi di ricorso a procedure di concordato preventivo ex artt. 160 ss. L. fall. – oggi artt. 84 ss. CCII – o di Accordi di Ristrutturazione ex art. 182 bis L. fall. – oggi art. 57 CCII –, ovvero la classificazione delle esposizioni dovrà essere quella ad inadempienza probabile (unlikely to pay), perlomeno fintanto che non sarà noto l’esito della procedura, e sempre che non ricorrano elementi oggettivi e diversi da indurre gli intermediari a classificare l’esposizione “a sofferenza” o, ancora, l’esposizione risultasse già classificata “a sofferenza” prima del ricorso alla procedura di Composizione negoziata. 
Ne consegue che ove l’esposizione creditizia venisse allocata in Stage 3 (crediti a default) e, più precisamente, la classificazione assegnata fosse quella di “inadempienza probabile”, ciò comporterà per i creditori finanziari la necessità della effettuazione di una revisione della posizione di rischio da parte delle strutture preposte alla gestione di crediti cosi classificati, nonché della  determinazione di accantonamenti sulla posizione sulla base della valutazione analitica, che dovrà essere condotta al fine di determinare quale sia la presumibile percentuale di recupero del credito, anche attraverso l’escussione delle eventuali garanzie che assistono l’esposizione. 
Tale classificazione, tuttavia, non presuppone la risoluzione dei rapporti di affidamento pendenti, né l’attivazione delle garanzie reali, statali o personali che assistono dette linee: il ricorso analogico al predetto criterio, sancito dalla Circolare n. 272/2008 - c.d. Matrice dei Conti - di Banca d’Italia, si conferma il criterio più corretto in quanto, trattandosi per l’appunto di linee di credito ancora vive, l’adozione di questo stadio di classificazione non dovrebbe frapporre particolari ostacoli allo sviluppo delle trattative nell’ambito della Composizione negoziata, soprattutto allorquando, come si dirà nel prosieguo, i creditori finanziari fossero disponibili a mantenere una qualche forma di supporto finanziario per l’impresa, eventualmente acquisendo garanzie aggiuntive a presidio delle rispettive esposizioni. 
Di contro, la posizione di rischio verrebbe classificata sempre in Stage 3, ma come credito a “Sofferenza”, allorquando i creditori finanziari abbiano disposto la revoca delle linee di credito, evidentemente prima dell’accesso alla Composizione negoziata, per manifesti gravi inadempimenti, se non addirittura per la completa cessazione dei pagamenti da parte dell’impresa, ed abbiano avviato le azioni per il recupero del proprio credito e/o attivato le garanzie che lo assistono (quali fideiussioni, pegni, ipoteche, garanzia pubbliche etc..)[20].
2 . L’accordo per la riattivazione delle linee di credito sospese
La tematica di quali criteri di classificazione debbano essere adottati per le esposizioni creditizie verso imprese che accedono alla Composizione negoziata non riguarda solo l’ipotesi, finora descritta, di linee di credito preesistenti alla Composizione negoziata: il decreto Correttivo, infatti, è ulteriormente intervenuto sulla disciplina degli affidamenti bancari apportando un’importante modifica all’art. 22, comma 1, lett. a), CCII ove viene oggi previsto che l’impresa possa richiedere al Tribunale l’autorizzazione non solo “a contrarre finanziamenti in qualsiasi forma, compresa la richiesta di emissione di garanzie,” ma anche “(…) autorizzare l’accordo con la banca e l’intermediario finanziario alla riattivazione delle linee di credito sospese”[21]. 
Si tratta di una modifica certamente apprezzabile[22], rispetto alla quale si ripropone la necessità di una riflessione su quale sarebbe la classificazione più corretta da applicare a dette linee di credito, evidentemente preesistenti rispetto all’avvio della Composizione negoziata, per le quali banche ed intermediari finanziari, in ossequio alla disciplina di vigilanza prudenziale, hanno dapprima disposto una “sospensione” nel relativo utilizzo da parte dell’impresa e successivamente, in forza di accordi negoziati tra le parti, con il coinvolgimento dell’Esperto, si sono rese disponibili a valutare la loro “riattivazione”, eventualmente accedendo anche al beneficio della loro prededucibilità, beninteso purché ne sia stata accertata la loro funzionalità rispetto alla continuità aziendale ed alla migliore soddisfazione dei creditori (tutti). 
Ricorrendo la suddetta fattispecie, è possibile identificare diversi scenari operativi di concessione/riattivazione di linee di credito, ivi incluse quelle precedentemente “sospese”. La prima ipotesi riguarda l’erogazione di nuovi finanziamenti (è indifferente la forma tecnica) da parte di banche ed intermediari finanziari non aventi pregresse esposizioni verso l’impresa in Composizione negoziata.  In tale circostanza , considerato che l’intervento di questi creditori finanziari disponibili ad erogare nuova finanza, anche prededucibile, avverrebbe in una fase già ben avviata della Composizione negoziata, gli stessi avrebbero il duplice vantaggio di avere un quadro informativo molto completo sia in ordine alle effettive condizioni di salute dell’impresa ed alle sue prospettive di superamento o meno della situazione di difficoltà finanziaria, sia per quanto concerne lo stato di avanzamento delle negoziazioni con i creditori pregressi. 
In virtù di quanto sopra, risulta allora evidente che l’eventuale concessione di nuove linee di credito non avverrebbe (o meglio non dovrebbe avvenire) al solo fine di acquisire il “superprivilegio” della prededuzione (giudizialmente assegnato), giacché lo stesso – di per sé – non potrebbe essere ritenuto argomento idoneo né sufficiente per una classificazione in bonis dell’esposizione creditizie (anche ai fini della disciplina del Calendar provisioning). Piuttosto, l’effetto combinato del quadro informativo completo circa lo stato di avanzamento delle trattative con i creditori, la verifica della realizzabilità e concreta attuazione delle linee strategiche alla base del piano di risanamento dell’impresa, le eventuali garanzie aggiuntive (prestate ad esempio dai soci)  richieste a presidio delle nuove linee, unitamente al predetto beneficio della loro prededucibilità in ipotesi di successiva procedura esecutiva o cautelare, cosi come espressamente sancito dal comma 1 ter dell’art. 22 CCII, potrebbe consentire a questi nuovi creditori finanziari di classificare l’esposizione creditizia sempre tra i crediti in bonis, ma in Stage 2, ovvero crediti underperforming o, alla peggio, in una prospettiva maggiormente prudenziale, in Stage 3 – inadempienza probabile (UTP – unlikely to pay) beneficiando di accantonamenti ridotti in forza del complessivo assetto di garanzie che assistono l’esposizione, nonché di un arco temporale non eccessivamente lungo (e quindi rispetto alla disciplina sul Calendar provisioning guadagnare tempo rispetto alle imposte esigenze di crescenti accantonamenti). 
Una seconda ipotesi operativa – altrettanto interessate – desumibile dalla nuova formulazione dell’art. 22, comma 1, lett a) CCII riguarda anche i creditori bancari e finanziari aventi pregresse esposizioni verso l’impresa che accede al percorso della Composizione negoziata. Come anticipato, la norma ammette oggi la possibilità che il Tribunale autorizzi l’”accordo” tra impresa e creditori finanziari per la “riattivazione” delle linee di credito (i.e. pregresse) oggetto di precedente sospensione riconoscendo anche in favore di quest’ultime, beninteso sempre previa verifica della loro funzionalità rispetto alla continuità aziendale ed alla migliore soddisfazione dei creditori, il super-privilegio della loro prededucibilità[23]. 
La finalità di tale innovazione è chiara: poiché il mantenimento del sostegno finanziario[24] è una delle principali leve per consentire il superamento della situazione di difficoltà finanziaria in cui versa l’impresa in Composizione negoziata, si offre anche ai creditori finanziari aventi pregresse esposizioni la possibilità di accedere al beneficio della prededuzione, cosi stimolando la conferma da parte loro del supporto finanziario, senza l’assunzione di ulteriori ed aggiuntivi rischi[25]. Infatti, questi creditori dispongono già di un set informativo sull’impresa in Composizione negoziata sufficientemente dettagliato in ragione dei pregressi rapporti e, pertanto, anche sotto un profilo propriamente temporale, ovvero di velocità di intervento (aspetto questo molto rilevante in qualsiasi scenario di difficoltà finanziaria), a differenza di nuovi intermediari, dovrebbero essere molto più rapidi nel condurre le proprie istruttorie creditizie e, quindi, valutare se aderire o meno all’accordo loro proposto per la riattivazione di linee sospese. 
Ipotizzando, a questo punto, che uno o più dei creditori finanziari abbiano valutato la richiesta di riattivazione delle linee di credito in precedenza sospese, anche in tale circostanza si dovrà valutare quale criterio di classificazione dovrà essere seguito. Qui emerge in maniera rilevante la connessione implicita con la previsione di cui all’art. 16, comma 5, CCII e, in particolare, con il divieto per le banche e gli intermediari finanziari di procedere con una diversa classificazione del credito per “la mera notizia” dell’accesso alla Composizione negoziata, e l’obbligo di rinviare tale valutazione “nel corso della composizione negoziata”, tenuto conto sia di quanto previsto dal piano di risanamento, sia in ossequio alla disciplina di vigilanza prudenziale. 
In altri termini, i creditori finanziari – al netto di situazioni gravemente compromesse – rischierebbero di condurre una valutazione affrettata e per gli stessi anche molto poco conveniente se, all’interno delle rispettive policy creditizie, prevedessero che all’accesso alla Composizione negoziata o, stante il divieto sancito dall’art. 16 citato, un momento dopo l’avvio della stessa– in assenza di anomalie andamentali e o ulteriori e diversi eventi di rischio rilevanti – la posizione di rischio dovesse essere classificata direttamente a Stage 3 – crediti a default, inadempienza probabile (unlikely to pay) - arrivando, altresì, a sospendere l’utilizzo delle linee di credito ove ricorressero ragioni di vigilanza prudenziale. 
Una volta allocata la posizione di rischio a credito deteriorato, ove venisse loro formulata la proposta di una riattivazione delle linee di credito eventualmente riconoscendo loro il beneficio della prededucibilità, difficilmente detti intermediari potrebbero – per il sol fatto della prededuzione acquisita – procedere con una nuova revisione della posizione e sua riallocazione tra i crediti in bonis. Tale facoltà è oggi certamente prevista e disciplinata dalla vigilanza prudenziale ma, chiaramente, non è rimessa soltanto alla valutazione soggettiva degli intermediari, ma richiede il ricorrere di rigorosi presupposti oggetti che andranno puntualmente verificati[26]. Ne consegue che, ove la posizione venisse mantenuta in Stage 3 (crediti a default) da parte dei creditori finanziari e quest’ultimi, dopo aver preventivamente sospeso le linee di credito, una volta intrapresa la Composizione negoziata si rendessero disponibili a ripristinare l’operatività sulle linee sospese, acquisendo sui nuovi utilizzi il beneficio della prededuzione, saranno inevitabilmente tenuti – in forza della vincolatività del Calendar provisioning[27]– a condurre gli esercizi di accantonamento richiesti dalla vigilanza prudenziale e solo dopo aver verificato la capacità dell’impresa di produrre idonei flussi di reddito a servizio del debito, ovvero il superamento stabile e duraturo della difficoltà finanziaria, potranno valutare una revisione della posizione di rischio che porti a classificare da Stage 3 a Stage 2 l’esposizione creditizia. 
Rispetto a questo scenario operativo evidentemente non di interesse per i creditori finanziari, in una prospettiva più generale, riemerge prepotente l’esigenza, espressamente sancita dal Legislatore, di attendere – anche dal punto di vista della disciplina di vigilanza prudenziale sotto il precipuo profilo della classificazione delle esposizioni creditizie – l’avvio in concreto delle negoziazioni all’interno della Composizione negoziata, anche tenuto conto della durata temporale tutto sommato contenuta di tale percorso. Soltanto quando il quadro informativo sarà ben definito e chiaro i creditori finanziari avranno tutti gli elementi informativi per revisionare le rispettive esposizioni e procedere ad una diversa ed eventualmente peggiorativa classificazione del credito[28].
3 . La sospensione delle linee di credito per ragioni di vigilanza prudenziale
Naturale e logico presupposto per la negoziazione finalizzata ad individuare un accordo per la riattivazione delle linee di credito pregresse è che il loro utilizzo sia stato preventivamente sospeso per ragioni di vigilanza prudenziale da parte dei creditori finanziari[29]. 
La sospensione delle linee credito è una facoltà riconosciuta a banche e intermediari finanziari, oltre che in via negoziale, anche da specifiche previsioni del Codice della Crisi - peraltro meglio definite dal “Correttivo 2024” -, ovvero dalle previsioni di cui articoli 16, comma 5, ultimo periodo e 18, commi 5 e 5 bis, del CCII. 
L’art. 16, comma 5, CCII interviene nella fase iniziale della Composizione negoziata, disponendo che la notizia dell’accesso alla composizione ed il coinvolgimento delle trattative, presupposti alternativi tra loro, non costituiscono di per sé causa di sospensione e di revoca delle linee di credito, fermo restando che l’eventuale sospensione o revoca sarà opponibile nel corso della Composizione negoziata ove ricorrano ragioni di vigilanza prudenziale; che di tali ragioni dovrà essere fornita specifica indicazione nella comunicazione da trasmettere agli organi di amministrazione e controllo dell’impresa affidata[30]. Il successivo art. 18, commi 5 e 5 bis, CCII, a sua volta, disciplina due ulteriori ipotesi di sospensione dei contratti di affidamento, assunti nella categoria dei c.d. “contratti pendenti”, fino alla conferma delle misure protettive, ove il “motivo” fondante la sospensione o revoca fosse, appunto, la sospensione nell’esecuzione del contratto pendente in attesa della pronuncia del Tribunale adito sulla richiesta di misure protettive. A tale fattispecie si affianca l’eventuale sospensione delle linee di credito disposta per effetto dell’applicazione della disciplina di vigilanza prudenziale (assumendo pertanto che la previsione richiami quanto già disposto ex art. 16, comma 5, CCII). Tuttavia, mentre la sospensione e/o revoca disposta dai creditori finanziari “sino a conferma delle misure protettive”, con la loro conferma non potrà più essere mantenuta valida, la sospensione o revoca disposta per ragioni di vigilanza prudenziale potrà continuare ad essere ritenuta valida ed opponibile all’impresa in Composizione negoziata. 
In dottrina si è discusso circa la qualificazione di tali sospensioni nell’alveo del perimetro applicativo delle c.d. clausole ipso facto previste dalla Direttiva Insolvency e conseguente loro conformità o meno rispetto al disposto normativo[31]. Il riferimento immediato è all’articolo 7, paragrafo 4, della Direttiva, il quale dispone che gli Stati membri possono prevedere norme che impediscano ai creditori cui si applica la sospensione di rifiutare l'adempimento dei contratti pendenti c.d. “essenziali”, o di risolverli, anticiparne la scadenza o modificarli in altro modo a danno del debitore, in relazione ai debiti sorti prima della sospensione, per la sola ragione di non essere stati pagati dal debitore. 
In termini generali, occorre evidenziare che la Composizione negoziata non è riconducibile al perimetro dei c.d. quadri di ristrutturazione preventiva di cui alla citata Direttiva e, pertanto, anche solo assumendo tale prospettiva la riflessione circa l’applicabilità o meno della disciplina delle clausole ipso facto non dovrebbe ricevere un esito positivo. D’altro lato, non si può in ogni caso negare che la Composizione negoziata sia stata ideata dal Legislatore proprio sull’impulso del recepimento della Direttiva Insolvency e da quest’ultima influenzata nei suoi principi. Ebbene, anche a voler allora ammettere una lettura delle previsioni di cui agli artt. 16 e 18 del CCII ai sensi della disciplina sulle clausole ipso facto, si è dell’avviso che – in ogni caso – le vigenti previsioni in tema di contratti bancari possano configurarsi come delle legittime eccezioni. 
In primo luogo, l’art. 16, comma 5, il quale oggi prevede il divieto di sospensione o revoca delle linee di credito in ragione della “notizia” dell’accesso alla Composizione negoziata e/o del coinvolgimento nelle trattative, non implica affatto che la sospensione e/o revoca degli affidamenti non possa essere disposta per ragioni di ordine diverso che, nel caso di specie, dovrebbero essere le ragioni di “vigilanza prudenziale” proprie di tale disciplina regolamentare[32]. In tale prospettiva, il “Correttivo 2024” ha confermato detto impianto provvedendo a rafforzare ulteriormente l’onere informativo a carico dei creditori finanziari, disponendo che l’eventuale sospensione e/o revoca dovrà essere comunicata agli organi amministrativi e di controllo dell’impresa affidata, illustrando le specifiche ragioni (i.e. prudenziali) poste a fondamento della decisione assunta. 
Le facoltà previste dalla previsione in commento, peraltro, non paiono confliggere neanche con il disposto di cui all’articolo 7, paragrafo 5, della Direttiva Insolvency, il quale dispone, a sua volta, che ai creditori non sia consentito di rifiutare l'adempimento dei contratti pendenti né di risolverli, di anticiparne la scadenza o di modificarli in altro modo a danno del debitore in forza di una clausola contrattuale che preveda tali misure, in ragione esclusivamente: a) di una richiesta di apertura di una procedura di ristrutturazione preventiva; b) di una richiesta di sospensione delle azioni esecutive individuali; c) dell'apertura di una procedura di ristrutturazione preventiva; oppure d) della concessione di una sospensione delle azioni esecutive individuali in quanto tale. 
La norma sterilizza eventuali clausole contrattuali degli affidamenti che dovessero prevedere la sospensione e/o la revoca degli stessi solo in ben specifiche fattispecie, ovvero quelle dell’accesso ad una procedura di ristrutturazione preventiva o di richieste di sospensione di azioni esecutive (dei creditori, è da ritenersi). Tuttavia, nel caso di specie degli affidamenti bancari, la sospensione e/o la revoca verrebbe disposta dai creditori finanziari sul presupposto legittimante delle ragioni di vigilanza prudenziale e, pertanto, anche sotto tale profilo non si ravvisano elementi di potenziale non conformità dell’art. 16, comma 5, CCII rispetto alla citata Direttiva. 
La conclusione a cui si è giunti non pare poter essere messa in discussione anche ove si volesse interpretare la previsione in questione dal punto di vista della regolamentazione prudenziale. Infatti, il Regolamento CRR 575/2013 all’art. 178, nel momento in cui fornisce la definizione di default del debitore, al paragrafo 3 ha cura di precisare che tra gli elementi da considerare (da parte degli intermediari vigilati) come indicativi dell’improbabile adempimento, tra le altre, figura anche l’ipotesi – sub lett. f) – in cui “il debitore ha chiesto o è stato posto in stato di fallimento o situazione assimilabile, ove ciò impedisca o ritardi il rimborso dell’obbligazione nei confronti dell’ente, la sua impresa madre o una delle sue filiazioni”[33]. Orbene, l’ipotesi del ricorso ad una “situazione assimilabile”, quale potrebbe essere nel caso di specie, seppur con qualche forzatura interpretativa, la Composizione negoziata, non comporta in alcun modo l’obbligo per i creditori bancari e finanziari di procedere con la sospensione e/o la revoca degli affidamenti bancari pendenti[34]: piuttosto comporta per i medesimi il dovere – in ossequio al citato framework prudenziale - di procedere con la revisione della posizione, ai fini della classificazione a default del proprio credito funzionale a determinare una valutazione single name dell’esposizione e degli accantonamenti da appostare sulla base delle stime di presumibile recuperabilità dei propri crediti. 
Alla luce di tutto quanto sopra ne consegue che quanto disposto dall’art. 16, comma 5, CCII risulta essere non solo coerente con la disciplina di cui alla Direttiva Insolvency, in tema di clausole ipso facto, ma anche rispetto alla disciplina c.d. “prudenziale”. 
Analoghe considerazioni possono essere formulate anche con riguardo alle ulteriori ipotesi di sospensione e/o revoca delle linee di credito pendenti disciplinate dall’art. 18, commi 5 e 5 bis, CCII. La prima fattispecie, ovvero il divieto di sospensione e/o la revoca degli affidamenti per il sol fatto del mancato pagamento dei crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell’istanza di nomina dell’esperto e contestuale concessione delle misure protettive è assolutamente conforme alla disciplina delle clausole ipso facto di cui all’art. 7, paragrafo 4, della citata Direttiva Insolvency, fermo restando che “in ogni caso” rispetto a tale divieto opera l’eccezione delle sospensioni e/o revoche disposte per effetto dell’applicazione della disciplina prudenziale. Tale nuovo inciso, introdotto dal “Correttivo 2024”, in coerenza con l’art. 16, comma 5, CCII, vuole evidentemente ancora una volta sottrarre all’effetto di cristallizzazione i contratti di affidamento per i quali i creditori bancari e finanziari abbiano, alternativamente, disposto la sospensione e/o revoca per ragioni di vigilanza prudenziale all’atto di avvio (o anche prima) della Composizione negoziata, oppure vi abbiano provveduto in un momento temporalmente successivo all’avvio della stessa ma pur sempre per ragioni di ordine diverso dal mancato pagamento dei crediti pregressi (i.e. insoluti sui rapporti a breve o medio lungo termine), ovvero per motivi – fondatamente diversi - di vigilanza prudenziale. 
Cosi inquadrata la tematica, risulta interessante – anche alla luce dei primi arresti della giurisprudenza di merito[35] - provare ad identificare in dettaglio quando le ragioni di vigilanza prudenziale assunte a fondamento della sospensione e/o revoca delle linee di affidamento possano o meno essere ritenute legittime, precisando sin d’ora che qualsivoglia sospensione di affidamenti disposta con un generico rimando alla “vigilanza prudenziale” è da ritenersi del tutto illegittima e priva di una vera ed effettiva motivazione[36], cosi come richiesto, invece, oggi dalla previsioni ex artt. 16 e 18 CCII [37]. Ciò ribadito, in termini generali, la sospensione dell’utilizzo di una linea di credito viene disposta allorquando l’intermediario bancario o finanziario, nella valutazione periodica del merito creditizio dei propri clienti affidati, ritenga che sussistano elementi negativi tali da porre a rischio le proprie ragioni di un regolare rimborso del credito. In tale prospettiva, volendo allora provare ad indentificare alcune ipotesi operative, pur senza alcuna pretesa di esaustività, si potrebbe ritenere che la sospensione delle linee di credito, in coerenza con i principi della disciplina prudenziale, possa essere qualificata come legittima allorquando, ad esempio, sia adeguatamente motivata dal ricorrere di una o più delle seguenti fattispecie: 
a) i crediti oggetto di anticipazione si siano rivelati inesistenti;
b) il creditore ha accertato sistematiche “decanalizzazioni” presso altri intermediari delle anticipazioni commerciali concesse;
c) vengono rilevate percentuali di insoluti/impagati crescenti; 
d) vengono accertate iniziative cc.dd. “pregiudizievoli” a carico dell’impresa o dei suoi garanti presso le banche dati (centrale dei rischi di Banca d’Italia o SIC privati) disponibili; 
e) l’impresa affidata perde contratti o appalti di particolare rilevanza sul proprio fatturato; 
f) l’impresa opera in un settore economico esposto ad una forte concorrenza che rischia di non poter sostenere in termini di costi operativi e di prezzi praticati;
g) i bilanci di esercizio non vengono depositati e/o approvati o, ancora, non vengono fornite le informazioni supplementari richieste anche ai fini delle revisioni periodiche dell’impresa affidata; 
h) dall’esame dei documenti di bilancio o situazioni intermedie (ivi incluse quelle prodotte in pendenza di Composizione negoziata) emerge un quadro negativo in termini di capacità dell’impresa di produrre reddito sufficiente a far fronte a tutti i debiti;
i) l’impresa, per il settore in cui opera, risulta esposta a fattori di shock che incidono negativamente sui costi operativi (ad es aumento dei costi energetici o delle materie prime);
j) si è dell’avviso che l’impresa non sia in condizioni di ottenere il rifinanziamento di prestiti prossimi alla scadenza di rimborso alle correnti condizioni di mercato;
k) l’impresa viene coinvolta in operazioni di m&a che impongono una valutazione ex novo della controparte da parte dei creditori finanziari. 
Ricorrendo una o più di tali ipotesi operative, risulta evidente che i creditori finanziari avranno il diritto di poter disporre la sospensione degli affidamenti pendenti in quanto, indipendentemente dal momento temporale in cui interviene la Composizione negoziata, emergono elementi di criticità tali da imporre – secondo il principio di “sana e prudente gestione”, nonché in aderenza alla disciplina prudenziale innanzi citata -, la sospensione del rapporto contrattuale pendente (soprattutto in termini di utilizzo dell’eventuale margine disponibile sul totale accordato delle c.d. linee di funzionamento o, ancora, di quel margine di accordato che si dovesse ripristinare dopo la ricezione di incassi su crediti anticipati)[38]. 
La disciplina prudenziale non solo impone a banche ed intermediari finanziari di valutare in fase genetica del rapporto di affidamento la meritevolezza creditizia delle imprese, ma richiede che tale valutazione venga fatta in maniera continuativa per l’intera durata della relazione contrattuale, al fine di assicurare il più efficace presidio del “rischio di credito” e, di riflesso, la puntuale rilevazione delle esposizioni creditizie deteriorate e relativi esercizi di impairment, nella prospettiva di perseguire l’obiettivo fondamentale della trasparenza e la resilienza dei bilanci bancari, affinché gli stessi siano sempre in grado di assorbire patrimonialmente le perdite eventuali che dovessero emergere a fronte di inadempimenti e/o default delle controparti affidate. 
Diversamente ragionando, una sterilizzazione tout court della facoltà per i creditori finanziari di procedere con la sospensione delle linee di credito avrebbe portato al paradossale esito di obbligare questi ultimi a mantenere il sostegno finanziario a controparti allocate a default con un merito creditizio in grave e rapido scadimento, in totale disallineamento con i principi della disciplina prudenziale e, per giunta, con il rischio di contestazioni successive - in caso di sopravvenute liquidazioni giudiziali - promosse dalle curatele in termini di abusiva concessione del credito[39]. Si realizzerebbe, come efficacemente sintetizzato in dottrina[40], quel fenomeno della c.d. “finanza coattiva” rispetto al quale banche e intermediari finanziari non possono che dissentire! 
D’altro canto, è altrettanto evidente che l’eventuale disposta sospensione delle linee di credito non potrà essere temporalmente illimitata; in tale prospettiva, l’art. 18, comma 5 bis, CCII – introdotto ex novo dal “Correttivo 2024”prova a governare tale fattispecie soprattutto con riguardo all’ipotesi in cui la sospensione delle linee di credito sia stata disposta dai creditori finanziari non già per ragioni di ordine prudenziale, ma in attesa della conferma delle misure protettive richieste dall’impresa che ha fatto istanza di accesso alla Composizione negoziata. 
Infatti, l’eventuale sospensione disposta da banche e intermediari finanziari viene – di fatto – sterilizzata nel momento in cui interviene la conferma delle misure protettive e pertanto i creditori finanziari avranno l’obbligo di revocare la sospensione degli utilizzi disposta e consentire all’impresa di poter riprendere ad utilizzare le linee di credito in essere (ad es utilizzando il margine disponibile sulle linee di cassa pendenti o, ancora, effettuando nuove presentazioni di portafoglio al salvo buon fine nel momento in cui si creasse nuova disponibilità sulla linea a seguito dell’incasso di precedenti anticipazioni)[41]. Diversamente, potranno confermare la sospensione delle linee di credito accordate ove dovessero ricorrere ragioni di ordine diverso, ovvero le ragioni di vigilanza prudenziale adeguatamente identificate e poste alla base della motivazione assunta a fondamento della sospensione medesima[42]. Ne consegue che dal punto di vista degli intermediari finanziari il ricorso alla facoltà di sospensione ai sensi dell’art. 18, comma 5, CCII ovvero sino a conferma delle misure protettive, in assenza di diverse motivazioni, sarà pressoché nullo in quanto si tratta di una misura temporalmente limitata. 
La previsione in commento, tuttavia, risulta di particolare interesse, al pari di quanto disposto dal successivo comma 5 bis, in quanto strettamente connessa alla innovazione apportata all’art. 22, comma 1 lett. a) CCII in tema di autorizzazione del Tribunale alla contrazione di finanziamenti prededucibili. Come già accennato, il Tribunale potrà autorizzare l’impresa in Composizione negoziata, ai fini del riconoscimento del “superprivilegio” della prededuzione, non più solo a contrarre finanziamenti nuovi rispetto alle linee di credito pregresse (e, quindi, anche con nuove controparti) ma potrà, ove richiesto, anche autorizzare l’accordo con la banca e l’intermediario finanziario alla riattivazione delle linee di credito sospese. 
E’ una novità di estremo interesse per i creditori finanziari già esposti verso l’impresa in Composizione negoziata che dovrebbe dagli stessi essere attentamente vagliata. Questi intermediari, infatti, si potrebbero trovare dinanzi ad una duplice prospettiva: 
a) dopo aver disposto la sospensione delle linee di credito per ragioni di vigilanza prudenziale, nel corso delle trattative instaurate nella Composizione negoziata, si rendono disponibili a ripristinare l’utilizzo delle stesse richiedendo all’impresa l’ottenimento dell’autorizzazione del Tribunale alla concessione del beneficio della prededuzione (oltre alle eventuali ulteriori garanzie che venissero negoziate tra le parti); 
b) mantengono ferma la sospensione disposta per ragioni di vigilanza prudenziale e non si rendono disponibili ad alcun accordo per la loro riattivazione[43]. 
Nella prima ipotesi, i creditori finanziari che hanno disposto per ragioni di vigilanza prudenziale la sospensione delle rispettive linee di credito, una volta instaurata la Composizione negoziata ed avuto accesso a tutte le informazioni di dettaglio circa l’impresa e le azioni intraprese o da intraprendere per il superamento della situazione di difficoltà finanziaria nonché verificata la capacità dell’impresa di produrre stabili e certi flussi di cassa a servizio della complessiva debitoria potrebbero – in coerenza con la citata disciplina di vigilanza prudenziale – ritenere sussistente un merito creditizio in capo all’impresa e, quindi, rendersi disponibili ad una riattivazione delle linee sospese. 
E’ chiaro che ciò dovrebbe avvenire non per conseguire l’obiettivo di veder riconosciuto il beneficio della prededuzione sulle proprie linee di credito: piuttosto dovrebbe essere – in via principale – l’esito di una positiva verifica del “Piano” proposto, delle prospettive di risanabilità dell’impresa, della sua capacità di produrre sufficiente cash flow a servizio del regolare rimborso del debito nonché, da ultimo ed in via residuale, l’acquisizione della garanzia “aggiuntiva” della prededuzione. 
Per tal via, si conseguirebbe il duplice obiettivo di assicurare il mantenimento del necessario supporto finanziario all’impresa che accede alla Composizione negoziata e, al contempo, permettere ai creditori finanziari di acquisire garanzie aggiuntive sulle proprie esposizioni idonee a mitigare il rischio di un loro non integrale rimborso nonché l’esimente dal rischio di responsabilità per abusiva concessione di credito cosi come espressamente sancito dalla norma[44]. 
Nel momento in cui ciò avvenisse e, quindi, il Tribunale autorizzasse l’accordo negoziato tra le parti per la riattivazione delle linee precedentemente sospese, anche in tale circostanza, si riproporrebbe il tema di quale sarebbe la classificazione più coerente da applicare all’esposizione creditizia. La risposta appare relativamente facile: se la banca o l’intermediario hanno valutato positivamente lo stato di salute dell’impresa e la capacità ed idoneità del “Piano” a superare la momentanea situazione di difficoltà finanziaria, tanto da rendersi disponibili a riattivare le linee di credito precedentemente sospese, la classificazione più coerente dovrebbe essere quella di credito allocato in Stage 2 (crediti underperforming), assicurando un attento costante monitoraggio al fine di verificare la puntuale realizzazione del piano di risanamento e il regolare rimborso della debitoria e di ogni altro impegno assunto dall’impresa debitrice. Alternativamente, la posizione potrebbe anche essere classificata in Stage 3 (crediti a default), ovvero ad inadempienza probabile (unlikely to pay), allorquando si siano verificati inadempimenti o, peggio, il “Piano” inizialmente regolare nella sua execution incontri delle difficolti realizzative sopravvenute. Di contro è da escludere in modo assoluto che ricorrendo la descritta ipotesi operativa la posizione di rischio possa essere allocata a “sofferenza”. 
Ricorrendo la seconda ipotesi, i creditori finanziari che avessero disposto la sospensione delle linee di credito per ragioni di vigilanza prudenziale, fermo restando il dovere di comunicare ed adeguatamente motivare la stessa agli organi di amministrazione e controllo dell’impresa[45], ove dovessero confermare la sospensione disposta e, quindi, non si dovessero rendere disponibili ad un “accordo” con l’imprenditore per la riattivazione delle linee di credito, non potrebbero certamente mantenere una classificazione in bonis della posizione di rischio, ma dovrebbero procedere ad una sua revisione e conseguente diversa classificazione (in peius). Il perdurare della sospensione, infatti, per l'intera durata della Composizione negoziata, comporterà inevitabilmente lo scadimento della posizione di rischio e, di conseguenza, si dovrà procedere  con l’apposizione dell’esposizione in Stage 3 (crediti a default), de minimis nella categoria inadempienza probabile (unlikely to pay), a seconda tanto delle garanzie che assistono i rispettivi crediti, quanto e, soprattutto, delle concrete prospettive di rimborso totali e/o parziali delle proprie esposizioni previste dal “Piano” di risanamento oggetto di definizione nell’ambito della Composizione negoziata. 
In altri termini, l’unico risultato che questi intermediari avrebbero conseguito sarebbe quello di aver cristallizzato la propria esposizione creditoria verso l’impresa in difficoltà, evitando maggiori utilizzi e, di riflesso, maggiori accantonamenti sul presupposto di non ritenere concretamente realizzabile il piano ad essi proposto. Un simile approccio, tuttavia, non rischia soltanto di produrre delle conseguenze negative sul bilancio di detti intermediari, ma anche di pregiudicare le concrete prospettive di successo dell’intrapresa Composizione negoziata. 

Note:

[1] 
Successivamente convertito dalla legge 21 ottobre 2021, n. 147, pubblicata in G.U., Serie gen., ottobre 2021, n. 254 
[2] 
A. Ghedini, M.L. Russotto, L’istituto della composizione negoziata della crisi, in Dirittodellacrisi.it, 2021.
[3] 
Pubblicato in G.U., Serie gen., 27 settembre 2024, 27 settembre 2024, n. 227.
[4] 
I Pagni, Il Decreto correttivo legislativo 13 settembre 2024 n. 136, una guida alla lettura, in Dirittodellacrisi.it, 2024; L. Panzani, Lo schema di decreto correttivo del codice della crisi. Prime considerazioni, in Dirittodellacrisi.it, luglio 2024.
[5] 
Cfr. art. 2, comma 2, lett. m bis) del D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14. In dottrina, vedasi V. Zanichelli, Commento a prima lettura del decreto legislativo 17 giugno 2022 n. 83 pubblicato in GU il 1 luglio 2022, in Dirittodellacrisi.it, 2022.
[6] 
In giurisprudenza vedasi: Trib. Padova, 25 settembre 2023, in Dirittodellacrisi.it; Trib. Verona, 22 gennaio 2024, in Dirittodellacrisi.it; Trib. Modena, 22 giugno 2024; Trib. Parma, gennaio 2025; Trib. Nola, 23 gennaio 2025, inedita.
[7] 
Cfr., Corte Suprema di Cassazione Ufficio del Massimario e del ruolo - Relazione su novità normativa. Reazione n. 10 Roma, 30 gennaio 2025 - Red. Alessandro Farolfi e Guido Romano - Oggetto: fallimento ed altre procedure concorsuali - in genere - Correttivo ter al Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza - Modifiche e finalità del d.lgs. n. 136 del 2024.
[8] 
Cfr., S. Rizzo, Il quadro regolamentare delle esposizioni bancarie verso imprese in crisi, in Dirittodellacrisi.it, settembre 2023; ID, in S. Bonfatti, R. Guidotti, M. Tarabusi, a cura di, Il ruolo dell’Esperto nella Composizione Negoziata per la Soluzione della Crisi d’Impresa, Torino, 2023, 307 ss. 
[9] 
Cfr. art. 12, comma 1, D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14.
[10] 
Cfr., G. Buffelli, Gli adeguati assetti alla luce del correttivo ter (D.Lgs. n. 136/2024), in Dirittodellacrisi.it, ottobre 2024; Id, Assetti organizzativi, amministrativi contabili, tra check list operative e autodiagnosi, in Dirittodellacrisi.it, marzo 2025; A. Panizza, Adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili e codice della crisi: aspetti (teorici ed) operativi, in S. Ambrosini, (a cura di), Assetti aziendali, crisi d’impresa e responsabilità della banca, Pisa, 2023. 
[11] 
Per i crediti allocati in Stage 2, la perdita attesa verrà misurata su un orizzonte temporale che copre l’intera durata del credito sino alla sua scadenza (lifetime expected loss). In altri termini, ai sensi del principio IFRS9, l’accantonamento che gli intermediari saranno chiamati ad effettuare per le posizioni di credito allocate in detto stage, sarà ben più consistente giacché lo stesso – ovvero la stima di perdita attesa – non sarà calcolata su di un orizzonte temporale di 12 mesi (come nello stage 1) ma sull’intera durata residua del credito.
[12] 
Cfr. L. Panzani, I contratti pendenti nella composizione negoziata con speciale riferimento ai rapporti di credito bancario, in Dirittodellacrisi.it, 2023; E. Bissocoli, A. Turchi, Il ruolo dei creditori finanziari nella composizione negoziata: opportunità, rischi e proposta di linee guida, in Ristr. aziendali, 2022, p. 29 ss.; G. Presti, Le banche e la composizione negoziata della crisi, in Dirittodellacrisi.it, 2023.
[13] 
A contrario, il ricorso a misure protettive e/o cautelari contro i creditori finanziari sono certamente sintomatiche di una situazione di crisi o di insolvenza ben più seria.
[14] 
Nel terzo stage, infine, rientreranno tutti quei crediti per i quali l’aumento della rischiosità, dal momento della rilevazione iniziale (ovvero alla data di loro erogazione), è stato così alto da far considerare le attività impaired, per le quali si sono verificati eventi tali da incidere negativamente sui flussi di cassa stimati futuri, come un mancato o ritardato pagamento. 
Per tale categoria di crediti la perdita di valore – di tipo lifetime – andrà valutata in maniera analitica sulla base delle previsioni di recupero stimate, considerando i termini contrattuali dei crediti e le eventuali garanzie che assistono l’esposizione creditizia. Più in dettaglio, banche ed intermediari saranno chiamati ad applicare il principio della rappresentazione veritiera e corretta sia per la stima dei flussi di cassa futuri sia per la valutazione delle garanzie reali. Il valore recuperabile stimato dovrà corrispondere all’importo calcolato tramite i criteri seguenti: a) il valore attuale dei flussi di cassa futuri stimati (escluse le perdite future non sostenute) attualizzato al tasso di interesse effettivo originale dell’attività finanziaria; b) la stima del valore recuperabile di un’esposizione assistita da garanzia riflette i flussi di cassa che possono derivare dalla liquidazione della garanzia. La stima dei flussi di cassa futuri andrà effettuata sulla base di due approcci generali: 
1. in uno scenario di continuità operativa (going concern), si assume che i flussi di cassa operativi del debitore, o del garante “effettivo”, continuino a essere prodotti e possano essere utilizzati per rimborsare il debito finanziario a tutti i creditori. Tale approccio implica che le banche debbano svolgere un esame molto approfondito della situazione finanziaria del debitore, dei flussi di cassa disponibili, degli indicatori finanziari, dei piani aziendali, per determinare i flussi di cassa futuri più realisticamente percepibili (così di fatto rendendo fondamentale la disponibilità di previsioni finanziarie per la valutazione delle esposizioni, in altri termini un costante e continuo flusso informativo tra impresa e banca); 
2. in uno scenario di cessazione dell’attività (gone concern) le garanzie sono invece escusse e i flussi di cassa operativi del debitore vengono meno.
[15] 
Il tema riveste una particolare rilevanza con riguardo, ad esempio, alle linee di credito a medio e lungo termine assistite da garanzie pubbliche (Fondo di Garanzia di Medo Credito Centrale ex Legge n. 662/96, garanzie rilasciate da Sace, garanzie rilasciate da Simest) rispetto alle quali il profilo della massima durata prorogabile della garanzia è un tema particolarmente delicato, pena il rischio di invalidazione della stessa.
[16] 
Significative in questo senso sono le indicazioni fornite dall’EBA nei propri Orientamenti (ABE/GL/2020/06) del 29 maggio 2020 in tema di concessione e monitoraggio dei prestiti. 
[17] 
Non sfugga peraltro che tipicamente i primi impegni finanziari che vengono sospesi da un’impresa in crisi sono proprio quelli verso le banche (perlomeno quelle con esposizioni residuali e/o che si stima non possano essere interessate a supportare l’azienda verso un percorso di ristrutturazione) ed il fisco. 
[18] 
Particolarmente interessati in tale prospettiva sono le previsioni di cui alle Guidelines EBA sull’applicazione della nozione di default ai sensi dell’art. 178 del Regolamento 575/2013, EBA/GL2016/07, del 18.01.2017, al cui Capitolo 5 – Indicazioni dell’improbabile adempimento, ove vengono censite numerosi eventi che possono essere ritenuti indicativi di uno scadimento del merito creditizio della controparte affidata e, pertanto, indicativi dell’improbabile adempimento delle obbligazioni assunte.
[19] 
Il riferimento più immediato è alla Circolare n. 272/2008 di Banca d’Italia, Avvertenze generali, Sezione B, § 2, “Qualità del Credito”. Si precisa che la regolamentazione citata non è ancora stata oggetto di aggiornamento da parte di Banca d’Italia al fine di fornire indicazioni puntuali agli intermediari con riguardo alla disciplina in esame. Per un commento a tale disciplina vedasi, S. Bonfatti, S. Rizzo L’aggiornamento delle Disposizioni di Vigilanza di Banca d’Italia sulla classificazione dei finanziamenti alle imprese in crisi: un’occasione mancata?, in Dirittodellacrisi.it, 2024.
[20] 
In una prospettiva più generale, emerge in maniera prepotente il perdurare di difettoso coordinamento tra gli obiettivi propri della disciplina concorsuale e quelli della disciplina “prudenziale”: per quest’ultima, poco o nulla interessa la corretta qualificazione giuridica dei presupposti di accesso alla Composizione negoziata, ciò che conta è la puntuale e tempestiva rilevazione degli eventi di rischio sulle esposizioni creditizie e, quindi, la necessità di adeguati accantonamenti a presidio del rischio di credito. Ritenere, pertanto, che banche ed intermediari possano – anche dinanzi alla Vigilanza – sostenere la classificazione in bonis e/o underperforming (stage 2 secondo il principio IFRS9) di esposizioni creditizie verso imprese che accedono alla Composizione negoziata, seppur limitatamente alla fase introduttiva della stessa, rischia di essere non del tutto compliant rispetto alla disciplina prudenziale, nonché esporre i medesimi anche ad inutili rischi di tipo sanzionatorio/reputazionale. 
[21] 
Per una puntuale ricognizione sul punto vedasi S. Bonfatti, Il sostegno finanziario alle imprese in crisi. Finanziamenti pendenti e nuove erogazioni, Pacini, Pisa, 2022.
[22] 
Cfr., S. Rizzo, Il quadro regolamentare delle esposizioni bancarie, cit., in cui si ebbe già occasione di evidenziare, la modifica va nel senso di replicare, nella disciplina della Composizione negoziata, con specifico riguardo alla autorizzazione giudiziale alla assunzione di finanziamenti prededucibili, quanto era previsto dall’art. 182 quinquies, comma 3, ultimo periodo, L. fall., il quale prevedeva la possibilità di autorizzazione giudiziale al “mantenimento delle linee di credito” in prededuzione. Ciò per una duplice ragione (anche pratica): 
1. simile previsione avrebbe maggiormente incentivato le banche e gli intermediari già esposti verso l’impresa a partecipare con ancora più interesse alla Composizione (la quale, lo ricordiamo, ha per fine ultimo quello di favorire il superamento della situazione di crisi o di insolvenza), in quanto avrebbero potuto, acquisendo “anche” la prededuzione, continuare a prestare il sostegno finanziario necessario; 
2. pare francamente difficile che l’impresa possa, nei termini di 180 giorni di durata massima della procedura di composizione negoziata, individuare sul mercato altre banche o intermediari interessati a concedere “nuova finanza” per il sol fatto di essere in prededuzione.
[23] 
 R. D’Alonzo La composizione negoziata nell’era del D.Lgs. 136 del 2024, in Dirittodellacrisi.it, settembre 2024. 
[24] 
Cfr, Considerando n. 66 della Direttiva Insolvency il quale dispone che: “Il successo del piano di ristrutturazione spesso dipende dal fatto che l'assistenza finanziaria è erogata al debitore per sostenere, in primo luogo, l'operatività dell'impresa durante le trattative di ristrutturazione e, in secondo luogo, l'attuazione del piano di ristrutturazione dopo l'omologazione. L'assistenza finanziaria dovrebbe essere intesa in senso lato, compreso nel senso di erogare denaro o garanzie personali e di fornire giacenze, inventari, materie prime e servizi, ad esempio concedendo al debitore un termine di rimborso più lungo. I finanziamenti temporanei e i nuovi finanziamenti dovrebbero pertanto essere esclusi dalle azioni revocatorie volte a dichiararli nulli, annullabili o inopponibili in quanto atti pregiudizievoli alla massa dei creditori nell'ambito di successive procedure di insolvenza”.
[25] 
In questa prospettiva, sicuramente apprezzabile è l’esimente introdotta all’art. 16, comma 5, nonché all’art. 18, commi 5 e 5 bis, ove viene sancito che: “la prosecuzione del rapporto non è di per sé motivo di responsabilità della banca o dell’intermediario finanziario”. 
[26] 
Cfr., Guidelines EBA sull’applicazione della nozione di default ai sensi dell’art. 178 del Regolamento 575/2013, Paragrafo 7 – Criteri per il ritorno ad uno stato di non default.
[27] 
Con il Reg. UE n. 630/2019 è stata introdotta una nuova disciplina in tema di copertura minima per gli NPL, la quale impone un sistema di deduzione dal Common Equity Tier 1 (CET1) di ciascuna banca nella misura in cui non siano stati raggiunti determinati livelli di copertura minimi previsti dalla nuova normativa. Tale quadro regolamentare, inserito nel “primo pilastro”, non prevede margini di flessibilità (al contrario, quindi, delle aspettative di vigilanza di cui all’Addendum del 2018 della BCE) e si applica ai soli NPL generati da crediti erogati a partire dal 26 aprile 2019. In proposito la BCE, con la Comunicazione in merito alle aspettative di Vigilanza sulla copertura delle NPE, dell’agosto 20219 ha avuto cura di illustrare le tre le principali differenze tra il trattamento delle NPE nell’ambito del “primo pilastro”, ai sensi del CRR, e l’approccio di “secondo pilastro”. Innanzitutto, il trattamento di “primo pilastro” definito dal CRR impone a tutte le banche di effettuare una deduzione dai fondi propri in modo automatico ove le esposizioni deteriorate non siano sufficientemente coperte da accantonamenti o altre rettifiche. Non hanno invece natura vincolante e seguono un approccio in tre fasi le aspettative di vigilanza della BCE riguardo agli accantonamenti prudenziali nell’ambito del “secondo pilastro”. In particolare, le aspettative comunicate 1) costituiscono il punto di partenza del dialogo di vigilanza e 2) dipendono da una valutazione caso per caso sulla scorta di una discussione approfondita nel corso del dialogo di vigilanza (inclusa un’analisi delle circostanze specifiche della singola banca); infine, 3) una misura di vigilanza di secondo pilastro può essere applicata nel contesto del ciclo SREP. In secondo luogo, il trattamento di “primo pilastro” definito dal CRR e l’approccio di vigilanza relativo agli NPL nuovi e pregressi nell’ambito del “secondo pilastro” differiscono leggermente in termini di calibrazione del calendario: 2/7 anni di anzianità per le NPE non garantite/garantite nell’ambito del “secondo pilastro” rispetto a 3/7/9 anni di anzianità per le NPE non garantite/garantite (con garanzie non immobiliari) /garantite con garanzie immobiliari. Inoltre differiscono anche i percorsi per la realizzazione degli aggiustamenti nel caso dell’approccio di secondo pilastro della BCE e la piena applicazione nell’ambito del “primo pilastro” (ossia copertura al 100%). In terzo luogo, vi è una significativa differenza in termini di ambito di applicazione: il trattamento di “primo pilastro” riguarda, infatti, soltanto le NPE che deriveranno da nuovi prestiti erogati a partire dal 26 aprile 2019, mentre non si applicherà mai 1) alle consistenze già esistenti di NPE e 2) all’intera popolazione dei crediti in bonis presenti nei bilanci degli enti creditizi che sono stati generati prima del 26 aprile 2019 e in futuro potrebbero diventare NPE. Tale differenza acquista particolare rilevanza se si considerano i tempi necessari affinché una banca realizzi il portafoglio di crediti in bonis corrente: nell’arco di tale periodo, shock macroeconomici potrebbero avere un impatto avverso sulla qualità creditizia delle esposizioni in bonis sorte prima del 26 aprile 2019.
[28] 
Cfr., Corte Suprema di Cassazione Ufficio del Massimario e del ruolo - Relazione su novità normativa. Reazione n. 10 Roma, 30 gennaio 2025, cit., ove a pag. 11 si evidenzia: “(…) La relazione illustrativa evidenzia che, per tentare di far fronte alle criticità che discendono dal suddetto sistema, è stato precisato, da un lato, il rapporto tra accesso alle trattative e normativa prudenziale bancaria – al fine di tutelare gli istituti di credito rispetto agli obblighi europei cui sono soggetti al fine di tutelare la propria integrità patrimoniale -, stabilendo espressamente che l’accesso alla composizione di per sé non porta ad una diversa classificazione del credito. In tal modo si sottolinea la necessità che gli istituti bancari valutino, di volta in volta, se l’impresa che apre le trattative si trovi effettivamente in una situazione di difficoltà tale da determinare l’applicazione della normativa prudenziale, tenuto conto delle sue condizioni ma anche e soprattutto del progetto di piano che viene depositato e quindi delle concrete prospettive di risanamento (…). Ed ancora “(…) La ratio di questa disciplina è evidente: il legislatore vuole evitare che la volontaria manifestazione delle situazione da parte dell’imprenditore abbia l’effetto, come purtroppo assai spesso si rileva nella pratica, di innescare una reazione difensiva da parte del ceto bancario che porti a una frenetica riduzione del rischio, con sospensioni e revoche di linee di credito e il tentativo di recuperare urgentemente il proprio credito, giustificandosi con la necessità di conformarsi ai regolamenti interni e alla disciplina di vigilanza prudenziale. In questo contesto, oggi la disclosure dell’imprenditore sulle proprie difficoltà finanziarie rischia spesso di trasformarsi in una vera e propria profezia auto-avverante (…)”. 
[29] 
Cfr., S. Bonfatti, La disciplina e gli effetti della prosecuzione dei contratti bancari pendenti nella composizione negoziata della crisi d’impresa, in Dirittodellacrisi.it, marzo 2023; S. Bonfatti, S. Rizzo, La vigilanza prudenziale nel Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Dirittodellacrisi.it, dicembre 2022.
[30] 
Simile previsione richiama immediatamente l’analogo obbligo informativo previsto per banche ed intermediari finanziari dall’art. 25 decies del Codice della Crisi anch’esso riformulato dal Correttivo ter.
[31] 
Cfr., G. Cecchini, I contratti asimmetrici nella composizione negoziata, in Dirittodellacrisi.it, novembre 2021; L. Panzani, I contratti bancari pendenti nella composizione negoziata, cit. 
[32] 
Cfr., G. Cecchini, I contratti asimmetrici, cit., il quale in maniera condivisibile evidenzia che: “(…) all’inciso “di per sé” occorre attribuire il significato che qualora concorrano altri elementi patologici per così dire di diritto comune (ad esempio esistenza di protesti, presentazione di fatture false o doppia presentazione), l’affidamento potrà essere revocato. (…)”.
[33] 
Tale previsione è ulteriormente rafforzata dai paragrafi 56 e 57 delle Guidelines di Eba sulla nozione di default: Ai fini dell’improbabile adempimento di cui all’art. 178, paragrafo 3, lettere e) e f), del regolamento (UE) n. 575/2013, gli enti dovrebbero specificare chiaramente nelle rispettive politiche interne quale tipo di accordo è considerato come un provvedimento o come tutela analoga al fallimento, tenendo conto di tutti i relativi quadri giuridici e delle caratteristiche tipiche di tale tutela: 
(a) il sistema di tutela comprende tutti i creditori o tutti i creditori con crediti non garantiti; 
(b) i termini e le condizioni del sistema di tutela sono approvate dal giudice o da altra autorità competente; 
(c) i termini e le condizioni del sistema di tutela comprendono una sospensione temporanea dei pagamenti o l’estinzione parziale del debito; 
(d) le misure comportano una qualche forma di controllo sulla gestione della società e delle sue attività; 
(e) nel caso in cui il sistema di tutela fallisca, l’impresa sarebbe a rischio di liquidazione. 
57. Gli enti dovrebbero trattare tutti gli accordi di cui all’allegato A del regolamento (UE) n. 2015/8485 come un provvedimento o una tutela analoga al fallimento.
[34] 
Cfr., S. Bonfatti, S. Rizzo, La vigilanza prudenziale nel Codice, cit., ove si è già ampiamento precisato che non vi è alcuna disposizione di disciplina prudenziale che imponga a banche ed intermediari, al ricorrere di una determinata circostanza, un dovere di facere, ovvero di disporre la sospensione e/o la revoca delle linee di credito pendenti.
[35] 
In giurisprudenza vedasi la recentissima pronuncia del Tribunale di Torino 10 febbraio 2025, in ItaliaOggi, 28 marzo 2025 il quale ha disposto che: “la sospensione degli affidamenti che non appaia motivata sulla base della disciplina di vigilanza prudenziale e basata sul mancato gradimento del contenuto del progetto di piano, o non indirizzata agli organi di amministrazione e controllo, giustifica l’inibizione della banca e la revoca delle sospensioni delle linee di credito”.
[36] 
Cfr., L. De Gennaro, Le misure protettive e cautelari nella Composizione negoziata, in Dirittodellacrisi.it, 2024, la quale in proposito evidenzia che: “(…) La disposizione prevede poi un’inversione dell’onere della prova a carico della banca: mentre, infatti, fuori dalla composizione negoziata è onere del debitore provare la contrarietà a buona fede della condotta della banca che revochi le linee di credito, durante la composizione negoziata è, invece, onere della banca motivare le ragioni della revoca, che deve fondarsi su fatti diversi dal mero accesso alla composizione negoziata o deve essere comunque imposta dalla disciplina di vigilanza prudenziale. (…)”. 
[37] 
Tale considerazione è ancora più vera nel momento in cui si rammenta che nel complesso regolamentare della c.d. vigilanza prudenziale non sono rinvenibili disposizioni che impongono espressamente agli intermediari quando “sospendere” o “revocare” una linea di credito. 
[38] 
Un simile rimedio, peraltro, è già previsto dal codice civile in tema di contratti; l’art. 1461 c.c. infatti prevede espressamente che “ciascun contraente può sospendere l'esecuzione della prestazione da lui dovuta, se le condizioni patrimoniali dell'altro sono divenute tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione, salvo che sia prestata idonea garanzia”. Anche in tale fattispecie la sospensione viene ammessa e giustificata nella misura in cui ricorre un mutamento in peius delle condizioni patrimoniali della controparte che rischiano di porre in pericolo il conseguimento dell’attesa controprestazione.
[39] 
Fenomeno, quest’ultimo, che sta conoscendo un significativo aumento in relazione in particolare alla concessione di finanziamenti ai sensi della disciplina emergenziale promulgata durante la pandemia Covid.
[40] 
S. Bonfatti, La disciplina e gli effetti della prosecuzione dei contratti bancari, cit. 
[41] 
Ricorrendo simile circostanza, banche e intermediari subiranno di fatto l’utilizzo delle linee loro linee di credito sotto lo specifico profilo della classificazione delle rispettive esposizioni creditizie, ove dovessero aver già allocato l’esposizione complessiva in Stage 3 – credito a default, dovranno anche in questo caso effettuare un esercizio di revisione della posizione funzionale a condurre accantonamenti analitici sulla base delle previsioni di recuperabilità o meno dei rispettivi crediti) con l’ulteriore conseguenza per cui, in caso di utilizzi parziali delle linee di credito al momento della sospensione, con la successiva intervenuta conferma delle misure protettive, le linee di credito dovranno essere rese nuovamente disponibili nella misura dell’”accordato” pendente al momento dell’accesso alla Composizione negoziata e, di riflesso, aumenteranno potenzialmente gli accantonamenti di capitale richiesti. 
[42] 
Tale esigenza risulta di particolare importanza in quanto, ove la motivazione adottata fosse generica e/o del tutto assente o, ancora, venisse integrata nei sottostanti ragioni solo a seguito di contestazioni/eccezioni sollevate dell’impresa oltre che dallo stesso Esperto, i creditori finanziari rischiano di veder travolta la disposta sospensione delle linee di credito per intervento del Tribunale a cui l’impresa ricorrerebbe richiedendo misure cautelari ad hoc finalizzate a travolgere la sospensione delle linee di credito.
[43] 
Al contempo, la previsione di cui all’art. 22, comma 1, lett. a) non dovrebbe trovare applicazione nella diversa ipotesi in cui banche e intermediari finanziari hanno disposto la sospensione delle linee di credito “fino a conferma delle misure protettive” e, successivamente, ne subiscono la riattivazione coatta con la conferma delle misure protettive. In tale situazione, non pare possibile configurare un “accordo” cosi come indicato dall’art. 22, comma 1, lett. a) perché i creditori finanziari hanno l’obbligo di rendere nuovamente disponibili le linee precedentemente sospese. Semmai sarebbe ipotizzabile un “accordo” per il riconoscimento del beneficio della prededuzione nell’ipotesi di aumento dell’accordato rispetto all’accordato esistente alla data di accesso alla Composizione negoziata; in tal caso, la prededuzione ovviamente verrebbe riconosciuta solo in ordine al nuovo accordato concesso e non già all’intera esposizione.
[44] 
La previsione si pone in una continuità logica con quanto disposto dall’art 16, comma 5, CCII laddove pone il divieto di procedere a diversa classificazione e/o sospendere le linee di credito per la mera notizia dell’accesso da parte dell’impresa alla Composizione negoziata. La norma infatti vuole evitare “fughe in avanti” da parte delle banche e degli intermediari finanziari chiedendo loro di attendere l’avvio concreto della Composizione negoziata; una volta che quest’ultima si sarà sviluppata essi potranno maturare le proprie considerazioni (positive o negative che siano) e, di conseguenza, potranno procedere con la diversa classificazione dei propri crediti.
[45] 
Il riferimento all’organo di controllo contenuto nell’art. 16, comma 5, CCII deve essere coordinato con l’analoga previsione – per banche e intermediari – disciplinata dal successivo art. 25 decies CCII anch’esso oggetto di revisione da parte del Decreto Correttivo. Cfr. S. Rizzo, Brevi note sugli obblighi di comunicazione previsti per banche e intermediari finanziari nel Codice della Crisi, in Dirittodellacrisi.it, marzo 2023.

informativa sul trattamento dei dati personali

Articoli 12 e ss. del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR)

Premessa - In questa pagina vengono descritte le modalità di gestione del sito con riferimento al trattamento dei dati personali degli utenti che lo consultano.

Finalità del trattamento cui sono destinati i dati personali - Per tutti gli utenti del sito web i dati personali potranno essere utilizzati per:

  • - permettere la navigazione attraverso le pagine web pubbliche del sito web;
  • - controllare il corretto funzionamento del sito web.

COOKIES

Che cosa sono i cookies - I cookie sono piccoli file di testo che possono essere utilizzati dai siti web per rendere più efficiente l'esperienza per l'utente.

Tipologie di cookies - Si informa che navigando nel sito saranno scaricati cookie definiti tecnici, ossia:

- cookie di autenticazione utilizzati nella misura strettamente necessaria al fornitore a erogare un servizio esplicitamente richiesto dall'utente;

- cookie di terze parti, funzionali a:

PROTEZIONE SPAM

Google reCAPTCHA (Google Inc.)

Google reCAPTCHA è un servizio di protezione dallo SPAM fornito da Google Inc. Questo tipo di servizio analizza il traffico di questa Applicazione, potenzialmente contenente Dati Personali degli Utenti, al fine di filtrarlo da parti di traffico, messaggi e contenuti riconosciuti come SPAM.

Dati Personali raccolti: Cookie e Dati di Utilizzo secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio.

Privacy Policy

VISUALIZZAZIONE DI CONTENUTI DA PIATTAFORME ESTERNE

Questo tipo di servizi permette di visualizzare contenuti ospitati su piattaforme esterne direttamente dalle pagine di questa Applicazione e di interagire con essi.

Nel caso in cui sia installato un servizio di questo tipo, è possibile che, anche nel caso gli Utenti non utilizzino il servizio, lo stesso raccolga dati di traffico relativi alle pagine in cui è installato.

Widget Google Maps (Google Inc.)

Google Maps è un servizio di visualizzazione di mappe gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

Dati Personali raccolti: Cookie e Dati di Utilizzo.

Privacy Policy

Google Fonts (Google Inc.)

Google Fonts è un servizio di visualizzazione di stili di carattere gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

Dati Personali raccolti: Dati di Utilizzo e varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio.

Privacy Policy

Come disabilitare i cookies - Gli utenti hanno la possibilità di rimuovere i cookie in qualsiasi momento attraverso le impostazioni del browser.
I cookies memorizzati sul disco fisso del tuo dispositivo possono comunque essere cancellati ed è inoltre possibile disabilitare i cookies seguendo le indicazioni fornite dai principali browser, ai link seguenti:

Base giuridica del trattamento - Il presente sito internet tratta i dati in base al consenso. Con l'uso o la consultazione del presente sito internet l’interessato acconsente implicitamente alla possibilità di memorizzare solo i cookie strettamente necessari (di seguito “cookie tecnici”) per il funzionamento di questo sito.

Dati personali raccolti e natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati e conseguenze di un eventuale rifiuto - Come tutti i siti web anche il presente sito fa uso di log file, nei quali vengono conservate informazioni raccolte in maniera automatizzata durante le visite degli utenti. Le informazioni raccolte potrebbero essere le seguenti:

  • - indirizzo internet protocollo (IP);
  • - tipo di browser e parametri del dispositivo usato per connettersi al sito;
  • - nome dell'internet service provider (ISP);
  • - data e orario di visita;
  • - pagina web di provenienza del visitatore (referral) e di uscita;

Le suddette informazioni sono trattate in forma automatizzata e raccolte al fine di verificare il corretto funzionamento del sito e per motivi di sicurezza.

Ai fini di sicurezza (filtri antispam, firewall, rilevazione virus), i dati registrati automaticamente possono eventualmente comprendere anche dati personali come l'indirizzo IP, che potrebbe essere utilizzato, conformemente alle leggi vigenti in materia, al fine di bloccare tentativi di danneggiamento al sito medesimo o di recare danno ad altri utenti, o comunque attività dannose o costituenti reato. Tali dati non sono mai utilizzati per l'identificazione o la profilazione dell'utente, ma solo a fini di tutela del sito e dei suoi utenti.

I sistemi informatici e le procedure software preposte al funzionamento di questo sito web acquisiscono, nel corso del loro normale esercizio, alcuni dati personali la cui trasmissione è implicita nell'uso dei protocolli di comunicazione di Internet. In questa categoria di dati rientrano gli indirizzi IP, gli indirizzi in notazione URI (Uniform Resource Identifier) delle risorse richieste, l'orario della richiesta, il metodo utilizzato nel sottoporre la richiesta al server, la dimensione del file ottenuto in risposta, il codice numerico indicante lo stato della risposta data dal server (buon fine, errore, ecc.) ed altri parametri relativi al sistema operativo dell'utente.

Tempi di conservazione dei Suoi dati - I dati personali raccolti durante la navigazione saranno conservati per il tempo necessario a svolgere le attività precisate e non oltre 24 mesi.

Modalità del trattamento - Ai sensi e per gli effetti degli artt. 12 e ss. del GDPR, i dati personali degli interessati saranno registrati, trattati e conservati presso gli archivi elettronici delle Società, adottando misure tecniche e organizzative volte alla tutela dei dati stessi. Il trattamento dei dati personali degli interessati può consistere in qualunque operazione o complesso di operazioni tra quelle indicate all' art. 4, comma 1, punto 2 del GDPR.

Comunicazione e diffusione - I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati, intendendosi con tale termine il darne conoscenza ad uno o più soggetti determinati, dalla Società a terzi per dare attuazione a tutti i necessari adempimenti di legge. In particolare i dati personali dell’interessato potranno essere comunicati a Enti o Uffici Pubblici o autorità di controllo in funzione degli obblighi di legge.

I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati nei seguenti termini:

  • - a soggetti che possono accedere ai dati in forza di disposizione di legge, di regolamento o di normativa comunitaria, nei limiti previsti da tali norme;
  • - a soggetti che hanno necessità di accedere ai dati per finalità ausiliare al rapporto che intercorre tra l’interessato e la Società, nei limiti strettamente necessari per svolgere i compiti ausiliari.

Diritti dell’interessato - Ai sensi degli artt. 15 e ss GDPR, l’interessato potrà esercitare i seguenti diritti:

  • 1. accesso: conferma o meno che sia in corso un trattamento dei dati personali dell’interessato e diritto di accesso agli stessi; non è possibile rispondere a richieste manifestamente infondate, eccessive o ripetitive;
  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

Il TITOLARE

del trattamento dei dati personali

Società per lo studio del diritto della crisi

REV 02