Loading…

Saggio

La composizione negoziata della crisi: il ruolo del giudice*

Luciano Panzani, già Presidente della Corte d’Appello di Roma

4 Febbraio 2022

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Come cambia il ruolo dell’autorità giudiziaria e come si ridefinisce il perimetro della giurisdizione nella cornice della composizione negoziata? Un’approfondita riflessione tesa a cogliere implicazioni e prospettive di un sistema inedito
Riproduzione riservata
1 . Composizione negoziata e moral hazard
La composizione negoziata, introdotta nel nostro ordinamento dal d.l. 118/2021, non è certamente una procedura concorsuale. Può probabilmente essere considerata una “misura”, e quindi un segmento di un quadro di ristrutturazione nel senso indicato dagli artt. 2, par. 1, n. 1 e 4, comma 5, della Direttiva 1023/2019, ma non una procedura concorsuale. 
Come ha osservato recentemente Renato Rordorf[1], rispetto all’allerta ed alla composizione assistita disciplinati dal codice della crisi, la composizione negoziata si presenta “più agile, più economica e molto più nettamente profilata in chiave mediatoria”. Ancora, osserva Rordorf, si tratta di uno strumento che proprio per queste caratteristiche, si sarebbe tentati di definire più mite, perché, a differenza dall’allerta non è caratterizzata da “un’impostazione alquanto più burocratica e proceduralizzata [di quella alla base della sua concezione originaria n.d.r.], scandita da una molteplicità di termini di adempimento e di soglie di rilevanza, in cui sembra quasi che l’imprenditore sia chiamato a giustificarsi e difendersi piuttosto che ad essere coadiuvato, in un contesto che rischia perciò di evocare il clima di una procedura prefallimentare, rafforzato dalla previsione dell’intervento finale del pubblico ministero in caso di cattivo esito dei tentativi di risanamento”.
Questi tratti del nuovo procedimento hanno dato luogo a critiche[2], che si incentrano sulla mancanza di adeguati presidi, che evitino pratiche di moral hazard da parte dell’imprenditore, pratiche che l’esperienza dimostra essere tutt’altro che infrequenti, come insegna il boom di domande di concordato con riserva che seguì all’entrata in vigore dell’istituto, prima che il legislatore e la giurisprudenza corressero ai ripari prevedendo la nomina ab initio del commissario giudiziale e la possibilità di revoca dell’ammissione prima della scadenza del termine per la presentazione del piano.
Si lamenta in sostanza che il legislatore abbia rinunciato al saldo presidio giudiziale con la previsione della figura del giudice delegato e la possibilità d’intervento del P.M. anche al fine di chiedere la dichiarazione di fallimento.
Semplificando, si potrebbero sintetizzare le critiche nell’osservazione che mentre l’allerta e la composizione assistita presentavano un sistema caratterizzato dal ricorso da parte del legislatore al bastone e alla carota: da una parte le misure premiali, anche sulla responsabilità penale, e dall’altra il rischio che in caso di esito negativo il P.M. potesse chiedere il fallimento, la composizione negoziata prevede la carota, mantenendo le misure premiali sia pure spogliate dalla parte penale, ma non ha conservato il bastone.
Se queste sono le preoccupazioni, va detto che esse si fondano sulla mancata comprensione dei tratti fondamentali della disciplina, certamente favorita dall’impossibilità di considerare il decreto dirigenziale 28 settembre 2021 del Ministero della Giustizia, appena pubblicato, che ha chiarito con la disciplina del contenuto del test che all’imprenditore è suggerito di praticare prima di accedere al procedimento (e che in ogni caso andrà svolto insieme all’esperto una volta formulata la domanda), della lista di controllo da spuntare per procedere alla redazione del piano, e con il protocollo che scandisce le fasi del procedimento, i doveri dell’imprenditore e dell’esperto. 
In armonia con le sue caratteristiche di fondo la composizione negoziata non incide sulla capacità dell’imprenditore, che rimane in bonis ed è quindi titolare dei poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione dell’impresa, ivi compresi i pagamenti dei debiti pregressi ritenuti strategici, pur quando benefici delle misure protettive e della conseguente sospensione delle azioni esecutive, che comprende il divieto di pronunciare la sentenza dichiarativa di fallimento. I poteri di vigilanza e controllo dell’esperto riguardano l’andamento delle trattative, non la gestione. Anche l’annotazione del dissenso sugli atti di straordinaria amministrazione e sui pagamenti perché non coerenti con l’andamento delle trattative o pregiudizievoli per i creditori, non incide sull’efficacia dell’atto, pur potendo portare alla conclusione della composizione negoziata ed al venir meno delle misure protettive.
Non mancano però gli strumenti di controllo nelle mani dell’esperto e non manca neppure il controllo giudiziale sugli atti topici dell’imprenditore. 
Si tratta di un complesso di misure che possono essere guardate come un adeguato “bastone” che, se non prevede di per se stesso l’intervento del P.M., ma neppure lo esclude, rappresenta comunque un filtro adeguato contro manovre opportunistiche di imprenditori disinvolti. Società cartiera, evasori fiscali, bancarottieri non potranno avvalersi dell’istituto. 
Ci limiteremo a qualche accenno per quel che riguarda l’esperto, le cui funzioni sono già oggetto di altri interventi, al solo scopo di meglio introdurre qualche riflessione sul ruolo del giudice.
La composizione negoziata non sfocia immediatamente nelle trattative tra l’imprenditore ed i creditori. L’art. 5, comma 5, del d.l. 118 prevede infatti che l’esperto, accettato l’incarico, convochi senza indugio l’imprenditore per valutare l’esistenza di una concreta prospettiva di risanamento, anche alla luce delle informazioni assunte dall’organo di controllo e dal revisore, ove in carica. Soltanto quando ritiene che le prospettive di risanamento siano “concrete”, l’esperto incontra le altre parti interessate al processo di risanamento.
Il decreto dirigenziale meglio articola i doveri dell’esperto e dell’imprenditore a questo proposito. Il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento permette di valutare il rapporto tra “l’entità del debito che deve essere ristrutturato e quella dei flussi finanziari liberi che possono essere posti annualmente al suo servizio”. Tale rapporto (punto 4 del test) consente di valutare se siano sufficienti iniziative industriali o se si debba pensare alla cessione dell’azienda, con l’avvertenza che in assenza di un MOL positivo occorre comunque pensare ad iniziative in discontinuità rispetto alla normale gestione. 
Questi accertamenti che l’imprenditore compie con il test (eventualmente, ove non abbia provveduto prima, insieme all’esperto subito dopo la sua nomina) sono seguiti dalla redazione della lista di controllo, dove la stessa operazione viene confrontata con il piano predisposto o in corso di redazione da parte dell’imprenditore (si veda in particolare la sezione 5).
I punti 2.4 e ss. del Protocollo precisano che lo stato d’insolvenza in sé non è incompatibile con l’avvio delle trattative, ma sottolineano che “a fronte (i) di una continuità aziendale che distrugge risorse, (ii) dell’indisponibilità dell’imprenditore a immettere nuove risorse, (iii) dell’assenza di valore del compendio aziendale, le probabilità che l’insolvenza sia reversibile sono assai remote indipendentemente dalle scelte dei creditori, e dunque che in questi casi è inutile avviare le trattative”. Ed ancora “quando l’esito del test online indica che il risanamento dipende dall’efficacia e dall’esito delle iniziative che si intendono adottare in discontinuità rispetto alla normale conduzione dell’impresa (iniziative industriali, modifiche del modello di business, cessioni o cessazione di rami di azienda, aggregazioni con altre imprese), l’esperto, prima di sciogliere la propria riserva, compie gli opportuni approfondimenti esaminando il piano di risanamento” (punto 2.6). Infine “qualora l’esperto reputi che il risanamento possa avere luogo in via indiretta attraverso la cessione dell’azienda o di rami di essa, dovrà tener conto delle concrete manifestazioni di interesse eventualmente ricevute dall’imprenditore o da terzi, delle ragionevoli stime delle risorse realizzabili pur in assenza degli effetti dell’articolo 2560, secondo comma, del codice civile, e della loro adeguatezza a consentire il raggiungimento di un accordo con i creditori” (punto 2.7).
Il successivo punto 2.8 ribadisce quanto disposto dall’art. 5, comma 5, ultima parte, del d.l. 118 e cioè che “in qualunque momento, nel corso dello svolgimento dell’incarico, l’esperto ravvisi che non sussista o che sia venuta meno ogni concreta prospettiva di risanamento dell’impresa, anche in via indiretta attraverso la cessione dell’azienda o di suoi rami, redige una relazione che inserisce nella Piattaforma Telematica e comunica all’imprenditore; in caso di misure protettive e cautelari la trasmette al tribunale, mediante accesso al fascicolo telematico , affinché questo possa pronunciarsi sulla conferma degli effetti e in ogni caso dichiararne la cessazione”.
Il controllo dell’esperto sulla proposta che l’imprenditore sta sviluppando è dunque rigoroso. La violazione delle regole previste dal decreto dirigenziale, che trovano la loro fonte nei principi stabiliti dal decreto legge, è fonte di responsabilità per l’esperto sia sul piano della responsabilità civile sia, eventualmente, sul piano della responsabilità penale sotto il profilo del concorso con l’imprenditore nell’aggravamento del dissesto o nella bancarotta fraudolenta per il compimento di operazioni dolose. 
Una volta iniziate le trattative l’imprenditore, come si è detto, ha la piena disponibilità della gestione dell’impresa. Egli tuttavia deve rispettare il vincolo generale previsto dall’art. 2, comma 1, del d.l. che sia ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa e che, ai sensi dell’art. 9, comma 1, non vi sia pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’attività. A tale proposito il punto 7.5 del Protocollo rileva che “dinanzi ad uno stato di crisi, è opportuno che l’esperto ricordi all’imprenditore che deve gestire l’impresa per evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’attività”. A tale proposito si aggiunge: “non vi è di norma pregiudizio per la sostenibilità economico-finanziaria quando nel corso della composizione negoziata ci si attende un margine operativo lordo positivo, al netto delle componenti straordinarie, o quando, in presenza di margine operativo lordo negativo, esso sia compensato dai vantaggi per i creditori, derivanti, secondo una ragionevole valutazione prognostica, dalla continuità aziendale (ad esempio, attraverso un miglior realizzo del magazzino o dei crediti, il completamento dei lavori in corso, il maggior valore del compendio aziendale rispetto alla liquidazione atomistica dei beni che lo compongono)”. Infine “con le trattative in corso e ancora sussistendo concrete prospettive di risanamento, la gestione, in caso di insolvenza, dovrà avvenire nel prevalente interesse dei creditori”. 
Quest’ultimo vincolo non era indicato direttamente dal decreto legge nella sua stesura originaria, ma è ora espresso con chiarezza dall’art. 9, primo comma, nel testo modificato dalla legge di conversione 21 ottobre 2021, n. 147. La norma afferma che l’imprenditore in stato di crisi gestisce l’impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell’attività. Quando nel corso della composizione negoziata risulta che l’imprenditore è insolvente, ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l’impresa nel prevalente interesse dei creditori. 
Il legislatore ha dunque meglio articolato la previsione dell’art. 2086, comma 2, c.c. che fa obbligo all’imprenditore una volta che sia emersa una situazione di crisi o di insolvenza, di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.
In caso di insolvenza la composizione negoziata può proseguire soltanto quando sia questione di insolvenza reversibile ed esistano quindi concrete prospettive di risanamento. In caso di crisi deve essere garantita la sostenibilità economico-finanziaria dell’attività con la conseguenza, che si è già illustrata, che la gestione caratteristica sia attiva o generi perdite che non sono di pregiudizio per i creditori perché salvaguardano la continuità aziendale e quindi il maggior valore dell’azienda rispetto all’ipotesi liquidatoria. 
Le indicazioni dell’art. 9, primo comma, riguardano la composizione negoziata, ma hanno un chiaro valore di sistema e possono essere invocate per integrare e chiarire le prescrizioni dell’art. 2086 ed anche i doveri degli amministratori nella gestione conservativa che segue ad una causa di scioglimento. 
Ne deriva, pertanto, che l’esperto ha chiare indicazioni da seguire per quanto concerne i limiti entro i quali può essere coltivato il tentativo di raggiungere un accordo con i creditori. Ed anche qui qualora se ne discosti, può concorrere nella responsabilità relativa all’aggravamento del dissesto.
Per quanto riguarda gli atti soggetti all’autorizzazione del tribunale (atti di straordinaria amministrazione, finanziamenti in prededuzione, cessione di azienda, rinegoziazione dei contratti con intervenuta alterazione del sinallagma) l’esperto dovrà esprimere i pareri previsti dalla legge. Il Protocollo ai punti da 10 a 12 indica con chiarezza il contenuto tecnico di tali pareri. Per quanto concerne i finanziamenti in prededuzione da erogare nel corso della composizione negoziata l’esperto – si dice – deve valutare la funzionalità del finanziamento ad evitare un danno grave ed irreparabile alla continuità aziendale, anche se l’art. 10, co. 1, del d.l. parla più genericamente di funzionalità dell’atto alla continuità aziendale ed alla migliore soddisfazione dei creditori. Ne deriva, secondo il decreto dirigenziale, che i finanziamenti debbono essere funzionali al ciclo degli approvvigionamenti ovvero essere funzionali per ristabilire la regolarità del pagamento delle imposte e quella del DURC per evitare sospensioni ed interdizioni alla partecipazione a gare. La migliore soddisfazione dei creditori si articola in un MOL positivo nel corso della composizione negoziata o, nell’ipotesi di MOL negativo, quantomeno in vantaggi per i creditori derivanti dalla continuità aziendale. 
Quando invece i finanziamenti riguardino l’esecuzione del piano nell’ambito delle soluzioni di uscita dalla composizione negoziata (il contratto, la moratoria, il piano attestato e gli accordi di ristrutturazione previsti dai commi 1 e 2 dell’art. 11 del d.l.) sarà sufficiente che l’esperto sottolinei le utilità per i creditori confrontate con le soluzioni alternativamente praticabili, di regola la liquidazione fallimentare. 
Nel caso di autorizzazione alla cessione d’azienda l’esperto pone in essere una serie di attività in pendenza di trattative di cui la più importante (punto 12.2) è l’individuazione dei potenziali acquirenti attraverso procedure competitive, in modo da sgombrare il campo dal timore di scelte in danno ai creditori (punto 12.1). Le offerte (punto 12.3) debbono essere per quanto più possibile a contenuto determinato, vincolanti, sottoscritte ed accompagnate da garanzie. In sede di audizione da parte del tribunale l’esperto dovrà riferire su queste attività, sulle modalità con cui si è arrivati ad individuare l’acquirente ed alla determinazione del prezzo. 
Anche qui va sottolineato che la legge di conversione ha modificato l’art. 10, lett. d) aggiungendo la previsione che con l’autorizzazione alla cessione il tribunale deve dettare le misure opportune, tenendo conto delle istanze delle parti interessate, al fine di tutelare gli interessi coinvolti. Ne deriva che il tribunale potrà stabilire regole per la ricerca dell’acquirente o per l’espletamento della gara ed anche, posto che l’acquirente non risponde dei debiti pregressi in deroga all’art. 2560, comma 2, c.c., per l’accantonamento del prezzo a garanzia dei creditori.
Per quanto concerne le misure protettive, in sede di conferma l’esperto rappresenta al tribunale (punto 6.3) lo stato delle trattative, l’attività svolta e l’esito dei controlli sul test pratico e sulla lista di controllo. Nel caso di proroga egli indica la praticabilità del risanamento dell’impresa e la necessità di prorogare le misure per salvaguardare l’esito delle trattative. Così pure segnala al tribunale ogni elemento determinante per la revoca o abbreviazione quando non garantiscano più il buon esito delle trattative od appaiano sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori
Anche in caso di rinegoziazione l’esperto cerca di raggiungere un accordo tra le parti scongiurando il ricorso al tribunale. Se non vi riesce riferisce al tribunale sull’andamento delle trattative a tal fine, quando le parti vi consentano, ed altrimenti indica se la rinegoziazione del contratto possa effettivamente assicurare la continuità aziendale ed in quali tempi (punto 11.2).
I pareri che l’esperto deve rendere non sono generici. Il loro oggetto si ricava dal complesso della disciplina di legge ed Protocollo ne ha ulteriormente determinato il contenuto articolando il principio legislativo secondo le regole della buona tecnica aziendale. Il risultato complessivo è una rete robusta di principi e di metodi che non lasciano molti spazi di manovra all’imprenditore disattento e nessuno a chi voglia porre in essere manovre illecite.
2 . Il ruolo del giudice
La composizione negoziata si svolge al di fuori delle aule giudiziarie, come del resto già era previsto per la composizione assistita dal codice della crisi. Non dovrebbe quindi, in teoria, configurarsi un problema d’intervento del giudice in un procedimento che: a) non è una procedura concorsuale; b) può concludersi, ai sensi dell’art. 11 del d.l. 118, con vari esiti, alcuni dei quali corrispondono all’apertura di una procedura concorsuale, che può anche essere il fallimento (art. 11, co. 3, lett. c). A quel momento dovrebbe guardarsi per valutare la rilevanza ed i termini dell’intervento del giudice. Così non è. 
Come abbiamo visto il tribunale, e si tratta del tribunale competente ex art. 9 l.fall. quindi, ragionevolmente[3] il tribunale fallimentare, interviene con provvedimenti autorizzativi con riguardo ai momenti topici del procedimento di composizione negoziata dove non può essere sufficiente la mera libertà dell’imprenditore in bonis di gestire l’impresa nel modo ritenuto più ragionevole o l’eventuale consenso di alcuni creditori. Il riconoscimento della prededuzione sui finanziamenti non è diretta a supplire un difetto di capacità d’agire dell’imprenditore, che, come si è già detto, è in bonis, ma a permettere il riconoscimento di tale condizione del credito nelle successive procedure concorsuali che potranno essere aperte in futuro. L’autorizzazione alla cessione d’azienda mira a consentire la deroga al disposto dell’art. 2560, co. 2, c.c. e dunque all’accollo ex lege dei debiti pregressi che risultano dalle scritture contabili obbligatorie all’acquirente, realizzando così un effetto purgativo[4] della vendita che è altrimenti riservato all’esecuzione forzata. Il provvedimento che modifica le condizioni contrattuali deroga al disposto dell’art. 1372 c.c. in ragione di una situazione eccezionale conseguente alla pandemia e richiede quindi l’autorità del giudice. La conferma, proroga o revoca delle misure protettive o cautelari di nuovo deroga al regime ordinario di tutela dei creditori in ragione dell’interesse, ritenuto a determinate condizioni prevalente, alla prosecuzione delle trattative con il debitore. 
In tutte queste situazioni, eccezion fatta per la rinegoziazione[5], anche la Direttiva 1023/2019 sui quadri preventivi di ristrutturazione riconosce necessario l’intervento del giudice. Nella procedura di ristrutturazione prevista dalla Direttiva la proposta del debitore non richiede sempre l’approvazione del giudice, ma tale provvedimento non può mancare se il piano prevede l’apporto di finanza nuova (art. 10, par. 1, lett. b), anche se il riconoscimento della prededuzione può essere previsto direttamente ex lege (art. 17, par. 4). La cessione d’azienda dovrà essere regolata dal piano (art. 8, par. 1, lett. g, i, in relazione all’art. 2, par. 1, n. 1) e sarà quindi nella maggior parte dei casi oggetto di autorizzazione da parte del giudice attraverso l’approvazione del piano stesso. La sospensione delle azioni esecutive individuali può richiedere, se gli Stati membri lo ritengono, l’intervento del giudice ed altrettanto è previsto in caso di proroga o revoca (art. 6, par. 7 e 9). 
Anche le analogie con la Direttiva mostrano che nella composizione negoziata il tribunale rimane apparentemente sullo sfondo, ma svolge in realtà un compito di grande importanza. 
Il tribunale, che provvede sempre in composizione monocratica, salvo il reclamo attribuito al collegio di cui non può far parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato, può o deve avvalersi di un ausiliario nominato ai sensi dell’art. 68 c.p.c. il cui parere si aggiunge e può prevalere rispetto a quello dell’esperto. Nel caso delle misure protettive e dei provvedimenti cautelari provvede nel contraddittorio delle parti, dopo aver sentito tutti coloro che sono pregiudicati dalla misura adottata. Il legislatore ha quindi tutelato adeguatamente tutti coloro che sono incisi dal provvedimento, dando voce ai creditori e ai terzi danneggiati dalla misura o dal provvedimento cautelare, con gli strumenti del contraddittorio[6] e della rapida successiva decisione. 
La tutela dei creditori è dunque diretta, conseguente alle difese o alla richiesta di revoca del soggetto pregiudicato, non indiretta ed avulsa dal contraddittorio processuale come avviene nel concordato preventivo dove il giudice sino all’omologazione non sente i creditori e gli altri soggetti coinvolti. Il giudice svolge quindi il suo compito istituzionale: è soggetto terzo ed imparziale, chiamato a dirimere un conflitto tra le parti, imprenditore e creditori o altri soggetti terzi pregiudicati (soprattutto nel caso delle misure protettive), mai coinvolto, neppure indirettamente, nelle scelte gestionali dell’impresa. A differenza dal concordato preventivo il giudice non decide sul contrasto di valutazioni tra l’attestatore indipendente scelto dall’imprenditore ed il commissario giudiziale di nomina giudiziale, ma sul conflitto concreto tra le parti. Non rischia di tutelare posizioni astratte, ma affronta una reale situazione di contrasto, contrasto che può anche mancare ed anche questa circostanza può assumere rilevanza ai fini della decisione.
Il giudice è certamente estraneo alla composizione negoziata perché non la dirige e non ha poteri autoritativi nei confronti né dell’esperto né delle altre parti coinvolte. Non ha neppure funzioni di monitoraggio e vigilanza. Gli sono invece attribuiti specifici poteri di garanzia, che senza incidere direttamente sulla composizione negoziata, consentono o impediscono di fatto che possano essere utilmente compiuti gli atti chiave: l’accesso ai finanziamenti per i quali la prededuzione è vitale, la cessione di azienda, la rinegoziazione dei contratti pendenti. Ancora il giudice decide sulle misure protettive e sui provvedimenti cautelari nel conflitto tra interesse del debitore ed interessi dei creditori. 
Se valutiamo complessivamente il ruolo dell’esperto e quello del giudice, del tribunale fallimentare, possiamo concludere che le trattative possono avviarsi soltanto se vi sono le condizioni per un possibile successo, condizioni che l’esperto deve verificare, rispettare e far rispettare. Anche la loro prosecuzione è legata a queste medesime condizioni. La stessa gestione dell’impresa è libera, ma ai sensi dell’art. 9 deve svolgersi in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico finanziaria dell’attività e, se vi è insolvenza, deve essere orientata a perseguire l’interesse dei creditori. 
Anche la concessione delle misure protettive e cautelari è subordinata al rispetto di regole rigorose, prima tra tutte come chiarisce l’art. 7, comma 6, del d.l., assicurare il buon esito delle trattative e la proporzionalità rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori. 
La preoccupazione che la composizione negoziata apra la strada a tentativi inconcludenti di ristrutturazione, che rappresenti una limitazione dei preesistenti livelli di tutela dei creditori non sembra fondata, a condizione naturalmente che non si affermino prassi contra legem, indulgenze inaccettabili. Va peraltro detto che anche il presidio del giudice nella sua articolazione tradizionale ha dei costi. Garantisce il rispetto delle regole, ma orienta inevitabilmente la gestione in termini conservativi. Inoltre, come insegnano episodi della nostra storia economica, non sempre è stata sufficiente ad impedire l’apertura di procedimenti quando la pressione sociale e sindacale, legata al ruolo chiave di alcune imprese ed al numero di posti di lavoro in gioco, è stata rilevante.
3 . Ancora sulle misure protettive e cautelari
L’imprenditore può domandare l’applicazione di misure protettive del patrimonio ai sensi dell’art. 6 del d.l. con l’istanza di nomina dell’esperto o con successiva domanda, presentata sempre attraverso la piattaforma telematica della camera di commercio. L’istanza di applicazione delle misure è pubblicata nel registro delle imprese, unitamente all’accettazione dell’esperto se contestuale all’istanza di nomina di quest’ultimo. Spiega la legge che dal giorno della pubblicazione i creditori non possono acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore né possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa. Non sono vietati i pagamenti spontanei. 
Il meccanismo previsto dal legislatore, salvo che per i pagamenti, è lo stesso che regola la sospensione delle azioni esecutive nel concordato preventivo secondo il codice della crisi. L’effetto cautelare sospensivo è automatico ed è ricollegato alla formulazione della domanda di nomina dell’esperto o alla richiesta delle sole misure, se successiva, per il tramite della piattaforma telematica della camera di commercio. Esso però ha una breve durata e la sospensione deve essere confermata dal giudice. Ai sensi dell’art. 7, co. 1, con ricorso presentato lo stesso giorno al tribunale competente ai sensi dell’art. 9 l.fall. e quindi al tribunale della sede dell’impresa, l’imprenditore chiede la conferma o la modifica delle misure protettive ed ove occorra, l’adozione dei provvedimenti cautelari necessari per condurre a termine le trattative. 
Va infatti sottolineato che il legislatore ha affiancato alle misure protettive quelle cautelari che, a differenza dalle prime, scattano soltanto a seguito di un provvedimento del giudice. 
La possibilità di chiedere provvedimenti cautelari, sia tipici che atipici, rappresenta un’innovazione di notevole importanza, la cui concreta portata dovrà verosimilmente essere chiarita dalla giurisprudenza, sia pur nell’ambito dei principi generali che regolano questo tipo di tutela. L’intero procedimento segue le regole del processo cautelare uniforme.
Questi provvedimenti debbono essere necessari per condurre a termine le trattative e debbono dunque essere idonei a vincere una resistenza ingiustificata di un creditore o di un altro soggetto che sia parte della composizione negoziata. Pare evidente che deve sussistere il requisito dell’urgenza ed il fumus. Non vi è infatti nella legge nulla che autorizzi a ritenere possibile una deroga ai diritti legittimamente fatti valere dai creditori e dalle altre parti che partecipano alla composizione negoziata.
Torniamo alle misure protettive. Entro trenta giorni dalla domanda l’imprenditore deve chiedere la pubblicazione sul registro delle imprese del numero di ruolo generale del procedimento instaurato. La mancata o ritardata presentazione dell’istanza di conferma o modifica e la mancata richiesta della pubblicazione del numero di ruolo generale sono causa d’inefficacia delle misure. Il decorso del termine di trenta giorni senza che sia stata chiesta la pubblicazione del numero di R.G. è causa di cancellazione dell’istanza di richiesta delle misure protettive dal registro delle imprese. 
La pubblicità del numero di ruolo generale mira a verificare che l’imprenditore abbia chiesto al tribunale la conferma delle misure protettive lo stesso giorno in cui ha inserito sulla piattaforma telematica l’istanza di applicazione delle misure stesse. Ciò spiega il rigore del legislatore nel regolare le conseguenze della mancata pubblicazione sul registro delle imprese: l’omesso o il ritardato deposito del ricorso è causa di inefficacia delle misure che deve essere dichiarata dal tribunale.
Segue la fissazione dell’udienza da parte del tribunale entro dieci giorni dal deposito del ricorso. Come si è detto il tribunale non fissa l’udienza e dichiara invece l’inefficacia delle misure protettive se accerta che il ricorso non è stato depositato lo stesso giorno in cui è stata inserita sulla piattaforma telematica la richiesta di applicazione delle misure stesse. Gli effetti delle misure protettive cessano anche nel caso in cui il giudice non fissi l’udienza nel termine di dieci giorni dalla presentazione del ricorso previsto dall’art. 7, co. 1[7]. 
E’ previsto che l’udienza venga preferibilmente tenuta con sistemi di videoconferenza. Il decreto è notificato dal ricorrente con le modalità indicate dal tribunale ai sensi dell’art. 151 c.p.c., tribunale che deve prescrivere le forme di notificazione opportune per garantire la celerità del procedimento. Tali modalità dovranno tener conto dell’elenco dei creditori depositato dall’imprenditore insieme al ricorso. Per ognuno di essi deve essere indicato l’indirizzo PEC se disponibile oppure l’indirizzo di posta elettronica non certificata per il quale sia verificata o verificabile la titolarità della casella. Poiché peraltro l’indirizzo di posta elettronica non certificata non consente di verificare l’effettivo buon fine della comunicazione, il tribunale dovrà prescrivere le forme di notificazione opportune per i casi in cui non vi siano indirizzi PEC disponibili. Va tuttavia tenuto presente che in linea di principio i creditori sono imprenditori, tenuti ad iscrivere l’indirizzo PEC a registro imprese. 
Ai fini del contraddittorio occorre anche tener presente il disposto dell’art. 7, co. 4, secondo il quale se le misure protettive o i provvedimenti cautelari richiesti incidono sui diritti dei terzi, costoro devono essere sentiti.
Il tribunale deve sentire le parti, da intendersi come l’imprenditore ed i creditori ed i terzi incisi dalle misure protettive e dai provvedimenti cautelari, l’esperto e provvede omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio. Procede agli atti di istruzione indispensabili avvalendosi, ove occorra, di un ausiliario nominato ai sensi dell’art. 68 c.p.c.
Le valutazioni espresse dall’imprenditore, dai creditori e dai terzi, oltre che dall’esperto, possono pertanto essere oggetto di verifica anche tecnica per il tramite dell’apporto dell’ausiliario. Il tribunale provvede con ordinanza con la quale stabilisce la durata delle misure protettive e dei provvedimenti cautelari che non potrà essere inferiore a trenta e superiore a 120 giorni. 
Occorre chiarire qual è l’oggetto del sindacato del tribunale. Il legislatore indica soltanto indirettamente le finalità delle misure, che non sono precisate nell’art. 6 del d.l., probabilmente perché tale norma si occupa soltanto dell’effetto automatico della protezione che discende direttamente dall’istanza dell’imprenditore.
Tuttavia l’art. 7, comma 5, chiarisce che la proroga può essere disposta per il tempo necessario per assicurare il buon fine delle trattative e il comma 6 prevede che le misure possano essere revocate o che ne possa essere abbreviata la durata quando non soddisfano l’obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiono sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti.
Si può dunque ritenere che lo scopo delle misure, anche se il legislatore non l’ha detto espressamente, sia di garantire il buon fine delle trattative. La relazione illustrativa al decreto legge indica anche l’obiettivo di mettere il patrimonio dell’imprenditore al riparo da iniziative che possono mettere a rischio il risanamento dell’impresa. E’ questa la funzione tradizionale delle misure protettive che seguono all’apertura di una procedura concorsuale: evitare la dispersione del patrimonio e dei beni con cui viene esercitata l’attività d’impresa, la conseguente compromissione della continuità aziendale che potrebbe seguire alle azioni esecutive dei creditori ed anche l’alterazione dell’ordine delle cause di prelazione in vista dell’apertura del concorso. Tale obiettivo, pur non espressamente enunciato, risulta con sufficiente chiarezza proprio dal contenuto delle misure qual è esplicitato dall’art. 6, comma 1, del d.l.: divieto per i creditori di acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore e di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa. 
Ci si può domandare se questa finalità abbia valore assoluto. Nel regolare la proroga o la revoca delle misure il legislatore non considera il rischio di dispersione del patrimonio o la compromissione della continuità aziendale, ma soltanto l’interesse alla prosecuzione delle trattative a fronte del pregiudizio che ne deriva per i creditori, pregiudizio che è in re ipsa, ma che ai sensi dell’art. 7, comma 6, non può essere sproporzionato rispetto all’esigenza di garantire tale prosecuzione. Non si fa qui cenno del rischio di dispersione del patrimonio o di compromissione dell’attività d’impresa. A fronte di trattative che non vanno a buon fine il tribunale non potrebbe prorogare o non abbreviarne la durata per consentire all’imprenditore di chiedere l’omologa di un accordo di ristrutturazione ai sensi dell’art. 11, comma 2, del d.l. o di accedere ad una procedura concorsuale ai sensi del comma 3 dello stesso articolo. Questa lettura sarebbe confermata anche dal decreto dirigenziale. Il punto 6.4 del Protocollo indica che l’esperto esprime il proprio parere in merito “alla sussistenza, a quella data, della praticabilità del risanamento dell’impresa, anche in via indiretta, e all’esigenza di prorogare le misure protettive per salvaguardare l’esito delle trattative”. 
L’istanza di revoca o abbreviazione della durata delle misure può provenire anche dall’esperto, che è certamente il primo a comprendere che le trattative non possono andare a buon fine. L’esperto, ai sensi dell’art. 5, comma 5, del d.l. quando non ravvisa concrete prospettive di risanamento, all’esito della convocazione dell’imprenditore o in un momento successivo, ne dà notizia a quest’ultimo e al segretario generale della camera di commercio che dispone l’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata. Il comma 8 aggiunge che l’esperto redige la relazione finale che comunica all’imprenditore e, in caso di concessione delle misure protettive e cautelari, al giudice che le ha emesse che ne dichiara cessati gli effetti.
Di conseguenza se l’esperto chiede la riduzione della durata delle misure anziché redigere la relazione finale e far decadere le misure tout court, vuol dire che egli ritiene che vi sia ancora una possibilità di esito favorevole delle trattative. La riduzione del termine può essere usata per incentivare le parti a rompere gli indugi e per vincerne le resistenze. Per quanto si è sin qui osservato l’esperto non potrebbe richiedere l’abbreviazione della durata delle misure come “ponte” in vista dell’apertura di una procedura concorsuale che non sia lo sbocco delle trattative stesse, esito questo certamente lecito e possibile non solo nel caso in cui sia individuata una soluzione idonea al superamento della situazione di crisi o insolvenza ai sensi dell’art. 11, comma 1, del d.l., ma anche nell’ipotesi in cui l’imprenditore richieda l’omologa di un accordo di ristrutturazione ad efficacia estesa con riduzione della percentuale di adesione dei creditori al 60% perché il raggiungimento dell’accordo risulta dalla relazione finale dell’esperto. Si potrebbe infine immaginare che la riduzione della durata delle misure protettive possa essere oggetto della richiesta dell’esperto anche nel caso in cui l’imprenditore proponga la domanda di concordato semplificato ex art. 18 del d.l. e dalla relazione finale dell’esperto risulti che la proposta concordataria si fonda su di un contenuto sul quale si era già formato il consenso di una parte significativa di creditori nel corso delle trattative, sì che tale proposta si palesi essere una naturale prosecuzione delle trattative stesse.
Ma la lettura su cui si fondano le considerazioni sin qui svolte è l’unica possibile. Davvero la prosecuzione delle misure protettive non può rappresentare un ponte in vista dell’avvio di un’altra soluzione della crisi d’impresa? 
L’art. 5, comma 7, del d.l. 118 prevede che l’incarico dell’esperto possa proseguire non soltanto quando vi è richiesta in tal senso di tutte le parti, ma anche quando la prosecuzione dell’incarico è resa necessaria dal ricorso dell’imprenditore al tribunale ai sensi degli artt. 7 e 10, cioè nel caso di richiesta delle misure protettive e delle autorizzazioni ai finanziamenti ed alla cessione di azienda. 
La prosecuzione dell’incarico dell’esperto è legata al ruolo che egli è chiamato a svolgere nei procedimenti in parola, dove, come si è visto, deve rendere specifici pareri. Ma se non vi sono elementi per ritenere che le trattative vadano a buon fine e l’esperto è pronto a redigere la relazione finale, cui segue il provvedimento del giudice che pone termine alle misure protettive, per quale motivo il suo incarico deve proseguire? E perché il tribunale deve autorizzare l’imprenditore a contrarre finanziamenti che saranno assistiti dalla prededuzione o a cedere l’azienda se le trattative non hanno più speranza di proseguire? 
L’apparente aporia legislativa trova spiegazione soltanto ammettendo che i provvedimenti autorizzativi del tribunale, ivi compresi quelli che riguardano la prosecuzione delle misure protettive, abbiano un’ulteriore finalità oltre a quella evidente collegata all’andamento delle trattative. Si tratta di consentire la prosecuzione della misure protettive per il tempo necessario a permettere all’imprenditore di accedere agli accordi di ristrutturazione ai sensi dell’art. 11, comma 2, o ad una diversa procedura concorsuale, ivi compreso il concordato semplificato ai sensi dell’art. 11, comma 3. E l’autorizzazione alla cessione di azienda o a contrarre finanziamenti assistiti dalla prededuzione potrà essere data, con le conseguenze che ne derivano ai sensi dell’art. 2560, comma 2, c.c. non solo quando essa sia coerente con l’andamento delle trattative, ma anche quando essa sia compatibile con la continuità aziendale e non rechi pregiudizio ai creditori, in vista di nuovo degli sbocchi previsti dall’art. 11, commi 2 e 3. 
Ne deriva che il ruolo del tribunale assume una rilevanza ancora maggiore di quanto potrebbe sembrare ad una prima lettura perché le valutazioni cui è chiamato il giudice possono assumere rilevanza anche oltre lo stretto orizzonte temporale della composizione negoziata, nella prospettiva del ricorso ad altre soluzioni della crisi d’impresa. Si tratta di una prospettiva inedita, che forse meriterebbe un ulteriore coordinamento con la disciplina del codice della crisi e dell’insolvenza.
Dagli elementi che abbiamo sin qui prospettato risulta evidente la centralità delle decisioni cui è chiamato il tribunale. Si tratta ora di approfondire gli elementi su cui si può fondare tale giudizio.
A tale proposito viene anzitutto in esame la documentazione fornita dall’imprenditore, che ai sensi dell’art. 7, comma 2, deve depositare:
a) i bilanci degli ultimi tre esercizi oppure, quando l’imprenditore non è tenuto al deposito dei bilanci, le dichiarazioni dei redditi e dell’IVA degli ultimi tre periodi di imposta; 
b) una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre sessanta giorni prima del deposito del ricorso; 
c) l’elenco dei creditori, individuando i primi dieci per ammontare, con indicazione dei relativi indirizzi di posta elettronica certificata, se disponibili, oppure degli indirizzi di posta elettronica non certificata per i quali sia verificata o verificabile la titolarità della singola casella; 
d) un piano finanziario per i successivi sei mesi e un prospetto delle iniziative di carattere industriale che intende adottare; 
e) una dichiarazione avente valore di autocertificazione attestante, sulla base di criteri di ragionevolezza e proporzionalità, che l’impresa può essere risanata; 
f) il nominativo dell’esperto nominato ai sensi dell’articolo 3, commi 6, 7 e 8, con il relativo indirizzo di posta elettronica certificata.
Il tribunale è quindi messo in condizioni di valutare le condizioni in cui si trova l’imprenditore e l’effettiva possibilità che le trattative vadano a buon fine.
Agli elementi di giudizio ricavabili dai documenti depositati dall’imprenditore si aggiungono il parere dell’esperto, le circostanze esposte dalle parti nel corso del procedimento, i risultati dell’istruttoria che il tribunale può compiere e le conclusioni dell’ausiliario eventualmente nominato dal tribunale ai sensi dell’art. 68 c.p.c. 
Pare utile spendere ancora qualche parola per sottolineare che il tribunale pronuncia nel contraddittorio delle parti. L’art. 7, comma 2, lett. c) richiede all’imprenditore nel deposito dell’elenco dei creditori di indicare i primi dieci per ammontare, che presumibilmente dovrebbero essere i maggiori controinteressati alla misura protettiva. Anche se l’art. 7 non si esprime chiaramente, pare evidente che il ricorso dell’imprenditore debba essere notificato a tutti i creditori. Il tenore dell’art. 6, comma 1, è nel senso che la misura protettiva determini la sospensione delle azioni esecutive in via automatica nei confronti di tutti i creditori. La limitazione della misura ad alcuni creditori soltanto può essere disposta soltanto in occasione della conferma delle misure su istanza dell’imprenditore, sentito l’esperto (art. 7, comma 4). Ne deriva che il contraddittorio deve essere garantito nei confronti di tutti i creditori perché tutti sono incisi dalla misura protettiva. E proprio per questa ragione, tenuto conto delle esigenze di celerità del procedimento, l’art. 7, comma 3, prevede che il tribunale prescriva le forme di notificazione opportune. Come si è accennato, il tribunale dovrà anche tener conto dell’esigenza di agevolare la notificazione per tutti quei soggetti che non risultano titolari di PEC, anche se la maggior parte dei creditori saranno imprenditori iscritti al registro delle imprese e dovranno pertanto essere titolari di un indirizzo PEC. 
Il contraddittorio va esteso a tutti i soggetti terzi nei cui confronti incidono le misure protettive o i provvedimenti cautelari richiesti, ancorché non si tratti di creditori. 
L’effettivo contraddittorio tra imprenditore e creditori è la vera differenza tra la disciplina delle misure protettive secondo gli artt. 54 e 55 del codice della crisi e quella dettata dal d.l. L’art. 54 CCII prevede il contraddittorio nel caso di provvedimenti cautelari richiesti dal creditore in pendenza del procedimento di apertura della liquidazione giudiziale, del concordato preventivo o di omologazione degli accordi di ristrutturazione. Non vi è invece contraddittorio quando sia questione delle misure protettive chieste in pendenza della composizione assistita o della conferma della sospensione automatica che segue alla domanda di concordato preventivo o di omologazione degli accordi di ristrutturazione, quando il debitore ne abbia fatto richiesta. 
Il contraddittorio consentirà un effettivo dibattito processuale, nelle forme del procedimento cautelare uniforme, sulla necessità della misura per evitare la dispersione del patrimonio e/o la cessazione della continuità aziendale e sull’utilità della misura per consentire la prosecuzione delle trattative. A tal fine l’esperto, secondo quanto risulta dal decreto dirigenziale, dovrà esprimere il suo parere con cui metterà in luce i risultati del test pratico sulla verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento e l’attività già svolta relativa al confronto con l’imprenditore sulla coerenza del piano di risanamento con la lista di controllo. Come la lettura delle due sezioni del decreto richiamate dimostra, si tratta di una seria indagine aziendalistica che il tribunale potrà verificare sulla base dei documenti che l’imprenditore deve produrre. Su queste conclusioni e sul materiale acquisito, oltre che sull’eventuale ulteriore documentazione prodotta dalle parti, si incentrerà l’analisi del tribunale, che, ove sia necessaria una valutazione tecnica, potrà avvalersi di un proprio ausiliario. 
Come si è accennato, il contraddittorio toglie genericità al controllo che il giudice è chiamato a svolgere e lo àncora alle questioni effettivamente dibattute dalle parti. Non è escluso che ne possa derivare un salto di qualità della trattativa, che potrebbe proseguire davanti al tribunale e qui trovare una definizione. 

Note:

[1] 
R.Rordorf, Il tormentato iter della riforma del diritto concorsuale, in Questione Giustizia, 1 ottobre 2021.
[2] 
Le considerazioni di R.Rordorf sono state commentate negativamente da R.Braccialini, “Qualcosa di nuovo oggi nel sole? Anzi, d’antico…”, in Questione Giustizia, 2021, che ha affermato che il d.l. 118 rappresenta “Una Novella costruita sul vecchio scafo della legge fallimentare, ma con un motore nuovo che punta alla turbo-negozialità come fondamentale panacea delle varie crisi di impresa, utilizzando una tecnica di cannibalismo selettivo che già abbiamo visto in azione con la riforma nello scorso dicembre della normativa sul sovra-indebitamento la quale, per parte sua, indubbiamente aveva un profondo bisogno di restyling”.
Per le ragioni esposte in questo articolo, non condividiamo queste valutazioni che vedono la composizione negoziata e gli altri interventi del d.l. 118 come una controriforma rispetto alle scelte del legislatore dal 2015 in poi, maggiormente garantiste nell’interesse dei creditori e della legalità in generale. 
[3] 
L’individuazione della sezione competente all’interno dei tribunali divisi in sezioni è materia tabellare, ma può ritenersi che l’espresso richiamo al tribunale competente per la dichiarazione di fallimento ai sensi dell’art. 9 l.fall. comporti, anche per ovvie ragioni di specializzazione del giudice, che la sezione competente sia individuata nella sezione cui tabellarmente sono affidate le procedure concorsuali. La circostanza che la competenza sia attribuita a tutti i tribunali e non ai tribunali sede delle sezioni specializzate dell’impresa esclude che il legislatore abbia voluto far riferimento soltanto a tali tribunali, sul modello previsto dall’art. 27 del codice della crisi.
[4] 
Usiamo l’aggettivo purgativo in senso non tecnico, ma per sottolineare il mancato accollo dei debiti all’acquirente.
[5] 
La rinegoziazione dei contratti non rientra nell’ambito delle misure considerate dalla Direttiva.
[6] 
Condivido l’opinione di chi afferma che il contraddittorio è eventuale e non si tratta di un’ipotesi di litisconsorzio necessario.
[7] 
E’ questa norma che illustri commentatori (Costantino, Montanari) nei primi interventi a caldo in occasione di convegni e webinar ritengono violare il disposto dell’art. 24 Cost. ove non legata ad un’originaria carenza dell’istanza dell’imprenditore che impedisce di dar corso al procedimento. Anche così peraltro si darebbe vita ad un anomalo silenzio-rifiuto del giudice, difficilmente compatibile con il nostro sistema processuale. 

informativa sul trattamento dei dati personali

Articoli 12 e ss. del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR)

Premessa - In questa pagina vengono descritte le modalità di gestione del sito con riferimento al trattamento dei dati personali degli utenti che lo consultano.

Finalità del trattamento cui sono destinati i dati personali - Per tutti gli utenti del sito web i dati personali potranno essere utilizzati per:

  • - permettere la navigazione attraverso le pagine web pubbliche del sito web;
  • - controllare il corretto funzionamento del sito web.

COOKIES

Che cosa sono i cookies - I cookie sono piccoli file di testo che possono essere utilizzati dai siti web per rendere più efficiente l'esperienza per l'utente.

Tipologie di cookies - Si informa che navigando nel sito saranno scaricati cookie definiti tecnici, ossia:

- cookie di autenticazione utilizzati nella misura strettamente necessaria al fornitore a erogare un servizio esplicitamente richiesto dall'utente;

- cookie di terze parti, funzionali a:

PROTEZIONE SPAM

Google reCAPTCHA (Google Inc.)

Google reCAPTCHA è un servizio di protezione dallo SPAM fornito da Google Inc. Questo tipo di servizio analizza il traffico di questa Applicazione, potenzialmente contenente Dati Personali degli Utenti, al fine di filtrarlo da parti di traffico, messaggi e contenuti riconosciuti come SPAM.

Dati Personali raccolti: Cookie e Dati di Utilizzo secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio.

Privacy Policy

VISUALIZZAZIONE DI CONTENUTI DA PIATTAFORME ESTERNE

Questo tipo di servizi permette di visualizzare contenuti ospitati su piattaforme esterne direttamente dalle pagine di questa Applicazione e di interagire con essi.

Nel caso in cui sia installato un servizio di questo tipo, è possibile che, anche nel caso gli Utenti non utilizzino il servizio, lo stesso raccolga dati di traffico relativi alle pagine in cui è installato.

Widget Google Maps (Google Inc.)

Google Maps è un servizio di visualizzazione di mappe gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

Dati Personali raccolti: Cookie e Dati di Utilizzo.

Privacy Policy

Google Fonts (Google Inc.)

Google Fonts è un servizio di visualizzazione di stili di carattere gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

Dati Personali raccolti: Dati di Utilizzo e varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio.

Privacy Policy

Come disabilitare i cookies - Gli utenti hanno la possibilità di rimuovere i cookie in qualsiasi momento attraverso le impostazioni del browser.
I cookies memorizzati sul disco fisso del tuo dispositivo possono comunque essere cancellati ed è inoltre possibile disabilitare i cookies seguendo le indicazioni fornite dai principali browser, ai link seguenti:

Base giuridica del trattamento - Il presente sito internet tratta i dati in base al consenso. Con l'uso o la consultazione del presente sito internet l’interessato acconsente implicitamente alla possibilità di memorizzare solo i cookie strettamente necessari (di seguito “cookie tecnici”) per il funzionamento di questo sito.

Dati personali raccolti e natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati e conseguenze di un eventuale rifiuto - Come tutti i siti web anche il presente sito fa uso di log file, nei quali vengono conservate informazioni raccolte in maniera automatizzata durante le visite degli utenti. Le informazioni raccolte potrebbero essere le seguenti:

  • - indirizzo internet protocollo (IP);
  • - tipo di browser e parametri del dispositivo usato per connettersi al sito;
  • - nome dell'internet service provider (ISP);
  • - data e orario di visita;
  • - pagina web di provenienza del visitatore (referral) e di uscita;

Le suddette informazioni sono trattate in forma automatizzata e raccolte al fine di verificare il corretto funzionamento del sito e per motivi di sicurezza.

Ai fini di sicurezza (filtri antispam, firewall, rilevazione virus), i dati registrati automaticamente possono eventualmente comprendere anche dati personali come l'indirizzo IP, che potrebbe essere utilizzato, conformemente alle leggi vigenti in materia, al fine di bloccare tentativi di danneggiamento al sito medesimo o di recare danno ad altri utenti, o comunque attività dannose o costituenti reato. Tali dati non sono mai utilizzati per l'identificazione o la profilazione dell'utente, ma solo a fini di tutela del sito e dei suoi utenti.

I sistemi informatici e le procedure software preposte al funzionamento di questo sito web acquisiscono, nel corso del loro normale esercizio, alcuni dati personali la cui trasmissione è implicita nell'uso dei protocolli di comunicazione di Internet. In questa categoria di dati rientrano gli indirizzi IP, gli indirizzi in notazione URI (Uniform Resource Identifier) delle risorse richieste, l'orario della richiesta, il metodo utilizzato nel sottoporre la richiesta al server, la dimensione del file ottenuto in risposta, il codice numerico indicante lo stato della risposta data dal server (buon fine, errore, ecc.) ed altri parametri relativi al sistema operativo dell'utente.

Tempi di conservazione dei Suoi dati - I dati personali raccolti durante la navigazione saranno conservati per il tempo necessario a svolgere le attività precisate e non oltre 24 mesi.

Modalità del trattamento - Ai sensi e per gli effetti degli artt. 12 e ss. del GDPR, i dati personali degli interessati saranno registrati, trattati e conservati presso gli archivi elettronici delle Società, adottando misure tecniche e organizzative volte alla tutela dei dati stessi. Il trattamento dei dati personali degli interessati può consistere in qualunque operazione o complesso di operazioni tra quelle indicate all' art. 4, comma 1, punto 2 del GDPR.

Comunicazione e diffusione - I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati, intendendosi con tale termine il darne conoscenza ad uno o più soggetti determinati, dalla Società a terzi per dare attuazione a tutti i necessari adempimenti di legge. In particolare i dati personali dell’interessato potranno essere comunicati a Enti o Uffici Pubblici o autorità di controllo in funzione degli obblighi di legge.

I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati nei seguenti termini:

  • - a soggetti che possono accedere ai dati in forza di disposizione di legge, di regolamento o di normativa comunitaria, nei limiti previsti da tali norme;
  • - a soggetti che hanno necessità di accedere ai dati per finalità ausiliare al rapporto che intercorre tra l’interessato e la Società, nei limiti strettamente necessari per svolgere i compiti ausiliari.

Diritti dell’interessato - Ai sensi degli artt. 15 e ss GDPR, l’interessato potrà esercitare i seguenti diritti:

  • 1. accesso: conferma o meno che sia in corso un trattamento dei dati personali dell’interessato e diritto di accesso agli stessi; non è possibile rispondere a richieste manifestamente infondate, eccessive o ripetitive;
  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

Il TITOLARE

del trattamento dei dati personali

Società per lo studio del diritto della crisi

REV 02