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Questioni pratiche sul procedimento relativo alle misure protettive nel D.L. n. 118/2021

Giuseppe Rana, Presidente Sezione Procedure Concorsuali Tribunale di Trani

23 Febbraio 2022

Un’analisi sui principali nodi pratici della composizione negoziata.
Riproduzione riservata
1 . La presentazione del ricorso per conferma delle misure protettive
Numerose questioni pratiche sono sorte con le prime applicazioni degli artt. 6 e 7 del d.l. 118 del 2021.
Posto che il ricorso di cui all’art. 7 del d.l. 118 va presentato lo stesso giorno della pubblicazione dell’istanza di applicazione delle misure protettive e dell’accettazione dell’esperto, una prima problematica sorge riguardo all’ipotesi in cui il ricorso ex art. 7 d.l. 118 del 2021 sia presentato in tribunale senza che si sia ancora proceduto da parte dell’imprenditore alla pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione dell’esperto, essendosi solo proceduto ad inserire nella piattaforma telematica amministrativa l’istanza di protezione: ricordiamo che per un qualunque motivo l’accettazione in questione potrebbe anche tardare senza colpa dell’imprenditore e che ciò potrebbe in qualche modo nuocergli, come le prime applicazioni hanno dimostrato.
 E’ necessaria una premessa di ordine generale, per chiarire che qualunque accidente possa viziare il ricorso per conferma della protezione, in particolare ex art. 7, 2° e 3° comma, esso non vizierà, di regola, l’eventuale istanza cautelare in esso cumulata, sicché in ogni caso dovrà essere fissata l’udienza per delibare la domanda di cautela e concedere termine per la notifica del ricorso ai controinteressati.
Tornando al quesito, una piana lettura delle norme non sembra lasciare dubbi sulla sanzione di inefficacia che il combinato disposto dei commi 1 e 3 dell’art. 7 attribuisce al caso di tardività del ricorso, ossia di iscrizione a ruolo in uno o più giorni successivi rispetto a quello in cui si è proceduto alla pubblicazione dell’istanza amministrativa unitamente all’accettazione dell’esperto: tuttavia, poiché non è detto che l’accettazione dell’esperto intervenga in tempi brevissimi e si possa procedere correttamente alla suddetta pubblicazione, si potrebbe anche essere tentati di affermare che, trattandosi in definitiva di un termine acceleratorio, potrebbe essere sufficiente fissare l’udienza, assegnando termine per la pubblicazione di cui sopra o comunque, verificare in udienza che tale adempimento sia stato espletato. Il punto debole di questa conclusione è che, se è vero che tutta la disciplina è improntata ad un certo favore per il debitore, è pur vero che se non si procede alla pubblicazione non scatta neppure l’efficacia protettiva né tanto meno essa sarebbe opponibile ai terzi, per cui non avrebbe senso chiedere la conferma di un effetto che ancora non si è verificato: anzi, se consideriamo che il percorso di composizione inizia proprio con la nomina (se non anche l’accettazione) dell’esperto, si avrebbe una situazione assimilabile ad una protezione ante causam, che certamente la legge non consente[1]. 
D’altra parte, una conseguenza dell’evidente sovrapposizione dei piani giudiziali e stragiudiziali che caratterizza la disciplina processuale del d.l. 118 del 2021 va rinvenuta nel fatto che deve pur sussistere, quanto meno al momento della decisione da parte del giudice sulla conferma, modifica o revoca, anche in sede di reclamo, il requisito generale di procedibilità della composizione dato dalla concreta possibilità di risanamento di cui all’art. 5° comma, del d.l.: il che equivale a dire, intanto, che non deve essere intervenuta, al momento della decisione sulla conferma o revoca della misura, l’immediata e conseguente archiviazione da parte del Segretario generale, su proposta dell’esperto. Potrebbe anche avvenire, per converso, che la particolare complessità della vicenda abbia indotto l’esperto a prendere contezza della situazione con un certo ritardo e che nel frattempo le parti siano già comparse davanti al giudice per la conferma o revoca della misura: la procedibilità della composizione stragiudiziale si sovrappone e si trasforma così in procedibilità del ricorso al giudice, da valutarsi ad onere di quest’ultimo.
Va poi considerato che la formulazione dell’art. 7, con il testuale e chiaro riferimento alla sola “conferma e modifica” a fronte della possibilità di “adottare” misure cautelari, limita espressamente la sfera dei poteri del giudice: se dobbiamo stare alla lettera della norma pare esclusa, forse non del tutto congruamente, la possibilità di ottenere, una volta avviata la composizione, una protezione totalmente ex novo su semplice ricorso giurisdizionale, senza che sia avvenuta la presentazione telematica e la pubblicazione dell’istanza cautelare. Riprenderemo più avanti la questione, tenendo sempre presente, però, che non è detto che la nomina e l’accettazione dell’esperto avvengano con rapidità, a dispetto dell’urgenza della protezione data dall’essere stato minacciato od ottenuto un sequestro o un pignoramento. 
2 . La pubblicazione del numero di ruolo del procedimento
A tutela dei terzi, in caso di omesso (o tardivo) deposito del ricorso protettivo, pur pubblicato, il primo comma dell’art. 7 u.p., prevede l’inefficacia delle misure protettive e la cancellazione, a quanto pare officiosa, dell’iscrizione dell’istanza. Lo stesso primo comma, nel periodo che precede, dispone anche che entro trenta giorni dalla pubblicazione del ricorso protettivo il debitore deve pubblicare pure il numero di ruolo generale del procedimento.
Quindi, fermo restando che la tempestività del ricorso è condizione di ammissibilità del medesimo e in difetto si prevede la cancellazione della pubblicazione sul registro imprese, non è chiarissima nell’ultima parte del primo comma dell’art. 7 la rilevanza della pubblicazione del numero di ruolo, anche in relazione all’ambigua interposizione della congiunzione “e”.
Ne consegue che occorre chiarire innanzitutto se, in mancanza di una sanzione espressa, anche la mancata seconda pubblicazione nel termine di trenta giorni costituisce causa di inammissibilità e dunque di inefficacia della protezione mediante cancellazione della pubblicazione.
La ratio della seconda pubblicazione risiede, come è evidente, nella necessità di informare in via generale i terzi dell’esistenza di un procedimento e del suo numero di registro, onde adottare le opportune iniziative: potrebbe anche costituire informazione immediata per i terzi circa la tempestività del ricorso se dovesse essere pubblicata anche la data di iscrizione a ruolo, ciò che la legge non prevede ma che si può accertare non troppo difficilmente accedendo al fascicolo telematico con la modalità provvisoria usuale a fini difensivi. Va dunque escluso per evidenti ragioni che il termine di trenta giorni sia in realtà assegnato al giudice per provvedere. 
Ciò detto, da una piana lettura del primo comma dell’art. 7 del d.l. 118 sembrerebbe di arguire che prima di cancellare l’iscrizione occorre attendere il termine di trenta giorni, come si evince dalla congiunzione “e” sopra ricordata: ma tale lettura porta a conseguenze incongrue. Infatti, se il ricorso non è stato depositato, non si vede quale numero di ruolo potrebbe mai essere pubblicato, mentre se il ricorso è tardivo non è comprensibile alcun motivo razionale per il quale, prima di procedere alla sacrosanta cancellazione dovuta al ritardato deposito del ricorso al tribunale, si dovrebbe attendere anche (come sembra imporre la suddetta congiunzione) il decorso del termine assegnato al debitore per procedere a questa specifica pubblicazione. 
Per restituire un senso alla disposizione, allora, si dovrebbe ritenere obbligatoria, a pena di inefficacia e di cancellazione della protezione, “anche” la pubblicazione nei trenta giorni del numero di procedimento: decorso questo termine, si verificherebbe, in ipotesi, una distinta ed autonoma ipotesi di cancellazione della istanza di protezione. Ciò si tradurrebbe ancora nel domandarsi se la seconda pubblicazione (quella del numero di procedimento) sia un requisito che deve essere valutato dal giudice al momento di decidere se pronunciare decreto di inammissibilità o fissare l’udienza. i requisiti per fissare l’udienza. In realtà anche questa opzione appare impraticabile, vuoi perché la pubblicazione nei trenta giorni non è imposta dalla norma a pena di inammissibilità vuoi perché il secondo periodo del terzo comma dell’art. 7 prevede che il decreto di reiezione sia emesso solo nel caso di tardivo deposito del ricorso.
Non resta allora che ritenere che il legislatore sia incorso in un’imprecisione e che la pubblicazione nei trenta giorni sia una formalità la cui omissione determina una semplice irregolarità che può essere sanata senza particolari questioni.
3 . La fissazione dell’udienza
Se tutto è andato per il verso giusto, “il tribunale, entro dieci giorni dal deposito del ricorso fissa, con decreto, l’udienza, da tenersi preferibilmente con sistemi di videoconferenza. Tuttavia è bene notare che l’ultimo periodo del terzo comma dell’art. 3 prevede che “gli effetti protettivi cessano “altresì se non nel termine di cui al primo periodo il giudice non provvede alla fissazione dell’udienza”. 
E’ bene escludere subito, per manifesta fantasiosità, qualunque ipotesi di assimilazione del mancato decreto ad un silenzio processualmente rilevante del giudice e allo stesso modo qualunque ipotesi di reclamabilità di tale atto, per così dire, tacito. Va poi sempre ricordato che il ricorso del debitore può reggere anche un’istanza cautelare che, di per sé, non è attinta da nessuna ipotesi di inefficacia/inammissibilità tra quelle enunciate fino ad ora, sicchè in questo caso occorrerebbe fissare comunque l’udienza.
Ciò detto, analogamente a quanto avverrà per l’art. 55, 3° comma, c.c.i.i., è l’atto del giudice che deve intervenire nel termine previsto per legge e il suo ritardo nuoce al debitore indipendentemente dalla diligenza del suo comportamento. In mancanza di disposizioni esplicite sembra poi piuttosto avventuroso attribuire al giudice ritardatario il potere di rimettere in termini il debitore ai sensi dell’art. 153, 2° comma, c.p.c.: questi, fino a prova contraria, non è colpevole dei ritardi del giudice sicché questa soluzione si risolverebbe in un’elusione del precetto normativo.
Si pone poi questione sul concreto meccanismo attraverso il quale deve operare l’inefficacia comminata dalla norma per il caso di ritardo del giudice: infatti, in questo caso non è prevista né un’esplicita declaratoria di inefficacia da parte del tribunale né è espressamente disposta la cancellazione della iscrizione sul registro delle imprese come invece avviene per il caso di omesso o ritardato deposito del ricorso. Tuttavia, è facile osservare che l’inefficacia imposta per legge comporta necessariamente anche la cancellazione della relativa pubblicità e che, una volta instaurato il procedimento giurisdizionale, spetta al giudice dichiarare l’inefficacia ed ordinare la cancellazione, eventualmente su istanza della parte interessata. 
A questo punto andrebbe esplorata, quale estrema possibilità per evitare un ingiusto pregiudizio per il debitore in conseguenza del ritardo del giudice, l’opzione per cui la protezione, divenuta inefficace per la ragione da ultimo specificata, possa essere sollecitata nuovamente quando le parti compaiono innanzi al giudice.
In realtà, tutto il procedimento articolato con il primo comma dell’art. 6 e le altre disposizioni che seguono prevedono che la protezione sia richiesta, e divenga immediatamente efficace (salva la successiva conferma del giudice), con la pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione dell’esperto. Nessun dubbio che questa sia l’ipotesi che il legislatore prevede come normale, ma a questo punto bisogna verificare fino in fondo che questo schema sia sempre vincolante, e l’unico possibile, per il debitore, nel senso che ogni richiesta diversamente instaurata sia di per sé inammissibile. 
L’interpretazione letterale porta alla soluzione più restrittiva, posto che nella normativa è ben marcata la differenza tra concessione di misure cautelari (che si richiedono anche da sole ed ex novo al giudice con un ricorso giurisdizionale) e protettive: queste ultime hanno un’efficacia immediata legata al verificarsi di certi adempimenti amministrativi ma richiedono poi che il tribunale “confermi, modifichi o revochi” (art. 7, 4° comma) le misure. Non si parla, in nessun modo di “concessione” delle misure protettive da parte del giudice, laddove è chiaro che questa possibilità è legata solo alla domanda cautelare. Al dato letterale si aggiunge poi che la struttura dei due subprocedimenti è sostanzialmente diversa.
Tuttavia altri argomenti potrebbero condurre a opzioni diverse.
Intanto le misure cautelari sono soggette al principio dispositivo, tant’è che potrebbero non essere richieste affatto: se è così, non si vede perché il debitore non potrebbe rinunciare temporaneamente all’efficacia immediata delle misure di protezione e provocare una discussione unitaria dei profili protettivi e cautelari una volta che si è comparsi innanzi al giudice (ritardatario) previo ricorso, guadagnando di nuovo la protezione in un momento più avanzato e magari dopo aver sondato in contraddittorio le intenzioni dei creditori, senza il clamore di una precedente pubblicazione. Vero è che la legge commina l’inefficacia della protezione se il ricorso al giudice non è proposto tempestivamente, ma non mi pare si possa escludere in modo assoluto che, almeno nel caso di tardiva fissazione dell’udienza e di conseguente inefficacia della protezione inizialmente incassata dal debitore, si possa, da parte del giudice, disporre, ex novo e su richiesta, la misura protettiva e procedere a nuova pubblicazione. Infatti, le sanzioni previste per le ipotesi di cui al primo e terzo comma dell’art. 7 hanno uno scopo acceleratorio e di disincentivo di comportamenti lassisti del debitore, ma, mi sembra, senza costituire regole assolute a presidio della protezione in sé. 
La soluzione alternativa in esame, sarebbe, infatti, più aderente non solo al favore accordato all’imprenditore da tutta la disciplina in discorso, ma anche alla necessità di conciliare la diligenza del debitore con i problemi organizzativi e la diligenza del giudice, con una più evidente compatibilità con le regole di cui agli artt. 24 e 111 cost..
In pratica, dunque, il giudice investito del ricorso, se il termine di legge di dieci giorni è trascorso, potrebbe convocare comunque l’udienza e, se il ricorrente insiste per ottenere protezione, valutarne la concessione come se fosse una domanda proposta ex novo innanzi a lui: oltre tutto, non si vede perché, se i creditori comparsi non si oppongono, non si dovrebbero concedere le inibitorie almeno nei loro confronti, trattandosi di materia disponibile. 
Resta tuttavia la necessità, se di aderisce a questa opzione, di governare i meccanismi di pubblicità e le conseguenze relative all’efficacia verso i terzi: infatti il giudice, constatato il decorso del termine di dieci giorni, non potrebbe esimersi dal dichiarare l’inefficacia e, specie si vi è richiesta dei creditori, disporre la cancellazione dal registro delle imprese. Tale cancellazione mi sembra, è dovere del giudice almeno tutte le volte in cui la causa di inefficacia della protezione si è consumata in un contesto in cui vi è già un ricorso giurisdizionale, compresa l’’ipotesi in cui il ricorso è tardivo.. Si avrebbe pertanto una situazione in cui una pubblicazione cancellata dovrebbe poi essere ripristinata su ordine di quello stesso giudice nel caso in cui dovesse concedere la protezione in seconda battuta secondo l’opzione ermeneutica in esame: situazione poco elegante e non priva di problemi rispetto alle azioni che nel frattempo dovessero iniziare o proseguire nell’intervallo. Tuttavia alla resa dei conti il giudice risponderebbe comunque del suo ritardo in sede disciplinare ma il pregiudizio del debitore si ridurrebbe ad una finestra temporale in cui la protezione verrebbe a decadere per poi essere recuperata in secondo tempo dopo la comparizione delle parti innanzi al giudice.
4 . L’arresto anticipato del procedimento di conferma
Dobbiamo ora occuparci delle possibili ipotesi nelle quali il giudice può, o deve, rigettare l’istanza di conferma della protezione con decreto inaudita altera parte. Ricordando sempre che in virtù della distinzione tra domanda per concessione di misure cautelari (che non soffre degli accidenti di inefficacia fin qui descritti) e domanda per conferma di misure protettive, va riaffermato che, qualunque cosa succeda su questo secondo versante, se vi è istanza cautelare va fissata l’udienza e discussa la relativa domanda.
Ciò detto, la normativa è chiara nell’imporre il rigetto (deve ritenersi con decreto) dell’istanza giurisdizionale tardiva di conferma, con il corollario della declaratoria di inefficacia della protezione e, dobbiamo ritenere, l’ordine di cancellazione della relativa pubblicità (art. 7, 3° comma, d.l. 118). Non sembra trattarsi, allora, di una semplice facoltà ma di un provvedimento vincolato, giustificato da esigenze di celerità e di tutela dei creditori, in deroga alle norme del procedimento cautelare uniforme. Trattandosi di eccezione alla regola, non mi pare applicabile analogicamente ad altre ipotesi di reiezione della domanda: come si vedrà tra poco, neppure ai casi di carenze documentali. 
Ciò, vale a mio parere, per l’unica ipotesi espressa di inammissibilità del percorso compositivo in sè, regolata dall’art. 23, 2° comma, d.l. 118 nonché per le ipotesi di violazione delle regole di competenza di cui all’art. 7, 1° comma, che dunque presuppongono entrambe la decisione in contraddittorio. Nel primo caso sussisterebbero invero ragioni di economia processuale, ma la pratica già insegna che potrebbero darsi ipotesi dubbie, connesse ad esempio all’intervento di una rinuncia del debitore al concordato non ancora esaminata dal collegio o comunque al venir meno di una procedura concorsuale minore, per inammissibilità, revoca o altri accidenti[2]. Quanto all’incompetenza mi pare che si riespanda la regolamentazione comune di cui all’art. 669 septies c.p.c., sicchè anche in questo caso si dovrà fissare udienza. 
Tuttavia in dottrina si sono fatte strada anche voci autorevolmente dissonanti[3], secondo le quali il tribunale può omettere la fissazione dell’udienza, oltre che nel caso di tardivo deposito del ricorso, anche quando la domanda, anche alla luce della documentazione allegata, si presenti prima facie inammissibile o manifestamente infondata, ad esempio perché non accompagnata dal deposito della documentazione richiesta: ciò vuoi per una considerazione di tenore “valoriale”, vuoi per un ’esigenza pratica, in quanto da un lato sarebbe difficile da giustificare, sul piano costituzionale (art. 24 Cost.) il rigetto di una domanda in base al silenzio (diniego) del giudice; dall’altro lato, l’assenza di un provvedimento espresso provocherebbe una sicura (ed inedita) difficoltà di ordine pratico alla camera di commercio, chiamata a cancellare l’iscrizione della misura protettiva a seguito della mera inerzia del tribunale. 
Ebbene, fermo restando che il tardivo deposito provoca un decreto di inammissibilità dell’istanza protettiva e di inefficacia della protezione, non mi sembra che gli argomenti sollevati a sostegno di altre ipotesi di reiezione con decreto siano idonee a superare l’obiezione del carattere eccezionale della disposizione di cui all’art. 7, 3° comma 3° periodo, d.l. 118.
Non sembra ravvisabile un’ipotesi di arresto anticipato del procedimento giurisdizionale e di conseguente inefficacia nella protezione neppure nel secondo comma dell’art. 6, che prevede che con l’istanza di cui al comma 1, l’imprenditore inserisce nella piattaforma telematica una dichiarazione sull’esistenza di misure esecutive o cautelari disposte nei suoi confronti e un aggiornamento sui ricorsi indicati nella dichiarazione resa ai sensi dell’articolo 5, comma 3, lettera d): la disposizione mira evidentemente a facilitare la disponibilità del quadro informativo delle necessità protettive, atteso che la presenza di iniziative esecutive individuali o concorsuali già avviate costituirà uno dei primi elementi di valutazione in punto di regolare costituzione del contraddittorio ed in punto di periculum in mora. La norma tuttavia non chiarisce se l’adempimento di cui al secondo comma è imposto quale elemento della fattispecie di efficacia oppure se si tratta di una disposizione priva di sanzione. Allo stesso modo non è chiaro che cosa si intenda per “esistenza” di “misure” esecutive o cautelari ai fini dell’obbligo dichiarativo: ad esempio, esclusa la rilevanza del semplice precetto e ritenuta senz’altro la rilevanza di un pignoramento immobiliare già trascritto, potrebbe essere in discussione la rilevanza di un semplice ricorso per sequestro ancora in itinere, così come dal lato opposto la rilevanza di un sequestro già concesso ma oggetto di reclamo. In ogni caso si deve ritenere a mio parere che siamo in presenza di una semplice irregolarità, sanabile con l’assegnazione di un termine al ricorrente per l’opportuna integrazione.
5 . Il decreto di convocazione delle parti e la costituzione del contraddittorio
E’ bene ora definire le modalità di articolazione del decreto di convocazione, guardando anche alle prime applicazioni conosciute in tema di costituzione del contraddittorio. 
L’art. 7, 3° comma del d.l. 118 dispone che il decreto del giudice è notificato dal ricorrente con le modalità indicate dal tribunale: questo prescrive, ai sensi dell’articolo 151 del codice di procedura civile, le forme di notificazione opportune per garantire la celerità del procedimento” (art. 7, 3° comma, d.l. 118 del 2021). Il 4° comma prevede poi che le parti siano sentite, al pari dei terzi i cui diritti siano incisi dalle misure richieste siano sentiti. Dunque nessun dubbio sul fatto che il procedimento si svolge in contraddittorio e che la decisione ha natura contenziosa.
Il riferimento alla videoconferenza appare giustificato dalla possibilità che il contraddittorio sia instaurato con un numero di soggetti ampio e sparso in un ambito territoriale molto vasto. Se si ammette sulla scorta della lettera della norma che le parti del procedimento cui applicare la regola di cui all’art. 7 citato sono l’imprenditore, i creditori (quanto meno ma non solo quelli che hanno già in corso iniziative individuali) ed i terzi incisi dalle misure protettive e dai provvedimenti cautelari (come prevede l’art. 7, 4° comma, 2° periodo), oltre all’esperto, se ne deduce che i destinatari del contraddittorio possono essere numerosi e non tutti dotati di PEC: è soprattutto in questo caso che occorre stabilire modalità specifiche di notifica. Per favorire ciò il ricorrente deve indicare nell’elenco dei creditori anche gli indirizzi di posta elettronica semplice per i quali sia verificata o verificabile la titolarità della singola casella (art. 7, 2° comma). 
Si consideri ancora che le misure inibitorie, a meno che non siano richieste e concesse contro creditori determinati, operano contro una pluralità indistinta di soggetti.
Ciò premesso, il contenuto sostanziale e la funzione della classica inibitoria generica escludono, a mio avviso, se così è formulata la iniziale istanza del debitore, che si possa instaurare il contraddittorio contro quei soli soggetti che si sono già attivati con concrete iniziative individuali, mentre il riferimento ai primi dieci creditori di cui all’art. 7, 2° comma, costituisce di certo un’indicazione non assoluta ma solo orientativa e di ausilio. Il riferimento alla videoconferenza ed all’elenco dei creditori di cui sopra fa ritenere che il legislatore ha inteso estendere il contraddittorio anche agli altri creditori, o quanto meno a quelli più “significativi”, come si evince dalla previsione dell’art.7, comma 2, lett. c), d.l.. n. 118/2021[4].
In definitiva, se da un lato sono sicuri contraddittori i creditori che hanno già avviato o preannunciato (in particolare con un precetto o con la costituzione in mora) iniziative individuali, la questione, sempre che si tratti di istanza inibitoria generica e non selettiva, si pone per tutti gli altri: una volta esclusi i lavoratori, che la normativa esenta da possibili inibitorie, la soluzione che sembra prevalere è che almeno in prima battuta il contraddittorio andrebbe limitato, oltre che ovviamente a chi ha in corso iniziative individuali, a coloro che abbiano effettivo interesse a contraddire, considerando che di regola le stesse trattative di composizione riguarderanno solo taluni creditori, per dir così, strategici e determinati terzi indicati dal debitore, unitamente, se il giudice lo ritiene, ai primi dieci altri creditori. Fondamentale è a mio avviso l’indicazione data dallo stesso debitore in apertura di procedura, nell’istanza amministrativa di protezione e nel ricorso al tribunale. In questo senso sembra impostata anche la modulistica disponibile[5] sulla piattaforma Unioncamere per la proposizione dell’istanza di cui all’art. 6, 1° comma, d.l. 118., ma ricordiamo anche che il secondo comma dell’art. 6 del d.l. 118 prevede che con l'istanza protettiva di cui al comma 1, l'imprenditore inserisce nella piattaforma telematica una dichiarazione sull'esistenza di misure esecutive o cautelari disposte nei suoi confronti e un aggiornamento sui ricorsi per fallimento ed insolvenza indicati nella dichiarazione resa ai sensi dell'articolo 5, comma 3, lettera d).
In ogni caso, ricordiamo anche che grazie alla pubblicazione del numero di procedimento vi è la concreta possibilità di fruttuoso intervento nel procedimento innanzi al giudice anche per creditori non attinti direttamente dalla notifica. 
 Sul piano pratico, è utile considerare altresì, dal lato del debitore, che il decreto dirigenziale 28 settembre 2021, sez. III par 6, dispone che nel caso di misure di protezione del patrimonio o di misure cautelari a protezione delle trattative, si dovranno considerare l’opportunità, il contenuto e le parti “destinatarie dell’istanza”, tenendo conto, a titolo esemplificativo, dei seguenti elementi: (i) disponibilità finanziarie e copertura del fabbisogno finanziario occorrente per l’esecuzione dei pagamenti dovuti; (ii) conseguenze delle misure protettive sugli approvvigionamenti e rischio che i fornitori pretendano pagamenti delle nuove forniture all’ordine o alla consegna; (iii) nel caso di estensione delle misure protettive alle esposizioni bancarie, rischio della loro riclassificazione a ‘crediti deteriorati’ con conseguenze sulla nuova concessione di credito.
Nell’ottica di limitare la notificazione ed il contraddittorio a creditori qualificati sembrano muoversi i tribunali, mediante prassi che, oltre ad onerare il debitore delle notifiche (come pare scontato), specificano che:
- la notifica attingerà i creditori personalmente e non a mezzo di eventuale procuratore costituito;
- la notifica attingerà i creditori che abbiano promosso procedure esecutive o cautelari o siano intervenuti nei relativi procedimenti;
- la modalità è costituita dalla PEC o, in gradato subordine, dalla email ordinaria perché ne sia verificabile la titolarità, oppure ancora le vie ordinarie ex art. 137 ss. c.p.c.;
- la rendicontazione delle notificazioni eseguite dovrà essere realizzata con un elenco contenente nominativo del creditore, modalità di notificazione e prova della sua esecuzione. 
In particolare un tribunale[6] ha ritenuto che il decreto di fissazione dell’udienza, nell’ipotesi in cui le misure protettive richieste abbiano carattere generale e non riguardino determinati soggetti, può essere notificato ai soli “creditori che avessero eventualmente promosso azioni esecutive o cautelari o depositato ricorso per la dichiarazione di fallimento”. Sotto quest’ultimo profilo, posto che ai sensi del quarto comma dell’art. 6 del d.l. 118 è inibita la dichiarazione di fallimento per tutta la durata del percorso e posto che questa forma di protezione si attiva con la sola pubblicazione dell’istanza amministrativa e non è soggetta a conferma ex art. 7, direi che la notifica al ricorrente prefallimentare appare superflua, mentre forse più utile potrebbe essere la riunione del procedimento ex art. 7 sulla misure protettive con quello prefallimentare. Invece altro provvedimento edito[7] propende per una formula più sintetica e prudente, nell’ottica secondo la quale il contraddittorio deve comprendere tutti i soggetti le cui sfere giuridiche patrimoniali e processuali possano essere attinte dal provvedimento che si chiede di adottare: Così dispone che “il contraddittorio nel presente procedimento deve comprendere tutti i soggetti le cui sfere giuridiche patrimoniali e processuali possano essere attinte dal provvedimento che si chiede di adottare, e quindi nella specie le parti della procedura esecutiva immobiliare N. …. pendente avanti al Tribunale”. 
6 . Il deposito della documentazione e possibili patologie
Veniamo a ora a dire della rilevanza della documentazione da depositare a carico del debitore ricorrente.
Ai fini delle valutazioni di merito del giudice vanno depositati unitamente al ricorso giurisdizionale: 
a) i bilanci degli ultimi tre esercizi oppure, quando l’imprenditore non è tenuto al deposito dei bilanci, le dichiarazioni dei redditi e dell’IVA degli ultimi tre periodi di imposta; b) una situazione patrimoniale e finanziaria aggiornata a non oltre sessanta giorni prima del deposito del ricorso; c) l’elenco dei creditori di cui sopra; d) un piano finanziario per i successivi sei mesi e un prospetto delle iniziative di carattere industriale che intende adottare; e) una dichiarazione avente valore di autocertificazione attestante, sulla base di criteri di ragionevolezza e proporzionalità, che l’impresa può essere risanata; f) l’accettazione dell’esperto nominato ai sensi dell’articolo 3, commi 6, 7 e 8, con il relativo indirizzo di posta elettronica certificata.
Va detto anche che l’elenco di cui all’art. 7, 2° comma, andrebbe integrato con quello di cui all’art. 5, attinente ai documenti di accesso alla procedura: sorge infatti la necessità di stabilire se nel frattempo sono pendenti procedure concorsuali di tipo negoziale o liquidatorio, con le conseguenze di cui all’art. 6, 4° comma e 23, 2° comma, d.l. 118[8]. Inoltre, come detto il secondo comma dell’art. 6 del d.l. prevede che con l'istanza protettiva di cui al comma 1, l'imprenditore inserisce nella piattaforma telematica una dichiarazione sull'esistenza di misure esecutive o cautelari disposte nei suoi confronti e un aggiornamento sui ricorsi per fallimento ed insolvenza indicati nella dichiarazione resa ai sensi dell'articolo 5, comma 3, lettera d).
 In sede applicativa è sorta la necessità di regolare le ipotesi di documentazione depositata in modo incompleto o addirittura omessa.
Va rilevato in primo luogo che la prescrizione normativa in commento non commina alcuna sanzione esplicita per le irregolarità nella documentazione, mentre è evidente che essa è stata preimpostata dal Legislatore nel prevalente interesse del debitore, allo scopo di mettere l’esperto, il tribunale e le parti interessate nella miglior condizione per valutare nel modo più completo i presupposti delle valutazioni di cui all’art. 7. Si tratta per converso di valutare la serietà delle intenzioni del debitore, nonché l’idoneità delle misure e dei provvedimenti richiesti a presidiarle senza eccessivo sacrificio per i creditori ed i terzi: a cominciare dal “piano finanziario per i successivi sei mesi e un prospetto delle iniziative di carattere industriale che intende adottare”: laddove la pianificazione del risanamento è il riferimento logico-giuridico di gran parte delle valutazioni che il tribunale è chiamato ad esprimere in tutto il percorso. 
Ci si è chiesti allora se un qualche il difetto di documentazione suddetta possa provocare il rigetto del ricorso con decreto[9] oppure condurre alla concessione di un termine per l’integrazione della documentazione[10]. A complicare le cose interviene il termine molto ristretto previsto dall’art. 7, 3° comma, prima ed ultima parte, assegnato al giudice per fissare l’udienza, a pena di inefficacia delle misure protettive: la necessaria celerità così imposta appare poco compatibile con i tempi necessari per una corretta interlocuzione con l’imprenditore ed i suoi referenti e consulenti. D’altra parte, il ricorso e la sua documentazione reggono sia l’istanza di conferma della protezione sia l’istanza di concessione di misure cautelari, sicchè è evidente ancora una volta che gli effetti delle prassi adottate in materia comportano effetti giuridici non coincidenti, atteso che l’inefficacia della protezione è comminata solo per le misure protettive e non anche per quelle cautelari. 
In dottrina[11] è emersa l’opzione verso il rigetto con decreto inaudita altera parte, quanto meno nell’ipotesi di omessa produzione, soprattutto per esigenze di celerità e di tutela dei creditori: tuttavia tale soluzione non convince del tutto, in quanto frutto di un’applicazione analogica non consentita dell’art. 7, 3° comma. D’altra parte la questione della legittima tutela dei terzi può essere risolta con una celere fissazione di udienze vicine nel tempo, mentre il termine di dieci giorni per provvedere può essere rispettato emettendo tempestivamente il decreto di fissazione, accompagnato però dall’ordine di integrare i documenti in un termine anticipato rispetto all’udienza stessa. Infatti, diversamente occorrerebbe ritenere che il termine di dieci giorni assegnato al tribunale per fissare l’udienza debba decorrere dal deposito del ricorso completo, ossia dotato di tutta la sua documentazione o convenientemente integrato: tuttavia, a parte la creatività eccessiva di questa soluzione, sarebbe facile prevedere non poche complicazioni, anche perché in questa fase non è semplice, specie quando si tratti di imprese di dimensioni notevoli, un esame di qualità, completo e penetrante, della documentazione prodotta.

Note:

[1] 
Trib. Brescia, 2 dicembre 2021 , in https://www.dirittodellacrisi.it/articolo/istanza-di-conferma-delle-misure-protettive-e-coeva-pendenza-delle-procedure-giudiziali-pattizie-primi-rompicapi-interpretativi-osservazioni-a-margine-di-trib-brescia-2-dicembre-2021, con nota di F. De Santis, Istanza di conferma delle misure protettive e coeva pendenza delle procedure giudiziali pattizie: primi rompicapi interpretativi, nonché in https://ilfallimentarista.it/articoli/giurisprudenza-commentata/la-prima-decisione-sulle-misure-protettive-la-convalida-occorrono, con nota adesiva di F. Cesare, La prima decisione sulle misure protettive: per la convalida occorrono pubblicazione e accettazione.
[2] 
Trib. Brescia, 2 dicembre 2021, cit. Il giudice rileva che “se non vi è dubbio ormai che la domanda di concordato preventivo possa essere rinunciata da parte del proponente unilateralmente e quindi senza che sia necessario il consenso dei contrapposti creditori sino all'omologazione del concordato (cfr. Cass. Civ., Sez. I, 10.10.2019, n. 25479), appare altresì condivisibile l'assunto per cui il semplice deposito della dichiarazione di rinuncia non implica che il procedimento di concordato preventivo venga in modo automatico a cessare, risultando necessaria a tal fine la formale adozione da parte del tribunale di un provvedimento di improcedibilità (cfr. Cass. Civ., Sez. I, 7.12.2020, n. 27939)”.
[3] 
F. De Santis, Le misure protettive e cautelari nella soluzione negoziata della crisi d’impresa, in Fallimento, 2021, 12, 1541.
[4] 
F. De Santis, Le misure protettive e cautelari, cit., 1544.
[5] 
https://composizionenegoziata.camcom.it/ocriWeb/#/home#sezioneDocumentiUtili :“(l’imprenditore sottoscritto) …. Richiede l’applicazione di misure protettive del patrimonio ai sensi dell’articolo 6, comma 1, del D.L. 24/08/2021 convertito con Legge 21/10/2021 n. 147, e la conseguente pubblicazione d’ufficio nel registro delle imprese unitamente all’accettazione dell’esperto.
Il sottoscritto, alla luce anche di quanto previsto dall’art. 6, comma 5 e dall'art. 7 comma 4 del d.l. 118/2021 intende precisare che le iniziative intraprese dai creditori a tutela dei propri diritti o i creditori o le categorie di creditori interessate dalle misure protettive sono: …”
[7] 
Trib. Bergamo, 19 gennaio 2022, in https://www.dirittodellacrisi.it/articolo/trib-bergamo-19-gennaio-2022-est-de-simone.
[8] 
Quest’ultima norma commina l’unica ipotesi di improponibilità radicale del percorso compositivo in sé, con la conseguenza che, se sia stato ugualmente nominato l’esperto a dispetto della pendenza, ad esempio, di un concordato , il tribunale non può non tenerne conto rigettando di conseguenza le istanze protettive e cautelari.
[9] 
Quesito che si collega a quello più ampio dell’ammissibilità di ipotesi di reiezione inaudita altera parte della domanda di conferma della protezione, al di fuori dell’unica fattispecie espressamente prevista dall’art. 7, 3° comma, d.l. 118 del 2021.
[10] 
In questa seconda direzione Trib. Milano, 28 dicembre 2021, in https://www.dirittodellacrisi.it/articolo/trib-milano-28-dicembre-2021-est-pipicelli; il giudice milanese ha considerato il favor legislativo per la composizione negoziata, argomentando per analogia con l’art. 162 co. 1 l.f. e con il disposto dell’art. 9 comma 3 ter della legge n. 3 del 2012. In senso opposto Trib. Brescia, 2 dicembre 2021, cit., secondo il quale l'automatico prodursi degli effetti protettivi di cui all'art. 6 del D.L. n. 118/2021 non può non accentuare l'onere di allegazione e collaborazione dell'imprenditore il quale, depositando sollecitamente tutta la documentazione di cui all'art. 7, deve porre il giudice nella condizione di poter delibare sin da subito la serietà del percorso di trattative iniziato oltreché l'idoneità delle misure e dei provvedimenti richiesti a garantirne il regolare corso senza eccessivi sacrifici per i creditori: dacché, l'incompleta produzione dei documenti richiesti dovrebbe produrre l'immediato arresto in rito del procedimento di conferma o modifica. 
[11] 
F. De Santis, Le misure protettive e cautelari, cit., 1543.

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