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Saggio

Il voto nel concordato preventivo*

Giovanni Battista Nardecchia, Sostituto procuratore generale presso la Corte Suprema di Cassazione

25 Ottobre 2022

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
*Lo scritto è destinato, con eventuali variazioni, allo Speciale di Diritto della crisi, di prossima pubblicazione, dal titolo “Studi sull’avvio del Codice della crisi” a cura di Laura De Simone, Massimo Fabiani e Salvo Leuzzi.
L’Autore esamina le principali questioni in tema di voto nel concordato preventivo alla luce della nuova disciplina del Codice della Crisi e dell’Insolvenza con particolare riferimento alle conseguenze derivanti dall’intervenuta abolizione dell’adunanza dei creditori.
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1 . L’adunanza dei creditori
Sino all’entrata in vigore del CCII, le precedenti molteplici riforme che, a partire dal 2005, hanno profondamente innovato la disciplina del concordato preventivo, non avevano stravolto le modalità di espressione del voto, in quanto il sistema era ancora caratterizzato dalla convocazione dei creditori, dalla manifestazione del voto in un’apposita adunanza, in cui si discuteva della proposta concordataria, con la possibilità dell’ammissione provvisoria dei crediti contestati e di calcolare i voti pervenuti nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale dell’adunanza dei creditori.
L’adunanza dei creditori è stata quindi, sino ad oggi il momento fisiologico deputato all’espressione del voto, non esclusivo dato che il voto poteva essere dato sia precedentemente che successivamente all’adunanza medesima.
Adunanza dei creditori che, come recentemente ricordato dalla suprema corte, “costituisce la fase in cui tra le parti - creditori e debitore, appunto - si sviluppa una fase di contraddittorio pieno, che viene a supplire - seppure in termini parziali e al solo fine della votazione - all'assenza nel concordato di una procedura di verifica del passivo: tanto il debitore, quanto i creditori ben possono, in questa sede, contestare il diritto a partecipare di ogni altro soggetto”[1]. Del tutto innovativa si presenta quindi la disciplina sullo svolgimento delle operazioni di voto contenuta nel CCII. La legge delega[2] ha imposto infatti di sopprimere l’adunanza dei creditori che è stata sostituita dall’espressione del voto per via telematica. Espressione del voto per via telematica che viene regolata dal combinato disposto dell’art. 47, comma 1, CCII (che prevede, alla lett. c), che con il provvedimento di apertura il tribunale “stabilisce, in relazione al numero dei creditori, alla entità del passivo e alla necessità di assicurare la tempestività e l'efficacia della procedura, la data iniziale e finale per l'espressione del voto dei creditori, con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e l'effettiva partecipazione, anche utilizzando le strutture informatiche messe a disposizione da soggetti terzi e fissa il termine per la comunicazione del provvedimento ai creditori”) e dell’art. 104 CCII (disposizione che nella rubrica si riferisce ancora impropriamente alla “convocazione dei creditori”), in forza del quale il commissario giudiziale deve provvedere a comunicare ai creditori“ un avviso contenente la data iniziale e finale del voto dei creditori, la proposta del debitore, il decreto di apertura…“. Disposizioni cui si aggiunge l’art. 107, comma 2, CCII in caso di plurime proposte (“Sono sottoposte alla votazione dei creditori tutte le proposte presentate dal debitore e dai creditori, seguendo, per queste ultime, l'ordine temporale del loro deposito. Il giudice delegato regola l'ordine e l'orario delle votazioni con proprio decreto”). Nella relazione illustrativa, nella parte generale dedicata al concordato preventivo non vi è un’espressa motivazione della ragione dell’abolizione dell’adunanza dei creditori, modifica genericamente ricompresa tra le misure di semplificazione, dirette a rendere il procedimento più snello e più celere, mentre nel commento all’art. 107 CCII si da atto che “venuta meno l’adunanza come luogo deputato a discutere della proposta di concordato ed a consentire ai creditori di chiedere chiarimenti e svolgere le loro osservazioni, la norma disciplina le modalità attraverso le quali si instaura il contraddittorio tra il commissario, il debitore, quanti abbiano eventualmente presentato proposte concorrenti ed i creditori”.
2 . L’espressione di voto
Ai sensi del comma 1 dell’art. 107 CCII il voto dei creditori è espresso con modalità telematiche. L’ottavo comma dell’art. 107 CCII precisa che “Il voto è espresso a mezzo posta elettronica certificata inviata al commissario giudiziale”[3]. Indicazione che deve ritenersi comprensiva di entrambe le modalità richieste nella comunicazione del commissario giudiziale di cui all’art. 104, comma 2 (“l'invito ad indicare un indirizzo di posta elettronica certificata oppure un recapito certificato qualificato di cui all’art. 1, comma 1 ter, del Codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82[4]). Invero tra le varie possibili interpretazioni della norma, va sempre privilegiata quella che fa valere l’espressione di voto piuttosto che quella che lo esclude per profili formali. Anche perché, secondo l’art. 43, comma 2, del Regolamento eIDAS tale tipo di servizio è idoneo a creare una presunzione di integrità dei dati ricevuti e trasmessi, dell’invio di tali dati da parte del mittente identificato, della loro ricezione da parte del destinatario identificato e di accuratezza della data e dell’ora dell’invio e della ricezione indicate dal servizio elettronico di recapito certificato qualificato mentre la Pec non è strumento di identificazione del mittente del messaggio, in quanto per attribuire la paternità del documento informatico è necessario l’utilizzo di una firma elettronica. Il sistema della Pec è strutturato secondo la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 del codice civile, secondo cui le dichiarazioni ricettizie si reputano conosciute dal destinatario nel momento in cui giungono all’indirizzo di questi, per cui la comunicazione del voto via Pec si perfeziona con l’emissione da parte del sistema della ricevuta di avvenuta consegna. Altra questione delicata è se l’espressione di voto del creditore può essere data anche per mezzo di un rappresentante. La norma non fa alcun cenno della possibilità di esercitare il diritto di voto per il mezzo di un rappresentante[5]. Dal che la soluzione deve essere rinvenuta nei principi generali che governano la disciplina del concordato preventivo. Orbene anche nella nuova disciplina del Codice non pare dubbio che la manifestazione di voto da parte dei singoli creditori venga a possedere una natura propriamente negoziale[6]: più precisamente, di manifestazione unilaterale, seppur destinata per sé a confluire in una decisione plurisoggettiva (di approvazione, o disapprovazione, della proposta concordataria appunto)[7]. Ne consegue che nei confronti della manifestazione del voto trasmessa in via telematica al commissario giudiziale trova applicazione, con alcune peculiarità, la normativa che governa e disciplina in generale l’emissione delle dichiarazioni negoziali, istituto della rappresentanza ricompreso. La procura deve di necessità essere confezionata per iscritto in forza del principio di simmetria tra negozio di procura e negozio oggetto della procura che è sancito dalla norma contenuta nell’art. 1392 c.c.; essa deve essere trasmessa unitamente alla manifestazione di voto. Infine è richiesto che la procura sia conferita nel rispetto delle forme prescritte per l’esercizio del voto, che soddisfi gli ordinari requisiti di determinatezza dell’oggetto del negozio (cfr. la norma dell’art. 1346 c.c.), non è richiesto, invece, che la stessa sia attribuita con "mandato speciale”[8]. Come detto l’art. 47, comma 1, lett. c) stabilisce che con il decreto di apertura il tribunale fissi la data iniziale e finale per l’espressione del voto dei creditori ed il termine per la comunicazione del provvedimento ai creditori. La relazione illustrativa all’art. 47 CCII spiega che la fissazione di un termine iniziale è necessario per “garantire che le dichiarazioni di voto non siano espresse prima che il commissario giudiziale abbia depositato la propria relazione, fornendo ai creditori tutti gli elementi utili per valutare la convenienza della proposta di concordato”. Da tale considerazione autorevole dottrina ritiene che l’espressione di voto effettuata in un momento anteriore a quello fissato nel decreto di apertura è da considerare inutiliter data[9]. Se pure il legislatore ha ipotizzato una disciplina che prevede un iter cronologico ben preciso, in cui il voto deve seguire alla relazione del commissario, tale conclusione non pare condivisibile in assenza di un’espressa previsione legislativa a riguardo. Né essa pare desumibile dai principi generali, posto che nel CCII il concordato preventivo non è meno caratterizzato da quei connotati di natura negoziale che, nella disciplina della legge fallimentare, lasciano alla piena autonomia delle parti la formazione del consenso sulla proposta presentata dal debitore. Invero deve ritenersi che il ruolo assegnato dal Codice alla volontà dei creditori non abbia fatto venir meno la natura disponibile del diritto di credito che ognuno di loro esercita con il voto ed ancor meno che essa possa comportare un sindacato del giudice sulle motivazioni che spingono il singolo creditore ad esprimere il proprio voto favorevole o contrario anche prima della comunicazione della relazione del commissario giudiziale. L’espressione del voto è quindi ammissibile anche prima del termine iniziale, dovendosi equiparare tali voti a quelli espressi dai creditori successivamente, dopo che il commissario giudiziale abbia depositato la propria relazione. Di talché pare potersi ribadire quell’interpretazione giurisprudenziale formatasi nella vigenza della legge fallimentare che riteneva valido il voto espresso, ancorché con dichiarazione trasmessa al commissario giudiziale a mezzo p.e.c., prima del deposito della relazione di cui alla L. Fall., art. 172 e dell’adunanza dei creditori, purché trovi esatta corrispondenza con la proposta definitiva presentata dal debitore[10]. Ai sensi del ricordato art. 47, comma 1 , lett. c) il tribunale fissa anche un termine finale per la trasmissione del voto. Con l’eliminazione dell’adunanza dei creditori è naturalmente venuta meno anche la ratio del quarto comma dell’art. 178 L. fall. che consentiva la possibilità di esprimere il voto nei venti giorni successivi alla chiusura del verbale dell’adunanza. La data finale per l’espressione di voto costituisce altresì il termine ultimo per la modifica del voto precedentemente espresso, tranne ovviamente l’ipotesi specifica di mutamento delle condizioni di fattibilità del piano di cui all’art. 110, comma 3, CCII. Invero non vi sono ragioni per ritenere che il mutamento nelle modalità di espressione abbia comportato l’irrevocabilità del voto favorevole o contrario che sia. Nella vigenza della legge fallimentare, secondo il costante orientamento della corte, il suffragio, una volta espresso, non poteva essere oggetto di rivisitazione o ripensamenti se non nei limiti previsti dall’ordinamento. E questi limiti erano stabiliti dall’art. 178, comma 4, L. fall. (con riferimenti ai voti espressi nei venti giorni successivi) e dall’art. 179, comma 2, L. fall. (in caso di mutamento delle condizioni di fattibilità del piano)[11]. Principio del tutto condivisibile posto che il creditore non può disporre liberamente delle regole della procedura né delle sue sorti, esprimendo o mutando a posteriori un consenso che va necessariamente manifestato nei modi e nei termini stabiliti dalla disciplina procedurale. Il che significa che qualunque modifica della determinazione negoziale di ciascun creditore rispetto alla proposta concordataria si risolve, a prescindere dalle ragioni per cui avvenga, in una modifica del voto e, come tale, rimane limitata dalle sue regole. Regole che nella vigenza della legge fallimentare impedivano un successivo ripensamento al di fuori dei limiti fissati dall’art. 178, comma 4, e 179, comma 2, L. fall., ma non di certo un cambiamento di linea nel corso dell’adunanza prima della chiusura delle operazioni di voto. Principi che applicati alla nuova disciplina fanno ritenere che il creditore possa modificare la precedente espressione di voto sino alla scadenza del termine fissato per la trasmissione del voto al commissario giudiziale e successivamente nella sola ipotesi dettata dall’art. 110, comma 3, CCII.
3 . Il novero dei votanti
Con riferimento al novero dei votanti nella disciplina della legge fallimentare, dal combinato disposto degli artt. 161, comma 3, 171, comma 1, e 176, comma 1, L. fall., si evince che i crediti sono dapprima indicati, nella loro natura e consistenza, dal debitore nell'elenco depositato unitamente alla domanda, possono essere rettificati dal commissario giudiziale sulla base dell’esame delle scritture contabili, infine sono definitivamente accertati dal giudice delegato, che risolve in sede di adunanza le contestazioni eventualmente sorte. Adunanza dei creditori che costituiva il momento in cui potevano e dovevano essere sollevate dai creditori eventuali contestazioni sull’ammissibilità dei crediti concorrenti, contestazioni a cui il debitore aveva diritto di replicare, contestando a sua volta i crediti. Adunanza dei creditori che costituiva la sede esclusiva di tali contestazioni stante l’inesistenza, nell’ambito del concordato preventivo, di un procedimento giurisdizionale per l’accertamento del passivo. Il legislatore, sino ad oggi, ha provveduto a dirimere le problematiche dell’ammissibilità al voto dei creditori contestati, pur in assenza di un accertamento definitivo in ordine alla sussistenza dei relativi crediti, disponendo, ai sensi dell’art. 176 L. fall. (norma rimasta invariata sino all’entrata in vigore del CCII) che, al solo fine del voto e del calcolo delle maggioranze, il giudice delegato possa ammettere provvisoriamente, in tutto o in parte, tali crediti. La disciplina del CCII è sostanzialmente analoga con riferimento ai poteri delle parti, ferme restando le ovvie differenze determinate dall’eliminazione dell’adunanza dei creditori. Il debitore ha sempre l’obbligo di depositare, unitamente alla domanda, ai sensi dell’art. 39 CCII, l'elenco nominativo dei creditori e l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione. Il commissario giudiziale mantiene il potere di rettificare l’indicazione del debitore nell’elenco dei creditori allegato alla relazione “illustrata” ai sensi dell’art. 107, comma 3, CCII, il giudice delegato decide sui crediti contestati e può ammetterli provvisoriamente, in tutto o in parte, ai soli fini del voto e del calcolo delle maggioranze, senza alcun pregiudizio per le pronunce definitive sulla sussistenza dei crediti stessi[12]. Più in dettaglio, con riferimento all’attività degli organi della procedura, di esame e vaglio dell’elenco dei crediti depositato dal debitore, va detto che nella prima relazione “particolareggiata” depositata dal Commissario giudiziale ai sensi dell’art. 105, comma 1, CCII, non si fa cenno all’elenco dei crediti. Elenco dei crediti che non è menzionato neppure nelle successive relazioni integrative. Invero il commissario giudiziale, ai sensi dell’art. 105, comma 3, CCII, deve depositare una relazione integrativa, qualora siano depositate proposte concorrenti. Ai sensi dell’art. 105, comma 5, CCII analoga relazione integrativa viene redatta qualora emergano informazioni che i creditori devono conoscere ai fini dell'espressione del voto. Relazioni integrative che devono essere depositate in cancelleria e comunicate ai creditori, con le modalità di cui all'articolo 104, comma 2, almeno quindici giorni prima della data iniziale stabilita per il voto dei creditori. Infine, ai sensi dell’art. 107, comma 3, CCII, almeno quindici giorni prima della data iniziale stabilita per il voto il commissario giudiziale illustra la sua relazione e le proposte definitive del debitore e quelle eventualmente presentate dai creditori con comunicazione inviata ai creditori, al debitore e a tutti gli altri interessati e depositata nella cancelleria del giudice delegato. Relazione illustrativa che va depositata in cancelleria e trasmessa ai creditori, al debitore e agli altri interessati almeno 15 giorni prima della data iniziale fissata per il voto. Il commissario giudiziale deve allegare alla relazione illustrativa “l’elenco dei creditori legittimati al voto con indicazione dell’ammontare per cui sono ammessi” ai soli fini della votazione. Relazione illustrativa con allegato che dovrà essere sempre depositata perché ai sensi dell’art. 108, comma 1, CCII, in mancanza di modifiche apportate successivamente dal giudice delegato, “i creditori sono ammessi al voto sulla base dell'elenco dei creditori di cui all'articolo 107, comma 3, fatto salvo il diritto di proporre opposizione all'omologazione l’allegato elenco dei creditori”. A tale conclusione militano anche ragioni sostanziali, che evidenziano la fondamentale importanza di tale ulteriore corredo informativo, necessario per consentire ai creditori di avere conoscenza degli accertamenti svolti dal commissario, indispensabili per poter esprimere un voto informato e consapevole anche ove non siano intervenute rilevanti novità dopo il deposito della prima relazione. E ciò in quanto la relazione particolareggiata di cui all’art. 105, comma 1, CCII, depositata in cancelleria 45 giorni prima della data di inizio per le votazioni, va trasmessa soltanto al pubblico ministero, ma non ai creditori; né ad essi va data comunicazione dell’avvenuto deposito[13]. Ricapitolando quindi il Commissario giudiziale potrebbe, in teoria, depositare anche 3 relazioni dopo quella iniziale: quelle di cui ai commi 3 e 5 dell’art. 105 CCII, qualora vi siano proposte concorrenti o modifiche apportate dal debitore o emergano fatti nuovi, oltre a quella illustrativa di cui all’art. 107, comma 3, CCII. Dall’esame delle due norme si rileva che sia le relazioni integrative di cui all’art. 105 che quella illustrativa di cui all’art. 107 vanno comunicate “almeno quindici giorni prima della data iniziale stabilita per il voto”, di talché evidenti ragioni di economia processuale rendono evidente l’opportunità che il commissario giudiziale depositi un’unica relazione, di contenuto variabile a seconda che siano state depositate proposte concorrenti, il debitore abbia modificato la domanda…etc. E ciò anche al fine di evitare di ingenerare inevitabili incertezze nei creditori, non necessariamente avvezzi a conoscere le sottili distinzioni tra le varie relazioni integrative e/o illustrative. Relazione a cui dovrà, come detto, necessariamente essere allegato l’elenco dei creditori eventualmente rettificato. In forza del successivo comma 4 dell’art. 107 CCII, almeno dieci giorni prima della data iniziale stabilita per il voto e quindi nei 5 giorni successivi alla trasmissione della relazione, il debitore, coloro che hanno formulato proposte alternative, i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso, i creditori possono formulare osservazioni e contestazioni a mezzo di posta elettronica certificata indirizzata al commissario. In particolare ciascun creditore può “sollevare contestazioni sui crediti concorrenti”. Anche il debitore ha facoltà di contestare a sua volta i crediti. In definitiva la disciplina prevede espressamente che sia i creditori che il debitore possono sollevare contestazioni sui crediti concorrenti. Analoga facoltà deve attribuirsi anche a coloro che hanno formulato proposte alternative, i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso, pur non essendo specificato l’oggetto delle loro osservazioni e/o contestazioni. Il commissario giudiziale dà immediata comunicazione di tali osservazioni e contestazioni ai creditori, al debitore ed a tutti gli altri interessati e ne informa il giudice delegato, prima di depositare e comunicare ai creditori, al debitore e agli altri interessati la sua relazione definitiva. Relazione definitiva che, in forza del disposto del comma sesto, deve essere comunicata “ai creditori, al debitore ed agli altri interessati almeno sette giorni prima della data iniziale stabilita per il voto”. In sostanza i creditori, il debitore e gli altri interessati possono sollevare contestazioni sull’elenco dei crediti (come eventualmente rettificato) trasmesso dal commissario giudiziale con la relazione illustrativa ex art. 107, comma 3, CCII, ma non replicare alle osservazioni e/o contestazioni sollevate dalle altre parti, né tanto meno ulteriormente contestare il contenuto della relazione definitiva. Con riferimento alla mancata possibilità di contestare la relazione definitiva, va detto che essa non dovrebbe comunque presentare modifiche o novità con riferimento all’indicazione del novero dei creditori ammessi al voto, dato che il comma 6 dell’art. 107 CCII non prevede allegati alla relazione. Interpretazione che trova un preciso riscontro nell’art. 108, comma 1, CCII in forza del quale, in mancanza di interventi correttivi del giudice delegato “i creditori sono ammessi al voto sulla base dell'elenco dei creditori di cui all'articolo 107, comma 3”, e quindi in base all’elenco allegato alla relazione illustrativa precedente a quella finale.
4 . (Segue) L’ammissione dei crediti contestati
Nell’ambito della procedura concordataria, a differenza di quanto avviene in altre procedure concorsuali, la verifica dei crediti non è funzionale alla selezione delle posizioni concorrenti ai fini della partecipazione al riparto dell’attivo, ma, ben diversamente, alla mera individuazione dei crediti aventi diritto al voto e da tenere in conto ai fini del calcolo delle maggioranze. Una volta che con la riforma è stata eliminata l’adunanza dei creditori che, come detto, rappresentava il luogo eletto per l’esercizio dei poteri del giudice delegato, che in quella sede poteva ammettere provvisoriamente, in tutto o in parte, i crediti compresi nell’elenco eventualmente rettificato dal commissario giudiziale, è necessario analizzare il nuovo procedimento delineato dal CCII per la decisione del giudice delegato. In primo luogo, ai fini dell’assunzione della decisione, è necessario assicurare all’organo giudiziario un adeguato corredo informativo, di talché va correttamente intesa ed interpretata la norma di cui all’art. 107, comma 5, CCII secondo cui il commissario giudiziale dà comunicazione ai creditori, al debitore e a tutti gli altri interessati delle osservazioni e contestazioni pervenute e ne informa il giudice delegato prima di depositare e comunicare la relazione definitiva. Norma che va correttamente intesa come fonte di un vero e proprio obbligo per il commissario giudiziale di trasmettere al giudice delegato le contestazioni e/o le osservazioni che abbiano ad oggetto la partecipazione di un creditore al voto (che sia il creditore interessato eventualmente escluso dal commissario o un creditore che contesti l’ammissione di un altro pretendente)[14]. Il giudice delegato decide in assenza di contraddittorio sulla base dell’elenco dei creditori allegato alla relazione illustrativa del commissario giudiziale e delle eventuali osservazioni e/o contestazioni delle parti. L’ammissione provvisoria dei crediti al voto è operata dal g.d. all’esito di una valutazione sommaria degli elementi attinenti alla contestazione del credito ed impregiudicata qualsiasi pronuncia che accerti in via definitiva l’esistenza del diritto. La decisione del giudice delegato sull’ammissibilità dei crediti contestati non determina un accertamento in ordine all’esistenza del credito, né alcuna preclusione al riguardo, in quanto il debitore ed i creditori possono, in sede di giudizio a cognizione ordinaria, far valere ogni azione ed eccezione[15]. Secondo la costante interpretazione della giurisprudenza di legittimità, il decreto del giudice delegato è esclusivamente finalizzato al voto ed al calcolo delle maggioranze, mentre ogni questione relativa alla sussistenza, ammontare e natura dei crediti deve essere risolta in un separato giudizio a cognizione ordinaria[16]. Interpretazione fatta propria dal CCII, dato che l’art. 108, comma 1, CCII precisa che la decisione del giudice sui crediti contestati non pregiudica “le pronunzie definitive sulla sussistenza e sulla collocazione dei crediti stessi”. Il che chiarisce che il giudice può risolvere anche le contestazioni sulla natura privilegiata o chirografaria del credito. Il giudice delegato sarà quindi chiamato a risolvere le numerose questioni che si porranno in relazione alla manifestazione del voto da parte del creditore privilegiato che non abbia espressamente rinunciato al privilegio e che non sia integralmente pagato nei termini di cui all’art. 109 CCII. Decisione che varrà, naturalmente, ai soli fini del voto. Con la conseguenza che, ad esempio l’inclusione di un credito tra quelli aventi diritto a prelazione e, ritenuti come tali, privi del diritto di voto, non preclude, in sede di accertamento del passivo del fallimento dichiarato per la mancata approvazione, revoca o mancata omologa del concordato, la possibilità di una autonoma valutazione circa la sussistenza e la natura del credito relativo. Nella vigenza del testo originario del R.D. n. 267/1942 la dottrina era divisa sui limiti del potere discrezionale del giudice delegato in ordine alla ammissione o esclusione dei crediti. Secondo alcuni autori tale potere non era esercitabile d’ufficio ma solo su impulso dei creditori concorrenti o del debitore che avessero svolto contestazioni: in difetto, pertanto, il giudice delegato non poteva che attenersi all’elenco dei creditori verificato dal commissario giudiziale. Secondo una diversa opinione, invece, nel potere del giudice delegato di accertare il raggiungimento delle maggioranze richieste dalla legge veniva individuato il riconoscimento implicito del potere di accertare la legittimazione al voto dei creditori. Quest’ultima tesi, pare ancora preferibile anche alla luce della nuova disciplina del CCII, nonostante l’accentuazione del carattere negoziale e dispositivo del concordato preventivo. E ciò in quanto da una parte il profilo attinente alla regolarità della votazione è da intendersi comprensivo anche della corretta formazione del quorum degli aventi diritto al voto, dall’altra esso attiene alla legittimità della procedura ed è quindi, come tale, rimesso alla valutazione officiosa del giudice. Né d’altra parte il comma 1 dell’art. 107 CCII subordina la decisione del giudice delegato ad una preventiva contestazione delle parti. Interpretazione che appare corretta dal punto di vista sistematico posto che in sede di omologa, appare pacifico che il tribunale nel valutare la “regolarità della procedura” e “l’esito della votazione” possa riesaminare, anche d’ufficio, le decisioni del g.d. in ordine all’ammissione o esclusione del voto, competendogli ogni controllo sulle attività procedurali che hanno caratterizzato l’espressione dei voti e la determinazione della maggioranza. Dal che ne deriva che tale potere può e deve essere esercitato anche dal g.d., e ciò alla luce del noto principio per il quale l’organo giudiziario esercita il medesimo controllo di legittimità in ogni fase della procedura. Principio che pare debba logicamente applicarsi anche nel rapporto tra poteri del g.d. in sede di ammissione provvisoria dei crediti e poteri del tribunale in sede di omologa, senza che possa rilevare la diversa composizione (monocratica o collegiale) dell’organo giudiziario. Questione ancor più complessa è quella relativa all’ambito dei poteri officiosi del g.d. L’assenza di una domanda giudiziale in senso tecnico (non essendo richiesta alcuna specifica istanza per l’inserimento dei crediti nell’elenco definitivo risultante dal provvedimento di ammissione o di esclusione pronunciato dal giudice delegato) e la natura più amministrativa[17] che giurisdizionale della verifica eseguita nel corso dell’adunanza dei creditori comporta l’inapplicabilità al caso di specie dell’art. 112 c.p.c. Con la conseguenza, ad esempio, che sarà ben possibile ammettere al voto un creditore per un importo maggiore di quello indicato nell’elenco dei creditori formato dal debitore ed eventualmente rettificato dal commissario giudiziale pur in assenza di un’espressa richiesta in tal senso da parte del creditore medesimo. Con riferimento al regime delle eccezioni non potranno che valere le regole generali, le medesime regole applicabili in sede di accertamento del passivo, pur adattate alla diversa situazione del concordato preventivo in assenza quindi di un organo della procedura, il curatore, che rappresenti tutti i creditori in una posizione di terzietà. Alla luce di tali considerazioni deve quindi ritenersi che il g.d. possa decidere avuto riguardo alle eccezioni sollevate dal debitore a quelle rilevabili d’ufficio ed a quelle formulate dagli altri interessati, ivi compreso il commissario giudiziale. Con riferimento infine al regime probatorio il giudice delegato valuta i crediti all’esito di un’istruzione sommaria di natura esclusivamente documentale (basata quindi sull’esame delle scritture contabili, della relazione del commissario giudiziario e delle eventuali produzioni allegate alle osservazioni e/o contestazioni depositate dalle parti) dato che la natura cartolare del procedimento esclude la possibilità di un’attività istruttoria con “prove costituende”, sia pure se assunte in forma semplificata, senza le rigidità del modello previsto per il processo a cognizione piena. La decisione del giudice delegato “è comunicata ai sensi dell’art. 107, comma 7” al debitore, ai creditori, al commissario giudiziale e a tutti gli interessati almeno due giorni prima della data iniziale stabilita per il voto. Comunicazione a cura della cancelleria che deve essere immediatamente effettuata per essere portata a conoscenza degli interessati prima della data fissata per l’inizio del voto. E ciò per evitare che il creditore compreso nell’elenco allegato alla relazione, successivamente escluso dal giudice delegato, partecipi alla votazione, ovvero, viceversa, che un creditore inizialmente escluso e poi riammesso ne sia escluso. Qualora la comunicazione dell’esclusione giunga in ritardo ed il creditore abbia nel frattempo votato quel voto, all’esito della votazione, dovrà essere espunto dal novero dei votanti al momento del calcolo delle maggioranze.[18]. Così come il creditore successivamente ammesso potrà partecipare alla votazione anche se il provvedimento del giudice delegato gli venga comunicato dopo l’inizio delle operazioni di voto. Operazioni che dovranno essere riportate nell’apposita relazione redatta dal commissario giudiziale ai sensi dell’art. 110, comma 1, CCII. Invero l’art. 108 CCII prevede che i creditori sono ammessi al voto sulla base dell'elenco dei creditori di cui all'articolo 107, comma 3, in mancanza della decisione contraria del giudice delegato, senza richiedere che tale decisione debba intervenire prima dell’inizio delle operazioni di voto. Il novero dei votanti è quindi cristallizzato dall’elenco allegato alla relazione illustrativa del commissario come modificato dalla decisione del giudice delegato. Decisione che determina la definitività ed immodificabilità dell’elenco dei creditori ammessi al voto. L’eliminazione dell’adunanza produce un’altra significativa conseguenza: i creditori non compresi nell’elenco dei creditori redatto dal debitore, verificato dal commissario giudiziale e definito dal giudice delegato non possono partecipare alla votazione, anche se forniscono la prova di tale loro qualità prima del termine fissato per l’inizio delle operazioni di voto. Parimenti inammissibili sono eventuali successive esclusioni di creditori il cui titolo di partecipazione alla votazione sia stato positivamente accertato dal giudice delegato. 
5 . (Segue) L’opposizione
Dalla stessa rubrica dell’art. 108 CCII (“Ammissione provvisoria dei crediti contestati”) e dall’incipit della disposizione “Il giudice delegato può ammettere provvisoriamente in tutto o in parte i crediti contestati….” si evince la natura non definitiva della decisione del giudice delegato ai fini dell'ammissione al voto. Invero, ai sensi dell’art. 108, comma 2, CCII i creditori esclusi possono opporsi alla esclusione in sede di omologazione del concordato nel caso in cui la loro ammissione avrebbe avuto influenza sulla formazione delle maggioranze, facendo applicazione del principio della cd. prova di resistenza del voto, verificando se le maggioranze deliberative così mutavano ovvero restavano confermate, anche se con altro risultato numerico assoluto e percentuale[19]. La provvisorietà della decisione del giudice delegato era un tratto distintivo anche della pregressa disciplina della legge fallimentare esplicitato sia nella rubrica che nel corpo dell’art. 176 L. fall. Principio che aveva trovato pieno riscontro nell’interpretazione della giurisprudenza di legittimità che secondo cui “l'attività demandata al giudice delegato alla procedura rispetto all'ammissione al voto si risolve quindi in un mero accertamento ricognitivo, in senso favorevole o sfavorevole, privo di incidenza su diritti soggettivi, precario e prodromico all'ulteriore sviluppo della procedura, nel corso della quale la parte eventualmente pregiudicata (sia essa il creditore escluso o il debitore che abbia visto disattese le proprie contestazioni sull'ammissione al voto del creditore) potrà far valere le proprie doglianze in merito alla decisione che ha segnato in maniera rilevante le sorti del concordato (il primo tramite l'opposizione, se il suo voto ha assunto rilievo ai fini dell'omologa, il secondo tramite le impugnazioni esperibili avverso la statuizione assunta a conclusione del giudizio)”[20]. Con il che si voleva significare che il creditore poteva contestare la decisione del giudice delegato sia ai fini della sua partecipazione al voto sia ai fini della sua partecipazione al concorso, nel primo caso in sede di omologa[21] e di successive eventuali impugnazioni, nel secondo caso davanti al giudice ordinario. Senza che un successivo diverso accertamento, in sede ordinaria, sulla reale esistenza, entità o rango del credito potesse incidere sulle sorti del concordato in assenza di specifiche impugnazioni a riguardo. L’art. 108 CCII sulla falsariga di quanto previsto dall’art. 176 L. fall. legittima all’opposizione i soli creditori esclusi dal voto, non prevedendosi quindi la possibilità dell’impugnazione di un credito ammesso da parte del debitore, del commissario giudiziale o di altri creditori concorrenti. La previsione che tale impugnazione possa aver luogo soltanto in sede di omologa, evidenzia che quel giudizio si deve essere aperto e quindi la proposta è stata approvata dai creditori, con il che perpetra un’evidente lesione del diritto di difesa del debitore o del creditore escluso il cui voto favorevole sarebbe stato determinante per l’approvazione del concordato che, a seguito dell’esclusione, risulti non aver raggiunto le maggioranze richieste dalla legge.
6 . La votazione delle proposte concorrenti
Ai sensi del quarto comma dell’art. 175 L. fall., “Sono sottoposte alla votazione dei creditori tutte le proposte presentate dal debitore e dai creditori, seguendo, per queste ultime, l'ordine temporale del loro deposito”, specificando che “il giudice delegato regola l'ordine e l'orario delle votazioni con proprio decreto”. Principio che, pur a fronte dell’eliminazione dell’adunanza dei creditori, è stato sostanzialmente ripreso nel Codice dall’art. 107, comma 2, CCII in forza del quale “Sono sottoposte alla votazione dei creditori tutte le proposte presentate dal debitore e dai creditori, seguendo, per queste ultime, l'ordine temporale del loro deposito. Il giudice delegato regola l'ordine e l'orario delle votazioni con proprio decreto”. In sostanza anche nella disciplina del CCII si prevede una votazione successiva delle varie proposte ad iniziare da quella del debitore ed a seguire quelle dei creditori, queste ultime seguendo un ordine cronologico dettato dal loro deposito. In caso di pluralità di proposte il giudice delegato dovrà quindi suddividere in due o più segmenti di pari durata lo spazio temporale tra la data di inizio delle votazioni e quella finale entro i quali i creditori saranno chiamati ad esprimere il voto su ciascuna proposta. Il che evidenzia come i creditori possano votare per tutte le proposte. Di conseguenza, il voto di ogni creditore sarà conteggiato per ciascuna proposta in senso favorevole o contrario a seconda di come il votante si è espresso[22].

Note:

[1] 
Cass. 25 gennaio 2021, n. 1518. 
[2] 
L’art. 6, comma 1, lett. f) L. 19 ottobre 2017, n. 155 dispone di “sopprimere l'adunanza dei creditori, previa regolamentazione delle modalità telematiche per l'esercizio del voto e la formazione del contraddittorio sulle richieste delle parti”.
[3] 
Modalità di voto richiamata dal secondo comma dell’art. 109 CCII quando viene messa al voto la proposta più votata nel caso nessuna delle proposte plurime presentate abbia raggiunto le maggioranze di legge.
[4] 
Ai sensi dell’art. 1, comma 1, comma n-ter) del D.Lgs. n. 82/2005 (C.A.D.) n-ter) per domicilio digitale si intende “un indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal regolamento (UE) 23 luglio 2014 n. 910 del Parlamento europeo e del Consiglio. Il domicilio digitale, pertanto, può essere costituito o da una casella di posta elettronica certificata (che secondo la lettera v-bis del medesimo articolo è il “sistema di comunicazione in grado di attestare l’invio e l’avvenuta consegna di un messaggio di posta elettronica e di fornire ricevute opponibili ai terzi”) oppure da un servizio di recapito certificato qualificato (disciplinato dall’art. 44 del Regolamento (UE) n. 910/2014.
[5] 
L’art. 174, comma 2, L. fall, a riguardo della possibilità dei creditori di farsi rappresentare nella sede dell’adunanza disponeva (con tenore rimasto identico alla versione originaria del 1942): che "ogni creditore può farsi rappresentare da un mandatario speciale, con procura che può essere scritta senza formalità sull’avviso di convocazione".
[6] 
Per analoghe conclusioni nella vigenza della legge fallimentare cfr. Cass., 23 gennaio 2017, n. 2495.
[7] 
Cfr. Cass. 25 gennaio 2021, n. 1518.
[8] 
Per analoghe considerazioni con riferimento al voto espresso ex art. 178 comma 4 L. fall. Cass. 25 gennaio 2021, n. 1518.
[9] 
In questi termini G. Bozza, Il sistema delle votazioni nei concordati tra presente e futuro, in www.dirittodellacrisi.it.
[10] 
Cass. 19 luglio 2021, n. 20622; Cass. 08 febbraio 2019 n. 3860.
[11] 
Cfr. Cass., 5 agosto 2019, n. 20892. 
[12] 
Sugli immutati compiti del giudice delegato si veda G. Bozza, Il sistema delle votazioni nei concordati tra presente e futuro, cit.
[13] 
Sul tema si veda G. Bozza, Il sistema delle votazioni nei concordati tra presente e futuro, cit.
[14] 
In questi termini G. Bozza, Il sistema delle votazioni nei concordati tra presente e futuro, cit.
[15] 
Cfr. Cass. 04 Novembre 2021, n. 31659 secondo cui “In tema di concordato preventivo, le domande del debitore volte a far accertare se i creditori concordatari abbiano il diritto di esigere i loro crediti in sede di esecuzione del concordato, nel caso in cui questi siano oggetto di contestazione giudiziale, non rientrano nella competenza funzionale del tribunale che ha omologato il concordato, bensì in quella dell'ufficio giudiziario individuato in base agli ordinari criteri di competenza per valore e territorio”.
[16] 
Principio assolutamente pacifico in giurisprudenza cfr. ex multis Cass. 5 marzo 2020, n. 6197; Cass. 21 novembre 2019, n. 30456; Cass. 8 gennaio 2019, n. 208; Cass. 21 dicembre 2018, n. 33345; Cass. 25 settembre 2014 n. 20298.
[17] 
Secondo Cass. 5 agosto 2019, n. 20892 “Il credito può ben essere contestato dal debitore proponente il concordato e, in tal caso, la contestazione deve essere valutata – dal giudice delegato alla procedura, prima del voto, dal Tribunale, nel giudizio di omologazione, e dalla Corte d’appello, in sede di reclamo tramite un accertamento sommario di natura amministrativa e con carattere prettamente ricognitivo, senza alcun riflesso sui diritti soggettivi, ai fini della verifica delle maggioranze utili all’approvazione del concordato”.
[18] 
G. Bozza, Il sistema delle votazioni nei concordati tra presente e futuro, cit., osserva come “una volta esclusa l’adunanza dei creditori e l’esigenza di un contraddittorio effettivo, non vi è la necessità di una decisone del giudice preventiva sui crediti contestati, ma si potrebbe dare la libertà ai creditori indicati nell’elenco del commissario e agli altri che si ritengano tali in grado di poter votare, di esprimere il loro volto, lasciando al commissario, al momento del calcolo della maggioranza la verifica definitiva, con l’intervento del giudice per risolvere i casi controversi oggetto di contestazione, ferma restando l’opposizione in sede di omologa dall’interessato o dei creditori che hanno contestato l’ammissione”.
[19] 
Cfr. Cass, 21 febbraio 2018, n. 4192 secondo cui in tema di omologazione della proposta di concordato preventivo ex art. 180 L. fall., l’esclusione del diritto di voto di un creditore, ai sensi dell’art. 176, comma 2, L. fall., non determina l’invalidità della deliberazione di approvazione della proposta concordataria, se si accerta, tramite la c.d. prova di resistenza, che, quand’anche quel creditore fosse stato ammesso al voto, la proposta sarebbe risultata comunque approvata dalla maggioranza dei crediti.
[20] 
Cfr. in questi termini ex multis Cass. Cass. 21 novembre 2019, n. 30456.
[21] 
Spettando al giudice delegato in prima battuta in sede di adunanza, ai sensi della L. fall., art. 176, “ammettere provvisoriamente in tutto o in parte i crediti contestati” e al tribunale poi, nella successiva fase di omologa, risolvere definitivamente ogni contestazione sui medesimi crediti ammessi al voto, ovviamente soltanto al fine di valutare il raggiungimento o meno delle maggioranze e senza alcuna efficacia al di fuori del procedimento concordatario (Cass. 20 aprile 2016, n. 7972).
[22] 
In questi termini G. Bozza, Il sistema delle votazioni nei concordati tra presente e futuro, cit. 

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