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Cross-class cram-down: dubbi interpretativi e prima soluzione giurisprudenziale

Francesco Aliprandi, Dottore Commercialista in Brescia
Alessandro Turchi, Dottore Commercialista in Milano

3 Maggio 2023

L’art. 112, comma 2, CCII, che disciplina il c.d. meccanismo del cross-class-cram-down o ristrutturazione trasversale, mostra un evidente favor legislativo verso soluzioni che prevedono la prosecuzione dell’attività aziendale. La locuzione “in mancanza” utilizzata dal legislatore, tuttavia, si presta a talune perplessità applicative. Dopo aver esaminato le condizioni, e i relativi dubbi interpretativi, che consentono di ottenere l’omologazione con l’approvazione dell’autorità giudiziaria e quindi al di fuori di una logica di autonomia negoziale fra debitore ed i suoi creditori, il presente elaborato si concentra sulla recente sentenza del Tribunale di Bergamo che prende posizione sul tema declinando il significato della norma interna alla luce di quella unionale.
Riproduzione riservata
1 . Introduzione
Come è già stato evidenziato da più parti, il concordato preventivo in continuità aziendale costituisce uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza che il D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (di seguito Codice o CCII) tende a privilegiare mediante l’introduzione di norme che consentono di rendere più agevole il raggiungimento del giudizio di omologazione sia rispetto alla precedente formulazione contenuta nella legge fallimentare sia in raffronto al concordato liquidatorio. La disposizione che maggiormente esalta tale favor del legislatore è rappresentata dall’art. 112, comma 2, CCII, il quale disciplina i presupposti per ottenere l’omologa di una proposta di concordato in continuità aziendale che non abbia raggiunto il voto favorevole di tutte le classi di creditori, come previsto dall’art. 109, comma 5, CCII.
La norma assume un ruolo centrale nel sistema concorsuale interno in quanto la difficoltà di conseguire il consenso unanime delle classi imposto dal legislatore per ottenere l’omologa di una proposta di concordato in continuità, indurrà presumibilmente molte imprese a ricorrere al meccanismo noto come cross-class-cram-down, ai sensi del secondo comma dell’art. 112 CCII.
La formulazione della norma, frutto della più intensa influenza esercitata dalla Direttiva 2019/1023 (nota come Direttiva Insolvency) sebbene mostri un evidente favor verso soluzioni che prevedono la prosecuzione dell’attività aziendale (diretta o indiretta), si presta a talune perplessità interpretative che potrebbero dare luogo a controversie in sede di applicazione della stessa. Sul punto, è intervenuto recentemente il Tribunale di Bergamo con una pronuncia, la prima per quanto consta agli scriventi, che analizza in modo dettagliato e puntuale il ricorso congiunto delle quattro condizioni declinate dall’art. 112, comma 2, CCII ai fini dell’omologazione del concordato non approvato dai creditori.
2 . L’omologazione forzata in caso di approvazione non unanime delle classi tra Codice della crisi e Direttiva Insolvency
Con il D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, che dà attuazione alla Direttiva Insolvency, è stata profondamente innovata la disciplina dell’omologazione del concordato preventivo, che ora è contenuta negli artt. 48 e 112 CCII. Il primo, che non costituisce oggetto di approfondimento nel presente elaborato[1], contiene le norme processuali del giudizio di omologazione del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione ed è stato rivisto dal decreto Insolvency al fine di renderlo maggiormente rispondente alle modifiche apportate alla disciplina del concordato preventivo in continuità aziendale in termini di contenuto della proposta, formazione delle classi, diritto di voto e ristrutturazione trasversale, quest’ultima disciplinata dall’art. 112, comma 2, CCII.
Come noto, il concordato preventivo in continuità aziendale si intende approvato quando sia stato votato favorevolmente da tutte le classi nelle quali il ceto creditorio è stato suddiviso[2]. Infatti, ferma l’obbligatoria formazione delle classi nel concordato in continuità, il novellato comma quinto dell’art. 109 CCII dispone che “Il concordato in continuità aziendale è approvato se tutte le classi votano a favore”. Ai fini dell’unanimità del voto, il legislatore precisa che “In ciascuna classe la proposta è approvata se è raggiunta la maggioranza dei crediti ammessi al voto”. Ne discende che ai fini dell’approvazione della proposta di concordato in continuità aziendale è necessario raggiungere in tutte le classi la maggioranza dei crediti inseriti in ciascuna di esse. All’interno di uno scenario normativo che privilegia le soluzioni concordate della crisi in continuità aziendale, ferma l’assenza di pregiudizio per i creditori, si tratta di una disposizione che potrebbe pregiudicare l’approvazione della proposta di concordato in continuità. Pertanto, conscio della difficoltà di raggiungere la maggioranza in tutte le classi, il legislatore ha introdotto un meccanismo per il quale l’adesione della singola classe (dal quale dipende il consenso unanime richiesto dalla norma) può anche non dipendere dal voto favorevole della maggioranza dei crediti in essa inseriti: in caso di mancato raggiungimento della maggioranza in tutte le classi la proposta è approvata “se hanno votato favorevolmente i due terzi dei crediti dei creditori votanti, purché abbiano votato i creditori titolari di almeno la metà del totale dei crediti della medesima classe”, così prosegue il primo periodo del quinto comma dell’art. 109 CCII. In virtù di questo meccanismo, che sopperisce la difficoltà di ottenere la maggioranza in tutte le classi richiesta dal primo periodo della disposizione in esame, si ritiene consenziente anche la classe nella quale hanno votato favorevolmente i due terzi dei crediti votanti, purché abbia votato almeno la metà dei crediti della classe medesima.
Se il debitore non ottiene l’approvazione della sua proposta anche in tale contesto, è comunque possibile per l’imprenditore chiedere l'omologazione, purché ricorrano le condizioni di cui all’art. 112, comma 2, CCII[3]. Quest’ultimo, diversamente dalla precedente formulazione contenuta nell’art. 180, comma 4, L. fall., pone anzitutto un criterio discretivo a seconda che si tratti di concordato liquidatorio o in continuità aziendale. In particolare, il secondo comma dell’art. 112 CCII dispone che nel concordato preventivo in continuità aziendale, se una o più classi sono dissenzienti, il tribunale, su richiesta del debitore[4], omologa altresì se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:
a)il valore di liquidazione è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione;
b) il valore eccedente quello di liquidazione è distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore, fermo restando quanto previsto dall'articolo 84, comma 7;
c) nessun creditore riceve più dell'importo del proprio credito;
d) la proposta è approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza, la proposta è approvata da almeno una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione”.
Tale norma disciplina la ristrutturazione trasversale dei debiti dell’impresa, che consente di imporre alle classi di creditori dissenzienti la ristrutturazione che esse hanno respinto con il loro voto contrario, in forza di un piano omologato dall’autorità giudiziaria, nonostante appunto il dissenso di una o più classi di creditori. Per comprendere compiutamente il significato della norma è necessario rifarsi alla disciplina della Direttiva Insolvency e segnatamente al suo art. 11 sul c.d. cross-class cram-down, da cui trae origine la disciplina di cui all’art. 112, comma 2, CCII.
Prima di ripercorrere, nei limiti del presente elaborato, il contenuto dell’art. 11 della Direttiva Insolvency, è utile richiamare taluni considerando contenuti nella stessa in quanto permettono di comprendere la portata e il significato della disposizione stessa. In particolare, il considerando n. 53 riconosce la possibilità che un piano di ristrutturazione non approvato dalla maggioranza richiesta in ciascuna classe possa essere omologato dall’autorità giudiziaria su proposta di un debitore o con l’accordo del debitore. In caso di ristrutturazione trasversale, precisa il considerando in esame, il piano per essere omologato dovrebbe essere sostenuto dalla maggioranza delle classi di voto di parti interessate, di cui almeno una dovrebbe essere una classe di creditori garantiti o avere rango superiore alla classe dei creditori non garantiti. Qualora la maggioranza delle classi non sostenga il piano di ristrutturazione, prosegue il successivo considerando n. 54, dovrebbe essere consentito che il piano venga comunque omologato qualora la proposta sia approvata “da almeno una classe di creditori interessati o che subiscono un pregiudizio che, in base a una valutazione del debitore in regime di continuità aziendale, riceveranno pagamenti o manterranno interessi o, se previsto dal diritto nazionale, si possa ragionevolmente presumere che ricevano pagamenti o mantengano interessi se fosse applicato l'ordine delle cause legittime di prelazione previsto dal diritto nazionale in caso di liquidazione”. In tal caso, gli Stati membri non dovrebbero esigere il consenso di tutte le classi, se sono soddisfatte le altre condizioni per l'applicazione del meccanismo di ristrutturazione trasversale dei debiti. Infine, il considerando n. 55 precisa che gli Stati membri dovrebbero assicurare che le classi dissenzienti di creditori interessati non siano ingiustamente pregiudicate dal piano proposto e, pertanto, è necessario garantire che i creditori di una classe dissenziente ricevano “un trattamento tanto favorevole quanto quello delle altre classi dello stesso rango e più favorevole di quello delle classi inferiori”.
Anche alla luce dei considerando sopra esposti, la Direttiva Insolvency disciplina la ristrutturazione trasversale nell’art. 11, dal quale trae origine il secondo comma dell’art. 112 della normativa nazionale. L’art. 11, per quel che qui interessa, così stabilisce:
1.Gli Stati membri provvedono affinché il piano di ristrutturazione che non è approvato da tutte le parti interessate di cui all'articolo 9, paragrafo 6, in ciascuna classe di voto, possa essere omologato dall'autorità giudiziaria o amministrativa, su proposta del debitore o con l'accordo del debitore, e possa diventare vincolante per le classi di voto dissenzienti se esso soddisfa almeno le condizioni seguenti: …
b) è stato approvato:
i) dalla maggioranza delle classi di voto di parti interessate, purché almeno una di esse sia una classe di creditori garantiti o abbia rango superiore alla classe dei creditori non garantiti; oppure, in mancanza,
ii) da almeno una delle classi di voto di parti interessate o, se previsto dal diritto nazionale, di parti che subiscono un pregiudizio, diversa da una classe di detentori di strumenti di capitale o altra classe che, in base a una valutazione del debitore in regime di continuità aziendale, non riceverebbe alcun pagamento né manterrebbe alcun interesse o, se previsto dal diritto nazionale, si possa ragionevolmente presumere che non riceva alcun pagamento né mantenga alcun interesse se fosse applicato il normale grado di priorità di liquidazione a norma del diritto nazionale
.
c) assicura che le classi di voto dissenzienti di creditori interessati ricevano un trattamento almeno tanto favorevole quanto quello delle altre classi dello stesso rango e più favorevole di quello delle classi inferiori; e
d) nessuna classe di parti interessate può ricevere o conservare in base al piano di ristrutturazione più dell'importo integrale dei crediti o interessi che rappresenta
”.
Le condizioni previste dalla Direttiva Insolvency ai fini dell’applicazione del meccanismo del cross-class cram-down si riflettono in quelle introdotte dal legislatore nazionale nel secondo comma dell’art. 112 CCII. Le condizioni individuate dal legislatore sono quattro, le prime tre riguardano il trattamento riservato ai creditori[5], mentre la quarta, esaminata nel paragrafo che segue, concerne la necessaria sussistenza di un voto comunque qualificato.
La prima condizione prevede che, secondo il piano predisposto dal debitore, il valore di liquidazione venga distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione. In tal caso, pertanto, il legislatore esige di valutare il rispetto del criterio di cui all’art. 84, comma sesto, CCII (regola della priorità assoluta).
La seconda condizione posta dal legislatore concerne i criteri di distribuzione del valore eccedente quello di liquidazione[6]. Quest’ultimo deve essere distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore, fermo restando la previsione di cui al settimo comma dell’art. 84 CCII. Tale disposizione risulta coerente con l’art. 11, par. 1, lett. c) della Direttiva Insolvency sopra richiamato[7].
La terza condizione costituisce la trasposizione letterale dell’art. 11, par. 1, lett. d) della Direttiva Insolvency sopra richiamato, per cui il legislatore esige che nessun creditore riceva più dell’importo del proprio credito[8]. Tale disposizione è volta ad evitare che vengano formulate promesse ai creditori di benefici aggiuntivi (es. interessi non dovuti) al fine di ottenere il voto favorevole in violazione delle regole del concorso.
3 . La condizione di cui alla lettera d) del secondo comma dell’art. 112 CCII e i dubbi interpretativi
La quarta condizione prevista dall’art. 112, secondo comma, CCII ai fini dell’applicazione del meccanismo del cram down, che rappresenta il vero snodo essenziale dell’istituto,riflette le previsioni dell’11, par. 1, lett. b) della Direttiva Insolvency. La disposizione formula due ipotesi tra loro alternative.
In primo luogo, la prima parte della lt. d) della norma in esame prevede che ai fini dell’omologazione del concordato in continuità non sia necessaria l’unanimità delle classi, bensì occorre che sia raggiunta la maggioranza delle stesse. Tuttavia, anche quest’ultima non è sufficiente per ottenere l’omologazione forzata da parte del tribunale. Infatti, è necessario altresì che almeno una delle classi favorevoli sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione. Come noto, ai sensi dell’art. 109, comma 5, CCII, al voto partecipano anche i creditori assistiti da diritti di prelazione nel caso in cui non siano soddisfatti integralmente, in denaro ed entro 180 giorni (fatta eccezione per i lavoratori per i quali il legislatore introduce una previsione ad hoc). Poiché per la parte capiente tali creditori sono inseriti in una classe autonoma, si comprende la ragione per la quale il loro voto favorevole è considerato dal legislatore decisivo ai fini dell’applicazione del meccanismo del cram down: i creditori privilegiati soddisfatti parzialmente nei limiti della garanzia non hanno un interesse specifico in quanto ricevono quanto otterrebbero dalla liquidazione, sì che un loro voto a favore assume un significativo sostegno al debitore[9]. Pertanto, i creditori titolari di diritti di prelazione cui si riferisce la norma, implicitamente, sono rappresentati da creditori prelazionari non soddisfatti entro 180 giorni integralmente ed in denaro, poiché altrimenti non potrebbero votare, ma sono pur sempre ancora da pagare nel rispetto della loro prelazione. Ne discende che non possono essere i creditori originariamente prelazionari ma poi divenuti chirografari per incapienza del bene oggetto della prelazione, almeno per la parte degradata, o creditori che abbiano rinunciato alla prelazione, anch’essi per la parte rinunciata e degradata, in quanto una classe di tal genere non integrerebbe il requisito richiesto in esame[10].
La norma prevede, tuttavia, una condizione alternativa “in mancanza” di quella sopra esaminata, utilizzando tuttavia una locuzione grammaticale non proprio eccelsa. In tale evenienza, ai fini dell’omologazione occorre che abbia votato favorevolmente, approvando la proposta, almeno una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione. L’utilizzo dell’espressione “in mancanza” suscita, tuttavia, talune perplessità e dubbi interpretativi poiché non chiarisce se ciò significhi che debbano non essere presenti classi di creditori privilegiati o se l’omologa possa avvenire anche se nessuna classe di privilegiati, in ipotesi esistente, abbia votato a favore. Due, pertanto, pare che siano le possibili interpretazioni: (i) se la locuzione si riferisce alla mancanza dell’approvazione da parte della maggioranza delle classi, allora sarà sufficiente il voto favorevole di una sola classe, seppure con le caratteristiche indicate nel periodo finale del comma secondo; (ii) se la locuzione si riferisce alla classe formata da creditori titolari di diritti di prelazione, allora il voto favorevole della maggioranza delle classi dovrà comunque essere raggiunto.
Come è stato osservato[11], l’espressione “in mancanza” sembra da intendere sia nel senso che una classe favorevole di creditori prelazionari potrebbe non essere stata contemplata nella proposta del debitore, sia nel senso che, pur essendo state contemplate classi di tal genere, nemmeno una di esse abbia votato favorevolmente. Per poter effettuare correttamente la verifica circa la soddisfazione conseguita in applicazione della regola della priorità assoluta anche sul valore eccedente quello di liquidazione, occorre sommare tutto l’attivo del debitore (valore di liquidazione e surplus), senza considerare gli apporti di finanza esterna in quanto non assoggettabili alle regole del concorso, e controllare che, in caso di distribuzione di tale attivo secondo le regole della graduazione, la classe in questione riceverebbe almeno un pagamento parziale (classe di creditori c.d. in the money). Pertanto, secondo questo filone interpretativo, la deroga alla graduazione secondo la priorità assoluta che consente la distribuzione del surplus concordatario secondo la più flessibile regola della priorità relativa deve risultare gradita da almeno una classe di creditori per i quali tale deroga potrebbe risultare economicamente svantaggiosa[12]. In sostanza, se i creditori svantaggiati, fermo restando la waterfall di cui all’art. 84 CCII, approvano il concordato preventivo in continuità aziendale, il tribunale può omologare la proposta[13]. Il concordato preventivo in continuità, in conclusione, passa il filtro dell’omologa se è favorevolmente accolto da una classe di creditori in esso “maltrattati”, in quanto titolari di una aspettativa virtuale di miglior soddisfazione alla stregua del proprio rango creditorio[14].
In questo contesto, come autorevolmente osservato, la disposizione di cui alla seconda parte della lt. d) dell’art. 112, comma 2, CCII sancisce senza ombra di dubbio che il principio di maggioranza è stato divelto: la classe degli svantaggiati ha l’asso nella manica in quanto il loro voto favorevole fa premio su tutti gli altri creditori[15].
4 . La posizione assunta dal Tribunale di Bergamo dell’11 aprile 2023 in relazione alla condizione di cui alla lett. d) dell’art. 112, comma 2, CCII
Con la prima pronuncia giurisprudenziale, per quanto consta agli scriventi, il Tribunale di Bergamo, con sentenza dell’11 aprile 2023, ha preso posizione sul dubbio interpretativo sollevato dalla lettura dell’art. 112, comma 2, lt. d) CCII, fornendo una argomentazione puntuale e precisa che declina il significato della norma contenuta nel sistema concorsuale nazionale alla luce di quella unionale.
Nel caso di specie, il debitore ha presentato ricorso, ex artt. 40 e 84 CCII, per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo, a seguito del quale il Tribunale, valutata la ritualità della domanda, ha dichiarato l’apertura della procedura stessa. Il piano concordatario prevede la cessione dell’attività in esercizio, il pagamento parziale di taluni crediti privilegiati e la suddivisione dei creditori in n.ro 21 classi.
All’esito della votazione il commissario giudiziale ha comunicato che la proposta di concordato non è stata approvata dai creditori, in quanto non sono state raggiunte le maggioranze richieste di cui all'art. 109 comma 5 del CCII, avendo votato favorevolmente alla proposta soltanto tre classi. In seguito, il debitore ha presentato istanza ex art. 112, comma 2, CCII per aprire comunque la fase della omologazione del concordato, ritenendo sussistenti tutti i requisiti stabiliti da tale norma per ottenere la omologazione del concordato da parte del Tribunale, in assenza di approvazione dei creditori.
In primo luogo, i giudici di merito precisano che, a seguito della richiesta del debitore di omologazione ex art. 112, comma 2, CCII il Tribunale è chiamato a verificare non tanto la convenienza economica della proposta di concordato rispetto all’alternativa liquidatoria, posto che tale valutazione spetta ai creditori mediante il loro voto (oppure, in via residuale, al Tribunale nel solo caso in cui sia stato richiesto dal creditore dissenziente ai sensi dell’art. 112, comma 4, CCII), bensì è tenuto a verificare se sussistono congiuntamente la quattro condizioni previste dal secondo comma dell’art. 112. CCII.
A seguito dell’esame delle condizioni di cui alle lt. a), b), e c), il Tribunale si sofferma ampiamente su quella di cui all’ultima lettera, che, come anticipato nelle pagine precedenti, rappresenta il vero snodo essenziale.
In primo luogo, il Tribunale si interroga sulla locuzione “in mancanza” e richiama l’art. 11 della Direttiva Insolvency. Poiché il legislatore europeo ha utilizzato il punto e virgola prima di tale locuzione, appare “certo e inconfutabile che la previsione di cui al romanino “ii” (ossia l’approvazione di almeno una classe) sia alternativo rispetto alla previsione di cui all’intero romanino “i” (ossia all’approvazione da parte della maggioranza di classi)”. Pertanto, concludono i Giudici di merito, “secondo il canone ermeneutico della interpretazione conforme al diritto dell’Unione Europea, anche l’art. 112, 2° comma, lett. D del CCII va interpretato nel senso che la proposta di concordato è approvata dalla “maggioranza delle classi … oppure, in mancanza, la proposta è approvata da almeno una classe …”.
Sulla base di ciò, rilevato che non è stata raggiunta la maggioranza delle classi, avendo votato favorevolmente tre classi su ventuno, nel caso in esame difetta la prima delle due condizioni alternativamente previste, ossia l’approvazione maggioritaria dei creditori. In considerazione della natura alternativa delle condizioni, il Tribunale è quindi tenuto ad accertare se la proposta sia stata approvata “da almeno una classe di creditori che sarebbero parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione”, come disposto dall’ultima parte della lt. d) della disposizione in esame.
Alla luce dell’art. 11, lt. b), ii) della Direttiva Insolvency, il legislatore europeo ha inteso consentire all’autorità giudiziaria di omologare la proposta concordataria solo se essa sia stata approvata da almeno una classe di creditori (privilegiati), che nel concordato venga trattata in maniera deteriore, in termini di pregiudizio, rispetto all’ipotesi della liquidazione giudiziale. Tale classe, precisa il Tribunale, deve essere diversa da una classe di creditori (chirografari), che non riceverebbe alcun pagamento nell’ipotesi di prosecuzione dell’impresa in crisi o nell’ipotesi alternativa della liquidazione giudiziale.
Premesso che la ratio dell’art. 112, comma 2, CCII è quella di favorire la continuità aziendale funzionale a riammettere nel mercato l’impresa in crisi e salvaguardare i posti di lavoro in essa impiegati, ai fini di ottenere l’omologazione con l’approvazione dell’autorità giudiziaria “occorre, quale requisito minimo, quello della approvazione della proposta da parte di almeno una classe di creditori privilegiati, che sia per così dire “maltrattata” nella proposta concordataria e pur tuttavia sia fiduciosa nella bontà della proposta di “rilancio” dell’impresa”[16]. Ne discende che, ai fini di ottenere l’omologazione al di fuori di una logica di autonomia negoziale fra debitore ed i suoi creditori ai sensi dell’art. 112, comma 2, CCII, deve votare favorevolmente almeno una classe di creditori che subirebbero un pregiudizio in ambito concordatario e non, al contrario, classi che sarebbero trattate più favorevolmente nell’ipotesi concordataria rispetto a quella liquidatoria.
Nel caso di specie, le classi che hanno votato favorevolmente non riceverebbero alcun pagamento dal patrimonio di liquidazione nella ipotesi alternativa di liquidazione giudiziale, mentre con la proposta concordataria troverebbero soddisfazione in una certa misura. Pertanto, conclude il Tribunale senza provvedere all’omologazione poiché “le classi di creditori che hanno votato favorevolmente non sono quelle che subirebbero un pregiudizio in ambito concordatario, ma, al contrario, sono classi che sarebbero trattate più favorevolmente nell’ipotesi concordataria rispetto a quella liquidatoria”. 
5 . Conclusioni
L’art. 112, comma 2, CCII, che disciplina i presupposti per ottenere l'omologa di una proposta di concordato in continuità che non abbia conseguito il voto favorevole di tutte le classi di creditori, mostra un evidente favor legislativo verso soluzioni che prevedono la prosecuzione dell’attività aziendale funzionale a riammettere nel mercato l’impresa in crisi e mantenere i posti di lavoro in essa impiegati. La disposizione, frutto della più intensa influenza esercitata dalla Direttiva Insolvency, assume un ruolo centrale nel sistema concorsuale alla luce delle presumibili difficoltà di conseguire il consenso unanime delle classi imposto dal legislatore per ottenere l’omologa di una proposta di concordato in continuità. La locuzione “in mancanza” utilizzata dal legislatore nella norma in esame, tuttavia, si presta a talune perplessità interpretative. Il Tribunale di Bergamo con una pronuncia, la prima per quanto consta agli scriventi, a seguito di una puntuale ricostruzione della norma interna alla luce del diritto unionale, prende posizione sancendo che la condizione di cui alla lettera d) della norma sussiste, secondo una lettura conforme all’art. 11 della Direttiva Insolvency, qualora il concordato sia stato approvato dalla maggioranza delle classi, oppure, alternativamente, abbia conseguito il voto favorevole di almeno una classe che nel concordato sia per così dire “maltrattata” e pur tuttavia sia fiduciosa nella bontà della proposta di “rilancio” dell’impresa.

Note:

[1] 
Per maggiori approfondimenti si rimanda a S. LEUZZI, L’omologazione del concordato preventivo in continuità, in Dirittodellacrisi.it,16 febbraio 2023; G. NARDECCHIA, L’omologazione dei Concordati, in Il Fallimento n. 10 del 2022, pp. 1235 ss; M.BINELLI, L’omologazione del concordato in continuità non approvato, in Dirittodellacrisi.it, 27 dicembre 2022; I. PAGNI, M. FABIANI, I giudizi di omologazione nel Codice della Crisi, in Dirittodellacrisi.it, 31 agosto 2022.
[2] 
In tema v. P. BOSTICCO, Le maggioranze per l'approvazione del concordato in continuità aziendale, in Il Fallimentarista, 8 marzo 2023; G. BOZZA, Le maggioranze per l’approvazione della proposta concordataria, in Dirittodellacrisi.it, 3 agosto 2022; F. ALIPRANDI-E. MONZEGLIO-A. TURCHI, Voto e maggioranze nel nuovo concordato in continuità: una prima lettura con diversi punti interrogativi, in Quaderni di Ristrutturazioni Aziendali, Fascicolo n. 3/2022, pp. 72 ss.
[3] 
È opportuno evidenziare che anche in caso di omologa ai sensi dell’art. 112, comma 2, CCII di un concordato in continuità, il tribunale in tale sede dovrà sempre verificare: (i) la regolarità della procedura; (ii) l’esito della votazione; (iii) l’ammissibilità della proposta; (iv) la corretta formazione delle classi e la parità di trattamento dei creditori; (v) che il piano non sia privo di ragionevoli prospettive di impedire o superare l'insolvenza; (vi) che eventuali nuovi finanziamenti siano necessari per l'attuazione del piano e non pregiudichino ingiustamente gli interessi dei creditori.
[4] 
Allo stesso modo il tribunale può procedere con il necessario consenso del debitore qualora vi siano proposte concorrenti. In nessun caso, pertanto, il tribunale può procedere d’ufficio.
[5] 
Per un maggior approfondimento di tutte le condizioni ai fini dell’omologazione ex art. 112, secondo comma, CCII si rimanda a M. BINELLI, op. cit., pp. 10 e ss.
[6] 
In tema v. G.P. MACAGNO, La distribuzione di valore tra regole di priorità assoluta e relativa. Il plusvalore da continuità, in Dirittodellacrisi.it, 6 aprile 2022; G. LENER, Considerazioni intorno al plusvalore da continuità e alla “distribuzione” del patrimonio (tra regole di priorità assoluta e regole di priorità relativa, in Dirittodellacrisi.it, 25 febbraio 2022; G. ACCIARO-A. TURCHI, Le regole di distribuzione del patrimonio tra passato e futuro, in Ristrutturazioni Aziendali, 16 aprile 2022.
[7] 
Ci si è interrogati sul riferimento al trattamento “complessivo” richiamato dalla norma in esame. Sul punto, F. LAMANNA (a cura di), Il codice della crisi dopo il secondo correttivo, Milano, 2022, pp. 561-562. L’autore ritiene che il riferimento al trattamento complessivo dei crediti inclusi nelle classi dissenzienti sembrerebbe esigere che il test di raffronto si faccia tra la somma dei crediti comunque inclusi in tali classi dissenzienti, compresi dunque anche i crediti di creditori che abbiano votato favorevolmente.
[8] 
G. FICHERA, Il giudizio di omologazione nei concordati liquidatori e in continuità aziendale, in Studi sull’avvio del Codice della crisi, Speciale di Dirittodellacrisi.it, a cura di L. De Simone, M. Fabiani e S. Leuzzi, p. 152. L’autore sottolinea che la norma forse, per l’ovvietà di quanto disposto, non meritava una espressa menzione nel Codice. 
[9] 
M. FABIANI (a cura di), Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, Milano, 2023, p. 252.
[10] 
F. LAMANNA, op cit., p. 562.
[11] 
F. LAMANNA, op cit., pp. 562-563.
[12] 
Il controllo sopra richiamato avrebbe quindi la funzione di evitare che, in sede di programmata distribuzione del valore eccedente quello di liquidazione, il debitore possa, senza incorrere in conseguenze negative in sede di voto, riservare ad una classe di creditori un trattamento che potrebbe pregiudicarla in confronto al trattamento conseguibile in caso di applicazione della regola della priorità assoluta.
[13] 
M. FABIANI, op. cit., p. 253.
[14] 
S. LEUZZI, op. cit., p. 25.
[15] 
M. FABIANI, Il diritto diseguale nella concorsualità concordataria postmoderna, in Il Fallimento n. 12 del 2022, p. 1489. Così, precisa l’autore, sembra “quasi rovesciato il teorema di J. Rawls, A Theory of Justice, Cambridge, Massachusetts, 1971, per il quale una giustizia distributiva equa debba tener conto delle disuguaglianze immeritate e creare un sistema dove i meno avvantaggiati possano ottenere il massimo possibile”.
[16] 
Come contraltare, precisano i Giudici di merito, la medesima norma tutela ciascuno dei creditori dissenzienti, garantendo loro un trattamento non inferiore a quello a cui potrebbero aspirare nel caso di liquidazione giudiziale (art. 112, comma 2, lett. a) CCII).

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