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Composizione negoziata della crisi/Decreto PNRR/Novità in ambito Crisi di Impresa

Giuliano Buffelli, Dottore Commercialista in Bergamo

1 Marzo 2023

L’A. svolge una nota a prima lettura sulla modifica normativa appena intervenuta nella disciplina codicistica della composizione negoziata.
Riproduzione riservata
1 . Premessa
La composizione negoziata della crisi introdotta dal D.L. n. 118/2021 e poi assorbita nel codice della crisi e dell’insolvenza di cui al D.Lgs. n. 14/2019 modificato dal D.Lgs. n. 83/2022 (a seguire CCII) trattata nel cap. I, Titolo II artt. da 12 a 25 quinquies, è, come noto, strumento di supporto alle imprese in difficoltà di tipo negoziale, stragiudiziale o confidenziale finalizzato a gestire in modo precoce la crisi aziendale.
Il legislatore aveva ed ha riposto notevoli aspettative sull’istituto che, purtroppo dopo oltre un anno dalla sua introduzione (15/11/2021) non ha sortito gli effetti auspicati.
Il rapporto “la composizione negoziata della crisi di impresa ad un anno dall’avvio”, realizzato dall’area servizi per la finanza ed il sostegno alle imprese di Unioncamere su dati aggiornati al 15 novembre 2022 illustra l’andamento dell’istituto ad un anno della sua introduzione esaminando anche dal punto di vista quantitativo le domande formulate in tale periodo su tutto il territorio nazionale: il numero è di 475 unità. Un successivo studio dell’istituto, su dati aggiornati al 10 febbraio 2023, vede crescere le istanze di composizione negoziata a 595 unità, con una variazione percentuale di +25,26% rispetto al dato del 15 novembre. Il rapporto presenta inoltre gli esiti delle procedure sinora attivate: rispetto alle 595 istanze presentate allo stato sono 201 le istanze chiuse di cui esclusivamente 11 unità conclusesi con esiti favorevoli. Le restanti 191 presentano esito sfavorevole in maggiore misura dovuto a mancate prospettive di risanamento (44,78%) ovvero in virtù dell’esito negativo delle trattative (33,83%); da segnalare anche un 12,94% di istanze conclusesi con esito sfavorevole per la rinuncia da parte dell’imprenditore.
Appare chiaro allo stato – dalla lettura dei numeri – la scarsa efficacia e lo scarso interesse verso tale procedura in un contesto economico che avrebbe, in teoria, dovuto esprimere maggiori e migliori risposte. 
Il legislatore, preso atto di tale situazione, è intervenuto con l’art. 38 del D.L. 24/02/2023 n. 13 (disposizioni urgenti per l’attuazione del PNRR) dal titolo “disposizioni in materia di crisi di impresa”. Si legge nella relazione accompagnatoria al detto DL “le misure introdotte dall’articolo sono necessarie per un più efficiente funzionamento della riforma in materia di insolvenza, di cui al codice della crisi, novellato dal decreto legislativo 17 giugno 2022, n. 83, rientrante tra gli obiettivi del PNRR. I primi tre commi contengono misure volte ad incentivare l’accesso delle imprese alla composizione negoziata, prendendo atto delle principali difficoltà segnalate dagli operatori nei primi mesi di operatività del nuovo istituto, quali quelle legate alla gestione del debito verso l’erario o enti pubblici -che molto spesso rappresenta la voce debitoria più rilevante e, quindi, il maggiore ostacolo al risanamento dell’impresa in difficoltà- e alla opportunità della previsione di ulteriori vantaggi per i creditori che partecipano alle trattative”.
Rispetto alle prime bozze circolate del decreto-legge che prevedevano l’estensione alla composizione negoziata dell’istituto della transazione fiscale e contributiva, nella stesura definitiva del decreto di tale possibilità non se ne fa più cenno.
Si osserva come tale aspetto, a parere di chi scrive, incide sull’adeguata applicazione della composizione negoziata poiché priva la procedura di uno strumento (quale sarebbe stato la transazione fiscale) atto a consentire la gestione dell’esposizione debitoria fiscale e previdenziale in ottica di risanamento dell’impresa; ciò in favore di altre procedure che, prevedendo tale operatività pur restando in ambito semi-privatistico, potranno forse continuare ad avere maggiore appeal.
2 . Esame degli interventi
Il primo comma dell’art. 38 interviene sul comma 4 dell’art. 25 bis del codice della crisi (CCII) che attiene alle cd. Misure premiali nella composizione negoziata. L’intervento normativo prevede che in caso di temporanea situazione di obiettiva difficoltà dell’impresa, rappresentata nell’istanza sottoscritta anche dall’esperto e depositata ai sensi del comma 4 del detto articolo, nell’ipotesi di pubblicazione nel registro delle imprese: 
- del contratto previsto dall’art. 23 co 1 lettera a) (CCII)
Idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a 2 anni;
- o dell’accordo previsto dall’art. 23, comma 1, lett. c) (CCII)
sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto che produce gli effetti:
· dell’esenzione da azione revocatoria ex art. 166, comma 3, lett. d) CCII;
· dell’esenzione dai reati di bancarotta ex art. 324 CCII.
il debito dell’impresa verso l’Agenzia delle Entrate possa essere dilazionato in 120 rate mensili contro le 72 rate previste dal previgente testo del D.Lgs. n. 14/2019. 
Di fatto in termini di premialità viene riconosciuto al debitore che conclude le trattative nelle alternative suindicate la possibilità di accedere ad un piano straordinario di rateizzazione giustificato appunto dall’esistenza di una “temporanea situazione di obiettiva difficoltà”.
Considerato che la dottrina[1] aveva ritenuto non percorribile la tesi secondo cui sarebbe stato possibile prorogare di ulteriori 72 mesi la rateazione, vista la chiara formulazione delle norme ( …l’Agenzia delle Entrate concede … un piano di rateazione fino a un massimo di 72 rate mensili …) bene ha fatto il legislatore ad intervenire come è chiaramente motivato nella relazione accompagnatoria: ”La situazione di difficoltà non viene ancorata alla congiuntura economica, come prevede l’analoga disposizione contenuta nell’articolo 19 del DPR 29 settembre 1973, n. 602, perché l’agevolazione in esame, che serve al buon esito delle trattative, deve poter ricomprendere ogni situazione critica, al di là della sua origine, nell’interesse del salvataggio dell’impresa”.
 Il secondo comma del citato art. 38 consente ai creditori dell’imprenditore che accede alla composizione negoziata, ed in ipotesi di conclusione positiva delle trattative ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett. a) e c) di poter emettere nota di variazione ai fini IVA in base all’articolo 26 comma 3 bis, del D.P.R. 26/10/1972 n. 633[2].
Si ricorda come l’art. 26, comma 3 bis, D.P.R. n. 633/1972 consente al creditore (cedente/prestatore) in caso di mancato pagamento in tutto o in parte del corrispettivo da parte del cessionario o committente di recuperare l’IVA di rivalsa esposta in fattura e versata all’Erario e non incassata tramite l’emissione di una nota di variazione da registrare a norma dell’art. 25 Legge Iva portando in detrazione ai sensi dell’art. 19 l’imposta corrispondente alla variazione. Sinora, per espressa previsione del dettato normativo dell’art. 26 in trattazione, l’operatività – in ipotesi di crisi di impresa – era limitata (i) alle procedure concorsuali dalla data di assoggettamento del debitore alla procedura, (ii) agli accordi di ristrutturazione del debito ex art. 182 bis L. fall. o (iii) ai piani di risanamento attestati ai sensi dell’art. 67, terzo comma lett. d) L. fall. purché pubblicati nel registro delle imprese.
Si rammenta inoltre come il menzionato art. 26 risulti peraltro stato oggetto di recenti importanti modifiche (per effetto del cd. Decreto Sostegni -bis (D.L. n. 73/2021 conv. In L. n. 106/2021) che hanno fortemente inciso – in senso positivo – sul diritto di portare in detrazione l’importa corrispondente alle variazioni operate anticipandone la detrazione all’apertura delle procedure rispetto alla precedente versione normativa che richiedeva l’attesa della conclusione delle stesse.
In tale contesto la natura totalmente privatistica e non concorsuale della composizione negoziata aveva aperto, in ambito dottrinario, uno stimolante dibattito sulle possibilità per i creditori dell’imprenditore che ha fatto ricorso a tale procedura di poter emettere nota di variazione ex art. 26 legge IVA[3].
L’intervento del secondo comma dell’art. 38 del D.L. n. 13/2023 definisce positivamente e, secondo chi scrive, coerentemente, il dibattito, consentendo ai creditori interessati – dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese dei contratti o degli accordi dell’art. 23, comma 1, lett. a) e c) CCII la possibilità di emettere la nota di variazione ex art. 26 D.P.R. n. 633/73 consentendo quindi al creditore – per gli importi non soddisfatti – un veloce recupero dell’iva non incassata. 
Il terzo comma dell’art. 38 del decreto in trattazione interviene per facilitare e accelerare l’accesso alla procedura di composizione negoziata, considerato che l’art. 17, comma 3, lett. e), f) e g) del CCII normalmente richiede che alla domanda di accesso alla procedura siano allegati: istanza di nomina dell’esperto, certificato unico dei debiti tributari, dei debiti contributivi e per premi assicurativi, oltre alla situazione debitoria complessiva delle somme iscritte a ruolo. In tale contesto la novella normativa per consentire lo “sblocco delle numerose istanze di composizione negoziata pendenti in attesa di nomina dell’esperto” permette all’imprenditore di depositare una dichiarazione sostitutiva (art. 46 D.P.R. n. 445/2000) con la quale attesta sotto la propria responsabilità, di avere richiesto, almeno 10 giorni prima dell’istanza di nomina dell’esperto, le certificazioni sopra indicate.
Tale operatività è riconosciuta per tutte le istanze di composizione negoziata presentate (ex art. 17 CCII) alla data di entrata in vigore del decreto in argomento (25 febbraio 2023) e limitatamente a quelle presentate entro il 31/12/2023.
Tale operatività è così motivata dalla relazione accompagnatoria all’art. 38:”Come evidenziato dagli operatori del settore, dai professionisti e dal sistema camerale, tale problematica si verifica, nella maggior parte dei casi, a causa dei tempi ad oggi necessari per il rilascio delle certificazioni previste dall’articolo 17, comma 3, lettere e), f) e g), dello stesso codice della crisi d’impresa (vale a dire il certificato unico dei debiti tributari e i certificati dei debiti contributivi e per premi assicurativi previsti, rispettivamente, dagli articoli 363, comma 1, e 364, comma 1, del codice della crisi di impresa, nonché la certificazione sulla situazione debitoria complessiva rilasciata dall’agente della riscossione). Al fine di consentire la celere nomina dell’esperto e l’avvio delle trattative, si prevede che le singole certificazioni possano essere sostituite dalla dichiarazione con la quale l’impresa attesta, sotto la propria responsabilità, di avere tempestivamente presentato l’istanza per il rilascio del certificato stesso agli enti competenti. L’assenza delle informazioni contenute nelle certificazioni non crea problemi ai fini della valutazione, demandata all’esperto, di perseguibilità del risanamento, in quanto l’interoperatività delle banche dati dei medesimi enti con la piattaforma telematica nazionale, prevista dall’articolo 14 del codice della crisi, consente agevolmente l’estrazione dei dati relativi ai debiti fiscali e previdenziali dell’impresa che ha chiesto l’avvio delle trattative”.
3 . Conclusioni
Per concludere, pur recependo favorevolmente gli interventi correttivi, che rispondono all’esigenza (anche naturale dettata dalle prime applicazioni della norma) di trovare soluzioni a primi scogli operativi, si osserva nuovamente come desti perplessità la non considerazione della facoltà per l’imprenditore di accedere ad una transazione fiscale con l’erario e gli enti previdenziali. Ciò nella consapevolezza che nel contesto nazionale sono proprio l’erario e gli enti previdenziali, sovente, i creditori di peso rilevante da cui – per effetto della potenziale definizione transattiva con gli stessi – dipende l’effettivo risanamento (riequilibrio) dell’impresa.

CLICCA QUI per accedere alla News: Art. 38 del decreto-legge del 24 febbraio 2023, n. 13 “Disposizioni in materia di crisi di impresa”

Note:

[1] 
Da Il Codice della Crisi e dell’insolvenza dopo il secondo correttivo. Filippo Lamanna ed Giuffré cap. 1.2.29.
[2] 
“3-bis. La disposizione di cui al comma 2 si applica anche in caso di mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, da parte del cessionario o committente:
a) a partire dalla data in cui quest’ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale o dalla data del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-bis del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, o dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267;
b) a causa di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose”.
[3] 
La composizione negoziata per la soluzione della crisi. Riflessioni su temi che potrebbero metterne in dubbio il successo. (G. Buffelli in Dirittodellacrisi.it Agosto 2022); Vademecum della fiscalità degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza (CCII) (G. Buffelli, G.P. Rota in Dirittodellacrisi.it dicembre 2011).

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