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Saggio

Il concordato minore nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza quale evoluzione dell’accordo con i creditori*

Nicola Soldati, Professore associato di diritto dell’economia nell’Alma Mater Studiorum Università di Bologna

5 Novembre 2021

*Saggio destinato agli studi in onore del Prof. Sabino Fortunato, di prossima pubblicazione.
Il saggio è stato altresì sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Una disamina sistematica dell’istituto del concordato minore. Gli aspetti dello strumento immaginato dal Legislatore del Codice della Crisi per l’impresa “minore” sovraindebitata esaminati in una chiave critica. 
Riproduzione riservata
1 . Premessa
Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza [1] ha innovato la disciplina in tema di sovraindebitamento [2] che era stata introdotta per la prima volta nel nostro ordinamento giuridico della l. 27 gennaio 2012, n. 3 mediante la regolazione di tre apposite procedure al fine di permettere al debitore - vuoi impresa, vuoi consumatore [3] - di porre rimedio alla propria posizione debitoria [4].
Queste tre procedure sono rappresentate dall’accordo di composizione della crisi, regolato dagli artt. 10 e seguenti, dal piano del consumatore, regolato dagli artt. 12 bis e seguenti, e dalla liquidazione del patrimonio, regolata dagli art. 14 ter e seguenti. A fare tempo dal dicembre 2020 è stata poi aggiunta una quarta procedura avente ad oggetto la liberazione dei debiti da parte dell’incapiente [5].
Ciascuna delle quattro procedure ha caratteristiche proprie che la differenzia l’una dalle altre, sia dal punto di vista sostanziale, che dal punto di vista procedurale: il debitore, in relazione alle modalità con cui è stata generata la posizione debitoria, ha la possibilità di scegliere quella che ritiene maggiormente confacente alle proprie esigenze alla luce delle previsioni di legge, potendo tentare, così, di raggiungere un accordo con i creditori, ovvero di sottoporsi alla valutazione del tribunale senza che i creditori possano esprimere il loro consenso alla definizione della crisi [6].
Sia l’accordo di composizione della crisi che il piano del consumatore possono essere convertiti in liquidazione del patrimonio dopo la presentazione del ricorso; in alternativa, il debitore può accedere direttamente alla liquidazione del patrimonio, ovvero alla liberazione dei debiti, se totalmente incapiente.
Tutte e quattro le procedure hanno come fine ultimo quello di permettere al debitore di potere usufruire dell’esdebitazione con la precisazione che, mentre nell’accordo di composizione della crisi e nel piano del consumatore, questa risulta automatica, nella liquidazione del patrimonio l’esdebitazione dovrà essere oggetto di espressa richiesta da parte del debitore, mentre esdebitazione dell’incapiente è in re ipsa una procedura direttamente edebitativa.
Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza non solo è intervenuto in modo sostanziale sulla disciplina della l. 3/2021, ma ha anche portato in dote nuove definizioni, differenziando l’accesso alle procedure in relazione profilo soggettivo del debitore. Con particolare riferimento al concordato minore, il legilsatore della riforma ha deciso di riservare questa procedura ai soli non consumatori. Alla luce, quindi, delle disposizioni contenute nel CCI l’accordo con i creditori muta la propria rubrica in concordato minore (art. 74), il piano del consumatore diviene procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore (art. 67), la liquidazione dei beni prende il nome di liquidazione controllata del sovraindebitato (art. 268), mentre l’esdebitazione dell’incapiente rimane tale (art. 283) [7].
2 . Il concordato minore quale strumento integrato nell’ambito di un corpus normativo di regolazione della crisi d’impresa e per l’esdebitazione
La composizione della crisi da sovraindebitamento come meccanismo di estinzione, controllata in sede giudiziale, dei debiti di soggetti indebitati non fallibili, ha già avuto, nella sua seppure breve vita, differenti impostazioni di base; infatti, in un primo momento, era stata collocata nell’alveo degli accordi di ristrutturazione dei debiti per poi subire, a seguito dell’ultimo intervento normativo del 2012, una trasformazione in chiave concordataria [8].
Nella relazione alla legge delega di riforma delle procedure concorsuali [9] viene indicato che era necessaria una revisione della disciplina della composizione delle crisi da sovraindebitamento per un duplice ordine di motivi: in primo luogo, per armonizzarla con le modifiche che il Governo intendeva fossero apportare alle procedure di regolamentazione dell’insolvenza e della crisi di impresa, oggi chiamate procedure concorsuali, in un quadro di rivisitazione sistematica della complessiva disciplina, ritenuta frammentaria e disorganica, anche alla luce dei continui caotici interventi normativi, che regola il fenomeno dell’insolvenza e della crisi d’impresa; in secondo luogo, per rilanciare l’utilizzo della procedura che, ad oggi, ha avuto assai scarsa diffusione.
Alla luce di ciò, anche la disciplina del sovraindebitamento è stata emendata nel CCI rispetto al testo della l. 3/2012, al fine di rispondere ad un’ineludibile opera di coordinamento, con i criteri generali delle altre procedure liquidatorie e conservative, finanche con riferimento all’esdebitazione (artt. 282-283), punto chiave e agognato traguardo di ogni soluzione negoziale di composizione della crisi del debitore persona fisica, vuoi imprenditore, vuoi socio illimitatamente responsabile, vuoi professionista.
Per ottenere il risultato desiderato è stato fatto riferimento, come in tutte le altre procedure, ad un nucleo essenziale e comune di regole generali - disciplinate dagli artt. 278-283 CCI - da cui differenziarsi solamente nei casi in cui la particolare caratterizzazione della disciplina non consente un’uniformazione alla luce delle peculiarità della fattispecie trattata. L’intervento novellatore è anche stato diretto a portare l’utilizzo di questo strumento ad una diffusione simile a quella che si è già avuta in altri Paesi, avendo il legislatore fallito, fino ad oggi, il suo obiettivo di concorrere «attraverso la esdebitazione, alla ripresa dell’economia» [10].
Il legislatore delegato si è mosso, quindi, all’interno dei sopra citati articoli, su tre differenti piani: in primo luogo, per addivenire agli obiettivi prefissati, era necessario passare per una semplificazione dell’attuale testo normativo, per molti aspetti troppo complicato e tutt’altro che lineare [11], facendo sì che la procedura di composizione delle crisi da sovraindebitamento risultasse più agile e rapida, nonché meglio comprensibile per gli operatori in tutte le sue linee essenziali.
In secondo luogo, era stato ritenuto opportuno procedere ad una riduzione dei costi della procedura, nonché ad una limatura dei costi superflui al fine di renderla la più economica possibile, anche mediante il ricorso al patrocinio a spese dello Stato: tuttavia, per questo aspetto, si dovrà attendere un’eventuale modifica del testo del D.M. 202/2014.
Da ultimo, punto chiave dell’intervento è stata una rivisitazione della fase di esdebitazione [12], che rappresenta – come già evidenziato - il vero obiettivo che ciascun soggetto sovraindebitato mira a raggiungere, pena una limitata portata della procedura stessa. L’esdebitazione diviene strategica con particolare riferimento ai soggetti illimitatamente responsabili per i debiti dell’impresa e per le obbligazioni sociali [13], al fine di consentire nuove opportunità per la prosecuzione dell’attività del debitore, liberandolo da un onere che rischia di divenire insostenibile e di precludergli ogni prospettiva futura anche in relazione alla sfera personale e a quella della propria famiglia [14].
3 . Una differente impostazione metodologica dell’esdebitazione per il superare il sovraindebitamento
Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza ha posto particolare attenzione all’eterogeneità qualitativa dei soggetti destinatari delle norma in tema di sovraindebitamento, assai di sovente sprovvisti – soprattuto nelle realtà imprenditoriali di più piccola dimensione - di una benché minima cultura economica e/o giuridica, tanto da renderli particolarmente vulnerabili all’accumularsi del debito nella gestione dell’impresa [15].
In considerazione del fatto che l’ottenimento dell’esdebitazione prevista dall’art. 278 è basato, non tanto su di una forma di premialità soggettiva, quanto piuttosto nel consentire una nuova opportunità a tutti i soggetti di cui all’art. 1 del CCI – vale a dire imprese sopra e sotto soglia liquidazione giudiziale [16] comprese persone fisiche – soci illimitatamente responsabili e consumatori - ogni limitazione all’accesso all’esdebitazione, a fronte dell’oggettiva difficoltà di individuare rigorosi criteri, sicuramente verificabili, rischia di generare un contenzioso dalle proporzioni difficilmente prevedibili o, altrimenti, finisce per restringere a tal punto la portata dell’istituto da frustrare sostanzialmente le finalità di politica economica ad esso sottese [17].
In tale ottica, all’interno del testo della norma il legislatore ha deciso di optare nelle condizione per l’esdebitazione (art. 280) per l’inserimento di requisiti negativi, al verificarsi dei quali non è consentito al debitore accedere ai benefici di legge: gli elementi ostativi sono costituiti dall’avere subito alcune tipolgie di condanne in sede penale, dalla colpa grave, dalla malafede o dal compimento di atti di frode (art. 280 CCI) [18], con apertura alla procedura di esdebitazione anche per le persone giuridiche .
Al di fuori di queste ipotesi, il debitore persona fisica – anche non consumatore [19] - che non sia in grado di offrire ai creditori alcuna utilità, diretta o indiretta, nemmeno futura, avrà la possibilità di accedere all’esdebitazione solo per una volta, salvo l’obbligo di pagamento dei debiti entro quattro anni, laddove sopravvengano utilità (art. 283 CCI).
Al fine di contemperare l’ampiezza dei requisiti soggettivi di meritevolezza, è stato introdotto, però, un limite temporale di cinque anni per la reiterazione della richiesta di esdebitazione ed un limite massimo di due richieste, fatta eccezione per l’ipotesi in cui la precedente procedura non abbia apportato alcuna utilità ai creditori, nella quale l’effetto esdebitatorio non è più conseguibile (art. 280, comma 1, lett. c) [20].
L’invocata previsione, forse analitica, delle categorie assoggettabili alla procedura di sovraindebitamento [21] non appariva in sintonia, però, con la residualità dell’istituto rispetto alle disposizioni della legge fallimentare, alla luce del fatto che la l. 3/2012 ammette alla procedura i consumatori e gli imprenditori sotto soglia fallimentare.
In un’ottica di rivisitazione coordinata dei presupposti soggettivi di ammissione alla procedura il rischio che si appalesava era quello di lasciare lacune normative rispetto ad alcune categorie di debitori che avrebbero potuto, in questo modo, trovarsi escluse da ogni forma di tutela rispetto all’insolvenza civile e/o commerciale che, al contrario, la futura legge intendeva compiutamente disciplinare.
Il tema era ovviamente particolarmente delicato per la procedura di concordato minore poiché, stante l’esclusione dell’accesso al consumatore, era importane che una siffatta nozione fosse oltremo definita. La problematica è stata, poi, risolta nel testo definitivo pubblicato in G.U., poiché alla lett. a dell’art. 9 il legislatore si è limitato ad indicare la necessità di comprendere nella procedura i soci illimitatamente responsabili, abbandonando, così, la precedente impostazione che molto era stata criticata; tale previsione è oggi codificata all’art. 278, comma 5 CCI.
Il testo dell’art. 2 CCI dovrebbe avere risolto definitivamente la problematica poiché fornisce alla lett. e una ampia definizione di consumatore [22] che dovrebbe, quindi, - giurisprudenza permettendo - fornire una chiara individuazione dei soggetti esclusi dalla procedura di concordato minore [23].
4 . Le procedure a disposizione del non consumatore: concordato minore o liquidazione controllata dei beni
Nell’ambito della procedura di concordato minore [24] l’unico debitore escluso risulta essere il consumatore proprio per espressa previsione normativa: l’art. 74, infatti, afferma testualmente che i debitori che versano in stato di sovraindebitamento «escluso il consumatore» possono formulare ai creditori una proposta di concordato minore, quando consente di proseguire l’attività professionale o imprenditoriale [25]. Il debitore «non consumatore» che intende, quindi, accedere ad una delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento si trova davanti ad una valutazione di rilevante importanza poiché le caratteristiche di formazione del ceto creditorio e la natura dei debiti incidono profondamente sulla scelta, tanto da potere divenire anche motivo di inammissibilità della domanda [26].
Una siffatta valutazione diventa maggiormente complessa per la persona fisica che può avere dubbi sulla sua qualificazione a fronte dello svolgimento di una pregressa attività imprenditoriale vuoi direttamente vuoi come socio di società di persone, in relazione diretta con la composizione del proprio debito. Il debitore, quindi, a fronte dell’espresso divieto per il consumatore di accere al concordato minore, per non vedersi dichiarato il ricorso inammissibile, deve, in primo luogo, valutare la propria posizione soggettiva, vale a dire, comprendere se possa effettivamente qualificarsi come «non consumatore», poiché in assenza di siffatto presupposto soggettivo non potrà avere accesso al concordato minore, come, invece, previsto sotto la vigenza della l. 3/2012, ma alla differente procedura di ristrutturazione dei debiti.
Il debitore, quindi, dovrà valutare con estrema attenzione il problema della presenza di debiti attinenti alla sfera personale prettamente consumeristica; del pari, dovrà valutare l’eventuale presenza di residui debiti derivanti dallo svolgimento di una pregressa attività di impresa, ovvero di partecipazione in veste di socio illimitatamente responsabile ad una società, ovvero, ancora, il rilascio di una o più fideiussioni a favore di persone o enti svolgenti attività di impresa, per non parlare, poi, di chi persona fisica non è, ma ha avuto una qualificazione consumeristica in giurisprudenza.
Questo tema risulta particolarmente complesso anche alla luce della laconicità del testo normativo e della estrema frammentazione dell’intervento giurisprudenziale che genera ulteriore incertezza in ogni debitore, il tutto da conciliare con la previsione che consente al debitore l’accesso alla procedura senza l’obbligo di un’assistenza tecnica di un avvocato. Si può, quindi, affermare, senza ombra di dubbio, che tali valutazioni ineriscono solamente all’accesso al concordato minore a cui può fare ricorso, come detto, il solo «non consumatore»; infatti, con riferimento alla procedura di liquidazione controllata, questa è comune a tutti i debitori sotto soglia.
Per quanto attiene al concordato minore, il meccanismo disegnato dal legislatore ruota attorno ad una proposta formulata dal debitore ai propri creditori, mediante l’ausilio degli organismi di composizione della crisi (OCC) che abbia ad oggetto la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti sulla base di un piano che consenta di proseguire l’attività imprenditoriale o professionale. Nell’ipotesi in cui la proproposta non abbia ad oggetto la prosecuzione dell’attività e, quindi, abbia finalità mista ovvero liquidatoria, è necessario che preveda l’apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei creditori (art. 74, comma 2). 
Il piano può anche prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possano essere soddisfatti non integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi.
Quando il piano prevede la continuazione dell’attività d’impresa, il debitore può prevedere il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale gravante su beni strumentali all’esercizio dell’impresa se, alla data della presentazione della domanda di concordato, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data. L’OCC attesta anche che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori (art. 75, comma 3).
Da ultimo, ai fini dell’individuazione del tribunale territorialmente competente, l’art. 76, comma 2, prevede che l’accordo debba essere raggiunto con l’ausilio di un OCC con sede nel circondario del tribunale del luogo di residenza o sede principale del debitore [27], facendo riferimento in modo particolare al COMI (centro di interessi principale del debitore) (art. 2, comma 1, lett. m); il procedimento si svolge dinanzi al tribunale in composizione monocratica [28].
Il non consumatore, in alternativa al concordato minore, può presentare una domanda di liquidazione controllata dei beni laddove ritenga che non vi siano i presupposti per accedere a detta procedura. Questa procedura, quindi, può essere scelta fino da subito dal non consumatore oppure alla stessa il debitore può accedervi in caso di revoca o risoluzione del concordato minore; l’art. 83, comma 1, prevede, infatti, espressamente che il giudice, su richiesta del debitore, dispone la conversione del concordato miniore in liquidazione controllata.
5 . Le caratteristiche del concordato minore
Il concordato minore prevede la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti, attraverso qualsiasi forma, anche mediante la cessione dei crediti futuri [29].
La proposta di concordato minore ha contenuto libero, indica in modo specifico tempi e modalità per superare la crisi da sovraindebitamento e può prevedere il soddisfacimento, anche parziale, dei crediti attraverso qualsiasi forma, nonché la eventuale suddivisione dei creditori in classi. La formazione delle classi è obbligatoria per i creditori titolari di garanzie prestate da terzi [30].
Il CCI prevede, come norma di chiusura all’art. 74, innovando alla disciplina della l. 3/2012, che, per quanto non previsto dalle disposizioni in materia di concordato minore, si applicano le disposizioni in tema di concordato «maggiore», eliminando, in questo modo, i dubbi più volti emersi in giurisprudenza [31].
L’OCC, entro sette giorni dal conferimento dell’incarico da parte del debitore ne dà notizia all’agente della riscossione e agli uffici fiscali, anche presso gli enti locali, competenti sulla base dell’ultimo domicilio fiscale del proponente e contenere la ricostruzione della sua posizione fiscale e l’indicazione di eventuali contenziosi pendenti.
La proposta deve essere corredata dal piano con i bilanci, le scritture contabili e fiscali obbligatorie, le dichiarazioni dei redditi, le dichiarazioni IRAP e le dichiarazioni annuali IVA concernenti i tre anni anteriori o gli ultimi esercizi precedenti se l’attività ha avuto minor durata, da una relazione aggiornata sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria dell’impresa, dall’elenco di tutti i creditori, con le risettive cause di prelazione e l’indicazione delle somme dovute, dagli eventuali atti di straordinaria amministrazione compiuti negli ultimi cinque anni, nonché dalla documentazione relativa a stipendi, pensioni, salari e altre entrate proprie e della famiglia, con l’indicazione di quanto occorra al mantenimento della stessa.
L’OCC ha, anche in questa fase, un ruolo determinante: infatti, alla proposta del debitore deve essere allegata una relazione particolareggiata dell’organismo stesso che deve contenere l’indicazione delle cause dell’indebitamento e della diligenza impiegata dal debitore nell’assumere volontariamente le obbligazioni, l’esposizione delle ragioni dell’incapacità del debitore di adempiere le obbligazioni assunte, l’indicazione dell’eventuale esistenza di atti del debitore impugnati dai creditori, nonché il giudizio sulla completezza e sull’attendibilità della documentazione depositata dal debitore a corredo della proposta, e sulla probabile convenienza del piano rispetto all’alternativa liquidatoria. Del pari, la domanda deve essere corredata dall’indicazione presumibile dei costi della procedura, dalla percentuale, dalle modalità e dai tempi di soddisfacimento dei creditori, oltre che dall’indicazione dei criteri adottati nella formazione delle classi, ove previste dalla proposta.
Il deposito del concordato minore sospende, ai soli effetti del concorso, il corso degli interessi convenzionali o legali [32] fino alla chiusura della liquidazione, a meno che i crediti non siano garantiti da ipoteca, da pegno o privilegio, salvo quanto previsto dagli artt. 2749, 2788 e 2855, commi 2 e 3, c.c. [33].
Nella domanda di concordato minore il debitore può prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possano essere soddisfatti non integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dall’OCC.
Nell’ipotesi in cui la proposta preveda la continuazione dell’attività, è possibile prevedere il rimborso, alla scadenza convenuta, delle rate a scadere del contratto di mutuo con garanzia reale gravante su beni strumentali all’esercizio dell’impresa se il debitore, alla data della presentazione della domanda di concordato, ha adempiuto le proprie obbligazioni o se il giudice lo autorizza al pagamento del debito per capitale ed interessi scaduto a tale data. L’OCC attesta anche che il credito garantito potrebbe essere soddisfatto integralmente con il ricavato della liquidazione del bene effettuata a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori.
Il giudice [34], se la proposta soddisfa i requisiti di legge, dichiara aperta la procedura, con decreto soggetto a reclamo [35], disponendo che l’OCC dia comunicazione ai creditori della proposta e del decreto [36]. Per contro, ai sensi dell’art. 77, la domanda di concordato minore è inammissibile se mancano i documenti che devono essere allegati alla domanda, se il debitore è soggetto alle procedure concorsuali «maggiori», se è già stato esdebitato nei cinque anni precedenti la domanda o ha già beneficiato dell’esdebitazione per due volte ovvero, ancora, se risultano commessi atti diretti a frodare le ragioni dei creditori [37].
Nel proprio decreto, da intendersi equiparato, quanto agli effetti, all’atto di pignoramento [38], il giudice stabilisce un’idonea forma di pubblicità della proposta e del decreto mediante inserimento in apposita area del sito web del tribunale o del Ministero della giustizia, e nell’ipotesi in cui il proponente sia un imprenditore, la pubblicazione degli stessi nel registro delle imprese.
Nel caso in cui il piano preveda la cessione o l’affidamento a terzi di beni immobili o di beni mobili registrati, il giudice ordina la trascrizione del decreto, a cura dell’OCC, presso gli uffici competenti. Nel decreto, poi, viene concesso ai creditori un termine non superiore a trenta giorni entro il quale devono fare pervenire all’OCC, a mezzo posta elettronica certificata [39], la dichiarazione di adesione o di mancata adesione alla proposta di concordato e le eventuali contestazioni.
Altresì, il decreto del giudice ha l’effetto di provocare l’automatic stay [40], tipico delle soluzioni negoziali di risoluzione della crisi, quali il concordato preventivo e l’accordo di ristrutturazione dei debiti degli imprenditori fallibili.
Nel decreto il giudice dispone, se richiesto dal debitore, che, sino alla data in cui il provvedimento di omologazione non diventa definitivo, non possono, sotto pena di nullità, essere iniziate o proseguite azioni esecutive individuali da parte dei creditori aventi titolo o causa anteriore, né disposti sequestri conservativi, né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio del debitore che ha presentato la proposta di accordo [41]; tuttavia, analogimante a quanto accade sotto la vigenza della l. 3/2012, la sospensione non opera nei confronti dei titolari di crediti impignorabili [42]. 
Al fine di tutelare i creditori da comportamenti fraudolenti del debitore [43], a fare tempo dalla data dell’emissione del proprio decreto e sino alla data di omologazione dell’accordo, il quinto comma dell’art. 78 dispone che gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione compiuti senza l’autorizzazione del giudice sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità del decreto; per l’approvazione del concordato minore, l’art. 79 prevede che debba essere raggiunta la maggioranza dei crediti ammessi al voto [44].
Mediente il decreto correttivo al CCI, il legislatore ha postro un «argine» al voto del singolo creditore che potrebbe da solo determinare le sorti del concordato: più precisamente la norma prevede che quando un unico creditore è titolare di crediti in misura superiore alla maggioranza dei crediti ammessi al voto, il concordato minore è approvato se, oltre alla maggioranza di cui al periodo precedente, ha riportato la maggioranza per teste dei voti espressi dai creditori ammessi al voto.
Al pari di quanto accade per il concordato preventivo, i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, dei quali la proposta prevede l’integrale pagamento, non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza e non hanno diritto di esprimersi sulla proposta, salvo che non rinuncino in tutto o in parte al diritto di prelazione. I creditori soddisfatti parzialmente, ai sensi dell’art. 74, comma 3, sono equiparati ai chirografari per la parte residua del credito. Inoltre, quando sono previste diverse classi di creditori, il concordato minore è approvato se la maggioranza dei crediti ammessi al voto è raggiunta anche nel maggior numero di classi.
Non hanno diritto di esprimersi sulla proposta e non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza, invece, il coniuge, la parte dell’unione civile e il convivente di fatto del debitore di cui alla legge 20 maggio 2016, n. 76, i parenti e gli affini del debitore fino al quarto grado, la società che controlla la società debitrice, le società da questa controllate e quelle sottoposte a comune controllo, nonché i cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima della domanda. Sono, del pari, esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze i creditori in conflitto d’interessi.
Per facilitare il raggiungimento delle maggioranze necessarie per l’approvazione del concordato minore, sulla scia dell’impostazione normativa da ultimo condivisa sia nel concordato preventivo che nell’accordo con i creditori di cui alla l. 3/2012, in mancanza di comunicazione all’OCC nel termine assegnato, si intende che i creditori abbiano prestato consenso alla proposta nei termini in cui è stata loro trasmessa. Il quinto comma dell’art. 79 prevede che l’accordo non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso.
Infine, l’art. 79 prevede che il concordato minore della società produce i suoi effetti anche per i soci illimitatamente responsabili e ciò risulta particolarmente rilevante con riferimento all’esdebitazione che consegue all’esecuzione del concordato minore.
6 . L’omologa del concordato minore
Una volta raggiunta la percentuale dei creditori favorevoli alla proposta, il giudice, verificata l’ammissibilità giuridica e la fattibilità economica del piano [45], omologa con sentenza il concordato minore in mancanza di contestazioni e dispone adeguate forme di pubblicità e, ove necessario, la trascrizione della sentenza [46].
Ancora una volta, il legislatore persevera nel porre nelle mani del gudice la fattibilità economica del piano e ciò indipendentemente dalla scelta effettuata dagli stessi creditori. Al pari di quanto accade per il concordato preventivo, la procedura si chiude con la sentenza di omologazione, rimanendo l’esecuzione al di fuori della sfera del tribunale.
Quando uno dei creditori che non ha aderito o che risulta escluso o qualunque altro interessato contesta la convenienza dell’accordo, il giudice lo omologa, se ritiene che il credito possa essere soddisfatto dall’esecuzione dello stesso in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria sentiti il debitore e l’OCC; competente a conoscere del reclamo, da proporsi ai sensi dell’art. 50 CCI, è il tribunale in composizione collegiale di cui non può fare parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.
A seguito dell’omologazione, l’accordo è obbligatorio per tutti i creditori anteriori al momento dell’esecuzione della pubblicità prevista [47]; ai creditori con causa o titolo posteriore è fatto divieto di procedere esecutivamente sui beni oggetto del piano. Al tempo stesso, però, l’omologazione del concordato minore non pregiudica i diritti dei creditori nei confronti dei coobbligati, fideiussori del debitore e obbligati in via di regresso, salvo che sia diversamente previsto.
Il terzo comma dell’art. 80, peraltro emendato dal decreto correttivo del CCI [48], innova il vecchio testo della l. 3/2012 fornendo una più importante demarcazione tra creditori, di fatto sterilizzando il voto dell’amministrazione finanziaria e degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie. Una siffatta innovazione, comune anche ad altre procedure concorsuali, prima tra tutte il concordato preventivo, rappresenta un importante passo in avanti per la fattibilità pratica del concordato preventivo, in considerazione del fatto che, sotto il vigore della l. 3/2012, l’amministrazione finanziaria, in particolare, aveva dimostrato una cronica idiosincrasia nell’esprimere voto favorevole anche laddove attestata dal gestore della crsi la convenienza economica dell’accordo rispetto all’alternativa liquidatoria. Alla luce della nuova previsione, quindi, ai fini del raggiungimento della maggiorzanza necessaria ai fini dell’omologazione il voto [49] dell’amministrazione finanziaria e degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie diviene irrilevante.
La norma prevede, infatti, che il giudice omologa il concordato minore anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie in tutte le ipotesi in cui l’adesione risulta essere determinante ai fini del raggiungimento della della maggioranza dei crediti ammessi al voto e, anche sulla base delle risultanze, sul punto, della specifica relazione dell’OCC, la proposta di soddisfacimento dell’amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria. Del pari, il terzo comma dell’art. 80 prevede che, quando uno dei creditori o qualunque altro interessato contesta la convenienza della proposta, il giudice, sentiti il debitore e l’OCC, omologa il concordato quando ritiene che il credito dell’opponente possa essere soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria [50].
Sempre alla luce dell’esperienza maturata dall’applicazione in concreto delle disposizioni di cui alla l. 3/2012, vi è un’altra categoria di creditori che quasi sistematicamente si oppone all’omologa della proposta di accordo fatta dai debitori che è rappresentata dal ceto bancario.
In relazione a questa tipologia di creditore, il legislatore ha giustamento limitato la possibilità, non tanto di espremire il voto, bensì di formulare opposizione all’omologa per contestare la convenienza della proposta in tutti casi in cui, il creditore, quant’anche dissenziente, ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento [51]. Un siffatta previsione, inserita nella l. 3/2012 dalla conversione in legge del Decreto ristori, dopo la sua introduzione per la prima volta nel CCI, permette al debitore di addivenire più facilmente all’omologa della proposta di concordato minore poiché impedisce alla banca, il cui voto sia risultato ininfluente ai fini del raggiungimento della maggioranza, di impedire attreaverso un’opposizione la continuazione dell’attività di impresa o professionale attraverso una falcidia anche del proprio indebitamento bancario.
Dal punto di vista più strettamente procedimentale, nella sistamatica del CCI, in caso di rigetto dell’omologa, il giudice dichiara con decreto motivato l’inefficacia delle misure protettive accordate e, su istanza del debitore, dichiara aperta la procedura di liquidazione controllata ai sensi degli artt. 268 e seguenti. Del pari, in caso di frode, la suddetta istanza di apertauta della luiquidazione controllata può essere presentata anche da parte di un creditore o del pubblico ministero [52].
7 . L’esecuzione e la revoca del concordato minore
L’art. 81 riguardante l’esecuzione del concordato minore è stato integralmente modificato dal decreto correttivo al CCI e stabilisce che questa fase sia oggetto di attenta vigilanza dal parte dell’OCC e, quindi, da parte del gestore della crisi, il quale vigila sull’esatto adempimento del concordato minore, risolve le eventuali difficoltà e, se necessario, le sottopone al giudice e ogni sei mesi riferisce al giudice sullo stato dell’esecuzione [53].
Il debitore, da parte sua, deve compiere ogni atto necessario a dare esecuzione al piano omologato; allo stesso modo, è tenuto ad eseguire le vendite e le cessioni, previste dal piano, tramite procedure competitive, anche avvalendosi di soggetti specializzati, sotto il controllo e con la collaborazione dell’OCC, sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatori esperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicità, la massima informazione e partecipazione degli interessati [54].
Al termine dell’esecuzione del piano concordatario l’OCC, sentito il debitore, presenta una relazione finale al giudice, il quale, se il piano è stato integralmente e correttamente eseguito, procede alla liquidazione del compenso, tenuto conto della diligenza dell’OCC e di quanto eventualmente convenuto dall’organismo con il debitore, e ne autorizza il pagamento.
Il giudice, inoltre, sentito l’OCC e verificata la conformità dell’atto dispositivo al piano, autorizza lo svincolo delle somme e ordina la cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, della trascrizione dei pignoramenti, dei sequestri conservativi, nonché di ogni altro vincolo, ivi compresa la trascrizione del decreto di apertura del concordato minore.
Tutti i pagamenti e gli atti dispositivi dei beni eventualmente posti in essere in violazione dell’accordo o del piano del consumatore sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al momento in cui è stata eseguita la pubblicità prevista dalla legge.
Al pari di quanto accade nell’ambito delle altre procedure di soluzione negoziale della crisi, i crediti sorti in occasione o in funzione della procedura di concordato minore sono soddisfatti con preferenza rispetto agli altri, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno e ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti [55]. Del pari, prededucibile nell’intero ammontare è il compenso dell’OCC, a mente dell’art. 6, comma 1, lett. a.
Il quinto comma dell’art. 81 stabilisce che, quando il piano non è stato integralmente e correttamente eseguito, il giudice indica gli atti necessari per l’esecuzione del piano ed un termine per il loro compimento; inoltre, se le prescrizioni non sono adempiute nel termine, anche prorogato su istanza formulata dal debitore tramite l’OCC, il giudice revoca l’omologazione, osservate, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’art. 82.
Questo articolo [56] dispone, che il giudice revochi l’omologazione d’ufficio o su istanza di un creditore, del pubblico ministero o di qualsiasi altro interessato [57], in contraddittorio con il debitore, entro il termine di sei mesi dalla presentazione della relazione finale [58], quando è stato dolosamente o con colpa grave aumentato o diminuito il passivo, ovvero quando è stata sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo ovvero quando sono state dolosamente simulate attività inesistenti o quando risultano commessi altri atti diretti a frodare le ragioni dei creditori [59].
Nell’ipotesi in cui l’esecuzione del piano concordatario divenga impossibile per ragioni non imputabili al debitore, quest’ultimo, con l’ausilio dell’OCC, può procedere alla modifica della proposta, tuttavia il giudice revoca l’omologazione quando il piano sia divenuto inattuabile e non sia possibile modificarlo.
Il provvedimento di revoca è pronunciato con sentenza reclamabile, sentite le parti, anche mediante scambio di memorie scritte e non oregiudica i diritti acquistati dai terzi in buona fede.
Da ultimo, l’art. 83, come emendato dal decreto correttivo, prevede che in ogni caso di revoca il giudice, su istanza del debitore, dispone la conversione in liquidazione controllata [60]; se la revoca consegue ad atti di frode o ad inadempimento, l’istanza di conversione può essere proposta anche dai creditori o dal pubblico ministero. In caso di conversione, il giudice concede termine al debitore per l’integrazione della documentazione e provvede ai sensi dell’articolo 270 [61].

Note:

[1] 
D.Lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, in G.U. del 14 febbraio 2019, n. 38, suppl. ord., n. 6/L, recante: «Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155».
[2] 
V. Baroncini, Le novità in materia di sovraindebitamento alla luce della L. 19 ottobre 2017, n. 155 e del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, in Dir. fall., 2019, I, p. 401; F. Pasquariello, Le procedure di sovraindebitamento alla vigilia di una riforma, in Nuove leggi civ. comm., 2018, p. 732; G. D’amico, Il sovraindebitamento nel Codice della crisi e dell’insolvenza, in Contratti, 2019, p. 318; D. Vattermoli, La disciplina del sovraindebitamento nel Codice della crisi e dell’insolvenza, in Giustiziacivile.com, 31 gennaio 2019.
[3] 
Il consumatore, invero, ha avuto accesso alle procedure di sovraindebitamento solamente in un momento successivo all’entrata in vigore della l. 3/2012, vale a dire, dopo le modifiche ad essa apportate dal d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221.
[4] 
P. Farina, Le procedure concorsuali di cui alla legge n. 3 del 2012 e la (limitata) compatibilità con la legge fallimentare. Le problematiche della domanda e dell’automatic stay, in Dir. fall., 2017, p. 49, la quale afferma che: «Il fine immediato perseguito dalla legge sovraind. va individuato nel risanamento della posizione economica del debitore, perché torni a svolgere un ruolo economico attivo (c.d. fresh start)»; A. Castagnola, L’insolvenza del debitore civile nel sistema della responsabilità patrimoniale, in AGE, 2004, p. 243; G. Falcone, Prestito “responsabile” e sovraindebitamento del consumatore, in Dir. fall., 2010, p. 642; F. Maimeri, Il quadro comunitario e le proposte italiane sul sovraindebitamento delle persone fisiche, in AGE, 2004, p. 426; M. Marcucci, Insolvenza del debitore civile e “fresh start”. Le ragioni di una regolamentazione, in AGE, 2004, p. 221; L. Stanghellini, Fresh start”: implicazioni di “policy, in AGE, 2004, p. 437.
[5] 
Introdotta, in sede di conversione in legge del d.l. Ristori che, ha «trapiantato» all’interno della l. 3/2012 un istituto regolato per la prima volta all’interno del CCI.
[6] 
M. Rispoli Farina, La nuova disciplina del sovraindebitamento del consumatore, in Dir. fall., 2014, p. 655, la quale acutamente rileva che: «L’assenza di una votazione o di una raccolta di consensi in merito a una specifica proposta è, certamente, un fenomeno eccentrico rispetto alle procedure concorsuali regolate dalla legge fallimentare. Tuttavia, la conclusione cui è pervenuto il legislatore appare legata all’intento di superare il prevedibile disinteresse dei creditori, desumibile dall’esperienza pratica e dalle dinamiche del mercato del credito, al salvataggio del consumatore. La manifestazione di volontà dei creditori è, come si è già rilevato, in questo caso, surrogata da un penetrante giudizio del tribunale in punto di meritevolezza del creditore e della sua proposta, rispettivamente declinabili nell’assenza di colpa nella determinazione del sovraindebitamento e nella fattibilità del piano.».
[7] 
La ragione è ovvia poiché questa procedura ha visto la luce per la prima volta nel CCI e poi è stata «trapiantata» nella l. 3/2012, nelle infinite more dell’entrata in vigore del CCI.
[8] 
L’art. 1, comma 2, del d.l. 212/2011 (sul punto si veda, inter alia, A. Guiotto, Composizione della crisi da sovraindebitamento, in Fallimento, 2012, p. 18) non regolava una vera e propria procedura a sé stante per i debitori-consumatori, ma prevedeva piuttosto che, per l’omologazione dell’accordo, occorresse, anziché il consenso del 70% dei creditori, necessario in caso di accordo proposto da ogni altro debitore, una percentuale pari al 50% dell’ammontare dei crediti.
[9] 
Relazione allo Schema di legge delega del Presidente della Commissione, dott. R. Rordorf in data 29 dicembre 2015.
[10] 
Sono le testuali parole della relazione di accompagnamento al DDL.
[11] 
Il riferimento corre, in modo particolare, alla possibilità di introdurre misure protettive simili a quelle previste nel concordato preventivo, nonché alla possibilità di limitare i poteri di impugnativa e opposizione, a carico del creditore che abbia colpevolmente contribuito all’aggravamento della situazione di indebitamento, ovvero alla possibilità non solo di rateizzare i debiti fiscali e tributari, ma anche procedere ad una loro falcidia.
[12] 
In questo senso si esprime la Raccomandazione della Commissione UE 12 marzo 2014 (Punto IV, par. 32) che pone particolare attenzione al profilo della meritevolezza, come emerge nell’art. 32, dove si legge che: «L’ammissione al beneficio della liberazione integrale dai debiti dopo poco tempo non è opportuna in tutti i casi. Gli Stati membri dovrebbero pertanto poter mantenere o introdurre disposizioni più rigorose se necessario per: a) dissuadere gli imprenditori che hanno agito in modo disonesto o in mala fede, prima o dopo l’apertura della procedura fallimentare; b) dissuadere gli imprenditori che non aderiscono al piano di ammortamento o ad altro obbligo giuridico a tutela degli interessi dei creditori, oppure c) tutelare i mezzi di sostentamento dell’imprenditore e della sua famiglia, consentendo all’imprenditore di conservare alcune attività.».
[13] 
Come si legge nella relazione di accompagnamento, viene dato atto che nel corso dei lavori della commissione molto si è discusso sul come configurare i requisisti di meritevolezza del debitore cui si applica la procedura di sovraindebitamento, al fine della sua possibile esdebitazione. A fronte di un’opinione che, paventando il rischio di troppo facile abuso dell’istituto, avrebbe preferito un regime più severo, è prevalso l’orientamento di chi, in linea con le legislazioni dei Paesi (anche extraeuropei) che vantano il più alto indice di applicazione delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, ha scelto di non esigere per l’ammissione alla procedura in questione requisiti soggettivi troppo stringenti.
[14] 
Più in particolare, era apparso criticabile condizionare l’accesso alla procedura da parte delle famiglie al consenso di una maggioranza qualificata di esponenti del ceto creditorio, giacché esperienze già maturate in altri ordinamenti avevano dimostrato come i creditori non siano propensi a dare il proprio assenso quando il debitore non è soggetto esercente attività d’impresa, non potendo, in tal caso, la ricomposizione del dissesto basarsi sulla presenza di relazioni commerciali continue nel tempo.
[15] 
E. Migliaccio, L’esdebitazione. Brevi spunti interpretativi e applicativi in attesa della cd. «Riforma Rordorf», in Giustiziacivile.com, 2017, p. 1.
[16] 
Esorbitante rispetto al sistema appariva la previsione (art. 9, comma 1, lett. m della legge delega) di attribuire anche ai creditori e al pubblico ministero l’iniziativa per la conversione in procedura liquidatoria, nei casi di frode o inadempimento: infatti, non si comprende la necessità di una tutela pubblicistica rispetto ai casi di insolvenza civile, con un ulteriore ampliamento dell’attività dei P.M. già oberati di lavoro.
[17] 
Si tratta di una forma di esdebitazione con caratteri marcatamente innovativi rispetto alla disciplina contenuta nell’art. 142 l. fall. che ha costituito il modello della disciplina prevista dall’art. 14-terdecies della l. 3/2012.
[18] 
La mala fede tendenzialmente prodromica e rilevante nel momento della contrazione del debito; la frode normalmente operante nel corso della procedura sia nelle fasi precedenti che in quelle successive all’ammissione.
[19] 
Trib. Milano, 8 giugno 2021 la quale ha portato all’esdebitazione il socio accomandante di s.a.s. per debiti fiscali della società.
[20] 
La questione della meritevolezza consiste nell’individuare i soggetti in grado di beneficiare della disciplina del c.d. discharge. Come si legge nella Relazione sul punto: «Il dibattito teorico e le applicazioni pratiche che ne sono state fatte dimostrano che la strada migliore da percorrere è quella del bilanciamento tra le istanze dei debitori e gli interessi del ceto dei finanziatori e che, a tal fine, un ruolo decisivo è svolto dai criteri normativi prescelti per la selezione dei soggetti meritevoli di accedere a tale beneficio: una legislazione restrittiva può aiutare a prevenire effetti negativi quali la stretta creditizia e l’aumento del costo del credito. Inoltre, l’esperienza insegna che, se si prediligono soluzioni basate sulla composizione concordata (quando ci siano possibilità di ripianamento alla luce delle prospettive di reddito del debitore) e se si concepisce l’esdebitazione come estrema ratio, si prevengono possibili abusi».
[21] 
In senso negativo di esprimono sul punto anche le proposte del CNDCEC contenute nel documento presentato in sede di «Audizione in relazione allo Schema di “Disegno di legge delega recante la riforma e il riordino delle procedure concorsuali”» in data 2 dicembre 2015.
[22] 
Viene qualificato come consumatore «la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta», anche se socia illimitatamente responsabile di società per debiti estranei a quelli sociali.
[23] 
I.L. Nocera, La proposta di concordato minore tra categorie civilistiche e regole operazionali, in E. Pellecchia, L. Modica, La riforma del sovraindebitamento nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Pisa, 2020, p. 181; P. Farina, La nuova disciplina del concordato minore tra semplificazioni e complicazioni, in Dir. fall., 2019, p. 1369.
[24] 
P. Farina, La nuova disciplina, cit., p. 1364.
[25] 
Tuttavia, il consumatore potrà avvalersi del concordato minore, nell’ambito di procedura familiare in cui uno dei componenti rivesta la qualifica di professionista o di imprenditore: in tale ipotesi dovrà essere presentato un concordato minore per tutti i componenti della famiglia che intendono accedere alla procedura di composizione della crisi, affermandosi la vis attractiva concordataria. In questo senso: L. D’Orazio, Il sovraindebitamento nel codice della crisi e dell’insolvenza, in Fallimento, 2019, p. 697.
[26] 
F. Michelotti, Lineamenti del concordato minore nel Codice della crisi e dell’insolvenza, in La gestione straordinaria delle imprese, 1, 2021, p. 124.
[27] 
L’indicazione dell’art. 76 richiama e rafforza quanto previsto dall’art. 27, comma 2, il quale afferma che «Per i procedimenti di regolazione della crisi o dell’insolvenza diversi da quelli di cui al comma 1 e le controversie che ne derivano è competente il tribunale nel cui circondario il debitore ha il centro degli interessi principali».
[28] 
P. Farina, La nuova disciplina, cit., p. 1367.
[29] 
L’art. 74 CCI, rubricato «concordato minore», al terzo comma prevede che: «La proposta di concordato minore ha contenuto libero, indica in modo specifico tempi e modalità per superare la crisi da sovraindebitamento e può prevedere il soddisfacimento, anche parziale, dei crediti attraverso qualsiasi forma, nonché la eventuale suddivisione dei creditori in classi.».
[30] 
M. Scopsi, La procedura di concordato minore, in E. Pellecchia, L. Modica, La riforma del sovraindebitamento nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., p. 243.
[31] 
Basti pensare, a titolo esemplificativo, alla falcidia dell’IVA, sulla quale, in tema di sovraindebitamento è dovuta intervenire la Corte costituzionale. Al riguardo si veda: P. Farina, La nuova disciplina del concordato minore tra semplificazioni e complicazioni, cit., p. 1373, la quale afferma che: «Quanto ai crediti erariali e previdenziali, la mancata riproduzione dell’art. 7 L. sovraind. induce a ritenere che nel concordato minore trovi ingresso la falcidiabilità di crediti erariali e tributari (sempre in forza del richiamo effettuato dall’art. 74, 4° comma) con conseguente operatività dell’art. 85, 5° comma, c.c.i., in forza del quale la formazione delle classi è obbligatoria per i creditori titolari di crediti previdenziali o fiscali dei quali non sia previsto l’integrale pagamento, e dell’art. 88 c.c.i. in materia di trattamento dei crediti tributari e contributivi, nel concordato preventivo.».
[32] 
Analogamente a quanto previsto dall’art. 154 CCI.
[33] 
Identica previsione è contenuta con riferimento al concordato minore all’art. 76, comma 5, CCI per il concordato minore e all’art. 68, comma 5, per la ristrutturazione dei debiti del consumatore.
[34] 
T. Marri, I poteri di controllo del Tribunale nel concordato minore, in E. Pellecchia, L. Modica, La riforma del sovraindebitamento nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., p. 243.
[35] 
La possibilità che il decreto sia reclamabile è stata introdotta dal decreto correttivo del CCI.
[36] 
La l. 3/2012 indicava anche che la comunicazione venisse effettuata presso la residenza o la sede legale, anche per telegramma o per lettera raccomandata con avviso di ricevimento o per telefacsimile o per posta elettronica certificata.
[37] 
V. Baroncini, Apertura della procedura di liquidazione del patrimonio e atti in frode ai creditori, in Giur. it., 2019, p. 576.
[38] 
Determina gli stessi effetti delineati dall’art. 42 l. fall. e 142 CCI.
[39] 
In assenza di indicazione da parte del creditore dell’indirizzo di posta elettronica certificata a cui ricevere tutte le comunicazioni, i provvedimenti sono comunicati mediante deposito in cancelleria, ai sensi dell’art. 78, comma 4.
[40] 
Questa era la valutazione che ne veniva fatta in relazione alla l. 3/2012, valutazione che appare pienamente confermata dalle nuove norme del CCI. In dottrina in relazione alla l. 3/2012 si veda: P. Farina, Le procedure concorsuali di cui alla legge n. 3 del 2012 e la (limitata) compatibilità con la legge fallimentare. Le problematiche della domanda e dell’automatic stay, cit., p. 63.
[41] 
La previsione in esame richiama il contenuto di quella dell’art. 150 CCI. In tema: Trib. Rimini, 27 giugno 2019, in ilcaso.it, il quale ha affermato che: «In ordine alla prospettata prosecuzione della esecuzione immobiliare in corso per alcuni beni immobili, al fine di porre a disposizione dell’esecuzione dell’accordo il ricavato della vendita, nell’accordo di composizione della crisi, nel CCI definito “concordato minore”, a differenza che nella liquidazione di cui all’art 14 ter l. 3/2012, non è prospettabile la prosecuzione di una azione esecutiva individuale, considerato che ex art 10 secondo comma lett. c) l. 3/2012 con l’omologazione dell’accordo la sospensione delle azioni esecutive diventa definitiva, poiché tutti i beni sono destinati all’adempimento dell’accordo; inoltre l’art. 13 cit. prevede che ai fini dell’utilizzo di beni sottoposti a pignoramento viene nominato un liquidatore che dispone in via esclusiva dei beni stessi e delle somme incassate».
[42] 
P. Farina, Le procedure concorsuali di cui alla legge n. 3 del 2012 e la (limitata) compatibilità con la legge fallimentare. Le problematiche della domanda e dell’automatic stay, cit., p. 63 rileva che: «Insensibili alla sospensione sono anche le azioni cautelari che non hanno funzione latamente esecutiva (v. ad es. il sequestro giudiziario) e le azioni esecutive promosse per i crediti sorti in corso di procedura, stante l’espressa limitazione ai “creditori aventi titolo o causa anteriore”».
[43] 
Che hanno rilevanza anche dal punto della meritevolezza.
[44] 
Nella l. 3/2012, affinché l’accordo possa essere omologato, è necessario che lo stesso sia raggiunto con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, percentuale che, prima del precedente intervento normativo effettuato con il d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, recante: «Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese», convertito con modificazioni dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221 sulla l. 3/2012, era pari al 70%.
[45] 
Al riguardo giovi richiamare Cass. Sez. un., 23 gennaio 2013, n. 1521 nella quale è stato affermato il principio per cui il sindacato giudiziale sulla «fattibilità economica», sul quale sono chiamati a pronunciarsi esclusivamente i creditori, non possa essere esteso oltre la verifica della idoneità della proposta concordataria a realizzare la «causa concreta» della procedura concordataria, la quale si estrinseca nella finalità di assicurare il superamento della crisi attraverso «una sia pur minimale soddisfazione dei creditori chirografari».
[46] 
Alquanto differente è l’impostazione della l. 3/2012, la quale prevede che una volta verificata la fattibilità del piano e l’idoneità dello stesso ad assicurare il pagamento dei crediti impignorabili, nonché dei crediti relativi ai tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea, all’imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, e risolta ogni altra contestazione anche in ordine all’effettivo ammontare dei crediti (F. Pasquariello, sub art. 12-bis, in A. Maffei Alberti (a cura di), Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2013, p. 2051), il giudice, accertato che il consumatore non ha assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere, ovvero che ha colposamente determinato il sovraindebitamento, anche per mezzo di un ricorso al credito non proporzionato alle proprie capacità patrimoniali, omologa il piano, disponendo per il relativo provvedimento una forma idonea di pubblicità.
[47] 
R. Montinaro, Il sovraindebitamento del consumatore: diligenza nell’accesso al credito ed obblighi del finanziatore, in Banca borsa tit. cred., 2015, p. 789, il quale ritiene la norma «scarsamente condivisibile, quanto meno nella parte in cui non prende in considerazione i casi, non infrequenti nella realtà, in cui garante sia un familiare del consumatore». In tema: D. Galletti, Insolvenza civile e «fresh start»: il problema dei coobbligati, AGE, 2004, p. 391, il quale sostiene la maggiore efficienza di sistemi nei quali l’effetto esdebitativo coinvolga anche i coobbligati.
[48] 
Viene aggiunta la sterilizzazione del voto anche degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie.
[49] 
L’art. 80 più precisamente parla di «mancata adesione».
[50] 
Nella l. 3/2012 questa previsione è stata introdotta dal Decreto Ristori.
[51] 
Prima del decreto correttivo al CCI la norma prevedeva anche il divieto di proporre reclamo rispetto all’avvenuta omologa del concordato minore, lasciando di conseguenza aperta una porta ad un gravame successivo all’omologazione del concordato, con il rischio semplicemente di spostare in altra sede la contestazione dell’intermediario finanziario.
[52] 
Per una approfondita analisi del concetto di frode nelle procedure di sovraindebitamento alla luce della l. 3/2012 e del CCI si veda: A. Farolfi, La frode nel sovraindebitamento dopo la legge n. 176/2020, in dirittodellacrisi.it, 17 giugno 2021 e A. Nigro, Atti di frode nel sovraindebitamento con diverse declinazioni, in Eutekne.info, 13 maggio 2021.
[53] 
Al pari di quanto accade per la liquidazione giudiziale mediante la relazione semestrale ai sensi dell’art. 130 CCI.
[54] 
Questa impostazione della cessione dei beni appare pienamente compatibile, con l’esclusione dell’accesso del consumatore al concordato minore, stante la necessità di una organizzazione di stampo imprenditoriale per procedere all’esecuzione del piano concordatario. Il gestore non svolge, quindi, un ruolo di liquidatore poiché la cessione dei beni rimane ad appannaggio dell’impresa debitrice, come era, invece, previsto dall’art. 13 della l. 3/2012.
[55] 
Sotto la vigenza della l. 3/2012 si veda Trib. Verona, 21 agosto 2018, in ilcaso.it, il quale ha affermato che: «Nelle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, il trattamento dei crediti prededucibili, per espressa previsione degli artt. 14-duodecies, comma 2, e 13, comma 4-bis, legge n. 3/2012 (rispettivamente, per il procedimento di liquidazione del patrimonio e per quelli di accordo di ristrutturazione e di piano del consumatore) è derogatorio rispetto alla regola generale contenuta nell’art. 2777 c.c., attribuendosi natura poziore ai crediti ipotecari e pignoratizi rispetto ai crediti prededucibili».
[56] 
Che ricomprende in una solo disposizione le norme in tema di impugnazione e risoluzione dell’accordo di cui all’art. 14 della l. 3/2012 e l’art. 14 bis avente ad oggetto la revoca e cessazione degli effetti dell’omologazione. 
[57] 
In relazione a quanto affermato con riferimento ai disposti della l. 3/2012 si vedano: G. Fauceglia, Sulla risoluzione dell’accordo nella composizione della crisi da sovraindebitamento, in Dir. fall., 2017, p. 1390; P. Celentano, La caducazione degli effetti dell’accordo omologato, in Fallimento, 2012, p. 1093; R. Battaglia, La composizione della crisi da sovraindebitamento del debitore non fallibile: alcuni profili problematici, in Dir. fall., 2012, p. 447.
[58] 
La l. 3/2012 prevede anche che il creditore deve proporre il ricorso per l’annullamento nel termine di sei mesi dalla scoperta e, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempimento previsto dalla legge.
[59] 
Sotto la vigenza della disciplina della l. 3/2012 si veda: L. Balestra, Annullamento e risoluzione dell’accordo nella composizione delle crisi da sovraindebitamento, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2013, p. 593, il quale rileva che: «Il doloso aumento del passivo e la dolosa sottrazione o dissimulazione di una parte rilevante dell’attivo sono fattispecie che trovano corrispondenza nell’art. 138, comma 1º, l. fall., dettato in materia di annullamento del concordato fallimentare, che viene espressamente richiamato dall’art. 186, comma 5º, l. fall., contemplato in tema di risoluzione e annullamento del concordato preventivo.»; N. Ciaccia, Vizi genetici, prevista solo l’azione di annullamento, in Guida dir., 2012, n. 3, p. 47; F.S. Filocamo - P. Vella, L’annullamento e la risoluzione dell’accordo, in M. Ferro (a cura di), Sovraindebitamento e usura, Bologna, p. 218.
[60] 
A. Crivelli, Principali aspetti processuali nel procedimento di apertura della liquidazione controllata, in Fallimento, 2021, p. 885.
[61] 
Sotto la vigenza della l. 3/2012 era stato evidenziato che la previsione ha un’indubbia logica sanzionatoria. Sul punto si veda: D. Vattermoli, La procedura di liquidazione del patrimonio del debitore alla luce del diritto «oggettivamente» concorsuale, cit., p. 776, nota 31, il quale, contestando la possibilità della conversione d’ufficio della procedura rileva che: «Diversamente da quanto risulta, invece, dalla Relazione di accompagnamento all’art. 18 D.L. n. 179/2012, nella quale si parla di conversione “d’ufficio” della procedura di composizione in procedura di liquidazione dei beni».

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Le suddette informazioni sono trattate in forma automatizzata e raccolte al fine di verificare il corretto funzionamento del sito e per motivi di sicurezza.

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Tempi di conservazione dei Suoi dati - I dati personali raccolti durante la navigazione saranno conservati per il tempo necessario a svolgere le attività precisate e non oltre 24 mesi.

Modalità del trattamento - Ai sensi e per gli effetti degli artt. 12 e ss. del GDPR, i dati personali degli interessati saranno registrati, trattati e conservati presso gli archivi elettronici delle Società, adottando misure tecniche e organizzative volte alla tutela dei dati stessi. Il trattamento dei dati personali degli interessati può consistere in qualunque operazione o complesso di operazioni tra quelle indicate all' art. 4, comma 1, punto 2 del GDPR.

Comunicazione e diffusione - I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati, intendendosi con tale termine il darne conoscenza ad uno o più soggetti determinati, dalla Società a terzi per dare attuazione a tutti i necessari adempimenti di legge. In particolare i dati personali dell’interessato potranno essere comunicati a Enti o Uffici Pubblici o autorità di controllo in funzione degli obblighi di legge.

I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati nei seguenti termini:

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  • - a soggetti che hanno necessità di accedere ai dati per finalità ausiliare al rapporto che intercorre tra l’interessato e la Società, nei limiti strettamente necessari per svolgere i compiti ausiliari.

Diritti dell’interessato - Ai sensi degli artt. 15 e ss GDPR, l’interessato potrà esercitare i seguenti diritti:

  • 1. accesso: conferma o meno che sia in corso un trattamento dei dati personali dell’interessato e diritto di accesso agli stessi; non è possibile rispondere a richieste manifestamente infondate, eccessive o ripetitive;
  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
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  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

Il TITOLARE

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