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La procedura di Composizione Negoziata per la soluzione della Crisi d’Impresa: funzione, natura, presupposti ed incentivi

Sido Bonfatti, Professore di diritto fallimentare nell’Università di Modena e Reggio Emilia, già Ordinario di diritto commerciale nel medesimo ateneo

20 Settembre 2023

L’A. si sofferma sulla funzione che deve essere attribuita alla procedura di composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa - che individua nella alternativa alle trattative stragiudiziali che normalmente si avviano alla emersione dei primi sintomi di difficoltà -; sulla natura giuridica della procedura - che esclude poter essere qualificabile come una “procedura concorsuale”, con le molte conseguenze che da tale esclusione derivano nella relazione con gli altri strumenti di superamento delle situazioni di crisi - ; sui presupposti soggettivi e oggettivi di accesso alla procedura - che individua nell’appartenenza alla categoria delle “imprese“, e nel perseguimento dell’obiettivo del “risanamento”, in modo diretto oppure indiretto -; e sugli incentivi a ricorrere a tale strumento, che valuta caratterizzate da una forte competitività rispetto a quelli declinati per l’ipotesi di accesso a procedure alternative
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1 . La gestione dell’impresa in pendenza delle trattative
[1] [2] La “Composizione negoziata” della crisi d’impresa è il primo dei due nuovi istituti introdotti dal D.L. n. 118/2021 (il secondo essendo il Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio) [3], e poi introdotti nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) con l’approvazione del D.L. 21 giugno 2022, n. 73, convertito in L. 4 agosto 2022, n. 122. 
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza è entrato in vigore il 15 luglio 2022. Manca una disciplina concernente le sorti delle “procedure” di Composizione negoziata avviate prima di tale data e proseguite successivamente alla stessa[4]. L’orientamento che si sta formando è nel senso della applicabilità del CCII anche al alle Composizioni negoziate già pendenti alla data del 15 luglio 2022, affermandosi, in particolare, che, in considerazione della “sostanziale continuità normativa” tra le previsioni del D.L. n. 118/2021 e quelle del Codice della crisi, quest’ultimo debba ritenersi applicabile alle Composizioni negoziate avviate prima del 15 luglio 2022 e proseguite dopo tale data[5].
 Tale “strumento “(che talora, soltanto per ragioni di comodità espositiva, potrà essere definito anche “procedura “, senza con ciò alludere - come si avrà modo di sottolineare - alla possibile qualificazione di “procedura concorsuale “) è stato inserito, con lievi modifiche rispetto a quanto già previsto nel D.L. n. 118 /2021, nel Titolo II del CCII, sostituendo integralmente l’originaria composizione assistita davanti agli Organismi di Composizione della Crisi d’Impresa (OCRI), che non hanno mai iniziato ad operare, e sono stati sostituiti dal “percorso” negoziato caratterizzato dall’intervento di un “esperto “ nominato tra i soggetti iscritti in appositi albi tenuti dalla Camera di Commercio del capoluogo di regione (oltre che delle province di Trento e Bolzano) in cui l’impresa ha la propria sede legale[6].
L’istituto della “Composizione negoziata” è caratterizzato da una particolare flessibilità, che prende le mosse già dalla considerazione della disciplina della gestione dell’impresa: gestione – va sottolineato subito – sottratta a qualsiasi vincolo autorizzatorio, preventivo o successivo che esso sia.
L’art. 21, comma 1, CCII afferma esplicitamente che “nel corso delle trattative l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa”: e quantunque la norma abbia conservato la modificazione che il D.L. n. 118/2021 aveva ricevuto - secondo la quale “l’im­prenditore in stato di crisi gestisce l’impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico finanziaria dell’attività”; ed ancora “quando, nel corso della composizione negoziata, risulta che l’imprenditore è insolvente, ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l’impresa nel prevalente interesse dei creditori” -, si deve assolutamente ritenere che ciò non produca alcun effetto sulla validità giuridica (e sulla opponibilità ai creditori) degli atti - quali che essi siano - compiuti dall’impren­ditore, ma possa interessare – esclusivamente – la sua responsabilità per un operato eventualmente divergente (cfr. art. 21, comma 1, ultima parte: “restano ferme le responsabilità dell’imprenditore”).
La “flessibilità” dell’istituto, sotto il profilo qui considerato, è tale, da fare ritenere legittimi anche atti dichiaratamente qualificabili come “preferenziali”, quali: (i) gli atti costitutivi di garanzie – a favore di un creditore, a preferenza di altri –; e (ii) i pagamenti di un determinato debito, a preferenza di altri. La circostanza è bene dimostrata:
a)  dalla considerazione dell’affermato principio generale della legittimazione dell’imprenditore al compimento di atti anche di straordinaria amministrazione[7]; e
b)  dalla disciplina dettata per le “misure protettive” (art. 18 CCII), che se da un canto impediscono ai creditori di acquisire diritti di prelazione contro la volontà dell’imprenditore (per es.: ipoteche giudiziali), nonché di avviare o proseguire azioni esecutive o cautelari sul suo patrimonio e sui beni e diritti di cui si avvale per la gestione dell’impresa: da un altro non impediscono né (i) gli atti costitutivi di garanzie “preferenziali” (giacché sono vietati soltanto quelli “non concordati con l’imprenditore”: così ammettendo la legittimità di quelli “concordati”, cioè volontari - per quanto in ipotesi, per l’appunto, “preferenziali -); né (ii) i pagamenti (art. 18, comma 1, ultima parte: “non sono inibiti i pagamenti” – anch’essi, in ipotesi, contraddittori con l’osservanza del principio della par condicio creditorum -).
Ciò stabilito, è necessario prevenire un equivoco.
Equivoco che potrebbe essere ingenerato dalla “discriminazione” effettuata dall’art. 24, commi 2 e 3, CCII, che distingue: (i) gli atti di ordinaria amministrazione da quelli di straordinaria amministrazione e dai pagamenti; e (ii) nel­l’ambito della prima categoria, tra gli atti “coerenti con l’andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento esistenti al momento in cui sono stati compiuti”, e gli atti privi di tali requisiti.
Tali distinzioni non sono operate ai fini della valutazione della legittimità o meno (e della opponibilità o meno) degli atti di gestione posti in essere dal­l’im­prenditore[8]: bensì allo scopo di individuare quegli atti che, oltre ad essere validi ed opponibili – ché tali comunque sono –, possano essere considerati anche “non soggetti alla azione revocatoria di cui all’articolo 166, comma 2,” CCII (art. 24, commi 2 e 3): il ché rappresenta un fenomeno completamente diverso.
Dovendo considerare l’istituto della “Composizione negoziata” come uno strumento alternativa al tradizionale ricorso all’avvio di una trattativa extra giudiziale con i creditori in funzione del superamento di un momento di difficoltà (o di “crisi”) dell’impresa[9], la disciplina della gestione della stessa si presenta:
i)   identica a quella che la caratterizzerebbe nell’ambito della conduzione di trattative totalmente extragiudiziali, nelle quali la disponibilità da parte dell’imprenditore del proprio patrimonio non soffre di alcuna limitazione connessa alla apertura del “tavolo” di discussione con i creditori; e
ii)  arricchita dalla prospettiva di consentire ai creditori di conseguire la “esenzione” da revocatoria degli atti posti in essere con l’imprenditore, ivi comprese le garanzie acquisite ed i pagamenti ricevuti, sia pure alla condizione di rispettare i dettami di cui all’art. 24, commi 2 e 3, CCII, sopra rappresentati: effetto “protettivo”, questo, che nell’ambito di una tradizionale trattativa extra giudiziale non potrebbe essere conseguito mai [10].
2 . La natura giuridica dell’istituto
Un secondo fattore di “flessibilità” dell’istituto delle “Composizione negoziata” è rappresentato dalla natura giuridica di “procedura–non– concorsuale”: che gli consente – come vedremo [11] –, di risultare applicabile in una molteplicità di situazioni e di fattispecie.
La non – concorsualità dell’istituto [12] è dimostrata:
i)    dalla rappresentata legittimazione dell’imprenditore a porre in essere qualsiasi atto di amministrazione: di carattere ordinario o straordinario; di carattere “preferenziale” piuttosto che volto al rispetto del principio della par condicio creditorum; di carattere solutorio, anche con riguardo ai “crediti pregressi” (cfr. art. 18, commi 1 e 21, comma 1, CCII);
ii)   dalla insussistenza di effetti “cristallizzatori” sul patrimonio dell’impren­ditore (salva l’ipotesi che essi siano prodotti dalla scelta unilaterale dello stesso in funzione “protettiva”, peraltro con una portata “unidirezionale” – protezione contro gli atti di aggressione dall’esterno, ma mantenimento del diritto di costituire garanzie od effettuare pagamenti dall’interno –);
iii)  dalla insussistenza di strumenti di controllo esterni (tale certamente non essendo l’esperto chiamato ad agevolare le trattive dell’imprenditore, il cui operato sarà condizionato dalle modalità con le quali l’imprenditore stesso avrà inteso condurre le trattative);
iv)  dalla insussistenza di interventi “autorizzatori” dall’esterno – tranne nelle ipotesi nelle quali l’imprenditore voglia conseguire “effetti speciali”, che nel contesto di una trattativa extragiudiziale tradizionale non sarebbe mai in condizione di conseguire, quali: a) la “esenzione” da revocatoria degli atti posti in essere (per la quale deve conseguire l’assenso dell’esperto, o quanto meno la mancata pubblicizzazione dell’eventuale dissenso iscritto nel Registro delle Imprese, allorché si tratti di atti di amministrazione straordinaria o di pagamenti: cfr. art. 24, comma 3, CCII); e b) la prededucibilità dei crediti derivanti da finanziamenti ricevuti (da terzi; da soci; da società del “gruppo”): cfr. art. 22 CCII;
v)   dalla insufficiente attitudine dei segnalati “effetti speciali” – esenzione da revocatoria; prededucibilità – ad attribuire all’istituto de quo natura di “procedura concorsuale”, dal momento che: a) quanto alla “esenzione”, trattasi di effetto tipico anche del “Piano Attestato di Risanamento”, che procedura concorsuale non è [13]; e b) quanto alla “prededuzione”, trattasi di effetto dalla portata contenuta (attiene esclusivamente ai “finanziamenti” espressamente autorizzati dal Tribunale), non paragonabile con l’effetto “universale” che caratterizza la prededuzione nel contesto (di quella procedura, senz’altro qualificabile “concorsuale”, che è la procedura) del Concordato preventivo, nella quale detto effetto riguarda tutti i crediti “legalmente sorti durante le procedure concorsuali per la gestione del patrimonio del debitore e la continuazione dell’esercizio dell’impresa” (art. 6, comma 1), lett. d), CCII) [14].
Neppure la Composizione negoziata può essere qualificata “strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza “, per espressa previsione dell’art. 2, comma 1, lett. m bis), CCII: con conseguente inapplicabilità delle disposizioni che fanno genericamente riferimento a tali “strumenti “.
3 . I presupposti soggettivi
Un terzo fattore di “flessibilità” della “Composizione negoziata” della crisi d’impresa è rappresentato dalla larga platea di debitori che possono ricorrere all’istituto. Possiamo affermare, con un unico principio, “tutte le imprese” (regolari) [15]. Sono infatti legittimate ad avvalersi della “Composizione negoziata” (art. 12, comma 1, CCII):
a)  le imprese soggette alla liquidazione giudiziale (e al Concordato preventivo), quindi le imprese commerciali cc.dd. “sopra soglia” - perché presentanti uno o più dei presupposti quantitativi indicati nell’art. 2, comma 1, lett. d), CCII: v. art 124, comma 1 -;
b)  le imprese commerciali non soggette al fallimento, poiché “sotto soglia” (cioè, prive di tutti i presupposti quantitativi di cui al richiamato art. 2, comma 1, lett. d), CCII): l’art. 12, comma 1, CCII menziona genericamente “l’im­pren­ditore commerciale”, e l’art. 25 quater disciplina espressamente (introducendo alcune varianti che non interessano in questa sede) l’applicazione dell’istitu­to alle “imprese sotto soglia”;
c)  l’impresa agricola (menzionata in modo esplicito dall’art. 12, comma 1, CCII);
d)  la “grande impresa” soggetta alla procedura di Amministrazione Straordinaria ex d.lgs. n. 270/1999 (legge “Prodi”) – l’art. 18, comma 4, CCII Prevede che dal giorno della pubblicazione della istanza di nomina del­l’esperto “la sentenza … di accertamento dello stato insolvenza non può essere pronunciata”, così riferendosi alle imprese soggette ad Amministrazione Straordinaria, per le quali, in caso di insolvenza, il Tribunale non può dichiarare il fallimento, ma soltanto accertarne la condizione di insolvenza, con trasmissione del provvedimento all’autorità amministrativa competente per l’apertura della procedura di Amministrazione Straordinaria – [16];
e)  le “imprese di rilevanti dimensioni” soggette alla Procedura di Amministrazione Straordinaria ex D.L. 23 dicembre 2003, n. 347 (“legge Parmalat”), per le quali vale quanto già osservato alla precedente lett. d);
f)  le “imprese operanti nei servizi pubblici essenziali” soggette alla Procedura di Amministrazione Straordinaria ex D.L. n. 134/2008 (“legge Alitalia”), per le quali vale quanto già osservato alla precedente lett. d);
g)  le imprese bancarie (che sono sottratte alle “procedure concorsuali” diverse da quelle disciplinate nel d.lgs. n. 385/1993 – Testo Unico Bancario: art. 80, comma 6 –, ma non sono sottratte alla “Composizione negoziata” perché la stessa non ha – come si è visto in precedenza – natura giuridica di “procedura concorsuale” )[17];
h)  gli intermediari finanziari non bancari, che sono anch’essi sottratti alle “procedure concorsuali” diverse da quelle disciplinate dal d.lgs. n. 58/1998 – Testo Unico della Finanza: art. 56, comma 3 –, ma potrebbero avvalersi di un istituto che, come detto, tale non è;
i)   le imprese di assicurazione, pure esse assoggettabili esclusivamente alle “procedure concorsuali” disciplinate dal Codice delle Assicurazioni: art. 238, ma ugualmente ammesse ad avvalersi di “procedure” prive di tale natura giuridica [18].
In buona sostanza, in termini negativi, si può affermare che sono esclusi dalla legittimazione ad avvalersi della Composizione negoziata esclusivamente i non – imprenditori (ovvero gli imprenditori “non regolari”).
Né si deve dubitare che anche le “grandi” imprese; o anche le imprese bancarie, finanziarie, o assicurative; possano trovare convenienza ad avvalersi della “Composizione negoziata”.
Trattasi infatti, come già segnalato, principalmente di un istituto che si pone come alternativa all’avvio di una trattativa extragiudiziale da parte di una impresa che intravvede la “probabilità” di una crisi (cfr. art. 12, comma 1, CCII): e nulla impedisce di ipotizzare che tale ipotesi possa interessare anche una impresa di tale natura, magari non nei confronti della generalità dei propri creditori, ma – per esempio – nei confronti di alcuni altri intermediari (bancari, finanziari, assicurativi) nei confronti dei quali presentasse rilevanti esposizioni [19].
3.1 . Segue. La “Composizione negoziata” del gruppo di imprese
Il profilo della flessibilità dell’istituto con riguardo ai presupposti soggettivi di applicabilità si può cogliere anche con riguardo alla disciplina dettata per le ipotesi nelle quali l’impresa (o le imprese) in “crisi” facciano parte di un gruppo societario (come declinato dall’art. 25 CCII). Si possono segnalare a tale proposito – rinviando per l’approfondimento dell’argomento alla sua sede propria [20] –:
1.  la possibile “concentrazione” della competenza (della Camera di Commercio) a ricevere la istanza di nomina dell’esperto indipendente, chiamato ad agevolare le trattative della società o delle società interessate;
2.  la designazione di un unico esperto per tutte le società interessate;
3.  la possibile “concentrazione” della competenza (giudiziale) a confermare o modificare le “misure protettive”;
4.  la possibile partecipazione alle “trattative” – ed ai conseguenti effetti “incentivanti” e “protettivi” – anche delle imprese del “gruppo” non presentanti i requisiti per l’accesso alla “Composizione negoziata”;
5.  la possibilità di stipulare, al termine delle trattive, “in via unitaria uno dei contratti, convenzioni o accordi, di cui all’articolo 23, comma 1” [21], ovvero “accedere, separatamente od in via unitaria, alle soluzioni di cui all’articolo 23” – art. 25, comma 9, CCII.
4 . I presupposti oggettivi
Un quarto elemento di “flessibilità” dell’istituto può essere rinvenuto nella pluralità di situazioni nelle quali l’imprenditore può fare ricorso ad esso. In termini generici potrebbero essere definite le situazioni di “crisi”: ma è necessario approfondire a quale tipologia di “crisi” si possa ovviare attraverso il ricorso alla “Composizione negoziata”. A questa domanda si tenterà di dare una risposta nella competente sede [22], potendosi qui soltanto anticipare, in termini sintetici, la soluzione che si indicherà come quella giudicata preferibile: l’ammissibilità alla “ procedura” di Composizione negoziata di tutte le imprese versanti in una condizione genericamente qualificabile come “crisi“, non importa con quali connotati di gravità ovvero di reversibilità, all’unica (ma dirimente) condizione di prospettare, attraverso l’utilizzo dell’istituto, una soluzione ragionevolmente idonea a garantire, in qualsivoglia modo, la continuità dell’attività d’impresa.
5 . Risanamento “diretto” e risanamento “indiretto”
A proposito di quanto affermato in chiusura del paragrafo precedente, è opportuno sottolineare che un ulteriore elemento di “flessibilità” dell’istituto della “Composizione negoziata” può essere individuato nella possibilità di perseguire il risanamento dell’impresa tanto in via “diretta” – proseguendo cioè l’attività aziendale da parte del medesimo imprenditore-debitore –; quanto in via “indiretta” – perseguendo il superamento della situazione di “crisi” mediante l’affidamento della gestione dell’impresa ad un soggetto terzo –.
L’art. 12, comma 2, CCII prevede che il superamento delle difficoltà dell’impresa possa avvenire “anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa”.
L’art. 22, comma 1, lett. d) CCII prevede che il tribunale possa “autorizzare l’imprenditore a trasferire in qualunque forma l’azienda o uno o più suoi rami senza gli effetti di cui all’articolo 2560, secondo comma, del codice civile”; resta fermo l’art. 2112 c.c. In tal modo si agevola il trasferimento dell’azienda esonerando il cessionario dalla responsabilità dei “debiti inerenti all’esercizio dell’azienda …. se essi risultano dai libri contabili obbligatori” [23]– ma mantenendone ferma la responsabilità verso i lavoratori [24] –.
Si deve peraltro intendere che tale forma di cessione dell’azienda rappresenti una opportunità, non già una modalità obbligata: onde il risanamento dell’im­presa potrebbe essere perseguito e conseguito anche prevedendo l’accollo da parte del cessionario delle passività aziendali, come strumento di soddisfacimento dell’imprenditore cedente del valore delle attività trasferite – che, in caso contrario, il cessionario dovrebbe ovviamente soddisfare per l’intero ammontare lordo [25] –.
6 . Il risanamento “liquidativo”
Un ultimo elemento di flessibilità dell’istituto è rappresentato dalla possibilità di farvi ricorso – e di conseguirne quindi gli effetti, sia “protettivi” sia “incentivanti” – anche in una prospettiva di carattere liquidativo.
Nella procedura di “Composizione negoziata” delle imprese “sopra soglia”, è previsto che l’imprenditore, giunto alla conclusione delle trattative, possa “proporre la domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’articolo 25 sexies” (art. 23. comma 2, lett. c) CCII): che costituisce, per l’appunto, un istituto liquidativo.
Nella procedura de qua, che sia stata avviata da una impresa “sotto soglia”, si prevede che “se all’esito delle trattative non è possibile raggiungere l’accordo, l’imprenditore può: : …. e) proporre la domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all’articolo 25 sexies”” - art. 25 quater, comma 4, lett. c) -.
In questa seconda “procedura” (ma alla luce di tale conclusione, si deve pervenire ad un analogo risultato anche per la prima) è espressamente affermato che “la domanda di concordato semplificato” costituisce una “alternativa” alle soluzioni qualificate come “idonee al superamento della situazione di crisi”, conseguita attraverso il ricorso alla “Composizione negoziata”: dal ché si è ritenuto che tale misura possa essere rappresentata sin dall’origine, da parte dell’imprenditore, ai propri creditori, come strumento di composizione della crisi d’impresa[26].
7 . Lo stato di difficoltà e lo stato di crisi
L’art. 12, comma 1, CCII, che introduce la disciplina del nuovo istituto della “Composizione negoziata”, fa riferimento alla situazione dell’im­prenditore commerciale o agricolo “che si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario … e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa”.
La norma prosegue precisando che in tale caso l’esperto (di cui l’im­pren­ditore che versi nella situazione descritta può chiedere la nomina al fine di agevolare le trattative con i creditori) può collaborare per il superamento delle condizioni precisate, “anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa”.
L’art. 22, comma 1, lett. d), prevede, lo si è già visto, che nel contesto della procedura di “Composizione negoziata”, il tribunale possa autorizzare l’im­pren­ditore “a trasferire in qualunque modo l’azienda o uno o più suoi rami senza gli effetti di cui all’articolo 2560, secondo comma, del codice civile” – cioè la responsabilità del cessionario per le passività inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, risultanti dai libri contabili obbligatori –, fermo restando l’art. 2112.
Si può quindi concludere che l’accesso alla “Composizione negoziata” è consentito anche quando l’obiettivo dell’imprenditore sia perseguito “in via indiretta”, cioè mediante il trasferimento (di tutta o parte) dell’azienda.
Per ciò che concerne i presupposti oggettivi dell’accessibilità all’istituto, l’art. 12 cit. allude alla “probabilità” di una situazione di “crisi” o di “insolvenza”: così ammettendo il ricorso alla “Composizione negoziata” anche se la situazione paventata (“crisi” o “insolvenza”) non è “attuale”; non è neppure “sicura”; ma è soltanto “probabile”.
Tale nozione si discosta dunque dal presupposto della liquidazione giudiziale (art. 2, comma 1, lett. b), CCII: “il debitore non è più [già ora] in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”), perché la condizione di “crisi” rilevante potrebbe anche essere compatibile con uno stato di regolarità finanziaria, messa però in pericolo da fattori giudicati “probabili”.
Neppure vi è coincidenza con la nozione di “crisi” costituente il presupposto di ammissibilità al Concordato preventivo: essendo quest’ultima rappresentata dalla situazione nella quale l’imprenditore “si trova” nello stato di crisi, non già nella situazione che è “probabile” che vi ci si possa (forse) trovare in futuro.
Maggiore affinità si può cogliere con la nozione di “crisi” definita dal CCII – art. 2, comma 1, lett. a) –, la quale pare alludere ad una “probabilità” (di insolvenza): ma diversamente da questa la nozione di “crisi” rilevante ai fini dell’ammissibilità alla “Composizione negoziata” non si deve manifestare “come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a fare fronte regolarmente alle obbligazioni nei successivi dodici mesi”.
In termini generali – dunque – la sensazione è che il presupposto oggettivo delineato dall’art. 12 CCII per l’accesso alla “Composizione negoziata” possa considerarsi ricorrere anche in situazioni meno gravi di quelle che rappresenterebbero (non solo il presupposto per l’assoggettamento alla liquidazione giudiziale o all’ammissione al Concordato preventivo, ma anche) la condizione per l’ac­cesso alle procedure disciplinate in linea di principio dal Codice della Crisi.
Per converso, peraltro, occorre altresì considerare la circostanza che la conclusione alla quale si è pervenuti non consente di escludere dall’ammissibilità all’istituto le imprese versanti in situazioni totalmente divergenti da quelle ipotizzate: in particolare, in situazioni di insolvenza, già attuale, nonché - si deve ritenere, come si dirà - irreversibile.
L’art. 18, comma 4, CCII afferma che dal giorno di apertura della procedura di “Composizione negoziata” “la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata”: il ché postula che l’impresa ammessa alla procedura di “Composizione negoziata” sia già insolvente (e magari già oggetto di una istanza di liquidazione giudiziale e già soggetta ad istruttoria “prefallimentare”).
Nello stesso modo l’art. 21, comma 1, CCII (che riproduce l’art. 9, comma 1, D.L. n. 118/2021, come era stato introdotto dalla legge di conversione n. 147/2021), disciplinando l’ipotesi nella quale “nel corso della composizione negoziata risulta che l’imprenditore è insolvente”, non dispone che la procedura si interrompa, e l’esperto avvii il procedimento di archiviazione della procedura stessa, ma – più semplicemente – dispone che l’im­prenditore gestisca l’impresa “nel prevalente interesse dei creditori”.
Si deve pertanto prendere atto che anche l’imprenditore già insolvente; ovvero anche l’imprenditore di cui si accerti l’insolvenza nel corso delle trattative avviate con la collaborazione dell’esperto; sia legittimato a ricorrere alla (ed a continuare ad avvalersi della) procedura di “Composizione negoziata”[27].
Tale conclusione interpretativa rappresenta il risultato di un dibattito che, soprattutto in giurisprudenza, è pervenuto spesso ad esiti non del tutto chiari, nel momento in cui talora si è espressamente escluso l’accesso alla Composizione negoziata per le imprese già versanti stato di insolvenza[28]; talaltra – e per lo più - si è ritenuto di dovere condizionare l’ammissione alla Composizione negoziata alla circostanza che l’eventuale condizione di insolvenza dell’impresa interessata potesse essere giudicata “reversibile“[29].
A tale opinione si è tuttavia opposta l’affermazione della irrilevanza del carattere eventualmente irreversibile della situazione di “crisi” nella quale versasse l’impresa interessata, rilevando esclusivamente la circostanza che l’obiettivo dalla stessa perseguito con l’accesso alla Composizione negoziata fosse rappresentato dal mantenimento (ovvero dal riavvio) dell’attività d’impresa, in alternativa alla cessazione del suo esercizio[30].
Questo secondo orientamento pare destinato ad affermarsi, con un esito che deve essere giudicato condivisibile, per le ragioni sopra rappresentate[31].
Se mai il dibattito è destinato a trasferirsi sul terreno della valutazione del carattere indispensabile, ovvero soltanto facoltativo, del perseguimento dell’obiettivo del risanamento dell’impresa, piuttosto che della ricerca del migliore soddisfacimento dei creditori, anche prescindendo dalla continuazione dell’esercizio dell’azienda.
In dottrina è stata espressa l’opinione secondo la quale “il quadro normativo consente di affermare che il “risanamento dell’impresa” non necessariamente deve avvenire attraverso una prosecuzione dell’impresa in continuità diretta o indiretta, con conseguente impossibilità di escludere tout court una ipotesi di liquidazione (totale o parziale)[32]. In tale prospettiva “ il risanamento oggettivo” potrebbe “corrispondere ad una liquidazione volontaria che offra una soddisfazione migliore rispetto all’alternativa liquidativa giudiziale “: ciò in considerazione della circostanza che “anche l’applicazione del test pratico e i chiarimenti della lista di controllo del D.M. 28 settembre 2021 rendono evidente che nell’espressione, di per sé generica, “ragionevole perseguibilità del risanamento dell’impresa“ di cui all’art 12 CCII, debba, a seconda dei casi e, in particolare, della gravità della crisi dell’istante, ricomprendersi tanto il risanamento “dell’impresa“, tramite una prosecuzione (totale o parziale) della sua attività in “continuità diretta“ o “indiretta“, quanto il risanamento della “esposizione debitoria dell’impresa“ tramite la soddisfazione dei creditori anche con i proventi della liquidazione dell’attività”[33].
In tale prospettiva si deve ritenere che l’imprenditore potrebbe avviare la procedura di Composizione negoziata anche dichiarando sin dall’origine che l’obiettivo perseguito sarebbe il deposito della domanda di omologazione di un Concordato semplificato, teso ad assicurare ai creditori un trattamento migliore di quello che sarebbe perseguibile con l’apertura della liquidazione giudiziale: se mai, ponendo la condizione che “l’imprenditore, in modo leale e trasparente, riferisca all’esperto che non ha prospettive di continuazione ed affidi a lui il compito di spiegare creditori che la CNC supera ogni alternativa concretamente praticabile, perché consente risparmi di costi che sarebbero fisiologici in un Concordato o in una liquidazione giudiziale“[34].
La conclusione pare tuttavia discutibile, perché l’ipotesi dell’ammissibilità di una procedura di Composizione negoziata della crisi d’impresa dichiaratamente volta fin dall’origine al deposito della domanda di omologazione di un Concordato semplificato, finirebbe per privare di senso la previsione della procedura di Concordato preventivo “liquidativo” c.d. “ordinario“, non essendo facile individuare le ragioni per le quali il secondo dovrebbe essere preferito al primo, allorché l’imprenditore si proponga di procedere alla liquidazione del patrimonio ed alla ripartizione del ricavato tra i creditori.[35]
Pervenuti alla conclusione che l’istituto è accessibile anche all’imprenditore insolvente; e che esso lo rimane anche nell’ipotesi nella quale l’imprenditore (even­tualmente già insolvente) si proponga di cedere l’azienda a terzi; il presupposto che rimane da verificare è dunque rappresentato dal perseguimento dell’obiettivo di conseguire “il risanamento dell’impresa”.
Tale requisito è richiesto, in termini generali, dall’art. 12, comma 1, CCII (la richiesta della nomina dell’esperto può essere avan­zata quando si ritiene ragionevolmente perseguibile “il risanamento del­l’im­pre­sa”); ed è ribadito, nell’ipotesi di insolvenza sopravvenuta, dall’art. 21, comma 1, CCII,, il quale (a seguito delle modifiche apportate dalla legge di conversione n. 147/2021 al D.L. n. 118/2021, e poi trasferite nella citata disposizione del CCII) consente bensì la prosecuzione delle trattative – e con esse la prosecuzione del procedimento – nonostante la sopravvenuta insolvenza dell’impren­di­tore, ma alla condizione che “esistano concrete prospettive di risanamento”[36].
Si deve allora concludere che la condizione di ammissione all’istituto sia rappresentata da un presupposto oggettivo negativo: non ammettere che il risultato dello “strumento“ della composizione negoziata possa essere rappresentato dalla cessazione dell’attività d’impresa, per quanto tale esito potesse rappresentarsi più favorevole per i creditori rispetto all’apertura di altra procedura di composizione negoziale della crisi d’impresa, od alla stessa liquidazione giudiziale[37].
Se si condivide questa conclusione si può altresì ammettere che l’accesso alla Composizione negoziata sia consentito anche alla società che si trova in stato di liquidazione[38] : non rilevando tanto la condizione nella quale l’impresa versa nel momento di avvalersi dello “strumento” della Composizione negoziata, quanto piuttosto l’obiettivo perseguito di superare la situazione di “crisi” mantenendo l’esercizio dell’attività di impresa (direttamente o indirettamente)[39].
8 . Gli incentivi al superamento della situazione di crisi d’impresa attraverso il ricorso ad una procedura di composizione negoziale
La procedura di “Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’im­presa” è inserita in un quadro già ricco di istituti volti a favorire il risanamento aziendale[40]. Questi ultimi, a loro volta, furono contemporaneamente arricchiti attraverso: i) l’anticipazione della entrata in vigore di disposizioni che li avrebbero riguardati soltanto nel momento dell’avvio del “Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza”, e che invece sono state trapiantate nella legge fallimentare prima ancora dell’entrata in vigore del CCII[41]; e ii) la introduzione di “varianti” che divengono applicabili allorquando gli istituti de quibus (non vengano attivati d’emblée, ma) si presentino come una delle soluzioni individuate a seguito della conclusione delle trattative sviluppatesi nel corso di una “Composizione negoziata” (cfr. art. 23 CCII) [42].
Una valutazione comparativa tra i diversi istituti attraverso i quali l’ordina­mento giuridico concorsuale intende favorire il superamento (ovvero, per lo meno, la composizione) delle situazioni di crisi d’impresa, può essere utile per cogliere meglio i caratteri distintivi di ciascuno.
Gli “indici” utili per l’analisi differenziata che ci si propone di effettuare possono essere individuati nella presenza (o nell’assenza) dei seguenti fattori:
a)  “misure protettive”;
b)  prededuzione dei crediti sorti in funzione o in occasione della procedura;
c)  agevolazioni fiscali;
d)  esenzione dall’azione revocatoria per gli atti posti in essere in esecuzione della procedura;
e)  conservazione degli effetti prodottisi in conseguenza della procedura;
f)  esimente da responsabilità penali;
g)  estensione degli effetti degli accordi tra imprenditore e creditori ai “non aderenti”;
h)  modalità di gestione dell’impresa.
8.1 . Gli “indici incentivanti” nel Piano Attestato di Risanamento
La considerazione della disciplina del “Piano Attestato di Risanamento” evi­denzia la presenza dei seguenti “indici incentivanti”:
a)  “misure protettive”: sono totalmente assenti. Nel corso della trattativa con i creditori (o più in generale con i suoi interlocutori) l’imprenditore è esposto al rischio di subire atti di aggressione di qualsiasi natura (ipoteche giudiziali; sequestri; pignoramenti);
b)  “prededuzione”: è totalmente assente: sia in termini generali, sia per la mancanza di fattispecie particolari caratterizzate dalla prededucibilità del credito;
c)  “agevolazioni fiscali”: è presente la agevolazione rappresentata dalla neutralità fiscale dell’eventuale “stralcio” di passività pregresse (che non sono tassate alla stregua di sopravvenienze attive), alla condizione che il “Piano Attestato” sia pubblicato nel Registro delle Imprese (cfr. art. 88, comma 4-ter, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917);
d)  “esenzione dall’azione revocatoria”: è presente (art. 166, comma 3, lett. d), CCII), e con l’entrata in vigore del Codice della Crisi è stata espressamente estesa anche alla esenzione dall’azione revocatoria ordinaria: art. 166, comma 3, lett. d), ult. parte;
e)  “conservazione degli effetti”: totalmente assente per l’effetto rappresentato dalla prededuzione (neppure presente nella disciplina dell’istituto); di incerta affermabilità con riguardo all’effetto della “esenzione”, dovendosi dubitare che la effettiva sussistenza dei presupposti della stessa non possa essere rivalutata criticamente, a posteriori, nella sede giudiziale dell’eventuale proposizione dell’azione revocatoria: dovendosi forse ritenere che tale effetto inibitorio fosse conseguente al solo Piano Attestato di Risanamento c.d. “rafforzato” (in quanto conseguente ad un provvedimento di dichiarazione della improcedibilità del “concordato in bianco”, ovvero del “pre-accordo”, già pendente, a seguito dell’accertamento, da parte del Tribunale fallimentare, della “completezza e regolarità della documentazione” sottesa al “Piano” – cfr. art. 9, comma 5-bis, D.L. 8 aprile 2020, n. 23 [43]-[44] –): istituto peraltro non più in vigore, essendo scaduto il termine di operatività (31 dicembre 2022) senza che ne sia intervenuto una proroga;
f)  “esimente da responsabilità penali”: è presente con riguardo ai fatti che potrebbero costituire il presupposto dei reati di bancarotta semplice e di bancarotta preferenziale (cfr. art. 324CCII);
g)  estensione degli effetti ai creditori “non aderenti”: totalmente assente;
h)  modalità di gestione dell’impresa: la validità e la opponibilità degli atti di gestione dell’impresa non è soggetta a limitazioni ovvero a provvedimenti autorizzatori[45].
8.2 . Gli “indici incentivanti” nella Convenzione di Moratoria
La considerazione della disciplina della “Convenzione di Moratoria” eviden­zia la presenza dei seguenti “indici incentivanti”:
a)  “misure protettive”: cfr. n. 7.1.a);
b)  “prededuzione”: cfr. n. 7.1.b);
c)  “agevolazioni fiscali”: assenti;
d)  “esenzione” dall’azione revocatoria: assente;
e)  conservazione degli effetti: assente (per l’assenza di “effetti”);
f)  esimente da responsabilità penali: assente;
g)  estensione degli effetti ai creditori “non aderenti”: è conseguibile attraverso l’ottenimento dell’adesione di tanti creditori che rappresentino il 75 per cento delle passività appartenenti ad una stessa categoria, ricorrendo le condizioni dell’art. 62 CCII (che ha riprodotto la disciplina dell’art. 182 octies L. fall., come introdotto dall’art. 20, comma 1, lett. f), D.L. n. 118/2021 [46]);
h)  modalità di gestione dell’impresa: cfr. n. 7.1.h).
8.3 . Gli “indici incentivanti” nell’Accordo di Ristrutturazione
La considerazione della disciplina dell’“Accordo di Ristrutturazione” eviden­zia la presenza dei seguenti “indici incentivanti”:
a)  “misure protettive”: esistenti, ma sostanzialmente inutili.
L’art. 54, comma 2, CCII, introduce il divieto per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive o cautelari nei confronti del patrimonio del debitore, ovvero di acquisire titoli di prelazione se non concordati, ma soltanto dopo la pubblicazione della domanda di omologazione dello “Accordo” nel Registro delle Imprese. In tale momento, tuttavia, l’effetto protettivo così conseguito è inutile, in quanto:
– i creditori aderenti sono già obbligati ad adempiere all’Accordo sottoscritto giusto per il fatto di averlo condiviso;
– i creditori non aderenti non hanno alcun interesse ad ostacolare l’omo­logazione dell’Accordo, in quanto a seguito della stessa essi dovranno essere pagati integralmente (ed entro il termine massimo di 120 giorni);
b)  “prededuzione”: è consentita limitatamente ai crediti derivanti da “finanziamenti”, alla condizione di avere conseguito una autorizzazione giudiziale (di norma preventiva; successiva, invece, per i “finanziamenti-ponte”), e – talora – una “attestazione speciale” (cfr. artt. 99 e 101 CCII);
c)  “agevolazioni fiscali”: cfr. n. 7.1.c);
d)  “esenzione” dall’azione revocatoria: cfr. n. 7.1.d);
e)  esimente da responsabilità penali: cfr. n. 7.1.e);
f)  conservazione degli effetti: lo “incentivo” in parola non si presenta di facile valutazione in conseguenza di:
– perduranti incertezze sulla attribuibilità all’istituto della natura giuridica di “procedura concorsuale”, con le conseguenti incertezze sulla disciplina applicabile in ipotesi di “successione” di una procedura ad un’altra [47];
– affermazione di un orientamento favorevole ad escludere la “conservazione” degli effetti conseguenti alla omologazione dello “Accordo”, nelle ipotesi di mancato pagamento integrale dei creditori “non aderenti”, ovvero di sopravvenuta non-fattibilità del “Piano” sotteso allo “Accordo” [48].
Da notare, peraltro, la recente introduzione della previsione di un implicito “rinnovo” della omologazione (cfr. art. 58 CCII, che era stato preceduto dall’art 182-bis, comma 8, L. fall., per l’ipotesi di “modifiche sostanziali del piano”: innovazione dalla quale si dovrebbe ricavare – a seguito della mancanza di opposizioni alle modifiche, o di rigetto delle stesse – la perdurante efficacia degli “incentivi” conseguenti all’omologazione originaria);
g)  estensione degli effetti ai creditori “non aderenti”: cfr. n. 7.2.g), nell’ipotesi di Accordo di Ristrutturazione predisposto “all’esito delle trattative” svolte nel contesto di una procedura di “Composizione negoziata”, allorché il raggiungimento dell’accordo “risulti” dalla Relazione finale dell’esperto, la per­centuale del 75% si riduce al 60%.
8.4 . Gli “indici incentivanti” nel pre-accordo
La considerazione della disciplina del “pre-accordo” evidenzia la presenza dei seguenti “indici incentivanti”:
a)  “misure protettive”: esistenti, ma tardive. L’art. 54, comma 3, CCII consente all’imprenditore di richiedere la disposizione di “misure protettive” nei confronti dei possibili atti esecutivi o cautelari dei creditori “anche nel corso delle trattative”: ma ne condiziona l’accoglimento al deposito di una relazione attestativa che la proposta di accordo “ se accettata [dai creditori] è idonea ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare. Ciò postula che il “Piano”, sotteso allo “Accordo”, risulti già predisposto anche nei dettagli, e sostanzialmente ultimato: il ché riduce significativamente l’ambito cronologico della possibile “protezione”, che può collocarsi esclusivamente entro un periodo molto prossimo alla formalizzazione della adesione allo “Accordo” già predisposto, ed in procinto di essere depositato per la omologazione;
b)  “prededuzione”: totalmente assente;
c)  “agevolazioni fiscali”: totalmente assenti;
d)  “esenzionedall’azione revocatoria: totalmente assente;
e)  esimente da responsabilità penali: totalmente assente;
f)  estensione degli effetti ai creditori “non aderenti”: totalmente assente;
g)  modalità di gestione dell’impresa: cfr. n. 7.1.h).
8.5 . Gli “indici incentivanti” nel Concordato Preventivo
La considerazione della disciplina del “Concordato preventivo” evidenzia la presenza dei seguenti “indici incentivanti”:
a)  “misure protettive”: immediate e generali, ma soggette a necessaria conferma giudiziale (artt. 54 e 55 CCII);
b) “prededuzione”: presente per i crediti derivanti da “finanziamenti” (artt. 99 e 101 CCII; art. 94 CCII) e per tutti gli altri crediti sorti “per la gestione del patrimonio del debitore e la continuazione dell’esercizio dell’impresa” nel Concordato (art. 6, comma 1, lett. d), CCII);
c)  “agevolazioni fiscali”: cfr. n. 7.1.c);
d)  “esenzionedall’azione revocatoria: cfr. n. 7.1.d);
e)  “conservazione degli effetti”: assicurata dalla natura di “procedura concorsuale”;
f)  esimente da responsabilità penali: cfr. n. 7.1.f);
g)  estensione degli effetti ai creditori “non aderenti”: assicurata dal principio maggioritario (art. 177 CCII);
h)  modalità di gestione dell’impresa: l’imprenditore conserva la legittimazione a compiere gli atti di ordinaria amministrazione. Gli atti di straordinaria am­ministrazione (e i “mutui”, sinonimo di finanziamento) sono soggetti all’au­torizzazione del Giudice delegato (art. 94 CCII L. fall.). I pagamenti di debiti pregressi (con la eccezione dei pagamenti di “fornitori strategici”, se autorizzati: art. 100 CCII) e la costituzione di garanzie per debiti pregressi sono inopponibili ai creditori concorrenti.
8.6 . Gli “indici incentivanti” nella Composizione negoziata
La considerazione della disciplina della “Composizione negoziata” evidenzia la presenza dei seguenti “indici incentivanti”:
a) “misure protettive”: sono conseguibili immediatamente (art. 18, comma 1, CCII), e soggette a conferma (o modifica) giudiziale successiva [49]; sono conseguibili anche “sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa”, anche se non appartenenti al patrimonio dell’impren­di­tore; hanno carattere “unidirezionale”, perché non impediscono all’im­pren­ditore di costituire diritti di prelazione o di effettuare pagamenti; sono suscettibili di “personalizzazione” perché il tribunale, su richiesta dell’im­pren­ditore, può limitare la misura protettiva “a determinate iniziative intraprese dai creditori … o determinati creditori o categorie di creditori” (art. 19, com­ma 4, CCII); comprendono il divieto di “revoca degli affidamenti” in conseguenza dell’accesso alla procedura (art. 16, comma 5); comprendono il divieto di risoluzione dei contratti in corso ed il divieto di sospensione od interruzione delle prestazioni in favore dell’imprenditore, in conseguenza del mancato pagamento di debiti pregressi, derivante dalla produzione (e successiva conferma giudiziale) delle “misure protettive” (art. 18, comma 5); comprendono l’intervento del tribunale sui contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita, nei quali la prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa per effetto della pandemia da Sars-Cov-2, “per rideterminare equamente le condizioni del contratto” [50];
b) “prededuzione”: è conseguibile per i crediti derivanti da “finanziamenti”, au­torizzati dal tribunale, erogati da terzi, dai soci (con esclusione del limite dell’80% di cui all’art. 102, comma 1, CCII per gli Accordi di Ristrutturazione e per il Concordato preventivo); dalle società del “gruppo” (cfr. art. 22, comma 1, CCII) [51];
c) “agevolazioni fiscali”: sono previste “misure premiali” rappresentate dalla riduzione degli interessi su debiti tributari e della entità delle sanzioni (art. 25-bis);
d) “esenzionedall’azione revocatoria: è concessa con riguardo alle azioni revocatorie di cui all’art. 166, comma 2, CCII, a condizione della coerenza degli atti posti in essere con l’andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento, nonché, per gli atti di straordinaria amministrazione e per i pagamenti, a condizione della condivisione da parte dell’esperto ovvero della mancata pubblicizzazione con iscrizione nel Registro delle Imprese del suo eventuale dissenso – art. 24, comma 3 – [52];
e) “conservazione degli effetti”: la conservazione degli effetti della prededuzione è sicuramente assicurata in caso di sbocco della Composizione negoziata in un “Ac­cordo” omologato ovvero in un Concordato preventivo o un “Concordato Semplificato” omologati, ovvero nella apertura di una procedura di fallimento; di liquidazione coatta amministrativa; o di Amministrazione Straordinaria – art. 24, comma 1 –: non deve ritenersi probabilmente garantita sempre, dal momento che l’art. 22, comma 1, lett. a), b) e c) richiama - innovando rispetto al disposto del D.L. n. 118/2021 – l’art. 6 CCII, che al secondo comma recita: “La deducibilità permane anche nell’ambito delle successive procedure esecutive o concorsuali “, quindi senza fare distinzione con riguardo alla sede nella quale il credito prededucibile dovrebbe essere collocato in via preferenziale;
f) esimente da responsabilità penali: cfr. n. 7.1.f) – art. 24, comma 5 –;
g) estensione degli effetti ai creditori “non aderenti”: assente (ma in caso di so­luzione finale rappresentata dalla predisposizione di un Accordo di Ristrutturazione “ad efficacia estesa”, la percentuale delle passività di cui devono essere titolari i creditori aderenti per conseguire effetti vincolanti nei confronti dei non aderenti scende dal 75% al 60%);
h) modalità di gestione dell’impresa: cfr. n. 7.1.h) [53].

Note:

[1] 
Il presente contributo è destinato a confluire, con gli eventuali aggiornamenti ed integrazioni del caso, nella seconda edizione - di prossima pubblicazione per i tipi di Giappichelli Editore - dell'opera collettanea "Il ruolo dell'Esperto nella Composizione Negoziata per la soluzione della Crisi d'Impresa ", curata da R. Guidotti, M. Tarabusi e dall'Autore. I riferimenti contenuti in talune note hanno per l'appunto riguardo all'opera collettanea menzionata.
[2] 
In argomento v. anche infra, Capitolo VI, § 3. In generale v. comunque R. Ranalli, La governance dell’impresa in crisi: i rafforzamenti, le opportunità e i possibili sviluppi derivanti dalla composizione negoziata, in Dirittodellacrisi.it, 17 gennaio 2022.
[3] 
Su cui infra, Capitolo XI, § 1.6.
[4] 
L'articolo 6, comma 1, D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, sostituisce il Titolo II della parte Prima, trasponendo al suo interno, con gli articoli da 12 a 25 undecies, la Composizione negoziata introdotta con il decreto-legge n. 118 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 147 del 2021, e le disposizioni introdotte dagli articoli 30 ter, 30 quater, 30 quinquies e 30 sexies del decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n. 233, sulle segnalazioni dei creditori pubblici qualificati, sulla interoperabilità delle banche dati, sullo scambio di documenti nella fase delle trattative e sulla predisposizione di piani di rateizzazione per esposizioni debitorie di ammontare ridotto. La "relazione illustrativa" allo "Schema di decreto legislativo recante modifica al codice della crisi d'impresa dell’insolvenza…” del giugno 2022, spiega che “non è stato dato seguito al suggerimento di riorganizzazione delle norme del Titolo II, contenuto nel parere del Consiglio di Stato per le seguenti ragioni. L'ordine contenuto nello schema, che riproduce in gran parte l'ordine del decreto-legge n. 118 del 2021, appare sufficientemente razionale e risponde alla logica dell'immediata introduzione nel codice, invece delle segnalazioni (che riportano, anche solo idealmente, agli strumenti di allerta abrogati), del nuovo strumento di ausilio alle imprese rappresentato dalla disciplina della composizione negoziata della crisi”.
Secondo A. Cimolai, Le novità sulla composizione negoziata, in Dirittodellacrisi.it, 20 settembre 2022, “non si rilevano viceversa indicazioni né in ordine alla composizione negoziata né relativamente al concordato semplificato come oggi traslati, con le modifiche le integrazioni sopra accennate, nel Titolo II del codice. Sul presupposto che - per effetto del combinato disposto degli artt. 46, comma 1, lett. a), e 51 del D.Lgs. n. 83 del 2022 -le norme sulla composizione negoziata e sul concordato semplificato dettate dal D.L. n. 118 del 2021 sono state abrogate a partire dal 15 luglio 2022, andrà ora valutato il regime da assegnare alle composizioni avviate prima della modifica legislativa e ancora in corso”.
[5] 
Trib. Mantova, 8 agosto 2022, in DeJure. 
Dubbi sono sorti anche circa il regime normativo applicabile nel caso di procedure concorsuali avviate dopo il 15 luglio 2022 ma a seguito di procedure di Composizione negoziata definite prima di tale data. Discutendosi, in particolare, dell'applicabilità a tale fattispecie dell'art. 390 CCII, si è osservato che non essendo la composizione negoziata una "procedura" in senso proprio, essa sfuggirebbe all'applicazione di tale disposizione, con la conseguenza che il Concordato Semplificato proposto dopo il 15 luglio 2022 sarebbe regolato dal Codice della crisi e non dal D.L. n. 118/2021, benché aperto in esito ad una Composizione negoziata avviata prima della data indicata (Trib. Milano, 16 settembre 2022, in Ilfallimentarista.it).
[6] 
In argomento vedi la relazione dell'Ufficio del Massimario del ruolo della Corte Suprema di Cassazione, in data 15 settembre 2022, Nuovo Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza -attuazione della direttiva UE n. 1083 /2019 c.d. Insolvency – D.Lgs. n. 83/2022, paragrafo 5.
[7] 
G. Gambardella, Composizione negoziata: percorso ed epiloghi (in Dirittodellacrisi.it, 9 maggio 2023, 21) osserva che "il decreto ministeriale [decreto dirigenziale 28 settembre 2021, Sezione III, n. 7.3, settembre 2021].. .. espone tutti gli atti che eccedono l’ ordinaria amministrazione, trasportandosi, quindi, nell'amministrazione straordinaria: le operazioni sul capitale sociale e sull'azienda; la concessione di garanzie; il pagamento anticipato delle forniture; la cessione pro soluto dei crediti; l'erogazione di finanziamenti a favore di terzi e di parti correlate; la rinuncia alle liti e le transazioni; le ricognizioni di diritti di terzi; il consenso alla cancellazione di ipotetiche o restituzione di pegni; l'effettuazione di significativi investimenti; il rimborso di finanziamenti ai soci o a parti correlate; la creazione di patrimoni destinati e forme di segregazione del patrimonio in generale; gli atti dispositivi in genere”.
[8] 
In argomento v. P. Bastia, Prime considerazioni aziendalistiche sulla composizione negoziata della crisi, in www.ilcaso.it, 4 novembre 2021. A. Rossi, Commento all'articolo 12, in Commentario breve alle leggi su crisi d'impresa dell'insolvenza, a cura di A. Maffei Alberti, Milano, 2023, 79, afferma "la possibilità per l'imprenditore di effettuare pagamenti e stipulare contratti senza dovere sottostare al gravoso vincolo autorizzatorio previsto, ad esempio, dall'articolo 46 c.c.i.i. per la fase prenotativa del concordato preventivo ". Secondo F. Platania, La gestione dell'impresa nella ristrutturazione aziendale, in L. Lambertini e F. Platania, Il diritto commerciale della crisi, Milano, 2023, 221, “durante la fase delle trattative l'esperto ha il potere di vigilanza sulle attività gestorie dell'imprenditore che, seppure non possano portare immediatamente alla declaratoria di inefficacia dell'atto, qualora compiuto con il dissenso dell'esperto, possono, però, determinare una segnalazione destinata a porre in allarme i creditori ed eventualmente interrompere anzitempo la trattativa". Sempre a tale proposito F. Valerini e S. Gambadoro, La composizione negoziata della crisi d'impresa (artt. 12-25-undecies), in Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, III^ edizione, a cura di M. Giorgetti ed A. Bonafine, Pisa, 2023, 45, affermano che "nonostante la segnalazione dell'esperto, rimane valida la facoltà dell'imprenditore di compiere l'atto o il pagamento, ferma restando la sua responsabilità e i possibili effetti giuridici dell'atto compiuto". In argomento v. anche P. Bastia, Prime considerazioni aziendalistiche sulla composizione negoziata ecc., cit. Secondo L. Panzani, La composizione negoziata della crisi: il ruolo del giudice (in Dirittodellacrisi.it, 4 febbraio 2022, 3) “in armonia con le sue caratteristiche di fondo la composizione negoziata non incide sulla capacità dell'imprenditore, che rimane in bonis ed è quindi titolare dei poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione dell'impresa, ivi compresi i pagamenti di debiti pregressi ritenuti strategici, pur quando benefici delle misure protettive e della conseguente sospensione delle azioni esecutive, che comprende il divieto di pronunciare la sentenza dichiarativa di fallimento. I poteri di vigilanza e controllo dell'esperto riguardano l'andamento delle trattative, non la gestione. Anche l'annotazione del dissenso sugli atti di straordinaria amministrazione e sui pagamenti, perché non coerenti con l'andamento delle trattative o pregiudizievoli per i creditori, non incide sull'efficacia dell'atto, pur potendo portare alla conclusione della composizione negoziata ed al venir meno delle misure protettive ". 
[9] 
Come si avrà modo di chiarire, l'accesso alla procedura di Composizione negoziata della crisi d'impresa non è riservato soltanto alle imprese che versino in una condizione di semplice "temporanea difficoltà di adempiere ", bensì anche a quelle che versino in una condizione di crisi più marcata, sino a coincidere con l’insolvenza. Tuttavia, è evidente che l'istituto in esame è concepito soprattutto principalmente per le imprese che abbiano avvertito i primi sintomi di una difficoltà economica o finanziaria, e che versino tuttavia nella condizione di poter recuperare l'equilibrio diventato precario.
[10] 
Come mai potrebbe essere conseguito l’effetto “incentivante” della prededucibilità dei crediti derivanti dai finanziamenti erogati all’imprenditore, come è invece possibile ottenere nel contesto della “Composizione negoziata” (sia pure a condizione dell’ottenimento di apposita autorizzazione giudiziale: art. 22).
[11] 
Infra.
[12] 
Sulla quale si sta formando una opinione alquanto diffusa: I. Pagni e M. Fabiani, Introduzione alla composizione negoziata, in Fallimento, 2021, p. 1477 ss., spec. p. 1480 ss.; A. Rossi, Commento all'articolo 12, cit.; M. Fabiani, Sistemi, principi e regole del diritto della crisi d'impresa, 2023, 75; G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell'insolvenza, II^ edizione, Torino, 2022, 79; F. Lamanna, Il codice della crisi e dell'insolvenza dopo il secondo correttivo, Milano, 2022, 134; M. Ferrari, La composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa: un nuovo strumento non scevro di insidie per il creditore, in Expartecreditoris, 14 luglio 2022; F. Valerini e S. Gambadoro, op. cit., 24. In argomento vedi anche, in generale, M. Spiotta, È necessaria o inutile una definizione di procedura concorsuale (o di procedura di regolazione della crisi o di quadro di ristrutturazione)? Quando le categorie generali possono conservare funzionalità, in Dirittodellacrisi.it, 22 aprile 2022.
[13] 
S. Bonfatti, La natura giuridica dei “Piani Attestati di Risanamento” e degli “Accordi di Ristrutturazione, in IlCaso.it, 31 gennaio 2018; Cass., 25 gennaio 2018, n. 1896.
[14] 
Senza dire che la prededucibilità dei (soli crediti derivanti da) “finanziamenti” caratterizza anche gli Accordi di Ristrutturazione, che pure – ad avviso di chi scrive – non sono “procedure concorsuali” (S. Bonfatti, La natura giuridica degli Accordi di Ristrutturazione, in Riv. dir. banc., 2018, p. 1 ss.).
[15] 
Secondo F. Valerini e S. Gambadoro, La composizione negoziata della crisi d'impresa (artt. 12-25 undecies), in Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, III^ edizione, a cura di M. Giorgetti ed A. Bonafine, cit., p. 24, "quanto al presupposto soggettivo, l'istituto è accessibile da parte di qualsiasi tipologia di imprenditore, commerciale o agricolo, indipendentemente dalla natura, dalle dimensioni e dalle modalità con cui viene svolta l'attività di impresa, sia singolarmente che in gruppo”.
La condizione che la disciplina della “procedura” in commento postuli la iscrizione della richiesta della nomina dell’esperto e di una serie di circostanze nel Registro delle Imprese, induce a ritenere che non ne sia possibile l’accesso ad imprese che non vi siano a loro volta iscritte (società di fatto; società di persone irregolari). In questo senso A. Rossi, Commento all'articolo 12, cit.; Id, I presupposti della CNC, tra debiti dell’imprenditore e risanamento dell’impresa, in Dirittodellacrisi.it, 30 novembre 2021; R. Guidotti, La composizione negoziata e la direttiva Insolvency; prime note, ivi, 2 febbraio 2022, p. 7 ss.; S. Ambrosini, La nuova Composizione negoziata della crisi: caratteri e presupposti, in Ristr. aziendali, 23 agosto 2021; F. Lamanna, Il codice della crisi e dell'insolvenza ecc., cit., 136.
[16] 
In argomento v. S. Bonfatti, voce Amministrazione straordinaria, in Enc. dir., Giuffrè, Milano, 2017.
[17] 
In argomento v. S. Bonfatti, La disciplina delle crisi degli intermediari bancari e finanziari, Giuffrè, Milano, 2021, p. 15 ss.; Id., La procedura di liquidazione coatta amministrativa nel fallimento e nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Pacini Giuridica, Pisa, 2022, p. 66 ss.
[18] 
Per le imprese di assicurazione si può se mai notare che le stesse risultano soggette ad un “regime concorsuale” del tutto particolare. Per esse, infatti, vale in via preliminare il principio dettato all’art. 238, comma 1, C. Ass. (D.Lgs. n. 209/2005), secondo il quale “all’impresa di assicurazione o di riassicurazione non si applica il titolo III della legge fallimentare” (e, in prospettiva, il titolo IV del Codice della Crisi). Conseguentemente l’applicabilità degli Accordi di Ristrutturazione (e delle procedure di composizione negoziale delle crisi di impresa disciplinate in quella sede normativa: la Convenzione di Moratoria, oltre che il Concordato preventivo) è esclusa a prescindere dalla natura giuridica ritenuta attribuibile al singolo istituto. Non è (e non sarà) così per i “Piani Attestati di Risanamento”, e per la “Composizione negoziata” della crisi d’impresa (oltre che per il Concordato semplificato), in quanto istituti disciplinati in sedi normative diverse.
[19] 
Un esempio potrebbe essere rappresentato da una SGR che nel secondo semestre del­l’anno 2021 si fosse accinta a valutare le prospettive dell’esercizio successivo: constatando ad esempio che con la fine dell’anno in corso sarebbero scaduti un certo numero di Fondi Comuni di Investimento, con conseguente cessazione, a far tempo dal 1° gennaio 2022, della riscossione delle relative commissioni di gestione (in conseguenza della liquidazione dei patrimoni gestiti e della successiva ripartizione del ricavato tra i titolari delle quote dei Fondi). Laddove, magari a causa della crisi pandemica, nel corso degli anni 2020 e 2021 la SGR non avesse costituito altri Fondi Comuni di Investimento, la cessazione dei flussi rappresentati dalla scadenza dei FCI gestiti, non sostituita dalla riscossione di commissioni derivanti da nuovi FCI, avrebbe senz’altro rappresentato un grave sintomo di prevedibile crisi economico-finanziaria. Tra i rimedi possibili si sarebbe potuto allora collocare il “consolidamento” dell’indebitamen­to della SGR presso la banca (o le banche) finanziatrici, magari accompagnato dalla costituzione di garanzie e dalla erogazione, nel breve termine, di “nuova finanza”. La prospettiva di poter conseguire, nella esecuzione del “Piano” di ristrutturazione che si sarebbe reso necessario, degli effetti (esenzione dalla revocatoria; prededuzioni; esimente penale – art. 324 CCII come reso applicabile dall’art. 25 sexies, comma 8, CCII –), ben potrebbe avere suggerito di scegliere di perseguire l’accordo con le banche finanziatrici nel contesto di una “Composizione negoziata” della crisi d’impresa.
[20] 
Infra, Capitolo VI, §§ 12 e 16.
[21] 
Su cui infra, Capitolo XI, § 1.1.
[22] 
Infra, § 4.
[23] 
Infra, Capitolo VI, §§ 7 e 9.
[24] 
Infra, Capitolo IX, § 6.
[25] 
In argomento v. da ultimo M. Spiotta (Imprenditore) inadimplenti (ma ancora viable) est adimplendum?, in Dirittodellacrisi.it, 12 novembre 2021; R. Guidotti, La composizione negoziata e la direttiva Insolvency, cit., p. 66 ss.; M. Ciabattoni, Decreto legge 24 agosto 2021, n. 118: le condizioni di accesso alla Composizione negoziata della crisi e il ruolo dell’Organo di controllo, in ilcaso.it, 5 ottobre 2021.
[26] 
In argomento v. L. Jeantet, P.Vallino, L. Romanzi, D. Traversa, Composizione negoziata e liquidazione, in ildirittobancario,it., 23 novembre 2022, i quali ritengono che "il risanamento oggettivo possa corrispondere ad una liquidazione volontaria che opera una soddisfazione migliore rispetto all'alternativa equitativa giudiziale", così consentendo di avviare una procedura di Composizione negoziata della crisi d'impresa dichiaratamente rivolta a perseguire lo "sbocco" del deposito di una domanda di omologazione di un Concordato semplificato: sull'argomento si rinvia ad infra, nel testo.
[27] 
La conclusione non sarebbe condivisa dalle banche, in termini generali. Nel documento sottoposto alle banche "Composizione negoziata e strumenti di regolazione della crisi. Spunti di riflessione”, nel maggio 2023 (ABI, Position paper), l'Associazione Bancaria Italiana suggerisce che "all’art. 25 quinquies, dopo le parole ^^non può essere presentata dall'imprenditore . . . .^^ siano inserite le seguenti "qualora insolvente, ovvero …^^ ". 
[28] 
Trib. Siracusa, 14 settembre 2022 (in ilcaso.it, 1° ottobre 2022; e in Fallimento, 2023, 247, con nota di L. Panzani, L'imprenditore insolvente nella composizione negoziata), secondo il quale "l'apparente dicotomia tra le condizioni di accesso declamate dall'art 2 (ora 12) - la probabilità di crisi o insolvenza - e i riferimenti alle imprese in stato di insolvenza (seppure reversibile) sparsi nelle norme di legge (art. 9 D.L.: ora 21 CCII), nel decreto dirigenziale e nella relazione illustrativa, va risolta alla luce della distinzione tra condizioni di accesso alla composizione negoziata e presupposti per la prosecuzione delle trattative, nel senso che lo stato di insolvenza sussistente al momento dell'istanza di nomina dell'esperto e rilevato ex ante dall'imprenditore preclude l'accesso alla composizione negoziata, mentre lo stato di insolvenza che sopravvenga e venga rilevato dall'esperto nel corso delle trattative non preclude la prosecuzione del procedimento, laddove sussistano concrete prospettive di risanamento ". In questo senso, in dottrina, F. Lamanna, Il codice della crisi e dell'insolvenza ecc., cit., p. 139, secondo il quale "non può accettarsi invece la tesi, già affiorata in alcuni commenti anche sulla scia di alcune considerazioni contenute nel Documento allegato al già citato decreto dirigenziale, secondo cui anche una impresa che attualmente sia in stato di insolvenza potrebbe accedere alla composizione negoziata. L’art. 12 non legittima affatto tale conclusione, giacché il riferimento ad una semplice probabilità di insolvenza presuppone che quest'ultima, appunto, ancora non sia attuale. Nè lo legittima la direttiva UE n. 1023/2019, che riserva i quadri di ristrutturazione preventiva solo alle imprese che ancora insolventi non siano. In ultima analisi, il tenore dell’art. 12 impone di ritenere, anche alla luce orientativa della direttiva, che, per accedere alla composizione negoziata, l'insolvenza possa solo essere pronosticata come evento futuro, non invece che possa essere diagnosticata come situazione già certa e sussistente nell'attualità."
[29] 
In argomento Trib. Lecco, 2 gennaio 2023, in Dirittodellacrisi.it, secondo il quale "l'accesso al procedimento di composizione negoziata della crisi non è di per sé precluso dallo stato di insolvenza dell'imprenditore, quanto piuttosto dalla mancanza di ragionevoli prospettive di risanamento che rendono irreversibile tale condizione”; Trib. Salerno, 7 febbraio 2023, in ilcaso.it, 10 marzo 2023, secondo il quale "l'accesso al procedimento di composizione negoziata della crisi non è di per sé precluso dalla condizione di insolvenza dell'imprenditore, ma dalla sua irreversibilità, presupposto questo che costituisce anche condizione necessaria per la conferma delle misure protettive, posto che soltanto una prognosi positiva in ordine al buon esito delle iniziative assunte o prospettate per la regolazione della crisi o dell'insolvenza può giustificare un provvedimento giudiziale di compressione delle azioni dei creditori in un contesto di natura stragiudiziale, come quello della composizione negoziata, privo delle garanzie che assistono gli strumenti di regolazione della crisi o dell'insolvenza, quali gli obblighi informativi periodici e la nomina di un commissario giudiziale che riveste la qualità di pubblico ufficiale"; Trib. Ravenna, 17 marzo 2023, secondo il quale "non si ritiene, in astratto, condivisibile l'assunto pretorio (fatto proprio pure da parte del creditore opponente….) che postula l'assoluta inconciliabilità tra stato di insolvenza e composizione negoziata della crisi. Si ritiene infatti, d'accordo con la giurisprudenza largamente maggioritaria da ultimo formatasi sul punto, che l'elemento davvero dirimente consti nella reversibilità della condizione di crisi o di insolvenza, e non già sulla già raggiunta situazione di illiquidità che comporta l'impossibilità di adempimento, ogni qualvolta quest'ultima non sia divenuta irreversibile”). In argomento v. P. Bastia, Prime considerazioni aziendalistiche sulla composizione negoziata della crisi, cit.
[30] 
In argomento v. Trib. Bologna, 8 novembre 2022 (in Fallimento, 2023, 242 s.s., con nota di L. Panzani, L'imprenditore insolvente nella composizione negoziata, cit.), secondo il quale "l'imprenditore che già si trovi in stato di insolvenza può accedere alla composizione negoziata. Tale situazione non preclude l'applicazione e la conseguente conferma delle misure protettive richieste, a condizione che esse siano coerenti con il risanamento dell'impresa, così come proposto ed attuato dall'imprenditore”. L. Panzani, L'imprenditore insolvente ecc., cit., commentando le due già citate pronunce di Trib. Siracusa, 14 settembre 2022, e di Trib. Bologna, 8 novembre 2022, sulla base della ratio legis, dei lavori preparatori e di ragioni di interpretazione sistematica, conclude che l'accesso alla Composizione negoziata non è impedito all'imprenditore insolvente, purché vi siano ragionevoli probabilità di risanamento e si tratti quindi di insolvenza reversibile.
[31] 
In questo senso, di recente, N. Nisivoccia, Il ricorso alla composizione negoziata è ammissibile anche se l'insolvenza e la crisi sono già insorte e conclamate? (in il fallimentarista, 13 aprile 2023), secondo il quale "l'orientamento favorevole all'accesso alla composizione negoziata anche in caso di insolvenza appare senz'altro preferibile, perché appare corretto in se stesso. E basterebbe, anche da solo, il primo degli argomenti che lo sorreggono: se è vero che la composizione negoziata è volta al risanamento dell'impresa, e questo è indubitabilmente vero (perché le norme sono chiarissime, al riguardo, e perché lo conferma anche la relazione illustrativa che le accompagna), poco importa che l'impresa sia in crisi o insolvente solo in prospettiva o che lo sia già. Quello che importa è che il risanamento sia possibile e ragionevole, e che rappresenti una ipotesi concreta: negare l'accesso alla composizione negoziata a chi avesse reali possibilità di risanamento solo in virtù di una interpretazione letterale della norma significherebbe confondere la forma con il formalismo, l'apparenza con la realtà; significherebbe violare le norme stesse nello spirito che le anima, tradire la funzione in vista della quale sono state emanate e ridurne drasticamente la portata".
Nel senso di ritenere ammissibile l'accesso alla composizione negoziata anche all'impresa versante già in condizione di "insolvenza", v. A. Rossi, Commento all'articolo 12, cit., p. 78; D. Galletti, in ilFallimentarista, 1° settembre 2021; G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 30; F. Valerini e S. Gambadoro, op. cit., p. 23.
[32] 
L. Jeantet, P. Vallino, L. Romanzi, D. Traversa, op. cit., 3.
[33] 
In senso contrario Trib. Livorno, 8 febbraio 2023 (in ilcaso.it, 9 febbraio 2023), secondo il quale "il risanamento dell'impresa va inteso come riequilibrio finanziario e patrimoniale che consenta all'impresa di restare sul mercato e tale finalità può essere perseguita solo attraverso la continuazione dell'attività da parte dello stesso imprenditore o la cessione dell'azienda a terzi. L'obiettivo della composizione negoziata non è, quindi, la mera ristrutturazione dell'esposizione debitoria, bensì la salvezza dell'attività d'impresa”.
[34] 
L. Jeantet, P. Vallino, L. Romanzi, D. Traversa, op. cit., 2. Secondo questi AA."... anche in caso di mancata conferma delle misure protettive e di conversione della CNC in procedura maggiore, ben potrebbe perseguirsi nell'ambito del procedimento unitario una soluzione alternativa alla liquidazione giudiziale. Con il ché, non si comprenderebbe perché il medesimo percorso sia asimmetricamente possibile in tutti i procedimenti diversi dalla CNC, ma giammai nella stessa ". In senso contrario S. Rossetti, Presupposti e condizioni per l'accesso alla composizione negoziata. Il valore perseguibile: il risanamento dell'impresa (in Dirittodellacrisi.it 3 aprile 2023), secondo il quale "... sarà bensì possibile per una società in liquidazione accedere al percorso proponendo la vendita della propria azienda - se rimane sul mercato risanata - al fine di soddisfare con il ricavato i propri creditori. Viceversa, un piano meramente liquidatorio che prevedesse la dismissione atomistica dell'azienda senza salvaguardare il suo valore e, quindi, senza attuare alcun risanamento, non potrà essere proposto nell'ambito di una composizione negoziata, anche allorquando, con le dismissioni programmate, fossero integralmente soddisfatti tutti i creditori: il fine della composizione negoziata è il risanamento dell'impresa, se all'esito non resterà alcuna impresa, il percorso non potrà essere intrapreso.... Da ciò ne consegue che l'accesso al concordato semplificato non potrà essere concesso a quegli imprenditori che ex ante non avessero a disposizione un piano concreto, ragionevole e serio per il risanamento dell'impresa e che attendeva solo l'esito delle trattative per essere attuato ovvero, eventualmente, sviluppato, corretto e implementato ".                           
[35] 
In termini parzialmente differenti, e complessivamente condivisibili, si atteggia l'esempio proposto da G. Covino, L. Jeantet e P. Vallino, La scelta dello strumento ristrutturatorio in un sistema concorsuale a geometria variabile (in diritto bancario.it, 10 maggio 2023), che propongono questo esempio: “se una impresa immobiliare dispone di una manifestazione di interesse per l'acquisto del suo principale asset ad un valore inferiore a quello di perizia, ma sufficiente ad offrire un ripagamento (seppur minimo) a tutti i creditori, allora essa ben potrà avviare la composizione, dichiarare che impiegherà il periodo protetto per cercare offerte migliorative, dimostrare che l'eventuale insuccesso della ricerca non pregiudicherà la fattibilità dell'operazione se accettata dai creditori, rappresentare attraverso quali strumenti, anche implicanti un cram down, sarà possibile perfezionare l'operazione ristrutturativa e così comprovare che la mancata accettazione non pregiudicherà i presupposti di accesso ad un concordato semplificato ".
Nella relazione pubblicata in data 15 settembre 2022 la Corte di cassazione ha affermato che "il presupposto oggettivo, che va da uno stato di pre-crisi fino ad una situazione prossima o addirittura di insolvenza, purché ancora reversibile, rappresenta certamente uno degli aspetti più interessanti, e, al tempo stesso, critici, dei nuovi istituti della composizione negoziata e del concordato semplificato, che del primo può costituire un possibile sbocco, laddove le trattative abbiano esito negativo, e, tuttavia, il debitore le abbia affrontate in buona fede e in una situazione nella quale egli aveva ancora delle soluzioni concrete da offrire ai creditori, ai quali, pertanto, in ultima istanza deve imputarsi il fallimento della fase di negoziazione”.
[36] 
Secondo F. Valerini e S. Gambadoro, La composizione negoziata delle crisi d'impresa ecc., cit., 26, "si può, quindi, concludere, che il presupposto di accesso sia rappresentato dall'esistenza di concrete prospettive di risanamento, perseguibili in via diretta, tramite un accordo con i creditori che consenta la prosecuzione dell'attività d'impresa, oppure in via indiretta, tramite il trasferimento dell'azienda a terzi ".
[37] 
In ragione delle suindicate finalità della Composizione negoziata è stata negata la conferma delle misure protettive ad un imprenditore che ha prospettato la dismissione dell'intero proprio patrimonio immobiliare per soddisfare i creditori, senza adombrare alcuna concreta, quand'anche embrionale, ipotesi di risanamento funzionale alla prosecuzione dell'attività d'impresa (Trib. Bergamo, 15 marzo 2022, in OneLEGALE, https://onelegale.wolterskluwer.it). La protezione è stata negata anche a quell’imprenditore che ha proposto la liquidazione dell'attivo a favore di una società correlata con pagamento falcidiato dei creditori ma con una ripresa della continuità diretta del tutto astratta e meramente ipotetica (Trib. Ferrara, 21 marzo 2022, OneLEGALE, https://onelegale.wolterskluwer.it) - in argomento M. Spadaro, Composizione negoziata della crisi: gli orientamenti della giurisprudenza ad un anno dall'esordio, in Fallimento, 2023, 111; nonché, in generale, A. Rossi, Il presupposto oggettivo, tra crisi dell'imprenditore e risanamento dell'impresa, ivi, 2021, 1475.
[38] 
In argomento, in generale, L. Jeantet, P.Vallino, L. Romanzi, D. Traversa, Composizione negoziata e liquidazione, cit.: "Se ciò è vero, allora la sola "liquidazione" incompatibile con una composizione negoziata (o anche con un piano di risanamento) dovrebbe essere quella che veda l'entità cessare qualunque attività di impresa e procedere ad una vendita atomistica dei suoi attivi. Ma, se questa stessa entità vedesse condurre un esercizio provvisorio liquidativo e quindi non cessasse ogni attività, non dovrebbero esservi preclusioni ad inserire i relativi pagamenti nel contesto protetto di una CNC ". In argomento. v. anche S. Rossetti, Presupposti e condizioni ecc., cit., secondo il quale in linea generale lo stato di liquidazione della società non impedisce alla stessa di proporre una domanda di Composizione negoziata, anche senza programmare una revoca del proprio stato di liquidazione, allorquando il piano preveda, nei fatti, il trasferimento dell'azienda, e con il ricavato il pagamento dei creditori, ancorché, probabilmente, in modo solo parziale. L'A. osserva che "per convincersene, bisogna osservare che l'art. 12 CCII punta al risanamento dell'impresa e non, correttamente, dell'imprenditore. Deve tenersi distinto, infatti, il profilo oggettivo da quello soggettivo e convenire sul fatto che la crisi è riferibile all'attività di impresa, di cui descrive lo stato di malfunzionamento; l'insolvenza riguarda invece il soggetto di diritto divenuto incapace di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni”. In conseguenza di ciò "nell'ambito della composizione negoziata, la probabilità concreta e ragionevole di una continuità dell'impresa risanata in senso oggettivo è un fine imprescindibile ancorché l'esito del percorso dipenderà dalle trattative con i creditori". In giurisprudenza Trib. Bologna, 8 novembre 2022 (menzionata da L. Jeantet, P.Vallino, L. Romanzi, D. Traversa, Composizione negoziata e liquidazione, cit.), conclude che "diventa centrale nella valutazione da condurre nella parentesi giudiziaria attinente all'eventuale conferma delle misure protettive non tanto il punto di partenza della procedura ma il punto di approdo e cioè il risanamento dell'impresa attraverso le trattative con i creditori". In argomento v. anche M. Spadaro, Composizione negoziata della crisi: gli orientamenti della giurisprudenza ad un anno dall’esordio, cit., 113; E. Bissocoli, La presunta incompatibilità tra lo stato di liquidazione (recte: il piano di liquidazione) e la composizione negoziata della crisi d'impresa: un equivoco da evitare, in Dirittodellacrisi.it, 31 agosto 2022.
[39] 
Secondo Trib. Arezzo, 16 aprile 2022 (in Quaderni di ristrutturazioni aziendali, 2022, p. 229), “l'accordo con i creditori che preveda la totale dismissione dell'attivo è inconciliabile con la composizione negoziata della crisi, tenuto conto che l'obiettivo di tale procedura è il perseguimento di una concreta prospettiva di risanamento, inteso come l'equilibrio finanziario e patrimoniale che consenta all'impresa di restare sul mercato (obiettivo invero perseguibile, in linea di principio, anche dalla società in liquidazione, atteso che incompatibile con la composizione negoziata non è tanto lo stato di liquidazione societaria in sé e per sé considerato, quanto la sussistenza di una insolvenza irreversibile e l'assenza di una concreta prospettiva di risanamento)".
[40] 
Secondo G. Covino, L. Jeantet, P. Vallino, "La scelta dello strumento ristrutturativo in un sistema concorsuale a geometria variabile”, in www.dirittobancario.it, 10 maggio 2023, "il codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza (CCII”) prevede una dotazione di nove strumenti....” 
[41] 
Supra, § 1.
[42] 
Infra, Capitolo XI, §§ 1.2 e 1.4. In argomento v. I. Pagni e M. Fabiani, La transizione dal Codice della Crisi alla Composizione negoziata (e viceversa), in Dirittodellacrisi.it, 2 novembre 2021, p. 6 ss.
[43] 
In argomento: M. Fabiani, Il piano Attestato di Risanamento “protetto”, in Fallimento, 2020, p. 887 ss.; L. Panzani, Il mondo alla rovescia ovvero il passaggio dal concordato o accordo di ristrutturazione con riserva al piano attestato: l’originale “invenzione” del legislatore, in Dir. banc., 12 giugno 2020.
[44] 
L’applicabilità dell’art. 9, comma 5 bis, D.L. n. 23/2020 è stata estesa dal 31 dicembre 2021 al 31 dicembre 2022 ad opera dell’art. 21 D.L. n. 118/2021.
[45] 
Secondo C. Lombardi, Gli accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento e gli accordi previsti dagli artt. 23, comma 1, lett. c) e 25 quater, comma 3, CCII (in L. Lambertini e F. Platania, Il diritto commerciale della crisi, cit., 307), "l'insieme di tali norme di cui usufruisce l'imprenditore in pendenza delle trattative con i creditori, rendono senza alcun dubbio più vantaggioso il ricorso alla nomina dell'esperto nell'ambito della composizione negoziata: ciò a maggior ragione se si valuta che il piano attestato di risanamento di cui all'articolo 56 CCII costituisce uno dei possibili esiti della composizione negoziata di cui all’art. 23, comma 2, c.c.i.i.".
[46] 
A rigore la norma non pare più pretendere (ma l’omissione va superata in via interpretativa) la “omogeneità di posizione giuridica ed interessi economici” quale presupposto necessario per l’appartenenza alla categoria. 
[47] 
In argomento v. S. Bonfatti, La procedura di liquidazione coatta amministrativa ecc., cit. cap. II, n. 10, e supra n. 1.
[48] 
App. Genova, 29 settembre 2021, n. 1004, R.G. n. 874/2019, secondo la quale “l’Accordo di Ristrutturazione omologato … era inattuato in quanto non si era avverata la “condizione legale” dell’integrale pagamento, nel termine di legge, dei creditori non aderenti”; Trib. Genova, 5 luglio 2019, n. 1750, R.G. n. 2888/2017, secondo il quale alla fine del primo anno di esecuzione dello “Accordo” era “già venuta meno la condizione detta dell’integrale pagamento dei creditori non aderenti”; Trib. Milano, 4 giugno 2021, n. 4815, R.G. n. 21421/2018, ha accertato che il “piano” sotteso ad un Accordo di Ristrutturazione omologato era “completamente travisato dal mancato soddisfo dei creditori, il cui adempimento è condizione di legittimità e fattibilità dell’intero accordo.
[49] 
Infra, Capitolo VI, § 8.
[50] 
Infra, Capitolo VI, § 5. A tale proposito è necessario precisare che nel passaggio dal D.L. n. 118/2021 al Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza, tale disciplina ha subito modificazioni sulle quali sono state espresse opinioni divergenti. Secondo taluni la mancata riproduzione nel c.c.i.i. della disposizione già prevista nella seconda parte dell'articolo 10, comma 2, D.L. n. 118/2021 - secondo la quale "in mancanza di accordo... il tribunale... può rideterminare equamente le condizioni del contratto..." -, inibirebbe l'intervento dell'autorità giudiziaria sulla rideterminazione del contratto divenuto eccessivamente oneroso per l'imprenditore in stato di "crisi". Trib. Milano, 17 novembre 2022, in Dirittodellacrisi.it, afferma che "1’art. 10, comma 2, D.L. 118/2021 in punto di composizione negoziata [è una] norma significativamente non riprodotta negli artt. 12 ss. c.c.i.i.” La conclusione non è però condivisibile, perchè la ragione della mancata riproduzione è rappresentata - come si dirà - dalla circostanza che tale norma è tuttora in vigore in quanto tale. L’art. 46, comma 1, lett. b), D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, ha abrogato il comma 1 dell’art. 10 D.L. n. 118/20221, ma quanto al comma 2 ha soltanto inserito dopo le parole “L’esperto” le seguenti: “di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14”.       
Piuttosto, è vero che la disciplina della possibile “rideterminazione” del contenuto dei contratti “ad esecuzione continuata o periodica ovvero differita” si atteggia, nel CCII (art. 17, comma 5), in modo diverso da come era originariamente declinata nel D.L. n. 118/2021, convertito nella legge n. 147/2021 (art. 10, comma 2). 
In primo luogo, il CCII prevede soltanto l’iniziativa dell’Esperto, e non prevede - di per sé - il possibile intervento del Tribunale (in argomento v. F., Denozza, Crisi e rinegoziazione dei contratti tra diritto emergenziale e Codice della crisi. Prima riflessione, in Orizzonti del Diritto Commerciale (3), 2022, p. 889 ss.).
In secondo luogo, il presupposto del possibile intervento (dell’Esperto) è rappresentato dalla condizione che “la prestazione [sia] divenuta eccessivamente onerosa o che [sia] alterato l’equilibrio del rapporto in ragione di circostanze sopravvenute”, laddove il presupposto dell’applicabilità della corrispondente disciplina del D.L. n. 118/20221 era rappresentato (ed è tuttora rappresentato, per ciò che concerne il possibile intervento dell'Autorità giudiziaria) dalla condizione che “la prestazione [fosse] divenuta eccessivamente onerosa per effetto della pandemia da SARS-CoV-2”. 
Va ribadito che le disposizioni sopra richiamate sono tuttora applicabili entrambe: l’art. 17, comma 5, CCII, perché fa parte della disciplina della CNC in vigore dal 15 luglio 2022; e l’art. 10, comma 2, D.L. n. 118/2021, perché mai abrogato. Da un punto di vista tecnico quest’ultima disposizione potrebbe essere applicata alla esecuzione (differita) dell’obbligo di rimborso di un finanziamento bullet erogato in valuta straniera, allorché fossero cessate le vendite nel relativo Paese; fossero venuti meno gli afflussi della valuta straniera; ed avesse preso corpo un rischio di cambio prima insussistente (perché il rimborso del finanziamento in valuta straniera sarebbe stato effettuato utilizzando l’identica valuta affluita grazie alle esportazioni): rischio annullabile con la modificazione della clausola contrattuale di specificazione della valuta di rimborso del finanziamento (e, probabilmente, del relativo tasso di interesse), sostituendo la valuta straniera con la valuta “nazionale” dell’imprenditore.
Ancora si potrebbero ipotizzare “interventi correttivi” sui profili di carattere economico dei contratti bancari di credito – quali: il tasso di interessi; la “commissione di messa a disposizione fondi” -; ovvero sui profili concernenti l’equilibrio tra rischio e garanzia – quali la introduzione di un obbligo di restrizione della garanzia reale costituita originariamente in favore della banca, in corrispondenza della progressiva diminuzione del debito residuo -. 
Non dovrebbero ritenersi ammissibili, invece, per la impossibilità di configurare ipotesi di “obbligo alla concessione di credito”, modificazioni contrattuali incidenti sulla variazione (in aumento) dell’affidamento “accordato”, tanto in via diretta - aumento dell’affidamento in termini assoluti -; quanto in via indiretta – aumento della percentuale contrattualmente determinata della anticipazione ottenibile a seguito della presentazione di portafoglio commerciale “allo sconto”, rispetto al valore nominale dei crediti anticipati – (principio ribadito dalla conferma del divieto di ricomprendere la “concessione di credito” nei possibili "effetti estensivi" dello “Accordo di Ristrutturazione ad efficacia estesa”, e della “Convenzione di Moratoria", disposto dagli articoli 61 comma 4, e 62, comma 3, CCII).
La ratio della norma appare quella di ricostruire l’originario equilibrio – o, comunque, l’originario rapporto – tra le prestazioni dedotte nel contratto pendente, nelle ipotesi nelle quali esso sia risultato alterato, in danno dell’imprenditore impegnato in una “Composizione Negoziata”, a causa degli effetti della crisi pandemica. In tale contesto, è difficile individuare quali fattispecie potrebbero giustificare la alterazione delle condizioni contrattuali originali in materia di ammontare (in termini assoluti) del finanziamento concesso; o di rapporto (in termini relativi) tra finanziamento disponibile e valore della relativa garanzia, che si potessero giudicare compromesse in conseguenza della emergenza sanitaria (ove si ritenessero risultanti nell’ambito di applicazione individuato dal non abrogato art. 10, comma 2, D.L. n. 118/2021).
[51] 
Infra, Capitolo VI, § 6.
[52] 
Supra, § 1.1.
[53] 
Supra, § 1.1.

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Questo tipo di servizi permette di visualizzare contenuti ospitati su piattaforme esterne direttamente dalle pagine di questa Applicazione e di interagire con essi.

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Google Maps è un servizio di visualizzazione di mappe gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

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Google Fonts (Google Inc.)

Google Fonts è un servizio di visualizzazione di stili di carattere gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

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Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

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Il TITOLARE

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REV 02