Va però a questo punto rammentato che il ricorso al concordato minore è previsto, in via principale e proprio dall’art. 74, comma 1, CCII, come preferibilmente caratterizzato dalla continuità, in termini però non perfettamente coincidenti con quella propria del concordato preventivo.
Intanto, e lo si è già sottolineato, qui si parla di continuità sia aziendale che professionale. La seconda tipologia richiede non pochi adattamenti rispetto alla prima, comune invece al concordato preventivo.
Inoltre, qui il riferimento è solo alla “prosecuzione” e non contempla invece la “ripresa” dell’attività. Forse però, sotto questo profilo, il dato esegetico potrebbe essere superato dalla finalità prevalente, e dall’impronta caratterizzante del codice, volta a privilegiare ove possibile ogni forma di continuità.
Certamente tale ultima finalità, ricollegata alla tutela della continuità dell’azienda come valore dissociato rispetto all’imprenditore, unitamente all’assenza di indicazioni contrarie e al rinvio operato dall’art. 74, u.c., CCII, porta a ritenere che senz’altro anche nel caso che ci occupa si possa far riferimento alla continuità indiretta, nel senso di applicarsi anche in tal caso, per i cui presupposti si deve far rinvio alla normativa del concordato preventivo, la disciplina propria della continuità. Con un limite però, che consiste nell’impossibilità di configurare la continuità indiretta in caso di attività professionale, per essere quest’ultima strettamente connessa alla persona del professionista.
In proposito della continuità, interrogativo rilevante è anche quello della possibile applicabilità della disciplina relativa anche ove il soddisfacimento non discenda direttamente dalla continuità stessa, avendo l’art. 84, CCII; abbandonato il concetto di prevalenza. In altri termini ci si chiede se si sia in presenza di concordato in continuità, anche se la maggior parte del soddisfacimento avvenga tramite la liquidazione di beni.
Orbene, essendo tale scelta strumentale a favorire in ogni modo la continuità, eventualmente anche riconnessa a preservare una pur minima (ma non apparente, sussistendo pur sempre il limite del divieto abuso dello strumento concordatario) azienda, non v’è ragione di escludere l’applicabilità dell’indicata disposizione (art. 84, comma 3, CCII), sempre per il tramite dell’art. 74, u.c., CCII.
Ma non tutta la disciplina che il concordato preventivo dedica alla continuità può essere traslata al concordato minore.
Anzitutto, come si vedrà, mentre l’art. 84, comma 8, CCII, detta un’apposita disciplina della competitività delle cessioni per la porzione liquidativa del concordato in continuità, invece l’art. 81, CCII, non distingue affatto, per cui la norma si applicherà tanto al concordato liquidatorio come a quello in continuità.
Ci si deve peraltro domandare se sia applicabile anche l’art. 84, comma 6, CCII, in tema di facoltà di soddisfacimento dei creditori secondo l’absolute priority rule (soddisfacimento integrale del creditore poziore prima di passare a quello successivo) quanto al ricavato della liquidazione, ma del relative priority rule (pagamento del creditore di grado inferiore purché quello poziore sia soddisfatto in maniera più importante, anche se non totale) per quanto si riferisce invece al ricavato della continuità (flussi della continuità diretta, o prezzo della cessione o dell’affitto d’azienda, nella continuità indiretta).
Anche qui nessun ostacolo sembra frapporsi all’estensione di tale disposizione, ma addirittura si ha qui una conferma diretta, data dal fatto che, in base all’art. 78, comma 2 bis, CCII, si deve procedere alla nomina del commissario giudiziale, fra l’altro, allorché sussista la condizione di cui all’art.112, comma 2, lett. b), che appunto fa riferimento al caso in cui sia osservato per tutto l’attivo il criterio dell’absolute priority rule, ammettendo così l’ipotesi inversa.
Altre particolarità verranno affrontate in corso di trattazione.
Come per l’art. 100, CCII, in tema di concordato preventivo, anche l’art. 74, comma 3, CCII, prevede la possibilità - per l’ipotesi di continuità aziendale, non in quella del professionista -di tener fuori dall’attivo i beni strumentali, stabilendo in ispecie che si possa prevedere di continuare il pagamento integrale delle rate dei mutui assistiti da garanzia su tali beni, addirittura anche quando alcune d’esse siano rimaste inadempiute, purché il giudice autorizzi il pagamento del pregresso.
Tale previsione va accompagnata da un’attestazione dell’OCC che indichi come tale debito sarebbe egualmente pagato anche in caso di liquidazione e che tale modalità non lede gli altri creditori (ciò a tutela dei creditori chirografari, cui dunque si assicura che nessuna parte dell’attivo loro destinato sia stornato a vantaggio del privilegiato suddetto). Norma poi che indirettamente conferma come, aldilà dell’ipotesi ivi contemplata, non si può escludere un bene dal piano concordatario, per l’ostacolo che ne deriva dall’art. 2740, c.c., oltre che dall’applicabilità dell’art. 154, CCII, per il tramite dell’art. 96, CCII, che dunque determina lo scadere di tutte le obbligazioni con il decreto d’ammissione alla procedura [3].
La modalità suddetta risulta così alternativa rispetto al ricorso alla moratoria, disciplinata dall’art. 86, CCII, in tema di concordato preventivo, da ritenersi applicabile (2) perché nulla vi si oppone, e addirittura unica modalità a tutela della continuità per i professionisti, col che, ritenendo non estensibile siffatta disciplina, la continuità per questi ultimi sarebbe davvero una chimera.