Naturale e logico presupposto per la negoziazione finalizzata ad individuare un accordo per la riattivazione delle linee di credito pregresse è che il loro utilizzo sia stato preventivamente sospeso per ragioni di vigilanza prudenziale da parte dei creditori finanziari[29].
La sospensione delle linee credito è una facoltà riconosciuta a banche e intermediari finanziari, oltre che in via negoziale, anche da specifiche previsioni del Codice della Crisi - peraltro meglio definite dal “Correttivo 2024” -, ovvero dalle previsioni di cui articoli 16, comma 5, ultimo periodo e 18, commi 5 e 5 bis, del CCII.
L’art. 16, comma 5, CCII interviene nella fase iniziale della Composizione negoziata, disponendo che la notizia dell’accesso alla composizione ed il coinvolgimento delle trattative, presupposti alternativi tra loro, non costituiscono di per sé causa di sospensione e di revoca delle linee di credito, fermo restando che l’eventuale sospensione o revoca sarà opponibile nel corso della Composizione negoziata ove ricorrano ragioni di vigilanza prudenziale; che di tali ragioni dovrà essere fornita specifica indicazione nella comunicazione da trasmettere agli organi di amministrazione e controllo dell’impresa affidata[30]. Il successivo art. 18, commi 5 e 5 bis, CCII, a sua volta, disciplina due ulteriori ipotesi di sospensione dei contratti di affidamento, assunti nella categoria dei c.d. “contratti pendenti”, fino alla conferma delle misure protettive, ove il “motivo” fondante la sospensione o revoca fosse, appunto, la sospensione nell’esecuzione del contratto pendente in attesa della pronuncia del Tribunale adito sulla richiesta di misure protettive. A tale fattispecie si affianca l’eventuale sospensione delle linee di credito disposta per effetto dell’applicazione della disciplina di vigilanza prudenziale (assumendo pertanto che la previsione richiami quanto già disposto ex art. 16, comma 5, CCII). Tuttavia, mentre la sospensione e/o revoca disposta dai creditori finanziari “sino a conferma delle misure protettive”, con la loro conferma non potrà più essere mantenuta valida, la sospensione o revoca disposta per ragioni di vigilanza prudenziale potrà continuare ad essere ritenuta valida ed opponibile all’impresa in Composizione negoziata.
In dottrina si è discusso circa la qualificazione di tali sospensioni nell’alveo del perimetro applicativo delle c.d. clausole ipso facto previste dalla Direttiva Insolvency e conseguente loro conformità o meno rispetto al disposto normativo[31]. Il riferimento immediato è all’articolo 7, paragrafo 4, della Direttiva, il quale dispone che gli Stati membri possono prevedere norme che impediscano ai creditori cui si applica la sospensione di rifiutare l'adempimento dei contratti pendenti c.d. “essenziali”, o di risolverli, anticiparne la scadenza o modificarli in altro modo a danno del debitore, in relazione ai debiti sorti prima della sospensione, per la sola ragione di non essere stati pagati dal debitore.
In termini generali, occorre evidenziare che la Composizione negoziata non è riconducibile al perimetro dei c.d. quadri di ristrutturazione preventiva di cui alla citata Direttiva e, pertanto, anche solo assumendo tale prospettiva la riflessione circa l’applicabilità o meno della disciplina delle clausole ipso facto non dovrebbe ricevere un esito positivo. D’altro lato, non si può in ogni caso negare che la Composizione negoziata sia stata ideata dal Legislatore proprio sull’impulso del recepimento della Direttiva Insolvency e da quest’ultima influenzata nei suoi principi. Ebbene, anche a voler allora ammettere una lettura delle previsioni di cui agli artt. 16 e 18 del CCII ai sensi della disciplina sulle clausole ipso facto, si è dell’avviso che – in ogni caso – le vigenti previsioni in tema di contratti bancari possano configurarsi come delle legittime eccezioni.
In primo luogo, l’art. 16, comma 5, il quale oggi prevede il divieto di sospensione o revoca delle linee di credito in ragione della “notizia” dell’accesso alla Composizione negoziata e/o del coinvolgimento nelle trattative, non implica affatto che la sospensione e/o revoca degli affidamenti non possa essere disposta per ragioni di ordine diverso che, nel caso di specie, dovrebbero essere le ragioni di “vigilanza prudenziale” proprie di tale disciplina regolamentare[32]. In tale prospettiva, il “Correttivo 2024” ha confermato detto impianto provvedendo a rafforzare ulteriormente l’onere informativo a carico dei creditori finanziari, disponendo che l’eventuale sospensione e/o revoca dovrà essere comunicata agli organi amministrativi e di controllo dell’impresa affidata, illustrando le specifiche ragioni (i.e. prudenziali) poste a fondamento della decisione assunta.
Le facoltà previste dalla previsione in commento, peraltro, non paiono confliggere neanche con il disposto di cui all’articolo 7, paragrafo 5, della Direttiva Insolvency, il quale dispone, a sua volta, che ai creditori non sia consentito di rifiutare l'adempimento dei contratti pendenti né di risolverli, di anticiparne la scadenza o di modificarli in altro modo a danno del debitore in forza di una clausola contrattuale che preveda tali misure, in ragione esclusivamente: a) di una richiesta di apertura di una procedura di ristrutturazione preventiva; b) di una richiesta di sospensione delle azioni esecutive individuali; c) dell'apertura di una procedura di ristrutturazione preventiva; oppure d) della concessione di una sospensione delle azioni esecutive individuali in quanto tale.
La norma sterilizza eventuali clausole contrattuali degli affidamenti che dovessero prevedere la sospensione e/o la revoca degli stessi solo in ben specifiche fattispecie, ovvero quelle dell’accesso ad una procedura di ristrutturazione preventiva o di richieste di sospensione di azioni esecutive (dei creditori, è da ritenersi). Tuttavia, nel caso di specie degli affidamenti bancari, la sospensione e/o la revoca verrebbe disposta dai creditori finanziari sul presupposto legittimante delle ragioni di vigilanza prudenziale e, pertanto, anche sotto tale profilo non si ravvisano elementi di potenziale non conformità dell’art. 16, comma 5, CCII rispetto alla citata Direttiva.
La conclusione a cui si è giunti non pare poter essere messa in discussione anche ove si volesse interpretare la previsione in questione dal punto di vista della regolamentazione prudenziale. Infatti, il Regolamento CRR 575/2013 all’art. 178, nel momento in cui fornisce la definizione di default del debitore, al paragrafo 3 ha cura di precisare che tra gli elementi da considerare (da parte degli intermediari vigilati) come indicativi dell’improbabile adempimento, tra le altre, figura anche l’ipotesi – sub lett. f) – in cui “il debitore ha chiesto o è stato posto in stato di fallimento o situazione assimilabile, ove ciò impedisca o ritardi il rimborso dell’obbligazione nei confronti dell’ente, la sua impresa madre o una delle sue filiazioni”[33]. Orbene, l’ipotesi del ricorso ad una “situazione assimilabile”, quale potrebbe essere nel caso di specie, seppur con qualche forzatura interpretativa, la Composizione negoziata, non comporta in alcun modo l’obbligo per i creditori bancari e finanziari di procedere con la sospensione e/o la revoca degli affidamenti bancari pendenti[34]: piuttosto comporta per i medesimi il dovere – in ossequio al citato framework prudenziale - di procedere con la revisione della posizione, ai fini della classificazione a default del proprio credito funzionale a determinare una valutazione single name dell’esposizione e degli accantonamenti da appostare sulla base delle stime di presumibile recuperabilità dei propri crediti.
Alla luce di tutto quanto sopra ne consegue che quanto disposto dall’art. 16, comma 5, CCII risulta essere non solo coerente con la disciplina di cui alla Direttiva Insolvency, in tema di clausole ipso facto, ma anche rispetto alla disciplina c.d. “prudenziale”.
Analoghe considerazioni possono essere formulate anche con riguardo alle ulteriori ipotesi di sospensione e/o revoca delle linee di credito pendenti disciplinate dall’art. 18, commi 5 e 5 bis, CCII. La prima fattispecie, ovvero il divieto di sospensione e/o la revoca degli affidamenti per il sol fatto del mancato pagamento dei crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell’istanza di nomina dell’esperto e contestuale concessione delle misure protettive è assolutamente conforme alla disciplina delle clausole ipso facto di cui all’art. 7, paragrafo 4, della citata Direttiva Insolvency, fermo restando che “in ogni caso” rispetto a tale divieto opera l’eccezione delle sospensioni e/o revoche disposte per effetto dell’applicazione della disciplina prudenziale. Tale nuovo inciso, introdotto dal “Correttivo 2024”, in coerenza con l’art. 16, comma 5, CCII, vuole evidentemente ancora una volta sottrarre all’effetto di cristallizzazione i contratti di affidamento per i quali i creditori bancari e finanziari abbiano, alternativamente, disposto la sospensione e/o revoca per ragioni di vigilanza prudenziale all’atto di avvio (o anche prima) della Composizione negoziata, oppure vi abbiano provveduto in un momento temporalmente successivo all’avvio della stessa ma pur sempre per ragioni di ordine diverso dal mancato pagamento dei crediti pregressi (i.e. insoluti sui rapporti a breve o medio lungo termine), ovvero per motivi – fondatamente diversi - di vigilanza prudenziale.
Cosi inquadrata la tematica, risulta interessante – anche alla luce dei primi arresti della giurisprudenza di merito[35] - provare ad identificare in dettaglio quando le ragioni di vigilanza prudenziale assunte a fondamento della sospensione e/o revoca delle linee di affidamento possano o meno essere ritenute legittime, precisando sin d’ora che qualsivoglia sospensione di affidamenti disposta con un generico rimando alla “vigilanza prudenziale” è da ritenersi del tutto illegittima e priva di una vera ed effettiva motivazione[36], cosi come richiesto, invece, oggi dalla previsioni ex artt. 16 e 18 CCII [37]. Ciò ribadito, in termini generali, la sospensione dell’utilizzo di una linea di credito viene disposta allorquando l’intermediario bancario o finanziario, nella valutazione periodica del merito creditizio dei propri clienti affidati, ritenga che sussistano elementi negativi tali da porre a rischio le proprie ragioni di un regolare rimborso del credito. In tale prospettiva, volendo allora provare ad indentificare alcune ipotesi operative, pur senza alcuna pretesa di esaustività, si potrebbe ritenere che la sospensione delle linee di credito, in coerenza con i principi della disciplina prudenziale, possa essere qualificata come legittima allorquando, ad esempio, sia adeguatamente motivata dal ricorrere di una o più delle seguenti fattispecie:
a) i crediti oggetto di anticipazione si siano rivelati inesistenti;
b) il creditore ha accertato sistematiche “decanalizzazioni” presso altri intermediari delle anticipazioni commerciali concesse;
c) vengono rilevate percentuali di insoluti/impagati crescenti;
d) vengono accertate iniziative cc.dd. “pregiudizievoli” a carico dell’impresa o dei suoi garanti presso le banche dati (centrale dei rischi di Banca d’Italia o SIC privati) disponibili;
e) l’impresa affidata perde contratti o appalti di particolare rilevanza sul proprio fatturato;
f) l’impresa opera in un settore economico esposto ad una forte concorrenza che rischia di non poter sostenere in termini di costi operativi e di prezzi praticati;
g) i bilanci di esercizio non vengono depositati e/o approvati o, ancora, non vengono fornite le informazioni supplementari richieste anche ai fini delle revisioni periodiche dell’impresa affidata;
h) dall’esame dei documenti di bilancio o situazioni intermedie (ivi incluse quelle prodotte in pendenza di Composizione negoziata) emerge un quadro negativo in termini di capacità dell’impresa di produrre reddito sufficiente a far fronte a tutti i debiti;
i) l’impresa, per il settore in cui opera, risulta esposta a fattori di shock che incidono negativamente sui costi operativi (ad es aumento dei costi energetici o delle materie prime);
j) si è dell’avviso che l’impresa non sia in condizioni di ottenere il rifinanziamento di prestiti prossimi alla scadenza di rimborso alle correnti condizioni di mercato;
k) l’impresa viene coinvolta in operazioni di m&a che impongono una valutazione ex novo della controparte da parte dei creditori finanziari.
Ricorrendo una o più di tali ipotesi operative, risulta evidente che i creditori finanziari avranno il diritto di poter disporre la sospensione degli affidamenti pendenti in quanto, indipendentemente dal momento temporale in cui interviene la Composizione negoziata, emergono elementi di criticità tali da imporre – secondo il principio di “sana e prudente gestione”, nonché in aderenza alla disciplina prudenziale innanzi citata -, la sospensione del rapporto contrattuale pendente (soprattutto in termini di utilizzo dell’eventuale margine disponibile sul totale accordato delle c.d. linee di funzionamento o, ancora, di quel margine di accordato che si dovesse ripristinare dopo la ricezione di incassi su crediti anticipati)[38].
La disciplina prudenziale non solo impone a banche ed intermediari finanziari di valutare in fase genetica del rapporto di affidamento la meritevolezza creditizia delle imprese, ma richiede che tale valutazione venga fatta in maniera continuativa per l’intera durata della relazione contrattuale, al fine di assicurare il più efficace presidio del “rischio di credito” e, di riflesso, la puntuale rilevazione delle esposizioni creditizie deteriorate e relativi esercizi di impairment, nella prospettiva di perseguire l’obiettivo fondamentale della trasparenza e la resilienza dei bilanci bancari, affinché gli stessi siano sempre in grado di assorbire patrimonialmente le perdite eventuali che dovessero emergere a fronte di inadempimenti e/o default delle controparti affidate.
Diversamente ragionando, una sterilizzazione tout court della facoltà per i creditori finanziari di procedere con la sospensione delle linee di credito avrebbe portato al paradossale esito di obbligare questi ultimi a mantenere il sostegno finanziario a controparti allocate a default con un merito creditizio in grave e rapido scadimento, in totale disallineamento con i principi della disciplina prudenziale e, per giunta, con il rischio di contestazioni successive - in caso di sopravvenute liquidazioni giudiziali - promosse dalle curatele in termini di abusiva concessione del credito[39]. Si realizzerebbe, come efficacemente sintetizzato in dottrina[40], quel fenomeno della c.d. “finanza coattiva” rispetto al quale banche e intermediari finanziari non possono che dissentire!
D’altro canto, è altrettanto evidente che l’eventuale disposta sospensione delle linee di credito non potrà essere temporalmente illimitata; in tale prospettiva, l’art. 18, comma 5 bis, CCII – introdotto ex novo dal “Correttivo 2024” – prova a governare tale fattispecie soprattutto con riguardo all’ipotesi in cui la sospensione delle linee di credito sia stata disposta dai creditori finanziari non già per ragioni di ordine prudenziale, ma in attesa della conferma delle misure protettive richieste dall’impresa che ha fatto istanza di accesso alla Composizione negoziata.
Infatti, l’eventuale sospensione disposta da banche e intermediari finanziari viene – di fatto – sterilizzata nel momento in cui interviene la conferma delle misure protettive e pertanto i creditori finanziari avranno l’obbligo di revocare la sospensione degli utilizzi disposta e consentire all’impresa di poter riprendere ad utilizzare le linee di credito in essere (ad es utilizzando il margine disponibile sulle linee di cassa pendenti o, ancora, effettuando nuove presentazioni di portafoglio al salvo buon fine nel momento in cui si creasse nuova disponibilità sulla linea a seguito dell’incasso di precedenti anticipazioni)[41]. Diversamente, potranno confermare la sospensione delle linee di credito accordate ove dovessero ricorrere ragioni di ordine diverso, ovvero le ragioni di vigilanza prudenziale adeguatamente identificate e poste alla base della motivazione assunta a fondamento della sospensione medesima[42]. Ne consegue che dal punto di vista degli intermediari finanziari il ricorso alla facoltà di sospensione ai sensi dell’art. 18, comma 5, CCII ovvero sino a conferma delle misure protettive, in assenza di diverse motivazioni, sarà pressoché nullo in quanto si tratta di una misura temporalmente limitata.
La previsione in commento, tuttavia, risulta di particolare interesse, al pari di quanto disposto dal successivo comma 5 bis, in quanto strettamente connessa alla innovazione apportata all’art. 22, comma 1 lett. a) CCII in tema di autorizzazione del Tribunale alla contrazione di finanziamenti prededucibili. Come già accennato, il Tribunale potrà autorizzare l’impresa in Composizione negoziata, ai fini del riconoscimento del “superprivilegio” della prededuzione, non più solo a contrarre finanziamenti nuovi rispetto alle linee di credito pregresse (e, quindi, anche con nuove controparti) ma potrà, ove richiesto, anche autorizzare l’accordo con la banca e l’intermediario finanziario alla riattivazione delle linee di credito sospese.
E’ una novità di estremo interesse per i creditori finanziari già esposti verso l’impresa in Composizione negoziata che dovrebbe dagli stessi essere attentamente vagliata. Questi intermediari, infatti, si potrebbero trovare dinanzi ad una duplice prospettiva:
a) dopo aver disposto la sospensione delle linee di credito per ragioni di vigilanza prudenziale, nel corso delle trattative instaurate nella Composizione negoziata, si rendono disponibili a ripristinare l’utilizzo delle stesse richiedendo all’impresa l’ottenimento dell’autorizzazione del Tribunale alla concessione del beneficio della prededuzione (oltre alle eventuali ulteriori garanzie che venissero negoziate tra le parti);
b) mantengono ferma la sospensione disposta per ragioni di vigilanza prudenziale e non si rendono disponibili ad alcun accordo per la loro riattivazione[43].
Nella prima ipotesi, i creditori finanziari che hanno disposto per ragioni di vigilanza prudenziale la sospensione delle rispettive linee di credito, una volta instaurata la Composizione negoziata ed avuto accesso a tutte le informazioni di dettaglio circa l’impresa e le azioni intraprese o da intraprendere per il superamento della situazione di difficoltà finanziaria nonché verificata la capacità dell’impresa di produrre stabili e certi flussi di cassa a servizio della complessiva debitoria potrebbero – in coerenza con la citata disciplina di vigilanza prudenziale – ritenere sussistente un merito creditizio in capo all’impresa e, quindi, rendersi disponibili ad una riattivazione delle linee sospese.
E’ chiaro che ciò dovrebbe avvenire non per conseguire l’obiettivo di veder riconosciuto il beneficio della prededuzione sulle proprie linee di credito: piuttosto dovrebbe essere – in via principale – l’esito di una positiva verifica del “Piano” proposto, delle prospettive di risanabilità dell’impresa, della sua capacità di produrre sufficiente cash flow a servizio del regolare rimborso del debito nonché, da ultimo ed in via residuale, l’acquisizione della garanzia “aggiuntiva” della prededuzione.
Per tal via, si conseguirebbe il duplice obiettivo di assicurare il mantenimento del necessario supporto finanziario all’impresa che accede alla Composizione negoziata e, al contempo, permettere ai creditori finanziari di acquisire garanzie aggiuntive sulle proprie esposizioni idonee a mitigare il rischio di un loro non integrale rimborso nonché l’esimente dal rischio di responsabilità per abusiva concessione di credito cosi come espressamente sancito dalla norma[44].
Nel momento in cui ciò avvenisse e, quindi, il Tribunale autorizzasse l’accordo negoziato tra le parti per la riattivazione delle linee precedentemente sospese, anche in tale circostanza, si riproporrebbe il tema di quale sarebbe la classificazione più coerente da applicare all’esposizione creditizia. La risposta appare relativamente facile: se la banca o l’intermediario hanno valutato positivamente lo stato di salute dell’impresa e la capacità ed idoneità del “Piano” a superare la momentanea situazione di difficoltà finanziaria, tanto da rendersi disponibili a riattivare le linee di credito precedentemente sospese, la classificazione più coerente dovrebbe essere quella di credito allocato in Stage 2 (crediti underperforming), assicurando un attento costante monitoraggio al fine di verificare la puntuale realizzazione del piano di risanamento e il regolare rimborso della debitoria e di ogni altro impegno assunto dall’impresa debitrice. Alternativamente, la posizione potrebbe anche essere classificata in Stage 3 (crediti a default), ovvero ad inadempienza probabile (unlikely to pay), allorquando si siano verificati inadempimenti o, peggio, il “Piano” inizialmente regolare nella sua execution incontri delle difficolti realizzative sopravvenute. Di contro è da escludere in modo assoluto che ricorrendo la descritta ipotesi operativa la posizione di rischio possa essere allocata a “sofferenza”.
Ricorrendo la seconda ipotesi, i creditori finanziari che avessero disposto la sospensione delle linee di credito per ragioni di vigilanza prudenziale, fermo restando il dovere di comunicare ed adeguatamente motivare la stessa agli organi di amministrazione e controllo dell’impresa[45], ove dovessero confermare la sospensione disposta e, quindi, non si dovessero rendere disponibili ad un “accordo” con l’imprenditore per la riattivazione delle linee di credito, non potrebbero certamente mantenere una classificazione in bonis della posizione di rischio, ma dovrebbero procedere ad una sua revisione e conseguente diversa classificazione (in peius). Il perdurare della sospensione, infatti, per l'intera durata della Composizione negoziata, comporterà inevitabilmente lo scadimento della posizione di rischio e, di conseguenza, si dovrà procedere con l’apposizione dell’esposizione in Stage 3 (crediti a default), de minimis nella categoria inadempienza probabile (unlikely to pay), a seconda tanto delle garanzie che assistono i rispettivi crediti, quanto e, soprattutto, delle concrete prospettive di rimborso totali e/o parziali delle proprie esposizioni previste dal “Piano” di risanamento oggetto di definizione nell’ambito della Composizione negoziata.
In altri termini, l’unico risultato che questi intermediari avrebbero conseguito sarebbe quello di aver cristallizzato la propria esposizione creditoria verso l’impresa in difficoltà, evitando maggiori utilizzi e, di riflesso, maggiori accantonamenti sul presupposto di non ritenere concretamente realizzabile il piano ad essi proposto. Un simile approccio, tuttavia, non rischia soltanto di produrre delle conseguenze negative sul bilancio di detti intermediari, ma anche di pregiudicare le concrete prospettive di successo dell’intrapresa Composizione negoziata.