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Question time del Convegno di Mantova: le risposte della Direzione di DDC

La Direzione,

8 Ottobre 2024

La Direzione di Diritto della crisi fornisce alcune sintetiche risposte alle questioni sollevate dagli utenti nell’ambito del corso “Le crisi delle società e dei gruppi dopo il decreto correttivo”, svoltosi a Mantova, il 4 e 5 ottobre 2024. 
Riproduzione riservata
1 . Composizione negoziata
Se possano accedere alla composizione negoziata società inattive 
Quand’anche le società non siano operative da tempo o non dispongano di beni strumentali o non abbiano in carico rapporti di lavoro o non siano titolari di beni funzionanti e funzionali all’esercizio dell’attività produttiva, non è escluso possano fare ingresso in composizione negoziata. L’uscio di quest’ultima non è interdetto dalla condizione di inattività dell’impresa, ma dalla sua non risanabilità. In altri termini, a condizionare in negativo l’accesso alla composizione non sono il blocco o la cesura dell’attività produttiva, ma l’assenza di concrete prospettive di risanamento, anche attraverso la ripresa, dell’attività in parola. Il fulcro della composizione è la perseguibilità del risanamento, il quale può passare pure per la rivitalizzazione di un’impresa attualmente inoperosa. Come non tutte le insolvenze sono irreversibili (tanto che l’insolvente che conti di farcela ben può presentarsi al tavolo della composizione), allo stesso modo non tutte le inattività sono necessariamente definitive e irredimibili. Se il presupposto per il risanamento dell’impresa è la prosecuzione dell’attività economica in continuità (diretta o indiretta) e il presupposto per l’accesso alla composizione negoziata è il possibile risanamento dell’impresa stessa, nulla osta a che finanche una società in “liquidazione volontaria”, subordinatamente, com’è ovvio, alla revoca dello stato di liquidazione, possa decidere di raggiungere il target del recupero di un equilibrio economico finanziario mediante la ripresa dell’attività produttiva, puntando su interventi nella struttura industriale e finanziaria e su operazioni sul capitale che contemplino magari l’intervento di terzi. 
 
Se nel caso in cui una holding abbia fatto accesso alla CNC ottenendo la conferma delle misure protettive possa instaurarsi una CNC di gruppo “in corso d’opera” che coinvolga la controllata che sia venuta a trovarsi a sua volta in una situazione tale da richiedere l’accesso alla CNC; se in tal caso la controllata possa beneficiare delle misure protettive già ottenute dalla capogruppo 
La composizione negoziata di gruppo è un’opportunità che poggia su un’istanza ab initio unitaria inserita in piattaforma, in funzione di una conduzione aggregata delle trattative, sotto l’egida di un unico esperto. Qualora una società del gruppo propenda, viceversa, per l’avvio di una composizione negoziata individuale non sono previsti ripensamenti successivi o espansioni progressive del medesimo percorso, dovendo le altre società della compagine avviare distinte composizioni negoziate. 
In tal caso, benché le trattative non si svolgano in modo unitario, gli esperti delle singole composizioni lavorano in sinergia e si coordinano, sicché l’interlocuzione avviene comunque “al plurale”, agevolandosi, se serve, anche di incontri condivisi. Del resto, il Decreto Dirigenziale del settembre 2021 è stato fin da principio nitido pure in relazione all’ipotesi in cui si registrino più istanze presentate dalle imprese del medesimo gruppo; in tal caso le modalità di svolgimento delle trattative hanno due alternative declinazioni: quella di trattative comunque congiunte alle quali sono preposti altrettanti esperti per le singole società del gruppo; quella di trattative separate per ciascuna impresa del gruppo, con esperti naturalmente distinti, ma con la salvaguardia costante di flussi informativi fra le imprese, in guisa da realizzare un coordinamento delle distinte trattative modellato sulla previsione dell’art. 288 CCII (v. Sezione III, 3.7). 
Chiaramente le misure protettive, qualora confermate con riferimento ad una società, non si allungano fino a coprire la diversa sfera giuridica che fa capo alle altre componenti del gruppo, le quali ove necessitino a loro volta di protezione si attiveranno ai sensi di legge con distinte iniziative. 
2 . Concordato semplificato
Se nel concordato semplificato, dopo il Decreto correttivo, valga l’APR o la RPR ai fini del trattamento dei crediti 
Il correttivo sembra aver chiarito i residui dubbi: il semplificato soggiace all’absolute priority rule. D’altronde, se già anteriormente all’entrata in vigore del correttivo non era richiamato il comma 6 dell’art. 84, che delinea la relative priority rule, ora è addirittura richiamato il comma 5 della norma evocata, essendo puntualizzato al penultimo inciso del comma 1 dell’art. 25 quinquies che la proposta può prevedere la suddivisione in classi e “si applica l’articolo 84, comma 5”. A tenore dell’art. 84, comma 5, i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, possono essere soddisfatti anche non integralmente, purché in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione dei beni o dei diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, al netto del presumibile ammontare delle spese di procedura inerenti al bene o diritto e della quota parte delle spese generali, attestato da professionista indipendente. Le regole che valgono nel semplificato sono, del resto, necessariamente le stesse che operano per l'imprenditore inadempiente sottoposto a liquidazione. Il debitore risponde nei confronti dei suoi debitori secondo il modello degli artt. 2740 e art. 2741 c.c. il cui meccanismo s’incentra sull’eguale diritto di tutti i creditori a soddisfarsi sui beni del debitore comune, salve le cause di prelazione, che derogano al principio della soddisfazione paritaria. Il semplificato è uno strumento di attuazione dalla garanzia patrimoniale generica presidiata dalla prima delle due norme e realizza coattivamente quella garanzia rispettando, sul piano della soddisfazione dei creditori, l’ordine a quel punto ineludibile delle prelazioni. Pertanto, ciò che attiene al patrimonio del debitore va necessariamente attribuito verticalmente secondo detto ordine, con soddisfazione integrale del prelatizio di maggior grado prima che quello di grado inferiore possa essere gratificato anche solo percentualmente; i chirografari devono, inoltre, trovare soddisfazione integrale prima che i creditori postergati possano, anche solo parzialmente, essere soddisfatti a loro volta. 
 
Se nel concordato semplificato l’ausiliario debba dar conto del proprio parere dall’art. 25 sexies della misura del proprio compenso e secondo quali criteri debba determinarla 
Il compenso dell’ausiliario certamente impatta sulla misura del fabbisogno concordatario. Quindi, ancorché la norma codicistica trascuri si specificarlo, detto compenso è un debito “d’alto rango” della procedura, del quale l’ausiliario non può non dar conto nel proprio parere. La Riforma non ha inserito alcuna norma riguardante il compenso di tali ausiliari. I criteri di calcolo non sono stabiliti dal Codice, nemmeno alla luce del correttivo. Ne discende che il compenso in discorso è computato per l’ausiliario della composizione negoziata alla stessa stregua di quanto accade come per tutti gli altri ausiliari. La liquidazione si basa sui parametri contemplati dagli artt. 49-56 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e dal D.M. 30 maggio 2002, emanato in attuazione dell’art. 50. 
 
Quale sia lo spazio delle azioni di responsabilità nel concordato semplificato 
Le azioni di responsabilità sono senz’altro esperibili nel contesto del concordato semplificato. L’art. 25 septies prevede, del resto, al comma 1, la nomina di un liquidatore, subito puntualizzando che “si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 114 e 115”. Proprio l’art. 115 disciplina le azioni del liquidatore giudiziale in caso di cessione dei beni, archetipo nel quale rientra appunto il semplificato. Le azioni di responsabilità esercitabili o proseguibili vanno tenute in debito conto ai fini della comparazione rispetto allo scenario alternativo della liquidazione giudiziale che il giudice deve compiere. L’omologa è condizionata, infatti, dal riscontro dell’assenza di pregiudizio e della sussistenza di un’utilità in capo a ciascun creditore. 
3 . Concordato preventivo ordinario
Se il concordato sia omologabile qualora la classe svantaggiata sia rappresentata da una classe di creditori chirografari e se debbano essere assicurate alle classi di chirografari percentuali di soddisfo uguali 
Senz’altro la classe “regina” può essere composta di chirografari. 
All’attualità il concordato taglia la linea del traguardo se la proposta è avvalorata dal consenso di almeno una classe di creditori destinatari di un’offerta di soddisfazione “non integrale del credito” e che, nel contempo, appare suscettibile di trarre teorica soddisfazione in ipotesi di simulata applicazione dell’ordine delle cause legittime di prelazione pure sul valore eccedente quello di liquidazione. Se, dunque, numeri alla mano, il concordato è tanto ricco e capiente da intercettare ipoteticamente pure le posizioni di una classe chirografaria, questa, votando favorevolmente, può sostenere il concordato tanto da permetterne l’omologa. 
Nel concordato in continuità si pone l’ulteriore questione del trattamento dei creditori di pari grado. Se nel vigore della legge fallimentare era difficilmente controvertibile che le classi di “eguali” potessero essere trattate diversamente, nel Codice la situazione pare mutata, ancorché il decreto correttivo non abbia sciolto espressamente il nodo. A noi pare che anche in questo caso il problema debba essere esaminato (solo) al momento della omologazione e quando non è raggiunto il consenso unanime; se così accade, la regola del trattamento si disvela come regola di omologazione che, però, non attingendo al profilo della convenienza, è scrutinabile in via officiosa e, ancorché forse irrazionalmente, la regola da applicare sembra essere quella della “non discriminazione”, principio connaturato alla direttiva e travasato nell’art. 112. 
4 . Misure protettive
Se in caso di presentazione di una nuova domanda di concordato che faccia seguito ad una precedente domanda che non abbia condotto all’omologazione dello strumento la “tempistica” delle misure protettive riparta o si debba considerare il quantum temporale di protezione già sfruttato 
L’art. 8 CCII circoscrive con chiarezza la durata complessiva delle misure al periodo di dodici mesi. È significativo che la norma faccia riferimento a un periodo “anche non continuativo” ed evochi sintomaticamente eventuali “rinnovi o proroghe”. Tutto ciò implica che le eventuali cesure non rilevano e che la durata complessiva della protezione prescinde dal (e trascende il) procedimento specifico. Occorre guardare non al procedimento, ma all’identità dello squilibrio: se la crisi o l’insolvenza che la nuova domanda mira a regolare è la stessa già al centro della domanda che non ha condotto all’omologa dello strumento non vi è giustificazione a supporto di una dilatazione del recinto temporale di protezione fissato dal legislatore. 
5 . Liquidazione giudiziale
Se sia possibile nominare curatore della liquidazione giudiziale il medesimo soggetto che abbia ricoperto il ruolo di esperto della composizione negoziata rivelatasi improduttiva di soluzioni ex art. 23
Non è prevista un’espressa incompatibilità, ma la coincidenza delle due figure, di esperto e di curatore sembra doversi escludere. In capo al primo possono ravvisarsi profili di responsabilità destinati a venire in apice nel perimetro della liquidazione giudiziale. L’esperto può aver disatteso gli obblighi di indipendenza e di diligenza professionale; può aver violato norme; può aver commesso fatti illeciti; può aver concorso, in definitiva, a cagionare l’insuccesso della manovra di risanamento aziendale attuata dall’imprenditore, tanto da sospingerlo in una procedura di liquidazione giudiziale nel cui alveo il curatore dovrà vagliare – a salvaguardia delle posizioni dei soggetti coinvolti nel concorso – le responsabilità individuali, ivi compresa quella dell’esperto.  

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REV 02