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Saggio

Sulla legittimazione alla presentazione della proposta concorrente di concordato preventivo*

Niccolò Abriani, Ordinario di diritto commerciale nell’Università di Firenze

14 Giugno 2021

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Lo studio opera una ricognizione delle posizioni sinora espresse in ordine alla legittimazione alla presentazione della proposta concorrente di concordato preventivo, ai sensi dell’art. 163, comma, L. fall. La valorizzazione delle ragioni ispiratrici dell’istituto delle proposte concorrenti induce a confermare la tesi che riconosce la legittimazione anche a chi abbia acquisito la percentuale legittimante dopo l’apertura della procedura, indipendentemente dalla circostanza che a quella data risultasse o meno già creditore del debitore in crisi. La soluzione suggerita viene a porsi in linea di continuità con la previsione dettata al riguardo dal Codice della crisi e dell’insolvenza, che sembra destinata non soltanto a risolvere il problema in prospettiva, ma altresì ad offrire una utile indicazione d’immediata rilevanza sul piano sistematico ed applicativo. 
Riproduzione riservata
1 . Il quadro normativo di riferimento
Con il decreto-legge 27 giugno 2015 n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015 n. 132, il Legislatore ha introdotto alcune importanti modifiche alla Legge Fallimentare al fine di promuovere la contendibilità delle imprese in concordato preventivo; incentivare condotte virtuose dei debitori in difficoltà; e favorire esiti efficienti ai tentativi di ristrutturazione[1]. 
Tra queste fa spicco la possibilità per i creditori di una società di presentare una proposta concorrente di concordato preventivo, introdotta all’articolo 163 L. fall.[2]. L’istituto, mutuato dall’esperienza statunitense del Chapter 11 del Bankruptcy Code, persegue l’obiettivo di assicurare il miglior soddisfacimento degli interessi dei creditori, che è principio immanente delle disposizioni che presiedono la soluzione concordata della crisi d’impresa, la cui centralità permane anche nel contesto del Codice della crisi e dell’insolvenza.
L’istituto in esame, com’è stato da più parti sottolineato, offre un ulteriore tassello normativo agli studiosi del diritto commerciale, che da tempo hanno appuntato l’attenzione sulle interferenze tra il diritto della crisi d’impresa e il diritto societario[3]. Particolare interesse riveste, in tale ambito, l’innovativa regolamentazione delle operazioni straordinarie contenute all’interno delle proposte che i creditori qualificati – in quanto titolari, da soli o congiuntamente, di almeno il dieci per cento dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale depositata dal debitore ai sensi dell’art.161, comma 2, lett. a) – del debitore in concordato sono legittimati a proporre ai sensi dell’attuale formulazione dell’art. 163 L. fall. Il quinto comma di tale disposizione ha cura di precisare, per un verso, che la proposta di concordato concorrente è ammissibile soltanto qualora la proposta di concordato del debitore non assicuri “il pagamento, ancorché dilazionato, di almeno il quaranta per cento dell’ammontare dei crediti chirografari” e, per altro verso, che essa “può prevedere l’intervento di terzi, e, se il debitore ha forma di società per azioni o a responsabilità limitata, può prevedere un aumento di capitale della società con esclusione o limitazione del diritto di opzione”. 
Ad essa si raccorda, completandola, la nuova disciplina dettata dall’art.185 L. fall., ai sensi del quale se il debitore non esegue o ritarda l’esecuzione del piano di concordato, il tribunale può nominare un commissario ad acta e, se il debitore è una società, si può spingere sino a “revocare l’organo amministrativo e nominare un amministratore giudiziario stabilendo la durata del suo incarico e attribuendogli il potere di compiere ogni atto necessario a dare esecuzione alla suddetta proposta, ivi incluso, qualora tale proposta preveda un aumento del capitale sociale del debitore, la convocazione dell’assemblea straordinaria dei soci avente ad oggetto la delibera di tale aumento di capitale e l’esercizio del voto nella stessa”.
La rilevanza sistematica di tali disposizioni è stata immediatamente sottolineata dalla dottrina[4], che ha ravvisato nelle stesse l’approdo di un percorso normativo che ha determinato il progressivo spostamento del fulcro del concordato preventivo dall’esecuzione sul patrimonio del debitore alla «riorganizzazione dell’attività, ed in particolare del suo finanziamento»[5]. 
È in tale ambito, e alla luce di tali possibili approdi, confermati ed anzi valorizzati dal Codice della crisi[6], che viene ad iscriversi la questione oggetto del presente scritto relativa alla individuazione dei presupposti legittimanti la presentazione di proposte concorrenti. 
La facoltà per i “creditori” di formulare proposte concorrenti risulta, nel testo della legge fallimentare come novellato dalle riforme sopra ricordate, subordinata alla sussistenza di un duplice presupposto, oggettivo e soggettivo.
Il primo, di carattere oggettivo, è legato alla percentuale di soddisfacimento dei creditori offerta dal debitore della propria proposta principale. Al fine di incentivare il debitore al massimo sforzo nell’interesse dei creditori nell’individuazione del proprio percorso di risanamento e disincentivare così la presentazione di proposte eccessivamente punitive per il ceto creditorio, l’art. 163, quinto comma, L. fall. dispone, infatti, che «le proposte di concordato concorrenti non sono ammissibili se nella relazione di cui all’articolo 161, terzo comma, il professionista attesta che la proposta di concordato del debitore assicura il pagamento di almeno il quaranta per cento dell’ammontare dei crediti chirografari o, nel caso di concordato con continuità aziendale di cu all’articolo 186 bis, di almeno il trenta per cento dell’ammontare dei crediti chirografari». 
La proposta concorrente da parte dei creditori può dunque essere presentata, in caso di proposta principale inidonea a conseguire le ricordate soglie minime di soddisfacimento, da parte di creditori qualificati: «uno o più creditori che, anche per effetto di acquisti successivi alla presentazione della domanda di concordato, rappresentano almeno il dieci per cento dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale depositata ai sensi dell’art. 161, comma 2, lett. a)» (art. 163, comma 4, L. fall.). 
2 . I contrastanti orientamenti interpretativi emersi in dottrina rispetto alla legittimazione dei creditori a presentare una proposta concorrente di concordato preventivo
Sin dalla sua entrata in vigore, la formulazione dell’articolo 163, quarto comma, L. fall., ha visto contrapporsi in dottrina due distinti orientamenti interpretativi circa la portata della proposizione incidentale «anche per effetto di acquisti successivi alla presentazione della domanda di cui all’art. 161». La discussione si è appuntata, in particolare, sul focus del requisito legittimante, che (i) taluni hanno individuato nell’incipit («uno o più creditori»), riconoscendo la legittimazione a presentare una proposta di concordato preventivo concorrente anche a chi sia divenuto creditore anche dopo il deposito della domanda di concordato preventivo principale, mentre (ii) altri interpreti hanno enfatizzato l’inciso seguente («rappresentano almeno il dieci per cento dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale …»), sì da ritenere legittimati a presentare proposta di concordato preventivo concorrente solo coloro che fossero creditori già prima del deposito, da parte del debitore, della domanda di concordato preventivo “principale”, salvo verificare la titolarità della percentuale legittimante del dieci per cento dei crediti del debitore, indipendentemente dalla circostanza che sussistesse già ab origine o per effetto di acquisti successivi al deposito di tale domanda di concordato “principale”. 
Questo secondo orientamento, rimasto ad oggi largamente minoritario, ha ritenuto di escludere dall’alveo dei soggetti legittimati alla presentazione di una proposta concorrente coloro che abbiano assunto la qualifica di creditori solo successivamente alla presentazione della domanda di concordato da parte dell’imprenditore. In questo senso, si è ritenuto di dover limitare il ricorso a tale strumento ai soli creditori pre-concorsuali, escludendo dal novero dei soggetti legittimati coloro che, originariamente estranei al debitore, siano divenuti “creditori” per effetto di acquisti completati in un momento successivo all’iniziativa concordataria dell’imprenditore.
A questa prima posizione della dottrina si è immediatamente contrapposto un secondo orientamento dottrinale, oggi univocamente riconosciuto come maggioritario[7], che riconosce la legittimazione anche a terzi (investitori) non originariamente ricompresi nel novero dei creditori[8]. Conforme a tale secondo orientamento è la “prassi” di alcuni Tribunali, che, in proprie circolari, hanno fatto propria tale interpretazione della disposizione[9].
La risposta al quesito sottoposto impone pertanto di procedere a un riesame degli argomenti posti a sostegno delle due posizioni interpretative, onde verificarne la corrispondenza al tenore letterale della disposizione in esame, alle ragioni ispiratrici dell’istituto delle proposte concorrenti e alla sua più complessiva collocazione nel sistema del diritto della crisi d’impresa.
3 . Esame critico degli argomenti portati a favore della tesi della esclusiva legittimazione dei creditori preesistenti alla presentazione della domanda di concordato da parte dell’imprenditore
La posizione minoritaria ritiene di poter selezionare restrittivamente la legittimazione alla presentazione della proposta concorrente attraverso una lettura eminentemente soggettiva della locuzione «uno o più creditori» posta nell’incipit della norma in esame. Tale status soggettivo viene poi ancorato sul piano cronologico al momento del deposito della domanda di apertura della procedura, con una interpretazione restrittiva dell’inciso “anche per effetto di acquisti successivi alla presentazione della domanda di concordato”, di cui si ravvisa la giustificazione in un’asserita esigenza di interpretazione conforme al principio costituzionale in tema di tutela del diritto di proprietà (art. 42 Cost.). Attraverso questo percorso si perviene a restringere la legittimazione alla presentazione della proposta concorrente di concordato preventivo ai soli creditori pre-concorsuali, ai quali soltanto sarebbe consentito di procedere a quegli “acquisti successivi” che potrebbero determinare l’effetto di assurgere alla percentuale legittimante richiesta dalla legge. 
Nessuno dei due argomenti posti a sostegno della tesi restrittiva risulta dirimente. Non l’argomento letterale fondato sulla riferibilità della locuzione «uno o più creditori» solo a coloro che fossero creditori dell’imprenditore già prima della formulazione della domanda di concordato principale. Tale lettura appare viziata da un’evidente petizione di principio[10], omettendo di considerare che la proposizione relativa che si raccorda, integrandolo, al soggetto della proposizione normativa uno o più creditori che … rappresentano almeno il dieci per cento dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale depositata ai sensi dell’art. 161, comma 2, lett. a)” – e così ponendo l’enfasi del requisito legittimante sulla dimensione squisitamente oggettiva del dieci per cento dei crediti. Sono dunque i crediti, nella loro dimensione oggettiva, che devono risalire a data anteriore all’apertura della procedura, dovendo appunto “risultare dalla situazione patrimoniale depositata ai sensi dell’art. 161, comma 2, lett. a): crediti di cui il proponente dev’essere titolare, nella misura di almeno il dieci per cento, al momento del deposito della proposta concorrente; e ciò “anche per effetto di acquisti successivi alla presentazione della domanda di concordato”, come la disposizione ha cura di precisare con un inciso di cui la tesi in esame finisce per dare una lettura non soltanto restrittiva ma in larga misura ablativa.
In questo quadro, il termine “creditori”, vale ad indicare la sussistenza di un rapporto obbligatorio tra il “potenziale” proponente e il debitore/proponente principale, che la norma richiede sia connotato quantitativamente, al momento della presentazione della proposta, da una percentuale rilevante, senza però in alcun modo valorizzare il momento storico (i.e. prima o dopo la formulazione della proposta di concordato preventivo “principale”) in cui un tale rapporto si sia instaurato. 
Un ulteriore supplemento di riflessione merita l’argomento assiologico, fondato sulla asserita esigenza di interpretazione conforme al principio costituzionale in tema di tutela del diritto di proprietà (art. 42 Cost.). Più precisamente, si ritiene che l’interpretazione restrittiva sarebbe preferibile in quanto il riconoscimento della legittimazione anche ai creditori che tali siano divenuti in forza di acquisti successivi al deposito della domanda “principale”, verrebbe a porsi in contrasto con l’art. 42 Cost. perché finirebbe con il consentire a un terzo di appropriarsi dell’impresa altrui, e quindi di configurare una sorta di “esproprio privato” non collegato a un pubblico interesse. 
Si tratta di un’obiezione di vertice che impone una considerazione preliminare sull’impatto dell’istituto delle proposte concorrenti rispetto ai precetti costituzionali: un tema di ampia portata e oggetto di attenta analisi, non soltanto in Italia ed anche in relazione ai principi enunciati nei Trattati Europei e nella CEDU in tema di diritto di proprietà (art. 1, Protocollo Addizionale). Analisi che, va immediatamente soggiunto, ha sino ad oggi visto convergere la dottrina europea verso una generale esclusione di profili di contrasto, revocandosi in dubbio la stessa natura eccezionale delle norme in tema di proposte concorrenti[11]. 
Del resto, anche a prescindere da un comunque doveroso (anche costituzionalmente: artt. 41 e 42 Cost.) allargamento dell’angolo prospettico dal piano meramente oggettivo del patrimonio del debitore ad una dimensione soggettiva, attinente alla organizzazione dell’impresa debitrice, si deve sottolineare come il rapporto tra diritto della proprietà e proposte concorrenti abbiano riguardato sinora unicamente il profilo delle operazioni straordinarie, e in particolare di aumento di capitale con esclusione di diritto di opzione, alle quali soltanto si riconduce un potenziale effetto espropriativo dei “proprietari” della società in crisi. Anche con riferimento a tale ipotesi estrema, si deve tuttavia sottolineare che:
i) la debitrice è e resta pur sempre la società in crisi; 
ii) ai suoi organi è tuttora rimessa in via esclusiva la legittimazione a presentare la domanda di ammissione alla procedura concordataria, che costituisce presupposto imprescindibile per la presentazione di eventuali proposte concorrenti[12];
iii) la legittimazione dei creditori ha carattere meramente “derivato”, rimanendo “subordinata ad una preventiva ed esclusiva scelta del debitore di tentare la soluzione concordataria, non potendo comunque i creditori o i terzi imporre la scelta e pervenire, per tale via, ad una espropriazione del patrimonio del debitore senza il concorso (espresso attraverso la presentazione della domanda di concordato) del debitore”[13];
iv) sono tuttora valide, finanche nelle società azionarie, clausole derogatorie all’art. 152 L. fall., volte ad attribuire ai soci la competenza in ordine alla decisione di avviare la procedura concordataria;
v) in presenza di perdite rilevanti ai sensi degli artt. 2446 e 2447 c.c. (o, nelle s.r.l., degli artt. 2482 bis e 2482 ter c.c.), nonostante l’effetto sospensivo degli obblighi di ricapitalizzazione determinato dall’eventuale presentazione della domanda di concordato, anche soltanto prenotativa, previsto dall’art. 182 sexies L. fall., resta fermo l’obbligo degli amministratori (ed in subordine dei sindaci) di convocare senza indugio l’assemblea;
vi) in tale sede i soci ben potranno proporre e assumere iniziative volte a preservare la continuità aziendale e, in generale, a prevenire o superare la situazione di crisi senza dover ricorrere alla procedura concordataria o, quanto meno, dotando la società delle risorse necessarie a garantire una soddisfazione dei creditori tale da precludere la presentazione di proposte concorrenti: si pensi, in un ideale climax ascendente, a finanziamenti soci, ad apporti a patrimonio e ad aumenti di capitale, che, ove sia presentata la domanda di concordato, ben potranno esser attuati senza procedere alla preliminare riduzione del capitale e nella misura ritenuta funzionale alle esigenze sopra indicate[14];
vii) i creditori qualificati possono presentare proposte concorrenti soltanto qualora la proposta concordataria depositata dal debitore segnali l’impossibilità di ricavare dal patrimonio sociale valori adeguati a limitare la falcidia dei creditori chirografari dell’ente in misura non superiore al sessanta (o settanta) per cento; 
viii) tale grave sbilancio – che, si noti, viene riconosciuto nel proprio piano dalla società debitrice, accertato dall’attestatore indipendente da questa prescelto ed infine rivalutato e confermato dal commissario giudiziale nominato dal tribunale nella sua relazione ex art. 172 L. fall. – postula l’insussistenza nel patrimonio della società di valori adeguati a ripagare se non in misura irrisoria i creditori sociali e, dunque (in linea di principio, verrebbe da dire, a fortiori), di un residuo valore delle partecipazioni sociali[15];
ix) il creditore che presenta una proposta concorrente in cui si preveda un aumento di capitale, con eventuale esclusione o limitazione del diritto di opzione, deve contestualmente procedere alla sottoscrizione dell’aumento nella misura indicata, fornendo adeguate garanzie in ordine alla esecuzione dello stesso all’esito dell’omologazione.
In questo quadro l’attribuzione ai fornitori di capitale di rischio (i creditori) della facoltà di porsi in concorrenza con il proprietario formale, nel caso in cui questi decida di far ricorso alla procedura concordataria, rappresenta, com’è stato incisivamente rilevato, “un modo per raccordare il profilo sostanziale (la sopportazione del rischio) con il profilo formale (la facoltà di avanzare – a determinate condizioni – una proposta di concordato)”[16]. 
D’altra parte, la possibilità di presentare proposte concorrenti nel solo caso in cui l’iniziale proposta del debitore non raggiunga il quaranta per cento di soddisfacimento dei crediti chirografari (o il trenta per cento nei concordati con continuità) “riduce il rischio di illegittimi espropri in danno del debitore, essendo ragionevole immaginare che, a fronte di tali percentuali offerte, l’attivo patrimoniale sia inferiore (ed anche sensibilmente) al passivo, così non residuando alcun patrimonio “eccedente” di cui il debitore avrebbe potuto continuare ad essere titolare dopo il soddisfacimento dei creditori concordatari”[17].
Se a tale ricognizione si affianca la perdurante possibilità, per i soci di rinunciare alla domanda di concordato anche in presenza di una proposta concorrente – sia pure entro i limiti temporali e con gli eventuali profili di responsabilità per i danni che da tale opzione possano derivare in capo ai creditori – pare davvero arduo ravvisare nell’istituto in esame un vulnus allo ius dominicale dei titolari delle partecipazioni sociali meritevole di censura sul fronte del diritto costituzionale o europeo[18].
Alla luce di tale scenario, non sembra potersi in alcun modo affermare che la proposta concorrente consentirebbe ai creditori di appropriarsi di un’impresa altrui; e tanto meno, con riferimento al tema in esame, che si imponga una interpretazione ortopedica e antiletterale della disposizione, che obliteri il riferimento testuale all’importo dei “crediti” di cui dev’essere titolare il proponente, per concentrarsi retrospettivamente sulla sua qualifica di “creditore” al momento del deposito (non già della proposta concorrente, come indica chiaramente la norma, ma) della domanda di apertura della procedura. 
Non potendosi parlare di un fenomeno “espropriativo” da parte di soggetti “terzi”, non avrebbe neppure senso distinguere nell’ambito dei “terzi” tra coloro che erano qualificabili sin dall’inizio come creditori e coloro che lo sono divenuti in corso di procedura: quel che conta per il legislatore è che si tratti di un “terzo” qualificato in quanto titolare di una percentuale adeguatamente elevata dei crediti del debitore che abbia avviato la procedura concordataria. Sotto questo profilo, la posizione di colui che era titolare ab initio della percentuale legittimante si affianca a quella di chi, al momento dell’apertura della procedura, era titolare di un credito di importo inferiore, in ipotesi irrisorio, e di chi non aveva la qualifica di creditore: in queste due ultime fattispecie, il legislatore prende atto, con il ricordato inciso collocato tra il soggetto della proposizione principale e la relativa che individua il presupposto della legittimazione in una elevata rappresentatività percentuale del complessivo importo dei crediti, che il proponente, a fronte di un serio impegno finanziario, si è resto cessionario di crediti in misura tale da rappresentare almeno il dieci per cento del passivo concordatario. 
Da ultimo va rilevato che, anche a voler ravvisare nella fattispecie profili latamente (e atecnicamente) espropriativi come effetto indiretto del percorso di risanamento individuato in una proposta concorrente, si tratterebbe di valutare, in una corretta comparazione assiologica, che l’interesse del titolare dell’impresa in crisi non debba considerarsi suvvalente rispetto all’interesse alla massimizzazione del soddisfacimento dei creditori, che costituisce, come si è detto, l’interesse cardine che il Legislatore tende a tutelare nel disciplinare la soluzione concordata della crisi e che trova, a sua volta, copertura costituzionale sia nell’art. 47 Cost., sia nell’art. 42 Cost., la cui portata si riconosce ormai estesa anche alla tutela della proprietà (rectius, titolarità) di pretese creditorie. 
Nonostante, infatti, gli accordi di ristrutturazione e i concordati preventivi possano avere quale obiettivo, oltre che il soddisfacimento dei creditori, anche la conservazione e il risanamento dell’impresa, ciò non può che avvenire, per volontà dello stesso Legislatore, con il consenso (della maggioranza) dei creditori, e dunque nell’interesse affermato dagli stessi e perciò a essi riferibile.
Fermo quanto precede, non si può non ribadire come, nel contesto di una procedura di concordato preventivo, il rischio di un’indebita sottrazione di ricchezza a discapito dell’imprenditore venga a essere fortemente mitigato dalla situazione di dissesto economico-finanziario e, nella generalità dei casi, di patrimonio netto negativo, in cui versa l’imprenditore che si determini a fare ricorso a tale strumento previsto dalla Legge Fallimentare. Inoltre, la riconosciuta erosione del patrimonio netto, finanche nella parte rappresentativa del capitale di rischio, l’aumento dell’indebitamento e il trend economico negativo dell’impresa in concordato, sono tutti elementi che non possono che ridurre sensibilmente, se non addirittura precludere del tutto in ipotesi particolarmente gravi, la possibilità che i soci (residual claimant) si riapproprino integralmente del patrimonio sociale. La crisi d’impresa, infatti, dà origine a una dissociazione tra il “potere”, riconosciuto ai soci, e il rischio, gravante sui creditori; dissociazione che, se incontrollata, finirebbe con il far sorgere un perverse incentive per i soci e l’organo amministrativo espressione della maggioranza, a intraprendere operazioni ad alto rischio o spregiudicate, di cui potranno beneficiare nel caso (improbabile) di upside e di cui non dovranno subire gli effetti negativi, traslati integralmente sui creditori (i.e. il nuovo capitale di rischio). 
Alla luce di tali considerazioni, non può non condividersi l’opinione, ormai largamente diffusa in dottrina[19], secondo la quale quando l’impresa non sia in condizioni di normale esercizio e non risulti in grado di adempiere regolarmente alle proprie esposizioni debitorie, la posizione “residuale” debba essere assunta dai creditori che si trovano a fornire il capitale di rischio per l’attività di impresa ed assicurarne la continuità operativa (come oggi espressamente riconosce l’art. 4 del Codice della crisi e dell’insolvenza, che impone agli amministratori di “gestire il patrimonio o l’impresa durante la procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza nell’interesse prioritario dei creditori”). 
Da ultimo, si osserva che è lo stesso Legislatore ad aver adottato e introdotto nel reticolato normativo le opportune cautele necessarie a tutelare il debitore da possibili ingiustificati soprusi e spossessamenti a opera del ceto creditorio. In questo senso, milita, innanzitutto, il carattere meramente “derivato” della legittimazione dei creditori, l’esercizio dei cui poteri di formulazione di una proposta di concordato presuppone la scelta del debitore di tentare la soluzione concordataria[20]. I creditori (o i terzi) non possono in alcun modo “forzare la mano” del debitore costringendolo a instaurare il procedimento e subire, in tal modo, l’espropriazione del proprio patrimonio. 
In secondo luogo, la tutela del debitore è assicurata dalla previsione per cui la sua proposta deve in ogni caso essere votata per prima dai creditori e, a parità di adesioni, essere preferita. Infine, il già analizzato presupposto oggettivo di cui al comma quinto dell’art. 163 L. fall. rappresenta indubbiamente il principale strumento difensivo a vantaggio del debitore. Con esso viene, infatti, assicurata all’imprenditore la possibilità di stroncare in radice ogni iniziativa di proposta concorrente da parte dei creditori, se nella relazione di cui all’art. 161, comma terzo, L. fall. il professionista attesta che con la proposta originaria è assicurato il pagamento del quaranta per cento dei creditori chirografari o del trenta per cento nel caso in cui si tratti di un concordato con continuità aziendale[21].
4 . Gli argomenti deducibili dalla Relazione Illustrativa al decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 in favore della legittimazione di soggetti che siano divenuti creditori successivamente al deposito della domanda
Un elemento decisivo ai fini di una ricostruzione della corretta portata della norma è rappresentato dagli obiettivi avuti di mira dal legislatore nell’introdurre il nuovo istituto. In questa prospettiva la relazione accompagnatoria al disegno di legge offre all’interprete uno strumento privilegiato di ricerca della mens legis. Un’attenta lettura della relazione illustrativa alla legge di conversione del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 rappresenta pertanto un passaggio obbligato nel percorso ermeneutico qui intrapreso.
Il riferimento è costituito dall’art. 3 della Relazione, la cui formulazione risulta particolarmente chiara nell’illustrare le finalità perseguite dal Legislatore nel novellare la Legge Fallimentare: “a) offrire ai creditori strumenti per impedire che il debitore presenti proposte che non rispecchiano il reale valore dell’azienda (..); b) creare i presupposti per la nascita, anche in Italia, di un mercato dei distressed debt, già da tempo sviluppatosi in altri Paesi (tra cui, in particolare, gli Stati Uniti d’America) in modo da consentirne un significativo smobilizzo”. 
La finalità dell’intervento del Legislatore deve dunque essere ravvisata nel tentativo di favorire la dismissione di non performing loans e crediti deteriorati in favore, da un lato, di creditori che abbiano la necessità di realizzare tempestivamente i crediti incagliati nella procedura concorsuale e, dall’altro, di soggetti che abbiano la possibilità di proporre una soluzione concordata della crisi in grado di massimizzare il soddisfacimento del ceto creditorio, anche tramite immissione di nuove risorse finanziarie.
Quanto detto trova puntuale ed ulteriore espressa conferma nel successivo passaggio della Relazione Illustrativa in cui è esplicitato che “la ratio di questo insieme di modifiche normative risiede nella possibilità di consentire ai creditori, o ad altri imprenditori che acquistino crediti verso l’impresa in crisi, di presentare proprie proposte ai creditori, qualora ritengano di poter gestire meglio l’attività e siano disponibili a immettere nuovi capitali”.
Così ricostruita la voluntas legis, pare, ad avviso di chi scrive, doverosa un’interpretazione volta a ricomprendere nel novero dei soggetti legittimati anche coloro che abbiano acquisito la posizione di creditori in un momento successivo.
Solo tale interpretazione della disposizione è in grado, infatti, di assicurare l’allargamento della platea dei potenziali proponenti – ricomprendendovi gli investitori istituzionali e operatori finanziari specializzati nella regolazione della crisi di impresa che si rendano cessionari dei crediti dell’imprenditore – funzionale ad assicurare in pieno la realizzazione degli obiettivi che hanno animato l’intervento di riforma[22]. Non vi è dubbio, infatti, che un mercato dei distressed debt è tanto più efficiente, quanto maggiore è il numero dei soggetti che nello stesso operano e s’incontrano, determinando in questo modo un incremento delle chances di massimizzare la recovery dei creditori concorsuali[23].
Un ulteriore significativo indizio depone in favore dell’opportunità di tale interpretazione della disposizione. La stessa lettera della Relazione illustrativa sembra assumere come presupposto acquisito che le proposte concorrenti possano provenire anche da soggetti non originariamente creditori, lì dove precisa che “eventuali investitori interessati a compiere un’operazione di acquisto e risanamento di un’impresa in concordato, per poter presentare una proposta alternativa, dovrebbero infatti acquistare crediti nei confronti dell’impresa in concordato per un valore pari almeno al 10 per cento dell’indebitamento di quest’ultima”[24]. Tale proposizione infatti, fa riferimento espresso a soggetti «investitori», espressione che pare chiaramente sottendere un riferimento a soggetti originariamente in una posizione di terzietà; ma soprattutto rafforza inequivocabilmente tale interpretazione laddove specifica che tali «investitori», per poter acquisire la legittimazione alla proposta concorrente, «dovrebbero (…) acquistare crediti (…) per un valore pari almeno al 10 per cento dell’indebitamento», laddove, se già fossero stati creditori al momento dell’apertura della procedura il valore dei crediti acquisendi sarebbe stato certamente inferiore. 
D’altro canto, ove si risalga ancora una volta ai principi di vertice del nostro ordinamento, pare evidente l’arbitrarietà sottesa alla prospettata disparità di trattamento tra la situazione di chi risulti ab origine creditore per un importo simbolico, cui sarebbe consentito legittimarsi grazie ad acquisti successivi di importo di poco inferiore al dieci per cento, e quella di colui che risulti comunque creditore al momento della proposizione del deposito della domanda concorrente, in virtù di acquisti successivi, cui andrebbe invece negata la legittimazione. Una arbitrarietà destinata a trascolorare in palese irragionevolezza – e dunque in sicura censurabilità alla luce dell’art. 3 della Carta costituzionale – in ipotesi, come quella in esame in cui il proponente, a seguito degli acquisiti realizzati, si trova nella condizione di dover sopportare il rischio di un soddisfacimento dei crediti acquistati inferiore alle aspettative, in misura di gran lunga superiore (più che doppia) rispetto alla percentuale legittimante indicata dal legislatore, con i corollari negativi che ne conseguono anche in punto di segregazione del relativo importo dalla massa chiamata ad esprimersi sulla stessa proposta concorrente.
In questa prospettiva, pare inoltre possibile cogliere a pieno anche le ragioni che hanno indotto il Legislatore a introdurre una soglia di rilevanza del dieci per cento della massa passiva: imporre a potenziali soggetti terzi investitori l’assunzione di un rilevante rischio, garantendo così la serietà dell’impegno e scoraggiando la presentazione di proposte strumentali o superficiali, che finirebbero solo per intralciare il tempestivo e lineare svolgimento della procedura concordataria[25]. 
Il criterio di selezione dei creditori legittimati mira dunque a funzionalizzare l’istituto alla effettiva soddisfazione dell’interesse della massa dei creditori, attribuendo un ruolo solo a “coloro che, essendo creditori con posizioni rilevanti, patiscono maggiormente gli effetti della crisi del debitore”[26]. Si tratta dunque di un criterio schiettamente oggettivo che giustifica l’estensione della legittimazione anche ai creditori “sopravvenuti”, e dunque ai “creditori divenuti tali per effetto di acquisti successivi alla presentazione della domanda”, così da favorire “l’intervento di operatori finanziari specializzati nella definizione della crisi d’impresa, i quali saranno interessati a rilevare crediti proprio al fine di potersi legittimare rispetto alla presentazione di proposte concorrenti”[27]. In tal modo, l’istituto “contribuisce alla creazione e, comunque, alla maturazione anche nel nostro contesto economico di un effettivo mercato dei crediti deteriorati verso imprese in procedura concordataria, potendo tali posizioni creditorie essere appetibili proprio dagli operatori specializzati interessati alla presentazione di proposte concorrenti”[28].
5 . Ulteriori considerazioni di carattere sistematico
A ulteriore supporto della tesi favorevole a un’interpretazione oggettiva del criterio indicato dalla legge per la selezione dei soggetti legittimati alla presentazione di proposte concorrenti si possono riportare anche i seguenti rilievi di carattere sistematico.
In primo luogo, merita attenzione la previsione di cui all’ art. 163, comma quinto, L. fall., nella parte in cui dispone che “la proposta può prevedere l’intervento di terzi e, se il debitore ha la forma di società per azioni o a responsabilità limitata, può prevedere un aumento di capitale della società con esclusione o limitazione del diritto d’opzione”. Se, infatti, alla proposta concorrente possono partecipare anche terzi, per esempio in qualità di assuntori o, in alternativa, al fine di fornire mezzi finanziari per rendere economicamente fattibile o maggiormente appetibile la nuova proposta, non vi è motivo perché questi non possano assumere autonomamente l’iniziativa per proporre direttamente la proposta di concordato concorrente[29]. 
La disposizione ora richiamata non limita ai soli creditori l’apporto di nuovo capitale di rischio per sostenere la proposta con nuovi mezzi finanziari e la conseguente perdita del diritto di opzione dei soci della società debitrice, ma si riferisce indistintamente all’intervento di qualsiasi terzo. Alla luce di tale constatazione, risulterebbe pertanto palesemente contraddittorio escludere la legittimazione di creditori “sopravvenuti” rappresentanti una percentuale cospicua della massa debitoria nel momento della presentazione della proposta concorrente, ma allo stesso tempo consentire agli stessi di partecipare in misura significativa all’attuazione della proposta promossa da altro soggetto, anche sottoscrivendo un aumento di capitale della società debitrice ed escludendo il diritto di opzione dei soci originari[30].
Infine, deve rilevarsi come un’interpretazione restrittiva della disposizione, oltre che scarsamente efficace e facilmente aggirabile, rischierebbe di essere causa di un importante effetto distorsivo. La stessa avrebbe, infatti, quale non commendevole corollario operativo quello di incentivare accordi “para-concordatari” (comunque di per sé leciti), finalizzati a far transitare l’intervento di terzi investitori attraverso accordi con creditori originari che siano disposti a fare da veicolo per il deposito della proposta concorrente, il tutto a discapito della trasparenza della procedura[31].
Da ultimo, è possibile rilevare come le conclusioni sin qui prospettate trovino conferma nella prospettiva del Codice della crisi e dell’insolvenza. Quanto alle finalità sottese all’introduzione delle proposte di concordato concorrenti la Relazione illustrativa ha cura di precisare, a commento dell’articolo 90 CCII, che la disposizione relativa alle proposte concorrenti, in una ideale «linea di continuità rispetto alle modifiche alla L. fall. introdotte con il decreto-legge n. 83 del 2015, conferma la possibilità di presentazione di proposte alternative a quella presentata dal debitore, così consentendo da un lato la contendibilità dell’impresa e quindi stimolando la concorrenza nell’interesse del ceto creditorio e dall’altro lo sviluppo di un mercato dei crediti concorsuali tra coloro che intendono liquidare immediatamente la posizione creditoria e i soggetti interessati a valutare le opportunità offerte dalla possibilità di acquisizione dell’impresa». E, sulla base di tale premessa, si soggiunge: «Sono legittimati alla presentazione della proposta concorrente e del relativo piano, almeno trenta giorni prima della data della votazione, coloro che, anche se per effetto di acquisti successivi alla domanda di concordato, rappresentino almeno il dieci per cento dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale».
In questa prospettiva l’art. 90 Codice della Crisi supera l’ambiguità del precedente dettato normativo, riferendo soggettivamente la legittimazione a presentare proposte concorrenti di concordato, non più ad «uno o più creditori» dell’impresa debitrice che abbia presentato la domanda “principale”, bensì a «colui o coloro che, anche per effetto di acquisti successivi alla domanda di concordato, rappresentano almeno il dieci per cento dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale depositata dal debitore»[32]. E se la nuova formulazione del dato normativo sembra destinata a superare definitivamente i dubbi interpretativi, si può osservare che il duplice riferimento contenuto nel ricordato passo della Relazione ai «soggetti interessati a valutare le opportunità offerte dalla possibilità di acquisizione dell’impresa», da un lato, e alla rimarcata “linea di continuità” tra le previsioni del Codice sul punto e le novità introdotte dal D.L. n. 83 del 2015 nella legge fallimentare, convergono ad orientare la lettura dell’interprete a favore della legittimazione a presentare proposte di concordato concorrenti ai sensi dell’art. 163, comma 4, L. fall., anche da parte dei creditori divenuti tali per effetto di acquisti successivi alla presentazione della domanda di concordato.

Note:

[1] 
Tale finalità, ritenuta di “straordinaria necessità e urgenza” ex art. 77 Cost., risulta così espressamente declinata nelle premesse al decreto-legge 27 giugno 2015 n. 83. 
[2] 
In argomento v. Abriani, Proposte concorrenti, operazioni straordinarie e dovere della società di adempiere agli obblighi concordatari, in Giustizia civile, 2016, 365; Id., Proposte e domande concorrenti nel diritto societario della crisi, in Rivista di diritto dell’impresa, 2017, 269; Ambrosini, Il nuovo concordato preventivo alla luce della ‘miniriforma’ del 2015, in Dir. Fall., 2015, I, 374; Bozza, Le proposte e le offerte concorrenti, in Fallimenti e Società, 15 dicembre 2015, 15; Chiaves - Morona, Le proposte concorrenti di concordato preventivo, in dirittobancario.it,, 2016; D’Attorre, Le proposte di concordato preventivo concorrenti, in Fallimento, 2015, 11, 1163; Galanti, Misure urgenti in tema di concordato preventivo, in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile, 2016, 969; Rossi, Il difficile avvio delle proposte concorrenti nel concordato preventivo, in Fallimento, 2019, 1, 87; Sabatelli, Appunti sul concordato preventivo dopo la legge di conversione del D.L. n. 83/2015, in ilcaso.it, 23 novembre 2015, 23; Varotti, Appunti veloci sulla riforma 2015 della legge fallimentare – terza parte, in ilcaso.it, 9 settembre 2015, 6 s; Vella, La contendibilità dell’azienda in crisi. Dal concordato in continuità alla proposta alternativa del terzo, in ilcaso.it, 2 febbraio 2016, 23; Vitiello, Proposte concorrenti nel concordato preventivo: primissime questioni interpretative, in ilfallimentarista.it, 2015; Vitali, Profili di diritto societario delle “proposte concorrenti” nella “nuova” disciplina di concordato preventivo, in Rivista delle società, 2016, 870. Sul punto si segnala la monografia di Aiello, La competitività nel concordato preventivo, Le proposte e le offerte concorrenti, Torino, 2019; e v. già, per una più trattazione di più ampio respiro sistematico, D’Attorre, I concordati ostili, Milano, 2012.
[3] 
Abriani, Proposte concorrenti, operazioni straordinarie e dovere della società di adempiere agli obblighi concordatari, cit., 383 ss.; Amatore, Offerte e proposte concorrenti nel concordato preventivo: le novità introdotte dalla “mini” riforma del diritto fallimentare, in www.giustiziacivile.com, 2015, 8 ss.; Ambrosini, Il diritto della crisi d’impresa nella legge n. 132 del 2015 e nelle prospettive di riforma, in ilcaso.it, 2015; Benazzo, Crisi d’impresa, cit., 241 ss.; Bozza, Le proposte e le offerte concorrenti, in fallimentiesocieta.it, 2015, 12 ss.; D’Attorre, Le proposte di concordato preventivo concorrenti, in Fallimento, 2015, 1168 ss.; Fabiani, L’ipertrofica legislazione concorsuale fra nostalgie e incerte contaminazioni ideologiche, in ilcaso.it, 2015; Galletti, Speciale decreto n. 83/2015 – Le proposte concorrenti nel concordato preventivo: il sistema vigente saprà evitare il pericolo di rigetto?, in ilfallimentarista, 2015; Guerrera, La ricapitalizzazione “forzosa” delle società in crisi: novità, problemi ermeneutici e difficoltà operative, in Dir. fall., 2016,420 ss.; Guidotti, Misure urgenti in materia fallimentare (D.L. 7 giugno 2015, n. 83): le modifiche alla disciplina del fallimento e le disposizioni dettate in tema di proposte concorrenti, in ilcaso.it., 2015; Lamanna, La miniriforma (anche) del diritto concorsuale secondo il decreto “contendibilità e soluzioni finanziarie” n. 83/2015: un primo commento, II, in ilfallimentarista.it 2015; Nardecchia, Le modifiche alla proposta di concordato, in ilcaso.it., 2015; Nigro - Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, Appendice di aggiornamento, Bologna, 2016, 14; Pezzano - Ratti, Il complesso processo (formativo ed attuativo) delle proposte concorrenti, in ilcaso.it., 2016; A. Rossi, Il contenuto delle proposte concorrenti nel concordato preventivo (prime riflessioni), in ilcaso.it, 2015; Sabatelli, Appunti sul concordato preventivo dopo la legge di conversione del D.L. n. 83/2015, in Crisi d’impresa e fallimento, 13.11.2015; Di Martino, Fusione e soluzioni concordate delle crisi, Torino, 2017, pp. 118 ss. e 194 s.; Pacileo, Cram down e salvaguardie dei soci nel concordato preventivo con proposte concorrenti, in Riv. dir. comm., 2018, I, 65; Donati, Le ricapitalizzazioni forzose, Milano, 2020. Utili spunti, anche in chiave comparatistica, sono offerti da Guizzi, Il bail-in nel nuovo sistema di risoluzione delle crisi bancarie. Quale lezione da Vienna?, in Corr. giur., 2015, 1485 ss.; Pinto, Concordato preventivo e organizzazione sociale, cit., 100 ss. Per un quadro comparatistico v. anche l’ampia trattazione di Benedetti, La posizione dei soci nel risanamento della società in crisi: dal potere di veto al dovere di sacrificarsi (o di sopportare) (Aufopferungs- o Duldungspflicht)?, in Riv. dir. soc., 2017, 725 (e, in versione ridotta, in Crisi di impresa e insolvenza. Prospettive di riforma, a cura di L. Calvosa, Pisa, 2017, 325); A. Santoni, Gli azionisti e i detentori di strumenti di capitale nella proposta di direttiva in materia di crisi d’impresa, in Riv. dir. comm., 2018, I, da p. 335. Sul punto v. anche gli orientamenti della Commissione di diritto societario del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato (massima n. 58), pubblicati per i tipi Ipsoa, Milano, 2016 e presentati venerdì 30 ottobre 2015 presso la sede del Consiglio Notarile di Firenze.
[4] 
Abriani, Proposte concorrenti, operazioni straordinarie e dovere della società di adempiere agli obblighi concordatari, in Giust. civ., 2016, 383 ss.; Amatore, Offerte e proposte concorrenti nel concordato preventivo: le novità introdotte dalla “mini” riforma del diritto fallimentare, in www.giustiziacivile.com, 2015, 8 ss.; Ambrosini, Il diritto della crisi d’impresa nella legge n. 132 del 2015 e nelle prospettive di riforma, in ilcaso.it, 2015; Benazzo, Crisi d’impresa, cit., 241 ss.; Bozza, Le proposte e le offerte concorrenti, in fallimentiesocieta.it, 2015, 12 ss.; D’Attorre, Le proposte di concordato preventivo concorrenti, in Fallimento, 2015, 1168 ss.; Fabiani, L’ipertrofica legislazione concorsuale fra nostalgie e incerte contaminazioni ideologiche, in ilcaso.it, 2015; Galletti, Speciale decreto n. 83/2015 – Le proposte concorrenti nel concordato preventivo: il sistema vigente saprà evitare il pericolo di rigetto?, in ilfallimentarista, 2015; Guerrera, La ricapitalizzazione “forzosa” delle società in crisi: novità, problemi ermeneutici e difficoltà operative, in Dir. fall., 2016,420 ss.; Guidotti, Misure urgenti in materia fallimentare (D.L. 7 giugno 2015, n. 83): le modifiche alla disciplina del fallimento e le disposizioni dettate in tema di proposte concorrenti, in ilcaso.it., 2015; Lamanna, La miniriforma (anche) del diritto concorsuale secondo il decreto “contendibilità e soluzioni finanziarie” n. 83/2015: un primo commento, II, in ilfallimentarista.it 2015; Nardecchia, Le modifiche alla proposta di concordato, in ilcaso.it., 2015; Nigro - Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, Appendice di aggiornamento, Bologna, 2016, 14; Pezzano - Ratti, Il complesso processo (formativo ed attuativo) delle proposte concorrenti, in ilcaso.it., 2016; A. Rossi, Il contenuto delle proposte concorrenti nel concordato preventivo (prime riflessioni), in ilcaso.it, 2015; Sabatelli, Appunti sul concordato preventivo dopo la legge di conversione del D.L. n. 83/2015, in Crisi d’impresa e fallimento, 13.11.2015. Utili spunti, anche in chiave comparatistica, sono offerti da Guizzi, Il bail-in nel nuovo sistema di risoluzione delle crisi bancarie. Quale lezione da Vienna?, in Corr. giur., 2015, 1485 ss. Sul punto v. anche gli orientamenti della Commissione di diritto societario del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato (massima n. 58), pubblicati per i tipi Ipsoa, Milano, 2016 e.
[5] 
Così Ferrijr, Ristrutturazione dei debiti e partecipazioni sociali, in Riv. dir. comm., 2006, I, 752. La visione del concordato incentrata sul patrimonio dell’imprenditore sembra essere il frutto della tendenza a estendere all’intera gamma delle procedure concorsuali una concezione propria del fallimento, e ciò “prescindendo pressoché completamente non soltanto dai tratti che valgono a caratterizzare ciascuna di esse, ma, prima ancora, dal fatto che quelle in esame (...) rappresentano altrettante discipline dell’impresa” (e v. ancora Ferri jr, Soci e creditori nella struttura finanziaria della società in crisi, in Diritto societario e crisi d’impresa, a cura di Tombari, Torino, 2014, 100).
[6] 
L’art. 118, commi 5 e 6, del Codice della crisi non si limita infatti a riprodurre il contenuto delle regole enunciate nell’art. 185 L. fall., ma vi apporta alcune modificazioni: la prima, meno significativa, volta a chiarire che è solo su richiesta del proponente che il tribunale può procedere alla nomina dell’amministratore giudiziario e a precisare che i compiti di costui possono essere attributi al liquidatore, sempre che sia stato nominato; la seconda, ben più rilevante, estende l’ambito “oggettivo” di operatività del potere sostitutivo di voto riconosciuto all’amministratore giudiziario – sino ad oggi circoscritto dalla lettera della legge, alle deliberazioni di aumento di capitale – a tutte le “deliberazioni di competenza dell’assemblea dei soci”; infine, si riferisce più selettivamente ai voti spettanti “al socio o ai soci di maggioranza” la portata “soggettiva” della sostituzione, facendo “in ogni caso salvi i diritti di informazione e di voto dei soci di minoranza”. Per contro non è stata recepita la distinta fattispecie delle domande concorrenti contemplata dall’originario disegno di legge 11 marzo 2016, n. 3671, che recepiva in larga misura le proposte contenuta nello schema di legge elaborato dalla Commissione Rordorf (e che per tale ragione definito anche come “disegno di legge Rordorf”). Lo schema di legge delega veniva a delineare uno scenario ulteriormente evolutivo nel quale la disciplina del concordato preventivo sarebbe definitivamente uscito dalla sfera di esclusiva iniziativa e paternità del debitore, in quanto ai due istituti introdotti dal D.L. n. 83 del 2015 delle offerte concorrenti, che i terzi possono presentare nell’ambito della proposta concordataria presentata dal debitore e delle proposte concorrenti, che alcuni creditori qualificati possono avanzare nell’ambito di una procedura avviata comunque dal debitore, si sarebbe affiancato l’innovativo istituto delle domande concorrenti, che i creditori potranno presentare, dando così avvio alla procedure nonostante l’inerzia del debitore, qualora quest’ultimo si trovi in una situazione non di mera crisi, ma di vera e propria insolvenza.
[7] 
Il riconoscimento di tale orientamento come maggioritario in dottrina trova riscontro anche in giurisprudenza. Così, infatti, Trib. Napoli, 2 febbraio 2018, in il Fallimento, 1/2019: «Sebbene l’esegesi della norma veda contrapporsi all’orientamento che limita la legittimazione ai creditori concorsuali, consentendo solo a chi già rivestiva tale qualità di acquistare ulteriori crediti fino al raggiungimento della soglia minima del 10%, la dottrina prevalente che anche prendendo spunto dalla Relazione Illustrativa del DL n. 83 del 2015, preferisce leggere la disposizione nel senso che anche un terzo, che diventi creditore per acquisti successivamente al deposito del ricorso da parte del debitore, possa presentare una proposta concorrente […]».
[8] 
Questa interpretazione – sostenuta anche chi scrive in Abriani, Proposte concorrenti, operazioni straordinarie, cit., 365 (e ribadita in Proposte e domande, cit., 269) – vede convergere la dottrina prevalente: ex multis, si esprimono in questo senso; Bozza, Le proposte e le offerte concorrenti, cit., 15; D’Attorre, Le proposte di concordato preventivo concorrenti, cit. 1163; Vitali, Profili di diritto societario delle “proposte concorrenti” nella “nuova” disciplina di concordato preventivo, in Rivista delle società, 2016, 870; Vella, La contendibilità dell’azienda in crisi. Dal concordato in continuità alla proposta alternativa del terzo, in ilcaso.it, 2 febbraio 2016, 23: Rossi, Il difficile avvio delle proposte concorrenti nel concordato preventivo, in Fallimento, 2019, 1, 87. 
[9] 
Si vedano, per una conferma in tal senso la Circolare operativa n. 2/16 del Tribunale di Bergamo, p 6-8 ove si chiarisce «la nuova disciplina precisa che tale quota ben può essere raggiunta anche per effetto di acquisti successivi alla presentazione della domanda, e v’è motivo di ritenere che tali operazioni di “rastrellamento” non siano precluse a soggetti che originariamente non facessero parte dei creditori concorsuali»; e la Circolare operativa del 19 gennaio 2016 del Tribunale di Monza, p. 3, secondo cui «legittimato alla presentazione di una proposta concorrente è qualsiasi soggetto, anche non facente parte del novero dei creditori concorsuali, che rappresentino almeno il 10% dei crediti, eventualmente per effetto di acquisti successivi alla presentazione della domanda di concordato».
[10] 
Oltre che difficilmente con il costrutto della proposizione che si premura di specificare, subito dopo “uno o più creditori”, “che, anche per effetto di acquisti successivi…”.
[11] 
D’Attorre, op. cit., 1164; Bozza, op. cit., 7 ss.; sul problema, in relazione in generale alle proposte concorrenti, v. anche Galletti, op. cit., 2 ss.; Ambrosini, Il diritto della crisi d’impresa nella legge n. 132 del 2015 e nelle prospettive di riforma, ilcaso.it, 27 ss. ove ult. rif.; Lo Cascio, Introduzione, in Aa.Vv., Decreto giustizia: le novità in materia fallimentare, in corso di pubblicazione, 4. V. anche quanto rilevato a proposito dell’ordinamento francese e dei rilievi di incostituzionalità degli articoli introdotti dall’ultima novella nel code de commerce per contrasto con l’art. 17 DDHC, che consente la privazione del diritto di proprietà solo a fronte di una necessità pubblica ed un giusto indennizzo: Martinez - Vermeille, La réforme en cours du droit des entreprises en difficulté, quand la Constitution s’en mêle, in RTDF, n° 2, 2014, pp. 33-36; Vermeille, Le volet droit des faillites de la loi “Macron” : une intention louable au départ, mais un résultat dangereux à l’arrivée, in Recueil Dalloz, 19 février 2015, n° 7, pp. 4-5. Per l’ordinamento tedesco, nel quale si prefigura il contrasto con il §14 GG (che all’Abs. 3 riproduce sostanzialmente un contenuto analogo), v. Von Spee, Gesellschafter im Reorganisationsverfahren, Köln, 2014, 177 ss. e in part. nt. 1095 per ampie citazioni alla dottrina che ha rilevato un possibile contrasto fra l’ESUG e i §§ 9 e 14 GG; e Prusko, Die Gesellschafterstellung in der Insolvenz, München, 2013 , 93 ss., ove ampi riferimenti (e a 101 ss. la trattazione, e il superamento, dell’ulteriore dubbio di illegittimità costituzionale rispetto alla libertà di associazione).
[12] 
Abriani, Proposte e domande concorrenti, cit, 279. 
[13] 
Così D’Attorre, op. cit., 1164. 
[14] 
Non dovendosi necessariamente ripristinare, in virtù della sospensione di cui all’art. 182 sexies L. fall., il rapporto minimo di due a tre tra patrimonio netto e capitale post aumento, altrimenti richiesto per le società in bonis dalla nota Massima n. 122 del Consiglio Notarile di Milano (reperibile su http://www.consiglionotarilemilano.it/documenti-comuni/massime-commissione-societa/122.aspx), sulla quale v. anche infra. 
[15] 
Sul punto v. Fabiani, L’ipertrofica legislazione concorsuale fra nostalgie e incerte contaminazioni ideologiche, in www.ilcaso.it e l’Orientamento del Consiglio notarile di Firenze. 
[16] 
D’Attorre, op. cit., 1164.
[17] 
Così ancora D’Attorre, op. loc. ult. cit.
[18] 
In argomento mi permetto di rinviare ad Abriani,La proprietà come diritto dell’individuo di fronte alla comunità internazionale, L’incidenza del diritto internazionale sul diritto civile (Atti del Convegno Nazionale SISDiC su L’incidenza del diritto internazionale sul diritto civile, Capri, 25-27 marzo 2010), Napoli, 2011, 91 ss.
[19] 
Per alcune considerazioni sul punto si veda ex multis Stanghellini, Proprietà e controllo dell'impresa in crisi, in Riv. soc., 2004, 1041 ss.; Montalenti, La gestione dell'impresa di fronte alla crisi tra diritto societario e diritto concorsuale, in RDS, 2011, 820 ss. ed anche D’Attorre, op. cit., p. 1164; Vicari, I doveri degli organi sociali e dei revisori in situazioni di crisi d'impresa, in Giur. comm.,2013, I, 128 ss.; Rordorf, Doveri e responsabilità degli amministratori di società di capitali in crisi,in Società, 2013, 669 ss.
[20] 
Per giunta con la formulazione di una proposta di soddisfacimento dei creditori chirografari per percentuali inferiori a quelle individuate dall’art. 165 L. Fall. 
[21] 
Oltre agli argomenti richiamati nel testo. l’interpretazione esasperatamente “soggettiva” qui criticata si espone com’è stato osservato da Bozza, op. cit., 15 ss., a un’ulteriore obiezione, di carattere apagocico. Essa infatti rischierebbe di condurre a risultati potenzialmente paradossali nella sua connessione logica con la successiva parte del quarto comma dell’articolo de quo, per la quale «ai fini del computo della percentuale del dieci per cento, non si considerano i crediti della società che controlla la società debitrice, delle società da queste controllate e di quelle sottoposte a comune controllo». Conducendo alle estreme conseguenze la visione soggettivistica e lo sfasamento dei termini postulato tra il momento di apertura della procedura e la data di presentazione della proposta concorrente, la tesi restrittiva potrebbe indurre a riferire il divieto unicamente agli acquisti posti in essere da creditori per il raggiungimento di detta soglia e non, anche, da quei soggetti che già vantino pretese creditizie nei confronti della società per un importo superiore al dieci per cento dell’indebitamento complessivo della stessa. In tal modo si finirebbe con il legittimare alla proposizione di proposte concorrente eventuali creditori preesistenti titolari di una partecipazione al passivo superiore al dieci per cento anche se controllanti del debitore, da questi controllati o sottoposti a comune controllo, in aperta e manifesta contraddizione con la voluntas legis che è, invece, quella di escludere dal novero dei legittimati tutti quei soggetti che siano, in via diretta o indiretta, riconducibili al debitore (e su queste aporie v. ancora Bozza, op. loc. ult. cit.).
[22] 
In questo senso, inter alia, D’Attorre, op. cit, p. 1164; Galanti, op. cit., p. 969; Bozza, op. cit, pp. 15-18; Vitali, op. cit, p. 870, e Vella, op. cit. p. 23.
[23] 
In questi termini si esprime chiaramente Bozza, op. cit, pp. 15-18. 
[24] 
Cfr. sul punto Bozza, op. cit, pp. 15-18. 
[25] 
In questo senso si esprimono Rossi, op. cit., p. 87; ed anche Vella, op. cit., p. 23.
[26] 
D’Attorre, op. cit., 1165.
[27] 
D’Attorre, op. loc. ult. cit.
[28] 
Così ancora D’Attorre, op. cit., 1165, secondo il quale, in quest’ultima prospettiva, “la soglia del dieci per cento dei crediti richiesta quale presupposto soggettivo è ingiustificatamente alta e penalizzante, imponendo di fatto agli operatori interessati di rivolgersi al ceto bancario per acquisire i crediti necessari al raggiungimento della soglia minima”, essendo “improbabile che l’altro creditore forte (lo Stato) possa essere indotto a cedere i propri crediti” e risultando nella prassi parimenti “difficile raggiungere la soglia attraverso l’acquisto dei crediti vantati dai fornitori o dai lavoratori, spesso titolari di importi limitati”. 
[29] 
Sul punto si veda Bozza, op. cit., pp. 15-18. 
[30] 
In questi termini, e con particolare vigore, si esprime Vella, op. cit., p. 23. 
[31] 
Cfr. sul punto Panzani, op. cit.; e Bozza, op. cit., pp. 15-18. 
[32] 
Dispone infatti l’art. 90 del Codice della Crisi: “Colui o coloro che, anche per effetto di acquisti successivi alla domanda di concordato, rappresentano almeno il dieci per cento dei crediti risultanti dalla situazione patrimoniale depositata dal debitore, possono presentare una proposta concorrente di concordato preventivo e il relativo piano non oltre trenta giorni prima della data iniziale stabilita per la votazione dei creditori”.

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I sistemi informatici e le procedure software preposte al funzionamento di questo sito web acquisiscono, nel corso del loro normale esercizio, alcuni dati personali la cui trasmissione è implicita nell'uso dei protocolli di comunicazione di Internet. In questa categoria di dati rientrano gli indirizzi IP, gli indirizzi in notazione URI (Uniform Resource Identifier) delle risorse richieste, l'orario della richiesta, il metodo utilizzato nel sottoporre la richiesta al server, la dimensione del file ottenuto in risposta, il codice numerico indicante lo stato della risposta data dal server (buon fine, errore, ecc.) ed altri parametri relativi al sistema operativo dell'utente.

Tempi di conservazione dei Suoi dati - I dati personali raccolti durante la navigazione saranno conservati per il tempo necessario a svolgere le attività precisate e non oltre 24 mesi.

Modalità del trattamento - Ai sensi e per gli effetti degli artt. 12 e ss. del GDPR, i dati personali degli interessati saranno registrati, trattati e conservati presso gli archivi elettronici delle Società, adottando misure tecniche e organizzative volte alla tutela dei dati stessi. Il trattamento dei dati personali degli interessati può consistere in qualunque operazione o complesso di operazioni tra quelle indicate all' art. 4, comma 1, punto 2 del GDPR.

Comunicazione e diffusione - I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati, intendendosi con tale termine il darne conoscenza ad uno o più soggetti determinati, dalla Società a terzi per dare attuazione a tutti i necessari adempimenti di legge. In particolare i dati personali dell’interessato potranno essere comunicati a Enti o Uffici Pubblici o autorità di controllo in funzione degli obblighi di legge.

I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati nei seguenti termini:

  • - a soggetti che possono accedere ai dati in forza di disposizione di legge, di regolamento o di normativa comunitaria, nei limiti previsti da tali norme;
  • - a soggetti che hanno necessità di accedere ai dati per finalità ausiliare al rapporto che intercorre tra l’interessato e la Società, nei limiti strettamente necessari per svolgere i compiti ausiliari.

Diritti dell’interessato - Ai sensi degli artt. 15 e ss GDPR, l’interessato potrà esercitare i seguenti diritti:

  • 1. accesso: conferma o meno che sia in corso un trattamento dei dati personali dell’interessato e diritto di accesso agli stessi; non è possibile rispondere a richieste manifestamente infondate, eccessive o ripetitive;
  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

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