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Saggio

L’applicabilità delle misure protettive e cautelari nell’ambito del concordato semplificato e la via stretta dell’analogia legis: in attesa del correttivo*

Elisabetta Sorci, Ricercatrice di Diritto Commerciale nell’Università di Palermo

24 Giugno 2024

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
L’A. compie un’articolata riflessione sulla possibile applicazione delle misure cautelari e protettive nel concordato semplificato, passando al vaglio critico gli opposti orientamenti della giurisprudenza in merito all’applicazione dell’analogia legis. Le conclusioni cui perviene portano ad escludere nell’attuale contesto normativo l’applicabilità dello strumento dell’analogia per mancanza dei presupposti ex art. 12 disp. prel., come al contrario statuito dalla giurisprudenza maggioritaria, e a rendere auspicabile un intervento legislativo in materia di misure protettive e cautelari in chiave estensiva nell’ambito del emanando decreto correttivo al Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza. 
Riproduzione riservata
1 . Il perimetro normativo di applicazione delle misure protettive e cautelari ed il mancato richiamo alla procedura del concordato semplificato
Le misure protettive e cautelari costituiscono oggi un catalogo comune di strumenti fruibile nell’ambito del procedimento di composizione negoziata della crisi (artt. 18-19 CCII) e di diverse procedure concorsuali per espressa indicazione del legislatore, che ne circoscrive formalmente l’ambito di applicazione al procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale, al concordato preventivo, alla procedura di omologazione dell’accordo di ristrutturazione e al piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (art. 54, comma 1, CCII). 
Il perimetro applicativo, rispetto all’originaria impostazione del Codice della Crisi è stato esteso[1], ma non fino al punto da ricomprendere formalmente e genericamente l’applicabilità delle misure a tutti gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, benché non manchino, già in sede definitoria, espressi richiami generici alla funzionalità delle predette misure ad assicurare il buon esito delle trattative e gli effetti stessi di tali strumenti. Il legislatore definisce infatti «protettive» “le misure temporanee richieste dal debitore per evitare che determinate azioni dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza, anche prima dell'accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza” (art. 2, comma 1, lett. p, CCII); sono invece da considerare «cautelari» i provvedimenti “emessi dal giudice competente a tutela del patrimonio o dell'impresa del debitore, che appaiano secondo le circostanze più idonei ad assicurare provvisoriamente il buon esito delle trattative e gli effetti degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza e delle procedure di insolvenza” (art. 2, comma 1, lett q, CCII). 
A ben vedere, le misure protettive e cautelari presentano una comune finalità: prevenire la dispersione dei valori dell’impresa nel tempo necessario a dichiarare aperta una procedura concorsuale o a definire un accordo negoziale con i creditori. La loro ragion d’essere poggia su un dato di realtà (e su un problema c.d. di “azione collettiva”): quando la condizione di difficoltà finanziaria dell’imprenditore si palesa, i creditori tendono ad assumere una condotta egoistica volta a conseguire posizioni di vantaggio rispetto agli altri concorrenti, dimostrandosi al contempo scarsamente propensi a sedersi al tavolo delle trattative per l’individuazione di una soluzione utile all’intera massa. La tutela inibitoria contro le azioni esecutive e cautelari è il principale strumento, non l’unico, che il legislatore mette a disposizione dell’imprenditore per poter fronteggiare precocemente la propria crisi. Si tratta di un vero e proprio “ombrello protettivo” che mira a: i) cristallizzare il patrimonio del debitore in modo che possa essere destinato in via diretta (tramite la sua liquidazione) o indiretta (tramite la conservazione della capacità di produrre ricchezza) alla soddisfazione di ciascun creditore in misura almeno pari alla soluzione liquidatoria; ii) attuare anticipatamente rispetto all’omologazione giudiziale ed all’esecuzione del piano la par condicio creditorum, così da favorire, già nella fase delle trattative, la condivisione dell’interesse ad una soluzione della crisi alternativa alla procedura di insolvenza[2]. Queste istanze sono comuni a tutti gli strumenti regolativi della crisi e dell’insolvenza ma non compiutamente recepite sul piano formale dal legislatore. 
Nell’area di operatività delle misure protettive e cautelari, infatti, non rientra espressamente la procedura di concordato semplificato, né le relative norme sono oggetto di esplicito richiamo nella regolamentazione della procedura. Da un’attenta analisi dell’excursus normativo emerge più precisamente come il concordato semplificato sia in realtà “fuoriuscito” dall’ambito di applicazione delle misure cautelari e protettive. La procedura, infatti, è stata introdotta nel nostro ordinamento con il D.L. 24 agosto 2021, n. 118, convertito in L. 21 ottobre 2021, n. 147[3], in tema di composizione assistita della crisi. L’art. 18, comma 2, della legge di conversione conteneva un espresso richiamo all’art. 168, L. fall.[4], che rendeva pacificamente operante nel concordato semplificato il meccanismo dell’automatic stay delle misure protettive e cautelari allora previsto nel concordato preventivo[5]. 
A seguito del decreto correttivo 17 giugno 2022, n. 83[6], il corpo normativo del concordato semplificato è stato trasferito nel codice della crisi agli artt. 25 sexies e 25 septies. Tale collocazione, che segue quella delle norme relative alla composizione negoziata e precede quella del nucleo normativo dedicato agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza (Titolo III), non deve trarre in inganno sull’inquadramento sistematico dell’istituto nell’ambito di questi ultimi, poiché si tratta pur sempre di una procedura concorsuale alternativa alla liquidazione giudiziale volta alla liquidazione del patrimonio o delle attività del debitore a beneficio dei creditori (art. 2, comma 1, lett. m bis, CCII), benché connotata di specificità che saranno nel prosieguo sinteticamente richiamate. 
Nella trasposizione delle norme operata dal legislatore, il rinvio alle misure protettive e cautelari del concordato preventivo è tuttavia venuto meno. Fa eccezione unicamente il richiamo all’art. 46, comma 5, CCII, contenuto all’art. 25 sexies, comma 2, CCII, rubricato “Effetti della domanda di accesso al concordato preventivo”, secondo cui a partire dalla data di pubblicazione del ricorso - i) i creditori non possono acquisire diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia l’autorizzazione del Tribunale; e ii) le ipoteche giudiziali iscritte nei 90 gg. anteriori alla pubblicazione della domanda di accesso sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori. Sul piano dell’interpretazione letterale, sembra quindi che chi acceda al concordato semplificato non possa godere delle misure ex artt. 54 e 55 CCII. 
La scelta legislativa di una formale espunzione dal testo normativo di ogni riferimento a tali misure e la tecnica legislativa basata sulla definizione di una disciplina organica di base della procedura con rinvii di taglio “chirurgico” alla disciplina del concordato preventivo, peraltro in parte soggetti al vincolo di compatibilità, obbliga l’interprete che voglia accedere ad ipotesi interpretative diverse, come quella di voler considerare operante il disposto degli artt. 54 e 55 CCII per effetto di una interpretazione analogica, ad una rigorosa verifica dei presupposti necessari a suffragare una lettura di tali norme in termini di misure e procedure applicabili in via generalizzata a tutti i percorsi di ristrutturazione senza distinzione. Come si vedrà più avanti, tale operazione ermeneutica è stata compiuta dalla giurisprudenza di merito più recente con esiti tutt’altro che univoci, sui quali ci si riserva di soffermarsi più avanti. 
Lo studio si propone di dipanare i nodi interpretativi delineati offrendo preliminarmente alcune sintetiche considerazioni sulle caratteristiche peculiari del concordato semplificato e sulla coerenza sul piano sistematico e funzionale delle misure protettive e cautelari con l’impianto complessivo della procedura, per poi passare al vaglio critico gli opposti orientamenti della giurisprudenza in merito all’applicazione dell’analogia legis. Le conclusioni cui si perverrà, lo si anticipa sin d’ora, conducono ad escludere nell’attuale contesto normativo l’applicabilità dello strumento dell’analogia per mancanza dei presupposti ex art. 12 disp. prel., come al contrario statuito da parte della giurisprudenza di merito, e a rendere auspicabile un intervento legislativo in materia di misure protettive e cautelari in chiave estensiva nell’ambito dell’emanando decreto correttivo al Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza. 
2 . Il concordato semplificato come strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza. Peculiarità
L’art. 25 sexies CCII dispone che, in caso di esito negativo della composizione negoziata e sempre che le trattative siano state condotte nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, l’imprenditore possa presentare una proposta di concordato per cessione dei beni unitamente al piano di liquidazione come strumento per pervenire ad una regolazione non contrattuale della crisi[7]. La domanda è introdotta con ricorso al Tribunale competente non oltre 60 giorni dalla comunicazione della relazione finale dell’esperto indipendente nominato in sede di composizione negoziata. 
Il concordato semplificato presuppone l'assenza di una prospettiva di continuità dell’attività (diretta o indiretta), se non in chiave strumentale alla migliore liquidazione dei beni[8]. Il piano può anche includere un’offerta predeterminata all’acquisto dell’azienda, di un suo ramo o di specifici beni da parte di un soggetto individuato, rispetto alla quale è possibile prevedere l’accettazione già prima dell’omologazione, ferma restando la competenza dell’ausiliario nominato e autorizzato dal Tribunale alla sua esecuzione. Il debitore conserva l’amministrazione dei beni e l’esercizio dell’attività d’impresa, sotto la vigilanza dell’ausiliario. 
Il concordato è detto “semplificato” perché beneficia delle verifiche, delle valutazioni e informative contenute nella relazione finale dell’esperto. Per questa ragione la procedura non prevede i) la fase “filtro” dell’ammissione al procedimento; pertanto, la relativa domanda ha ad oggetto unicamente la richiesta dell’omologa del concordato, ii) la nomina del giudice delegato e del commissario giudiziale ed infine non è prevista iii) la votazione della proposta da parte dei creditori. È il Tribunale che, valutata la ritualità della proposta, acquisita la relazione finale ed il parere dell’esperto in merito ai presumibili risultati della liquidazione e alle garanzie offerte, nomina con decreto un ausiliario deputato ad esprimere un proprio parere sulla proposta di concordato, ordina la comunicazione della proposta e dei relativi pareri ai creditori e fissa l’udienza di omologazione. 
Respinte le eventuali opposizioni, il Tribunale omologa il concordato con decreto motivato a condizione che: i) il piano sia fattibile; ii) la proposta sia rispettosa dell’ordine delle cause legittime di prelazione (c.d. Absolute Priority Rule), non preveda un trattamento deteriore per i creditori rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale ed infine assicuri in ogni caso una qualche utilità a ciascun creditore. È nell’ambito dello stesso decreto che viene nominato il liquidatore. 
La ratio di queste semplificazioni è da ricondurre alla volontà di favorire il raggiungimento del risultato della liquidazione dell’impresa nel modo più rapido possibile (quindi con un’azienda ancora “in vita”) e meno oneroso rispetto alla liquidazione giudiziale, sul presupposto che la situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa e la non percorribilità di altre soluzioni negoziali sia stata esaminata dall’esperto e rappresentata nella relazione finale. 
Il carattere della negozialità, tipico del concordato preventivo, è a ben vedere qui del tutto assente poiché il coinvolgimento diretto dei creditori è limitato al diritto ad essi riconosciuto ad una comunicazione tempestiva degli atti del procedimento e alla possibilità di proporre opposizione all’omologazione, unico vero diritto di voice del ceto creditorio. Il concordato semplificato è una procedura in cui tra debitore e creditori nulla si concorda e questa caratteristica lo differenzia radicalmente da tutti gli altri strumenti di regolazione della crisi. In compenso, viene rafforzato rispetto al concordato preventivo il ruolo del Tribunale che qui non solo è garante della regolarità della procedura e dell’osservanza dei principi di legge, ma valuta anche la fattibilità giuridica ed economica del piano e l’assenza di pregiudizio per i creditori derivante dalla proposta concordataria. 
Questo rilievo, lungi dall’esulare dall’oggetto di questo studio, merita nelle osservazioni che seguono un approfondimento ed una sottolineatura, atteso che le misure protettive e cautelari di norma presuppongono delle trattative in corso di cui si propongono di agevolare il buon esito. 
3 . Il fallimento delle trattative come presupposto oggettivo. Osservazioni in merito ai residui spazi di funzionalità delle misure protettive e cautelari nella procedura di concordato semplificato
Dalle considerazioni che precedono emerge come tra i presupposti oggettivi del concordato semplificato figuri l’insuccesso della procedura di composizione negoziata ossia proprio il fallimento delle trattative finalizzate al raggiungimento di un accordo negoziale con i creditori idoneo al superamento della situazione di squilibrio. Tale circostanza di fatto deve emergere dalla relazione finale dell’esperto che è chiamato altresì ad attestare che le trattative si siano svolte secondo correttezza e buona fede. Secondo la più recente giurisprudenza, quest’ultimo presupposto rientra nella valutazione giudiziale della ritualità della proposta (art. 25 sexies, comma 3, CCII) ed implica la necessità - nell'ambito della composizione negoziata - di una effettiva e completa interlocuzione con i creditori interessati dal piano di risanamento. Ciò presuppone che i creditori abbiano ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’imprenditore[9], nonché sulle misure per il risanamento proposte, e che abbiano potuto esprimersi su di esse. 
Per considerare sussistente la condizione di accesso al concordato semplificato non è sufficiente per l’imprenditore il deposito dell’istanza di nomina dell’esperto e dunque il mero accesso alla composizione negoziata. È necessario invece che l’esperto abbia ravvisato inizialmente concrete prospettive di risanamento, che la composizione negoziata sia stata effettivamente avviata e che ciononostante le possibili soluzioni si siano rivelate concretamente impraticabili. A questo fine sembra necessario che le trattative si siano svolte con la sottoposizione ai creditori di una (o più) proposte con le forme di tali soluzioni, ipotesi cui soltanto l’art. 23, comma 1, CCII ricollega la conclusione delle trattative con l’esito (positivo) del superamento della situazione di squilibrio[10]. 
Secondo un orientamento della giurisprudenza di merito, il concordato semplificato è una procedura di carattere residuale, in quanto percorribile non solo ove risulti impraticabile una delle soluzioni prospettate dall’art. 23, comma 1, CCII, ma anche ove non possano trovare concreta attuazione le (altre) soluzioni prospettate dall’art. 23, comma 2, CCII[i11]. 
Le osservazioni che precedono vanno adesso meglio inquadrate nell’alveo dell’indagine sulla coerenza funzionale delle misure protettive e cautelari rispetto alla procedura di concordato semplificato. Queste, infatti, di norma presuppongono l’esistenza di trattative in corso con i creditori di cui si propongono di agevolare il buon esito e rispondono ad una comune finalità: prevenire il pericolo che vengano poste in essere attività distruttive o depauperative del patrimonio dell’impresa per il tempo necessario alla conclusione dell’accordo o al buon esito del percorso di ristrutturazione intrapreso. Il carattere modulare delle misure protettive, cioè l’adattabilità in relazione all’utilità protettiva delle trattative in corso, emerge in più punti della disciplina, già a partire dalle norme definitorie citate, ma soprattutto nelle disposizioni in merito a: i) la durata, la proroga, la revoca e la modifica delle misure (art. 8; art. 18, comma 4; art. 19, commi 5 e 6; art. 54 commi 1 e 2, art. 55, commi 4 e 5, CCII); ii) il contenuto delle misure (art. 19, commi 1 e 4; art. 54 comma 2, CCII); iii) le misure protettive e cautelari negli accordi di ristrutturazione (art. 54, comma 3, CCII). La funzionalità delle misure a consentire l’avvio e la prosecuzione delle trattative con i creditori in una prospettiva non sbilanciata per il debitore è oggetto di costante sottolineatura anche da parte della giurisprudenza[12]. Qui, tuttavia, il carattere della negozialità è del tutto assente perché il coinvolgimento dei creditori si è esaurito senza esito in una fase precedente. Resta quindi da chiedersi se rispetto a tali misure residuino idealmente dei possibili spazi di funzionalità all’interno della procedura in questione. La risposta a questo quesito deve essere cercata nell’intricato groviglio di disposizioni che ne compongono lo statuto normativo. 
La regolamentazione delle misure protettive e cautelari risente infatti di una evoluzione normativa che nel tempo ne ha allargato la portata oggettiva e soggettiva, ne ha puntualizzato i passaggi procedimentali, la durata e le condizioni di operatività. La cornice normativa generale si ricava oggi dagli artt. 18-19 CCII per le misure richiedibili nell’ambito del procedimento di composizione negoziata della crisi e dagli artt. 8, 54-55 CCII per le misure applicabili agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza. A queste ultime sarà dedicata la nostra attenzione, con una particolare focalizzazione sulla disciplina sostanziale, con richiami alle norme procedimentali solo se funzionali ad un’efficace prospettazione delle argomentazioni. 
Le misure protettive hanno di norma un contenuto predeterminato dalla legge che si sostanzia nel i) divieto per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa[13], divieto a carico dei creditori per titolo o causa anteriore alla data di pubblicazione della domanda nel Registro delle imprese; nel ii) divieto di acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore; iii) nella neutralizzazione dei tempi per il decorso di prescrizioni e decadenze; iv) nel divieto di pronunciare la sentenza che dichiara l’apertura della liquidazione giudiziale o l’accertamento dello stato d’insolvenza (misure protettive c.d. tipiche). Si tratta di misure che, oltre ad una finalità protettiva del patrimonio, mirano a evitare l’acquisto da parte dei creditori di posizioni di vantaggio a ridosso dell’apertura della procedura[14]. Le misure riguardano genericamente tutti i creditori, anche quelli prededucibili, con eccezione dei diritti di credito vantati dai lavoratori che potranno far valere i loro crediti senza limitazioni avvalendosi del privilegio generale di cui all’art. 2751 bis, c.c. ed attraverso azioni esecutive o cautelari[15]. 
Solo quando l’istanza viene presentata nell’ambito delle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza già pendenti è possibile chiedere al Tribunale, con istanza apposita, ulteriori misure temporanee (art. 54, comma 2, CCII) funzionali ad evitare un pregiudizio al buon esito delle trattative assunte per la regolazione della crisi e dell’insolvenza (misure protettive c.d. atipiche)[16]. Tali misure devono essere connotate da un solido nesso di strumentalità con il proficuo sviluppo delle trattative in corso con i creditori. A titolo di esempio, una misura protettiva atipica potrebbe essere l’impedire la modifica unilaterale o la risoluzione di un contratto essenziale alla prosecuzione all’attività d’impresa in un procedimento di concordato preventivo in continuità aziendale, ovvero il divieto di proporre o proseguire azioni monitorie e per ingiunzione di pagamento[17]. 
Le misure protettive tipiche possono essere chieste anche prima del deposito della domanda di accesso allo strumento di regolazione della crisi (art. 2, comma 1, lett. P, CCII), già in sede di composizione negoziata (art. 18/19 CCII) ed hanno un’efficacia provvisoria a partire da quando il debitore dichiara di volersene avvalere (art. 17, comma 1; art. 54, comma 2 CCII) perché soggetta a conferma da parte del giudice nel rispetto del procedimento previsto agli artt. 19 e 55 (c.d. semi-automatic stay). La durata va dai 30 ai 120 gg. nella composizione negoziata, rinnovabile e prorogabile per un periodo massimo di 240 giorni (art. 19, comma 4, CCII), ovvero fino a 120 gg. negli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, durata anche in questo caso rinnovabile e prorogabile ma per un periodo complessivo che non può superare i 12 mesi, considerando anche l’eventuale misura disposta già in sede di composizione negoziata (art. 8 CCII)[18]. L’efficacia delle misure protettive permane anche quando il debitore, prima della scadenza del termine, chieda la conversione dello strumento di regolazione della crisi, e termina in ogni caso con l’omologazione dello strumento di regolazione della crisi o con l’apertura della liquidazione giudiziale. 
Se le misure protettive generano una compressione dei diritti e delle prerogative dei creditori, quelle cautelari determinano una limitazione per il debitore della libertà di disporre del patrimonio aziendale e/o dei valori dell’impresa. Anche queste possono essere disposte solo su istanza di parte, dove “parte” è qui tuttavia da intendersi come sinonimo di chi abbia proposto ricorso ex art. 19, comma 1, CCII (il debitore) o ex art. 40 CCII (il debitore, i creditori, il PM, l’organo di controllo o vigilanza). A differenza delle misure protettive, quelle cautelari: i) presuppongono l’avvenuta apertura di un procedimento di composizione negoziata della crisi o la pendenza di un procedimento di apertura di uno strumento di regolazione della crisi (deposito del ricorso ex art. 18, comma 1, o ex art. 40 CCII) e l’accoglimento della relativa domanda da parte del giudice monocratico, previo contradditorio con le parti; ii) devono essere idonee “ad assicurare provvisoriamente l’attuazione delle sentenze di omologazione di strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e di apertura delle procedure di insolvenza” (art. 54, comma 1, CCII); iii) hanno un contenuto conservativo o anticipatorio non definito a priori dalla legge, se non in via meramente esemplificativa (“inclusa la nomina di un custode dell’azienda o del patrimonio”, recita l’art. 54, comma 1, CCII). Non sussistono dubbi sul piano interpretativo in merito alla riconducibilità alle misure cautelari ammissibili del sequestro giudiziario, di documenti o dell’azienda, o del sequestro conservativo e di provvedimenti volti ad impedire al debitore pagamenti che potrebbero, una volta aperta la liquidazione giudiziale, risultare inefficaci ai sensi degli artt. 163-166 CCII[19]. 
Si tratta di misure rispondenti ad interessi potenzialmente contrapposti (del debitore da un lato, dei creditori dall’altro), il cui carattere temporaneo e la cui comune funzione “protettiva” del patrimonio aziendale hanno tuttavia giustificato la previsione di un procedimento unico per la trattazione delle istanze di cautela[20] che rimette al giudice, in sede di conferma o di disposizione, il giudizio circa il loro contemperamento. 
È opinione largamente condivisa che nella procedura di concordato semplificato, nei più ristretti margini temporali previsti fra la domanda di omologazione e il decreto di omologazione, si ravvisi la stessa esigenza avvertita nell’ambito di altri strumenti di regolazione della crisi di evitare che i creditori possano conseguire - attraverso iniziative individuali - utilità che, a garanzia della par condicio creditorum, non potrebbero ottenere mediante adempimento volontario della prestazione da parte del debitore. La cristallizzazione della massa attiva a servizio del fabbisogno concordatario è anche qui condizione indispensabile per assicurare gli effetti del piano oggetto di omologa, che potrebbe divenire non più attuabile una volta che il debitore sia forzosamente privato di utilità destinate alla massa dei creditori per iniziativa di uno di essi[21]. E ciò tanto più se si considera la natura liquidatoria del concordato semplificato per cessione dei beni. Tale natura imporrebbe al giudice - in sede di disposizione, conferma, revoca o proroga delle misure - di operare un giudizio dal contenuto più circoscritto e cioè se le misure richieste siano funzionali a evitare un pregiudizio unicamente rispetto all’esito atteso dallo strumento regolativo della crisi e cioè alla migliore liquidazione possibile. Resterebbe fuori dal perimetro di valutazione giudiziale il profilo del pregiudizio alle trattative con i creditori che, come osservato, risultano già chiuse senza esito positivo, nonché la valutazione prognostica della attualità delle misure rispetto allo scopo di addivenire al risanamento dell’impresa. 
Il “buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza” e l’assicurazione provvisoria degli “effetti degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e delle procedure di insolvenza” (art. 2, comma 1 lett. p e q, CCII) sono d’altro canto indici normativi che sembrerebbero imprimere rispettivamente alle misure protettive e cautelari una direzione generale sul piano funzionale coerente con la struttura e la finalità anche della procedura di concordato semplificato, pur in assenza di un coinvolgimento sul piano negoziale dei creditori in termini di partecipazione a delle trattative. 
La sostanziale adesione a questa impostazione costituisce la premessa implicita dello sforzo interpretativo operato dalla giurisprudenza di merito, con riferimento ai possibili spazi di operatività dell’analogia legis quale strumento per l’applicazione al concordato semplificato delle misure protettive e cautelari previste per il concordato preventivo.
4 . Il ricorso all’analogia legis e gli opposti orientamenti della giurisprudenza di merito. Riconoscibilità di una lacuna iuris
Il ricorso all’analogia legis per estendere al concordato semplificato le norme in materia di misure protettive e cautelari previste negli (altri) strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza risulta ammissibile ex art. 12 disp. prel. unicamente ove si dimostri che: a) l’ipotesi in questione non sia prevista da alcuna norma (lacuna iuris); b) vi siano somiglianze tra le fattispecie disciplinate dalla legge e quella non prevista; c) il rapporto di somiglianza concerna gli elementi della fattispecie nei quali si ravvisa la giustificazione della disciplina sulle misure protettive e cautelari dettata dal legislatore (eadem ratio). 
L’individuazione di una lacuna iuris, nel caso specifico, non è da considerare scontata. Secondo un importante arresto delle Sezioni Unite, infatti, non semplicemente perché una disposizione normativa non preveda una certa disciplina, in altre invece contemplata, costituisce ex se una lacuna normativa, da colmare facendo ricorso all'analogia ai sensi dell'art. 12 preleggi. Ciò tanto più quando si tratti di estendere l'applicazione di una disposizione specifica oltre l'ambito di applicazione delineato dal legislatore, ovvero di applicarla "analogicamente" a vicenda concreta da questi non contemplata ed in presenza di diversi presupposti integrativi della fattispecie” [22]. In altri termini, calando questo assunto nell’ambito del problema oggetto di attenzione, l’esclusione di una procedura dall’ambito di applicazione delle misure protettive e cautelari potrebbe essere frutto di una precisa scelta del legislatore di cui l’interprete debba limitarsi a prendere atto[23]. 
L’orientamento prevalente della giurisprudenza di merito nega che le misure protettive e cautelari nel concordato semplificato siano oggetto di una lacuna iuris, poiché date per presupposte da una serie di disposizioni di legge. Più precisamente: i) la definizione delle misure cautelari e protettive ed il loro orientamento funzionale ad assicurare il buon esito e gli effetti “degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza” (art. 2, comma 1, lett. p e q, CCII) e la sicura riconducibilità del concordato semplificato nell’ambito di questi sulla base della definizione generale (art. 2, comma 1, lett. m bis, CCII) sarebbe indice sicuro – secondo questo orientamento – della riconducibilità del concordato semplificato nell’area di applicazione degli art. 54 e 55 CCII[24]; ii) l’art. 54, comma 2, CCII poi, riferendosi all’ipotesi di richiesta delle misure protettive nell’ambito del ricorso ex art. 40 CCII, disposizione che apre il corpus normativo dedicato al procedimento unitario per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, sembrerebbe non delimitare questa possibilità solo ad alcuni strumenti. Per di più, al comma 10 dell’art. 40 CCII si fa riferimento esplicito alla domanda di accesso proposta “all’esito della composizione negoziata”, il che farebbe pensare di potervi leggere un riferimento (anche) al concordato semplificato[i25]; iii) il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione” (art. 25 sexies, comma 5, CCII) imposto dal legislatore al debitore nella formulazione della proposta di concordato semplificato, secondo alcuni arresti, sarebbe alterato dall’esito delle esecuzioni individuali promosse o proseguite [26]; iv) l’art. 8 CCII, nel disciplinare la durata delle misure protettive, precisa che la durata complessiva fino all’omologazione dello strumento di regolazione non può superare i 12 mesi “inclusi eventuali rinnovi o proroghe tenuto conto delle misure protettive di cui all’art. 18”, pertanto il riferimento includerebbe anche gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza esito della composizione negoziata come il concordato semplificato[27]. In forza di tali indici normativi, non potrebbe riconoscersi l’esistenza di un vuoto normativo (lacuna iuris), presupposto dell’interpretazione analogica, poiché tutte le norme di carattere sostanziale e procedurale inerenti alle misure protettive e cautelari previste dagli art. 8, 54, 55 CCII troverebbero applicazione generalizzata e diretta a tutti gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e quindi anche al concordato semplificato. 
Le norme richiamate non sembrano tuttavia condurre univocamente a tale conclusione ma possono prestarsi ad una lettura diversa. Se è pacifico che il concordato semplificato sia ascrivibile nell’alveo degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, è anche vero che il legislatore con riferimento espresso alle misure protettive e cautelari all’art. 54, comma 1, CCII ne prevede la conferma o disposizione solo nell’ambito degli strumenti oggetto di puntuale indicazione, e precisamente “nel corso del procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale o della procedura di concordato preventivo o di omologazione di accordi di ristrutturazione e del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione”[28]. Il legislatore delegato, al pari del delegante, ha scelto di menzionare solo alcune procedure nel raggio di operatività delle misure e non operare un generico rinvio agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza. Tra queste il concordato semplificato non figura. 
La disciplina del concordato semplificato nulla prevede a proposito dell’applicazione di tali misure e nell’operare un rinvio selettivo alle norme della disciplina del concordato preventivo, non richiama le relative norme, fatta eccezione, come già sottolineato, per l’art. 46, comma 5, CCII. Nella ricostruzione ermeneutica inoltre va considerato come il legislatore delegato abbia espunto l’originario richiamo alle misure protettive nel concordato preventivo contenuto all’art. 168 L. fall. 
Il richiamo alla richiesta delle misure nel ricorso ex art. 40, comma 10, CCII, “anche all’esito della composizione negoziata”, potrebbe essere considerato inequivocabile solo se il concordato semplificato potesse considerarsi l’unica strada per il debitore a fronte del fallimento delle trattative intercorse nella composizione negoziata, cosa che a ben vedere non è, potendo il debitore accedere ad una pluralità di strumenti e procedure ai sensi dell’art. 23, comma 2. Lo stesso rilievo critico potrebbe essere mosso con riferimento al richiamo alla durata massima delle misure (art. 8) che deve tenere conto di quelle già previste nella composizione negoziata. Il riferimento potrebbe valere per le misure concesse nell’ambito di accordi di ristrutturazione come di altri strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza. 
Il vuoto normativo appare qui in tutta la sua evidenza ed è proprio a partire da questo che parte della giurisprudenza ha ritenuto di poter richiamare l’istituto dell’analogia, per estendere al concordato semplificato le norme del concordato preventivo, in quanto compatibili, pur nella consapevolezza delle peculiarità della procedura[29]. Tale orientamento valorizza il richiamo al concordato preventivo contenuto all’art. 54 CCII per ritenere applicabili le relative norme al concordato semplificato, in quanto asserita sottospecie del concordato preventivo. Questo assunto, tuttavia, non risulta scandagliato sul piano argomentativo ma ancorato al richiamo di una generica somiglianza tra il concordato semplificato ed il concordato preventivo. Nessun arresto tra quelli sinora pubblicati chiarisce quali siano le somiglianze tra le fattispecie e soprattutto se il rapporto di somiglianza connoti gli elementi della fattispecie nei quali si ravvisa la giustificazione stessa della disciplina sulle misure protettive e cautelari dettata dal legislatore (eadem ratio), quasi a supporre che questo sia autoevidente o che sia sufficiente ai nostri fini il generico richiamo al concetto di “concordato”. 
Questa impostazione è criticata da quanti ritengono che le misure protettive e cautelari, comportando una rilevante compressione dei diritti dei creditori da un lato e del potere di disposizione del patrimonio del debitore dall’altro, sono disciplinate come provvedimenti eccezionali, previsti per ipotesi specifiche, per un periodo limitato di tempo, dilatabile solo in presenza di stringenti presupposti, cosa che non consente di ritenere che siano applicabili ad ogni percorso di ristrutturazione al di fuori dei casi in cui siano espressamente previste[30]. Quanto al rapporto di somiglianza tra le due fattispecie e alla sua rilevanza ai fini dell’operazione ermeneutica dell’analogia, gli indici normativi non sembrano essere congruenti, anzi il rinvio solo ad alcune norme del concordato preventivo, in quanto compatibili, porterebbe ad escludere che siano applicabili norme di quest’ultimo non espressamente richiamate al concordato semplificato. Il tema della somiglianza tra le procedure appare centrale e merita alcune ulteriori riflessioni.
5 . Il limitato rapporto di somiglianza del concordato semplificato con il concordato preventivo. Presupposti, caratteristiche sostanziali e procedurali
Nel passare in rassegna lo statuto normativo delle due procedure, l’interprete rileva facilmente come siano molto circoscritti gli elementi in comune e, al contrario, amplissime le divergenze sul piano sostanziale e procedurale. 
a) I presupposti soggettivi e oggettivi. Con riferimento specifico ai presupposti, l’accesso al concordato semplificato è consentito ad una platea più ampia di debitori rispetto al concordato ordinario poiché spetta al debitore che rivesta la qualifica d’imprenditore, commerciale o agricolo, soggetto alla liquidazione giudiziale o ad amministrazione straordinaria o alle procedure di sovraindebitamento, senza limiti dimensionali verso l’alto e verso il basso. Ciò si deduce logicamente dalla previsione della procedura solo come sbocco possibile della composizione negoziata, su iniziativa del debitore; di qui l’identità dei requisiti relativi al proponente. L’imprenditore deve inoltre trovarsi in stato di squilibrio patrimoniale o economico finanziario che ne renda probabile la crisi o l’insolvenza. Rientrano in questa situazione di fatto fenomeni molto diversificati che vanno dalla crisi incipiente sino all’insolvenza vera e propria,. La continuazione dell’attività è un’evenienza più strumentale alla cessione dei beni e dell’attività che un percorso scelto in vista del risanamento dell’impresa, prospettiva questa esclusa a causa del fallimento delle trattative e della impraticabilità delle altre soluzioni previste dall’art. 23 [31].Tra i presupposti oggettivi figura inoltre, come già evidenziato, l’insuccesso della procedura di composizione negoziata ossia il fallimento delle trattative finalizzate al raggiungimento di un accordo negoziale con i creditori idoneo al superamento della situazione di squilibrio, come emerge dalla relazione finale dell’esperto. 
b) La proposta. A differenza del concordato preventivo liquidatorio, non è richiesto al debitore di garantire una percentuale minima di soddisfacimento ai chirografari ed ai privilegiati degradati per incapienza né l’apporto necessario di risorse esterne da destinare all’incremento dell’attivo disponibile 
c) L’iter procedimentale. L’assenza del voto dei creditori. Il coinvolgimento dei creditori nella valutazione è nel concordato semplificato solo eventuale. Verificata la ritualità della proposta, il Tribunale impone con decreto al debitore unicamente un obbligo di comunicazione ai creditori inseriti nell’elenco depositato ai sensi dell’art. 39, comma 1, CCII, della proposta, del parere dell’ausiliario, della relazione finale e del parere dell’esperto specificando dove possano essere reperiti i dati per la sua valutazione. Al diritto d’informazione non si accompagna il diritto di voto ma unicamente il diritto di opposizione ed impugnazione del decreto di omologazione. I creditori tutti e qualsiasi interessato possono infatti opporsi alla omologazione del concordato costituendosi nel termine perentorio di dieci giorni prima dell’udienza di omologa; come, del pari, è consentito alle parti di proporre reclamo alla corte d’appello contro il decreto di omologazione, ai sensi dell’art. 247 CCII e ricorso in cassazione contro la relativa sentenza (il termine in questi due casi è di trenta giorni). 
d) I poteri del giudice in sede di ammissione e omologazione del concordato. - In sede di ammissione, il Tribunale è chiamato a compiere una valutazione sulla ritualità della proposta ed acquisire la relazione finale dell’esperto e un ulteriore parere reso dal medesimo relativo ai presumibili risultati della liquidazione (art. 25 sexies, comma 3, c.c.i.). Il perimetro entro cui si estende il sindacato giudiziale è in questa sede limitato al controllo formale dei vizi del procedimento, salvo che rilevi la manifesta inammissibilità tale da escludere l’omologazione (ad es. la carenza dei requisiti soggettivi e oggettivi per l’accesso alla procedura, manifeste situazioni di non fattibilità o convenienza della proposta). È escluso che in questa sede l’autorità giudiziaria possa entrare nel merito della proposta e delle attestazioni compiute dall’esperto indipendente. Con riferimento specifico alla relazione finale ed al parere di quest’ultimo, il Tribunale deve limitarsi al riscontro degli elementi necessari perché detti documenti possano rispondere alla funzione propria di fornire elementi di valutazione per i creditori (dati aggiornati, metodologia e criteri seguiti in evidenza ecc.). Il legislatore non prevede alcuna istruttoria né contraddittorio in questa sede. Ove sia riscontrata la regolarità formale della proposta (e, si presume, il parere positivo dell’esperto) il Tribunale emette un decreto con cui ammette l’imprenditore alla procedura con la contestuale i) nomina dell’ausiliario ex art. 68 c.p.c.; ii) l’assegnazione a quest’ultimo di un termine entro il quale dovrà depositare il parere che è chiamato a redigere ai sensi del comma 4; iii) la fissazione della data dell’udienza per l’omologazione, che deve intervenire almeno quarantacinque giorni dopo la scadenza del termine concesso all’ausiliario per il deposito del parere. Il Tribunale, assunti i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d'ufficio, omologa il concordato con decreto motivato quando, verificata la regolarità del contraddittorio e del procedimento, nonché il rispetto dell'ordine delle cause di prelazione e la fattibilità del piano di liquidazione, rileva nella proposta l’assenza di pregiudizio ai creditori rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale ed il riconoscimento di una qualche utilità per ciascun creditore (art. 25 sexies, comma 5, c.c.i.). Il sindacato dell’Autorità giudiziaria in sede di omologazione del concordato semplificato ha pertanto un ambito diverso rispetto a quello riconosciuto in sede di concordato preventivo (art. 112, comma 1, c.c.i.), poiché non include espressamente valutazioni sull’ammissibilità della proposta né alcun accertamento degli esiti della votazione (passaggio procedimentale non previsto). Resta qui confermato il giudizio sulla regolarità del procedimento e del contraddittorio e sulla fattibilità del piano che è posticipato alla sede di omologazione, cui si accompagna la verifica del rispetto delle regole distributive (Absolute Priority Rule), dell’assenza di danno ai creditori rispetto alla alternativa della liquidazione giudiziale e della presenza di una qualche utilità per i creditori. Il controllo sulla fattibilità del piano di liquidazione non presenta le specificazioni di cui agli artt. 47 e 48 CCII e comprende tanto la fattibilità giuridica (non manifesta inattitudine del piano a raggiungere gli obiettivi prefissati) quanto quella economica (concrete prospettive di soddisfacimento dei creditori) che nel concordato preventivo è sottratta alla valutazione del Tribunale e demandata ai creditori che si esprimono attraverso il voto. 
e) Regole distributive. Il rispetto della regola di priorità assoluta in sede di distribuzione implica la verifica giudiziale che, nell’ambito della proposta del debitore, il valore di liquidazione dell’impresa sia distribuito in base all’ordine delle cause legittime di prelazione. Essa impedisce la soddisfazione del creditore di rango successivo qualora non sia stato integralmente soddisfatto quello di rango precedente, con soddisfazione integrale del prelatizio di grado superiore prima che quello di grado inferiore possa essere soddisfatto anche in parte, e con soddisfazione integrale dei chirografari prima che i creditori postergati ex lege possano essere soddisfatti anche in parte. La valutazione in merito all’assenza di pregiudizio per i creditori rispetto alla liquidazione giudiziale implica un raffronto tra il presumibile ricavo realizzabile nel concordato in attuazione del piano di liquidazione con quello realizzabile nella liquidazione giudiziale. Non si tratta quindi di un test di convenienza che richiede ordinariamente il riscontro in positivo di un vantaggio per i creditori rispetto allo scenario della liquidazione giudiziale, ma la verifica che il trattamento economico di questi sia almeno pari a quello che riceverebbero in sede di liquidazione giudiziale. Se tuttavia tale prospettiva fosse di un realizzo pari allo zero, la proposta dovrebbe comunque assicurare una qualche utilità per i creditori e di ciò il Tribunale dovrebbe accertarsi in sede di omologazione. Non è prescritto che questa debba essere “specificamente individuata ed economicamente valutabile” il che sembrerebbe lasciare ampio spazio alle valutazioni del Tribunale potendo comprendere per esempio anche il solo beneficio degli sgravi fiscali, a fronte della dimostrata insoddisfazione del credito. Tuttavia, ove le utilità non fossero certe ed economicamente valutabili difficilmente il Tribunale potrebbe tenerne conto nel suo giudizio. 
f) La liquidazione del patrimonio. Con il decreto di omologazione, il Tribunale nomina un liquidatore, cui si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’art. 114 c.c.i. in materia di concordato con cessione di beni (art. 25 septies, comma 1, c.c.i.). Il liquidatore comunica all’ausiliario con periodicità semestrale le informazioni rilevanti relative all'andamento della liquidazione e questi ne dà notizia, con le sue osservazioni, al pubblico ministero e ai creditori e ne deposita copia presso la cancelleria del tribunale. Quando il piano di liquidazione comprende un'offerta da parte di un soggetto individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore dell'azienda o di uno o più rami d'azienda o di specifici beni, il liquidatore giudiziale, verificata l'assenza di soluzioni migliori sul mercato, dà esecuzione all'offerta e alla vendita conseguono gli effetti tipici della vendita coattiva e dell’assegnazione (artt. 2919/2929 c.c.). Quando il piano di liquidazione prevede che il trasferimento debba essere eseguito prima della omologazione, all'offerta dà esecuzione l'ausiliario, verificata l'assenza di soluzioni migliori sul mercato, previa autorizzazione del tribunale (art. 25 septies, comma 3, CCII). Questa possibilità potrebbe essere in concreto svuotata di effettiva utilità ove i creditori aggredissero i beni aziendali con azioni esecutive individuali. 
I rinvii contenuti negli art. 25 sexies e 25 septies CCII alla regolamentazione del concordato preventivo consentono infine di mappare i (ristretti) punti di contatto tra le due procedure, aspetti questi che appare opportuno richiamare brevemente. Sul piano sostanziale i rinvii rilevanti per testare la praticabilità dell’interpretazione analogica delle misure cautelari e protettive riguardano unicamente le disposizioni sugli effetti della domanda di concordato preventivo direttamente applicabili (artt. 46, 94 e 96 CCII) e le disposizioni in tema di atti di frode del debitore e apertura della liquidazione giudiziale nel corso della procedura (art. 106 CCII), in quanto compatibili. Più precisamente l’art. 96, dettato in tema di concordato preventivo, rinvia ulteriormente e quasi integralmente alla sezione III, capo I, Titolo V, artt. 153-162 CCII, che disciplina gli effetti dell’apertura della liquidazione giudiziale sui creditori ma escludendone esplicitamente la norma di apertura, rubricata proprio “Divieto di azioni esecutive e cautelari individuali”. Il terreno comune alle due procedure potrebbe quindi in astratto aprire ad una riflessione sull’applicazione analogica delle misure cautelari nel concordato preventivo ma non delle misure protettive, operazione ermeneutica condotta da qualche isolato precedente[32]. 
Le altre norme oggetto di rinvio espresso disciplinano gli effetti del concordato preventivo omologato per i creditori, nonché la sua esecuzione e risoluzione, un segmento della disciplina questo estraneo sul piano temporale all’applicabilità delle misure protettive e cautelari. 
Sotto il profilo procedurale, si applicano al concordato semplificato le norme specificamente previste dagli art. 25 sexies e 25 septies e le disposizioni sul procedimento ordinario per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza oggetto di rinvio esplicito. Anche in questo caso, il legislatore sceglie la tecnica legislativa del rinvio selettivo, ma con riferimento non al concordato preventivo bensì a norme generali previste per questi strumenti e, come già sottolineato, tra queste non figurano le misure protettive e cautelari. Qui il rapporto di somiglianza diventa sempre più sfumato e non può considerarsi strettamente rilevante ai fini dell’interpretazione analogica. 
6 . La via stretta dell’analogia legis. Le istanze di sistematicità e di coerenza normativa
Le profonde divergenze sul piano sostanziale e procedurale sembrerebbero suffragare un inquadramento del semplificato nei termini di un tipo concordatario interamente autonomo rispetto al concordato preventivo[33], dovendosi di conseguenza escludere la possibilità di dare corso ad una applicazione diretta di norme dedicate a quest’ultimo, per saturare eventuali vuoti di normazione in punto di semplificato. 
Per le stesse ragioni, l’impiego del criterio ausiliario dell’analogia legis risulterebbe privo di un ancoraggio forte sul piano della somiglianza tra le procedure richiamate, della tecnica legislativa utilizzata e dell’evoluzione dello statuto normativo del semplificato nel tempo, con la conseguenza che, con riferimento alle porzioni normative del concordato preventivo non richiamate, il silenzio legislativo sembra doversi leggere in termini generali più che come un’omissione, come precisa opzione legislativa caratterizzante un tratto della procedura. 
Le considerazioni sin qui fatte sembrano condurre alle seguenti conclusioni: i) con riferimento alle misure cautelari e protettive nel concordato semplificato, se si eccettua la disposizione di cui all’art. 46, comma 5, CCII, sussiste un vero e proprio vuoto normativo; ii) nel silenzio della legge, tali misure non possano trovare applicazione per analogia con il concordato preventivo, poiché l’area di somiglianza tra le due procedure concorsuali sul piano sostanziale e procedurale si gioca in un ambito molto ristretto e comunque non rilevante ai fini dell’applicazione analogica, come peraltro sembra evidenziare anche la tecnica legislativa utilizzata del rinvio selettivo; iii) per ragioni sistematiche e di coerenza normativa con gli altri strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza d’impresa, sarebbe opportuno che la disciplina di cui agli articoli 54 e 55 CCII includesse espressamente anche il concordato semplificato nell’area di applicabilità, poiché considerata pacificamente dagli interpreti come adeguata anche alle istanze di conservazione del patrimonio del debitore proponente il concordato semplificato, con alcuni opportuni adattamenti derivanti dalla compressione della negozialità caratterizzante la procedura; iv) in assenza di un allargamento normativamente previsto dell’area di applicabilità tale lacuna continuerebbe a produrre un effetto distorsivo, in quanto ci si troverebbe di fronte ad una procedura concorsuale di carattere prettamente liquidatorio, nella quale verrebbe a tacer d’altro mantenuta la facoltà dei creditori di procedere esecutivamente sui beni del debitore anche nel tempo necessario a formulare la proposta e ottenere l’omologazione del concordato, con rilevanti impatti sul piano anche della convenienza per l’imprenditore della scelta di tale strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza. 
7 . Le prospettive de iure condendo
La soluzione di questa aporia nel sistema è oggetto dello Schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza, approvato in prima lettura in Consiglio dei Ministri il 10 giugno 2024[34] , ed in attesa della definizione dell‘iter per la sua entrata in vigore. Lo Schema contiene disposizioni correttive con le quali si intende far fronte alle criticità interpretative e applicative emerse nella fase di prima attuazione del Codice della crisi d’impresa nonché disposizioni integrative e di coordinamento e ciò in virtù della legge n. 20 del 2019 [35] e della legge di delegazione europea n. 53 del 2021 [36] che consentono l’adozione, entro la data del 15 luglio 2024, di più decreti legislativi correttivi. 
L’articolo 13 dello schema di decreto legislativo, in particolare, contiene delle modifiche all’art. 54, commi 1e 2, CCII, proprio con riferimento all’area applicativa delle misure cautelari e protettive e prevede che il regime delle misure cautelari si applichi in via generale in pendenza di una domanda di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, anche nel caso di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Al comma 2 dell’articolo 54, si chiarisce che la domanda di applicazione delle misure protettive possa essere presentata anche nel caso di concordato semplificato e che le stesse misure possono essere chieste anche con autonoma domanda proposta dopo l’accesso ad uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza regolati dal Codice.
L’art. 13 contiene inoltre la proposta di alcune precisazioni terminologiche, funzionali ad assicurare una formulazione della norma più coerente con la collocazione sistematica degli istituti in essa richiamati e chiarisce che la domanda di accesso al concordato semplificato non è domanda diversa da quella disciplinata all’articolo 40 CCII, che regolamenta l’atto introduttivo del procedimento unitario per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, recependo in tal modo l’orientamento prevalente della giurisprudenza[37]. Nell’ambito di tali precisazioni rientra anche la proposta di modifica all’art. 2, comma 1, lett. p e q, CCII secondo cui sono «misure protettive» quelle richieste dal debitore per evitare che non solo determinate azioni ma anche condotte dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza, anche prima dell'accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza. Viene inoltre precisato che i provvedimenti cautelari emessi a tutela del patrimonio o dell'impresa del debitore sono funzionali ad assicurare provvisoriamente non solo il buon esito delle trattative, gli effetti degli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza e delle procedure di insolvenza ma anche l’attuazione delle relative decisioni (art. 1, comma 1, dello Schema di Decreto correttivo). 
Se tali scelte dovessero essere approvate dal Legislatore in via definitiva, sarebbe questa l’ulteriore conferma della solidità della tesi e delle argomentazioni proposte in queste pagine.

Note:

[1] 
La L. n. 155 del 19 ottobre 2017 (“Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza”) ne ha inizialmente previsto l’applicabilità tanto in caso di procedimento per l’apertura della liquidazione giudiziale e di proposizione di una domanda di concordato preventivo, quanto di un’omologa di accordi di ristrutturazione, oltre che nell’ambito della composizione assistita della crisi, oggi sostituita dalla composizione negoziata (artt. 18 e 19, CCII). L’area di applicabilità è stata poi estesa dal D.Lgs. n. 83 del 17 giugno 2022 anche al piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (art. 54, comma 1, CCII), istituto di nuovo conio introdotto con il decreto correttivo stesso.
[2] 
Cfr. P. Russolillo, Misure protettive negli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza alternativi alla liquidazione giudiziale e procedure esecutive individuali, in Dirittodellacrisi.it, Giugno 2023, 2. Dello stesso avviso, tra i più recenti contributi sul tema si segnala I. Pagni, Il “sistema” delle misure protettive e cautelari negli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza: note a margine di un provvedimento del Tribunale di Milano, in Fallimento, 2024, 279 ss.
[3] 
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 agosto 2021, n. 118, recante misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia”, in G.U.R.I. del 23.10.2021.
[4] 
Recita l’art. 168, L. fall. “Dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore. Le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese, e le decadenze non si verificano. I creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia autorizzazione del giudice nei casi previsti dall'articolo precedente. Le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato.”
[5] 
Con il Codice della Crisi è venuto meno l’automatic stay nel concordato preventivo: il blocco delle azioni esecutive individuali rientra adesso nelle misure cautelari e protettive valevoli, come si è detto, anche per altri strumenti di regolazione delle crisi, la cui concreta operatività è rimessa all’istanza del debitore ed è sottoposta al vaglio del giudice che ne fissa anche la durata e ne dispone l’eventuale revoca (artt. 54 e 55, CCII). Permane invece la cesura netta tra creditori anteriori e posteriori alla presentazione del ricorso: i primi destinati ad essere soddisfatti esclusivamente nei termini ed alle condizioni fissate nel piano; i secondi pagati per intero e alla scadenza, con la possibilità, in caso di inadempimento, di agire esecutivamente sui beni del debitore.
[6] 
Modifiche al codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, in attuazione della direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza), in GURI dell’01.07.2022.
[7] 
Luci e ombre del concordato semplificato sono state messe a fuoco da svariati autori nella letteratura giuscommercialistica. Tra questi si vedano specialmente i contributi aggiornati al D.Lgs. n. 83/2022 e specialmente S. Pacchi, Finalità e funzione del concordato semplificato, in Dir. fall., 2024, 58 ss.; S. Leuzzi, Il concordato semplificato nel prisma delle prime applicazioni, in Dirittodellacrisi.it, Maggio 2023; L. Panzani, Concordato semplificato di gruppo ed opposizione all’omologazione, in Fallimento, 2023, 1558 ss.; L. Jeantet, M. Spiotta, Codice della crisi: tra novità e dubbi (ir)risolti (I parte) – CNC e concordato semplificato: dal presupposto (oggettivo) alla prospettiva (liquidativa), in Giur. it., 2023, 1469 ss.; F. Censoni, Il concordato “semplificato” nel Codice della Crisi e dell’Insolvenza; un istituto enigmatico, in Giur. comm., 2023, I, 187 ss.; A. Rossi, Le condizioni di ammissibilità del concordato semplificato, in Fallimento, 2022, 745 ss.; M. Campobasso, Il concordato liquidatorio semplificato: ma perché il concordato preventivo non trova pace?, in Nuove leggi civ. comm., 2022, I, 112 ss. Tra i primi saggi si segnalano S. Ambrosini, Il concordato semplificato: primi appunti, in ristrutturazioniaziendali.it, settembre 2021; G. D'Attorre, Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, in Fallimento, 2021, 1603 ss.; G. Bozza, Il concordato semplificato, in S. Ambrosini (a cura di), Crisi e insolvenza nel nuovo Codice, Bologna, 2022, 307 ss.
[8] 
Cfr. sul punto E. Sorci, Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio all’esito della composizione negoziata, in M. Irrera, F. Pasquariello, M. Perrino (a cura di), Lineamenti di diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, 2023, 242 s.
[9] 
V. da ultimo Trib. Venezia, 28 marzo 2024, in Unijuris.it, secondo cui la relazione dell’esperto è chiamata a dar conto della conduzione delle trattative secondo correttezza e buona fede, vale a dire, in particolare, dell'avere l'imprenditore rappresentato in modo completo e trasparente la propria situazione (art. 16, quarto comma, C.C.I.), allegato tutta la documentazione a tal fine necessaria (art. 17 C.C.I.) e gestito l'impresa in modo di evitare pregiudizi ai creditori con l'obiettivo di addivenire ad una soluzione della crisi condivisa e concretamente praticabile, idonea, quantomeno in prospettiva, al superamento della situazione di squilibrio (art. 21 C.C.I.), e quindi, in definitiva, nel non avere l'imprenditore posto in essere condotte abusive di quello strumento, riservandosi l’accesso al concordato semplificato a quei casi in cui il rispetto della regolarità garantisce che non sia effettivamente praticabile una soluzione diversa da quella liquidatoria. 
[10] 
Cfr. ex multis, Trib. Firenze, 31 Agosto 2022, in Dirittodellacrisi.it.
[11] 
V. specialmente Trib. Bergamo, 23 settembre 2022, in Dirittodellacrisi.it secondo cui è inammissibile il ricorso al concordato semplificato, qualora in esito al relativo percorso si palesi praticabile il ricorso all’accordo di ristrutturazione dei debiti (ADR), anche con transazione fiscale, essendo l’istituto ex art. 25 sexies CCII utilizzabile solo in via residuale ove risulti impraticabile la soluzione di cui all’art. 23, comma 2 lett. b), CCII.
[12] 
In questo senso Trib. Santa Maria Capua Vetere, 21 giugno 2022, in Dirittodellacrisi.it, secondo cui in tema di conferma delle misure protettive, il sindacato che l’organo giurisdizionale è tenuto ad esercitare ha ad oggetto il fumus boni iuris e il periculum in mora. Il primo è ravvisabile nell’utilità delle misure protettive richieste rispetto allo svolgimento delle trattative, nella loro adeguatezza e proporzionalità rispetto all’obiettivo di risanamento dell’impresa e infine nella capacità dell’impresa di dare luogo a tale risanamento. Il secondo è configurabile nella probabilità che il rigetto dell’istanza di conferma delle misure possa pregiudicare l’esito delle trattative e quindi nella necessità di porre i negoziati al riparo da iniziative opportunistiche o ostruzionistiche dei creditori. La funzionalità a consentire l’avvio delle trattative in una prospettiva non sbilanciata per il debitore è sottolineata anche Trib. Milano, 26 gennaio 2022, in Dirittodellacrisi.it che sottolinea come, per tale ragione, sia ammissibile e possa essere confermata l’istanza di adozione di misure protettive del patrimonio anche in assenza di azioni esecutive in atto; Trib. Brescia, 02 dicembre 2021, in Dirittodellacrisi.it
[13] 
La richiesta di misure protettive non può tuttavia includere l’inibizione per i creditori di chiedere e ottenere l’accertamento giudiziale del proprio credito e di munirsi di un titolo esecutivo giudiziale. Così Trib. Trento, 23 settembre 2022, in Dirittodellacrisi.it. Non è necessario indicare nella domanda i nomi dei controinteressati, né che questi vengano previamente informati della domanda, trattandosi di una misura erga omnes, ossia valevole verso tutti coloro che abbiano assunto o potrebbero ipoteticamente assumere iniziative pregiudizievoli per il buon esito delle trattative e delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza. Così Trib. Roma, 21 luglio 2022, in Dirittodellacrisi.it. Nello stesso senso, M. Pellizzato, L’insostenibile leggerezza delle misure protettive selettive, in Dirittodellacrisi.it, settembre 2022.
[14] 
Cfr. sul punto L. Baccaglini, L. Calcagno, Le misure protettive e cautelari nel CCII, in Dirittodellacrisi.it, ottobre 2022.
[15] 
L’art. 18, comma 3, CCII conferma quanto previsto dalla direttiva UE 2019/1023 c.d. Insolvency (Considerando n. 60, 61 e 62 e art. 13). La giurisprudenza, tuttavia, in più occasioni ha ridimensionato sul piano interpretativo la portata applicativa di questa norma, statuendo che, la formulazione “i diritti di credito dei lavoratori”, seppur molto generica, si debba riferire soltanto ai diritti dei lavoratori subordinati dell’imprenditore (v. ex multis Trib. Padova, 20 luglio 2022, in Dirittodellacrisi.it, secondo cui deve escludersi che l’esonero dagli effetti delle misure protettive nella composizione negoziata della crisi possa riguardare i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa).
[16] 
Sulla necessità che il Giudice accolga la domanda di misure protettive atipiche perché siano efficaci v. specialmente Trib. Milano, 30 marzo 2023, in Dirittodellacrisi.it.
[17] 
Così Trib. Verona, 11 Aprile 2024, in Ristrutturazioniaziendali.it.
[18] 
Sulla possibilità di utilizzare le misure cautelari per andare oltre il termine previsto per le misure protettive, v. Trib. Imperia, 20 febbraio 2024, con il commento di I. Pagni, L. Baccaglini, Misure cautelari e misure protettive nel Codice della crisi: una chiave di lettura per l’impiego anche combinato dei diversi strumenti di tutela, in Dirittodellacrisi.it, Marzo 2024. In senso contrario, F. De Santis, Procedimento unitario e decreto correttivo: proposte minime waiting for Godot, in Dirittodellacrisi.it, Aprile 2024, 27.
[19] 
Per una ragionata rassegna delle ipotesi astrattamente consentite v. specialmente M. Spadaro, D. Leg. 14/19: concordato preventivo, liquidazione giudiziale e prededuzioni, Milano, 2019, 24 ss.
[20] 
Cfr. sul punto art. 5, comma 1, L. 19 ottobre 2017, n. 155, Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza.
[21] 
Così, in luogo di molti, Trib. Forlì, 28 marzo 2024, in ilcaso.it; Trib. Avellino, 23 marzo 2023, in Dirittodellacrisi.it.
[22] 
Così Cass., SS.UU., 6 dicembre 2021, n. 38596, in Altalex.com.
[23] 
Sul punto Cass. SS.UU., 6 dicembre 2021, cit. ribadisce alcuni principi generali e precisamente che “il giudice non crea il diritto, ma opera secondo i criteri ermeneutici noti e dentro i limiti del diritto positivo” (cfr. Cass. 2 ottobre 2018, n. 23950); le scelte di politica del diritto “sono riservate al legislatore”: al giudice, invece, “compete solo di interpretare la norma nei limiti delle opzioni ermeneutiche più corrette dell'enunciato (v. Cass., SS. UU., 18 settembre 2020, n. 19597); pertanto, la funzione assolta dalla giurisprudenza è di natura “dichiarativa”, in quanto “riferita ad una preesistente disposizione di legge, della quale è volta a riconoscere l'esistenza e l'effettiva portata”; va quindi sul punto affermata l’“esclusione formale di un'efficacia direttamente creativa” della funzione giurisdizionale” (così Cass., SS.UU., 28 gennaio 2021, n. 2061).
[24] 
In questo senso Trib. Forlì, 28 marzo 2024, in ilcaso.it; Trib. Padova, 12 ottobre 2023, in Dirittodellacrisi.it; Trib. Vicenza, 18 agosto 2023, ivi; Trib. Trieste, 8 settembre 2023, in Dirittodellacrisi.it; Trib. Lecce, 4 maggio 2023, in ilcaso.it; Trib. Avellino, 23 marzo 2023, in Dirittodellacrisi.it; Trib. Lagonegro, 2 febbraio 2023, ivi; Trib. Milano, 16 settembre 2022, in Dirittodellacrisi.it; Trib. Roma, 21 luglio 2022, ivi; Trib. Bergamo, 12 gennaio 2022, in Ilcaso.it. Di questo avviso, in dottrina, A. Maffei Alberti, Commentario breve alle leggi su crisi d’impresa ed insolvenza, Milano, 2023, sub Art. 54, 356.
[25] 
Trib. Padova, 12 ottobre 2023, cit.; Trib. Trieste, 8 settembre 2023, cit.; Trib. Lecce, 4 maggio 2023, cit.; Trib. Avellino, 23 marzo 2023, cit.; Trib Bergamo, 12 gennaio 2022, cit.
[26] 
Cfr. Trib. Avellino, 23 marzo 2023, cit., che tuttavia ritiene che solo le misure cautelari e non anche quelle protettive siano specialmente idonee a garantire la conservazione degli effetti dello strumento di regolazione della crisi. Per soddisfare le esigenze di cristallizzazione del patrimonio del debitore che abbia formulato la proposta di concordato semplificato, dovrebbe consentirsi al debitore di accedere allo strumento delle misure cautelari, che, diversamente dalle misure protettive tipiche (e al pari delle misure protettive atipiche: v. Trib. Milano 30 marzo 2023), oltre ad essere necessariamente “selettive”, non godono del regime di “semi automaticità” e non producono quindi effetto sin dalla data di pubblicazione della domanda nel registro delle imprese (salva successiva conferma o revoca giudiziale), presupponendo invece l’instaurazione del contraddittorio con le parti controinteressate, previa – ove ne ricorrano i presupposti – concessione provvisoria delle misure inaudita altera parte, ai sensi del secondo comma dell’art. 55 CCII. Così anche Trib. Terni, 4 luglio 2023, in ilcaso.it.
[27] 
Trib. Forlì, 28 marzo 2024, cit. Il legislatore nello stabilire il termine di dodici mesi quale durata massima per le misure protettive “impone di far salva la possibilità di chiedere ulteriori misure protettive ai sensi dell’art. 54 CCII nel caso di accesso a una procedura concorsuale aperta dopo le trattative” (cfr. Relazione illustrativa allo schema di d.lgs. 17.6.2022 n. 83).
[28] 
V. specialmente Trib. Torino, 25 novembre 2022, in Dirittodellacrisi.it. Dello stesso avviso, implicitamente, Trib. Bergamo, 29 agosto 2023, ivi; Trib. Bergamo 12 gennaio 2023, in Dirittodellacrisi.it.
[29] 
Cfr. specialmente Trib. Forlì, 28 marzo 2024, cit. che si richiama a Cass., 12 aprile 2023, n. 9730, in Dirittodellacrisi.it in materia di competenza; Trib. Bergamo, 29 agosto 2023, cit.
[30] 
Così Trib. Torino, 25 novembre 2022, in Ilcaso.it.
[31] 
Cfr. da ultimo, Trib. Siena, 9 settembre 2022, in Dirittodellacrisi.it, secondo cui è in linea di principio configurabile la previsione di una continuità diretta in funzione di una successiva liquidazione, purché i costi di gestione non vadano a detrimento dei creditori nelle more della dismissione dell’intero patrimonio aziendale in misura tale da inficiare l’equivalenza della proposta concordataria rispetto all’aspettativa di soddisfacimento nell’ipotesi liquidatoria. 
[32] 
Di questo avviso soprattutto Trib. Avellino, 23 marzo 2023, cit.
[33] 
La lettura incontra un’ampia condivisione in dottrina. V., specialmente G. D’Attorre, Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, in Fallimento, 2021, 1603; A. Rossi, Le condizioni di ammissibilità del concordato semplificato, in Fallimento, 2022, 747; G. Bozza, Il concordato semplificato introdotto dal D.L. n. 118 del 2021, convertito, con modifiche, dalla l. n. 147 del 2021, in Dirittodellacrisi.it, 2021, 2, secondo cui più precisamente “Il concordato semplificato non è una sottospecie del concordato preventivo ordinario, ma una figura giuridica a sé, retta da una propria e autonoma disciplina, che contiene disposizioni proprie e specifici richiami di norme dettate per l’ordinario concordato preventivo, ma non un rinvio generalizzato alle stesse. Ne discende che le uniche norme del concordato preventivo applicabili alla nuova figura di concordato semplificato sono quelle espressamente richiamate, con conseguente inapplicabilità delle regole non richiamate; né gli spazi vuoti possono essere riempiti con l’applicazione analogica della ordinaria normativa in quanto detti spazi non sono da colmare, ma sono le caratteristiche della nuova figura, che lo differenziano dal concordato liquidatorio ordinario”.
[34] 
Schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive al Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al Decreto Legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, pubblicato, unitamente alla Relazione illustrativa, in Dirittodellacrisi.it.
[35] 
L. 8 marzo 2019, n. 20, Delega al Governo per l'adozione di disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi adottati in attuazione della delega per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell'insolvenza, di cui alla legge 19 ottobre 2017, n. 155, in Normattiva.it.
[36] 
L. 22 aprile 2021, n. 53, Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell'Unione europea - Legge di delegazione europea 2019-2020, in Normattiva.it.
[37] 
Trib. Padova, 12 ottobre 2023, cit.; Trib. Trieste, 8 settembre 2023, cit.; Trib. Lecce, 4 maggio 2023, cit.; Trib. Avellino, 23 marzo 2023, cit.; Trib Bergamo, 12 gennaio 2022, cit.

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