Loading…

Saggio

Le operazioni di “workers buy out” ed il CCII tra coordinamento normativo ed opportunità operative*

Michele Piscitelli, Dottore commercialista in Como

25 Novembre 2024

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Le operazioni di Workers Buy Out (WBO) rappresentano una peculiare modalità di attuazione di operazioni di ristrutturazione mediante continuità indiretta volte a salvaguardare i livelli occupazionali ed a promuovere l’iniziativa imprenditoriale dei lavoratori provenienti dalle aziende in crisi.
Nel corso degli anni, ed a partire dall’entrata in vigore della Legge Marcora (L. 27 febbraio 1985 n. 49), il Legislatore ha introdotto diverse disposizioni normative, tra loro non sempre adeguatamente coordinate, finalizzate a sostenere tali operazioni.
L’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14) ha introdotto rilevanti novità in ordine agli strumenti di regolazione della crisi, rinnovando la necessità di un esame di coordinamento tra dette disposizioni e la lex specialis a supporto delle operazioni di WBO. 
Il presente lavoro, dopo aver richiamato i contenuti principali delle disposizioni a supporto delle operazioni di WBO, esamina alcune peculiarità delle disposizioni che disciplinano gli strumenti di regolazione della crisi applicabili nell’ambito di soluzioni di continuità indiretta dell’azienda, affrontando le principali questioni di coordinamento tra le disposizioni normative esaminate e proponendo possibili soluzioni operative a sostegno dell’iniziativa dei lavoratori.
Riproduzione riservata

Sommario:

1 . Premessa

2 . Le operazioni di WBO: cenni

3 . L’attuale legislazione a sostegno delle operazioni di WBO

3.1 . La Legge 27 febbraio 1985 n. 49 (“Legge Marcora”): il ruolo di CFI

3.2 . Il D.Lgs. 4 marzo 2015 n. 22. L’articolo 8 e l’incentivo all’autoimprenditorialità

3.3 . 3.3. Il D.L. 23 dicembre 2013 n. 145: la prelazione dei lavoratori e l’incentivo all’autoimprenditorialità agevolato

3.3.1 . L’articolo 11, comma 2: il diritto di prelazione dei lavoratori

3.3.2 . L’articolo 11, comma 3. L’incentivo all’autoimprenditorialità nei contesti di crisi

3.4 . La Legge n. 142 del 2001 ed il socio lavoratore: i “piani di crisi” disciplinati dall’articolo 6

4 . Gli articoli 90 e 91 del CCII

4.1 . Le proposte concorrenti ex art. 90 CCII

4.1.1 . Sintesi delle disposizioni in materia di proposte concorrenti

4.1.2 . Le proposte concorrenti nell’ambito delle disposizioni a supporto dei WBO

4.2 . Le offerte concorrenti ex art. 91 CCII

4.2.1 . Sintesi delle disposizioni in materia di offerte concorrenti

4.2.2 . Le offerte concorrenti nell’ambito delle disposizioni a supporto dei WBO

5 . La ristrutturazione trasversale ex art. 112, comma 2, CCII

6 . Il concordato minore ex art. 74 CCII

6.1 . Il concordato minore e le proposte ed offerte concorrenti

6.2 . Il concordato minore e la prelazione ex art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2013

7 . Il concordato nella liquidazione giudiziale ex art. 240 CCII

7.1 . Sintesi delle disposizioni in materia di concordato nella liquidazione giudiziale

7.2 . Il concordato nella liquidazione giudiziale e le proposte “concorrenti”

7.3 . Il concordato nella liquidazione giudiziale e la prelazione ex art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2013

8 . L’art. 11 D.L. n. 145 del 2013 e gli altri strumenti di regolazione della crisi

9 . La composizione negoziata della crisi

10 . Conclusioni

1 . Premessa
Il D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in breve CCII), nel suo attuale impianto normativo derivante dall’entrata in vigore del recente Decreto Correttivo (Decreto Legislativo 13 settembre 2024, n. 136[1]), ha introdotto nell’ordinamento una profonda riforma del sistema degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza.
Il complesso lavoro svolto dal Legislatore non ha comunque affrontato alcune questioni interpretative e di coordinamento con la normativa speciale (e per certi aspetti frammentata) a sostegno delle operazioni di Workers Buy Out (WBO). 
Dopo una sintetica illustrazione delle principali disposizioni normative a sostegno di dette operazioni, saranno affrontati alcuni possibili sviluppi di coordinamento tra dette norme ed alcune specifiche disposizioni del CCII che si ritiene possano essere di supporto all’iniziativa dei lavoratori[2], per poi concludere con alcune considerazioni di carattere generale in relazione al futuro ruolo che le operazioni di WBO potrebbero avere nell’ambito delle tematiche connesse alle ristrutturazioni aziendali.
2 . Le operazioni di WBO: cenni
Gli studi e gli interventi in dottrina sulle operazioni di WBO hanno tentato di darne una definizione in relazione a differenti punti di vista, benché sia riconosciuto il fatto che tale espressione rappresenta in verità un fenomeno multiforme (e, forse, multidimensionale), caratterizzato da molteplici fattori[3]. L’operazione di WBO è collocabile nei più generali contesti di acquisizioni, differentemente declinabili in funzione del soggetto che porta a termine l’operazione medesima[4], caratterizzata dal fatto che i soggetti attuatori dell’acquisizione sono i lavoratori mediante il prevalente utilizzo del veicolo cooperativo. 
In dottrina si sono susseguiti nel tempo alcuni tentativi di inquadramento sistematico del fenomeno, quanto meno sotto il profilo definitorio[5]. 
Volendo sintetizzare, le operazioni di WBO possono essere definite come operazioni di trasferimento di aziende o rami di esse, sia in contesti di ristrutturazione aziendale in continuità indiretta che di passaggio generazionale, attuate mediante un veicolo societario, preferibilmente identificato in una cooperativa di produzione e lavoro, controllato dai lavoratori provenienti dalla società la cui azienda o ramo è l’oggetto del trasferimento e nel quale i soci prestano la propria attività lavorativa. 
Un importante, ancorché indiretto, collegamento tra le operazioni di WBO ed il CCII è rinvenibile nella definizione che il Legislatore fornisce della continuità nell’ambito del concordato preventivo (art. 84, comma 2, CCII), allorquando precisa come “la continuità aziendale tutela l’interesse dei creditori e preserva, nella misura possibile, i posti di lavoro”, richiamando, idealmente, lo scopo sociale tipico delle società cooperative di produzione e lavoro[6].
3 . L’attuale legislazione a sostegno delle operazioni di WBO
Nel corso degli anni il Legislatore ha emanato disposizioni a (diretto o indiretto) sostegno delle operazioni di WBO. Le principali sono oggetto del presente paragrafo, che ne fornisce una breve sintesi.
3.1 . La Legge 27 febbraio 1985 n. 49 (“Legge Marcora”): il ruolo di CFI
Nel 1985 è stata promulgata la Legge 27 febbraio 1985 n. 49 (Legge Marcora), che introduceva un provvedimento per il credito alle cooperative nonché misure a salvaguardia dei livelli occupazionali. 
In particolare, la norma promuoveva la costituzione di cooperative da parte di lavoratori licenziati, cassaintegrati o dipendenti provenienti da aziende in crisi o sottoposte a procedure concorsuali. 
Nel 1986 venne quindi costituita Cooperazione Finanza Impresa Società Cooperativa (in breve CFI – www.cfi.it) su iniziativa di AGCI, Confcooperative e Legacoop, con la partecipazione del Ministero dello Sviluppo Economico (oggi Ministero delle Imprese e del Made in Italy - Mimit) per dare attuazione alle disposizioni di cui alla Legge 49/1985. 
Nel 1993 la Commissione Europea ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia, determinando l’arresto degli interventi disciplinati dai Fondi originariamente previsti dalla norma originaria (Marcora I). 
L’operatività della Marcora I è rimasta dunque sospesa sino all’entrata in vigore della Legge 5 marzo 2001 n. 57 (Marcora II), che ne riformò il contenuto, riconducendolo alla piena compatibilità con il Trattato. Riassumendo[7] vennero abrogati diversi articoli, fu introdotta una profonda riforma dell’articolo 17, fu eliminato il meccanismo di contribuzione pubblica a fondo perso e venne prevista la partecipazione del Ministero (oggi Ministero delle Imprese e del Made in Italy - Mimit) al capitale sociale delle società finanziarie (quest’ultime in qualità di investitori istituzionali) costituite in forma cooperativa, ispirate a principi di mutualità e partecipate da almeno 50 cooperative distribuite sull’intero territorio nazionale. 
Il successivo D.M. del 4 aprile 2001 ha dato attuazione alle suesposte disposizioni ex art. 17, comma 6, Legge n. 49 del 1985. 
Successivamente, con due distinti interventi ministeriali[8], il predetto Decreto ha assunto la sua versione definitiva, tutt’oggi vigente. 
L’attuale strumentazione giuridica su cui si fondano gli interventi “Marcora” è dunque così sintetizzabile: 
- la Legge n. 49 del 1985 (Legge Marcora) così come riformata dalla Legge n. 57 del 2001 (Marcora II) nonché da tutti i successivi interventi normativi[9]; 
- il D.M. 4 gennaio 2021 (La Nuova Marcora, sostitutivo del precedente D.M. 4 dicembre 2014). 
La vigente Legge n. 49 del 1985 fonda la sua operatività nell’articolo 17. 
Il principio ivi statuito è il sostegno del Mimit allo sviluppo di piccole e medie imprese costituite nella forma di società cooperativa, anche sociale[10], qualificabili quali cooperative “di produzione e lavoro”[11] rientranti nei limiti stabiliti per le Piccole e Medie Imprese dalla normativa comunitaria. Tale sostegno è finalizzato alla salvaguardia ed incremento dell’occupazione ed è realizzato mediante la partecipazione del Mimit alle società finanziarie appositamente costituite. 
Le società finanziarie Marcora partecipate dal Ministero assumono, in forza di tale disposizione, la natura di investitori istituzionali[12], devono essere ispirate a principi di mutualità, essere costituite in forma cooperativa e possedere i requisiti di professionalità e onorabilità previsti per i soggetti che svolgono funzioni amministrative. Devono infine rispettare requisiti minimi di partecipazione al proprio capitale da parte delle cooperative[13]. 
Le società finanziarie Marcora: 
- possono assumere partecipazioni temporanee di minoranza nelle cooperative, dando priorità a quelle costituite da lavoratori di imprese in crisi; 
- possono sottoscrivere, anche successivamente all’assunzione delle predette partecipazioni, prestiti subordinati, prestiti partecipativi nonché strumenti finanziari di cui all’art. 2526 c.c.; 
- possono intervenire in qualità di socio finanziatore / persona giuridica anche nelle cooperative con un numero di soci inferiore a nove, in espressa deroga all’art. 2522 c.c.[14]. 
Il D.M. 4 aprile 2001 contiene le norme attuative dell’art. 17 della Legge n. 49/1985. 
Degno di nota è, in particolare, l’art. 4 che disciplina, con dettaglio, le attività ed i criteri operativi cui le società finanziarie Marcora (oggi esclusivamente CFI) devono attenersi per garantire l’efficacia degli interventi. In particolare, oggi CFI deve provvedere a quanto segue: 
a) le cooperative finanziate devono essere sottoposte alla verifica dei requisiti formali, in primis la compagine sociale; 
b) il business plan deve essere valutato con particolare riferimento alle competenze ed esperienze dei soci ed alle funzioni aziendali previste. Specifiche analisi devono essere svolte in ordine al mercato di riferimento, agli investimenti, agli aspetti tecnico-organizzativi, alla fattibilità tecnica, economica e finanziaria dell’iniziativa, il tutto anche sulla base di bilanci previsionali relativi almeno a tre anni di attività[15]. Ulteriori analisi devono essere eseguite con riguardo al rimborso del capitale investito secondo le direttive dell’Unione Europea; 
c) i finanziamenti devono essere concessi entro determinati limiti fissati dall’Unione Europea, finalizzati al sostegno di specifiche iniziative, anche utilizzando strumentazione differente dai finanziamenti in senso stretto[16]; 
d) le iniziative imprenditoriali dovranno essere favorite con l’erogazione di specifici servizi a sostegno di dette iniziative; 
e) le cooperative partecipate devono essere controllate con periodicità almeno semestrale, anche con il confronto tra budget e consuntivo. Specifici controlli devono essere eseguiti anche in ordine alle procedure e all’organizzazione aziendale. 
Alla data di delibera dell’intervento da parte della società finanziaria Marcora ciascun socio lavoratore deve avere già sottoscritto una quota individuale non inferiore a Euro 4.000 (ridotti a Euro 1.000 per i soci lavoratori delle cooperative sociali). Di detta quota il cinquanta per cento deve essere versato entro i trenta giorni successivi alla delibera di intervento e la parte rimanente entro due anni. 
Le partecipazioni assunte dalle società finanziarie Marcora sono temporanee, di minoranza e sono assunte per un valore massimo pari al valore del patrimonio netto e del prestito sociale, nel limite del doppio del capitale sociale sottoscritto e versato dai soci della cooperativa[17]. 
Tali partecipazioni devono essere dismesse entro il termine massimo di dieci anni e comunque: 
- per il 25% nei primi cinque anni; 
- la restante parte nei cinque anni successivi. 
Il D.M. 4 aprile 2001 prevede che i costi per l’attività istruttoria e consulenziale svolta da CFI siano a carico delle cooperative che presentano domanda di accesso agli interventi[18]. 
Il D.M. 4 gennaio 2021 ed il successivo Decreto Direttoriale del Ministero dello Sviluppo Economico del 31 marzo 2021[19] hanno dato “nuova linfa” all’ulteriore intervento agevolativo sinteticamente individuato come “Nuova Marcora” (Friscolanti R., Pagamici B., 2021), la cui prima versione è risalente al già citato D.M. 4 dicembre 2014. 
Il D.M. 4 gennaio 2021 è finalizzato a sostenere la nascita, lo sviluppo ed il consolidamento di società cooperative con lo scopo di favorire lo sviluppo economico e la crescita dei livelli di occupazione nel Paese. 
Beneficiarie dell’intervento sono le cooperative regolarmente costituite e iscritte nel registro delle imprese così come individuate nella Legge Marcora (art. 17, comma 2, Legge n. 49 del 1985), non in difficoltà secondo le disposizioni unionali né sottoposte a scioglimento, liquidazione o procedure concorsuali, che accedono a tali provvidenze per il tramite di CFI (chiamata ai sensi dell’art. 5 del citato D.M. a concedere i finanziamenti agevolati ivi disciplinati)[20]. 
Tali finanziamenti: 
- hanno durata da tre a dieci anni, comprensivi di un periodo di preammortamento massimo di tre anni; 
- sono rimborsati secondo un piano di ammortamento a rate semestrali con quota capitale costante; 
- sono regolati a un tasso di interesse pari allo zero per cento; 
- nel caso siano concessi a fronte di nuovi investimenti, possono coprire l’intero importo dello stesso; 
- sono concessi per un importo:
o   non superiore a cinque volte il valore della partecipazione già detenuta da CFI nella cooperativa beneficiaria; 
o   in ogni caso non superiore a Euro 2.000.000.
Si tratta quindi di agevolazioni che hanno natura complementare rispetto agli interventi della Legge Marcora, atteso che la partecipazione al capitale sociale di CFI nella cooperativa beneficiaria rappresenta condizione necessaria per l’accesso alla misura nonché l’elemento su cui commisurare l’entità dell’aiuto concedibile.
Le iniziative ammissibili sono la nascita, lo sviluppo e il consolidamento delle società cooperative come già individuate, operanti sull’intero territorio nazionale ed in tutti i settori produttivi (nei limiti dei Regolamenti di esenzione unionali). 
I finanziamenti agevolati sono concessi a sostegno di programmi di investimento ovvero per esigenze di liquidità così come individuati nell’articolo 3 del Decreto Direttoriale del 31 marzo 2021. 
L’istruttoria è curata da CFI, corredata dalla documentazione prevista nelle disposizioni di legge e regolamentari sopra citate. CFI verifica la sussistenza dei requisiti soggettivi e formali, nonché la sostenibilità dell’iniziativa proposta sulla base degli elementi forniti nella domanda di finanziamento. 
Successivamente all’erogazione (differenziata a seconda che si tratti di programmi di investimento o sostegno alla liquidità) CFI è chiamata ad eseguire la necessaria attività di monitoraggio. Le cooperative beneficiarie dovranno trasmettere una relazione annuale sulle attività svolte fino a decorrenza di un triennio dalla completa erogazione, inerente alle attività svolte, agli investimenti realizzati, ai principali risultati raggiunti nonché, per i finanziamenti a supporto di esigenze di liquidità, alla modalità di utilizzo delle risorse[21]. 
I finanziamenti concessi ai sensi del D.M. 4 gennaio 2021 non sono assistiti da alcuna forma di garanzia, né personale, né reale, né bancaria, né assicurativa. 
Il credito nascente dalla ripetizione delle somme erogate è assistito da privilegio ai sensi dell’art. 24, comma 33, della Legge n. 449/1997[22]. 
La Legge 29 dicembre 2022 n. 197 (legge di stabilità per l’anno 2023) ha disposto all’art. 1 comma 419 un ulteriore finanziamento del Fondo ex D.M. 4 gennaio 2021 per l’importo di euro 3,5 milioni, di cui euro 1,5 milioni per l’anno 2023 ed euro 2 milioni per l’anno 2024. 
CFI supporta inoltre le cooperative che investono nelle aziende confiscate alla criminalità organizzata. Nel corso dell’anno 2018  CFI ha stretto un rapporto di stabile collaborazione con l’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (in breve ABNSC) e con Invitalia per concorrere alla salvaguardia del valore patrimoniale dei beni aziendali sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata e dei livelli occupazionali, utilizzando in modo integrato le risorse della legge Marcora con quelle messe a disposizione dal D.M. 04.11.2016[23].
3.2 . Il D.Lgs. 4 marzo 2015 n. 22. L’articolo 8 e l’incentivo all’autoimprenditorialità
La NASpI è l’assicurazione sociale per l'impiego (sussidio di disoccupazione) entrata in vigore a partire dal 1° maggio 2015, e fa parte degli strumenti introdotti dalla Riforma del Mercato del Lavoro (anche conosciuto come “Jobs Act”). La NASpI ha sostituito la Aspi e la Mini-Aspi. 
L’incentivo all’autoimprenditorialità (l’“anticipazione NASpI”) è regolato dall’art. 8[24]. 
Tale norma consente al lavoratore dipendente cui spetta il trattamento NASpI[25] di ottenerne la corresponsione anticipatamente (al netto di quanto eventualmente già erogato) ed in un’unica soluzione al verificarsi di talune condizioni, tra le quali la sottoscrizione di una quota del capitale sociale di una cooperativa di produzione e lavoro con la quale il beneficiario instaura il rapporto mutualistico di lavoro. 
L’incentivo è destinato direttamente al lavoratore il quale, quindi, ricevuto l’incasso dovrà conferirlo interamente, a titolo di sottoscrizione di capitale sociale, nella cooperativa di produzione e lavoro con la quale egli instaura un rapporto di lavoro in forma subordinata o autonoma o di collaborazione ai sensi della Legge 3 aprile 2001 n. 142. 
In relazione al principale requisito soggettivo (“Il lavoratore avente diritto alla corresponsione della NASpI”) risulta rilevante la disposizione contenuta nell’art. 11, comma 3, D.L. 23 dicembre 2013 n. 145, in forza della quale l’atto di aggiudicazione dell’affitto o della vendita alle cooperative costituite da lavoratori dipendenti dell’impresa sottoposta ad una delle procedure ivi contemplate[26], costituisce titolo ai fini dell’applicazione dell’art. 8, D.Lgs. 4 marzo 2015 n. 22 a favore dei soci lavoratori[27]. 
La disposizione di cui all’articolo 1, comma 12, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, prevede che la liquidazione anticipata, in un’unica soluzione, della prestazione di disoccupazione NASpI si considera non imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche quando la stessa è destinata alla sottoscrizione di una quota di capitale sociale di una cooperativa nella quale il rapporto mutualistico ha ad oggetto la prestazione di attività lavorativa da parte del socio. 
In attuazione di tale disposizione l’Agenzia delle Entrate, con provvedimento n. 155130 del 17 giugno 2021, ha stabilito i criteri e le modalità per la fruizione della sopracitata agevolazione[28]. 
Con la propria circolare n. 178 del 26 novembre 2021 l’INPS ha fornito le istruzioni operative per l’inoltro della domanda di anticipazione NASpI e contestuale richiesta di applicazione del regime fiscale di favore. L’Istituto ha inoltre precisato che nel caso in cui il lavoratore, cui spetta il trattamento NASpI ed avente i requisiti per richiederne l’anticipazione, non corredi la domanda di anticipazione dell’ulteriore documentazione richiesta dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, il diritto alla percezione della NASpI permarrà, seppur senza applicazione del regime fiscale di favore[29].
3.3.1 . L’articolo 11, comma 2: il diritto di prelazione dei lavoratori
L’articolo 11, comma 2, del D.L. n. 145 del 2013[30], nella sua versione oggi vigente, statuisce il diritto di prelazione a favore delle cooperative costituite da lavoratori dipendenti dell’impresa sottoposta a liquidazione giudiziale, concordato preventivo, amministrazione straordinaria o liquidazione coatta amministrativa, nel caso in cui, nell’ambito di tali procedure, si addivenga all’affitto o alla vendita di aziende, rami d’azienda o complessi di beni e contratti.
Gli atti parlamentari inerenti alla conversione in legge del D.L. n. 145 del 2013 ben esplicitano le motivazioni sottostanti l’approvazione di una norma dagli effetti rilevanti rispetto alle ordinarie procedure di realizzo di assets aziendali in ambito concorsuale: 
La norma [unitamente a quella di cui al comma 3, N.d.R.] si colloca nell’alveo di applicazione dell’articolo 46 della Costituzione che, nel riconoscere il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende, è teso a favorire la partecipazione e il coinvolgimento dei lavoratori nella gestione aziendale.
Il diritto di prelazione è già previsto dalla legge fallimentare nel caso di affitto d’azienda (articolo 104[31]), quale diritto, da negoziare convenzionalmente, ad essere preferito per l’acquisto a parità di condizioni, rispetto ad altri concorrenti.” 
La norma ha destato perplessità in taluna dottrina. La più critica[32] ancorché oggi datata (e per certi versi probabilmente superata anche dalle successive evidenze empiriche) ritiene il diritto di prelazione qui commentato un favor eccessivo sia in ordine alla generale economicità delle procedure liquidatorie in ambito concorsuale, sia in relazione “a serissimi rischi di incompatibilità con il divieto comunitario di alterazione del gioco della libera concorrenza tra imprese”. Da tali considerazioni generali l’Autore addiviene ad una interpretazione definita “costituzionalmente orientata” in forza della quale il diritto di prelazione altro non sarebbe se non il diritto all’aggiudicazione della cooperativa costituita dai lavoratori dell’azienda in crisi nel solo caso in cui non esistano soluzioni alternative che impediscano l’interruzione dei rapporti di lavoro[33], riqualificando conseguentemente tale diritto in un diritto di opzione esercitabile solo in caso di assenza di alternative all’interruzione dell’attività aziendale ed attribuendo alla locuzione “prelazione” contenuta nella norma la qualificazione di “espressione normativa “impropria””. 
Altra autorevole dottrina[34] ha evidenziato la significatività dell’intervento normativo in parola, ritenendo che la rilevante incidenza della stessa non possa essere giustificata dal mero perseguimento dell’obiettivo di garantire, in contesti di crisi ed ove possibile, continuità e livelli occupazionali[35]. Si giustifica, dunque, il peso specifico della speciale normativa di favore proprio secondo un registro “costituzionalmente orientato”, alla luce del favor costituzionale per la cooperazione e per la partecipazione dei lavoratori al capitale e alla gestione dell’impresa[36]. 
In riferimento ai rischi paventati dalla citata, e più critica, dottrina in ordine al potenziale deperimento dell’interesse di potenziali affittuari o acquirenti conseguente alla presenza della prelazione ex lege, si è ritenuto[37] che proprio la presenza di una tal condizione potrebbe incentivare gli interessati a partecipare alle procedure competitive offrendo sin da subito il prezzo più alto che sarebbero disposti a corrispondere, in ciò massimizzando comunque l’interesse al miglior soddisfacimento dei creditori[38]. 
In ordine alla piena compatibilità di tale norma agevolativa con il complessivo impianto legislativo nazionale (e comunitario), giovano: 
- l’art. 191 CCII, il quale richiama espressamente l’art. 11 del D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, consolidando quindi la piena legittimità di una norma chiaramente di favore nei confronti delle operazioni di WBO e valorizzando, come correttamente rilevato in dottrina[39], il requisito soggettivo rappresentato dalla qualificazione della compagine societaria della cooperativa destinataria della prelazione; 
- l’art. 212 CCII, il quale, nel disciplinare l’affitto dell’azienda nell’ambito della liquidazione giudiziale, prevede espressamente la possibilità di introdurre nel contratto di affitto (alle condizioni previste al comma 5) il diritto di prelazione convenzionale a favore dell’affittuario[40]. 
La già menzionata autorevole dottrina[41] giunge alle medesime considerazioni, confermando come il diritto di prelazione ex art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2013 “risulti pienamente compatibile con l’esperimento di procedure competitive prescritte” dalla (allora) legislazione vigente[42]. 
Scarsa, sul punto, la giurisprudenza sia di merito che di legittimità. Significativo segnalare la sentenza del TAR Umbria n. 363/2015, la quale ha deciso in ordine all’applicazione dell’art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2013 nell’ambito dell’affitto di azienda perfezionatosi a seguito di un bando promosso dalla procedura di liquidazione coatta amministrativa del soggetto cedente nel quale il commissario liquidatore ha disposto due distinte fasi: 
- la prima rivolta all’aggiudicazione secondo il criterio dell’offerta più alta rispetto al canone di affitto posto a base di gara; 
- la seconda, data la miglior offerta provvisoriamente aggiudicataria, promuovendo l’esercizio del diritto di prelazione da parte di società cooperative costituite da lavoratori dipendenti, prevedendo altresì criteri selettivi nel caso vi fossero più cooperative di lavoratori intenzionate ad esercitare la prelazione legale. 
Le considerazioni contenute in tale sentenza avvalorano quelle sopra esposte volte a tutelare la piena operatività del disposto legislativo[43]. 
La norma in esame si presta, in ogni caso, ad ulteriori dubbi interpretativi. 
La (poca) dottrina che ha approfondito tali aspetti si è occupata di analizzare le caratteristiche che la cooperativa beneficiaria del diritto di prelazione deve (o, meglio, dovrebbe) rispettare[44]. In particolare si pongono i seguenti possibili temi: 
i. se la compagine sociale debba essere esclusivamente costituita dai soli lavoratori dell’azienda in crisi; 
ii. se la cooperativa debba preesistere alla data del concorso e/o alla data di pubblicazione dell’aggiudicazione provvisoria; 
iii. se vi debba essere rispondenza tra i lavoratori costituenti la base sociale della cooperativa beneficiaria del diritto di prelazione ed i lavoratori beneficiari dell’anticipazione NASpI; 
iv. se vi siano obblighi di comunicazione tra la procedura e la cooperativa e viceversa. 
La dottrina indagata ritiene che il beneficio della prelazione ex lege sia subordinato alla costituzione della cooperativa in data successiva all’apertura della procedura concorsuale. Ciò in relazione al rischio, contrariamente ragionando, di consentire di fatto la fruizione della prelazione legale anche a terzi estranei (che abbiano già preventivamente costituito la cooperativa) che potrebbero, successivamente, far entrare nella compagine cooperativa anche i lavoratori in quel momento dipendenti dell’azienda in crisi al fine di legittimarla ex art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2013. 
Tale interpretazione si presta a qualche critica. 
Se in via interpretativa si intende attribuire al termine “costituite” l’accezione letterale di “stipula dell’atto costitutivo”, si addiviene ad un risultato certamente non voluto dal Legislatore, atteso, appunto, che la cooperativa, una volta costituita (prima o dopo l’avvio della procedura concorsuale non conta) potrebbe modificare comunque la propria compagine sociale[45]. La salvaguardia degli obiettivi della norma (chiariti nella Relazione Illustrativa) presuppone la necessità di valorizzare il termine “costituite” secondo l’accezione “composte”, “formate”; ciò che rileverebbe, secondo l’interpretazione qui proposta, sarebbe la qualifica di lavoratore dipendente dell’impresa sottoposta a procedura indipendentemente dalla data di costituzione della cooperativa e sempre che la compagine sociale esistente alla data di esercizio della prelazione sia composta da tale tipologia di soci, poiché quella compagine sociale (ovvero quei lavoratori) deve essere la beneficiaria della specifica norma di favore, e ciò anche indipendentemente da chi siano i soci che hanno costituito la cooperativa. 
La qui proposta interpretazione è altresì valorizzata dalla citata dottrina allorquando si ritiene ammissibile che, dopo la costituzione e prima della vendita definitiva o conclusione dell’affitto, ulteriori soci siano ammessi alla compagine societaria purché anch’essi dotati del requisito di essere stati dipendenti dell’impresa in crisi alla data di inizio della procedura concorsuale. 
Sulla scorta di tale ipotesi interpretativa, dunque, l’ulteriore tesi proposta dall’autorevole dottrina citata[46] (allorquando si sostiene che la qualifica di “dipendenti dell’impresa soggetta a procedura” sia da riferire ai dipendenti “che tali risultino alla data di inizio del concorso”) pone ulteriori riflessioni: 
- tale interpretazione escluderebbe, in linea di principio, dall’applicazione della prelazione ex lege le cooperative i cui soci siano lavoratori dell’impresa in crisi che tali siano diventati dopo l’apertura del concorso[47]; 
- nel contempo la medesima interpretazione consente di ammettere a socio della cooperativa “anche i dipendenti che […] avessero lavorato per una diversa impresa tra la data di inizio del concorso e la costituzione della cooperativa” beneficiaria della prelazione. 
La citata autorevole dottrina esclude in ogni caso che possano diventare soci soggetti terzi estranei diversi dai dipendenti dell’azienda in crisi, almeno sino alla data di perfezionamento della vendita (dell’azienda o dei beni) o dell’affitto. 
Si tratta, in assenza di arresti giurisprudenziali in materia, di una interpretazione restrittiva certamente a tutela del diritto all’esercizio della prelazione ex lege ma che si presta, anch’essa, ad alcune considerazioni. 
Il Legislatore non esplicita il concetto di esclusività ma, nel contempo, non fornisce indicazioni positive in ordine ad alternativi criteri maggioritari. Ciononostante, l’interpretazione fornita dall’autorevole dottrina citata escluderebbe, in pendenza dello svolgimento delle procedure competitive e fino alla definitiva aggiudicazione a favore della cooperativa (anche a seguito dell’esercizio della prelazione ex lege), ogni e qualunque tipo di partecipazione da parte degli investitori istituzionali ex art. 111 octies delle Disposizioni per l'attuazione del Codice civile e disposizioni transitorie. Trattasi, in buona sostanza, dei Fondi Mutualistici e, soprattutto, di CFI, ad oggi l’unico investitore autorizzato a gestire i fondi della Legge Marcora. 
Risulterebbe paradossale vietare a CFI di partecipare al capitale di una società cooperativa il cui obiettivo risponde esattamente alle finalità istituzionali della stessa CFI e che, evidentemente, rappresenterebbe un importante (se non il principale) strumento di attuazione di quella continuità indiretta che il D.L. n. 145 del 2013 ha normativamente promosso con un particolare favor per i lavoratori delle imprese in crisi e che Legislatore del CCII ha inteso non solo definitivamente normare ma, altresì, valorizzare. 
La citata dottrina ed ulteriori Autori[48], sulla scorta del contenuto della Relazione Accompagnatoria alla norma qui commentata, ritengono esista di una correlazione (e conseguente necessaria coincidenza) tra la base sociale della cooperativa beneficiaria del diritto di prelazione ed i lavoratori beneficiari dell’incentivo all’autoimprenditorialità ex art. 8 D.Lgs. n. 22/2015. 
Le argomentazioni a supporto di tale tesi non sono, a parere dell’Autore, pienamente condivisibili. 
La condizione necessaria e sufficiente per la fruizione del diritto di prelazione è rappresentata dalla qualifica soggettiva della cooperativa la quale, a norma dell’art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2013, deve essere costituita da lavoratori dipendenti dell’impresa sottoposta alla procedura (e tali, secondo le autorevoli interpretazioni già menzionate, alla data di apertura del concorso). Alcuna disposizione contenuta nel testo normativo consente dunque di poter affermare che il beneficio prelatizio sia altresì subordinato al fatto che tutti i soci della cooperativa beneficino delle agevolazioni di cui all’art. 11, comma 3, D.L. n. 145 del 2013 ovvero dell’incentivo all’autoimprenditorialità, oggetto di commento nella trattazione del successivo paragrafo[49]. 
Il citato comma 3 si ritiene debba essere interpretato nel senso di individuare le condizioni verificate le quali i soci lavoratori potranno beneficiare dell’incentivo all’autoimprenditorialità, senza costituire alcun vincolo di correlazione con l’esercizio della prelazione. 
Tale considerazione è avvalorata dall’esame dell’oggetto della prelazione, che il Legislatore non limita all’affitto o vendita di aziende o rami ma che estende a “complessi di beni e contratti”, ovvero ad assets la cui cessione (seppur attuata nell’esercizio del diritto di prelazione da parte della cooperativa) non presuppone alcun trasferimento di azienda; in tal caso vi sarebbe la conseguente cessazione dei rapporti di lavoro e “naturale” maturazione in capo a detti lavoratori del diritto all’incentivo ex art. 8 D.Lgs. n. 22 del 2015, non disciplinato dal citato comma 3, beneficio la cui fruibilità resta, sempre e comunque, nella libera disponibilità del singolo lavoratore senza che il suo mancato utilizzo comporti il venir meno dell’operatività della prelazione legale disciplinata dal citato comma 2[50]. 
Data l’assenza di indicazioni normative a riguardo, autorevole dottrina[51] ritiene infine che sia onere della cooperativa notiziare gli organi della procedura in ordine alla sua costituzione al fine di consentire agli organi medesimi una adeguata informativa in occasione dell’avvio delle (comunque obbligatorie) procedure competitive. Di pari e condivisibile opinione la restante dottrina indagata[52] che sottolinea la necessità che gli organi della procedura siano informati tempestivamente dell’iniziativa dei lavoratori al fine di poter adattare il bando di gara a corretti canoni di trasparenza nei confronti di tutti i soggetti interessati.
3.3.2 . L’articolo 11, comma 3. L’incentivo all’autoimprenditorialità nei contesti di crisi
La disposizione di legge, nella sua versione oggi vigente, statuisce che l’atto di aggiudicazione dell’affitto o della vendita alle società cooperative costituite da lavoratori dipendenti dell’impresa sottoposta ad una delle procedure indicate al comma 2 del medesimo articolo 11, costituisce titolo ai fini dell’applicazione dell’incentivo all’autoimprenditorialità ex art. 8 D.Lgs. n. 22 del 2015. 
Anche in tal caso gli atti parlamentari inerenti alla conversione in legge del D.L. n. 145 del 2013 sono di ausilio al fine di meglio individuare le motivazioni sottostanti le disposizioni qui commentate: 
“A tale fine al comma 3 si prevede che l’atto di assegnazione dell’affitto o dell’acquisto costituisce titolo per l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 7, comma 5, della legge n. 223 del 1991 in base al quale: «i lavoratori in mobilità che ne facciano richiesta per intraprendere un’attività autonoma o per associarsi in cooperative possono ottenere la corresponsione anticipata dell’indennità» di mobilità.
La norma si rende necessaria al fine di sostenere soluzioni della crisi o dell’insolvenza di imprese, privilegiando, a parità di condizioni con altri eventuali soggetti concorrenti, le società cooperative costituite da lavoratori dipendenti dalle stesse imprese sottoposte alla procedura concorsuale, consentendo ai medesimi soci lavoratori di capitalizzare l’indennità di mobilità senza passare per il licenziamento e la conseguente messa in mobilità che costituiscono invece il presupposto per l’applicazione del predetto articolo 7, comma 5.” 
La disposizione qui commentata disciplina non già la fruibilità del beneficio ex art. 8 D.Lgs. n. 22 del 2015[53] (che è e resta un diritto del lavoratore in caso di cessazione involontaria del rapporto di lavoro), quanto la possibilità di poter ottenere detta anticipazione anche in assenza dell’interruzione del rapporto di lavoro (così come ben chiarito proprio dalla Relazione Illustrativa sopra menzionata). 
Tale anticipazione rappresenta quindi uno strumento per “sostenere soluzioni della crisi o dell’insolvenza”, consentendo ai lavoratori (tendenzialmente con scarse disponibilità di capitali) di poter concorrere volontariamente all’acquisizione dell’azienda. 
Conseguentemente è condizione necessaria e sufficiente affinché il lavoratore possa beneficiare dell’incentivo ex art. 8 D.Lgs. n. 22 del 2015 senza interruzione del rapporto di lavoro, che detto lavoratore: 
-avesse un rapporto di lavoro con l’impresa in crisi alla data di avvio di una delle procedure indicate dal Legislatore[54]; 
- sia socio di una cooperativa avente tutte le caratteristiche previste dall’art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2013; 
- detta cooperativa abbia perfezionato con l’azienda in procedura un’operazione di trasferimento che non comporti l’interruzione del rapporto di lavoro del lavoratore.
3.4 . La Legge n. 142 del 2001 ed il socio lavoratore: i “piani di crisi” disciplinati dall’articolo 6
La Legge 3 aprile 2001 n. 142 ha introdotto rilevanti cambiamenti nell’inquadramento giuridico del rapporto tra la cooperativa ed il socio lavoratore[55]. 
La Legge n. 142 del 2001 trova applicazione in tutte le cooperative di lavoro (ovvero le “cooperative nelle quali il rapporto mutualistico abbia ad oggetto la prestazione di attività lavorative da parte del socio”[56]), con le quali il socio instaura, oltre al rapporto associativo, un ulteriore rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale. 
L’articolo 6, comma 1, alle lettere d) ed e), disciplina specifiche eccezioni al principio generale di inderogabilità del trattamento economico minimo dei soci lavoratori. Qualora, quindi, l’assemblea deliberi un “piano di crisi aziendale” i soci lavoratori, al fine di salvaguardare i livelli occupazionali, potranno stabilire riduzioni temporanee dei trattamenti economici integrativi nonché forme di apporto economico a loro carico, in ragione delle disponibilità e capacità finanziarie di ognuno[57]. 
Il Legislatore non fornisce alcuna definizione del “piano di crisi” né declina tecnicamente le “forme di apporto economico”. 
L’analisi circa le caratteristiche del “piano di crisi” sono state oggetto di due distinti primi interventi da parte del Ministero del Lavoro[58], interventi che hanno fornito le prime (e per molti anni uniche) basi interpretative. Il Ministero (che è intervenuto successivamente con la nota del 14 febbraio 2012 prot. 37/0002598) ha confermato gli effetti contributivi derivanti dalla deliberazione assembleare in ordine al “piano di crisi”, anche nel caso di delibera adottata ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lett. e) e, dunque, in ipotesi di apporto economico dei soci sostanziantesi in una riduzione dei livelli retributivi al disotto dei minimi previsti dal CCNL di riferimento. 
Data l’eccezionalità della disposizione (confermata peraltro da giurisprudenza di legittimità), il Ministero ha quindi richiesto che il “piano di crisi” fosse caratterizzato da specifici requisiti[59]: 
- l’effettività dello stato di crisi aziendale che richiede gli interventi straordinari consentiti dalla legge; 
- la temporaneità dello stato di crisi e dei relativi interventi; 
- uno stretto nesso di causalità tra lo stato di crisi aziendale e l’applicabilità ai soci lavoratori degli interventi deliberati in sede assembleare. 
Il 16 maggio 2022 il Ministero del Lavoro (nonostante un recente arresto della Corte di Cassazione in senso non conforme[60]) è intervenuto con una nota, confermando i precedenti (e datati) interventi sopra menzionati. 
Successivamente anche l’INPS[61] ha confermato la necessità che la “crisi” cui fa riferimento la Legge n. 142 del 2001 debba caratterizzarsi per la particolare gravità e straordinarietà, tali da compromettere la continuità aziendale. 
Gli interventi sopra riassunti, unitamente alla prassi professionale che, nel tempo, si è consolidata sul punto, hanno condotto nei fatti a sistematizzare uno specifico strumento di “gestione della crisi” proprio delle cooperative di produzione e lavoro che, in casi non infrequenti, ha consentito di salvaguardare la continuità aziendale ed i livelli occupazionali mediante interventi diretti deliberati dai soci lavoratori e senza accedere ad alcuno degli “ortodossi” strumenti di regolazione della crisi[62]. 
L’art. 6, comma 1, lett. f), Legge n. 142 del 2001, in maniera innovativa, attribuiva altresì all’assemblea delle cooperative neo-costituite la facoltà di adottare un “piano di avviamento” finalizzato a promuovere nuova imprenditorialità, piano subordinato alla preventiva stipula di accordi collettivi tra le associazioni nazionali del movimento cooperativo e le organizzazioni sindacali più rappresentative. 
Quest’ultimo strumento è risultato, nei fatti, mai applicato poiché i necessari accordi non sono mai stati sottoscritti. A tale proposito già in data 12 ottobre 2009[63] il Ministero del Lavoro aveva confermato l’inoperatività della disposizione in ordine ai “piani di start up” ex art. 6, comma 1, lett. f), Legge n. 142 del 2001, in assenza di accordi collettivi tra le associazioni nazionali del movimento cooperativo e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative (non ritenendo validi eventuali accordi sottoscritti su base territoriale). Si tratta, quindi, ad oggi di uno strumento che, a distanza di oltre 23 danni dall’entrata in vigore della Legge n. 142 del 2001, non è utilizzabile. 
L’analisi svolta su alcune operazioni di WBO[64] ha consentito di dimostrare che, non infrequentemente, i tempi di realizzo dei progetti di WBO non rispondono perfettamente al timing ipotizzato in sede di progettazione del piano di risanamento: in tali casi i soci lavoratori, nella prospettazione di una crisi del progetto (e, dunque, della cooperativa), hanno assunto specifiche delibere assembleari al fine di garantire alla cooperativa, proprio nella fase più critica (e, quindi, con il concreto rischio di compromissione della continuità aziendale), le ulteriori risorse aggiuntive rappresentate da una riduzione del costo del lavoro. 
Sarebbe auspicabile il completamento delle procedure necessarie per dare completa attuazione all’articolo 6 della Legge n. 142 del 2001 con la possibilità di poter utilizzare, già nei piani di WBO, forme di apporto ulteriore da parte dei lavoratori ai sensi dell’art. 6, comma 1, lett. f), Legge n. 142 del 2001)[65].
4.1.1 . Sintesi delle disposizioni in materia di proposte concorrenti
L’articolo 90 CCII disciplina le proposte concorrenti, istituto che, con l’obiettivo di massimizzare l’interesse dei creditori, di fatto pone sul mercato l’iniziativa concordataria del debitore[66]. 
La norma, nel confermare la legittimazione esclusiva in capo al debitore per la presentazione della domanda di concordato, consente ai creditori “qualificati” la possibilità di presentare proposte concorrenti che si inseriscono (in via originaria o derivata a seconda della “distanza” della proposta concorrente da quella del debitore) sull’iniziativa del debitore medesimo, determinando il contenuto della proposta e del piano allo scopo di fornire una soluzione alternativa e più vantaggiosa della crisi e di acquisire, eventualmente, il controllo dell’impresa o la proprietà dell’azienda[67]. 
E’ stato autorevolmente sottolineato[68] come “l’introduzione nella disciplina del concordato preventivo dei principi della contendibilità e della competitività – ai quali si ricollega anche l’istituto delle offerte concorrenti di cui all’art. 91 – determina un ridimensionamento dell’autonomia del debitore nella conformazione del programma di superamento della crisi, essendo soggetto alle potenziali ingerenze dei terzi […], e lo vincola all’osservanza di un patto concordatario attraverso il quale i creditori dispongono della sorte del suo patrimonio”. 
L’istituto consente altresì: 
- di limitare i rischi di proposte concordatarie del debitore predisposte sottovalutando o destinando a liquidazione un patrimonio in verità idoneo ad essere utilmente valorizzato; 
- di incentivare la creazione ed il consolidamento del mercato dei crediti problematici[69]. 
La proposta concorrente integra una vera e propria proposta di concordato preventivo, fondata su un piano soggetto all’osservanza di tutti i requisiti di ammissibilità giuridica previsti dal CCII. Essa rappresenta, a tutti gli effetti, una esplicita forma di eterotutela tesa alla protezione degli interessi dei creditori, che soppianta il precedente archetipo fondato sui principi di autonomia negoziale e spiccato favor debitoris[70]. Su tale aspetto non sono mancate posizioni critiche di parte della dottrina che ritiene eccessivamente pervasivi gli effetti sull’imprenditore derivanti dall’istituto delle proposte concorrenti[71]. 
La legittimazione alla presentazione della proposta concorrente è attribuita a coloro che, anche per effetto di acquisti successivi alla domanda di concordato presentata dal debitore, rappresentino almeno il 5 percento dei crediti[72]. Il Decreto Correttivo ha ridotto l’originaria percentuale del 10 percento: la Relazione Illustrativa giustifica tale modifica nel perseguimento dello scopo di incrementare l’efficienza delle procedure di concordato preventivo, sì da poter garantire, grazie alle proposte alternative a quella del debitore, una migliore soddisfazione dei creditori oppure una più efficace ristrutturazione. 
La proposta concorrente: 
a) non può essere presentata dal debitore (neppure per interposta persona), né da suoi familiari o parti correlate (art. 90, comma 3, CCII); 
b) può essere corredata da una attestazione ex art. 87, comma 3, CCII, “parziale” oppure, in caso di assenza di aspetti non trattati dal commissario giudiziale, può essere presentata senza attestazione (art. 90, comma 4, CCII); 
c) non è ammessa se l’attestazione a corredo della proposta del debitore conferma che detta proposta assicura il pagamento di almeno il 30 percento dell’ammontare dei crediti chirografari (percentuale ridotta al 20 percento nel caso in cui il concordato preventivo derivi dalla positiva conclusione della composizione negoziata della crisi ex art. 13, CCII)[73]. 
Il combinato disposto degli artt. 90, 105 e 107 CCII evidenzia, nel caso di presenza di proposte concorrenti, cadenze del procedimento particolarmente serrate: 
- le proposte concorrenti possono essere presentate entro il termine di 30 giorni dalla data iniziale stabilita per la votazione dei creditori (art. 90, comma 1, CCII); 
- le proposte sono modificabili fino a 20 giorni prima della data iniziale stabilita per la votazione dei creditori (art. 105, comma 4, CCII[74]); 
- il commissario giudiziale deposita e trasmette al Pubblico Ministero, almeno 15 giorni prima della data iniziale prevista per la votazione, una relazione integrativa contenente la comparazione tra tutte le proposte depositate (art. 105, commi 3 e 4, CCII)[75]; 
- almeno quindici giorni prima della data iniziale stabilita per il voto il commissario illustra la sua relazione nonché le proposte definitive del debitore e quelle, ove presenti, dei creditori, dandone notizia a tutti gli interessati ed al giudice delegato nelle forme e con le modalità previste dalla Legge (art. 107, comma 3, CCII); 
- fino a dieci giorni prima della data iniziale stabilita per il voto potranno essere inviate al commissario giudiziale osservazioni e contestazioni delle quali il commissario dà notizia a tutti gli interessati ed al giudice delegato nelle forme e con le modalità previste dalla Legge (art. 107, commi 4 e 5, CCII); 
- entro sette giorni dalla data iniziale stabilita per la votazione il commissario giudiziale deposita la propria relazione definitiva, comunicandola ai creditori, al debitore e a tutti gli interessati (art. 107, comma 6, CCII); 
- in ogni caso, prima della loro comunicazione ai creditori, le proposte concorrenti sono soggette al giudizio del tribunale[76].
4.1.2 . Le proposte concorrenti nell’ambito delle disposizioni a supporto dei WBO
Ci si pone il quesito in ordine alla compatibilità e concreta operatività dell’art. 90 CCII in relazione alle disposizioni contenute nell’art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2013.
Potrebbe darsi il caso che, nell’ambito della procedura di concordato preventivo, il piano predisposto dagli amministratori non preveda il realizzo dell’azienda (con contenuti dunque liquidatori) oppure preveda il realizzo della stessa o di rami di essa con specifiche scelte di natura organizzativa e gestionale tali da comportare un impatto negativo sui livelli occupazionali. 
Per quanto già esposto, le cooperative costituite dai lavoratori dipendenti dell’impresa in crisi potranno esercitare il diritto di prelazione ex art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2013, esclusivamente nell’ambito del piano predisposto dagli amministratori dell’impresa stessa che preveda un trasferimento di azienda o rami di essa (ovvero beni e contratti). Alcun titolo avrà la cooperativa per richiedere modifiche rispetto alle scelte operate dal debitore; i singoli lavoratori (non concordi con le prospettazioni del debitore) potranno eventualmente azionare i diritti individuali nella loro qualità di creditori, anche opponendosi all’omologazione del concordato ex art. 48, comma 2, CCII. 
Qualora, quindi, i lavoratori ritenessero attuabile un piano in continuità (indiretta) basato su differenti assunzioni organizzative e/o gestionali rispetto al piano predisposto dal debitore (tali, ad esempio, da migliorare l’impatto sui livelli occupazionali) nonché in grado di migliorare il grado di soddisfacimento dei creditori, gli stessi potranno presentare, in qualità di creditori (e sempre che i crediti dagli stessi rappresentati siano pari almeno al 5 percento dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale del debitore), una proposta concorrente di concordato preventivo in continuità ex art. 90 CCII che preveda diverse condizioni di realizzo dell’azienda o un suo ramo[77].
In tal senso qualora i lavoratori intendessero presentare una proposta concorrente per il tramite della cooperativa tra loro costituita, potranno dotare la cooperativa della titolarità di crediti tali da raggiungere la soglia indicata dal Legislatore. Alternativamente si ritiene che i lavoratori potranno presentare personalmente e direttamente la proposta concorrente e, nel mentre già costituita la cooperativa, far contestualmente intervenire quest’ultima ai sensi dell’art. 90, comma 6, CCII[78]. Più problematica appare l’ipotesi in forza della quale la proposta concorrente sia presentata dai lavoratori, con riserva di costituire la cooperativa solo all’esito dell’adesione favorevole dei creditori a detta proposta concorrente, soprattutto ai fini del giudizio preventivo sulla proposta concorrente ex art. 90, comma 7, CCII. 
L’art. 90, comma 3, dispone il divieto di proposte concorrenti nel caso in cui, tra le altre fattispecie, la stessa sia presentata da “parti correlate”[79]. La presenza nella cooperativa promossa dai lavoratori dall’azienda in crisi di soci e/o amministratori provenienti dalla predetta azienda, secondo una interpretazione prudenzialmente orientata, potrebbe inibire la presentazione di proposte concorrenti da parte di detta cooperativa.
I lavoratori (o la già costituita cooperativa titolare dei crediti necessari per costituire il requisito ex art. 90, comma 1, CCII), per quanto legittimati a presentare una proposta concorrente (in qualità di creditori), potranno esercitare il diritto di voto su detta proposta solo al verificarsi di specifiche condizioni (stante il disposto ex art. 109, comma 2, CCII che considera approvata la proposta che ha conseguito la maggioranza più elevata dei crediti ammessi al voto, ed il seguente disposto ex art. 109, comma 5, CCII, che esclude dal voto, a determinate condizioni, i creditori muniti di privilegio).
Si ritiene che il solo assolvimento dell’obbligo di istituzione di apposita classe ex art. 109, comma 7, CCII, non sia sufficiente a consentire ai lavoratori di esercitare il diritto di voto sulla propria proposta concorrente se, contestualmente, risultino verificati i presupposti previsti all’art. 109, comma 5, CCII, per l’esclusione del diritto di voto dei creditori assistiti da privilegio ex art. 2751 bis c.c. In altri termini, se la proposta concorrente dei lavoratori dovesse prevedere il pagamento a loro favore in difetto dei termini ex art. 109, comma 5, quarto periodo, CCII (pagamento in denaro, integrale, entro 30 giorni dall’omologazione), gli stessi potranno votare sulla propria proposta a condizione che i lavoratori proponenti siano altresì inseriti nell’apposita classe ex art. 109, comma 7, CCII. 
Per migliorare la proposta di concordato presentata dal debitore i lavoratori potrebbero rinunciare (in tutto o in parte) al loro diritto di prelazione ex art. 109, comma 3, CCII (nei fatti subendo sulla quota di credito oggetto di rinuncia la falcidia prevista per i creditori chirografari). Tale rinuncia, che comporterebbe un sacrificio definitivo per i lavoratori, potrebbe essere sostituita dall’ipotesi, nell’ambito della proposta concorrente, di destinazione di parte dell’incasso dei crediti dei lavoratori (soddisfatti secondo i criteri ex art. 84, comma 7, CCII) ad ulteriore finanziamento e/o capitalizzazione della loro proposta concorrente di concordato, somme che, a quel punto, sarebbero inquadrabili, unitamente a quelle di CFI e dei Fondi Mutualistici, quale finanza esterna liberamente distribuibile anche nell’ambito della ristrutturazione trasversale ex art. 112, comma 2, CCII[80].
Qualora la proposta concorrente presentata dai lavoratori dovesse essere favorevolmente votata[81], sarà successivamente omologata ex art. 112 CCII comportando quella che autorevole dottrina ha definito, nei fatti, eterodirezione dell’impresa del debitore[82]. 
La conseguente operazione di affitto e/o cessione dell’azienda o suo ramo contenuta in detta proposta sarà oggetto di procedure competitive[83]. All’esito di tale procedura competitiva la cooperativa (già o nel mentre) costituita dai lavoratori potrà esercitare il diritto di prelazione ex art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2013, sempre che vi sia stata l’assegnazione provvisoria ad altro soggetto. 
Un ultimo corollario è dedicato al nuovo comma 5 bis dell’art. 109, CCII, introdotto dal Decreto Correttivo
Non forma oggetto del presente intervento l’analisi di coordinamento tra le disposizioni ivi contenute e quanto disciplinato dall’invariato comma 5 del medesimo articolo.
Dal tenore della novella risulta in ogni caso ancor più evidente l’intento del Legislatore di salvaguardare, per quanto possibile, la continuità aziendale ed i valori dalla stessa esprimibili, seppur in un contesto di ristrutturazione. 
In presenza di approvazione di più proposte di concordato fondate su piani differenti, l’omologa sarà riservata alla proposta che prevede la continuità aziendale. Qualora siano approvate più proposte in continuità, l’omologazione sarà riservata a quella che avrà ottenuto la maggioranza più elevata dei crediti chirografari.
La Relazione Illustrativa conferma “come criterio principale, nell’ottica di agevolazione del recupero dei valori aziendali, quello della prevalenza del piano in continuità e, in caso di più piani in continuità, il criterio del concordato che ha ottenuto il maggior numero di voti tra i creditori maggiormente incisi dalle sue condizioni, vale a dire tra i creditori chirografari”.
4.2.1 . Sintesi delle disposizioni in materia di offerte concorrenti
L’art. 91 CCII disciplina le offerte concorrenti, istituto che impone la ricerca di offerte alternative (da far concorrere con l’originaria mediante procedure competitive) ogni qual volta il piano di concordato comprenda un’offerta irrevocabile da parte di un soggetto individuato, avente ad oggetto il trasferimento a titolo oneroso a detto soggetto (mediante cessione o affitto ed anche prima dell’omologazione), dell’azienda, di uno o più rami o di specifici beni[84]. 
In tal caso il tribunale dispone che alla predetta offerta sia data idonea pubblicità al fine di acquisire offerte concorrenti. 
Qualora pervengano manifestazioni di interesse, il tribunale dispone con decreto l’apertura delle procedure competitive secondo la disciplina di cui all’art. 91, commi da 4 a 7, CCII.
Autorevole dottrina[85], pur citando dottrina contraria, esclude che, nel caso di presenza di una offerta irrevocabile da parte di un soggetto già individuato ex art. 91, comma 1, CCII, siano applicabili le disposizioni ex art. 94, comma 6, CCII, che consentono al tribunale, in caso di urgenza e sentito il commissario giudiziale, di autorizzare l’alienazione e l’affitto dell’azienda, di rami di essa e di specifici beni, senza dare luogo a procedure competitive. Tale tesi è confermata dal tenore del novellato comma 6 bis dell’art. 94, CCII, così come introdotto dal Decreto Correttivo, il quale (nel riprendere quanto già contenuto nell’art. 84, comma 9, CCII, abrogato dal medesimo provvedimento) ribadisce la necessità di attivare le disposizioni ex art. 91 CCII ogni qualvolta il piano preveda l’offerta da parte di un soggetto individuato per l’affitto o il trasferimento a suo favore dell’azienda o di uno o più rami di essa, sì da garantire l’attivazione di “meccanismi che garantiscono la trasparenza, competitività ed efficienza delle vendite concordatarie”[85]. 
L’originario offerente resta vincolato alla propria offerta irrevocabile sino alla vendita (o aggiudicazione se precedente) a soggetto differente, di tal che, in caso di mancanza di offerte concorrenti a seguito dell’indizione della gara, lo stesso dovrà adempiere agli impegni contrattuali assunti. 
Per i fini qui trattati, è possibile individuare nella norma commentata due distinte fasi: 
- la prima, consistente nella disposizione impartita dal tribunale o dal giudice di dare idonea pubblicità all’offerta irrevocabile contenuta nel piano di concordato al fine di acquisire manifestazioni di interesse; 
- la seconda, data dall’apertura della procedura competitiva, apertura subordinata alla preventiva constatazione che siano pervenute manifestazioni di interesse[86].
4.2.2 . Le offerte concorrenti nell’ambito delle disposizioni a supporto dei WBO
Ciò esposto, ci si chiede se ed in quale momento della specifica procedura prevista nell’art. 91 CCII la cooperativa costituita dai lavoratori dell’azienda in concordato possa esercitare il diritto di prelazione ex art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2001. 
Quale che sia la posizione della cooperativa (soggetto originario offerente già individuato ai sensi dell’art. 91, comma 1, CCII, ovvero successivo offerente), questa potrà certamente esercitare il proprio diritto di prelazione a seguito della procedura competitiva disposta ai sensi dell’art. 91, comma 3, CCII, che, appunto, presuppone la preventiva acquisizione di manifestazioni di interesse. 
È ragionevole sostenere che la cooperativa (diversa dall’offerente ex art. 91, comma 1, CCII) potrebbe peraltro, all’esito della pubblicità disposta dal tribunale per acquisire offerte concorrenti, non già esplicitare una manifestazione di interesse (dalla quale, dunque, scaturirebbe la successiva procedura competitiva) quanto richiedere l’immediata applicazione dell’art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2001. Tale norma, come noto, dispone semplicemente il diritto di prelazione nel caso di affitto o vendita di aziende o rami di esse (senza subordinare l’esercizio dello stesso all’esperimento di alcuna procedura competitiva). In tal caso, e in assenza di ulteriori manifestazioni di interesse (condizione tale da non comportare l’avvio delle procedure competitive ai sensi dell’art. 91, comma 3, CCII), il Tribunale dovrebbe disporre l’immediata applicazione del diritto prelatizio a favore della cooperativa[88].
5 . La ristrutturazione trasversale ex art. 112, comma 2, CCII
L’art. 112, comma 2, CCII, disciplina l’istituto della ristrutturazione trasversale (cross-class cram down) anche per le proposte concorrenti, le quali, quindi, possono essere omologate secondo tale principio allorquando la proposta non raggiunga le maggioranze previste dall’art. 109, comma 5, CCII. 
La Relazione Illustrativa accompagnatoria del Decreto Correttivo sottolinea come la modifica apportata alla lettera a) del comma 2 dell’art. 112, CCII, “precisa che, in caso di proposta concorrente, è necessario il consenso del debitore sulla richiesta di omologazione avanzata dal proponente solo se si tratta di una piccolamedia impresa secondo i parametri europei che definiscono le PMI”. 
Da tale testo è possibile evincere che in caso di mancata approvazione del concordato in continuità da parte dei creditori (non risultando approvate né la proposta del debitore né quella concorrente dei lavoratori), il creditore concorrente può autonomamente richiedere al tribunale l’omologazione mediante la procedura di ristrutturazione trasversale con il consenso del debitore qualora ricorrano i requisiti dimensionali sopra citati (ciò confermato altresì dal novellato art. 111 CCII). Nelle operazioni di WBO in linea di massima detto consenso risulterà sempre necessario atteso che CFI può sostenere i propri interventi solo a favore di PMI secondo la normativa comunitaria, i cui limiti dimensionali sono appunto richiamati nell’art. 112, comma 2, CCII che, a sua volta, fa riferimento all’art. 85, comma 3, ultimo periodo, CCII, così come novellato dal Decreto Correttivo
La ristrutturazione trasversale può attuarsi (rispettati i requisiti ex art. 112, comma 2, CCII, lettere da a) a c)[89] ed in mancanza del voto favorevole della maggioranza delle classi delle quali almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione) mediante il voto favorevole anche di una sola classe di creditori per i quali la proposta di concordato preveda un soddisfacimento almeno parziale “rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione”. 
La dottrina ha proposto differenti tesi in ordine all’individuazione della specifica categoria di creditori, “interessati” o “maltrattati”, ai quali riservare, in forza del disposto normativo, tale rilevante potere, dato che il “CCII sancisce senza ombra di dubbio che il principio di maggioranza è stato divelto [poiché, N.d.R.] la classe degli svantaggiati ha l’asso nella manica in quanto il loro voto favorevole fa premio su tutti gli altri creditori”[90]. 
Ad una prima lettura delle modifiche introdotte dal Decreto Correttivo il Legislatore sembrerebbe orientato nell’avallare la tesi sostenuta da taluna dottrina[91] che ha ritenuto detta classe individuabile in quella “interessata” senza che i creditori di detta classe debbano essere composti da creditori svantaggiati, “cioè che traggono dalla proposta concordataria un soddisfacimento inferiore a quello che potrebbero ottenere in caso di liquidazione giudiziale e di applicazione dell’absolute priority rule”[92]. 
Nell’ambito di una possibile proposta concorrente formulata dai lavoratori, è possibile quindi svolgere alcune considerazioni: 
1) i lavoratori, in caso di soddisfazione integrale, non possono costituire l’unica classe su cui fondare la ristrutturazione trasversale[93]; 
2) nel caso in cui: 
a. i lavoratori, la cui proposta concorrente non è stata approvata, intendano richiederne l’omologazione ex art. 112, comma 2, CCII; 
b. vi sia assenza della maggioranza delle classi di cui una formata da creditori titolari di diritti di prelazione; 
c. i lavoratori non possano costituire l’unica classe ex art. 112, comma 2, lett. d), CCII, 
sarà necessario che vi sia almeno un’altra classe che rispetti i requisiti previsti dalla sopracitata lettera d) che voti favorevolmente. 
Nulla osta a che, in tali ipotesi e nell’ambito delle possibili strategie finalizzate alla predisposizione di una proposta concorrente, i lavoratori, anche per il tramite della cooperativa dagli stessi costituita, acquisiscano preventivamente ulteriori crediti aventi le caratteristiche tali da costituire, ex art. 112, comma 2, lett. d), CCII, la specifica “classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione”[94].
6.1 . Il concordato minore e le proposte ed offerte concorrenti
L’art. 74, CCII, disciplina la proposta di concordato minore, formulabile dai debitori, sovraindebitati e differenti dal consumatore, individuati dall’art. 2, comma 1, lett. c), CCII. 
Il concordato minore può essere attuato sia in continuità, sia secondo criteri liquidatori, e mutua diverse disposizioni dalle norme in materia di concordato preventivo. 
In particolare, l’art. 74, CCII, prevede, al quarto comma, che per quanto non previsto dalla Sezione III del Capo II, si applicano le disposizioni del Capo III (che disciplina il concordato preventivo) del medesimo Titolo IV in quanto compatibili. 
Ci si chiede se anche nel caso del concordato minore sia possibile applicare le disposizioni in materia di proposte concorrenti e offerte concorrenti. 
La dottrina si è espressa ammettendo la possibilità di applicazione dell’art. 91 CCII, in materia di offerte concorrenti ed escludendo invece l’applicabilità dell’istituto delle proposte concorrenti ex art. 90 CCII[95]. A sostegno di tale tesi si evidenzia che l’art. 80 CCII, che disciplina il giudizio di omologazione del concordato minore, non fa alcuna espresso riferimento all’ipotesi di omologa di proposte concorrenti, contrariamente a quanto esposto nell’articolo 112 CCII in riferimento al concordato preventivo. Si deve quindi desumere che le proposte concorrenti, nel concordato minore, non sono previste né ammesse, né il Decreto Correttivo ha introdotto modifiche che facciano propendere per un differente intendimento del Legislatore. 
Tale interpretazione comporta una minore opportunità di azione da parte dei lavoratori intenzionati ad attivare una operazione di WBO alternativa alla soluzione concordataria proposta dal debitore sovraindebitato, potendo gli stessi eventualmente attivarsi quali soggetti offerenti ex art. 91, CCII, nel più ristretto ambito dei criteri di comparabilità preventivamente statuiti dal tribunale con il proprio decreto ex art. 91, comma 3, CCII. 
L’art. 78, comma 2 bis, CCII, cita espressamente l’applicabilità, nel concordato minore, del procedimento di omologazione previsto dall’art. 112, comma 2, CCII. In tale contesto, la ristrutturazione trasversale potrà avere ad oggetto esclusivamente la proposta di concordato predisposta dal debitore, eventualmente attuata mediante la cessione e/o l’affitto dell’azienda o un suo ramo non già all’originario soggetto già individuato ma a favore della “cooperativa WBO” che nel mentre sarà risultata la migliore offerente nella gara ex art. 91, comma 7, CCII.
6.2 . Il concordato minore e la prelazione ex art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2013
Come già rilevato, i vari interventi del Legislatore in materia di crisi di impresa hanno tralasciato opportuni adeguamenti delle disposizioni contenute nell’art. 11, comma 2, del D.L. n. 145 del 2013. 
Il testo tutt’ora vigente fa infatti ancora espresso riferimento alle imprese “sottoposte a fallimento, concordato preventivo, amministrazione straordinaria o liquidazione coatta amministrativa”. 
Salvi gli effetti derivanti dall’art. 349 CCII[96], la sopracitata norma non contempla il riferimento al concordato minore. 
Ragioni di sistematicità farebbero propendere per l’applicabilità delle disposizioni contenute nei commi 2 e 3 dell’art. 11, D.L. n. 145 del 2013 anche nel caso di proposta di concordato minore ex art. 74, CCII. Contrariamente si genererebbe una ingiustificata disparità di trattamento dei lavoratori di un’impresa minore (o agricola) rispetto a quelli di una impresa assoggettabile alla liquidazione giudiziale, sia con riferimento al diritto di prelazione riconosciuto alla cooperativa dagli stessi costituita (art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2013), sia in relazione al diritto di beneficiare dell’incentivo all’autoimprenditorialità in assenza dell’interruzione del rapporto di lavoro (art. 11, comma 3, D.L. n. 145 del 2013).
7.1 . Sintesi delle disposizioni in materia di concordato nella liquidazione giudiziale
L’istituto del concordato nella liquidazione giudiziale conferma la tendenza generalizzata verso una maggiore privatizzazione della gestione dell’insolvenza, potenziando il ruolo dei creditori e dei terzi[97]. La legittimazione estesa ai creditori ed ai terzi (nell’ambito della natura privatistica e, quindi, contrattuale, del concordato) alla presentazione della proposta, ha la finalità di aumentare il grado di efficienza del sistema, rendendo il procedimento più celere e razionale; in tale contesto, autorevole dottrina ha evidenziato come l’istituto appaia più adeguato per agevolare la continuazione dell’attività di impresa[98]. 
L’art. 240 disciplina la proposta di concordato nella liquidazione giudiziale. 
La proposta può essere presentata, come anticipato, sia da creditori, sia da terzi oltre che, decorso almeno un anno dalla sentenza che ha dichiarato l’apertura della liquidazione giudiziale, dal debitore o da soggetti allo stesso riconducibili[99]. 
La proposta può prevedere: 
- la suddivisione in classi, con correlati trattamenti differenziati adeguatamente giustificati (art. 240, comma 2, lett. a) e b), CCII); 
- la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso diverse forme, anche mediante cessione di beni, accollo o altre operazioni straordinarie (art. 240, comma 2, lett. c), CCII); 
- la soddisfazione parziale dei creditori muniti di privilegio o ipoteca, purché in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione dei beni o dei diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, indicata (al netto delle spese a detto valore imputabili) dalla relazione giurata del professionista indipendente designato dal tribunale (art. 240, comma 4, CCII). 
L’art. 241 CCII disciplina l’esame della proposta e la comunicazione ai creditori per l’espressione del relativo voto. La proposta di concordato è presentata mediante ricorso al giudice delegato il quale, acquisiti il parere del curatore[100], obbligatorio ma non vincolante, e quello invece favorevole e vincolante del comitato dei creditori, nonché valutata la ritualità della proposta, ne ordina la comunicazione ai creditori, unitamente ai predetti pareri[101]. Qualora la proposta di concordato preveda la suddivisione dei creditori in classi, il tribunale svolge ex art. 241, comma 3, CCII, la preventiva attività di controllo sulla omogeneità delle classi e sulle ragioni del differente trattamento ex art. 240, comma 2, lett. a) e b), CCII. 
L’art. 243 CCII disciplina il voto, prevedendo: 
- che abbiano diritto di voto i creditori indicati nello stato passivo esecutivo, compresi quelli ammessi con riserva; 
- l’esclusione del diritto di voto per i creditori prelatizi per i quali la proposta di concordato prevede l’integrale pagamento, fatta salva la facoltà per detti creditori di rinunciare, in tutto o in parte, alla garanzia con conseguente trattamento del credito non coperto dalla stessa al pari degli altri creditori chirografari; 
- l’esclusione del diritto di voto per i soggetti direttamente o indirettamente collegati o riconducibili al debitore come disciplinati dall’art. 243, comma 5, CCII, nonché coloro che sono divenuti tali per aver acquistato i crediti riconducibili ai creditori sopra indicati da meno di un anno prima della domanda di concordato ed i creditori in conflitto di interessi. 
Il concordato è approvato dalla maggioranza dei creditori; qualora i creditori siano suddivisi in classi, è altresì richiesto il voto favorevole della maggioranza delle classi. Il voto non espresso corrisponde ad un voto favorevole. 
L’art. 245 disciplina il giudizio di omologazione[102]. A tal proposito il Decreto Correttivo, nel riformulare il comma 5, regola ed esplicita il cram down anche con riferimento ai crediti tributari e previdenziali[103].
7.2 . Il concordato nella liquidazione giudiziale e le proposte “concorrenti”
Nel concordato disciplinato dagli artt. 240 e seguenti CCII non vi è un espresso rimando all’art. 90 CCII, ciò in relazione alle specifiche disposizioni che disciplinano la fattispecie di più proposte di concordato nella liquidazione giudiziale tra loro concorrenti[104]. 
Il Decreto Correttivo ha modificato l’art. 241, comma 2, ultimo periodo, CCII, prevedendo che, in caso di presentazione di più proposte o se comunque ne sopraggiunge una nuova prima che il giudice delegato ordini la comunicazione ex art. 241, comma 2, primo periodo, CCII, tutte le proposte sono sottoposte all’approvazione dei creditori[105]. 
Conseguentemente è stato riformato il comma 4 dell’art. 244 CCII, il quale disciplina i criteri di approvazione della proposta di concordato tra più proposte presentate[106]. 
In tale contesto ci si è posti la questione in ordine alle concrete modalità di collocazione dell’iniziativa dei lavoratori nell’ambito di una operazione di WBO. 
L’art. 243, comma 7, CCII dispone che i trasferimenti di crediti avvenuti dopo la sentenza che ha dichiarato l’apertura della liquidazione giudiziale non attribuiscono diritto di voto[107]. Ne consegue che, contrariamente a quanto reso possibile nell’ambito delle proposte concorrenti dal disposto ex art. 90, comma 1, CCII, i lavoratori dell’impresa in liquidazione giudiziale non potranno dotare la cooperativa dagli stessi costituita dei loro crediti se non perdendo, conseguentemente, il diritto di voto (e ciò indipendentemente dalla costituzione della specifica classe ex art. 243, comma 6, CCII). Per contro, la cooperativa sarà comunque legittimata a presentare una proposta di concordato nella liquidazione giudiziale, stante la facoltà di presentazione concessa dal legislatore anche ai terzi non creditori. 
Il combinato disposto di cui all’art. 243, comma 2, CCII ed il comma 6 del medesimo articolo, ripropongono le medesime considerazioni già esposte in ordine alla possibilità, per i lavoratori (quali creditori privilegiati della liquidazione giudiziale) di poter votare la proposta di concordato nella liquidazione giudiziale dagli stessi presentata[108]. Si ritiene, quindi, che il solo assolvimento dell’obbligo di istituzione di apposita classe ex art. 243, comma 6, CCII, non sia sufficiente a consentire ai lavoratori di esercitare il diritto di voto sulla propria proposta di concordato nella liquidazione giudiziale se, contestualmente, risultino verificati i presupposti previsti dal comma 2 del medesimo articolo per l’esclusione del diritto di voto dei creditori assistiti da privilegio ex art. 2751 bis c.c. 
Ben potranno i lavoratori, ai fini del voto (e fermo l’obbligo di autonomo classamento[109]), influire sull’esito della votazione mediante la rinuncia parziale al diritto di prelazione (nella misura minima della terza parte dell’intero credito fra capitale ed accessori[110]), ferma l’alternativa possibilità di valutare, nell’ambito della proposta concordataria, di destinare parte dell’integrale pagamento a loro favore a sostegno di detta proposta, garantendo quindi nei fatti risorse aggiuntive rispetto all’alternativa liquidazione giudiziale. 
Nulla dispone il legislatore in relazione all’ipotesi che la proposta di concordato nella liquidazione giudiziale consti di un piano che comprenda un’offerta irrevocabile da parte di un soggetto già individuato e avente ad oggetto il trasferimento in suo favore dell’azienda o di un suo ramo. 
Su tale aspetto soccorre taluna, seppur scarsa, giurisprudenza, riferibile all’istituto regolato dal Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Legge Fallimentare), che avvalorerebbe la tesi della non obbligatorietà di procedure competitive al verificarsi della fattispecie testé contemplata, benché secondo la valutazione del giudice[111].
7.3 . Il concordato nella liquidazione giudiziale e la prelazione ex art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2013
Stante il tenore dell’art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2013, risulta pacifica l’applicabilità della prelazione legale ivi disciplinata. Qualora, quindi, fosse sottoposta a votazione dei creditori una proposta di concordato nella liquidazione giudiziale che preveda la cessione o l’affitto dell’azienda o suoi rami, la cooperativa costituita ai sensi della citata disposizione potrà esercitare il proprio diritto di prelazione, inserendosi nella struttura della proposta concordataria già votata. Se il piano di continuità indiretta promosso dai lavoratori dovesse basarsi su condizioni differenti rispetto a quanto prospettato da altri creditori o terzi, i lavoratori (o la cooperativa nel mentre dagli stessi costituita) non potranno che concorrere con una propria autonoma e distinta proposta di concordato, da sottoporre a votazione ai sensi del novellato art. 241, comma 2, CCII. 
Autorevole dottrina[112] ha avuto modo di evidenziare come la procedura di concordato nella liquidazione giudiziale rappresenti “il terreno di elezione dei WBO”, soprattutto in relazione alla possibilità, per i lavoratori, di avere accesso in tempi celeri ad informazioni essenziali per predisporre una proposta di concordato. Le difficoltà ad attivare proposte da parte del terzo / creditore, imputabili a differenti fattori, potrebbero peraltro essere superate da un più lungimirante approccio tra lavoratori ed imprenditore in crisi, volto alla gestione preventiva dei conflitti e teso a valorizzare i benefici a favore dei lavoratori medesimi. 
Le evidenze empiriche delle quali si dà conto nell’ultimo paragrafo contrastano con tale valutazione: sebbene vi siano, come autorevolmente argomentato, condizioni di contesto favorevoli, tali condizioni si innestano in un “periodo storico della crisi” dell’azienda oramai avanzato, periodo nel corso del quale spesso i lavoratori subiscono alterne vicende e ricevono non sempre chiare comunicazioni da parte dei vertici aziendali, situazioni tutte che scoraggiano i lavoratori, logorano le relazioni interne e trasformano quelle condizioni di contesto favorevoli in una opportunità solo teorica.
8 . L’art. 11 D.L. n. 145 del 2013 e gli altri strumenti di regolazione della crisi
Il Decreto Correttivo ha disposto una modifica dell’art. 191 CCII; essa ha esteso a tutti gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza l’applicazione, tra le altre, delle disposizioni di cui all’art. 11 del D.L. n. 145 del 2013 “in presenza dei relativi presupposti”[113]. 
Sarebbe auspicabile, in tal senso, una conseguente interpretazione ampia dell’immutato testo dell’art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2013 sì da comprendere nel novero delle procedure nell’ambito delle quali i lavoratori possono esercitare il diritto di prelazione tutti gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza. Il Titolo IV del CCII, che disciplina gli strumenti di regolazione della crisi, comprende, tra gli altri, gli accordi di ristrutturazione ex art. 57 CCII, i piani di ristrutturazione soggetti a omologazione ex art. 64 bis CCII, nonché, con riferimento ai debitori qualificabili come imprenditori, il concordato minore ex art. 74 CCII: tutti strumenti di regolazione che possono basarsi su piani non liquidatori[114]. 
Una lettura organica del novellato art. 191 CCII dovrebbe condurre all’applicabilità (anche nell’ambito degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza che prevedono soluzioni di continuità diversi da quelli citati nell’art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2013) delle specifiche disposizioni di favor a sostegno delle operazioni di WBO. 
La necessità, secondo quanto riportato nella Relazione Illustrativa, di non “determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica” potrebbe, di contro, essere di ostacolo all’applicabilità dell’incentivo all’autoimprenditorialità ex art. 8, D.Lgs. n. 22 del 2015 (secondo le specifiche modalità di accesso di cui all’art. 11, comma 3, D.L. n. 145 del 2013) agli strumenti di regolazione della crisi non espressamente menzionati nel comma 2 del medesimo articolo.
9 . La composizione negoziata della crisi
La procedura di composizione negoziata della crisi (CNC) rappresenta una delle novità sostanziali derivanti dall’entrata in vigore del CCII, ancorché detta procedura abbia vissuto una sua anticipata introduzione nell’ordinamento per effetto dell’entrata in vigore del Decreto Legge 24 agosto 2021 n. 118. 
Il combinato disposto derivante dalle modifiche introdotte dal CCII all’art. 2086 c.c. ed i presupposti necessari per l’accesso alla CNC (le “condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza” ex art. 12 CCII) concretizza il dichiarato obiettivo del Legislatore di valorizzare la preventiva emersione della crisi[115] consentendo l’accesso ad una strumentazione che non rappresenta una procedura concorsuale e che, secondo quanto disciplinato dall’art. 23 CCII[116] e con il contributo dell’Esperto, può condurre a plurime soluzioni[117]. 
I recenti dati pubblicati da Unioncamere evidenziano come, nel primo semestre 2024, le istanze per la CNC siano aumentate del 53,50% rispetto al 2023[118], ciò a conferma che trattasi di una strumentazione giuridica che sarà sempre più utilizzata, anche grazie alle modifiche introdotte dal Decreto Correttivo[119]. 
Data la “vocazione” della CNC nel garantire la continuità aziendale, non può non rilevarsi come i riferimenti contenuti nell’art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2013 siano incompatibili con le soluzioni previste dall’art. 23 CCII diverse da quelle in detto decreto legge menzionate. 
Sarebbe in tal senso auspicabile che, anche in piani in continuità indiretta a supporto di soluzioni nell’ambito della CNC, i lavoratori potessero beneficiarie sia della prelazione ex art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2013 che dell’accesso all’incentivo all’autoimprenditorialità con le modalità di cui al comma 3 della citata norma, anche nel caso di chiusura positiva delle trattative con le alternative soluzioni disciplinate dall’art. 23, comma 1, lettere a) e c), CCII[120]. 
In ogni caso, stante il contenuto dell’art. 22, comma 1, lett. d), CCII (che prevede la possibilità per l’imprenditore di richiedere al tribunale l’autorizzazione a trasferire l’azienda o uno o più rami senza gli effetti di cui all’art. 2560, comma 2, c.c., ferma la necessità di garantire il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente) ben potrà la “cooperativa WBO” concorrere alla selezione dell’acquirente[121]. 
Quanto alla disciplina del concordato semplificato ex art. 25 sexies CCII (quale possibile sbocco della CNC ex art. 23, comma 2, lett. c) CCII), il legislatore ha previsto, anche in tale procedura (essenzialmente liquidatoria), l’ipotesi di cessione dell’azienda o di uno i più rami d’azienda, anche a favore di un soggetto individuato ex art. 25 septies, comma 2, CCII; tale norma impone al liquidatore di ricercare migliori soluzioni sul mercato. 
Autorevole dottrina[122] ha sottolineato come l’ipotesi ivi contemplata di cessione con “offerta chiusa” impatti sul principio di competitività in favore di una più marcata snellezza di forme ed incombenti, consentendo che l’alienazione sia preceduta anche da un sondaggio informale di mercato, salva in ogni caso la necessaria trasparenza dell’operazione nelle forme, più snelle, compatibili con le semplificazioni proprie dell’iter del concordato semplificato. In tale contesto non trovano applicazione né le disposizioni ex art. 90 CCII, né quelle ex art. 91 CCII. 
I lavoratori dell’azienda oggetto di cessione nell’ambito di un concordato semplificato non potranno quindi agire alcun “diritto particolare”, dovendosi limitare a sottoporre al liquidatore giudiziale una migliore offerta rispetto a quella contenuta nella proposta di concordato semplificato.
10 . Conclusioni
Le operazioni di WBO sono strutturalmente incardinate nel contesto cooperativo, e ciò non solo in relazione alla adattabilità dello strumento societario alla interlocuzione con i futuri soci (fino a quel tempo solo lavoratori dipendenti), quanto, anche, ad un chiaro, ancorché non totalmente organico, indirizzo del Legislatore, sin dall’articolo 45 della Costituzione. 
Le motivazioni profonde che sottendono alla nascita di operazioni di WBO trovano dunque linfa nella struttura giuridica della società cooperativa e, conseguentemente, nei caratteri fondativi dell’istituto[123].
L’Alleanza Cooperativa Internazionale (fondata nel 1895 a Londra) ha così definito la società cooperativa nel proprio congresso di Manchester del 1995: “una cooperativa è un’associazione autonoma di persone unite volontariamente per soddisfare le loro aspirazioni e bisogni economici, sociali e culturali comuni attraverso la creazione di un’impresa di proprietà comune e democraticamente controllata”[124].
Lo scopo della cooperativa, dunque, è rappresentato non già dalla remunerazione del capitale ma dallo scambio mutualistico, inteso come scambio economico instaurato con i soci alle migliori condizioni possibili[125].
Autorevole dottrina[126] ha evidenziato come il contenuto democratico della società cooperativa, ulteriore cardine distintivo, sia rinvenibile nella centralità della regola del voto capitario, nel contesto assembleare nel quale tale regola si realizza nonché nelle modalità con cui il legislatore sostanzia il principio di autogoverno, di autonomia e di indipendenza dei soci cooperatori. 
Tali principi sono strutturalmente supportati dall’ulteriore valore fondativo rappresentato dall’indivisibilità degli utili e delle riserve che si traduce in una conseguente “mutualità intergenerazionale”. Le strutture patrimoniali ed il valore creato nell’azienda rappresentano il principale strumento di tutela della continuità aziendale in favore di obiettivi di medio e lungo termine[127].
I patrimoni ed i valori sono nella disponibilità delle società cooperative a mutualità prevalente (ulteriormente supportati dalla legislazione fiscale di favore che, seppur ridottasi nel corso degli ultimi decenni, garantisce ancora oggi risorse aggiuntive), e consentono ai soci lavoratori di affrontare, con maggior serenità, le sfide (e, se del caso, le crisi) del futuro grazie ad un processo naturale (e legale) di capitalizzazione. La prospettiva di continuità aziendale (e correlata prospettiva di continuità lavorativa) è dunque rappresentata da tale processo che, a tutti gli effetti, rappresenta un meccanismo “autogenerante” di politiche attive del lavoro, avulso da sostegni statali, capace oggi di leggere in anticipo i temi, sempre più attuali, di responsabilità sociale delle imprese e sostenibilità[128]. 
Il concetto di “mutualità intergenerazionale” è altresì valorizzato dal ruolo dei Fondi Mutualistici costituiti ai sensi dell’art. 11 della Legge 59/1992. È stato autorevolmente sottolineato[129] come “le caratteristiche costitutive dei Fondi Mutualistici e le finalità attribuite dalla Legge a tali soggetti, unite all’obbligo posto a carico della generalità delle imprese cooperative ‘di destinare alla costituzione e  all'incremento  di  ciascun fondo costituito dalle associazioni cui aderiscono una  quota  degli  utili annuali pari al 3 per cento’, hanno determinato la nascita di investitori istituzionali votati ‘per natura e per missione’ all’investimento di capitali di rischio (o in strumenti di ‘quasi capitale’) nelle imprese cooperative e provvisti delle necessarie risorse finanziarie per farlo. 
Questa innovazione legislativa ha consentito alla mutualità intra-cooperativa di generare - anno dopo anno - risorse finanziarie rilevanti che, grazie al sapiente utilizzo che ne hanno saputo fare le Associazioni cooperative promotrici e gestrici dei Fondi Mutualistici, ha compensato una capacità di ‘accesso al mercato dei capitali’ sostanzialmente nulla rispetto a quella consentita alle imprese lucrative loro concorrenti.” 
È stato correttamente sostenuto[130] come le operazioni di WBO possano essere l’occasione, unitamente alla riforma degli strumenti di regolazione della crisi, per un ripensamento dell’impresa rispetto agli interessi dei propri stakeholders, anche nell’ottica di una maggior democratizzazione del lavoro. 
Lo strumento cooperativo, non a caso, è stato in più occasioni oggetto di sostegno da parte delle Istituzioni Europee. Su tutti si segnala l’intervento della Commissione Europea[131] che ha ribadito il “ruolo sempre più importante e positivo delle cooperative in quanto messo per realizzare molti degli obiettivi comunitari in settori quali la politica dell’occupazione, l’integrazione sociale …”. 
Il Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE – 2012/C 191/05) ha avuto modo di sottolineare il potenziale interesse dei lavoratori alla sopravvivenza della propria impresa anche fuori da contesti di crisi, invitando gli stati membri a sviluppare politiche e norme che delineino “un quadro per i trasferimenti delle imprese ai dipendenti basato sulle migliori pratiche al fine di evitare le chiusure: ne sono un esempio […] la legge Marcora in Italia”[132]. Il CESE, nel citato documento, pone inoltre l’accento sulla resistenza delle cooperative alle “turbolenze della crisi rispetto alle imprese convenzionali”, ciò anche in relazione alla preminenza della remunerazione dei fattori produttivi rappresentati dal capitale umano nonché degli investimenti, sacrificando se necessario la remunerazione del capitale[133]. 
La Risoluzione del Parlamento europeo del 2 luglio 2013, intervenendo sul contributo delle cooperative al superamento della crisi, sottolinea come il modello cooperativo “promuova l’esistenza di cooperative caratterizzate da un approccio intergenerazionale a lungo termine e radicate nell’economica locale, che aiutino lo sviluppo sostenibile locale ed evitino le delocalizzazioni”[134]. A tal fine la citata Risoluzione promuove il sostegno alle cooperative di lavoro e ai WBO, prevedendo specifiche linee di bilancio dell’UE da destinare ad opportuni strumenti finanziari e alla creazione (con la partecipazione della Banca europea per gli investimenti - BEI, delle parti sociali e degli stakeholder del movimento cooperativo) di un meccanismo europeo volto a promuovere lo sviluppo delle cooperative e, in particolare, le riconversioni di imprese in cooperative anche, ad esempio, attraverso lo strumento dei fondi mutualistici. 
Questa forma di soluzione alle crisi (e di soluzione alla successione intergenerazionale) si inserisce in una nuova cultura di gestione sostenibile dell’impresa che richiede formazione specifica nei professionisti, politiche che agevolino le iniziative dei dipendenti per la partecipazione al capitale e agli utili delle loro imprese ed adeguato sostegno ai fondi strutturali già presenti. 
I WBO conducono, come detto, a riflessioni più ampie, che toccano i meccanismi più profondi dei quali è permeata la struttura economica ed imprenditoriale moderna e, più specificatamente, italiana[135]. 
Nel Rapporto 2021 “The Politics to Come” di Fondazione Giangiacomo Feltrinelli si sottolinea come sia già in corso un processo di passaggio ad un’economica di mercato caratterizzata da processi di democratizzazione economica, capace di superare vecchie divisioni e schemi, rivitalizzando le relazioni economiche legate ai territori e alle comunità locali. In tale contesto i WBO sono individuati come veicoli in grado di perseguire questi obiettivi economico-sociali senza ostacolare l’impresa privata. Il sostegno economico ai WBO, si sostiene nel citato Rapporto, rappresenta una tipologia di intervento pubblico avulso dalle logiche assistenzialiste, in grado di porsi in sintonia con l’ecosistema imprenditoriale. 
I WBO, e con loro le strutture cooperative, si fondano su un profondo radicamento con il territorio nel quale operano. Tale radicamento preserva dal rischio di desertificazione economica di zone rurali o comunque distanti dai grandi centri produttivi, limita la mobilità interterritoriale pur preservando la continuità. 
Tali caratteristiche socio-economiche sono dimostrate anche dai più recenti dati empirici[136]. I WBO tendono ad emergere in settori ad alta intensità di manodopera, con prevalenza di lavoratori altamente qualificati rispetto a settori ad alta intensità di capitale con una forza lavoro poco qualificata. La nascita di WBO è frequentemente correlata alla presenza di intensità di manodopera specializzata, con lavoratori dedicati a specifiche attività e dotati di competenze specifiche non facilmente trasferibili; i lavoratori dei WBO provengono da esperienze lavorative di lunga data, integrati territorialmente e socialmente, con una bassa propensione alla mobilità e forte legame con le reti sociali esistenti. Gli stessi legami sociali interni all’azienda di provenienza possono favorire processi di solidarietà interna sul posto di lavoro ed essere di stimolo alla creazione di cooperative per la realizzazione dei processi di WBO. 
Le evidenze empiriche dimostrano che le aziende, benché ristrutturate o ristrutturabili, possono risultare comunque non appetibili a terzi investitori, siano essi finanziari o industriali. 
Non adeguati rendimenti richiesti (“di mercato”) per il capitale investito si traducono, in casi tutt’altro che infrequenti, in disimpegno di detti investitori pur in contesti aziendali caratterizzati (alternativamente e/o cumulativamente) da: 
- qualità di prodotto/know how
- professionalità delle maestranze; 
- mercato di riferimento ancora attivo; 
- margini operativi lordi e, in taluni casi, financo redditi operativi non negativi. 
Manca, in estrema sintesi, un sistema in grado di misurare un’ulteriore categoria di rendimento, che si potrebbe definire “socio-economico”, non intrappolato nella rigidità del ROI ma connesso alla valorizzazione del capitale professionale, umano, territoriale e distrettuale[137], capitale che rappresenta l’ulteriore intangible che, in assenza di risorse esterne, può essere valorizzato esclusivamente dai lavoratori e dagli altri attori istituzionali. 
Un rendimento da comporre nelle sue differenti variabili e calcolare non già in termini esclusivamente aziendalistici (una delle variabili), ma da costruire avendo riguardo al mantenimento di strutture produttive in determinati territori (con correlati effetti sull’indotto locale), alla sostenibilità dei livelli occupazionali, ai conseguenti effetti sulla finanza pubblica. 
Un rendimento che può essere definito “tasso di rendimento socio-economico”[138]. 
Si tratta di un rendimento che ha un peso specifico differente in rapporto ai dati di bilancio e che garantisce ritorni non solo agli investitori diretti (i soci lavoratori[139] ed i soci finanziatori[140]), ma anche a favore dell’intero sistema Paese. 
Ed in effetti, è possibile affermare che in contesti nei quali il rendimento calcolato dal potenziale partner industriale o finanziario terzo è tale da farlo desistere dall’intervento, il più elevato “tasso di rendimento socio-economico” consente ai lavoratori dell’impresa in crisi, a CFI ed ai Fondi Mutualistici, di valutare quell’investimento “redditizio” in quanto in grado, comunque, di rigenerare l’azienda in crisi e ridare continuità. 
Vieppiù: si è dimostrato come esista un ulteriore rendimento sociale, inteso nella sua accezione di rendimento per la collettività, rappresentato da: 
a) gettito erariale (Irpef, Ires ed IRAP); 
b) gettito previdenziale (i contributi sui rapporti di lavoro), 
per non dire della contribuzione al sostegno della domanda interna rappresentato dai redditi erogati ai soci lavoratori (e conseguente ulteriore gettito derivante dalle imposte sui consumi)[141]. 
Numerose realtà sostenute da CFI (frequentemente in assenza di potenziali alternative quali, appunto, partner finanziari o industriali esterni) hanno dimostrato di poter garantire, completata la fase di risanamento, adeguati rendimenti ai propri soci finanziatori, del tutto invidiabili anche in contesti “profit”. 
Queste aziende (poco appetibili al “mercato”), sul mercato e nel mercato ritornano, producono, sviluppano fatturato ed occupazione, erogano dividendi ai propri soci finanziatori, pagano, in taluni casi, stipendi maggiori grazie all’istituto dei ristorni. 
L’intero impianto del D.Lgs. n. 14 del 2019 verte sulla messa a disposizione di strumenti finalizzati a privilegiare, partendo dalla preventiva emersione della crisi, la continuità aziendale. Significativa a riguardo la definizione di continuità aziendale data dal legislatore in relazione all’istituto del concordato preventivo già precedentemente menzionata. 
Infine, l’evoluzione del contesto imprenditoriale nella direzione di incrementare il peso specifico di tematiche globali (ambiente, strutture sociali, governance partecipate) sembrerebbe porre il sistema cooperativo in una condizione avvantaggiata rispetto alle altre strutture societarie, ciò anche nei contesti di ristrutturazione[142]. 
*** 
Ciò nonostante, le operazioni di WBO rappresentano ancora una minima parte dei veicoli che complessivamente sono utilizzati per risolvere contesti di criticità, il più delle volte attuati solo perché non vi è stata la possibilità di utilizzare strutture più “classiche”. 
Nonostante le specifiche agevolazioni destinate alle operazioni di WBO dalla normativa speciale, le stesse soffrono, endemicamente, della sindrome da “second best”. 
Secondo il rapporto “Business Dynamics” e CECOP-CICOPA[143] (in Vieta, Depedri, Carrano, EURICSE, 2017), “gli ostacoli specifici a una diffusione più capillare dei trasferimenti di imprese da parte di lavoratori e imprenditori in tutta Europa includono: una mancanza di “consapevolezza” del quadro normativo già esistente “favorevole al trasferimento”, scarsità di “monitoraggio sistematico dei trasferimenti d'impresa”, carenza di sistemi di supporto sufficientemente adeguati per creare consapevolezza sui trasferimenti d'impresa, “tabù della transizione” tra imprenditori e lavoratori, “complessità procedurale” e “ostacoli legali e fiscali”” (CECOP-CICOPA, 2013, p. 9[144]). 
Il Parlamento Europeo, con la propria Risoluzione 2 luglio 2013 (2012/2321) ha così osservato: “Il Parlamento europeo […] 28. osserva che molto spesso il problema riscontrato nei trasferimenti di imprese ai dipendenti non riguarda solo la durata dei relativi iter ma anche e soprattutto la scarsa conoscenza di tale scenario aziendale tra i professionisti del settore (per esempio avvocati e commercialisti) e nel mondo legale e scolastico; sottolinea che la formazione e la sensibilizzazione di tutti gli attori coinvolti nella creazione o nel trasferimento della proprietà delle imprese ai dipendenti contribuirebbero in modo significativo alla promozione di tale pratica; raccomanda pertanto che la forma cooperativa d'impresa sia definitivamente ricompresa nei curriculum delle università e delle scuole di management”. 
Permangono, quindi, plurime criticità che impediscono alle operazioni di WBO di marcare le proprie specificità ed inserirsi in misura più incisiva nei contesti di risanamento. 
Circa il 33 percento delle analisi Swot eseguite da CFI nell’ambito delle proprie istruttorie evidenzia un “rischio WBO”. Si tratta del rischio connesso alla difficoltà di accompagnare i lavoratori in un percorso di autoimprenditorialità, correlato alla necessità di assumere impegni economici, gestionali, nonché ad acquisire, nel tempo, ulteriori competenze gestionali ed amministrative. Non a caso, sempre nell’ambito delle menzionate analisi Swot, CFI ha rilevato preventivamente su circa un terzo delle operazioni analizzate elementi di debolezza negli assetti amministrativi, solo per meno della metà supportati da competenze tecniche di Temporary Manager (per lo più provenienti da esperienze gestionali nell’ambito della struttura associativa di riferimento). Tali problematiche si sommano a quelle che, di consueto, qualunque advisor si trova a dover affrontare negli ordinari processi di ristrutturazione aziendale. 
Nel contempo il processo di autoimprenditorialità porta con sé la valorizzazione del gruppo; tra i principali punti di forza vi sono la motivazione e coesione dei soci nonché la loro esperienza e know how
Come autorevoli autori hanno sottolineato[145], “le operazioni di WBO restano, in ogni caso, un fenomeno circoscritto alle realtà imprenditoriali di piccole dimensioni e con alcune rigidità della forma cooperativa che lo rendono molto efficace in alcune circostanze e molto meno in altre (forte insediamento sul territorio, presenza del rapporto mutualistico con i soci cooperatori, stretta partecipazione dei soci cooperatori e quindi maggiore complessità dei processi decisionali e di governance)”. Gli stessi autori ritengono che per sostenere e sviluppare le operazioni di WBO, anche al fine di sottrarle al confine nel quale si ritiene siano oggi relegate, è necessario operare profondi interventi sulla governance cooperativa, anche coinvolgendo le organizzazioni di rappresentanza e le istituzioni governative deputate a seguire le politiche industriali nonché, non ultime per importanza, le istituzioni locali. 
L’Accordo del 21 gennaio 2021 sottoscritto tra le associazioni datoriali e le organizzazioni sindacali dei lavoratori “per la promozione e lo sviluppo dei workers buyout” stenta, in molteplici territori, ad esplicare i suoi auspicati benefici effetti, riscontrandosi ancora in diversi casi una non conoscenza (e in certi contesti addirittura riottosità) dei rappresentanti sindacali locali nel promuovere (o quanto meno sondare) tali opportunità di risanamento anche di fronte a situazioni di crisi che, non risolte secondo “canali ordinari”, sono inesorabilmente destinate a definitive procedure liquidatorie. Tale condizione acuisce le problematiche relazionali con e tra i lavoratori, che frequentemente giungono ad affrontare il tema di una possibile operazione di WBO al termine di lunghi (ed alle volte estenuanti) percorsi di ristrutturazione, sfiduciati e, spesso, diffidenti. 
Il rilevante ruolo del sistema associativo a supporto di tali operazioni non deve dunque lasciare sottotraccia la necessità di implementare sempre e più elevate competenze tecniche nell’ambito della ristrutturazione di impresa, da coniugare con le già presenti competenze specialistiche in ordine al funzionamento dello strumento cooperativo, rinnovando e promuovendo collaborazioni con il mondo professionale ed accademico. 
Nel contempo sarebbe auspicabile un intervento di adeguato coordinamento normativo, anche al fine di consentire a CFI di poter impiegare le risorse della Legge Marcora nell’ambito di operazioni di risanamento più articolate, financo finanziando l’acquisto di crediti per sostenere la presentazione di proposte concorrenti ex art. 90 CCII, strumento giuridico nella prassi ancora molto poco utilizzato ma che potrebbe rappresentare un adeguato veicolo per “trasformare” i concordati subiti dai lavoratori in concordati promossi dai lavoratori. 
Il nuovo CCII rappresenta, in tal senso, una opportunità di rilancio delle operazioni di WBO, consentendo, verificate le necessarie condizioni, di rendere disponibile una ulteriore e valida opportunità di risanamento, “socialmente orientata” e capace, quindi, di fare propri, secondo un processo naturale e fisiologico, anche i nuovi paradigmi che si è soliti riassumere nei parametri ESG. 
Divulgare la conoscenza di tali specifici strumenti di risanamento nell’ambito professionale ed accademico, pur caratterizzati da peculiari problematicità, potrebbe quindi contribuire concretamente a rimettere sul mercato aziende destinate all’oblio per la sola incapacità di poter garantire repentini ed adeguati rendimenti di mercato meramente finanziari, pur essendo dette aziende a tutti gli effetti ristrutturabili ed in grado di garantire adeguati tassi di rendimento socio-economici.

Note:

[1] 
Lo schema di decreto legislativo recante disposizioni modificative ed integrative del D.Lgs. n. 14 del 2019, è stato approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 10 giugno 2024 in forza dell’art. 1, Legge 8 marzo 2019 n. 20 ed è stato “bollinato” dalla Ragioneria Generale dello Stato l’11 luglio 2024. Lo scorso 4 settembre 2024 il Consiglio dei Ministri, acquisiti i pareri espressi dalle competenti commissioni parlamentari e della sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato, ha approvato, in esame definitivo, il decreto. Il Decreto Legislativo 13 settembre 2024, n. 136 (di seguito il Decreto Correttivo) è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 227 del 27 settembre 2024.
[2] 
Il presente contributo non tratterà, quindi, delle specifiche disposizioni normative emanate a supporto delle operazioni di passaggio generazionale. Trattasi della Legge 30 dicembre 2020 n. 178 i cui commi da 270 a 273 hanno introdotto alcune disposizioni volte ad agevolare, mediante il veicolo cooperativo, i passaggi di imprese a favore di società cooperative costituite dai lavoratori di dette imprese che rispettino il requisito dimensionale di Piccole Imprese, consentendo l’utilizzo del Fondo per la crescita sostenibile per la concessione di finanziamenti a sostegno di tali operazioni, nonché prevedendo: 
a) la detassazione del TFR dei lavoratori destinato alla sottoscrizione di capitale sociale delle sopracitate cooperative; 
b) l’esenzione dall’imposta di donazione e successione in capo al dante causa; 
in materia di imposte dirette, specifici regimi fiscali in capo al dante causa a seconda che l’operazione sia attuata a titolo oneroso o a titolo gratuito. 
[3] 
E. Pagani, Il workers buyout quale possibile strumento di risoluzione della crisi della piccola e media impresa italiana, in Crisi d’Impresa e Insolvenza, 1 ottobre 2020, p. 5.
[4] 
S. Pacchi, Una possibile alternativa per la continuità indiretta: l’acquisto dell’azienda da parte dei lavoratori, in Ristrutturazioni Aziendali, 30 giugno 2021, p. 9.
[5] 
Senza pretesa di esaustività degli interventi dottrinali in materia è possibile citare i seguenti autorevoli interventi. 
Secondo un recente studio edito da Euricse (M. Vieta, S. Depedri, A. Carrano, The Italian road to recuperating enterprises and the Legge Marcora Framework, in EURICSE – European Research Institute on Cooperative and Social Enterprises, Research Report n. 015/17, 2017), un WBO “è un’acquisizione o un salvataggio di un’impresa convenzionale da parte dei dipendenti che vi hanno lavorato”. Lo studio individua nel termine WBO una ristrutturazione aziendale, un salvataggio o un processo di conversione, in forza del quale i dipendenti acquistano la proprietà dell’intera azienda o parte di essa. 
Altri autori si sono cimentati in ulteriori tentativi definitori dei WBO, comunque riconducibili alla possibile definizione sopra prospettata (G. Di Cecco, Il diritto di “prelazione” previsto dalla disciplina italiana del ‘workers buyout’ a favore delle cooperative costituite dai lavoratori delle imprese in crisi, in Il Fallimento, 6/2016, pp. 633-648 – P. Rausei, Workers buy out, in Diritto & Pratica del Lavoro, 13/2021, p. 771 – D. Vedani, Workers buyout: crisi aziendali e agevolazioni, in Diritto & Pratica del Lavoro, 31/2023, pp. 1953-1960 – F. Rotondi, Promozione del Workers’buyout, in Diritto & Pratica del Lavoro, 8/2023, pp. 485-489).
In un recente studio di Italia Lavoro (ITALIA LAVORO - Staff Studi e Analisi Statistica, Workers buyout un fenomeno in crescita, 26 febbraio 2016) i WBO sono stati definiti come “l’acquisizione di un’impresa convenzionale da parte dei dipendenti, in base alla quale questi acquistano la proprietà dell’intera azienda o di una parte di essa, con la conseguente costituzione di una cooperativa”.
Il fenomeno è stato altresì definito (S. Monni, G. Novelli, L. Pera, A. Realini, Workers’ buyout: definizioni e caratteristiche, in P. Demartini - S. Monni, Workers’ buyout Corporate Governance e sistemi di controllo, Roma, TrE-Press, 2017, pp. 8-15) come “un’operazione di Mergers & Acquisition (M&A) e fa riferimento all’operazione di acquisizione del capitale di un’impresa da parte dei dipendenti della stessa (Cataudella, 2016: 437), prevedendo «un fenomeno di ristrutturazione aziendale o di riconversione in cui i lavoratori acquistano una quota di maggioranza dell’impresa che li impiega, o di una divisione o di una sussidiaria, e presenta spesso la partecipazione attiva dei lavoratori nella gestione dell’azienda» ”.
[6] 
Come condivisibilmente commentato da autorevole dottrina, fermo il primario principio della tutela dell’interesse dei creditori, “la disposizione (in sintonia con l’art. 4, par. 1, della direttiva UE 2019/1023, ove si attribuisce ai quadri di ristrutturazione preventiva lo scopo di «tutelare i posti di lavoro e preservare l’attività imprenditoriale») è volta a salvaguardare i livelli occupazionali – nella cornice della tutela del lavoro, ex art. 35 Cost., e della protezione dell’utilità sociale come limite alla libertà di iniziativa economica privata ex art. 41 Cost. (in questo senso v. Ambrosini, Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 1.6.2022, 9s.) – nei limiti della compatibilità con il contenuto del piano e con la sua sostenibilità sotto il profilo economico e finanziario” (A. Audino, sub Art. 84 CCII, in AA.VV. Commentario breve alle Leggi sulla Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, a cura di A. Maffei Alberti - Settima Edizione, WOLTERS KLUWER CEDAM, Milano, 2023, Par. VIII – punto 14). In tal senso il piano deve assolvere, ex art. 87, comma 1, lett. o), a specifici obblighi informativi in ordine agli effetti del piano medesimo sui rapporti di lavoro.
[7] 
E. Pagani, op. cit., p. 12. 
[8] 
Il D.M. 4 aprile 2001 ha subito due distinte integrazioni per effetto del D.M. 16 aprile 2003 e del D.M. 13 dicembre 2005. 
[9] 
In sintesi: 
a) art. 90 D.L. 24 gennaio 2012 n. 1 (convertito in Legge 24 marzo 2012 n. 27). Con tale disposizione i privilegi su beni immobili, impianti, macchinari e utensili della cooperativa vennero estesi ai finanziamenti erogati dalle società finanziarie “Marcora”; 
b) art. 31 D.L. 22 giugno 2012 n. 83 (convertito in Legge 7 agosto 2012 n. 134). La norma dispose il trasferimento dei fondi “ex Foncooper” alle società finanziarie “Marcora”; 
c) art. 23 D.L. 18 ottobre 2012 n. 179 (convertito in Legge 17 dicembre 2012 n. 221). La norma ha disposto alcune modifiche dell’articolo 17 della Legge n. 49 del 1985. In particolare, venne prevista la possibilità per le finanziarie “Marcora” di assumere partecipazioni temporanee anche in più soluzioni e sottoscrivere, successivamente all’assunzione di dette partecipazioni, gli strumenti finanziari di cui all’art. 2526 c.c.; 
d) art. 11, comma 1, D.L. 23 dicembre 2013 n. 145 (convertito in Legge 21 febbraio 2014 n. 9). Il comma 1 estese ai finanziamenti erogati dalle finanziarie Marcora le specifiche agevolazioni tributarie in materia di imposta sostitutiva sui finanziamenti di cui all’art. 19, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601. Con il comma 3 bis, introdotto in sede di conversione, venne emanata una norma di interpretazione autentica in ordine all’applicabilità, alle cooperative alle quali risultano applicabili, in quanto compatibili, le disposizioni in materia di Società a Responsabilità Limitata, delle disposizioni ex art. 2526 c.c. in materia di strumenti finanziari; 
e) art. 15 bis D.L. 12 settembre 2014 n. 133 (convertito in Legge 11 novembre 2014 n. 164). La norma dispose l’esclusione dal privilegio ex art. 4, comma 1, Legge n. 49 del 1985 dei beni immobili confiscati alla criminalità organizzata concessi a favore delle cooperative ai sensi del codice delle leggi antimafia (D.Lgs. 6 settembre 2011 n. 159). 
f) Decreto del Ministro dello sviluppo economico del 4 dicembre 2014. Tale decreto (poi sostituito dal tutt’ora vigente D.M. del 4 gennaio 2021, illustrato nel paragrafo) istituiva un regime di aiuto a favore delle cooperative rappresentato da un finanziamento a tasso agevolato; 
g) art. 1, comma 75, Legge 11 dicembre 2016 n. 232. Con tale intervento normativo venne ulteriormente integrato l’art. 17 della Legge n. 49 del 1985. Oltre ad una miglior precisazione del contesto di intervento delle finanziarie Marcora, venne introdotto, in particolare, lo strumento del prestito subordinato. Si diede inoltre conferma della legittimità della partecipazione delle società finanziarie Marcora anche nelle società cooperative con meno di nove soci. Con il comma 74 del medesimo articolo vennero disposte nuove risorse da destinare alle misure disciplinate dal D.M. 4 dicembre 2014; 
h) art. 13 ter D.L. 3 settembre 2019 n. 101. Tale norma dispose nuove risorse da destinare alle misure disciplinate dal D.M. 4 dicembre 2014; 
i) art. 1 Legge 30 dicembre 2020 n. 178. Con i commi 259 e 260 il Legislatore ha affidato alle società finanziarie Marcora l’attività di assistenza e consulenza nella costituzione di cooperative nell’ambito di contesti di crisi o passaggio generazionale. Nel contempo con il comma 261 vennero disposte nuove risorse da destinare alle misure disciplinate dal D.M. 4 dicembre 2014. Con il comma 262 vennero infine apportate ulteriori integrazioni e modifiche all’articolo 17 della Legge n. 49 del 1985, consentendo alle società finanziarie Marcora: 
a. di svolgere attività di servizi e di promozione ed essere destinatarie di fondi pubblici; 
b. di essere destinatarie di fondi anche regionali, oltre che svolgere attività di promozione e gestione di fondi affidati da amministrazioni pubbliche con la finalità di sostenere l’occupazione mediante la costituzione e lo sviluppo di imprese cooperative di lavoro e sociali. 
[10] 
Le cooperative sociali sono disciplinate dalla Legge 8 novembre 1991 n. 381. Trattasi di una particolare tipologia di società cooperativa, caratterizzata dalla specificità dell’oggetto sociale (gestione di servizi sanitari, sociosanitari, educativi nonché tutti gli altri servizi disciplinati dall’art. 1, comma 1, lett. a) della predetta Legge), ovvero dalla specificità dei lavoratori impiegati (allorquando, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. b) della Legge n. 381 del 1991 la cooperativa si occupi di inserimento nel mercato del lavoro di persone svantaggiate). Le cooperative sociali sono imprese sociali di diritto ex art. 1, comma 4, D.Lgs. 3 luglio 2017 n. 112.
[11] 
Si tratta di cooperative nelle quali lo scambio mutualistico si sostanzia nel rapporto di lavoro, iscritte nella specifica sezione dell’Albo delle Cooperative a Mutualità Prevalente istituito dall’allora Ministero dello Sviluppo Economico con D.M. del 23 giugno 2004.
[12] 
Art. 111 octies Disp. Att. c.c. “Sono investitori istituzionali destinati alle società cooperative quelli costituiti ai sensi della legge 25 febbraio 1985 n. 49, i fondi mutualistici e i fondi pensione costituiti da società cooperative”. 
Nel corso dell’esercizio 2019 Cooperazione Finanza Impresa società cooperativa (in breve CFI) ha incorporato Società Finanza Cooperazione – Società Cooperativa (Soficoop). Soficoop, fino a tale data, era l’altra società finanziaria Marcora operante. L’operazione di fusione, avallata dal Ministero dello Sviluppo Economico (azionista di riferimento di entrambe le società), ha trovato le sue motivazioni nel rallentamento dell’attività di Soficoop nel triennio 2016-2018, con l’emergere di perdite di esercizio connesse sia ai costi di funzionamento che agli effetti sul conto economico del deterioramento delle società partecipate. Ad oggi, quindi, CFI è l’unica finanziaria operante su tutto il territorio nazionale ai sensi della Legge n. 49/1985. 
[13] 
CFI, in ragione delle specifiche disposizioni legislative cui è sottoposta, è “strumento finalizzato al perseguimento di una specifica missione di interesse pubblico” (Decreto Ministro dello Sviluppo Economico 20.12.2019) e rientra tra i “soggetti che esercitano l’attività di concessione di finanziamenti in base a speciali disposizioni di legge dello Stato e sono sottoposti a forme di controllo sull’attività svolta, da parte di enti dell'amministrazione centrale dello Stato o di enti pubblici territoriali, non limitate a profili di legittimità, ma estese alla efficacia, coerenza ed economicità della gestione” 
Nell’ambito del panorama delle società a partecipazione pubblica, CFI rientra nelle previsioni di cui all’art. 1, comma 4 del D.Lgs. n. 175/2016, in quanto società a partecipazione pubblica di diritto singolare costituita per l’esercizio della gestione di servizi di interesse generale o di interesse economico generale o per il perseguimento di una specifica missione di pubblico interesse (fonte www.cfi.it – scheda informativa). 
[14] 
“Art. 2522. (Numero dei soci). 
Per costituire una società cooperativa è necessario che i soci siano almeno nove. 
Può essere costituita una società cooperativa da almeno tre soci quando i medesimi sono persone fisiche e la società adotta le norme della società a responsabilità limitata; nel caso di attività agricola possono essere soci anche le società semplici.
Se successivamente alla costituzione il numero dei soci diviene inferiore a quello stabilito nei precedenti commi, esso deve essere integrato nel termine massimo di un anno, trascorso il quale la società si scioglie e deve essere posta in liquidazione.
La legge determina il numero minimo di soci necessario per la costituzione di particolari categorie di cooperative.”
[15] 
Benché datato, il Decreto anticipava temi rilevanti inerenti alla verifica di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili. CFI è chiamata, difatti, ad attente valutazioni in ordine all’esistenza non già e non soltanto di requisiti di fattibilità economico-finanziaria dell’iniziativa quanto (se non in primis) di natura organizzativa. Si tratta a ben vedere di corrette indicazioni della legislazione di secondo livello del 2001 quanto mai attuali nel contesto, anche normativo, odierno. Pari rilevanza sul tema degli adeguati assetti è rinvenibile anche nella successiva lettera e) con riferimento alle attività di controllo periodiche spettanti a CFI.
[16] 
CFI può, quindi, avvalersi di strumenti di erogazione dei sostegni finanziari deliberati quali mutui, certificati di investimento, obbligazioni, prestiti partecipativi, fideiussioni, locazioni finanziarie, anticipazioni a breve termine, garanzie per finanziamenti bancari. 
[17] 
Art. 4, commi 5 e 6, D.M. 4 aprile 2001. Di tutta evidenza la constatazione che, in caso di avvio di una iniziativa di WBO, la neocostituita cooperativa potrà contare su un patrimonio netto costituito esclusivamente dal capitale sociale sottoscritto dai soci (compresi eventuali altri soci sovventori ex art. 4, comma 6, D.M. 4 aprile 2001), di tal che l’intervento massimo di CFI dovrà essere commisurato a tale importo.
[18] 
Piace sottolineare come l’esperienza della Legge Marcora sia stata di stimolo per la parlamentare laburista Christina Rees per l’elaborazione nel Regno Unito di una normativa che tragga ispirazione proprio dall’esperienza italiana. https://hansard.parliament.uk/Commons/2021-09-08/debates/A0279EAC-F842
[19] 
Decreto integrato con successivo Decreto direttoriale del 24 gennaio 2022 con riferimento al testo degli allegati 2, 5 e 6.
[20] 
Le cooperative non accedono ai benefici nel caso in cui: 
- abbiano ricevuto e non rimborsato o depositato in un conto bloccato gli aiuti individuati quali illegali o incompatibili dalla Commissione Europea; 
- siano destinatarie di provvedimenti di revoca, parziale o totale, di agevolazioni concesse dal Ministero e che non abbiano restituito tali agevolazioni; 
- siano incorse nell’applicazione della sanzione interdittiva di cui all’art. 9, comma 2, lett. d) del D.Lgs. 8 giugno 2001 n. 231 (art. 2, comma 3, lett. a) Decreto Direttoriale 31 marzo 2021);
- i propri legali rappresentanti o amministratori siano stati condannati per reati che costituiscono motivo di esclusione da una procedura di appalto o concessione ai sensi della normativa in materia di contratti pubblici (art. 2, comma 3, lett. b) Decreto Direttoriale 31 marzo 2021).
[21] 
R. Friscolanti, B. Pagamici, Cooperative: in vigore la versione aggiornata della nuova “Marcora”, in Cooperative e Enti Non Profit, 5/2021, pp. 13-20. 
[22] 
Art. 24, comma 33, Legge 27 dicembre 1997 n. 449. Il diritto alla ripetizione costituisce credito privilegiato e prevale su ogni altro titolo di prelazione da qualsiasi causa derivante ad eccezione del privilegio per spese di giustizia e di quelli previsti dall'articolo 2751 bis del Codice civile, fatti salvi i precedenti diritti di prelazione spettanti a terzi. La costituzione e l'efficacia del privilegio non sono subordinate né al consenso delle parti né a forme di pubblicità.
[23] 
L’art. 48 del D.Lgs. 6 settembre 2011 n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136) disciplina la destinazione dei beni e delle somme. Il comma 8 disciplina la destinazione dei beni aziendali: “8. I beni aziendali sono mantenuti al patrimonio dello Stato e destinati, con provvedimento dell'Agenzia che ne disciplina le modalità operative: 
a) all'affitto, quando vi siano fondate prospettive di continuazione o di ripresa dell'attività produttiva, a titolo oneroso, a società e ad imprese pubbliche o private, ovvero in comodato, senza oneri a carico dello Stato, a cooperative di lavoratori dipendenti dell'impresa confiscata. Nella scelta dell'affittuario o del comodatario sono privilegiate le soluzioni che garantiscono il mantenimento dei livelli occupazionali […]”. 
Il D.M. 4 novembre 2016 disciplina i “Criteri e modalità per la concessione di agevolazioni alle imprese confiscate o sequestrate alla criminalità organizzata, alle imprese acquirenti o affittuarie di imprese sequestrate o confiscate e alle cooperative assegnatarie o affittuarie di beni confiscati”. 
[24] 
Si riporta il testo della disposizione normativa. 
“Art. 8. Incentivo all'autoimprenditorialità 
1. Il lavoratore avente diritto alla corresponsione della NASpI può richiedere la liquidazione anticipata, in unica soluzione, dell'importo complessivo del trattamento che gli spetta e che non gli è stato ancora erogato, a titolo di incentivo all'avvio di un'attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o per la sottoscrizione di una quota di capitale sociale di una cooperativa nella quale il rapporto mutualistico ha ad oggetto la prestazione di attività lavorative da parte del socio. 
2. L'erogazione anticipata in un'unica soluzione della NASpI non dà diritto alla contribuzione figurativa, né all'Assegno per il nucleo familiare 
3. Il lavoratore che intende avvalersi della liquidazione in un'unica soluzione della NASpI deve presentare all'INPS, a pena di decadenza, domanda di anticipazione in via telematica entro trenta giorni dalla data di inizio dell'attività lavorativa autonoma o di impresa individuale o dalla data di sottoscrizione di una quota di capitale sociale della cooperativa 
4. Il lavoratore che instaura un rapporto di lavoro subordinato prima della scadenza del periodo per cui è riconosciuta la liquidazione anticipata della NASpI è tenuto a restituire per intero l'anticipazione ottenuta, salvo il caso in cui il rapporto di lavoro subordinato sia instaurato con la cooperativa della quale il lavoratore ha sottoscritto una quota di capitale sociale”. 
La Corte Costituzionale, con sentenza 10 aprile - 20 maggio 2024, n. 90 (in G.U. 1ª s.s. 22/05/2024, n. 21), ha dichiarato “l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, comma 4, del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22 (Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183), nella parte in cui non limita l'obbligo restitutorio dell'anticipazione della Nuova assicurazione sociale per l'impiego (NASpI) nella misura corrispondente alla durata del periodo di lavoro subordinato, quando il lavoratore non possa proseguire, per causa sopravvenuta a lui non imputabile, l'attività di impresa per la quale l'anticipazione gli è stata erogata”. 
[25] 
Precisa a riguardo la Circolare INPS n. 95 del 12 maggio 2015, paragrafo 2.2: 
“La NASpI è riconosciuta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che presentino congiuntamente i seguenti requisiti: 
a) siano in stato di disoccupazione ai sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera c) del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181 e successive modificazioni; 
b) possano far valere, nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione, almeno tredici settimane di contribuzione contro la disoccupazione; 
c) possano far valere trenta giornate di lavoro effettivo, a prescindere dal minimale contributivo, nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione 
Lo stato di disoccupazione deve essere involontario. Sono esclusi, pertanto, i lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato a seguito di dimissioni o di risoluzione consensuale. 
In merito si chiarisce che la NASpI è riconosciuta in caso di dimissioni che avvengano: 
1. per giusta causa secondo quanto indicato, a titolo esemplificativo, dalla circolare n. 163 del 20 ottobre 2003 qualora motivate: 
- dal mancato pagamento della retribuzione; 
- dall'aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro; 
- dalle modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative; 
- dal c.d. mobbing;
- dalle notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione ad altre persone (fisiche o giuridiche) dell’azienda (art.2112 co.4 Codice civile);
- dallo spostamento del lavoratore da una sede ad un’altra, senza che sussistano le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” previste dall’art. 2103 Codice civile;
- dal comportamento ingiurioso posto in essere dal superiore gerarchico nei confronti del dipendente. 
2. durante il periodo tutelato di maternità ex art. 55 del D.Lgs. n. 151 del 2001 (da 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del figlio).
Per quanto attiene alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro si precisa che essa non è ostativa al riconoscimento della prestazione qualora sia intervenuta nell’ambito della procedura di conciliazione da tenersi presso la Direzione Territoriale del Lavoro secondo le modalità previste all’art. 7 della legge 92 del 2012”.
[26] 
Liquidazione giudiziale, concordato preventivo, amministrazione straordinaria, liquidazione coatta amministrativa, ex art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2013.
[27] 
Si rinvia ai successivi paragrafi per una trattazione organica delle disposizioni contenute nel D.L. n. 145 del 2013 destinate alle operazioni di WBO.
[28] 
Il Provvedimento prevede a carico del lavoratore l’obbligo di allegare alla richiesta di anticipazione NASpI i seguenti documenti:
˗ attestazione di avvenuta iscrizione della cooperativa nel registro delle imprese presso la Camera di Commercio competente per territorio, nonché nell’Albo nazionale delle società cooperative gestito dalle Camere di Commercio unitamente all’indicazione degli estremi per la successiva verifica; 
˗ stralcio dall’elenco dei soci corredato da una dichiarazione del Presidente della cooperativa attestante l’avvenuta iscrizione dell’interessato e l’attività allo stesso assegnata; 
˗ dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà di cui all’articolo 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, in cui il richiedente dichiara di destinare l’intero importo percepito al capitale sociale della cooperativa interessata entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno di imposta in cui è stata percepita la prestazione, stabilito dall’articolo 2 del Decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322. 
[29] 
L’incentivo all’autoimprenditorialità rappresenta una rilevante agevolazione a sostegno delle operazioni di WBO: difatti i soci lavoratori della cooperativa, incassato l’incentivo da destinare alla capitalizzazione della società cooperativa, instaurano un regolare rapporto di lavoro con la stessa dal quale consegue la corresponsione a loro favore di un ordinario reddito anche nel lasso temporale che sarebbe stato coperto dalla NASpI in caso di cessazione involontaria del rapporto di lavoro. Al termine dell’attività lavorativa (e comunque non prima che sia decorso il termine della durata che avrebbe avuto il trattamento NASpI nel caso in cui non fosse stato anticipato) il socio lavoratore, nel cessare il rapporto mutualistico di lavoro, cesserà altresì quello associativo. Fatto salvo l’obbligo di copertura di eventuali perdite nel mentre maturate dalla società cooperativa, il socio lavoratore che eserciterà il diritto di recesso avrà diritto alla restituzione del capitale sociale, ovvero del trattamento NASpI a suo tempo incassato.
[30] 
Il Decreto Legge n. 145/2013 è stato convertito con la Legge 21 febbraio 2014 n. 9. 
[31] 
R.D. 16 marzo 1942, n. 267.
[32] 
G. Di Cecco, op. cit.
[33] 
L’Autore, in sostanza, partendo dall’assunto che l’anticipazione NASpI (già anticipazione del trattamento di mobilità) è un diritto derivante dalla cessazione del rapporto di lavoro, e stante il collegamento tra le disposizioni di cui al comma 2 e al comma 3 dell’articolo 11, D.L. n. 145 del 2013, fa conseguire la non operatività della “prelazione” ogni qual volta esiste una alternativa alla risoluzione dei rapporti di lavoro in quanto presente un soggetto terzo offerente.
[34] 
E. Pagani, op. cit., p. 16 e seguenti. 
[35] 
Obiettivi, questi, che risultano già perseguiti espressamente dal Legislatore ordinario sia nella precedente Legge Fallimentare che nell’odierno CCII. 
[36] 
E. Pagani, op. cit., p. 17, espressamente richiama gli articolo 45, 46 e 47 della Costituzione. La stessa Relazione Illustrativa richiama l’articolo 46 della Costituzione. 
[37] 
E. Pagani, op. cit., p. 20. 
[38] 
Sulla compatibilità tra prelazione e vendite competitive in ambito concorsuale vedasi Trib. Bolzano, 9 maggio 2018, in Dirittodellacrisi.it, p. 8: “Peraltro, ad opinione di questo Tribunale, la prelazione non parrebbe essere, in linea di principio, incompatibile con il sistema delle vendite coattive [quali quelle eseguite in ambito concorsuale, N.d.R.], posto che si sostanzia in un diritto che il prelazionario eserciterà a parità di condizioni rispetto agli offerenti in competizione. Tale meccanismo salvaguarderebbe certamente il prelazionario, ma ciò comunque nel pieno rispetto del meccanismo pubblicistico della vendita competitiva in una procedura concorsuale, che non pregiudica affatto l’opportunità di liquidare nel migliore dei modi il patrimonio fallimentare o concordatario, né attribuirebbe ingiustificati vantaggi al prelazionari in luogo di terzi o a terzi in luogo del prelazionario, né, infine: comprometterebbe il principio della par condicio creditorum. Pertanto, si ritiene che il diritto di prelazione sia compatibile con la procedura di vendite competitiva concorsuale, laddove il bene oggetto del diritto di prelazione coincida pienamente con il bene oggetto di trasferimento”. 
[39] 
Rotondi F., op. cit.
[40] 
B. Baessato, sub Art. 212 CCII, in AA.VV. Commentario breve alle Leggi sulla Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, a cura di A. Maffei Alberti - Settima Edizione, WOLTERS KLUWER CEDAM, Milano, 2023, p. 1642, nel richiamare la Relazione accompagnatoria al CCII, sottolinea come la disposizione concretizzi l’intento del legislatore di incentivare l’affittuario ad effettuare investimenti nell’azienda “al fine di una più agevole ricollocazione nel mercato”, pur ammettendo come la clausola di prelazione convenzionale possa avere “l’effetto, per converso, di disincentivare la partecipazione di terzi soggetti alla gara o all’asta per l’acquisto dell’azienda”.
[41] 
Pagani E., op. cit., p. 19. 
[42] 
La citata autorevole dottrina richiama, tra l’altro, il decreto del Tribunale di Milano del 3 ottobre 2019, presidente relatore dott.ssa Paluchowski di ammissione del concordato preventivo della Spotlight S.r.l., successivamente omologato, che ha previsto la cessione dell’azienda in esercizio a una società cooperativa appositamente costituita da alcuni lavoratori dell’azienda in concordato previa pubblicazione dell’invito a manifestare interesse all’acquisto ed autorizzando (scaduto il termine senza alcuna manifestazione) la predetta cessione antecedentemente all’omologazione del concordato medesimo. Tale operazione (per il cui perfezionamento l’Autore è stato coinvolto dal team di Advisor per curare l’operazione di WBO) è stata direttamente sostenuta da CFI e da Fondosviluppo SPA (il fondo mutualistico promosso da Confcooperative). In tale contesto CFI e Fondosviluppo hanno potuto contribuire (essendo stati attivati tempestivamente) al positivo esito dell’operazione avendo assunto specifiche delibere in ordine all’impegno alla capitalizzazione ed al finanziamento della cooperativa subordinate al buon esito dell’acquisizione. Nel Decreto di apertura della procedura di concordato l’allora sezione Fallimentare del Tribunale di Milano evidenziava come la società ricorrente avesse “basato la propria proposta di concordato su un piano con continuità aziendale indiretta mediante workers buy-out” sottolineando come “La cooperativa potrà sostenere gli oneri concordatari grazie alla disponibilità di Cooperazione Finanza Impresa soc. coop. per azioni ad assumere una partecipazione di Euro [omissis] nel capitale della stessa ed a sostenere il progetto di start up cooperativo tramite un ulteriore intervento per un massimo di Euro [omissis]. Parimenti, parteciperà al capitale di rischio la Fondo Sviluppo s.p.a. mediante un contributo di Euro [omissis]. In proposito, la società ha prodotto all’udienza del [omissis] le lettere dei predetti investitori attinenti all’assunzione delle delibere a conferma dell’impegno descritto all’interno della proposta di concordato”.
[43] 
Il Tribunale Amministrativo, dopo aver verificato la propria competenza, afferma che “Secondo un approccio ermeneutico di tipo logico sistematico, scopo della prelazione non pare soltanto quello di garantire i livelli occupazionali, già ampiamente tutelati dagli accordi sindacali e da altre disposizioni della stessa lex specialis (art. 5), bensì il subentro dei dipendenti della società in crisi nella gestione imprenditoriale per il tramite di una cooperativa ad hoc quale peculiare strumento per il superamento della crisi, trovando all’uopo un riferimento negli stessi artt. 1, 2 (solidarietà), 45 (funzione sociale della cooperazione) e 46 (cogestione dei lavoratori nelle aziende) della Costituzione. […] Scopo della peculiare fattispecie di prelazione legale per cui è causa va dunque individuato soprattutto nella gestione dell’impresa in crisi da parte degli stessi lavoratori dipendenti, valorizzandosi la stessa funzione sociale della cooperazione, oltre che il principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118 Cost.”. 
[44] 
F. Lamanna, La prelazione a favore delle cooperative di ex dipendenti, in ilfallimentarista.it, 09.06.2017, e, in senso conforme, E. Pagani, op. cit. 
[45] 
In altri termini si arriverebbe alla (non voluta dal Legislatore) conclusione che il diritto di prelazione spetterebbe ad una cooperativa costituita da soci lavoratori dell’azienda in crisi anche se, alla data di esercizio della prelazione medesima, nessuno di essi è più socio della cooperativa medesima.
[46] 
F. Lamanna, op. cit.
[47] 
Si pensi, ad esempio, ad una liquidazione giudiziale con esercizio provvisorio, ed alla necessità di assumere figure tecniche/professionali al fine di mantenere l’operatività ed il valore aziendale proprio in vista della cessione.
[48] 
A. Rocchi, S. Bugiardi, Il Workers buy out nel mondo cooperativo: analisi e criticità della normativa in vigore, in Cooperative e dintorni, 10/2018, p. 10, e, in senso conforme, E. Pagani, op. cit., p. 18.
[49] 
Né, tantomeno, si ritiene di poter condividere la tesi secondo la quale debba esserci “una totale coincidenza tra la base sociale della new coop e il gruppo di dipendenti in forza all’azienda al momento dell’apertura della procedura” (Rocchi A., Bugiardi S., 2018), ben potendo la cooperativa costituita dai lavoratori essere formata anche solo da alcuni dei lavoratori dell’impresa in crisi.
[50] 
Come evidenziato nel successivo paragrafo, la citata Relazione Illustrativa evidenzia l’intento del Legislatore di sostenere soluzioni della crisi che privilegino le cooperative costituite da lavoratori, consentendo a detti soci lavoratori (senza obbligarli) di richiedere l’incentivo all’autoimprenditorialità da destinare a capitalizzazione della cooperativa.
[51] 
F. Lamanna, op. cit.
[52] 
E. Pagani, op. cit., p. 21.
[53] 
Alla data di emanazione della norma in esame, la disposizione agevolativa era riferita all’anticipazione dell’indennità di mobilità.
[54] 
Sotto questo profilo potrebbero porsi problemi di concreta applicabilità della norma ogni qual volta l’azienda, pendente l’accesso ad uno strumento di regolazione della crisi, sia concessa in affitto ad un soggetto terzo, di tal che, formalmente, l’intera compagine lavorativa non maturerebbe il requisito di “dipendente dell’impresa sottoposta alla procedura” alla data di avvio della procedura medesima.
[55] 
Per una analisi dell’evoluzione interpretativa in ordine alla Legge n. 142 del 2001 si rinvia a A. Monzani, Il ruolo del socio lavoratore: la sua evoluzione attraverso i regolamenti Confcooperative – ICN, in AA.VV., Approfondimenti specialistici cooperativi a vent’anni dalla riforma del diritto societario, a cura di V. Marino, Cedam, Milano, 2024.
[56] 
Art. 1, comma 1, Legge n. 142 del 2001.
[57] 
Si tratta di una modalità di gestione della crisi che valorizza lo strumento cooperativo. È stato rilevato (T. Gonza, D. Ellerman, G. Berkopec, T. Žgank, T. Široka, Marcora for Europe: How Worker-Buyouts Might Help Save Jobs and Build Resilient Businesses, in European State Aid Law Quarterly, 1/2021 - https://estal.lexxion.eu/article/ESTAL/2021/1/8) come il carattere anticiclico delle imprese democratiche è correlato alla capacità di utilizzare strumenti flessibili. Nel paper citato gli autori richiamano l’esperienza della MONDRAGON CORPORATION (https://www.mondragon-corporation.com/en/) presente in Spagna, strutturata come cooperativa di secondo livello. Durante la recessione Mondragon ha redistribuito i lavoratori delle cooperative in fallimento, gestendo altresì una riduzione collettiva dei salari in rapporto alle posizioni salariali ed evitando sostanzialmente licenziamenti (https://www.theguardian.com/world/2013/mar/07/mondragon-spains-giant-cooperative). 
[58] 
Interpello n. 7/2009 del 6 febbraio 2009 – Interpello n. 48/2009 del 5 giugno 2009.
[59] 
La Corte di Cassazione (D. Vedani, op. cit.), pronunciandosi sul punto, ha confermato tali impostazioni, affermando la legittimità dell’incidenza in peius sul trattamento economico minimo, a patto che la deliberazione del “piano di crisi aziendale” contenga elementi adeguati e sufficienti tali da esplicitare l’effettività dello stato di crisi aziendale che richiede gli interventi straordinari consentiti dalla legge, la temporaneità dello stato di crisi e dei relativi interventi, uno stretto nesso di causalità tra lo stato di crisi aziendale e l’applicabilità ai soci lavoratori degli interventi in esame (Cass. civ., sent. n. 19096/2018; Cass. civ., sent. n. 19832/ 2013).
[60] 
Corte di Cassazione, sentenza 4 giugno 2019 n. 15729 (in D. Vedani, op. cit.).
[61] 
INPS, Messaggio n. 2350 del 8 giugno 2022.
[62] 
Risulta utile rimarcare come lo specifico “piano di crisi” ex art. 6 Legge n. 142 del 2001, qualora deliberato dall’assemblea dei soci, sarà applicabile esclusivamente ai soci lavoratori. Eventuali lavoratori dipendenti della cooperativa, non soci, non saranno, in tal caso, interessati dalla deliberazione assunta.
[63] 
C. Riciputi, Start up, lavoratori svantaggiati e riposi giornalieri: le risposte ministeriali, in Cooperative & Consorzi, 11/2009, pp. 37-38.
[64] 
L’Autore ha svolto, nel corso del 2023, un progetto di ricerca sui 91 WBO finanziati da CFI nelle annualità 2011-2022. I successivi richiami ai dati empirici sono da ricondurre a tale progetto.
[65] 
Parimenti tale strumentazione potrebbe trovare ulteriore sistematizzazione qualora potesse essere considerata quale complessivo apporto da parte dei soci lavoratori unitamente alla ordinaria strumentazione prevista dalla Legge Marcora (capitale sociale). Non v’è chi non veda, difatti, come ben potrebbe un lavoratore apportare alla cooperativa sia capitale monetario, sia capitale “operativo”, rappresentato da una minor valorizzazione del costo del lavoro a sostegno della fase di startup della cooperativa WBO. 
[66] 
È stato osservato da autorevole dottrina (G. Impagnatiello, sub Articolo 90 Proposte concorrenti, in AA.VV. Il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, a cura di F. Santangeli, Giuffré, Milano, 2023, p. 608) come le proposte concorrenti rappresentino “la punta più avanzata di emersione della tendenza del sistema a fare delle procedure concorsuali lo strumento per attuare un sostanziale trasferimento del controllo sull’impresa in crisi dall’imprenditore al ceto creditorio”. In senso conforme M. Aiello, Le nuove proposte e offerte concorrenti, in Quaderni di Ristrutturazioni Aziendali, 1/2024, p. 37.
[67] 
L’art. 120 bis, comma 5, CCII, prevede che “I soci che rappresentano almeno il dieci per cento del capitale sono legittimati alla presentazione di proposte concorrenti ai sensi dell'articolo 90. La domanda è sottoscritta da ciascun socio proponente”.
[68] 
A. Audino, sub Art. 90 CCII, in AA.VV. Commentario breve alle Leggi sulla Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, a cura di A. Maffei Alberti - Settima Edizione, WOLTERS KLUWER CEDAM, Milano, 2023, p. 654-655.
[69] 
A. Audino, op. cit., p. 655, il quale cita conformemente, tra gli altri, Guidotti, Crisi e insolvenza nel nuovo codice. Commento tematico ai dD.Lgs. NN 14/2019 e 83/2022, a cura di Ambrosini, Zanichelli, Bologna, 2022, p. 791.
[70] 
M.M. Aiello, La competitività nel concordato preventivo, Giappichelli, 2019, pag. 5. 
[71] 
F.M. Bartolini, Le proposte ai creditori nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Giuffré, Milano, 2023, p. 343, evidenzia che “in nome della concorrenza e della libertà di mercato si è venuti, in realtà, a comprimere l’autodeterminazione dell’imprenditore, cui spettava la scelta di affrontare i creditori con una proposta sostanzialmente transattiva dei reciproci rapporti”.
[72] 
Pressoché unanime dottrina ha confermato l’interpretazione volta a ricomprendere nel novero dei soggetti legittimati anche coloro che abbiano acquisito la posizione di creditori in un momento successivo alla presentazione della domanda di concordato preventivo da parte del debitore (su tutti N. Abriani, Sulla legittimazione alla presentazione della proposta concorrente di concordato preventivo, in Dirittodellacrisi.it, 14 giugno 2021, p. 12, A. Audino, op. cit., p. 655, F.M. Bartolini, op. cit., p. 344). In ogni caso il calcolo della percentuale dovrà tenere conto delle rettifiche eventualmente operate dal Commissario Giudiziale oltre che delle disposizioni ex art. 90, comma 2, CCII. 
[73] 
Tali percentuali, secondo quanto precisato a seguito delle modifiche introdotte dal Decreto Correttivo, devono essere garantite sull’ammontare complessivo dei crediti chirografari, con ciò risolvendo taluni dubbi interpretativi sorti in dottrina in ordine alla base di calcolo di dette percentuali. 
[74] 
Il Decreto Correttivo ha abrogato il comma 8 dell’art. 90 del CCII contenente la medesima disposizione.
[75] 
Tale adempimento risulta ulteriore rispetto a quello comunque disposto dall’art. 107, comma 3, CCII, in forza del quale il commissario giudiziale, almeno quindici giorni prima della data iniziale prevista per la votazione, illustra la sua relazione e le proposte definitive del debitore e quelle eventualmente presentate dai creditori con comunicazione inviata ai creditori, al debitore e a tutti gli altri interessati.
 “[…] il Commissario giudiziale potrebbe, in teoria, depositare anche 3 relazioni dopo quella iniziale: quelle di cui ai commi 3 e 5 dell’art. 105 CCII, qualora vi siano proposte concorrenti o modifiche apportate dal debitore o emergano fatti nuovi, oltre a quella illustrativa di cui all’art. 107, comma 3, CCII” (G.B. Nardecchia, Il voto nel concordato preventivo, in Dirittodellacrisi.it, 25 ottobre 2022, p. 8). 
[76] 
La proposta concorrente, prima di essere comunicata ai creditori, deve essere sottoposta al giudizio del tribunale ex art. 90, comma 7, CCII. Autorevole dottrina (G. Impagnatiello G., op. cit., p. 612-613, citando F. Del Rosso, G. Trisorio Liuzzi, Il concordato preventivo, in G. Trisorio Liuzzi (a cura di), Diritto della crisi d’impresa, Bari, 2023, p. 277)) rileva come il vaglio del tribunale non possa ritenersi circoscritto alla correttezza dei criteri di formazione delle classi, riguardando in vero anche l’ammissibilità e la fattibilità del piano “concorrente”. In senso conforme A. Audino, op. cit., p. 661.
[77] 
I dati emergenti da dati empirici provenienti dall’analisi delle 91 operazioni di WBO realizzate da CFI negli anni 2011 – 2022, evidenziano una tendenziale preferenza per le operazioni di acquisizione che transitino preventivamente per l’affitto d’azienda. Ben potrebbe, dunque, la proposta concorrente dei lavoratori basarsi su una operazione differente dall’immediata cessione, al fine di agevolare l’attuazione dell’operazione di WBO ed attivare l’intera “strumentazione” resa disponibile dalla speciale legislazione vigente.
[78] 
Sul punto autorevole dottrina (A. Audino, op. cit., p. 658) conferma il riferimento del Legislatore alla figura dell’assuntore, identificabile anche nello stesso creditore proponente. 
[79] 
La definizione di parti correlate è rinvenibile all’art. 2, comma 1, lett. l), CCII, che richiama il Regolamento della Consob. Trattasi del Regolamento Consob n. 17221/2010, in relazione all’applicabilità del quale autorevole dottrina (C. Avolio, sub Art. 2 CCII, in AA.VV. Commentario breve alle Leggi sulla Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, a cura di A. Maffei Alberti - Settima Edizione, WOLTERS KLUWER CEDAM, Milano, 2023, p. 35-36) evidenzia perplessità rispetto alle definizioni ivi contenute in rapporto all’esigenza, nel CCII, di individuare potenziali condizioni di conflitto di interessi.
[80] 
Il Decreto Correttivo, nel novellare l’art. 84, comma 6, conferma che “Le risorse esterne possono essere distribuite in deroga alle disposizioni di cui al primo e secondo periodo [APR e RPR, N.d.R.] del presente comma”.
[81] 
L’art. 109, comma 2, disciplina le modalità di approvazione della proposta di concordato nel caso siano poste al voto più proposte. E’ stato autorevolmente sottolineato (G. Impagnatiello, op. cit., p. 613) come il meccanismo di votazione tra differenti proposte delineato dalla citata disposizione normativa attribuisca un particolare favor ai creditori nel rapporto con il debitore, poiché i creditori possono votare sulla proposta del debitore (e, se inseriti in specifica classe ex art. 109, comma 7, CCII anche su quella dagli stessi presentata), contrariamente al debitore, paventando perplessità sotto il profilo della tenuta costituzionale di tali modalità di votazione. In ordine alle modalità pratiche di esecuzione della votazione, su tutti G.B. Nardecchia, op. cit., p. 14.
[82] 
Ai sensi dell’art. 118, comma 3, CCII, “Il debitore è tenuto a compiere ogni atto necessario a dare esecuzione alla proposta di concordato anche se presentata da uno o più creditori, qualora sia stata approvata e omologata”. L’autorevole dottrina citata (Impagnatiello, 2023, p. 609) ha sottolineato come l’effetto della votazione a favore della proposta concorrente sostanzia, secondo una visione privatistica, un “contratto a sfavore del terzo”, ovvero un accordo tra proponente e creditori con il quale si definisce la sorte del patrimonio del debitore che rimane, appunto, estraneo (e terzo) all’accordo stesso.
[84] 
La disciplina delle offerte concorrenti è altresì applicabile ex art. 91, comma 2, CCII, nel caso in cui, prima dell’apertura della procedura di concordato, il debitore abbia stipulato un contratto che produca l’effetto del trasferimento non immediato dell’azienda, un suo ramo o specifici beni. Autorevole dottrina (F.M. Bartolini, op. cit., p. 352) ha sottolineato come, contrariamente alle proposte concorrenti (che possono essere formulate solo dai creditori) le offerte concorrenti possono essere presentate da qualunque interessato. La medesima dottrina (F.M. Bartolini, op. cit., p. 351), con argomentazioni non pienamente condivisibili, ravvisa dubbi di compatibilità tra l’istituto delle offerte concorrenti ed i piani di concordato in continuità, sia diretta che indiretta.
[85] 
A. Audino, sub Art. 91 CCII, in AA.VV. Commentario breve alle Leggi sulla Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, a cura di A. Maffei Alberti - Settima Edizione, WOLTERS KLUWER CEDAM, Milano, 2023, p. 668.
[86] 
Relazione Illustrativa al Decreto Correttivo, pag. 62. Si segnala altresì l’autorevole opinione di M. AIELLO, op. cit., p. 111-112, il quale, anche in virtù di giurisprudenza di merito ivi citata (Trib., Milano 15 giugno 2017), esclude l’applicabilità dell’istituto delle offerte concorrenti nel concordato con assunzione poiché con l’assunzione si dà corso alla traslazione in capo all’assuntore dell’intero patrimonio dell’imprenditore in crisi e non già il mero trasferimento di specifiche componenti dell’attivo a fronte di un corrispettivo. 
[87] 
Tali manifestazioni di interesse non dovranno essere vincolanti, ma comunque non generiche, adeguatamente circostanziate e, di certo, non peggiorative rispetto all’originaria proposta (F. Santangeli, sub Articolo 91 Offerte concorrenti, in AA.VV. Il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, a cura di F. Santangeli, Giuffré, Milano, 2023, p. 619).
[88] 
Analoghe considerazioni posso svolgersi in ordine al contenuto dell’art. 94, comma 6, CCII. La disposizione regola l’ipotesi tale per cui, verificato il requisito dell’urgenza (ed al fine di evitare un danno irreparabile al miglior soddisfacimento dei creditori), il tribunale (sentito il commissario giudiziale) autorizza gli atti (di cessione o affitto di azienda, rami o specifici beni) senza dare luogo a pubblicità e procedure competitive. Stante il tenore dell’art. 11, comma 2, D.L. n. 145 del 2013, si ritiene che la cooperativa costituita dai lavoratori dell’impresa in concordato potrà esercitare direttamente la prelazione senza che, a questo punto, il tribunale possa far “rivivere” il precedente comma 5 al fine di rimettere l’azienda sul mercato ed ottenere eventuali offerte migliorative (sulle quali la cooperativa potrebbe in ogni caso far agire il proprio diritto di prelazione). Ciò in quanto l’originaria valutazione del tribunale in ordine alla deroga al principio di contendibilità sul mercato dell’azienda in concordato è già stata svolta e la decisione su tale deroga già assunta proprio nell’interesse dei creditori. 
[89] 
In sintesi: 
a) il valore di liquidazione è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione; 
b) il valore eccedente quello di liquidazione è distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore, fermo restando quanto previsto dall’articolo 84, comma 7; 
c) nessun creditore riceve più dell’importo del proprio credito. 
Il Decreto Correttivo ha integrato la lettera a) con il riferimento alla nuova definizione di “valore di liquidazione” introdotto nel novellato art. 87, comma 1, lett. c), CCII.
[90] 
F. Aliprandi, A. Turchi, Cross-class cram-down: dubbi interpretativi e prima soluzione giurisprudenziale, in Dirittodellacrisi.it, 3 maggio 2023, p. 8. In senso conforme in ordine agli effetti sostanziali della ristrutturazione trasversale A. Audino, sub Art. 112 CCII, in AA.VV. Commentario breve alle Leggi sulla Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, a cura di A. Maffei Alberti - Settima Edizione, WOLTERS KLUWER CEDAM, Milano, 2023. 
[91] 
“Il termine di riferimento per valutare se i creditori della classe siano interessati o meno non è quello dell’alternativa della liquidazione giudiziale, ma quello del concordato preventivo in continuità aziendale con applicazione della regola della priorità assoluta su tutto il valore. […] L’individuazione della classe di creditori “interessati” richiede, pertanto, una simulazione di distribuzione del valore del piano concordatario alternativa rispetto a quello effettivamente offerta nella proposta, ma basata sull’applicazione della regola della priorità assoluta sia sul valore di liquidazione, sia sul valore eccedente quello di liquidazione. Utilizzando come base il valore per come identificato nel piano (comprensivo, si ripete, anche del plusvalore di concordato), si applica su tutto il valore la regola della priorità assoluta e si verifica quali classi di creditori sarebbero soddisfatte anche solo parzialmente. Queste sono le classi di creditori “interessate” il cui voto favorevole è sufficiente ai fini della ristrutturazione trasversale” (G. D’Attorre, Classi “interessate” e classi “maltrattate” nella ristrutturazione trasversale, in Dirittodellacrisi.it, Numero 2/2023, pp. 38-41). 
[92] 
L. Panzani, Lo schema di decreto correttivo del codice della crisi. Prime considerazioni, in Dirittodellacrisi.it, 17 luglio 2024, il quale peraltro rileva qualche distonia tra il testo modificato e quanto contenuto nella Relazione Illustrativa.
[93] 
Stante il disposto ex art. 112, comma 2, lett. b) secondo il quale ai crediti da lavoro ex art. 2751 bis, comma 1, n. 1, c.c., si applica sempre l’Absolute Priority Rule (APR) anche sul valore eccedente quello della liquidazione giudiziale (ex art. 84, comma 7, CCII). Qualora, in applicazione del suddetto principio, i lavoratori non fossero integralmente soddisfatti, essi potrebbero costituire la specifica ed unica classe prevista dall’art. 112, comma 2, lett. d), CCII. Tale interpretazione si ritiene possa essere avvalorata dalle modifiche introdotte dal Decreto Correttivo.
[94] 
L’art. 112, comma 2, lett. d), CCII, così come novellato dal Decreto Correttivo, individua la specifica classe consenziente che consente il cross-class cram down nella classe di creditori: 
1) ai quali è offerto un importo non integrale del credito; 
2) che sarebbero soddisfatti in tutto o in parte qualora si applicasse l’ordine delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione.
[95] 
A. Crivelli, Concordato minore e concordato preventivo, in Dirittodellacrisi.it, 21 dicembre 2022, p. 8. In senso conforme G. Annunzi, sub Art. 74 CCII, in AA.VV. Commentario breve alle Leggi sulla Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, a cura di A. Maffei Alberti - Settima Edizione, WOLTERS KLUWER CEDAM, Milano, 2023, p. 538, e M. Fabiani, G.B. Nardecchia (a cura di), sub Art. 74 – Inquadramento funzionale, in Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – Formulario commentato, WOLTERS KLUWER, Milano, 2023, pp. 854-855. 
[96] 
Art. 349 CCII “Nelle disposizioni normative vigenti i termini «fallimento», «procedura fallimentare», «fallito» nonché le espressioni dagli stessi termini derivate devono intendersi sostituite, rispettivamente, con le espressioni «liquidazione giudiziale», «procedura di liquidazione giudiziale» e «debitore assoggettato a liquidazione giudiziale» e loro derivati, con salvezza della continuità delle fattispecie.” 
[97] 
E. Cesari, sub Art. 240 CCII, in AA.VV. Commentario breve alle Leggi sulla Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, a cura di A. Maffei Alberti - Settima Edizione, WOLTERS KLUWER CEDAM, Milano, 2023, p. 1824; in senso conforme F. DI MARZIO, op. cit., p. 431. Autorevole dottrina (F. Di Marzio, op. cit., p. 413) sottolinea come la facoltà attribuita a creditori e terzi di presentare una proposta di concordato nella liquidazione giudiziale rappresenti una chiara apertura alla logica di mercato rispetto alla precedente tutela della proprietà del debitore. 
[98] 
E. Cesari, op. cit., p. 1824-1825.
[99] 
La proposta del debitore, di società cui egli partecipi o di società sottoposte a comune controllo, è ammissibile solo se la stessa prevede l’apporto di risorse che incrementino il valore dell’attivo di almeno il 10 percento.
[100] 
È stato autorevolmente sottolineato (E. Cesari, op. cit., p. 1835) come la mancata previsione di una obbligatoria relazione di un professionista terzo ed indipendente in ordine alla fattibilità del piano sia giustificata dalla constatazione che a tale giudizio è deputato il curatore, sebbene sul punto vi sia dottrina di differente opinione.
[101] 
A. Pezzano, M. Ratti, Art. 241 D.Lgs. n. 14 del 2019 – Commento, in banca dati Onefiscale.wolterskluwer.it
[102] 
Per una adeguata sintesi della disposizione antecedente al Decreto Correttivo, su tutti P. Farina, sub Articolo 245 Giudizio di omologazione, in AA.VV. Il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, a cura di F. Santangeli, Giuffré, Milano, 2023, p. 1284-1294.
[103] 
L. Panzani, op. cit., p. 15, sottolinea il contenuto della novella, nella quale “si stabilisce che in caso di voto contrario, determinante per il raggiungimento delle maggioranze, il tribunale omologa quanto la proposta è conveniente rispetto alla prosecuzione della liquidazione giudiziale”.
[104] 
M. Aiello, op.cit., p. 85, evidenzia come “le criticità che si presentano, sotto il profilo del voto, nelle fattispecie di concordato preventivo con proposte concorrenti sono almeno in parte comuni a quelle che emergono nelle ipotesi di concordato fallimentare in cui i creditori siano chiamati a pronunciarsi su una pluralità di proposte”. 
[105] 
Tale disposizione, che autorevole dottrina ha definito significativa (L. Panzani, op. cit., p. 76) fa salvo il giudizio congiunto del curatore e del comitato dei creditori che individui una o più proposte maggiormente convenienti, nel qual caso le proposte di concordato da sottoporre al voto dei creditori saranno limitate a quelle così individuate. 
[106] 
Si considera approvata la proposta che ha conseguito la maggioranza più elevata dei crediti ammessi al voto ai sensi dell’art. 244, commi 1, 2 e 3. In caso di parità di voti risulterà approvata la proposta presentata per prima. 
[107] 
Autorevole dottrina (E. Cesari, op. cit., p. 1850) sottolinea come la deroga a tale principio a favore di banche ed intermediari finanziari conferma il favor del legislatore vesto il sistema bancario per la gestione negoziale dell’insolvenza. 
[108] 
Le regole per l’ammissione al voto mutuano dalla disciplina delle proposte concorrenti quanto previsto dall’art. 109, comma 7, CCII, prevedendo all’art. 243, comma 6, CCII che “Il creditore che propone il concordato ovvero le società da questo controllate, le società controllanti o sottoposte a comune controllo, ai sensi dell'articolo 2359, primo comma, del codice civile possono votare soltanto se la proposta ne prevede l'inserimento in apposita classe”.
[109] 
L’obbligo di autonomo classamento dovrà ritenersi vigente anche nel caso in cui i lavoratori votino la proposta di concordato nella liquidazione giudiziale presentata dalla cooperativa (in qualità di terzo) dagli stessi costituita, stante il disposto dell’art. 243, comma 6, CCII, che impone l’apposita classe anche nel caso in cui la proposta di concordato sia presentata da società controllate dal creditore. 
[110] 
E. Cesari, op. cit., p. 1849.
[111] 
Trib. Livorno, 21 marzo 2022, in Dirittodellacrisi.it, secondo la quale pronuncia “è ammissibile la proposta di concordato fallimentare che preveda l’affitto di azienda senza il previo espletamento di una procedura competitiva, nell’ipotesi in cui sussistano oggettive circostanze che ne impediscano l’esperimento da parte della Curatela (nella specie, la Curatela non disponeva delle risorse sufficienti a garantire la prosecuzione dell’attività aziendale durante il tempo necessario allo svolgimento della procedura competitiva)” (Massima a cura della redazione di Dirittodellacrisi.it).
[112] 
S. Pacchi, op. cit., p. 19-22.
[113] 
La Relazione Illustrativa si limita ad esporre quanto segue: “Il comma 4 modifica l’articolo 191 recante norme in tema di «Effetti del trasferimento di azienda sui rapporti di lavoro», inserendo termini più aggiornati per uniformare le espressioni utilizzate nel corpo del Codice.
La norma, finalizzata a risolvere problemi applicativi, dirimere incertezze terminologiche e allineare i contenuti alle disposizioni sistematiche civilistiche e giuslavoristiche, ha natura ordinamentale e non è suscettibile di determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”. 
[114] 
Sui piani in continuità a supporto degli accordi ex art. 57 CCII, su tutti C. Pagliughi, E. Staunovo-Polacco, M.E. Pillon, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Giuffré, Milano, 2023, pp. 112 e seguenti. 
Pacifica la natura di piani in continuità nell’ambito dello strumento di regolazione ex art. 64 bis CCII (essendo tutt’ora dibattuta in dottrina l’ammissibilità di piani di ristrutturazione soggetti ad omologazione di natura liquidatoria: vedasi S. Ambrosini, sub Art. 64-bis CCII, in AA.VV. Commentario breve alle Leggi sulla Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, a cura di A. Maffei Alberti - Settima Edizione, WOLTERS KLUWER CEDAM, Milano, 2023, p. 460, nonché, nel senso di ritenere la prevalente dottrina a favore di P.R.O. anche di natura liquidatoria, L. Andretto, Commento all’art. 64 bis D.Lgs. 12-01-2019 n. 14, in Onefiscale.Wolterskluwer.it, par. 2.; R. Guidotti, Le proposte (e le offerte) concorrenti nel concordato preventivo dopo il recepimento della Dir. Insolvency, in Quaderni di Ristrutturazioni Aziendali, 3/2022, p. 52). L’espresso richiamo contenuto nell’art. 64 bis, comma 9, CCII agli artt. 90 e 91 CCII consente di richiamare mutatis mutandis tutte le considerazioni già svolte nei paragrafi dedicati alle proposte ed offerte concorrenti (in senso conforme R. Guidotti, loc. cit.). 
[115] 
Il Decreto Correttivo ha modificato l’art. 12 al fine di chiarire “che l’accesso alla composizione negoziata può avvenire indifferentemente quando l’impresa è in crisi, quando è insolvente, o anche, diversamente rispetto agli strumenti di regolazione della crisi, soltanto in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario” (Relazione Illustrativa, pag. 9). 
[116] 
L’art. 25 quater CCII disciplina le possibili soluzioni per le imprese sottosoglia.
[117] 
L’art. 13, comma 7, ultimo periodo, CCII (che non era presente nell’art. 3 del D.L. n. 118 del 2021), rappresenta a parere dell’Autore una disposizione significativa al fine di agevolare le soluzioni della crisi nell’ambito della CNC: “Se lo ritiene opportuno, la commissione acquisisce, prima della nomina o prima della comunicazione all'esperto nominato, il parere non vincolante di un'associazione di categoria sul territorio”. Il coinvolgimento delle associazioni datoriali del sistema cooperativo potrebbe infatti consentire di individuare, in determinati contesti, Esperti con competenze in operazioni di WBO ed accompagnare conseguentemente l’imprenditore a valutare soluzioni ulteriori che potrebbero non essere state contemplate in sede di predisposizione del Piano ex art. 17, comma 3, lett. b), CCII.
[118] 
Unioncamere, Osservatorio Crisi d’impresa, Unioncamere.gov.it, 2 settembre 2024. IlSole24Ore 2 settembre 2024, p. 5.
[119] 
Senza pretesa di esaustività, si segnalano le seguenti principali modifiche introdotte: 
- l’aggiunta, all’art. 23 CCII del comma 2 bis “che regola la possibilità per l’imprenditore di formulare, nel corso delle trattative, proposta di accordo transattivo alle agenzie fiscali e all’Agenzia delle entrate-Riscossione” (L. Panzani, op. cit.); 
- la nuova formulazione dell’art. 16, comma 5, CCII indirizzata a banche, intermediari finanziari, mandatari e cessionari dei loro crediti. Si conferma che l’accesso alla CNC ed il coinvolgimento nelle trattative non costituiscono di per sé causa di sospensione e di revoca delle linee di credito. La classificazione del credito viene determinata tenuto conto di quanto previsto dal progetto di piano presentato e della disciplina di vigilanza prudenziale. Nel contempo si esonerano da responsabilità le banche a seguito della prosecuzione del rapporto, pendente la CNC; 
- la nuova formulazione del comma 5 ed il nuovo comma 5 bis dell’art. 18 CCII, che estendono espressamente alle banche, agli intermediari finanziari, ai mandatari ed ai cessionari dei loro crediti i divieti in ordine al rifiuto unilaterale di adempimento di contratti pendenti, alla risoluzione, all’anticipazione della scadenza o loro modifica in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell’istanza di accesso alla CNC; 
- il nuovo comma 1 bis dell’art. 22 CCII, che precisa come l’attuazione del provvedimento di autorizzazione del tribunale disciplinata dal precedente comma 1 (per finanziamenti anche dei soci prededucibili e per il trasferimento di aziende o rami in deroga all’art. 2560 c.c.) possa avvenire sia prima che successivamente alla chiusura della CNC. 
Per una esaustiva ed autorevole disamina delle modifiche previste nel Decreto Correttivo, vedasi L. Panzani, op. cit. 
[120] 
Quanto alle soluzioni ex art. 23, comma 2, lett. b) e d), CCII valga quanto già commentato in ordine agli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 57 CCII ed al P.R.O. ex art. 64 bis CCII.
[121] 
L’ultimo periodo dell’art. 22, comma 1, lett. d), CCII, prevede infatti che “il tribunale verifica altresì il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente”. 
[122] 
F. Pasquariello, sub Art. 25 septies CCII, in AA.VV. Commentario breve alle Leggi sulla Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, a cura di A. Maffei Alberti - Settima Edizione, WOLTERS KLUWER CEDAM, Milano, 2023, p. 184. 
[123] 
Le società cooperative sono, in primis, società di capitali. 
Esse soggiacciono alle disposizioni previste per le Società per Azioni (o, ove consentito ovvero obbligatorio, per le Società a Responsabilità Limitata) ai sensi dell’art. 2519 c.c. ed in quanto compatibili con le norme che le disciplinano. Ferme, quindi, le peculiarità della struttura societaria cooperativistica, le norme in materia di governance e di responsabilità della gestione restano direttamente collegate alle disposizioni del modello lucrativo di riferimento. 
Alle cooperative, quindi, si applica tout court il combinato disposto di cui all’art. 2086 c.c. ed art. 3 CCII. 
Atteso, dunque, che nulla varia in ordine all’applicazione dei sopracitati principi anche nel contesto cooperativo, ci si chiede se le società cooperative debbano esprimere un quid pluris in relazione all’adeguatezza dei propri assetti organizzativi, dati i principi fondativi di cui infra.
La risposta, si ritiene, non può che essere affermativa. 
[124] 
G. Bonfante, La nuova società Cooperativa, Zanichelli Editore, Bologna, 2014, Capitolo 1.
[125] 
Pur essendo lo scambio mutualistico al centro del modello cooperativo, il legislatore non fornisce una definizione di mutualità; “L’unica definizione della nozione di mutualità rimane quindi quella contenuta nella relazione del Ministero di Grazia e Giustizia al codice civile del 1942 (n. 1025), con la quale si affermava che le “società cooperative sono nettamente distinte dalle altre società in virtù del loro scopo prevalentemente mutualistico, consistente nel fornire beni o servizi od occasioni di lavoro direttamente ai membri della organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero dal mercato […]”” (M. Iengo, La mutualità cooperativa, in AA.VV. La riforma delle società cooperative, a cura di R. Genco, Ipsoa, 2003, pp. 1-35). 
[126] 
T. Della Vecchia, Questioni relative al principio democratico nell’ordinamento cooperativo, in AA.VV., Approfondimenti specialistici cooperativi a vent’anni dalla riforma del diritto societario, a cura di V. Marino, Cedam, Milano, 2024.
[127] 
Sul punto si sottolinea l’interessante commento di Stefania Pacchi (op. cit.) che sottolinea come si stia “vivendo una stagione in cui, per realizzare una sostenibilità dell’impresa nel lungo periodo, è necessario infatti evitare “la veduta corta” esplorando percorsi che recuperino e valorizzino – secondo canoni raccomandati recentemente dal legislatore Unionale – l’apporto degli stakeholders. Tra questi i [WBO] presentano diversi profili a ciò funzionali”.
[128] 
Sul punto si richiama il parere del Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) sul tema “Cooperative e ristrutturazione” 2012/C 191/05, nel quale si specifica che “Le cooperative, che perseguono obiettivi sia di natura economica che sociale, sono un elemento indispensabile dell’«economia sociale di mercato»”. 
Con riferimento ai rinnovati concetti di sostenibilità e responsabilità sociale delle imprese è stato autorevolmente sottolineato (E. Ricciardiello, Sustainability And Going Concern, in Riv. soc., 2022, p. 58) come la concezione di responsabilità sociale delle imprese si stia imponendo come “obbligo dell’agire responsabile […] che non riguarda solo l’impatto ambientale e sociale bensì la tutela dei terzi”. L’Autore addiviene ad una condivisibile definizione di “sostenibilità” quale sinonimo di lungo termine, traducendo ciò nella necessità che l’impresa si doti di strumenti idonei (gli adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili) a garantire la continuità aziendale, “quale presidio di stabilità dell’impresa non solo nell’interesse degli azionisti […] bensì dell’impresa in sé, nella consapevolezza che l’adozione di misure di intervento precoce […] costituisca unica prospettiva per la gestione efficiente […] ove alla shareholders value viene anteposto l’interesse (forse persino di rango pubblicistico) alla stabilità economica delle imprese”. In sintesi, l’Autore afferma che “la sostenibilità dell’impresa [è] divenuta sempre più non solo presidio della tutela dell’ambiente e della sicurezza sociale bensì della stessa stabilità finanziaria delle imprese le quali devono rispondere sin dal momento della loro costituzione a canoni organizzativi e di gestione idonei a garantire il perseguimento della continuità aziendale quale attitudine dell’impresa a rimanere sul mercato nel tempo” (E. Ricciardiello, op. cit., p. 59). 
Per un autorevole approfondimento in ordine alla rilevanza degli interessi diversi da quelli dei creditori nelle procedure concorsuali, vedasi G. D’Attorre, La responsabilità sociale dell’impresa insolvente, in Riv. dir. civ., 2021, p. 67, il quale, nell’enucleare detti interessi diversi in una categoria eterogenea (citando l’interesse dei lavoratori, quello all’integrità dei complessi produttivi, alla stabilità del mercato, gli interessi dei clienti, dei fornitori, ecc.) afferma come “in presenza di interessi costituzionalmente rilevanti […] il legislatore provvede ad un contemperamento tra l’interesse dei creditori e l’interesse-altro, che costituisce un limite al libero esplicarsi delle facoltà altrimenti concesse al curatore” nell’ambito delle procedure liquidatorie cui lo stesso è chiamato. 
Sul medesimo argomento D. Stanzione, Liquidazione dell’attivo e interessi degli stakeholders, Napoli, 2023, p. 123, il quale sottolinea come la conservazione della capacità produttiva dell’impresa nella liquidazione giudiziale (quale presupposto della liquidazione riallocativa) comporti, nel contemperare gli interessi-altri, il perseguimento anche del miglior soddisfacimento dell’interesse dei creditori. 
Critico sull’idea dell’esistenza di un (inespresso) principio dell’ordinamento della crisi di impresa volto ad orientare la gestione delle procedure nella direzione della tutela di interessi terzi o esterni, G. Palmieri, Crisi dell’impresa e responsabilità sociale, in Riv. Corte conti, 1/2023, p. 71.
[129] 
M. Frangi, P. Ronchi, Lontani dal “Paese delle meraviglie”? Cooperative e finanza d’impresa vent’anni dopo la riforma del diritto societario. Strumenti per la capitalizzazione delle imprese cooperative, in AA.VV., Approfondimenti specialistici cooperativi a vent’anni dalla riforma del diritto societario, a cura di V. Marino, Cedam, Milano, 2024.
[130] 
E. Pagani, op. cit. 
[131] 
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL CONSIGLIO, AL PARLAMENTO EUROPEO, AL COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO E AL COMITATO DELLE REGIONI sulla promozione delle società cooperative in Europa, Bruxelles, 23.2.2004, nel quale peraltro si sottolinea come “La struttura di gestione partecipativa delle imprese cooperative genera gli attivi immateriali che sono il sapere e le competenze. Da questo punto di vista le cooperative sono scuole di imprenditorialità e di gestione per quanti non avrebbero altrimenti accesso a posti di responsabilità.
[132] 
“I dipendenti sono particolarmente interessati alla sopravvivenza della loro impresa e hanno spesso una buona conoscenza del settore in cui lavorano. Spesso, però, non dispongono di mezzi finanziari adeguati e dell'assistenza necessaria per riprendere e gestire un'impresa. Una preparazione attenta e graduale dei trasferimenti ai lavoratori, organizzati in forma di cooperativa, può migliorare i tassi di sopravvivenza» (COM(2004) 18. Sulla promozione delle società cooperative in Europa). «Se non è possibile trovare un successore nella famiglia, il trasferimento ai dipendenti può spesso garantire la continuità dell'impresa». Tuttavia, «solo alcuni Stati membri incoraggiano questo tipo di trasferimento mediante agevolazioni fiscali specifiche sul reddito (…)» (COM(2006) 117. Attuazione del programma comunitario di Lisbona per la crescita e l'occupazione. Il trasferimento di proprietà delle imprese – La continuità grazie a un nuovo avvio).”
[133] 
Autorevole dottrina (Pacchi S., 2021) sottolinea come la Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia della Commissione europea abbia approvato il 12 giugno 2013 (seduta del 12 giugno 2013 n. A7-0222/2013) la relazione sul “contributo delle cooperative al superamento della crisi” rilevando “che le cooperative, unitamente alle altre imprese dell’economia sociale, svolgono un ruolo essenziale nell’economia europea, specie in tempi di crisi, in quanto coniugano redditività e solidarietà, creano posti di lavoro di alta qualità, rafforzano la coesione sociale, economica e regionale e generano capitale sociale”. 
[134] 
S. Pacchi, op. cit. 
[135] 
D. Stanzione, op. cit., p. 153: “[…] ad un’efficiente conservazione dei complessi aziendali [nelle procedure di liquidazione dell’attivo, N.d.R.] può corrispondere non solo una migliore riallocazione dell’impresa sul mercato (a beneficio degli stakeholders) ma – soprattutto – una potenzialmente più fruttuosa liquidazione, nell’interesse dei creditori […] potendo dunque confermarsi che (anche) nell’impresa insolvente, assoggettata a liquidazione giudiziale, sia configurabile un rapporto di strumentalità tra cura degli interessi degli stakeholders e la soddisfazione dell’interesse (al “profitto”) dei creditori”.
[136] 
Su tutti M. Vieta, Saving job and businesses in times of crisis, in Cooperative and the World of Work, Routledge 2020, Abingdon, pp. 162-187, ma anche M. Vieta, S. Depedri, A. Carrano, op. cit.Vedasi anche l’interessante studio, ancorché datato, M. Vieta, S. Depedri, Le imprese recuperate in Italia, in EURICSE – European Research Institute on Cooperative and Social Enterprises, 2015. 
[137] 
Ci si riferisce alla tipizzazione dei distretti industriali, connotati da strette relazioni tra aziende per territorio e settore, relazioni tali per cui la crisi di una azienda si ripercuote inevitabilmente sulla sorte delle altre.
[138] 
Un autorevole studio (E. Fontanari, C. Borzaga, Cooperative e società di capitali: due modi diversi di reagire alla crisi, EURICSE – European Research Institute on Cooperative and Social Enterprises, 2015) ha dimostrato come nella distribuzione del valore aggiunto ai vari fattori di produzione, le cooperative hanno sempre e decisamente privilegiato il fattore lavoro rispetto alle altre società di capitali. Al termine del periodo di crisi analizzato (2007-2013) le cooperative hanno raggiunto una quota dell’82,4% del valore aggiunto assegnata al lavoro contro il 65,6% delle Srl ed il 56,9% delle Spa.
[139] 
Rendimento rappresentato dalla stabilità dei rapporti di lavoro, dal mantenimento di continuità di reddito e di occupazione, ove possibile dai ristorni. 
[140] 
I soci finanziatori di società cooperative percepiscono legittimamente, ex art. 2526, un rendimento rappresentato da dividendi. 
[141] 
Autorevole dottrina (G. Andreani, Attestato di “convenienza” per la transazione fiscale, IlSole24Ore, 5 aprile 2024, p. 35), nel commentare i nuovi principi di attestazione nell’ambito della transazione fiscale ex artt. 63 e 88 CCII, ha condivisibilmente sottolineato come “la convenienza della proposta di transazione per l’Erario non dipende peraltro solo dal maggior soddisfacimento offerto al Fisco e agli enti previdenziali rispetto a quello che alternativamente tali creditori riceverebbero mediante la liquidazione giudiziale del debitore, ma anche dagli oneri che grazie a tale proposta lo Stato può evitare di sostenere, come, ad esempio, quelli derivanti dal ricorso agli ammortizzatori sociali conseguente alla cessazione dell’attività aziendale; nonché dai benefici collettivi che possono essere generati dalla prosecuzione dell’attività d’impresa da parte del debitore, a patto naturalmente che questa venga esercitata in condizioni di equilibrio economico e finanziario e non produca quindi ulteriori debiti. […] Il professionista indipendente non può esimersi dal considerare anche questi fattori e, infatti, i principi di attestazione stabiliscono che egli «deve altresì tenere conto della convenienza della proposta al mantenimento in esercizio dell’impresa e dell’occupazione, elementi che possono determinare una utilità per i creditori pubblici in vista del maggior gettito generabile dalla continuità aziendale»”. 
[142] 
I WBO possono assumere la valenza di strumento per la migliore riallocazione sul mercato dell’impresa, evitando la liquidazione atomistica e valorizzando gli interessi-altri (in primis i lavoratori) nel perseguimento ed a tutela del miglior soddisfacimento dei creditori. In tale accezione, i WBO sono in grado di esprimere una valenza di responsabilità sociale e di sostenibilità in linea con le più recenti tesi in dottrina. 
[143] 
CECOP è la confederazione europea delle cooperative industriali e di servizi. La CECOP rappresenta 27 membri in 16 Paesi europei. Si tratta di federazioni nazionali di cooperative e di organizzazioni che promuovono le cooperative. https://www.cecop.coop/
[144] 
Dalla Bibliografia di M. Vieta, S. Depedri, A. Carrano, op. cit.: CECOP-CICOPA Europa. (2013, giugno). Business transfers to employees under the form of a cooperative in Europe: Opportunities and challenges. Brussels: The European Confederation of Cooperatives and Worker-Owned Enterprises Active in Industries and Services. 
[145] 
R. Genco, P.L. Morara, F. Vella, Lavoratori che “si ricomprano” l’azienda, modello per la crisi, in lavoce.it, 23 luglio 2020. 

informativa sul trattamento dei dati personali

Articoli 12 e ss. del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR)

Premessa - In questa pagina vengono descritte le modalità di gestione del sito con riferimento al trattamento dei dati personali degli utenti che lo consultano.

Finalità del trattamento cui sono destinati i dati personali - Per tutti gli utenti del sito web i dati personali potranno essere utilizzati per:

  • - permettere la navigazione attraverso le pagine web pubbliche del sito web;
  • - controllare il corretto funzionamento del sito web.

COOKIES

Che cosa sono i cookies - I cookie sono piccoli file di testo che possono essere utilizzati dai siti web per rendere più efficiente l'esperienza per l'utente.

Tipologie di cookies - Si informa che navigando nel sito saranno scaricati cookie definiti tecnici, ossia:

- cookie di autenticazione utilizzati nella misura strettamente necessaria al fornitore a erogare un servizio esplicitamente richiesto dall'utente;

- cookie di terze parti, funzionali a:

PROTEZIONE SPAM

Google reCAPTCHA (Google Inc.)

Google reCAPTCHA è un servizio di protezione dallo SPAM fornito da Google Inc. Questo tipo di servizio analizza il traffico di questa Applicazione, potenzialmente contenente Dati Personali degli Utenti, al fine di filtrarlo da parti di traffico, messaggi e contenuti riconosciuti come SPAM.

Dati Personali raccolti: Cookie e Dati di Utilizzo secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio.

Privacy Policy

VISUALIZZAZIONE DI CONTENUTI DA PIATTAFORME ESTERNE

Questo tipo di servizi permette di visualizzare contenuti ospitati su piattaforme esterne direttamente dalle pagine di questa Applicazione e di interagire con essi.

Nel caso in cui sia installato un servizio di questo tipo, è possibile che, anche nel caso gli Utenti non utilizzino il servizio, lo stesso raccolga dati di traffico relativi alle pagine in cui è installato.

Widget Google Maps (Google Inc.)

Google Maps è un servizio di visualizzazione di mappe gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

Dati Personali raccolti: Cookie e Dati di Utilizzo.

Privacy Policy

Google Fonts (Google Inc.)

Google Fonts è un servizio di visualizzazione di stili di carattere gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

Dati Personali raccolti: Dati di Utilizzo e varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio.

Privacy Policy

Come disabilitare i cookies - Gli utenti hanno la possibilità di rimuovere i cookie in qualsiasi momento attraverso le impostazioni del browser.
I cookies memorizzati sul disco fisso del tuo dispositivo possono comunque essere cancellati ed è inoltre possibile disabilitare i cookies seguendo le indicazioni fornite dai principali browser, ai link seguenti:

Base giuridica del trattamento - Il presente sito internet tratta i dati in base al consenso. Con l'uso o la consultazione del presente sito internet l’interessato acconsente implicitamente alla possibilità di memorizzare solo i cookie strettamente necessari (di seguito “cookie tecnici”) per il funzionamento di questo sito.

Dati personali raccolti e natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati e conseguenze di un eventuale rifiuto - Come tutti i siti web anche il presente sito fa uso di log file, nei quali vengono conservate informazioni raccolte in maniera automatizzata durante le visite degli utenti. Le informazioni raccolte potrebbero essere le seguenti:

  • - indirizzo internet protocollo (IP);
  • - tipo di browser e parametri del dispositivo usato per connettersi al sito;
  • - nome dell'internet service provider (ISP);
  • - data e orario di visita;
  • - pagina web di provenienza del visitatore (referral) e di uscita;

Le suddette informazioni sono trattate in forma automatizzata e raccolte al fine di verificare il corretto funzionamento del sito e per motivi di sicurezza.

Ai fini di sicurezza (filtri antispam, firewall, rilevazione virus), i dati registrati automaticamente possono eventualmente comprendere anche dati personali come l'indirizzo IP, che potrebbe essere utilizzato, conformemente alle leggi vigenti in materia, al fine di bloccare tentativi di danneggiamento al sito medesimo o di recare danno ad altri utenti, o comunque attività dannose o costituenti reato. Tali dati non sono mai utilizzati per l'identificazione o la profilazione dell'utente, ma solo a fini di tutela del sito e dei suoi utenti.

I sistemi informatici e le procedure software preposte al funzionamento di questo sito web acquisiscono, nel corso del loro normale esercizio, alcuni dati personali la cui trasmissione è implicita nell'uso dei protocolli di comunicazione di Internet. In questa categoria di dati rientrano gli indirizzi IP, gli indirizzi in notazione URI (Uniform Resource Identifier) delle risorse richieste, l'orario della richiesta, il metodo utilizzato nel sottoporre la richiesta al server, la dimensione del file ottenuto in risposta, il codice numerico indicante lo stato della risposta data dal server (buon fine, errore, ecc.) ed altri parametri relativi al sistema operativo dell'utente.

Tempi di conservazione dei Suoi dati - I dati personali raccolti durante la navigazione saranno conservati per il tempo necessario a svolgere le attività precisate e non oltre 24 mesi.

Modalità del trattamento - Ai sensi e per gli effetti degli artt. 12 e ss. del GDPR, i dati personali degli interessati saranno registrati, trattati e conservati presso gli archivi elettronici delle Società, adottando misure tecniche e organizzative volte alla tutela dei dati stessi. Il trattamento dei dati personali degli interessati può consistere in qualunque operazione o complesso di operazioni tra quelle indicate all' art. 4, comma 1, punto 2 del GDPR.

Comunicazione e diffusione - I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati, intendendosi con tale termine il darne conoscenza ad uno o più soggetti determinati, dalla Società a terzi per dare attuazione a tutti i necessari adempimenti di legge. In particolare i dati personali dell’interessato potranno essere comunicati a Enti o Uffici Pubblici o autorità di controllo in funzione degli obblighi di legge.

I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati nei seguenti termini:

  • - a soggetti che possono accedere ai dati in forza di disposizione di legge, di regolamento o di normativa comunitaria, nei limiti previsti da tali norme;
  • - a soggetti che hanno necessità di accedere ai dati per finalità ausiliare al rapporto che intercorre tra l’interessato e la Società, nei limiti strettamente necessari per svolgere i compiti ausiliari.

Diritti dell’interessato - Ai sensi degli artt. 15 e ss GDPR, l’interessato potrà esercitare i seguenti diritti:

  • 1. accesso: conferma o meno che sia in corso un trattamento dei dati personali dell’interessato e diritto di accesso agli stessi; non è possibile rispondere a richieste manifestamente infondate, eccessive o ripetitive;
  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

Il TITOLARE

del trattamento dei dati personali

Società per lo studio del diritto della crisi

REV 02