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Composizione negoziata: percorso ed epiloghi

Germana Gambardella, Dottoressa in Giurisprudenza

9 Maggio 2023

Lo scopo di questo lavoro è quello di presentare le possibili soluzioni negoziali e stragiudiziali che il legislatore ha messo a disposizione dell’impresa che accede al perimetro della composizione negoziata.
Riproduzione riservata

Sommario:

1 . L’apertura della procedura della composizione negoziata

1.1 . Fonte normativa della Composizione Negoziata: L. n. 147/2021 e il nuovo Codice di Crisi d’Impresa e d’Insolvenza

1.2 . La Composizione Negoziata, il nuovo strumento stragiudiziale per far fronte alla crisi aziendale

1.3 . L’accesso alla procedura negoziale

1.4 . La figura dell’“esperto” designato: nomina, requisiti, funzioni e compensi

1.5 . L’avvio delle trattative dell’esperto per la soluzione concordata della crisi d’impresa

2 . La salvaguardia della continuità aziendale

2.1 . La gestione dell’impresa in pendenza delle trattative: art. 9 L. n. 147/2021

2.2 . Le autorizzazioni del tribunale e la rinegoziazione dei contratti, in particolar modo dei contratti ad esecuzione continuata o periodica

2.3 . L’alternativa della cessione aziendale

3 . Conclusione della procedura della composizione negoziata e gli strumenti da applicare

3.1 . Valutazioni a seguito dell’esito positivo o negativo delle trattative dell’esperto

3.2 . Primo istituto applicativo: il contratto per assicurare la continuità aziendale

3.3 . Secondo istituto applicativo: la convenzione moratoria, cambiamenti e progressi normativi

3.4 . Terzo istituto applicativo: conclusione della procedura mediante un accordo controfirmato dall’esperto che produce gli effetti di cui all’art. 67, comma 3, lettera d) della Legge fallimentare

4 . Ulteriori possibili procedure di soluzione alla crisi d’impresa

4.1 . La predisposizione di un piano attestato di risanamento

4.2 . L’istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti

4.3 . L’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti

4.4 . La richiesta del nuovo “concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio"

4.5 . Dall’apertura della procedura del concordato semplificato alla sua omologazione

1.1 . Fonte normativa della Composizione Negoziata: L. n. 147/2021 e il nuovo Codice di Crisi d’Impresa e d’Insolvenza
Il Decreto-Legge del 24 agosto 2021 n. 18 convertito dal Parlamento italiano in Legge di conversione il 21 ottobre 2021 n. 147 è stato ideato ed attuato in un momento storico importante e drammaticamente significativo per il nostro Paese e per l’intera comunità Internazionale: infatti, come vedremo, sono state molteplici le iniziative e le normative a livello globale inerenti al sopracitato momento storico, contraddistinto altresì da una forte crisi economico-sociale. Si tratta del periodo universalmente denominato “pandemico”, generato dal diffondersi dell’epidemia indicata come COVID 19, la quale ha creato molteplici problematiche che hanno avuto una forte ripercussione su diversi settori, principalmente su quello sanitario, economico-sociale e commerciale.
Come ben sappiamo, il Mondo, per un periodo temporale relativamente lungo, si è in gran parte fermato completamente nelle Sue principali funzioni di vita sociale e lavorativa, creando un preoccupante stand-by nei più svariati settori economici. Il grande calo delle entrate registrato in queste ripartizioni ha portato a molteplici difficoltà verso le imprese, le quali hanno faticato non poco a reagire: a causa di ciò il Governo italiano ha cercato di alleggerirne l’onere economico attraverso l’introduzione di differenti riforme di carattere commerciale, concorsuale e tributario. L’adeguamento si è reso necessario di fronte alla crisi economico- sociale in cui versava il nostro Paese, puntando a velocizzare la ripresa ed evitando il collasso delle filiere di produzione.
Proprio per questo è stato emanato un decreto-legge che, essendo un atto normativo avente forza di legge e con carattere provvisorio, emanato nei casi straordinari di urgenza e necessità, entra in vigore il giorno dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale e successivamente deve essere presentato al Parlamento il quale lo dovrà convertire in legge entro e non oltre 60 giorni. Così è avvenuto per il Decreto-legge n. 118/2021.
L’oggetto del decreto è, come si evince dal titolo altamente significativo: “Misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia” [1]. La legge è composta da CAPO I-II-III per un totale di 29 articoli ed è entrata in vigore il 25 agosto 2021.
Notiamo che la duplicità dello scopo della Legge vedrà l’attuazione di misure poste a vantaggio delle aziende per il loro risanamento economico e strutturale, ma anche dell’attuazione di misure urgenti in materia di giustizia. Soffermandoci sulla prima nota attuativa si evince che, accanto alla parola “misura”, viene ad identificarsi la modalità dell’attuazione, ovvero il suo carattere di urgenza. Questo perché il decreto-legge prevede, tra l’altro, quello di agevolare e velocizzare la soluzione negoziale da attuare in seguito ad una crisi d’impresa, ma soprattutto che ciò avvenga prima che la crisi versi in una condizione patologica ed irreversibile. Sembra quasi che, con una visione largamente ottimistica e positiva, la Legge in questione sia stata emanata per far sì che le imprese abbiano maggior fiducia nelle istituzioni così da poter avviare una procedura di risanamento nella fase di pre- crisi ossia in una condizione reversibile. Seguendo questa tesi e considerando l’esito positivo con il seguente salvataggio dell’azienda, verrà ad innescarsi un circolo virtuoso ed allettante per le altre imprese che ne vorranno far parte. Diversamente, la situazione si ribalterebbe qualora ci fosse un fallimento della procedura ed i creditori fossero a loro volta debitori verso le altre imprese a loro carico.
Uno degli scopi della Legge ma in generale delle novità introdotte dal Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza è il Core Business, ciò che racchiude le singole attività di pianificazione, strategia ed organizzazione di un’azienda al fine di produrre un profitto. Strettamente collegato alla facoltà di risollevare l’operatività di quell’azienda che si trova in una situazione di crisi, il Core Business intrapreso dalla L. n. 147/2021 è la composizione negoziata. Quest’istituto è un tassello innovativo nella legislazione emergenziale della crisi di impresa come lo è, d’altronde, anche il concordato preventivo semplificato (ulteriore istituto che avremo modo di approfondire). Prima di queste modifiche normative vi è stata l’abrogazione dell’amministrazione controllata, istituto in cui veniva ammessa all’imprenditore meritevole una moratoria sui pagamenti per un tempo limitato di due anni, sotto il controllo di un’autorità giudiziaria e con l’approvazione della maggioranza dei creditori: questo istituto fu destinato a cadere perché dopo questo lasso temporale, l’impresa si trovava nella medesima situazione iniziale dovendo così decidere di procedere o con un concordato preventivo o definitivamente con il fallimento. Questo ovviamente non fece nascere un circolo virtuoso, come avviene solitamente con l’introduzione di una nuova riforma, anzi, avrebbe potuto portare ad ulteriore catastrofe fallimentare. Cosicché, dopo l’abrogazione, il legislatore ha mirato ad una crescita delle procedure concorsuali rispetto a quelle fallimentari in modo che la continuità aziendale ed il risanamento aziendale vengano posti come unici obiettivi da raggiungere a seguito di una crisi societaria.
La parola “crisi” viene ad identificarsi con un diverso significato nel nuovo Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, prima però di approfondire il vocabolo è doveroso fare un excursus storico-normativo dell’entrata in vigore del nuovo Codice. In data 15 luglio 2022 è entrata in vigore la nuova carta normativa a seguito della Legge delega n. 155 del 19 ottobre 2017 e completato con l’emanazione del Decreto Legislativo n. 83 del 17 giugno 2022, acquisendo i contenuti della Direttiva (UE) 2019/1023 (c.d. Direttiva Insolvency)[2]. La direttiva, seppure non obbligatoria di attuazione, ha dato ottime linee guida al legislatore per dare la possibilità alle imprese di destreggiarsi nel miglior modo possibile tra i mercati europei. Infatti, il nostro legislatore ha assorbito dalla suddetta anche la composizione negoziata e la sua piattaforma telematica, le misure di allerta precoce e, ancora, le procedure di esdebitazione, insolvenza e ristrutturazione [3]. Mentre, ancor prima della direttiva Insolvency, la Legge delega n. 155/2017 ha concesso il mandato al legislatore affinché egli facesse riferimento alla raccomandazione della normativa dell’Unione Europea 2014/135/UE che così si esprime: “Obiettivo della presente raccomandazione è garantire alle imprese sane in difficoltà finanziaria, ovunque siano stabilite nell’Unione, l’accesso a un quadro nazionale in materia di insolvenza che permetta loro di ristrutturarsi in una fase precoce in modo da evitare l’insolvenza, massimizzandone pertanto il valore totale per creditori, dipendenti, proprietari e per l’economia in generale. Un altro obiettivo è dare una seconda opportunità in tutta l’Unione agli imprenditori onesti che falliscono” [4].
Ponendo l’attenzione su tutti gli istituti che fanno parte del nuovo Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, sembra di intendere che il legislatore abbia promosso tutte azioni in grado di risolvere le condizioni di insolvenza, non solo attraverso la strada giudiziale ma anche attraverso quella stragiudiziale (come si evincerà negli accordi di ristrutturazione dei debiti e nel piano di attestato di risanamento). Gli scopi saranno quelli di celerità, certezza ed efficacia delle soluzioni con il fine di evitare le procedure strettamente concorsuali finalizzate alla mera liquidazione dei beni e alla cessazione dell’impresa, bensì di promuovere azioni per il mantenimento della professionalità aziendale con il conseguimento del risanamento dei debiti [5]. Infatti, è proprio l’art. 375 del Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza che pone le basi per definire l’assetto organizzativo dell’impresa: l’imprenditore, individuale o collettivo, è tenuto a prevedere una precisa disposizione organizzativa, amministrativa e contabile adeguata alla dimensione e alla natura dell’impresa così da poter rilevare tempestivamente un’eventuale crisi d’impresa e di conseguenza perdere la continuità aziendale [6]. D’accordo con ciò che è stato prima elencato, sin dal 2019 e quindi prima dell’entrata in vigore del nuovo codice e prima anche della L. n. 147/2021, il legislatore cercava per quanto il più possibile la strada per mettere all’angolo la legge fallimentare, basata principalmente sulla liquidazione, per dare spazio alla prevenzione e al salvataggio dell’impresa.
E ancora, sempre in tema di nuovi inserimenti, analizziamo il nuovo istituto della composizione negoziata che esamineremo nel dettaglio nell’immediato paragrafo.
1.2 . La Composizione Negoziata, il nuovo strumento stragiudiziale per far fronte alla crisi aziendale
La ratio della composizione negoziata è disciplinata dall’art 2 della L. n. 147/2021 nonché dagli artt. 12 ss. del Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza. La composizione negoziata si presenta in fase di avviamento senza normative precedenti, ma con una procedura stragiudiziale che ha lo scopo di risanare l’impresa con l’aiuto di un esperto indipendente.
La procedura è negoziale perché sorge dalla volontà di due parti che in questo caso sono il debitore - l’impresa - e i creditori ed è stragiudiziale perché il procedimento non avviene davanti all’autorità giudiziaria ma al di fuori di un tribunale. L’obiettivo è il risanamento: per questo si presuppone che l’impresa sia in una condizione di squilibrio patrimoniale-economico-finanziario e non di fallimento. In primis il termine “fallimento” è stato abbandonato ed accantonato dal legislatore moderno, in secundis la condizione dell’impresa deve essere definita di crisi e non propriamente d’insolvenza, condizione in cui l’impresa dovrebbe riuscire a risollevarsi e a far fronte all’attuazione della procedura. Inoltre, l’elemento innovativo di questa procedura è la presenza obbligatoria, decisoria e doverosa dell’esperto indipendente, figura professionale che sia terzo rispetto all’impresa.
La condizione in cui versa l’impresa è il primo punto di svolta e la prima caratteristica della composizione negoziata, poiché quest’ultima rappresenta il presupposto di tipo oggettivo per l’accesso a questa pratica. La condizione deve essere reversibile, affinché venga rilevata tempestivamente prima di incorrere in una crisi d’impresa, così come indicato dall’articolo 2086 del Codice Civile, modificato dall’articolo 375 del Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza che viene così esplicato: “L'imprenditore è il capo dell'impresa e da lui dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori. L'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale” [7].
Propriamente, al secondo comma si specificano due doveri in capo all’imprenditore: il primo corrisponde all’instaurazione di un adeguato assetto organizzativo per arrivare alla miglior gestione d’impresa (adeguato perché il legislatore ci ha informato di prendere le “misure” circa la natura e le dimensioni dell’impresa); l’altro dovere è quello di procedere con qualsiasi strumento che la legge metta a disposizione per mantenere la continuità aziendale. Per essere adeguato, l’assetto organizzativo deve contenere lo strumento dell’organigramma,[8] documento composto da: struttura organizzativa, processi aziendali (quelli destinati alla produzione), compiti e responsabilità delle diverse figure aziendali.
Prima di definire le modalità di accesso alla composizione negoziata riproponiamo l’art 2 della L. n. 147/2021 che definisce i presupposti oggettivi e quelli soggettivi. Il presupposto soggettivo è la qualifica dell’imprenditore che si distingue in commerciale o agricolo: nel primo caso, secondo l’art. 2195 del Codice Civile, l’imprenditore commerciale è colui che esercita un’attività industriale diretta alla produzione di beni e servizi, un’attività di trasporto per terra per acqua o per aria, un'attività intermediaria nella circolazione dei beni o un’attività bancaria [9] ; nel secondo caso l’imprenditore agricolo, secondo l’art. 2135, “è colui che esercita una seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”.[10] La differenza tra entrambe le imprese è l’oggetto dell’attività, infatti è considerata commerciale qualsiasi attività che non sia definita agricola. Questo per dire che il legislatore ha dato una vasta applicabilità e possibilità verso qualsiasi attività commerciale, poiché egli ha preso iniziativa dalle raccomandazioni e dalle direttive statuite dall’Unione Europea che prevedono come obiettivo la massimizzazione delle imprese in grado di destreggiarsi nel mercato europeista. Continuando con le differenze possiamo affermare che, in ambito normativo, all’imprenditore agricolo è affidata la disciplina normativa prevista per l’imprenditore in generale, i quali requisiti si basano sull’organizzazione, la professionalità e l’economicità come si evince dall’art 2082 del Codice civile: “È imprenditore chi esercita professionalmente una attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”. [11] Diverse sono le discipline attribuite all’imprenditore commerciale, il quale è tenuto all’iscrizione nel registro delle imprese e alle scritture contabili, perché soggetto a fallimento ovvero alle procedure concorsuali.
Un’ulteriore novità introdotta dalla legge è rappresentata dalla possibilità di accesso alle imprese definite “sotto-soglia” come disciplinato dall’art. 17 della Legge di riferimento, nonché all’art. 25 quater del Codice della Crisi. Innanzitutto, un’impresa è sottosoglia quando possiede i requisiti stabiliti dal Regio Decreto del 16 marzo 1942 n. 267 all’art.1 comma 2:
- attivo patrimoniale complessivo annuo non superiore a 300.000 euro;
- ricavi lordi complessivi annui non superiori a 200.000 euro;
- debiti di ammontare non superiori a 500.000 euro [12]
Il legislatore ha parificato tali imprese con quelle dotate di elemento di fattibilità, rendendo possibile la reintroduzione di tutte le imprese nel mercato concorrenziale. L’imprenditore appartenente all’impresa sottosoglia è tenuto a presentare i seguenti documenti: i bilanci degli ultimi tre esercizi, l’elenco dei creditori, la situazione debitoria richiesta all’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Egli non è tenuto a presentare la relazione che attesti il piano finanziario dell’impresa per i prossimi sei mesi. L’istanza può essere, inoltre, presentata all’organismo di composizione della crisi (OCC) oppure al segretario generale della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa. La nomina dell’esperto avviene a cura del soggetto al quale è presentata l’istanza. [13]
Una volta che l’esperto ha accettato l’incarico, individua la soluzione strategica per uscire dallo squilibrio in cui versa l’impresa perché il compito dell’esperto, nel caso delle aziende “sotto-soglia”, è quello di elaborare l’intero piano di soluzione utile per superare la crisi in atto, diversamente da come accade per le imprese definite “sopra-soglia” in cui egli è un ausilio anche durante trattative. Al comma 4 dell’art 17 vengono stabilite le possibili strategie di uscita e a seguito delle soluzioni trovate, le imprese “sotto-soglia” possono, alternativamente:
- concludere un contratto privo di effetti nei confronti dei terzi idoneo ad assicurare la continuità aziendale
- concludere un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto
- proporre l’accordo di ristrutturazione dei debiti
- chiedere la liquidazione dei beni
- proporre la domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio [14]
La differenza sostanziale tra le azioni intraprese dalle imprese “sotto-soglia” e quelle “sopra-soglia” riguarda l’opportunità di proporre domanda del concordato preventivo semplificato - di cui all’art. 18 della L. n. 147/2021 - da parte delle imprese “sotto-soglia”, non per forza a seguito di un “fallimento” della negoziazione, come avviene, invece, per la seconda categoria di imprese, ma come possibile strumento alternativo. Possiamo quindi affermare che l’importante riforma normativa, quella che abbiamo poc’anzi esaminato, non pone alle imprese “minori” limiti di scelte, ma amplia il loro campo di operatività. Il legislatore ha così, in maniera del tutto chiara, focalizzato lo scopo della legge alla reintroduzione di tutte le imprese sul mercato senza procedere con alcune differenziazioni.
Passando, così, ai presupposti oggettivi s’identifica la condizione in cui l’impresa deve versare per poter accedere allo strumento della composizione negoziata.
1.3 . L’accesso alla procedura negoziale
Le modalità di accesso alla procedura della composizione negoziata sono disciplinate dal comma 1 e 2 dell’art. 2 della L. n. 147/2021, nonché dagli artt. 12 ss. del Codice della Crisi, in cui si prevedono una serie di requisiti soggettivi e oggettivi per poter procedere all’iscrizione. È proprio questo il movimento cardine da attuare come prima istanza: l’iscrizione presso la piattaforma nazionale e telematica che prevede anticipatamente la registrazione dell’imprenditore presso il registro delle imprese attraverso il sito istituzionale della Camera di Commercio. Ancora, l’elemento oggettivo, quale condizione finanziaria dell’impresa, può avere un ulteriore riferimento, date le svariate attinenze normative che la disciplina ci fornisce: in questo caso parliamo del Decreto Legislativo n. 14 del 12 gennaio 2019 in cui, all’art. 2 del Capo I, prevede un elenco scaglionato in maniera graduale della condizione dell’impresa in caso di crisi, stato d’insolvenza e sovra indebitamento.
Per crisi si intende lo stato del debitore che si rende inadeguato relativamente ai flussi di cassa prospettici, in grado di far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi. Per insolvenza, invece, è lo stato del debitore che si trova già in una situazione di irreversibilità attraverso inadempimenti, i quali dimostrano che l’imprenditore non è più in grado di soddisfare le obbligazioni prese. Per sovra indebitamento si intende lo stato di crisi ed insolvenza non riferibile alla liquidazione giudiziale o coatta amministrativa. Dunque, sulla base di ciò che è stato espresso nei paragrafi precedenti, la condizione per potere accedere alla composizione negoziata deve concretizzarsi prima dello stato di crisi ovvero nello stato di squilibrio patrimoniale.
L’iscrizione sulla piattaforma deve avvenire attraverso dei parametri elencati nell’allegato n. 2 del Decreto Dirigenziale del 28 settembre 2021 e l’impresa dovrà fornire: – dati anagrafici dell’impresa – fatturato dell’ultimo esercizio –numero di dipendenti – codice ateco – appartenenza o meno ad un gruppo d’imprese. Successivamente all’iscrizione sulla piattaforma, con l’aiuto di un business consultant, si continua a stilare il “piano di risanamento” a seguito della presa in visione dei controlli particolareggiati (check- list) presenti sulla piattaforma che tengono presente delle esigenze di tutte le imprese, dalle micro, piccole e medie imprese, per poi proseguire con un test per comprendere la validità, come viene descritto al comma 2 dell’art 3 della Legge 147/2021.
Le linee guida per l’accesso alla procedura vengono dettate al Decreto Dirigenziale del 28 settembre 2021 che andremo ad analizzare per gradi.
Alla sezione I del Decreto dirigenziale troviamo le linee giuda per il test pratico online da effettuare al momento dell’iscrizione. Questo test è preliminare e servirà per schematizzare i flussi finanziari esaminando, inizialmente, l’indebitamento e i dati dell’andamento economico attuale considerando gli indici di crisi e ciò che l’imprenditore dovrà affrontare. Ciò che nella pratica viene fatta è un’operazione matematica dove ad alcuni elementi ne vengono sottratti altri per ottenere sia il debito residuo sia l’ammontare dei flussi annui.
Nello specifico, per determinare il debito residuo, al debito scaduto si va ad aggiungere il debito che è stato oggetto di moratorie, le rate dei mutui o finanziamenti per i prossimi 2 anni, gli investimenti che si intendono effettuare per poi procedere a sottrarre le risorse detraibili, i nuovi conferimenti previsti e la stima del margine operativo netto. Si ritiene che però quest’operazione, ai fini del test preliminare, potrebbe essere di gran lunga ridotta attraverso uno stralcio della medesima ed ottenere esclusivamente un indice di ragionevole perseguibilità del risanamento aziendale che si concretizza nello scopo del test pratico.
L’ammontare annuo dei flussi ossia quelli che l’impresa è in grado di generare nell’anno di riferimento, si ricava sottraendo gli investimenti annui e le imposte sul reddito annuo. Con questa procedura e quindi calcolando il rapporto del debito scaduto ovvero dei flussi annui del debito medesimo, si potrà calcolare il grado di difficoltà che l’impresa dovrà affrontare, le tempistiche per estinguere il debito, la parte debitoria che necessita di ristrutturazione e i potenziali stralci del debito. [15]
Nello specifico se il rapporto tra i due dati sopra indicati è attorno al 2, quindi che tocca un numero basso, la situazione aziendale può definirsi non catastrofica e il risanamento potrà avvenire senza una totale ristrutturazione del processo perché definita superflua. Se invece il rapporto sarà maggiore di 2 e toccherà indici numerici attorno al 3, la buona riuscita del piano di risanamento dipenderà dalle iniziative che si intendono attuare e ciò sarà possibile determinarlo solo attraverso la check-list dei controlli per far in modo che il piano medesimo sia cucito sull’impresa stessa e sugli obiettivi prefissati. Qualora si parli, invece, di un indice numerico superiore che va da 4 al 6, potrebbe non essere sufficiente un pian di risanamento ma si opterebbe solo per la cessione dell’azienda. In questo caso si può continuare a stimare i flussi di cassa di quest’ultima operazione che dovrebbero servire per il sostentamento del debito da saldare. [16]
Proseguendo, il Decreto Dirigenziale pone alla Sezione II l’analisi della check-list particolareggiata all’interno della quale vengono stabilite regole di comportamento da parte dell’imprenditore per redigere il piano di risanamento, regole che successivamente verranno visionate dall’esperto. Pertanto, tutto parte dalla stesura di un piano comprendente determinati requisiti in grado di poter far ottenere all’impresa la negoziazione.
In primis, i requisiti organizzativi dell’impresa sono richiesti come elementi fondamentali per procedere alla scrittura del piano di risanamento. L’organizzazione non è propriamente indicata quale piramide gerarchica che caratterizza l’azienda, ma si presuppone come l’insieme degli scopi da seguire, gli obiettivi industriali e tecnici ed i controlli continui dell’andamento dell’azienda. Tutti questi elementi concorrono per l’assetto organizzativo di cui l’impresa ha bisogno. Oltre, vi è necessità di conoscere l’andamento della situazione contabile: l’impresa, ma più nello specifico l’imprenditore, ha l’onere di redigere un prospetto contabile aggiornato a meno che non lo abbia già fatto nei precedenti 120 giorni prima dell’iscrizione. All’interno di questo prospetto ne fanno parte anche i debiti, pertanto sarà opportuno e obbligatorio stimarne l’anzianità, i rischi di una potenziale passività, le differenze debitorie e le ipotizzabili tempistiche di risanamento dei debiti. Dunque, definiamo l’importanza anche dei flussi finanziari che, come viene stabilito dal punto n. 4, Sezione II del Decreto Dirigenziale di riferimento[17], si stabilisce solo dopo un’accurata sintesi tra vari fattori, in particolare: una stima dei ricavi, dei costi variabili, dei costi fissi, degli investimenti, delle imposte sul reddito, delle iniziative finanziarie e di tutte le operazioni che, tramite ulteriori calcoli, proseguono per la scoperta dell’andamento del patrimonio netto.
È opportuno identificare come siano ben distinte le figure dell’imprenditore e dell’esperto dove l’imprenditore avrà a carico e ad onere, ovviamente, tutto ciò che concerne la rivalutazione dell’impresa verso i requisiti richiesti per poter accedere alla negoziazione, mentre l’esperto, non solo opera come organo di controllo, ma cercherà di comprendere quali siano le cause che abbiano portato l’impresa ad una situazione di crisi. Per analogia potremmo definire l’esperto come un mediatore che ha già acquisito tutte le tecniche di facilitazione e mediazione che riguardano la crisi d’impresa. L’esperto che avrà in possesso tutti i requisiti elencati sarà preferito rispetto ad atri soggetti. Nel prossimo paragrafo vedremo più nello specifico questa figura.
1.4 . La figura dell’“esperto” designato: nomina, requisiti, funzioni e compensi
La figura dell’“esperto”, di cui abbiamo accennato nel corso della dissertazione, diviene essenziale per il proseguo della composizione negoziata. L’esperto è così definito a seguito delle competenze tecniche richieste per poter ricevere l’incarico. Accanto alla denominazione di “esperto” sarebbe opportuno designare questo soggetto anche come mediatore e facilitatore, in quanto la figura si comporterà come tale tra il debitore e i creditori. Inoltre, potremmo attribuirgli anche la peculiarità di verificatore perché dovrà controllare la fattibilità del piano di risanamento, affiancando l’imprenditore in tutta la fase di negoziazione.
È sempre la legge a fornirci le linee guida per la nomina della figura sopra designata e nello specifico all’art. 3 L. n. 147/2021, nonché all’ art. 13 CCII, viene fissato che l’iscrizione nella lista degli esperti deve avvenire presso l’elenco delle Camere di Commercio, industria, artigianato ed agricoltura, il quale compete per il luogo di residenza presente per ogni capoluogo di Regione e delle province autonome di Trento e Bolzano. La figura dell’esperto deve avere necessariamente i seguenti requisiti: - iscrizione da almeno cinque anni all’albo dei dottori commercialisti o avvocati o consulenti del lavoro - esperienza maturata nel campo di crisi aziendale e ristrutturazione dei debiti - per i professionisti che non siano iscritti all’albo è necessario che vi siano comprovate esperienze di amministrazione, controllo o direzione in imprese che vi hanno interesse in campo di risanamento aziendale in tutti i suoi strumenti. - aver frequentato obbligatoriamente il corso di cinquantacinque ore previsto dal Decreto dirigenziale.[18] Pertanto tutti i soggetti esperti hanno l’onere di dimostrare l’esperienza maturata in questo campo ma il trattamento è diverso tra le professioni perché gli avvocati e i commercialisti sono tenuti a dimostrare una mera esperienza in campo di risanamento aziendale; per i consulenti del lavoro la dimostrazione è quella di una partecipazione positiva e di successo ad una delle procedure concorsuali; per i soggetti che non sono iscritti all’albo è richiesta un’esperienza in merito alle procedure che però non sia conseguita da un fallimento. Questo deve essere presentato, insieme ad un curriculum vitae e a tutte le certificazioni acquisite nel corso della professione, al momento dell’iscrizione presso la Camera di Commercio, industria, artigianato e agricoltura.
Una volta che il soggetto esperto sia iscritto nell’elenco della CCIAA potrà essere nominato qualora ci sia una richiesta. L’esperto dovrà essere nominato entro cinque giorni dall’istanza presentata dall’imprenditore ovvero l’esperto dovrà accettare l’incarico entro e non oltre due giorni. L’accettazione dell’esperto deve dar conto a determinate fattispecie protocollate nella Sezione III del Decreto Dirigenziale del 28 settembre 2021, vale a dire: l’esperto deve prima controllare che ci sia il cosiddetto rapporto di estraneità, definito requisito essenziale, inoltre deve ispezionare che non ci siano altre composizioni negoziate in pendenza e la sua disponibilità di tempo in virtù della dimensione e del livello debitorio dell’impresa. Si può procedere all’accettazione che avviene presso l’inserimento dei dati nella Piattaforma Telematica, la quale sarà trasmessa all’imprenditore tramite posta elettronica certificata. [19]
La nomina dell’esperto avviene tramite la concessione data dalla Commissione presente alla Camera di Commercio, industria, artigianato e agricoltura che rimarrà in carica per due anni ed è composta da:
- un magistrato designato dal presidente della sezione specializzata in materia di impresa del tribunale del capoluogo di regione o della provincia autonoma di Trento o di Bolzano nel cui territorio si trova la CCIAA che ha ricevuto l'istanza;
- un membro designato dal presidente della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura presso la quale è costituita la commissione;
- un membro designato dal prefetto del capoluogo di regione o della provincia autonoma di Trento o di Bolzano nel cui territorio si trova la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura che ha ricevuto l'istanza[20].
La commissione ha il compito di visionare che i requisiti richiesti per la carica dell’esperto siano in congruità con l’istanza presentata, pertanto li esaminiamo.
Il primo requisito riguarda l’eleggibilità dell’esperto che trova natura nell’art. 2339 c.c. e nell’art. 2382 che, rispettivamente, riguardano le cause di ineleggibilità del sindaco o dell’amministratore, con la conseguente decadenza d’ufficio qualora non siano compatibili. La nomina dell’esperto, quindi, non può avvenire quando la persona si trova in un grado di familiarità come quello del “coniuge, parenti o affini entro il quarto grado dell’amministratore della società” e quando la persona abbia versato una prestazione di lavoro retribuito di qualsiasi qualifica verso la società. In linea generale non può avvenire la nomina quando non può essere vantato un rapporto di indipendenza tra l’esperto e qualsiasi organo in capo alla società richiedente, pertanto, accanto al requisito dell’indipendenza, troviamo anche quello dell’imparzialità. Inoltre, il legislatore del decreto convertito ha omesso l’indice della professionalità perché solo successivamente ed all’interno di un’ulteriore e diverso testo, è stato posto l’obbligo di iscriversi e di tenere un corso di formazione di 55 ore per acquisire tutte le strategie e conoscenze tecniche come stabilito al comma 2.5 del Decreto dirigenziale del 28 settembre 2022. Stabiliamo quindi come ultimo requisito la professionalità nel campo della ristrutturazione aziendale.
Ritornando all’accettazione dell’esperto, una volta controllata la congruità rispetto all’indipendenza, terzietà e disponibilità verso l’impresa affidataria, quest’ultimo accetta entro 2 giorni l’incarico attraverso il caricamento del modello apposito direttamente sulla piattaforma. Proprio attraverso queste manovre possiamo valutare come siano fondamentali le operazioni telematiche per garantire la celerità e l’immediatezza dei risultati, caratteristiche fondamentali per procedere sempre di più verso una globalizzazione informatica centralizzata anche nel sistema burocratico che, per certi versi e settori, sembra voler fare questi passi in avanti.
Interessante è anche l’argomento spettante i compensi dell’esperto disciplinato dall’art 16 della L. N. 147/2021: “Il compenso dell'esperto è determinato in percentuale sull'ammontare dell'attivo dell'impresa debitrice secondo i seguenti scaglioni:
a) fino a euro 100.000,00, il 5,00%;
b) da euro 100.000,01 e fino a euro 500.000,00, l'1,25%;
c) da euro 500.000,01 e fino a euro 1.000.000,00, lo 0,80%;
d) da euro 1.000.000,01 e fino a euro 2.500.000,00, lo 0,43%;
e) da euro 2.500.000,01 e fino a euro 50.000.000,00 lo 0,10%;
f) da euro 50.000.000,01 e fino a euro 400.000.000,00, lo 0,025%;
g) da euro 400.000.000,01 e fino a euro 1.300.000.000,00, lo 0,008%;
h) sulle somme eccedenti euro 1.300.000.000,00, lo 0,002% [...]” [21].
Viene, inoltre, anche imposto un limite minimo di 4.000,00€ ed un limine massimo di 400.000,00€, con una riduzione del 40%, ma non oltrepassando il limite minimo, quando i creditori siano meno di 5. Questo perché l’esperto avrà diritto ad una maggiorazione in percentuale che inizia da una percentuale del 35% fino ad una del 25% se i creditori sono rispettivamente maggiore a 50 e minore a 21 creditori. Ulteriormente, la percentuale viene calcolata sugli ultimi tre bilanci presentati o ultime dichiarazioni generali qualora l’impresa abbia avuto inizio in meno di tre anni. L’esperto avrà sempre diritto ad un compenso maggiorato del 100% quando la composizione negoziata avrà un riscontro positivo, maggiorato del 10% quando è previsto la vendita del complesso aziendale e pari a 500€ quando alla prima trattativa l’imprenditore risulta assente.
L’articolo di riferimento è stato completamente revocato tramite l’abrogazione della L. n. 147/2021 a seguito del D.Lgs. 17 giugno 2022 n. 83 introducendo, assieme ad altri articoli, l’art. 25 ter nel Codice di Crisi d’impresa e d’Insolvenza, il quale ha mosso modifiche millesimali per quanto concerne le percentuali compensative da erogare all’esperto, senza modificarne la ratio.
1.5 . L’avvio delle trattative dell’esperto per la soluzione concordata della crisi d’impresa
Una volta visionata la situazione economico-finanziaria dell’impresa che ha ricorso allo strumento della soluzione negoziata, l’esperto può avviare le trattative con i creditori. Lo scopo delle trattative è ovviamente quello di concludere positivamente la negoziazione con accordi concordati da entrambi gli attori. Da una parte notiamo il sacrificio a carico dei creditori che vantano il credito, il quale deve essere necessariamente ponderato affinché non vada in eccesso e dall’altra parte notiamo le redini dell’imprenditore che tendono verso la conservazione dell’impresa.
In virtù degli interessi, il Decreto dirigenziale ha posto all’attenzione anche gli eventuali interessi a vantaggio della singola parte e lo notiamo nella Sezione III, numero 5, che così riportiamo:
- l’interesse della singola parte è commisurato alle conseguenze derivanti su di essa dal venir meno della continuità aziendale dell’impresa.
- l’interesse della singola parte dipende anche dalla misura di soddisfacimento dei diritti di credito realizzabile in caso di liquidazione dei beni
- l’interesse della singola parte al risanamento dell’impresa può derivare da conseguenze sui rapporti di credito o economici con terze parti
- l’interesse della singola parte può dipendere dalle conseguenze derivanti da una procedura concorsuale in capo all’imprenditore [22].
Una volta stabiliti i possibili interessi della singola parte, osserviamo come viene indicato dalla legge e in particolare all’art. 4 della L. n. 147/2021, il comportamento che tutte le parti debbono seguire ai fini della corretta riuscita: è indicato al comma 2 il dovere di correttezza che l’esperto è tenuto ad osservare che si consolida in un comportamento professionale, imparziale, riservato ed indipendente [23], mentre al comma 4 viene riaffermata la clausola generale di applicazione a qualsiasi tipo di contratto ossia il dovere di un comportamento di buona fede e correttezza ed un comportamento celere e di collaborazione.
Le parti che possono incorrere nel procedimento della negoziazione ampliando il cerchio tra l’imprenditore o gruppi d’impresa e i creditori. Proprio all’articolo 2 della L. 147/2021 si parla di “eventuali altri soggetti interessati” [24] ossia coloro che hanno un qualsiasi interesse nell’azienda e che sono coinvolti all’interno di essa, in gergo economico vengono chiamati stakeholder, un esempio sono i dipendenti, soci, fornitori, dirigenti, azionisti e per ultime, ma non per importanza, le banche. La posizione delle banche è di fondamentale rilievo, in quanto la loro condotta è inserita nell’art.4 della suddetta Legge che pone l’interesse sulle banche e su tutti gli intermediari finanziari che, visto la loro mansione, debbono essere informate e debbono partecipare attivamente durante le trattative. Questo perché alla composizione negoziata possono parteciparvi solo le imprese in cui persiste uno spiraglio di possibilità del risanamento aziendale ovvero non si trovino in condizione di irreversibilità. Grazie a questo, le banche avranno maggior protezione e - in relazione al principio della buona condotta e al dovere di collaborare lealmente - sono tenute a adoperarsi per prestare assistenza continua all’imprenditore: ciò è oggetto di discussione poiché in contrasto con l’articolo 182septies della legge fallimentare in cui viene disciplinato: “[…] In nessun caso, per effetto dell'accordo di ristrutturazione, ai creditori ai quali è stato esteso l'accordo possono essere imposti l'esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l'erogazione di nuovi finanziamenti […]”. Da una parte è richiesto ai creditori, nello specifico caso alle banche, di adoperarsi per il corretto proseguo della soluzione negoziata attraverso prestazioni creditizie, dall’altra parte viene vietato di imporre una tale situazione proprio ai creditori. Questo interrogativo potrebbe essere risolto dalle tempistiche che vengono imposte per la composizione negoziata ossia tutta la procedura dovrebbe durare, salvo proroghe, massimo 180 giorni, per questo gli istituti bancari potrebbero promuovere istanze in maniera celere e tempestive. Notiamo come la figura delle banche sia cambiata radicalmente dalla disciplina della remota Legge fallimentare in cui la banca è tenuta a mantenere un atteggiamento di solo rifiuto o accettazione alle proposte dell’imprenditore, diversamente da questa disciplina in cui la banca può promuovere controproposte ai fini di collaborare lealmente per la positiva riuscita della composizione.
Un’altra branca di creditori, o meglio di “interessati”, sono i lavoratori dipendenti che sono tutelati dall’impegno dei sindacati, i quali, nelle imprese con più di 15 dipendenti, saranno informati di tutte le iniziative e comunicazioni ovvero delle trattative attuate dall’imprenditore. Per le modalità dello scambio di informazioni tra l’esperto ed il sindacato, facciamo ricorso all’art.4 comma 8 in cui è stabilito che quest’ultimo può richiedere un incontro con l’imprenditore entro 3 giorni dalla ricezione dell’informativa, incontro che si dovrà tenere massimo entro 5 giorni dall’inizio dell’istanza. Le trattative avverranno in maniera riservata e l’esperto è tenuto alla stesura di un resoconto successivo all’incontro. È onere dell’imprenditore presentare all’esperto, con estrema trasparenza e limpidità, la situazione relativa ai soggetti di riferimento cosicché possa proporre la strategia giusta.
A tutela dell’imprenditore poniamo l’attenzione sulla possibilità di richiedere l’applicazione delle cosiddette “misure protettive”, come disciplinato dall’art. 6 della L. n. 147/2021: “l'imprenditore può chiedere, con l'istanza di nomina dell'esperto o con successiva istanza presentata con le modalità di cui all'articolo 5, comma 1, l'applicazione di misure protettive nei confronti del proprio patrimonio”[25]. Questo strumento è un ausilio volto a rendere “intoccabile” ed “inaccessibile” il patrimonio dell’imprenditore come presentato all’inizio delle trattative, per evitare che ci siano privilegi delle posizioni per i futuri pagamenti, fino al termine delle trattative o all’eventuale archiviazione della procedura. Più nello specifico, parliamo del divieto dei creditori di acquisire diritti di prelazione o proseguire azioni esecutive sul patrimonio o sui beni dell’imprenditore con esclusione, come è disciplinato dal comma 3 dello stesso articolo, dei diritti di credito dei lavoratori. La maggior problematica che ha investito l’imprenditore stesso, seppure queste misure siano esclusivamente a suo vantaggio, è rappresentata dal procedimento di attuazione delle misure protettive e cautelari, disciplinate dall’art. 7 della legge di riferimento. Si prevede che, quando l’imprenditore abbia necessità di applicare le misure previste dall’art. 6, egli faccia richiesta direttamente in piattaforma presso la Camera di commercio, necessariamente deve rivolgersi al giudice competente affinché quest’ultimo, una volta verificata l’esistenza dei requisiti previsti dalla legge, possa confermare l’applicazione delle misure. La particolarità che emerge dall’arti. 7 al comma 2 è che, quando l’imprenditore deposita l’istanza in piattaforma a seguito anche dell’accettazione dell’esperto, nello stesso giorno deve depositare il ricorso per la conferma. Allorché ci sia anche un minimo ritardo a depositare il ricorso, quest’ultimo diventa improcedibile ed il giudice lo respinge non confermando la misura protettiva. L’ulteriore termine inserito di 30 giorni è previsto per la pubblicazione del numero generale nel registro delle imprese. Si può bene intendere che un tale termine così ristretto è inconciliabile con l’attività dell’imprenditore, il quale potrebbe facilmente incorrere in ritardi a volte anche a lui non imputabili, trattandosi, tra altro, di una procedura telematica. Questo potrebbe portare ad un declino della procedura, se solo si pensasse che molte delle volte l’imprenditore non potrebbe attuare una misura ritenuta la più protettiva nei suoi confronti. Se il deposito del ricorso avesse avuto riscontro positivo, il tribunale fisserebbe l’incontro con l’imprenditore e l’esperto e, qualora debbano essere poste a misure cautelari anche provvedimenti che incidono su terzi soggetti, sarebbero chiamati anche quest’ultimi in udienza. Il giudice stabilisce le tempistiche in cui saranno valide le misure protettive che vanno da un minimo di 30 giorni ad un massimo di 120 giorni, salvo proroga ad un massimo di 240 giorni. [26] La proroga avverrà solo se è necessaria e riguarda un buon esito delle trattative. Inoltre, il giudice potrà, quando riterrà necessario, revocare o abbreviare le misure se queste risultano sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato. Esamineremo, poi, anche l’importanza di queste misure in caso di pendenza dei contratti.
Ritornando al fulcro dell’attività, affermiamo che con l’accettazione inizia il lavoro dell’esperto, intraprendendo le prime conciliazioni con l’imprenditore, attraverso la convocazione dello stesso e dei suoi assistenti contabili e, attraverso i documenti forniti in fase di iscrizione, si iniziano a decifrare i gradi di sanabilità aziendale. Infatti, nelle prime trattazioni, l’esperto prenderà visione del test online, qualora l’imprenditore lo abbia preventivamente inserito in piattaforma ovvero lo elaborerà con lui qualora non lo abbia allegato. L’esperto dovrà attenersi alla già enumerata check-list quando esaminerà l’adeguatezza del piano di risanamento e stabilirà le strategie da attuare. Nella fase precedente alle trattative e, nello specifico, in questa fase delicata di studio e di controllo da parte dell’esperto, quest’ultimo potrà definire se indicare una reale fattibilità del risanamento aziendale ovvero iniziare con le trattative oppure se indicare, sin da subito all’imprenditore, una strada di risanamento indiretta finalizzata alla cessione d’azienda o rami di essa. Quest’ultima non è l’unica risposta negativa che può emergere dalle consultazioni che produce l’esperto, infatti egli può archiviare la procedura quando ritiene che le prospettive, dati i conteggi e la situazione postata dall’impresa, non siano così vigorose da poter procedere ad una ristrutturazione del debito. A livello procedurale questo avverrà attraverso una comunicazione sia all’imprenditore e sia al Segretario della Camera di commercio direttamente sulla piattaforma digitale, ma la novità più importante è che a quest’azione l’imprenditore non potrà prestare impugnazione dinanzi a nessun tribunale perché non si tratta di un’operazione giurisdizionale. D’altronde è doveroso ricordare che tutto ciò avviene attraverso delle operazioni matematiche, alle quali neppure l’esperto può valicare, perché maggiore sarà il rapporto tra il debito residuo e i flussi annui di cassa e minore sarà la possibilità di superare con facilità la crisi aziendale, per questo servono degli esperti per l’elaborazione delle strategie mirate.
Qualora, in caso contrario, preso visione del test online e della lista dei controlli particolareggiata, l’esperto presuma ci siano le basi per poter incominciare le trattative, si procede con una relazione iniziale da parte di quest’ultimo. Tutti i verbali redatti dovranno essere registrati sulla piattaforma telematica ma conterranno i soli documenti presentati e non il loro contenuto, in virtù del principio di riservatezza che ricopre l’esperto. Tutte le parti interessate ovvero tutti i creditori che prenderanno corpo alla negoziazione, dovranno essere registrati sulla piattaforma.
La modalità delle trattative per le imprese non viene espressamente dichiarata né nella legge e né nel Decreto dirigenziale, ma vedremo successivamente quali saranno le conseguenze all’esito di quest’ultime. Diversamente avviene per i gruppi d’impresa per cui vengono definite diverse modalità di proseguo delle trattative. Ci troviamo dinanzi ad un’ulteriore novità introdotta proprio con la Legge di riferimento ossia un assetto normativo dedicato ai soli gruppi di imprese, disciplinato dall’art. 13 della L. n. 147/2021. L’articolo di riferimento, ai sensi degli articoli 2497 e 2545 septies del Codice civile definisce così i gruppi d’impresa: “[…] costituisce gruppo di imprese l’insieme delle società, delle imprese e degli enti, esclusi lo Stato e gli enti territoriali, che esercitano o sono sottoposti alla direzione e coordinamento di una società, di un ente o di una persona fisica. A tal fine si presume, salvo prova contraria, che l’attività di direzione e coordinamento delle società del gruppo sia esercitata:
A. dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci;
B. dalla società o ente che le controlla, direttamente o indirettamente, anche nei casi di controllo congiunto. [… ]”[27]
Una volta definiti i gruppi d’impresa, il medesimo articolo dispone le due modalità di presentazione della domanda: si può presentare un’istanza da parte dell’intero gruppo, così l’esperto procederà con un trattamento organico, oppure si possono presentare più istanze singole ovvero con la nomina di più esperti ma sempre con un trattamento unitario. La modalità di attuazione in modo unitario è relativa nelle azioni in cui: nel primo caso, quando viene presentata l’istanza dall’intero gruppo, bisogna definire quale impresa abbia maggior carico debitorio per potervi accedere alle misure protettive; nel secondo caso, quando vengono presentate più istanze, innanzitutto gli esperti devono obbligatoriamente comunicare e collaborare sia tra loro e sia tra i creditori, poi eventualmente definire se è opportuno o meno continuare le trattative con un unico esperto. Per quanto concerne i documenti da presentare e le istituzioni presso cui presentare l’istanza, non si differenziano dal conferimento delle imprese singole. [28]
Analizzeremo, anche per la casistica dei gruppi d’impresa, le conseguenze poste a seguito delle trattative che vedranno un esito positivo ovvero negativo ma, per quanto concerne le modalità strettamente collegate all’accordo definito tra l’impresa e i creditori, questo resta senza una disciplina interna. Viene lasciata, pertanto, ai soggetti libera interpretazione e realizzazione delle trattative vere e proprie.
2.1 . La gestione dell’impresa in pendenza delle trattative: art. 9 L. n. 147/2021
L’impresa, una volta che ha dichiarato la volontà di prendere parte alla composizione negoziata per i benefici che essa può apportare, (ad esempio evitare un fallimento o un concordato, richiedere ulteriori misure cautelari e la continuità aziendale), si interroga, però, su come proseguire il mantenimento dell’azienda durante la fase delle trattative. La risposta la ritroviamo esaminando l’art. 9 della L. n. 147/2021, nominato: “Gestione dell’impresa in pendenza di trattative”, in cui viene affermato che l’imprenditore andrà a conservare, durante le trattative, sia la gestione ordinaria che quella straordinaria dell’impresa. Ancora, il comma 1 afferma: “[…] Quando, nel corso della composizione negoziata, risulta che l’imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l’impresa nel prevalente interesse dei creditori […]” [29]. In relazione a questo punto possiamo esaminare alcuni importanti fattori: il primo, che abbiamo già precedentemente analizzato, è quello riguarda la condizione in cui versa l’azienda cioè la sua situazione di insolvenza ma con delle concrete possibilità di risanamento; il secondo aspetto risiede nell’esaminare la destinazione dell’interesse che deve essere prevalentemente quella dei creditori. Questo elemento ha destato delle perplessità, in quanto la situazione dell’impresa che richiede di attingere a tale disciplina, presenta delle difficoltà riversate in un’instabilità aziendale, soprattutto per quel che concerne l’ambito economico- finanziario. L’impresa, quindi, non solo dovrà evitare qualsiasi pregiudizio finalizzato alla sostenibilità aziendale, ma rischierà anche di incorrere in ulteriori ostacoli perché l’interesse debba essere in misura prevalente nei confronti dei creditori, i quali, incontrovertibilmente, occupano una parte fondamentale del ramo, parte verso la quale si vuol promuovere l’iniziativa. L’azienda però è composta da tanti altri componenti che, in un momento così delicato come la crisi aziendale, non sono da sottovalutare.
Come ultimo aspetto vi è l’elemento oggettivo ossia a cosa ci si fa riferimento quando si parla di gestione dell’impresa: la risposta è contenuta all’interno dell’art. 9 della L. n. 147/2021 quindi nell’art 21 del Codice della Crisi aggiornato dal D.Lgs. n. 83/2022 e nel decreto ministeriale. Citiamo, quindi, le prime righe dell’art. 9 che rispecchiano perfettamente quelle del modificato art. 21 del Codice della Crisi: “[…] l’imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa […]”. Il decreto ministeriale, invece, espone tutti gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione, trasportandosi, quindi, nell’ amministrazione straordinaria:
- le operazioni sul capitale sociale e sull’azienda;
- la concessione di garanzie;
- i pagamenti anticipati delle forniture;
- la cessione pro soluto di crediti;
- l’erogazione di finanziamenti a favore di terzi e di parti correlate;
- la rinunzia alle liti e le transazioni;
- le ricognizioni di diritti di terzi;
- il consenso alla cancellazione di ipoteche e la restituzione di pegni;
- l’effettuazione di significativi investimenti;
- i rimborsi di finanziamenti ai soci o a parti correlate;
- la creazione di patrimoni destinati e forme di segregazione del patrimonio in generale;
- gli atti dispositivi in genere. [30]
In questa fase risulta ancor più importante la figura dell’esperto, il quale accompagnerà l’imprenditore nella stipula delle azioni straordinarie per comprendere al meglio quali siano gli atti da poter predisporre e quali siano quelli da evitare, ai fini di non cagionare ulteriori sacrifici all’azienda.
La procedura parte con la comunicazione obbligatoria dell’imprenditore all’esperto e, ancor prima dell’inizio delle trattative, l’esternazione della volontà di procedere con quello specifico atto straordinario ovvero di procedere con eventuali pagamenti. In questa fase di comunicazione l’imprenditore espone le sue ragioni a sostegno del compimento della spesa straordinaria, ma il riesamino più importante da effettuare è calcolare se quella spesa sia in linea con il piano di risanamento che l’impresa sta cercando di attuare oppure no. Per determinare la fattibilità della spesa, il decreto ministeriale parla di operativo lordo positivo ed operativo lordo negativo: bisognerà verificare che, qualora ci sia un’operatività positiva, questa sia calcolata anche con le eventuali spese straordinarie; qualora ci sia un’operatività negativa, questa sarà compensata dai vantaggi per i creditori e, di conseguenza, significherà continuità aziendale. Non bisogna dimenticare che l’interesse in palio è prevalente nei confronti dei creditori e perciò risulta obbligatorio che le scelte poste non arrechino pregiudizio economico-finanziario dell’azienda, anche in corrispondenza dei creditori, la quale tutela è spiccata.
Una volta che l’imprenditore abbia comunicato l’iniziativa all’esperto, quest’ultimo, se ritiene che l’atto possa arrecare un qualsiasi pregiudizio, procede dapprima con una segnalazione diretta all’imprenditore, poi, qualora lo stesso compia ugualmente l’atto, può esprimere il suo dissenso attraverso una dichiarazione scritta presentata sulla piattaforma telematica entro 10 giorni. La dichiarazione diviene obbligatoria presso il registro delle imprese quando il danno pregiudicato sopraggiunge anche a carico dei creditori e non solo verso le prospettive di risanamento. Ciò sta a significare che l’imprenditore resta pieno titolare delle sue facoltà per tutta la fase della composizione, nel senso che potrà decidere senza influenza altrui le attività da disporre, prendendo atto delle conseguenze che inevitabilmente possono ripercuotersi sulla sua situazione aziendale. Nel solo caso di pregiudizi verso i creditori, viene richiesto all’esperto una dichiarazione obbligatoria. Questo disaccordo porterà sicuramente a delle conseguenze, tipo una compromissione del piano della composizione negoziata e dei rapporti relativi alla disciplina: in tal caso l’esperto potrà ritenere non più perseguibile il risanamento. A questo punto, i creditori con cui si tenevano trattative o le si cercava di ottenere, perderanno fiducia verso l’imprenditore e ciò si potrebbe stigmatizzare al meglio come un “naufragio delle trattative in corso”[31]: questo è uno degli aspetti che potrebbe far crollare la possibilità di attingere alla composizione negoziata.
Anche nel caso della gestione in pendenza di trattative, la figura delle misure protettive risulta essere importante. Tale questione è disciplinata dall’art 21, comma 5 del Codice della Crisi di presa, sui passi dei precedenti art. 9 della L. n. 147/2021 abrogata a seguito del D.Lgs. n. 83/2022. Il comma 5 così si esprime: “Quando sono state concesse misure protettive o cautelari l'esperto, iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese, procede alla segnalazione di cui all'articolo 19, comma 6.” Vi è, dunque, un’attenzione circa le modalità riguardanti le misure protettive quando queste siano state richieste nella procedura della composizione negoziata, seguita da un dissenso dell’esperto conseguente ad un intervento non produttivo dell’imprenditore: le misure, ai sensi dell’art 19, comma 6 del Codice della Crisi, potranno essere revocate o potrà essere abbreviata la loro durata dal Giudice, a seguito della segnalazione dell’esperto, a ragione della decisione posta dall’esperto stesso. Questo è il risultato di una rottura di legami fiduciosi che si erano precedentemente intrapresi tra i creditori e l’imprenditore e, siccome l’esperto è definito terza parte imparziale, egli procederà secondo la legge. D’altra parte, la legge L. n. 147/2021 disciplina le tutele che l’imprenditore ha nei confronti delle azioni da lui promosse. Il riferimento è l’art. 12 intitolato “Conservazione degli effetti”, nonché l’art. 24 del Codice della Crisi in cui, all’ultimo comma, viene predisposto che tutti gli atti, i pagamenti o le azioni, anche straordinarie, siano salve da revoche qualora siano in linea con l’andamento e le prerogative delle trattative in corso e qualora l’esperto non abbia dichiarato un dissenso. L’attinenza della norma riguarda tutti quegli atti che siano stati attuati nel momento successivo alla presa in carica da parte dell’esperto. Sono esentate, invece, le disposizioni poste agli articoli 216-217 del R.D. 267/1942, in termini di bancarotta semplice o preferenziale, quando la richiesta mossa dall’imprenditore sia avvenuta successivamente all’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto. Differentemente, si riversano sull’imprenditore responsabilità civili e penali quando l’autorizzazione dell’esperto sia avvenuta a seguito di informazioni non esternate in maniera completa, quindi incorretta o incompleta, qualora sopraggiunga il fallimento. È doveroso specificare cosa intendiamo per bancarotta preferenziale e bancarotta semplice, ossia quelle disposte rispettivamente dagli art. 216 e 217 del R.D. n. 267/1942. La prima è specificata al comma 3 dell’articolo di riferimento: “È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione”; la seconda “Si parla di bancarotta semplice quando la condotta dell'imprenditore è sorretta da dolo semplice o a titolo di colpa, vale a dire per imprudenza, negligenza, imperizia.”[32]
Una volta definite le nozioni normative, è opportuno designare il nesso che il legislatore ha voluto inserire nella nuova L. n. 147/2021 perché, la cosa interessante, come vediamo, in entrambi i casi è presente in misura prevalente la figura del dolo, citando l’art. 216: “[…] allo scopo di recare pregiudizio ai creditori […]”. Per il caso della composizione negoziata, l'imprenditore si trova in una posizione di crisi aziendale; pertanto, i pagamenti o le prestazioni prestate verso i creditori, seppure alterando la par condicio creditorum, non vengono definiti in termini di bancarotta, in quanto non vi è la presenza di dolo ma la mera volontà di ripristino delle sue capacità aziendali, tese ad evitare delle procedure concorsuali[33]. Ricordiamo l’elemento soggettivo che permane al fine della composizione negoziata e soprattutto ricordiamo lo scopo della disciplina: l'imprenditore, qualora riesca a procedere con piccoli pagamenti per alleggerire il suo carico debitorio, si troverà a svolgere azioni in linea con la suddetta disciplina.
2.2 . Le autorizzazioni del tribunale e la rinegoziazione dei contratti, in particolar modo dei contratti ad esecuzione continuata o periodica
Una grande novità introdotta con la Legge 147/2021 è la possibilità concessa all'imprenditore di rapportarsi direttamente con il tribunale, qualora egli ritenga necessario ottenere diversi effetti da quelli di una contrattazione privatistica, procedere cioè ad una rinegoziazione dei contratti se le parti non arrivano ad un accordo. È da sottolineare che tale comma, esplicato ad oggi attraverso il D.Lsg. n. 83/2022, è stato abrogato, ma posizionato nelle disposizioni di coordinamento e in quelle transitorie; pertanto, è importante, in ogni modo, porgli attenzione. La disciplina delle autorizzazioni del tribunale è dunque presente nel Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, modificato dal D.Lsg. n. 83/2022, all’art. 22 nominato “Autorizzazione del tribunale”.
È il caso dell'art. 10 della L. n. 147/2021 in cui vengono disciplinate tutte le autorizzazioni che il tribunale può concedere, a seguito di una richiesta fatta da parte dell’imprenditore. Costui, nello specifico, potrà richiedere, sempre dopo un’accurata valutazione che risulti in linea con l'obiettivo della continuità aziendale e con il soddisfacimento dei creditori, di contrarre finanziamenti da soggetti terzi (lettera a), dai soci (lettera b), da un gruppo interno alla società (lettera c) o ancora, potrà richiedere il trasferimento dell’azienda o un ramo di essa.
Soffermiamoci, quindi, sul primo comma dell’articolo, proseguendo successivamente verso la seconda parte in cui si asserirà di rinegoziazione.
Notiamo come anche in questo caso che è la figura dell’esperto a guidare l’imprenditore, affinché le richieste dei finanziamenti siano funzionali al ciclo degli approvvigionamenti, ma anche efficienti per ripristinare la regolarità del pagamento delle imposte ovvero che il finanziamento valga per il “miglior soddisfacimento dei creditori”. Proprio per tale ragione, il decreto dirigenziale comunica che l’esperto dovrà fare totale riferimento al “margine operativo lordo positivo” o anche a quello “operativo lordo negativo” integro dei vantaggi ai creditori. Poiché si sta parlando, dunque, di crediti in prededuzione, è indispensabile che venga fatta un’accurata ed attenta stima della reale destinazione dei fondi finanziati, affinché questi non contribuiscano negativamente ad un ulteriore indebitamento.
Siffatto, è questo l’aspetto che i soggetti che debbano prestare il finanziamento si pongano come quesito; quesito che può essere risolto solo con l’ausilio di un soggetto esperto a livello tecnico finanziario: ma non solo. Il legislatore ha dato un grande segno di cambiamento, dove, in una prospettiva privatistica e volontaria (quale la composizione negoziata), ha inteso applicare un ulteriore ausilio tecnico che vada oltre la figura dell’esperto. In relazione a ciò, le autorizzazioni debbano provenire obbligatoriamente da un organo giudicante come il Tribunale, il quale può sottoscrivere un’ulteriore richiesta per un’assistenza, ai fini di un aiuto tecnico e per garantire il fabbisogno finanziario. La concatenazione che si viene a creare a livello procedurale, parte dall’imprenditore che, ai sensi dell’art. 10 L. n. 147/2021, tramite la sua richiesta al Tribunale, promuove la sua istanza; il Tribunale a sua volta può, dopo aver visionato la domanda, emettere sentenza diretta, quale che sia: positiva, negativa o parziale ovvero, prima della sentenza, sentire un giudizio tecnico (estrapolato da quello dell’esperto). In seguito alla sentenza emanata dal Giudice, sarà invece l’esperto a consigliare una strada alternativa ai finanziamenti o a definire le varie somme da richiedere, il tutto preservando l’obiettivo della disciplina.
Il secondo comma dell’art. 10 della L. n. 147/2021, si occupa della rinegoziazione dei contratti a seguito di una revisione contrattuale, qualora gli stessi contratti siano divenuti particolarmente onerosi a causa della intercorsa pandemia. Proprio in questa nota si fa espresso riferimento al periodo pandemico: “L'esperto, può invitare le parti a rideterminare, secondo buona fede, il contenuto dei contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa per effetto della pandemia da SARS-CoV-2." [34]
Questa rinegoziazione nutrirà tutti gli effetti di una comune negoziazione privatistica, con l’unica eccezione della casualità, confine che, nel corso degli anni, è aumentato, andando incontro alle esigenze delle aziende e stando sempre al passo con le urgenze economico-sociali in cui versa l’intero sistema commerciale nazionale ed internazionale. Indirizziamo, dunque, il discorso verso le modifiche introdotte dal D.Lsg. n. 83/2022 che ha importato all’interno del Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, la negoziazione; ma non solo: a seguito, segnaliamo la novità introdotta nell’art.17 del Codice della Crisi nominato “Accesso alla composizione negoziata e suo funzionamento” e propriamente al comma 5, asserendo al comportamento della figura dell’esperto in caso di mancate o nulle prospettive di risanamento: costui dovrà invitare le parti alla rideterminazione dei contratti, qualora questi siano divenuti eccessivamente onerosi o abbiano alterato l’equilibrio a seguito di sopravvenute circostanze.[35] La destinazione di questa disciplina di rinegoziazione è mutata tra il 2021 e il 2022. Nella L. n. 147/2021 il legislatore alludeva alle condizioni ritenute eccessivamente onerose solo a seguito della pandemia intercorsa (Articolo 10), mentre, con il Decreto legislativo, poc’anzi enumerato ed entrato in vigore nel giugno del 2022, la destinazione del testo riguarda tutte le fattispecie e situazioni ritenute eccessivamente onerose, a seguito di una sopravvenuta circostanza ovvero qualsiasi squilibrio che alteri, appunto, l’equilibrio aziendale.
La rinegoziazione può avvenire tramite accordo delle parti a seguito dell’invito dell’esperto o tramite tribunale, il quale, in caso di mancato accordo e su domanda dell’imprenditore, può “rideterminare le condizioni del contratto” [36] per le materie e per i tempi che sono maggiormente funzionali alla continuità aziendale. Precisamente, il legislatore ha dato un grande segno di favoreggiamento verso il prosieguo aziendale, sia per ciò che compone l’intero organismo dell’azienda, sia per il significato che la singola azienda ha all’interno dell’assetto economico e finanziario del Paese; questo è il risultato dell’analisi del sopraccitato articolo, in cui si nota come il legislatore tenda a dare ausilio specifico, attraverso l’accordo o la domanda al tribunale, al fine di promuovere le esigenze conservative dei contratti e le intese tra le parti.
L’esperto, in questo caso, ha due compiti fondamentali: il primo è quello di supportare l’imprenditore attraverso la redazione di un parere da inoltrare al tribunale, nel caso in cui il lavoratore autonomo procederà con la richiesta presso il foro competente e quest’ultimo ne terrà conto per mantenere un certo equilibrio aziendale; il secondo è in correlazione alla richiesta di rinegoziazione, ma è un’attività che deve avvenire durante le prime trattative, ancor meglio dal primo incontro. Quindi l’esperto deve ottenere l’accettazione dalle parti contraenti circa il riferimento del tribunale, dell’esito delle trattative e del motivo del rifiuto delle proposte.
Dunque, il testo dell’articolo 10 pone la destinazione di rinegoziazione a tutti quei contratti che sono divenuti eccessivamente onerosi, ma è bene specificare a che tipi di contratti faccia riferimento. Sono i contratti a prestazione periodica o continuata, in quanto questi hanno in comune il fine temporale secondo cui la prestazione dev’essere ripetuta nel tempo: nel primo caso, attraverso singole prestazioni concernenti nel fare o non fare e protratte nel tempo; nel secondo caso, si parla di un’unica prestazione ed ininterrotta. È proprio il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza a fornirci le informazioni secondo il Titolo II, Capo I, destinato a tutto ciò che concerne la composizione, di cui l’art, 17: “Le parti sono tenute a collaborare tra loro per rideterminare il contenuto del contratto o adeguare le prestazioni alle mutate condizioni”[37]. L’adeguamento delle prestazioni è la condizione secondo cui i contratti, a prestazione periodica o continuata, sono idonei alla destinazione della composizione negoziata. Nello specifico facciamo riferimento alla Sentenza della Cassazione Civile del 29/05/2019 n. 14713 e nella più recente sentenza della Cassazione Civile del 31/12/2021 n. 42093, secondo la quale, in termini di ripresa, viene a specificarsi l'oggettività della necessità di adeguare le prestazioni alle mutate condizioni, per far sì che il tutto rientri nell’amministrazione ordinaria e non sfoci in quella straordinaria. Questo perché, ponendo l’ipotesi di un contratto a condizione futura, qualora la condizione non venga conformata, si potrebbe incorrere nell’impossibilità di prestabilire gli effetti che vi possono derivare. Ricordiamo che asseriamo all’ amministrazione ordinaria come a tutte quelle attività poste in essere in capo all’imprenditore che non implichino situazioni negative ovvero sfavorevoli per l’impresa stessa; all’opposto si classificano le attività che riguardano l’attività straordinaria. Quindi, allorché si parla di rinegoziazione come amministrazione straordinaria, si presume che questa non sia adattata in base alle condizioni e, in caso contrario, è ammissibile che la disciplina si collochi tra le attività dell’amministrazione ordinaria.
2.3 . L’alternativa della cessione aziendale
Tra le autorizzazioni del tribunale, previste dall’art. 10 comma 1 della L. n. 147/2021 nonché dall’art. 22 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, abbiamo già visto che è previsto il trasferimento d’azienda alla lettera d) così come è stabilito: “autorizzare l’imprenditore a trasferire in qualunque forma l’azienda o uno o più̀ suoi rami senza gli effetti di cui all’articolo 2560, secondo comma, del codice civile, dettando le misure ritenute opportune, tenuto conto delle istanze delle parti interessate al fine di tutelare gli interessi coinvolti; resta fermo l’articolo 2112 del codice civile. Il tribunale verifica altresì̀ il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente.” [38]
Invero, anche durante le trattative che si svolgono in sede di conciliazione negoziale, può presentarsi come unica e auspicabile, soluzione alla crisi, la necessità o anche l’utilità di trasferire la società o un ramo di essa. Date queste esigenze, l'attesa forzata della composizione negoziata o dell'eventuale introduzione di diversi strumenti per regolare la crisi, antecedenti alla procedura di trasferimento, potrebbe essere dannosa per i creditori e per la stessa continuità aziendale. Ai sensi dell’art. 9 della L. n. 147/2021, l’imprenditore potrebbe ricorrere al trasferimento dell’azienda anche senza autorizzazione del tribunale, essendo questa un’attività di straordinaria amministrazione; pertanto, si potrebbe procedere portando a conoscenza dell’esperto tale situazione e proprio costui ne esaminerà la fattibilità.
La procedura inizia su espressa richiesta dell'imprenditore poiché, a meno che non ci sia uno spossessamento, spetta all'imprenditore stesso decidere autonomamente se e quando richiedere l'autorizzazione al trasferimento; ovviamente la richiesta può anche essere sollecitata dall’ esperto, ma si tratta in ogni caso di una legittimità insostituibile. Per quanto riguarda, invece, la concessione richiesta al Tribunale, essa avviene, in relazione all’oggetto, in qualsiasi forma; infatti, si può decidere di trasferire, su richiesta, la società o le sue affiliate ovvero richiedere l'autorizzazione alla vendita di altri conferimenti. La richiesta di autorizzazione va enunciata al tribunale ai sensi del comma 3 dell’art. 10 decreto-legge 118/2021 ed il procedimento si svolge innanzi al tribunale competente ai sensi dell'articolo 9 del regio decreto 16 marzo 1942 n. 267 che, una volta sentite le parti interessate e studiate le informazioni essenziali, decide in composizione monocratica. Fondamentale è la determinazione dei soggetti definiti “parte interessata” ovvero coloro che debbono prendere parte al giudizio e sono legittimati da un titolo. Sembra opportuno precisare che, in tal senso, vengono coinvolte diverse posizioni e vengono estesi i riceventi, non soffermandosi ai soli creditori, ma anche verso l’esperto o le organizzazioni sindacali. Per quanto concerne queste ultime, sentito l’art. 4, comma 8 del decreto-legge n. 118/2021, il datore di lavoro che abbia più di quindici dipendenti, in caso di composizione negoziata, deve attenersi all’istituzione di un rapporto con i sindacati per le tutele poste ai lavoratori. Una volta preso atto degli interessi vantati, i soggetti verranno presentati come parte interessata, ma il tribunale non sarà esentato dal richiedere un colloquio direttamente con le organizzazioni. [39] Quanto all’ambito dei lavoratori dipendenti, secondo l’art. 2112 del Codice Civile intitolato “Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda”: il rapporto di lavoro intrapreso con i lavoratori stessi persiste anche a seguito del trasferimento d’azienda ed il titolare è tenuto a mantenere il trattamento economico come da C.C.N. Dunque, l’eventuale trasferimento d’azienda, seppure eseguito durante una disciplina particolare come la composizione negoziata, non determina una motivazione di licenziamento. Questo è ritenuto un fattore di totale rilevanza ai fini della tutela dei lavoratori, anche se fosse impensabile la sua non attuazione all’interno di una disciplina che vanta la finalità di una continuità aziendale propriamente strutturata. Il procedimento continua una volta che il tribunale ha preso atto di tutte le condizioni coinvolte, seguendo così l’obiettivo della disciplina con la conseguenza di determinare la sussistenza congiunta di entrambi i presupposti definiti dalla legge:
- funzionalità rispetto alla continuità aziendale
- funzionalità rispetto alla migliore soddisfazione dei creditori.
Quest’ultimo, non solo risulta essere idoneo ai fini processuali, ma anche e soprattutto ai fini della destinazione dell’azienda in seguito al trasferimento di essa, per poter garantire la migliore soluzione presente sul mercato. Per miglior soluzione non s’intente quella che considera esclusivamente i termini economici, ma un unico pacchetto che comprende la tutela di diverse situazioni: da una parte quella già elencata dei lavoratori e dall’altra la custodia della continuità aziendale. Questi interessi portano però ad un peso differente se l’imprenditore decide di promuovere l’azione come straordinaria, ai sensi dell’art. 9 L. n. 147/2021 e promuovere la cessione al “migliore acquirente”, oppure effettuare il trasferimento ai sensi dell’art 10 L. n. 147/2021 nonché art. 22 lettera del Codice della Crisi d’azienda e d’insolvenza ed aprire una procedura competitiva.
Nel primo caso si tratta di un trasferimento effettuato con la sola volontà dell’imprenditore ed una mera comunicazione rivolta all’esperto il quale, potrà esternare il suo dissenso, ma prevarrà comunque l’autonomia dell’imprenditore stesso che potrà attuare ogni atto di straordinaria amministrazione in totale indipendenza. Gli effetti sono diversi: il primo presenterà degli esiti maggiormente favorevoli a livello economico in quanto l’imprenditore è tenuto a scegliere il migliore acquirente, basandosi su di una scelta prettamente economica e questo garantirà di non assoggettarsi alla scelta del tribunale che, ovviamente, è tenuto a scegliere fondando il suo parere su diversi fattori, rispetto a quello unico dell’economicità. L’assunto, come viene definito dall’art 12 della L. n. 147/2021 comma 4, che: “resta ferma la responsabilità dell’imprenditore” [40]. Dunque, l’imperativo è dato dalle condizioni di responsabilità previste in tema di gestione dell’impresa a carico dell’imprenditore in caso di gestione ordinaria e straordinaria, in concomitanza con il testo dell’art. 9 della medesima legge.
Diversamente accadrà nel secondo caso, dove l’imprenditore proporrà la cessione d’azienda o un ramo di essa a seguito dell’autorizzazione concessa dal tribunale secondo l’art 10 L. n. 147/2021 nonché art. 22 del Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza. In tal caso, il tribunale provvede ad aprire una procedura competitiva per risalire al migliore acquirente, il quale rispetti tutte le condizioni date dalla norma stessa, sottolineando che, ai sensi dell’art. 2610 del Codice civile, vi è la regola di subentro automatico in caso di trasferimento d’azienda, o un ramo di essa. Ciò avverrà nel caso di tutti i contratti d’azienda che concorrono e sono attinenti all’organizzazione di essa. L’unico esonero è nei confronti della persona dell’imprenditore. Costui, a seguito dell’autorizzazione del tribunale, è tenuto al dar conto delle “misure ritenute opportune”, come disciplinato dall’articolo di riferimento nel Codice di Crisi. La problematica nasce dal fatto che queste misure non sono disciplinate progressivamente o in maniera ben determinata; sono definite solo in ordine di “tutela degli interessi coinvolti”, presumendo che questi appartengano a tutti i soggetti, dall’imprenditore richiedente, ai lavoratori e a tutti i creditori. A seguito dell’autorizzazione la prima attività da porre è quella di definire il principio di competitività, secondo cui si analizzano tutti gli interessi vantati dai soggetti implicati e si realizza il principio del trasferimento aziendale in termini della composizione negoziata, ossia quello dell’attestazione di migliori soluzioni sul mercato. Questa fase di ricerca della leale e completa competitività è ritenuta una fase molto delicata, perché, qualora l’imprenditore abbia deciso di affidarsi alle autorizzazioni del tribunale, quindi non finalizzando la vendita dell’azienda come una mera attività straordinaria in perfetta autonomia, egli dovrà attenersi alle considerazioni poste dal Foro per poter proseguire con la disciplina della composizione negoziata. Da un lato, vi è la tutela di tutti gli interessi coinvolti che non sono esclusivamente quelli dei creditori, perché non considerati come assoluti fruitori della disciplina; dall’altro lato, la tutela è finalizzata alla gestione dell’intero assetto organizzativo dell’azienda ovvero al principio di responsabilità solidale. In verità, i due aspetti sono concomitanti, perché il principio enucleato incarna quello relativo ai creditori, così da definire l’insieme di una serie di considerazioni, tutte poste sul medesimo piano di interesse.
Ora discipliniamo quali siano i criteri da applicare per definire il processo di competitività: la prima classificazione è consolidata nel compenso offerto dall’acquirente che, ricollegandoci alla precedente narrazione, non è l’aspetto unico e assoluto da richiamare ma sicuramente è di fondamentale importanza. Gli altri aspetti da prendere in considerazioni sono quelli ritenuti limitativi dell’effetto negativo della continuità aziendale, ovvero migliorativi da apportare all’azienda acquistata: le cosiddette “clausole sociali” e si elencano in:
- impegno di adeguamento degli standard più rispettosi dell’ambiente
- impegno alla prosecuzione dell’attività per un periodo minimo di tempo
- impegno alla conservazione dei livelli occupazionali
- impegno a mantenere la sede operativa nel territorio italiano per un dato periodo di tempo [41]
Questi aspetti sono stati introdotti dal legislatore per un fine ben preciso: quello di ampliare la classificazione e non limitare la selezione di acquirenti solo all’ambito meramente economico, ma, allargando il campo delle competenze, di trovare il giusto equilibrio tra tutti gli interessi costituzionalmente garantiti.
L’art. 10 del Decreto Legislativo 118/2021 fa un preciso richiamo all’art. 2560 del Codice civile: “[…] senza gli effetti di cui all’art 2560.” [42] Nello specifico, l’articolo in questione prevede un trasferimento automatico dei debiti verso il soggetto acquirente qualora questi siano trascritti nel registro dei libri contabili obbligatori. Tutto questo è stato cambiato nel corso della disciplina della composizione negoziata ovvero è l’unica deroga che viene predisposta dal legislatore stesso.
Dalla lettura del testo si evincono due fattori concorrenti tra loro: il primo riguarda la figura dell’aspirante acquirente, il quale sarà esentato dalla responsabilità dei debiti pregressi e da quelli tributari; il secondo è la conseguenza che questo tipo di disciplina, quella della composizione negoziata, risulta essere l’innovazione del sistema di trasferimento d’azienda in sede di crisi aziendale. Analizzando la prima situazione, è onere del cessionario controllare, presso l’Agenzia finanziaria, la veridicità del certificato rilasciato contenente il complesso dei debiti aziendali, questo per evitare l’opposizione dell’art. 14 comma 1, D.lgs. n. 472/1997 nonché comma 5 bis della citata norma, poiché quest’ultima non contiene le disposizioni relative alla composizione negoziata, essendo che la sua ultima modifica risale all’anno 2016. [43] L’unica eccezione è quella derivante dall’art. 2558 Codice civile in materia di successione dei contratti ossia in relazione a quei contratti che non si sono ancora esauriti e hanno lasciato, al momento del trasferimento, condizioni ancora non concluse. In tal caso, il cessionario subentra, a norma dell’art 2558 del Codice civile, sia all’interno del contratto medesimo e sia per i debiti che il contratto può riportare.
Qualora, quindi, si procedesse ad attuare letteralmente ciò che il legislatore ci ha suggerito, ritroveremo un’ulteriore opportunità nella composizione negoziata, utilità concessa sia al cedente che al cessionario, perché entrambi potranno vantare di adire ad un risanamento aziendale incaricandosi dei soli crediti destinati ai lavoratori ai sensi dell’art. 2112 del Codice civile.
3.1 . Valutazioni a seguito dell’esito positivo o negativo delle trattative dell’esperto
La disciplina della composizione negoziata, secondo gli artt. 12 ss. del Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, ha come obiettivo quello di agire tramite uno strumento per superare la crisi d’impresa che verte sull’imprenditore che ne fa richiesta. Lo strumento della composizione, dunque, si concretizza nell’accordo o disaccordo tra l’imprenditore ed i creditori o altri soggetti coinvolti, attraverso delle trattative. La negoziazione potrà concludersi con esiti positivi o negativi in base a diversi fattori: le situazioni che si concretizzeranno in positivo procederanno con il consolidamento della disciplina ed il conseguente ripristino aziendale; quelle, invece, in negativo procederanno con l’archiviazione della richiesta.
La figura dell’esperto è ancora più importante durante la fase delle trattative, egli agevolerà il rapporto tra i soggetti che vantano un credito e l’imprenditore con l’unico obiettivo di arrivare ad un risanamento aziendale.
È doveroso sottolineare che, ad oggi, la procedura della composizione negoziata non ha portato a molteplici risultati. Si deve però precisare che ogni nuova disciplina introdotta ha bisogno di un rodaggio lungo di applicabilità affinché il capitale umano e quello materiale siano pronti ed efficaci. La figura del professionista, che sia quella del giudice, del commercialista o dell’esperto, ha bisogno di un lasso temporale maggiore per sperimentare l’attività e renderla efficiente. Egli deve studiare le singole fattispecie e rendersi, dunque, pronto e formato. Precisiamo, però, che il numero di richieste presentate sono comunque in costante aumento ma non è stata rispettata la percentuale che si credeva di raggiungere nel primo anno di attività. Il totale si raggira tra le richieste che sono state archiviate, quelle che sono state sospese e quelle che hanno avuto l'esito positivo. Inoltre, non sono stati inseriti nei calcoli i primi mesi dall’entrata in vigore perché, in assenza di professionisti esperti, non si è potuto proseguire con l’evasione delle richieste. Si dovrebbe prestare più attenzione alle problematiche riscontrate in sede di archivio delle domande, come, ad esempio, rendere più celeri le presentazioni e le varie documentazioni da presentare. Stando ai numeri, un dato che colpisce è la richiesta delle misure protettive da parte dell'imprenditore o gruppi d'impresa. Infatti, proprio il 70% di chi ha presentato la domanda ha richiesto l'esecuzione delle misure protettive, così come la metà delle imprese che ha richiesto l'attuazione della disciplina ha voluto avvalersi della sospensione degli obblighi della riduzione del capitale ex artt. 2447 e seguenti, procedendo quindi con la riduzione per perdite e modificando nominalmente e non socialmente il capitale sociale. Questo può avvenire esclusivamente per le perdite di oltre un terzo del medesimo capitale sociale: in prima istanza è facoltativa ma, a seguito della seconda istanza, essa diventerà obbligatoria. [44] Il dato delle misure protettive dovrebbe essere analizzato nella indisponibilità delle stesse in quanto metà delle richieste viene rifiutata, aumentando i termini per il rinvio da parte dei creditori. Oltre al dato delle misure protettive e a quello delle misure di sospensione, il 25% delle imprese che ne hanno inoltrato la domanda della composizione negoziata ha richiesto ed ottenuto nuove forme finanziarie. Questo dato è maggiormente ridotto rispetto agli altri dati, seppure l’erogazione di nuove finanze sia indispensabile per chi si trovi in uno stato di crisi aziendale. La reale spiegazione è che la difficoltà permane per soggetti finanziatori ad erogare nuove risorse verso imprese che si trovano in condizioni di insolvenza.[45] Analizzeremo la posizione delle banche che sono state più volte chiamate in causa come erogatori di crediti e nuove risorse. La disciplina della composizione negoziata ha come obiettivo il recupero del credito a fronte di un debito vantato dalle aziende e questo predispone un’analisi dei rischi più completa oltre alle valutazioni circa la capacità dei debitori di restituire i prestiti concessi, così come disciplinato dalle norme internazionali, europee e nazionali. Il legislatore, però, non ha definito la posizione dell’intermediario che continuerà ad erogare crediti a soggetti in cui si trovano in situazione di crisi, attuando, congiuntamente, la disciplina della composizione negoziata e quella delle normative prudenziali. Questa situazione non risulta essere in linea con il principio della libertà di erogazione dei crediti e con l’obbligo per i creditori bancari di rispettare il principio della sana gestione interna. Pur tuttavia, secondo la percentuale del 69% delle richieste delle misure protettive, ciò si ripercuote sui creditori bancari: il divieto di risoluzione dei contratti pendenti, in caso di conferma delle misure protettive da parte del tribunale, può ritorcersi obbligatoriamente verso i creditori bancari, i quali dovranno aumentare l’esposizione creditizia verso un soggetto che si trova ad affrontare una crisi, come ad esempio nuovi anticipi ad affidamenti in essere. [46] Questa parentesi sembra idonea a definire la posizione degli erogatori bancari che, in un momento immediatamente successivo alle trattative, si trovano in difficoltà di erogazione in virtù delle eventuali misure poste a tutela dell’imprenditore come quelle cautelari e protettive. Queste due misure hanno subito delle variazioni tra il l D.Lgs. n. 14/2019 e D.lgs. n. 83/2022 mantenendo l’unica caratteristica in comune, ossia quella della provvisorietà perché in entrambe le misure lo scopo è quello di evitare la dispersione dei valori dell’impresa al momento dell’apertura della procedura concorsuale. Le principali differenze riguardano l’ambito di applicazione: le misure protettive possono accompagnarsi solo ad una domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza (concordato, accordi o piano di ristrutturazione soggetto ad omologa), mirano ad impedire che iniziative individuali dei creditori sul patrimonio e sull’impresa ostacolino il buon esito delle trattative; le misure cautelari possono essere richieste solo quando la domanda di regolazione della crisi risulta essere in pendenza, ciò per evitare che il debitore possa pregiudicare la soddisfazione dei creditori.[47] In tema di modifiche normative delle misure protettive, valutiamo come, attraverso gli artt. 54-55 del D.Lgs. n. 14/2019, di pari passo al contenuto dell’art 168 della Legge Fallimentare, sia stato abolito l’elemento dell’automaticità delle misure protettive, dando così la possibilità al debitore, con apposita istanza, di farne esplicita richiesta. Di conseguenza è stato promosso l’elemento dell’immediatezza sia per l’attuazione delle misure protettive a seguito della richiesta, sia della sua revoca a seguito dell’inadeguatezza ai fini delle trattative. Anche la direttiva Insolvency ha promosso la durata massima delle misure protettive circoscrivendola in dodici mesi.
A seguito degli aggiornamenti normativi, anche il recente D.Lgs. n. 83/2022 ha introdotto modifiche da attuare al nuovo Codice della Crisi come gli artt. 18 e 19, inerenti, rispettivamente, alle misure protettive e a quelle cautelari. Esaminiamo, dunque, la loro importanza nell’ambito conclusivo del procedimento della composizione negoziata, secondo quanto disposto dall’art 18, comma 4 del Codice della Crisi: “Dal giorno della pubblicazione dell’istanza di cui al comma 1 e fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata, salvo che il tribunale disponga la revoca delle misure protettive.” [48] Osserviamo come la convalida o meno delle misure protettive condiziona la fase successiva alle trattative, infatti, qualora il tribunale non revochi le misure protettive preventivamente richieste dall’imprenditore, non sarà possibile procedere con le varie soluzioni preposte dal Codice, nello specifico con la liquidazione giudiziale o l’accertamento dello stato di insolvenza.
Il comma 5 del medesimo articolo, invece, dispone che: “I creditori nei cui confronti operano le misure protettive non possono, unilateralmente, rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell’istanza di cui al comma 1. I medesimi creditori possono sospendere l’adempimento dei contratti pendenti dalla pubblicazione dell’istanza di cui al comma 1 fino alla conferma delle misure richieste” [49]. L’articolo prevede l’impossibilità da parte dei creditori di rifiutare unilateralmente l’adempimento dei contratti pendenti ovvero di provocarne la risoluzione o di modificarli in peius o, ancora, di anticiparne la scadenza per il mero mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell’istanza di accesso alla composizione negoziata. [50]
Date le considerazioni fatte circa la posizione vincolante delle misure protettive per andamento della pratica di negoziazione, andremo ora ad esaminare quanto la figura dell’esperto sia fondamentale per l’esito delle trattative, perché costui sarà l’unico soggetto in grado di determinare l’esito (negativo o positivo che sia) della domanda effettuata dall’imprenditore. Ribadiamo che l’imprenditore è tenuto a presentare l’istanza di domanda di accesso alla composizione negoziata attraverso la piattaforma telematica con i moduli richiesti, cosicché l’esperto, nell’espletamento del proprio mandato, possa convocare l’imprenditore per definire le prospettive di risanamento.
È proprio durante le trattative che emerge l’elemento stragiudiziale della composizione negoziata, infatti l’esperto darà conoscenza dell’esito negativo delle trattative all’imprenditore ed al segretario della Camera di commercio, il quale ne dispone l’archiviazione. Questo procedimento non transita per Tribunali o fori specifici. La caratteristica privatistica fa sorgere innumerevoli dispute in merito alla natura della procedura, se si tratti di un metodo concorsuale o meno, interesse nato già dalla lettura della Relazione Illustrativa in cui si nomina la composizione negoziata come un “percorso di risanamento” [51]. Studiosi e scrittori hanno parlato di una “doppia personalità” perché da un lato, la composizione negoziata non viene inquadrata nelle procedure concorsuali, esclusivamente perché non è coinvolta l’autorità giudiziaria, mentre dall’altro acquista la natura concorsuale, ove vengano chieste misure protettive e / o cautelari o si richiedano autorizzazioni o interventi al tribunale. In tutti gli altri casi in cui non è richiesta alcuna visione o autorizzazione da parte di un organo giudicante, le fattispecie proseguono lungo una tratta negoziale e stragiudiziale. Considerando il fatto che è difficile immaginare che l’autorità giudiziaria possa emettere provvedimenti senza aver quantomeno verificato precedentemente la correttezza del percorso che ha portato alla nomina dell’esperto e delle sue attività successive, [52] altri hanno definito la condizione extra-giudiziale come una rinascita della disciplina fallimentare, a seguito delle innumerevoli riforme, come se il legislatore avesse dato vita ad una forma intermedia di procedura concorsuale.
Nei successivi paragrafi andremo ad analizzare, cronologicamente, le soluzioni individuate a seguito dell’esito positivo delle trattative: il contratto per la continuità aziendale; la convenzione moratoria; l’accordo congiunto valevole come piano attestato. Le possibili alternative, in caso di esito negativo delle trattative, sono: il piano attestato di risanamento, l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ed il concordato preventivo semplificato.
3.2 . Primo istituto applicativo: il contratto per assicurare la continuità aziendale
Una volta individuata la soluzione idonea al superamento della situazione di crisi di un’impresa, si procede con l’accordo tra i soggetti interessati, come disciplinato dall’art. 23. del Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, comma 1, lettera a): “[…] concludere un contratto, con uno o più̀ creditori, che produce gli effetti di cui all’articolo 25 bis, comma 1, se, secondo la relazione dell’esperto di cui all’articolo 17, comma 8, è idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni […]”. [53]
La norma, seppure abbia subito delle modifiche, continua ad essere poco specifica e come si evince dal testo, non è determinato né il contenuto del contratto né la forma che esso deve avere. Potrebbe quindi trattarsi sia di un accordo con un unico creditore, sia di una negoziazione dell’ammontare del credito con tutti i creditori. Una condizione esplicata è quella che il contratto debba assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore ai due anni, senza precisare le caratteristiche che tale continuità debba avere, ad eccezione della sua durata. L’unico elemento concreto proviene dalla valutazione posta in essere dall’esperto, il quale è tenuto a stipulare una relazione finale che, come definito dalla dottrina, ha valore di attestazione, ma anche sul contenuto di questa non è giunta alcuna definizione.
La caratteristica temporale è stata analizzata da studiosi e scrittori, i quali hanno definito che una tale durata sia una soluzione idonea a superare difficoltà temporanee al solo scopo di risollevare economicamente l’azienda, al fine di reintrodurla sul mercato. [54] Si ponga attenzione su due aspetti: il primo è la destinazione di tale accordo, perché questo è valevole solo per i contratti con i creditori e non verso i fornitori o i nuovi clienti; il secondo riguarda la durata, ossia ci si domanda, senza una effettiva risposta, perché siano stati posti determinati limiti quando l’accordo poteva portare lo stesso risultato, anche con una durata diversa o, ancor meglio, senza una durata, senza dei limiti e verso altri soggetti che non siano i soli creditori. Il limite temporale verrà valicato solo quando l’esperto decreterà che la continuità non sarà risolutiva ed in tal senso dovrà indicare, al momento degli atti finali, quale tipo di condizione sarà tenuto ad attuare, insieme all’imprenditore, per poter intendere risollevata l’azienda. Ciò non avviene attraverso l’accordo ma con altri strumenti, quali: concordato preventivo, accordo di ristrutturazione dei debiti, piano attestato o altro.
Rispetto a tale disciplina i creditori non sono pedissequamente inclini ad accettare un simile accordo e questo perché le misure premiali che vengono concesse sono maggiormente interessanti per gli imprenditori: ne vediamo le motivazioni attraverso l’articolo di riferimento. Precisiamo però che l’articolo ha subìto modifiche normative, fornendo l’assetto definitivo nel Codice di Crisi e d’insolvenza a seguito del D.Lgs. n. 14/2019 ed in particolare le “Misure premiali” disciplinato dall’art. 6 D.Lgs. n. 83/2022, il quale ha sostituito la Parte Prima, Titolo II, del D.Lgs. n. 14/2019 e ha previsto l’inquadramento delle stesse nell’ambito dell’art. 25 bis del testo del CCII.
Quindi, l’art 25 bis, intitolato “Misure Premiali”, così è esplicato:
“1. Dall’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto e sino alla conclusione delle trattative con una delle soluzioni previste dall’articolo 23, commi 1 e 2, lettera b), gli interessi che maturano sui debiti tributari dell’imprenditore sono ridotti alla misura legale.
2. Le sanzioni tributarie per le quali è prevista l’applicazione in misura ridotta in caso di pagamento entro un determinato termine dalla comunicazione dell’ufficio che le irroga, sono ridotte alla misura minima se il termine per il pagamento scade dopo la presentazione della istanza di cui all’articolo 17.
3. Le sanzioni e gli interessi sui debiti tributari sorti prima del deposito dell’istanza di cui all’articolo 17 e oggetto della composizione negoziata sono ridotti della metà nelle ipotesi previste dall’articolo 23, comma 2.
4. In caso di pubblicazione nel registro delle imprese del contratto di cui all’articolo 23, comma 1, lettera a), e dell’accordo di cui all’articolo 23, comma 1, lettera c), l’Agenzia delle entrate concede all’imprenditore che lo richiede, con istanza sottoscritta anche dall’esperto, un piano di rateazione fino ad un massimo di settantadue rate mensili delle somme dovute e non versate a titolo di imposte sul reddito, ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d’imposta, imposta sul valore aggiunto e imposta regionale sulle attività produttive non ancora iscritte a ruolo, e relativi accessori. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. La sottoscrizione dell’esperto costituisce prova dell’esistenza della temporanea situazione di obiettiva difficoltà. L’imprenditore decade automaticamente dal beneficio della rateazione anche in caso di successivo deposito di ricorso ai sensi dell’articolo 40 o in caso di apertura della procedura di liquidazione giudiziale o della liquidazione controllata o di accertamento dello stato di insolvenza oppure in caso di mancato pagamento anche di una sola rata alla sua scadenza.
5. Dalla pubblicazione nel registro delle imprese del contratto e dell’accordo di cui all’articolo 23, comma 1, lettere a) e c), o degli accordi di cui all’articolo 23, comma 2, lettera b), si applicano gli articoli 88, comma 4-ter, e 101, comma 5, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
6. Nel caso di successiva apertura della procedura di liquidazione giudiziale o di liquidazione controllata o nel caso di accertamento dello stato di insolvenza, gli interessi e le sanzioni sono dovuti senza le riduzioni di cui ai commi 1 e 2.” [55]
Al primo comma del suddetto articolo, andremo ad esaminare gli interessi sui debiti di natura tributaria che verranno ridotti in misura legale quando, come si evince dal riferimento all’art. 23 CCII, l'esito delle trattative sarà positivo, in modo da farne trovare applicazione. Infatti, come si deduce dal comma 6, tale riduzione non verrà attuata in caso di successiva apertura della procedura di liquidazione giudiziale o di liquidazione controllata o nella ipotesi di accertamento dello stato di insolvenza. Il secondo ed il terzo comma si occupano ugualmente delle sanzioni e degli interessi tributari ma rispettivamente prestanti a una riduzione in forma minima o a una riduzione a metà. Nello specifico la riduzione in forma minima è applicabile in caso di pagamento entro un determinato termine dalla comunicazione dell’ufficio che le irroga, mentre la riduzione a metà è prevista per le ipotesi poste all’art. 23 comma 2 ovvero in caso di piano attestato di risanamento o di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti o di un concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio o ancora con altri strumenti di regolazione della crisi d’impresa [56]. Il comma quattro, invero, si occupa della concessione di un piano di rateizzazione conferito dall’Agenzia delle entrate e riguardante le somme dovute e non versate a titolo di imposte sul reddito, ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto di imposta, sia sul valore aggiunto, sia su quello regionale riguardante le attività produttive non ancora iscritte a ruolo e relativi accessori. Le condizioni per l’applicabilità sono:
- la conclusione di un contratto, con uno o più creditori, e la sua pubblicazione sul registro delle imprese;
- la sottoscrizione, da parte dell’esperto, dell’istanza di rateizzazione che non può eccedere le settantadue rate mensili. [57]
Il comma 5 dell’art 25 bis del Codice di Crisi d’impresa e d’insolvenza, si occupa letteralmente della modalità del registro degli accordi, ma, sostanzialmente, della deducibilità dei crediti e nello specifico delle perdite di essi. La pubblicazione nel registro delle imprese è definita una condizione essenziale per l’esclusione debitoria dall’imponibilità delle sopravvenienze attive che si creerebbero dal contratto o dagli accordi, ma, anche, per la deducibilità creditoria delle perdite.
L’articolo a cui rimanda il comma 5 è l’art. 88, comma 4 ter, TUIR (Testo Unico delle imposte), risalente al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, all’interno del quale il legislatore ha, correttamente, esteso le nuove procedure alla disposizione, comprendendo anche gli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa (di cui all’art. 61 del CCII, già art.182-septies L.F.) e quelli agevolati (di cui all’art. 60 del CCII, già 182 novies L. fall.), accordi di cui avremo modo di parlare nel successivo paragrafo.
Dopo aver analizzato le motivazioni secondo cui i creditori avvertono un’inclinazione totale delle misure premiali verso gli imprenditori, possiamo definire quest’istituto un incentivo offerto agli imprenditori stessi, proprio perché non è prevista la prededucibilità dei crediti nascenti dall’esecuzione del contratto. In relazione alla prospettiva della continuità aziendale, essa rischia di essere compromessa da eventuali azioni revocatorie, a seguito di un fallimento al termine del biennio, con una successiva declaratoria di inefficacia per i pagamenti ricevuti e le garanzie concesse. Dunque, è importante affermare che la revocatoria viene concessa solo per gli atti conferiti nel corso delle trattative e non per gli atti predisposti in un momento successivo ad esse; questo perché la congruità degli atti deve rinvenire circa l’andamento e lo stato delle trattative, quindi per gli atti ancora in corso. [58]
3.3 . Secondo istituto applicativo: la convenzione moratoria, cambiamenti e progressi normativi
La convenzione moratoria ha avuto innumerevoli cambiamenti normativi a seguito di vari decreti che si sono susseguiti. Essa è stata introdotta nell’ordinamento italiano attraverso il Decreto-legge n. 83/2015, convertito nella Legge n. 132/2015, nello specifico al Capo V, art. 9 intestato “Crisi d’impresa con prevalente indebitamento verso intermediari finanziari” e veniva annunciata l’introduzione dell’art 182-septies nella Legge fallimentare, il cui titolo era: “Accordo di ristrutturazione con intermediari finanziarie e convenzione di moratoria”. Con la L. n. 147/2021, all’art 20 intitolato “Modifiche urgenti al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267”, nello specifico al comma 1 lettera f), viene introdotto l’art 182 octies nella Legge fallimentare, cosicché l’art 182 septies prenderà il nome di “Accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa”, mentre l’art 182 octies, prenderà il nome propriamente di “Convenzione di moratoria”, scindendo così i due istituti. Ciò è avvenuto anche a seguito del d.lgs. 12 gennaio 2019 n.14 in cui, dopo l’entrata in vigore del Codice di Crisi d’impresa e d’insolvenza, la convenzione moratoria è stata nominata all’ art. 62 del Codice soprannominato che prende il titolo proprio dall’istituto.
Analizziamo schematicamente le modifiche contenutistiche che le varie discipline normative hanno attuato verso la convenzione moratoria:



Notiamo immediatamente, ante riforma, che i destinatari della convenzione moratoria erano gli istituti bancari e gli intermediari finanziari, poiché l’istituto si riferiva ad eventuali situazioni debitorie in cui l’azienda versava e che vedevano coinvolte, come parti creditorie, le banche e gli istituti finanziari. Come rammentato, qualora fosse stata stipulata una convenzione moratoria, questa avrebbe prodotto i suoi effetti anche nei confronti delle banche e degli intermediari finanziari non aderenti, se questi fossero stati informati dell’avvio delle trattative e messi in condizione di parteciparvi in buona fede. In questo caso però, le banche avrebbero avuto l’opportunità di proporre opposizione entro trenta giorni dalla comunicazione della convenzione stipulata. [59]
D’altra parte, esaminando l’attuale introduzione dell’art. 62 nel Codice di crisi d’impresa e d’insolvenza, si nota, sin dalle prime righe, un radicale cambiamento nella destinazione dell’istituto della convenzione moratoria.
Ad oggi, la ratio della convenzione moratoria è la conclusione di un accordo tra l’imprenditore, anche non commerciale, ed i suoi creditori, i quali dovranno essere stati avvisati dell’avvio delle trattative o messi in condizione di parteciparvi in buona fede e di aver ricevuto tutte le informazioni utili circa la situazione patrimoniale, la convenzione stessa ed i suoi effetti. Inoltre, il testo deroga agli artt. 1371 e 1411 del Codice civile, in cui viene espressamente designata la produzione degli effetti della disciplina anche nei confronti dei creditori non aderenti che appartengono alla medesima categoria, a condizione di ottenere l’adesione di tanti creditori che rappresentino il 75% dei crediti della categoria medesima. Riguardo i soggetti, l’azione degli stessi non aderenti è limitata, nel senso che non solo i patti che comportino una rinuncia totale o parziale verso i crediti non sono ammessi, ma non possono neppure essere imposte nuove prestazioni, concessi gli affidamenti o ancora l’erogazione di nuovi finanziamenti. Questo non comporta che nell’accordo concluso con i creditori aderenti debbano essere rispettati i limiti indicati, ma solo che eventuali patti contrari a tali limiti non possano essere estesi ai non aderenti. Inoltre, una condizione necessaria, la cui sussistenza deve essere attestata da un professionista qualificato, è che non solo la convenzione sia idonea a disciplinare provvisoriamente gli effetti della crisi ma anche che i creditori [60] aderenti della medesima categoria, a cui vengono estesi gli effetti della convenzione, subiscano un pregiudizio proporzionato con le ipotesi di soluzione della crisi o dell’insolvenza perseguite in concreto. Dunque, anche nel caso della convenzione moratoria, il gioco dell’esperto risulta essere di fondamentale importanza, perché non deve essere solo in grado di ravvisare la miglior soluzione alla crisi d’impresa, ma dovrà anche saper indicare quale soluto sarà funzionale per la moratoria di riferimento. Le ipotesi da seguire sono due: l’esperto valuterà la moratoria come “passaggio” per promuovere la soluzione di crisi, oppure la valuterà come unica e necessaria soluzione alla crisi d’impresa; solo nel primo caso, l’esperto dovrà elencare l’iter da seguire per poter raggiungere la soluzione definitiva idonea a soddisfare i creditori e l’imprenditore.
La convenzione moratoria, in tutti gli articoli di riferimento, affida alla parte creditoria il titolo di categoria, suddividendo la categoria in soggetti aderenti e soggetti non aderenti, senza però darne una precisa definizione. Notiamo come, però, il legislatore abbia utilizzato un’espressione diversa rispetto a quella di “classi”, la quale si connota per la sola posizione giuridica che il creditore ricopre: è proprio per questo che bisogna analizzare le motivazioni di questa insolita appropriazione.
Nell’art. 182 septies Legge fallimentare, ante riforma, il legislatore richiedeva la presenza di un’attestazione da parte di un soggetto specifico, figura che, nell’era della composizione negoziata, poteva ricoprire l’esperto per affermare la conformità della suddivisione in classi. Tale scelta era giustificata dal fatto che in quel contesto la convenzione di moratoria rappresentava una species di un genus più ampio, facente parte dello stesso articolo che disciplinava l’accordo di ristrutturazione con gli intermediari finanziari, dove si prevedeva l’obbligo di attestare la veridicità dei dati. Concezione non più necessaria nella convenzione di moratoria.
Invero, nell’art. 62 CCII, il legislatore indica le “categorie” con riferimento a quelle dell’articolo precedente (art 61 CCII) disciplinante gli “accordi di ristrutturazione con efficacia estesa”, da cui però la convenzione moratoria prende le distanze rispetto alla visione anteriforma e questo perché, quando la convenzione moratoria e gli accordi di ristrutturazione erano presentati in un unico articolo, le categorie erano intese come soggette all’omologazione. Nel nostro caso, invece, la convenzione di moratoria accolta nell’art. 182 octies Legge fallimentare, non ha agganci con gli istituti precedenti e, soprattutto, non è soggetta ad omologazione diversamente dagli accordi di ristrutturazione. Da ciò se ne deduce che l’espressione “categoria”, utilizzata nel suo contesto, sia disancorata dalla “omogeneità delle posizioni giuridiche e degli interessi economici” [61], potendo anche abbracciare, ad esempio, soggetti che hanno posizioni giuridiche differenti ma identità di interessi economici.
Una volta definita la convenzione, essa va comunicata, assieme alla relazione del professionista, ai creditori non aderenti attraverso una raccomandata con avviso di ricevimento o presso il domicilio digitale, come definito dal comma 4 dell’art 62 del Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza; da questo istante, i soggetti non aderenti avranno 30 giorni per proporre opposizione che andrà presentata al Tribunale, il quale deciderà con sentenza in Camera di Consiglio. Come disciplinato dal comma 7 del sopraindicato articolo, è previsto reclamo ai sensi dell’art. 51 del Codice della Crisi, contro la sentenza che si pronuncia sulle opposizioni.[62] Per quanto concerne la pubblicità dell’istituto, diversamente da quanto richiesto per la composizione negoziata, non è prevista alcuna pubblicazione presso la Camera di Commercio ovvero neppure alcuna omologazione; tale considerazione emerge dallo studio dell’abrogato art. 14 comma 5 del D.Lgs. n. 118/2021, che qui, in virtù dell’esplicamento dei vantaggi fiscali percepiti a seguito della pubblicazione in Camera di Commercio, il legislatore non cita la convenzione moratoria, presumendo che le motivazioni siano semplici ovvero che nessuno dei soggetti coinvolti gioverà dei vantaggi della pubblicità. Come sappiamo la pubblicità è un’arma notevole affinché nessun soggetto, coinvolto o meno che sia, possa eccepire di ignorare quel determinato atto. Notiamo però che nel caso della convenzione moratoria, ritroviamo altri tipi di divulgazioni, come la comunicazione tramite raccomandata o via p.e.c. ai soggetti creditori, o ancora, una volta definita la convenzione, la figura dell’attestatore risulta essere una sorta di verificatore investito dell’obbligatorietà di verificare la veridicità dei dati aziendali e l’idoneità della convenzione. L’ultimo appunto dell’istituto esposto riguarda la condizione in cui l’azienda versa al momento della richiesta ossia non è necessario che l’azienda versi in un leggero squilibrio patrimoniale, come accade per la composizione negoziata, ma anche che l’azienda si trovi in un contesto di insolvenza grave e ciò può promuovere la convenzione. Questo perché la ratio dell’istituto concede una soluzione provvisoria e momentanea, stabilendo, ad esempio, un accordo con i creditori atto a non avviare procedure esecutive a seguito della loro futura e promissoria soddisfazione, dando la possibilità anche alle aziende, la cui attività aziendale sia venuta meno, di accedere ad un tale ausilio. Quest’istituto, d’altro canto, risulta essere maggiormente apprezzato dalla parte debitoria, definito dagli studiosi [63] della materia un pactum de non petendo di natura concorsuale, che pone i suoi effetti ad essere valevoli anche per terzi soggetti della medesima categoria.
3.4 . Terzo istituto applicativo: conclusione della procedura mediante un accordo controfirmato dall’esperto che produce gli effetti di cui all’art. 67, comma 3, lettera d) della Legge fallimentare
Il terzo istituto applicativo era disciplinato dall’art. 11 comma 1 lettera c) della L. n. 147/2021 abrogata dall’ art. 46, comma 1, lett. a), D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83, a decorrere dal 15 luglio 2022. L’accordo può essere inteso come una rivalutazione del piano attestato che esamineremo nel prossimo capitolo.
L’istituto applicativo risulta essere un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori e dall’esperto che produce gli effetti di cui all’art. 67 comma 3, lettera d) della Legge fallimentare ovverosia gli effetti dell’esenzione dalla revocatoria degli atti, dei pagamenti e delle garanzie posti in essere in esecuzione dello stesso accordo.[64] Uno degli aspetti che si differenzia dall’art.67 Legge fallimentare è l’attestazione del professionista in cui è elencato : “[...] un professionista indipendente designato dal debitore, iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti previsti dall'articolo 28, lettere a) e b) deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano; il professionista è in dipendente quando non è legato all'impresa e a coloro che hanno interesse all'operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l'indipendenza di giudizio [...] ” .
Viene richiesta, dunque, un’attestazione da parte di un soggetto che presenti determinate caratteristiche, quelle richieste per la nomina del curatore ai sensi dell’art. 28 lettere a) e b) Legge fallimentare:
- avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti
- studi professionali associati o società tra professionisti, sempre che i soci delle stesse abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera
Invero, la richiesta dell’attestazione non è una condizione necessaria per l’accordo che stiamo esaminando basato solamente sull’alleanza dei tre soggetti: questo perché l’accordo in questione si fonda principalmente sulla veridicità dei dati aziendali, la fattibilità del risanamento aziendale e l’autenticazione avviene attraverso la semplice sottoscrizione da parte dell’esperto. [65] Una delle criticità riscontrate in quest’istituto risiedeva nella formulazione dello stesso che si sarebbe dovuto concludere tra “l’imprenditore, i creditori e l’esperto”: come possiamo osservare, i creditori sono nominati pluralmente, dunque l’accordo dovrebbe ritenersi concluso da tutti i creditori coinvolti nella composizione. Questa globale considerazione creditoria è stata reputata, probabilmente, fonte di difficoltà da parte del legislatore che ha ritenuto di procedere con la conversione dell’istituto modificandone la procedibilità perché risulta essere difficile o quasi impossibile procedere con un accordo in cui tutti i soggetti che vantano un credito, siano in conciliazione tra loro.
4.1 . La predisposizione di un piano attestato di risanamento
Il piano di attestato di risanamento è uno degli strumenti messi a disposizione da parte del legislatore a chi si trovi ad affrontare la crisi d’impresa. Plurimi sono gli strumenti che l’imprenditore può utilizzare nel caso in cui vi sia uno squilibrio economico-finanziario ovvero si venga a trovare una situazione in cui risulta difficile far fronte, in maniere coerente, stabile e regolare, alle proprie obbligazioni. Il piano attestato di risanamento è uno strumento indicato dal legislatore dall’art. 67 comma 3, lettera d dalla Legge fallimentare in cui non vi è una descrizione in quanto tale, bensì in senso lato: si tratta, pertanto, di un negozio qualificabile come unilaterale, accompagnato da un vero e proprio contratto con le controparti, in special modo quelle finanziarie. Questo negozio unilaterale non è descritto dal legislatore, il quale si limita ad indicare quali siano gli effetti della sottoscrizione dell’attestazione del negozio stesso; in particolare, il legislatore, al suddetto articolo, così si esprime: “gli atti, i pagamenti e le garanzie concesse su beni del debitore purché posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento della esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria...” [66] , prevedendo, in tal caso, la non revocabilità degli atti, dei pagamenti e delle garanzie stesse.
Il legislatore indica espressamente, dunque, il primo effetto dell’attestazione di un piano di risanamento, cioè quello della non sottoposizione degli atti, pagamenti o garanzie date in esecuzione dello stesso piano. Vi è peraltro una seconda conclusione che si può trarre dalla lettura della norma e cioè quella che, in forza del piano di risanamento attestato, qualora poi, contrariamente alle aspettative desiderate dall'imprenditore, vi sia il fallimento, non solo quegli atti non saranno sottoposti a revocatoria, ma l'imprenditore di conseguenza sarà esentato dalla responsabilità penale derivante da pagamenti preferenziali o pagamenti che non rispettassero la par condicio creditorum, evitando il reato di bancarotta preferenziale, che è una delle ipotesi di bancarotta fraudolenta, ovvero quelle considerate più gravi dal legislatore.
L’iter temporale è il seguente: l’art. 67 è stato introdotto dal decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 convertito nella legge 14 maggio 2005, n. 80; con esso vi è una prima dichiarazione di esenzione dell'azione revocatoria fallimentare degli atti posti in essere in esecuzione del piano. [67]
Tra il 2014 ed il 2015, al culmine di costanti anni di lavoro, avvenne l’approvazione dei princìpi cardine di attestazione verso i soggetti attestatori da parte del Consiglio Superiore Nazionale. Dopo uno studio approfondito, ricercato applicando i principi di attestazione, il legislatore ha voluto regolamentare con maggiore specificità la disciplina del piano attestato di risanamento con l’emanazione della Legge delega 19 ottobre 2017 n. 155, in cui l’art. 5, lett. E) della suddetta legge, ha dunque fissato i principi generali a cui si deve uniformare il piano attestato di risanamento, ossia la forma scritta, la data certa, ed un contenuto analitico. Ad oggi, il piano di risanamento risulta essere codificato all’interno del Codice di Crisi d’Impresa e d’insolvenza all’art 56 che andremo ad analizzare. L’art. 56 è collocato al Titolo IV del Codice intitolato “Strumenti di regolazione della crisi”, distinto da altri istituti collocati al Titolo III che prende il nome di “Strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”; notiamo immediatamente che la collocazione differente avviene perché il piano di risanamento deve essere inteso come un piano industriale concepito e pensato per un contesto di crisi aziendale finalizzato ad una pianificazione strategica e non in virtù di una morosità irreversibile.
In termini analoghi con quanto previsto dall’art. 67, comma 2, lett. d), L. fall. l'art. 56, comma 1 del Codice della crisi, prevede innanzitutto che l'imprenditore in stato di crisi o di insolvenza può predisporre un piano, rivolto ai creditori, che abbia l’obiettivo di risanare l'esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria; dunque, il piano può essere predisposto da un imprenditore che si trovi in stato di crisi o d’ insolvenza.
Secondo l’art 56 comma 1, del Codice della Crisi, l’imprenditore dovrà risultare assoggettabile alla liquidazione giudiziale, solo nel caso in cui si trovi, alternativamente, in uno di questi due casi:
- stato di crisi, vale a dire in una situazione di difficoltà economico- finanziaria che renda probabile l’insolvenza del debitore;
- stato di insolvenza che è definito come lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il medesimo non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. [68]
Come accennato precedentemente, per poter ricorrere allo strumento del piano attestato di risanamento, l’impresa non deve però trovarsi in una situazione di difficoltà irreversibile: perciò l’imprenditore si dovrà trovare in una crisi transitoria e temporanea, che può essere risolta attraverso un accordo con i creditori. È dunque evidente che il piano attestato di risanamento è finalizzato a garantire la continuità aziendale attraverso il recupero di una situazione normale da un punto di vista economico e finanziario, dove questo strumento non può essere utilizzato con mere finalità liquidatorie.
Analizzando l'art. 56, comma 2 del Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, questo prevede che, oltre ad avere data certa, indichi:
- la situazione economico-patrimoniale e finanziaria dell'impresa;
- le principali cause della crisi;
- le strategie d'intervento e dei tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria;
- i creditori e l'ammontare dei crediti dei quali si propone la rinegoziazione e lo stato delle eventuali trattative;
- gli apporti di finanza nuova
- i tempi delle azioni da compiersi, che consentono di verificarne la realizzazione, nonché gli strumenti da adottare nel caso di scostamento tra gli obiettivi e la situazione in atto. 69
L'art. 56, comma 2, prevede che un professionista indipendente provveda alla attestazione della veridicità dei dati aziendali e della fattibilità economica e giuridica del piano. Alla luce di quanto disposto dall’art. 2, comma 1, lett. o), Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, il professionista deve soddisfare congiuntamente i seguenti requisiti:
- essere iscritto all’albo dei gestori della crisi e insolvenza delle imprese, nonché nel registro dei revisori legali;
- essere in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2399 c.c.;
- non essere legato all’impresa o ad altre parti interessate all’operazione di regolazione della crisi da rapporti di natura personale o professionale [70]
Oltre a questi requisiti, sarà esonerato il professionista che abbia prestato attività lavorativa subordinata o autonoma, negli ultimi cinque anni, in favore del debitore o colui che abbia partecipato come organo amministrativo ad un’impresa del debitore stesso. L’attestatore, dunque, non è tenuto esclusivamente a vagliare l’attendibilità e la veridicità dei dati aziendali rispetto alle previsioni della fattibilità, ma dovrà controllare tutto il motore del piano industriale, della completezza e dell’approccio del medesimo. Detto questo, sarà imprescindibile, come avremo modo di analizzare più avanti, che l’azienda sia composta da una pluralità d’intenti in modo che l’attestatore assieme all’imprenditore e all'Advisor, giochino sullo stesso piano; questo punto è significativo, poiché l’attestatore, al momento della validazione, non può procedere con le analisi di sensitività, che avrebbe dovuto fare l’Advisor, e neppure sopperire alle mancanze del Piano medesimo, considerando che il Piano risulta essere il pilastro su cui fondare il risanamento e l’attestazione dovrà, appunto, solo attestare ciò che sarebbe già stato pronunciato nel Piano stesso. Riferendoci alla figura dell’attestatore, si apre una parentesi circa la sua responsabilità all’art. 236 bis della Legge Fallimentare, che recita quanto segue: “Il professionista che nelle relazioni o attestazioni di cui agli articoli 67, terzo comma, lettera d), 161, terzo comma, 182 bis, 182 quinquies, 182 septies e 186-bis espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 50.000 a 100.000 euro. Se il fatto è commesso al fine di conseguire un ingiusto profitto per sé o per altri, la pena è aumentata. Se dal fatto consegue un danno per i creditori la pena è aumentata fino alla metà.” [71] Il reato in capo all’attestatore è un reato proprio, inserito con la L. 134 il 7 agosto 2012, in cui tale soggetto, sottolineiamo, è tenuto ad osservare l’indipendenza dove, però, la non terzietà non costituisca reato, con l’unica eccezione dell’attività prestata con dolo. La condotta, illustrata trasparentemente nell’articolo, può essere alternativa ma anche cumulativa, ossia l’esposizione delle informazioni false o l’omissione di informazioni rilevanti, in cui però l’art. 342 del Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, ha aggiunto una postilla: “[...] espone informazioni false ovvero omette di riferire informazioni rilevanti in ordine alla veridicità dei dati contenuti nel piano o nei documenti ad esso allegati [...]” [72]. Dunque, l’attestatore che porrà dei giudizi sui dati relativi alla fattibilità, dovrà tener presente innanzitutto dei principi generali di attestazione e dei principi dei Piani di risanamento che, seppure non abbiano valore di legge, sono un parametro fondamentale per l’attestatore. Qualora l’attestatore si discosti dai principi enucleati da diversi soggetti che non vogliano essere coinvolti in fattispecie penali, avrà l’obbligo di spiegare le ragioni del discostamento.
Come elencato precedentemente, il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili, nel settembre del 2017 ha promosso un documento contenente i princìpi per la redazione dei piani di risanamento, a cura di Associazioni e Accademie, tra le quali l’AIDEA (Accademia Italiana Di Economia Aziendale), l’ANDAF (Associazione Nazionale Direttori Amministrativi e Finanziari) o APRI (Associazione Professionisti Risanamento Imprese), avendo come coordinatori i rispettivi presidenti oltre a innumerevoli redattori, consiglieri delegati, componenti e ricercatori, Consiglio presieduto dall’ex Direttore del Consiglio Nazionale, Massimo Miani.
Il documento è completo di parti indicanti le migliori pratiche di redazione dei Piani, ponendosi come un’ottima linea guida per tutti gli imprenditori che intendano elaborare un Piano di risanamento. Analizzando singolarmente il documento, constatiamo la sua composizione: quattordici capitoli per un totale di quaranta pagine che ricoprono tutti gli aspetti salienti della redazione di un Piano di risanamento, comprendendo dunque, principi, obiettivi, strategie, parte soggettiva e così via. Il documento definisce due tipi di piani: quello di tipo continuativo e quello di tipo liquidatorio; alla luce di ciò che è emerso dalla definizione dell’attestazione del piano di risanamento, si può affermare che la sua determinazione è finalizzata alla continuità aziendale, come la maggior parte degli istituti di risanamento, e che perciò, in tal caso, si parla di piano di risanamento di tipo continuativo; qualora le cause della crisi comportino l’impossibilità di un credibile ritorno alla redditività, il piano sarà inteso di tipo liquidatorio. [73]
La redazione di un Piano richiede necessariamente la presenza di alcune risorse che andremo ad elencare, così come definito dal documento:
- un sistema amministrativo-contabile che fornisca i dovuti dettagli consuntivi e previsionali economico-finanziari;
- un processo di acquisizione ed elaborazione di dati contabili e gestionali di qualità adeguata all’incidenza degli effetti del Piano sulla gestione aziendale;
- competenze manageriali di natura finanziaria, tecnica, giuridica, commerciale e amministrativa di chi redige il Piano.
- esperienza nella pianificazione aziendale e nel successivo controllo [74]
Qualora queste risorse vengano meno, si deve fare necessariamente richiesta di poter accedere ad altre risorse, come i consulenti esterni specializzati; difatti, il punto 3.1 del documento elenca l’attività di consultazione quale supporto alle decisioni degli amministratori e del Management.
Nell’ambito del contenuto aziendale richiesto per la messa in opera del piano, analizziamo il punto 4 del documento, intitolato: “il quadro generale di partenza”. In questa sede sarà ricostruito l’identikit dell’azienda ai fini di creare un piano di risanamento efficace e creato ad hoc per l’azienda stessa, in modo da eccepire l’azienda che richieda l’attestazione del Piano, e nello specifico:
- la descrizione dell’azienda: è opportuno designare tutti i dati dell’azienda ai fini di collocare la stessa nel mercato finanziario come la denominazione, sede legale e forma giuridica
- le strategie applicate e in atto: ai fini dell’analisi della situazione di partenza e delle cause della crisi è utile definire le strategie che sono state precedentemente attuate, comprendere la motivazione del fallimento e studiare nuove strategie in grado di risollevare l’azienda dalla crisi
- dati economico-finanziari: questi dati sono opportuni per delineare la storia economica dell’azienda in modo da analizzare i riflessi che il patrimonio ha nei confronti della crisi presentata. La durata di queste analisi non è strutturale, può variare in base a diversi fattori quali gli schemi di conto economico, stato patrimoniale e i flussi di cassa.
- l'organizzazione attuale: questa si riferisce all’organigramma aziendale ossia la composizione qualitativa e quantitativa del personale presente in azienda:
- descrizione dell’attività dell’azienda: vi si riferisce a tutto ciò che riguarda l’attività svolta dall’azienda, ad esempio se quest’ultima svolge attività prettamente stagionali o la consistenza dei magazzini, il grado di evoluzione tecnologia dell’azienda, i clienti e i fornitori.
- caratteristiche del prodotto/servizio
- analisi del settore: sarebbe opportuno determinare la posizione dell’azienda nel mercato concorrenziale in modo da definire la percezione dei clienti in relazione ai servizi prodotti
- tecnologia impiegata: ci si riferisce all’andamento tecnologico adottato dall’azienda in quanto anche quest’aspetto risulta essere importante ai fini dell’andamento economico
- diagnosi della crisi: nella rappresentazione dello stato di crisi vanno descritti i sintomi di criticità della situazione finanziaria, economica e patrimoniale, tramite gli opportuni indicatori tipici dell’analisi di bilancio. Può essere utile un confronto tra i valori alla data di formazione del Piano, tra quelli di periodi precedenti e dei dati medi di settore. [75]
Partendo dalla situazione di inizio definita da questa fotografia dell’azienda, si comincia ad ipotizzare il nuovo assetto industriale, organizzativo, commerciale e finanziario dell’azienda; questo avviene con la stesura di un Action Plan, il quale fine è quello di concretizzare le strategie inizializzate in fase di analisi; in particolare, è opportuno che l’Action Plan descriva:
- impatto delle azioni sull’organizzazione aziendale
- Attività, ambiti e modalità di esecuzione
- responsabilità, intesa come indicazione dei soggetti ai quali compete l’esecuzione delle azioni
- investimenti/disinvestimenti previsti
- coerente tempistica di esecuzione
- allocazione delle risorse necessarie per lo sviluppo delle azioni previste.
Le azioni identificate da parte del Piano che vengono analizzate nell’Action plan sono le azioni sui ricavi, le azioni che prevedono il risparmio, le azioni sulle attività immobilizzate e le azioni sul capitale circolante. [76]
In questa prospettiva, l’Action Plan risulta essere un elemento fondamentale per ogni piano di risanamento, nell’ottica che il piano stesso non è esclusivamente una manovra finanziaria-patrimoniale ma è composta da componenti industrializzati e dunque inerenti alla qualità dell’azienda. Risulta fondamentale l’ausilio di personale adeguatamente formato per la stesura del piano di risanamento dove, in assenza del quale, come poc’anzi segnalato, si richieda la collaborazione di un Advisor che abbia lo scopo di valutare le strategie da attuare tenendo conto degli status aziendale, finanziario e sostanziale. Studiandone lo scopo, ci sarebbe da attuare un atteggiamento ancor più rigoroso verso questa figura, che risulta essere fondamentale nei termini finali del Piano, innalzando il livello di attività da parte dell’Advisor che dovrà pianificare tutti i dati richiesti, nei minimi dettagli in modo che l’attestazione finale potrà essere pronta, giusta e completa.
Alla luce di questo studio, ci si avvicina al termine del Piano; la parte finale, infatti, deve contenere una sintesi economica, finanziaria e patrimoniale sotto forma di schemi prospettici: precisamente ci si riferisce al conto economico, allo stato patrimoniale, al piano finanziario e al piano di tesoreria. Esponiamo, a titolo di esempio, lo schema proposto per un piano di tesoreria, che, come avremo modo di analizzare, sarà da adattare per le singole caratteristiche aziendali.



Bisognerà, dunque, evidenziare le dinamiche di breve periodo delle entrate e delle uscite; il periodo è una scansione temporale mensile nel primo anno di Piano. È necessario, però, che il piano di tesoreria venga aggiornato periodicamente al fine di garantire un controllo sui flussi di breve termine. Lo schema sopra elencato valuterà anche eventuali scostamenti che determineranno la realizzabilità o meno del Piano stesso.
Allorché il Piano sia stato concluso definitivamente, si provvede con l’intervento dell’analisi di sensibilità, per controllare la robustezza delle previsioni scaturite. Le valutazioni ipotetiche contenute nei piani industriali sono connotate da un grado di rischio di avveramento, riferendosi al cd. scenario di media probabilità ossia uno scenario che riprende la misurazione di diversi fattori di rischio che, analizzati, prevedano l’inclinazione sensibile dell’azienda. Le analisi di sensitività possono essere concorrenti ovvero alternative a seconda della natura dei fattori di rischio sottostanti e alla loro correlazione diretta; per questo l’azienda si sottopone ad un test chiamo “stress test”: quest’ultimo consiste in un’analisi ipotetica secondo un’accezione negativa e pessimistica con l’obiettivo di studiare gli effetti variabili in senso negativo ed ipotizzare le conseguenze ai flussi di cassa, al patrimonio netto e al reddito, se si verificassero alcuni rischi prestabiliti. Questo test risulta essere fondamentale ai fini della continuità aziendale, in modo che l’azienda si trovi in una condizione pronta e favorevole, qualora si presentino dei rischi; inoltre, sarà possibile paragonare le imprese dello stesso settore o di settore diverso ponderando il peso finanziario per la singola impresa. [77]
Dallo studio del documento è emerso anche l’accuratezza della redazione del Piano per le micro, piccole e medie imprese (MPMI), stesura del quale che, rientrando in una realtà aziendale di diversa organizzazione, risulta essere di difficile applicazione. In ragione di ciò, in base alla forma giuridica della MPMI, la responsabilità del piano di risanamento come documento amministrativo, può ricadere:
- sull’organo di amministrazione, in caso di società di capitali.
- sui soci che rappresentano la maggioranza assoluta del capitale, in caso di società di persone
- sull’imprenditore, in caso di impresa individuale.
Ma anche in base alla grandezza della MPMI vengono richieste specifiche indicazioni e principi peculiari: per agevolare il lavoro sono stati inseriti all’interno del documento le tavole sinottiche differenziali all’interno delle quali si dovranno individuare gli elementi da ritenere applicabili in base alle realtà di tipo Micro e P.M.I. [78]
All’atto pratico, vengono esaminate le criticità di un piano di risanamento, ossia quelle fattispecie che determinano la reale fattibilità o meno di un piano. Nello specifico si riscontra che l’imprenditore, specialmente quando non si affida a professionisti, confonde, erroneamente, le cause della crisi con i sintomi che essa procura: quindi, non elargendo in modo corretto le cause della crisi, il piano di attestazione di conseguenza non risulta essere corretto nella sua stesura poiché si infligge un errore prettamente finanziario, quando si tratta, invece, di una marginalità sul conto economico che ha portato ad avere i costi fissi maggiori dei ricavi. Un’altra criticità può essere la mancanza di strategia che renderebbe le azioni non favorevoli a lungo termine per l’azienda e di conseguenza un action plan carente. Dallo studio di queste criticità, per evitare che quest’ultime ricoprano un ruolo invalidante, è fondamentale che l’impresa si avvicini sempre di più agli assetti organizzativi, amministrativi e contabili, così come richiesti dal legislatore moderno. Sembrerebbe opportuno che l’imprenditore crei una linea di contatti attivi in grado di valutare il corso del mercato concorrenziale, valutare le strategie prima di immettersi in una crisi aziendale e conoscere perfettamente le affinità dell’azienda, cosicché sarà più facile attuare le consulenze quando verranno richieste. I periodi pre e post Covid19 sono stati importanti per le aziende che hanno dovuto riformulare le strategie da attuare, ricalcolare i costi fissi ovvero ricalcolare i ricavi possibili: solo le aziende che hanno un focus organizzativo rilevante su tutti i punti sono riuscite a variare anche i costi fissi, superando, in parte, la crisi post Covid19.
Con le ultime modifiche normative, con il D.Lgs. n. 83 del 2022, è stato introdotto, all’interno del Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, l’art. 87 che rimanda al piano di concordato. Questa parentesi perché, come mai prima, è stato nominato di piano di attestazione come piano industriale al comma 1 lettera e): “la descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta nonché, in caso di concordato in continuità, il piano industriale con l’indicazione degli effetti sul piano finanziario e dei tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria”[79]. Dunque, la figura del piano di qualsiasi specie, in termini giuridici è stato sempre pensato come un documento con un’entità variabile, definendone la natura solo successivamente o nel momento della sua applicazione; in questo caso il legislatore ha dato una ferma dicitura: cioè che il Piano di nostro riferimento è un documento industriale con scopi finanziari, il che risulta essere un concreto traguardo innovativo.
Ritornando, in conclusione, agli effetti collegati all’esecuzione del Piano di risanamento, questi indicano che i pagamenti effettuati in esecuzione di questo piano non sono soggetti ad azione revocatoria. Per l’appunto, i pagamenti che il debitore effettua nei confronti di un certo creditore che costituisca esecuzione di questo piano, non possono essere revocati e, considerato il beneficio, l’istituto del piano attestato di risanamento è riservato ai soli debitori assoggettabili alla liquidazione giudiziale, trovandoci, per l’appunto, nell’ambito della liquidazione giudiziale o ex fallimento. L’altro effetto connesso al Piano di risanamento è l’esenzione da alcune disposizioni penali, come previsto dall’art. 324 del Codice della Crisi: “Le disposizioni di cui agli articoli 322, comma 3 e 323 non si applicano ai pagamenti e alle operazioni compiuti in esecuzione di un concordato preventivo o di accordi di ristrutturazione dei debiti omologati o degli accordi in esecuzione del piano attestato […]”; da qui si evince la disapplicazione di alcune disposizioni penali, come ad esempio quella in tema di bancarotta fraudolenta. 
4.2 . L’istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti
Le alternative poste a beneficio dell’imprenditore che ha intrapreso il percorso della composizione negoziata sono molteplici e si differenziano per la loro natura, il loro obiettivo e per le parti che ne sono coinvolte. Tra le tante ritroviamo l’istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti, disciplinato dagli art. 57 e ss. del Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza e dagli art. 182 bis e ss. della Legge fallimentare. Prima di analizzare l’artico di riferimento, è doveroso un excursus storico dell’istituto. Il Parlamento italiano, con il D.L. del 14 marzo 2005, ha introdotto nel codice fallimentare “l’accordo di ristrutturazione dei debiti”, finalizzando così la soluzione extragiudiziale della crisi, senza esuberare i Tribunali territorialmente competenti e le procedure concorsuali, evitando di aggravare sia le risorse pubbliche che il carico di lavoro degli operatori giudiziali. Con tale testo normativo, è stato introdotto il concetto di privatizzazione dell’insolvenza, ovvero di mettere a disposizione una procedura tale da soddisfare i creditori e sostenere il debitore. La finalità di questi interventi è quella di preservare l’azienda stessa, senza che gli interessi privati prevalgano. Al fine di evitare i rischi che possono emergere da una totale privatizzazione, come la mancanza di garanzie per i creditori o l’instabilità del rapporto tra le parti o ancora, inesistenza del patrimonio del debitore per i creditori estranei all’accordo, il legislatore ha introdotto gli accordi di ristrutturazione che sono qualificati dal tribunale attraverso il decreto di omologazione. [80] Come analizzeremo nello specifico, l’istituto si articola in diversi ambiti di applicazione attraverso due fasi ben precise: la prima è una fase stragiudiziale in cui si dovrebbe verificare l’accordo vero e proprio, dove il debitore rimette, alla presenza dei creditori, tutto il patrimonio debitorio per arrivare ad uno stralcio o ad una rinegoziazione dei debiti; la seconda fase, invece, è giudiziale in cui l’accordo, che si sarebbe dovuto trovare nella precedente fase, si presenta dinanzi ad una autorità giudiziale attraverso l’omologazione.
Inoltre, gli accordi di ristrutturazione sono definiti esclusi dalle procedure concorsuali per diverse ragioni: non vi è una apertura di concorso sul patrimonio del debitore; non vi è alcun obbligo di rispettare la par conditio creditorum tra i creditori; non vi è un organo che rappresenta la massa dei creditori in quanto l’accordo non è vincolante per tutti i creditori ma solo per quelli aderenti, mentre per i creditori non aderenti deve essere garantito l’itero pagamento. Partiamo, dunque, col definire la ratio dell’articolo di riferimento.
L’art 57 comma 1 così si esprime: “Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono conclusi dall’imprenditore, anche non commerciale e diverso dall’imprenditore minore, in stato di crisi o di insolvenza, con i creditori che rappresentino almeno il sessanta per cento dei crediti e sono soggetti ad omologazione ai sensi dell’articolo 48. […]” [81]
Subito evidenziamo l’ambito soggettivo di applicazione: gli accordi possono essere preposti dall’imprenditore, anche non commerciale ossia l’imprenditore che esercita un’attività commerciale, anche non a scopo di lucro, artigiana o agricola che sia, che operi come persona fisica, giuridica o ente collettivo. Gli accordi, però, non possono essere preposti, come recita l’articolo, dall’impresa minore, ossia quella definita dall’art. 2 lettera d) del Codice della Crisi d’impresa, che presenta congiuntamente tali requisiti:
1) un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore;
2) ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore;
3) un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila; i predetti valori possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della giustizia adottato a norma dell'articolo 348” [82]
Lo stato in cui l’imprenditore deve versare nel momento della presentazione degli accordi di ristrutturazione, è quella della crisi o dell’insolvenza. Ricordiamo che per stato di crisi s’intende lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l'insolvenza del debitore e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate [83] ; per stato d’insolvenza s’intende lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore stesso non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni [84]. Oltre allo stato soggettivo che investe l’imprenditore, sono fondamentali anche i comportamenti che ambo le parti devono tenere: comportamenti che ripercorriamo con lo studio dell’art. 4 del Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza: in primis, entrambi i soggetti sono tenuti ad osservare un comportamento di buona fede e di correttezza; in secundis, al numero 2 e 4 del suddetto articolo, vengono esplicati, in maniera divisa, i doveri in capo al debitore e al creditore. Nello specifico il debitore è tenuto ad illustrare la propria situazione in modo completo, veritiero e trasparente e ad assumere tempestivamente le iniziative idonee alla rapida definizione della procedura. Questo è finalizzato a non pregiudicare i diritti dei creditori e a gestire il patrimonio o l'impresa durante i procedimenti nell’interesse prioritario dei creditori. [85] I creditori, invece, sono tenuti a rispettare il dovere di collaborazione leale con i debitori, nonché rispettare la riservatezza sulle situazioni del debitore.
L’altro dato oggettivo è quello propriamente dell’accordo tra i soggetti destinati: l’accordo si può definire formato quando il numero dei creditori rappresenti il 60% dei crediti (prende il nome si accordo ordinario); ovvero il 30% dei crediti (accordo agevolato secondo l’art. 60 CCII); o maggiorato al 70% dei crediti (accordo ad efficacia estesa secondo l’art. 61 CCII). Prima di andare ad analizzare singolarmente i vari tipi di accordi di ristrutturazione, è d’obbligo sottolineare lo scopo voluto dall’imprenditore tramite tale istituto. Sicuramente si parla di un accordo con i creditori, calcolati in percentuale rispetto ai crediti coinvolti, ma la caratteristica, nonché la differenza, dagli altri strumenti di regolazione della crisi, anche se non risulta essere l’unico istituto soggetto, è l’omologazione. Difatti, gli accordi di ristrutturazione sono vincolati ad omologazione da parte del tribunale, ai sensi dell’art 48 del Codice della Crisi. Prima di concentrarci sull’omologazione, è necessario differenziare i tre tipi di accordi possibili e definirne i concetti cardini.
In particolar modo, all’art. 57 del Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza vi sono gli accordi di ristrutturazione definiti ordinari o standard, quelli posti in essere tra l’imprenditore ed i creditori che rappresentano almeno il 60 % dei crediti. Il contenuto dell’accordo sarà il piano attestato di risanamento, concernente tutti i dati economici e finanziari richiesti e dei documenti di cui all’art. 39 numero 1 e 3, tra i quali: le scritture contabili e fiscali obbligatorie, le dichiarazioni dei redditi degli anni precedenti, dichiarazioni IRAP e IVA, bilanci degli ultimi tre anni. La documentazione va depositata presso il Tribunale entro un termine compreso tra i trenta e sessanta giorni, termine prorogabile su istanza del debitore, come previsto dall’art. 44 n. 1 lettera a). Giacché il contenuto si concretizzi nel piano attestato, anche nel caso degli accordi di ristrutturazione, è prevista l’attestazione da parte di una figura professionale, definito “professionista indipendente”, sia per constare la veridicità del piano sia per l’idoneità dell’accordo. Nello specifico, il contenuto del piano di risanamento deve contenere le modalità e le tempistiche di adempimento dell’accordo. Oltre a dover avere data certa, come disciplinato dall’art. 56 c.1 del Codice della Crisi, viene richiesto:
- la situazione economico-patrimoniale e finanziaria dell'impresa;
- le principali cause della crisi;
- le strategie d'intervento e dei tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria;
- i creditori e l'ammontare dei crediti dei quali si propone la rinegoziazione e lo stato delle eventuali trattative;
- gli apporti di finanza nuova;
- i tempi delle azioni da compiersi, che consentono di verificarne la realizzazione, nonché gli strumenti da adottare nel caso di scostamento tra gli obiettivi e la situazione in atto [86].
Passando all’obiettivo degli accordi di ristrutturazione, analizziamo l’art 58, in cui, al comma n.3, prevede che gli accordi debbano essere idonei ad assicurare il pagamento integrale dei creditori estranei entro termini precisi: a) entro centoventi giorni dall'omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data; b) entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data 86 Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, Titolo IV “Strumenti di regolazione della crisi” Capo I “Accordi”, Sezione I “Piano attestato di risanamento”, art. 56, Accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento dell'omologazione; l’attestatore è tenuto a controllare che il pagamento dei creditori avvenga nei suddetti termini. [87]
La tipologia degli accordi di ristrutturazione agevolati sono disciplinati dall’art. 60 del Codice della Crisi e si differenziano dai primi solo per la percentuale dei creditori che viene dimezzata, quindi dal 60% al 30%, in determinati casi: quando il debitore o non propone la moratoria dei creditori estranei agli accordi oppure non ha richiesto e rinunci a richiedere misure protettive temporanee. [88]
Analizziamo, per ultima, la tipologia degli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa, disciplinati dall’art. 61 del Codice della Crisi e dall’art. 182 septies. Quest’ultimo articolo, prima delle riforme del Codice della Crisi, riguardava, in ottica soggettiva, unicamente i creditori finanziari, solo successivamente quindi con l’introduzione del nuovo Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, la norma si applica anche ai creditori non aderenti appartenenti alla medesima categoria così come evidenziato dal primo comma dell’art. 61 del Codice della Crisi: [89] “Le disposizioni di cui alla presente sezione si applicano, in deroga agli articoli 1372 e 1411 del codice civile, al caso in cui gli effetti dell’accordo vengano estesi anche ai creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria, individuata tenuto conto dell’omogeneità di posizione giuridica ed interessi economici” . Per i creditori della medesima categoria non aderenti, ai quali il debitore chiede di allargare gli effetti, avranno la possibilità di proporre l’opposizione a decorrere dalla data della comunicazione.
Infatti, affinché l’accordo, in modalità estesa, trovi la sua applicazione, vi è la necessità che le rispettive condizioni si verifichino congiuntamente:
- tutti i creditori appartenenti alla categoria devono essere stati informati dell'avvio delle trattative, messi in condizione di parteciparvi in buona fede e ricevuto complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore, nonché sull'accordo e sui suoi effetti;
- l'accordo deve avere carattere non liquidatorio, prevedendo la prosecuzione dell’attività d'impresa in via diretta o indiretta; inoltre, i creditori vanno soddisfatti in misura significativa o prevalente dal ricavato della continuità aziendale (questa novità è stata introdotta con la normativa vigente);
- i crediti dei creditori aderenti appartenenti alla categoria devono rappresentare il 75% di tutti i creditori appartenenti alla categoria, fermo restando che un creditore può essere titolare di crediti inseriti in più di una categoria;
- i creditori della medesima categoria non aderenti cui vengono estesi gli effetti dell'accordo possano risultare soddisfatti in base all'accordo stesso in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale (non era previsto nella disciplina precedente);
- il debitore deve aver notificato l'accordo, la domanda di omologazione e i documenti allegati ai creditori nei confronti dei quali chiede di estendere gli effetti dell'accordo. [90]
Inoltre, l’ultimo comma dell’art. 61 del Codice della Crisi rimanda alle banche e agli intermediari finanziari affermando che restano fermi i diritti in relazione a tutti i creditori diversi dagli istituti bancari. Questo perché, gli istituti vantano di un diverso trattamento, considerato anche che l’accordo che perviene tra il ceto bancario e l’imprenditore è un particolare tipo di accordo introdotto nel 2015 che attraverso il D.L. 27 giugno 2015, n. 83, ha presentato il nuovo art. 182 septies. Per questa precisa fattispecie, s’intende che la crisi aziendale ricorra quando l’impresa abbia un patrimonio debitorio, verso la banca e intermediari finanziari, non inferiore alla metà dell’indebitamento complessivo. In altre parole, in presenza di una posizione debitoria finanziaria che raggiunga almeno la soglia del 50%, il debitore può̀ stipulare un accordo di ristrutturazione, individuando una o più̀ categorie tra i creditori bancari che abbiano tra loro posizione giuridica ed interessi economici omogenei. L'imprenditore può chiedere, anche se non ricorre la condizione prevista dalla lettera b) del medesimo articolo (la prosecuzione dell’attività d’impresa), che l’accordo produca effetti anche verso i creditori finanziari non aderenti. Ciò in deroga agli articoli 1372 e 1411 del Codice civile (che rispettivamente statuiscono che il contratto ha forza di legge solo tra le parti e non produce effetto rispetto ai terzi, e che anche la stipulazione a favore di terzi può̀ avere effetto nei loro confronti solo quando accettino di profittarne). [91]
Rimanendo in ambito di efficacia dell’accordo di ristrutturazione, esaminiamo l’art. 59 del Codice della Crisi che analizza la figura dei soggetti coobbligati e dei soci illimitatamente responsabili. Previsto l’art. 59, comma 1: “Ai creditori che hanno concluso gli accordi di ristrutturazione si applica l’articolo 1239 del Codice civile” [92]. In particolare, si rimanda i creditori che hanno concluso gli accordi di ristrutturazione, all’applicazione dell’art. 1239 del Codice civile ossia alla norma in materia di remissione del debito. La disciplina stabilisce che la remissione accordata al debitore principale libera anche i fideiussori. La remissione accordata ad uno dei fideiussori libera gli altri limitatamente alla parte del fideiussore liberato. Infine, se gli altri fideiussori hanno acconsentito alla liberazione, rimangono obbligati per l’intero. In altre parole, i creditori aderenti all’accordo non possono agire verso i fideiussori per la porzione del credito non soddisfatta dall’accordo; i creditori non aderenti conservano impregiudicati i loro diritti nei confronti dei coobbligati, dei soci illimitatamente responsabili e degli obbligati in via di regresso. Nel caso in cui gli accordi di ristrutturazione riguardino una società, questi esplicano efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, i quali, se hanno prestato garanzia, continuano a rispondere per tale diverso titolo, salvo che non sia diversamente previsto. [93]
In termini normativi, seppure l’art. 59 sia stato introdotto dal D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14, vi è un ulteriore articolo di riferimento nella Legge fallimentare: l’art. 182 decies che, sulle righe del precedente, è stato introdotto dall'art. 20, comma 1, lettera f), dalla L. 21 ottobre 2021, n. 147 e la presente modifica, si applica ai ricorsi di cui all'articolo 161 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267.
4.3 . L’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti
Il procedimento per la stipula di un accordo di ristrutturazione viene disciplinato dal codice della crisi d'impresa, si distingue in diverse fasi. Sin dalla fase del deposito e fino a quella dell’omologazione della domanda, il procedimento avviene presso il tribunale competente: quello nel cui circondario l'imprenditore ha il centro degli interessi principali (COMI), il luogo in cui il debitore gestisce i suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi. [94] Invece, nelle fattispecie relativa ai gruppi di imprese di rilevante dimensione e alle imprese in amministrazione straordinaria è competente il Tribunale che ha sede delle sezioni specializzate in materia di imprese individuato a norma dell’art. 4 D.Lgs. n. 168/2003, avuto riguardo al luogo in cui il debitore ha il centro degli interessi principali, così come disciplinato dall’art. 27, comma 1 del Codice della Crisi.
Nello specifico, il centro degli interessi principali del debitore si presume coincidente:
- per la persona fisica esercente attività impresa, con la sede legale risultante dal registro delle imprese o, in mancanza, con la sede effettiva dell'attività abituale;
- per la persona fisica non esercente attività d'impresa, con la residenza o il domicilio e, se questi sono sconosciuti, con l'ultima dimora nota o, in mancanza, con il luogo di nascita. Se questo non è in Italia, la competenza è del Tribunale di Roma;
- per la persona giuridica e gli enti, anche non esercenti attività impresa, con la sede legale risultante dal registro delle imprese o, in mancanza, con la sede effettiva dell'attività abituale o, se sconosciuta, secondo quanto previsto nella lettera b), con riguardo al legale rappresentante. [95]
La prima fase del procedimento degli accordi di ristrutturazione è costituita dal deposito della domanda di accesso. Il deposito avviene presso il Tribunale della domanda di accordo; quindi, l’imprenditore che intende chiedere l’omologazione per quell’accordo lo deposita presso il Tribunale competente. Per quanto concerne l’omologazione degli accordi di ristrutturazione per le società, la domanda deve essere approvata e sottoscritta a norma dell'articolo 265: nelle società di persone, è approvata dai soci che rappresentano la maggioranza assoluta del capitale; nelle società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata, nonché nelle società cooperative, è deliberata dagli amministratori; in questo caso, la deliberazione deve risultare da verbale redatto da notaio ed è depositata ed iscritta nel Registro delle Imprese a norma dell'articolo 2436 c.c. [96].
Il deposito della domanda può essere accompagnato da un accordo già perfezionato oppure può non esservi allegato alcun accordo. Si parla in tale secondo caso di accordo in itinere. Nel primo caso la domanda si propone con ricorso del debitore come disposto nel Capo IV dedicato all’accesso alle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza. Il ricorso deve indicare:
- l’ufficio giudiziario,
- l’oggetto,
- le ragioni della domanda,
- il piano di risanamento e gli allegati,
- le conclusioni,
- la sottoscrizione del difensore munito di procura; [97]
L'iscrizione è eseguita il giorno seguente entro cui è stata proposta la domanda e quando quest’ultima contiene la richiesta di misure protettive, nell'eseguire l'iscrizione, ne fa espressa menzione. La domanda, unitamente ai documenti allegati, è trasmessa al Pubblico Ministero. Avverso la domanda del debitore di omologazione di accordi di ristrutturazione, i creditori e ogni altro interessato possono proporre opposizione entro trenta giorni dall'iscrizione degli accordi nel Registro delle Imprese. Il termine è sospeso nel periodo feriale. [98]
Nel caso dell’accordo in itinere, i documenti da unire all’istanza sono quelli indicati nell’art. 39, comma 1, Codice della crisi d’impresa. La ratio è disciplinata dall’art. 44 del Codice della Crisi di impresa in cui il legislatore si riferisce ad una domanda proposta dall’imprenditore, il quale si riserva di presentare la proposta, il piano e gli accordi. I termini sono presentati dal Tribunale che, su richiesta del debitore, con decreto fissa un termine compreso tra 30 e 60 giorni, prorogabile di non oltre 60 giorni per giustificati motivi, entro il quale il debitore deposita l’accordo di ristrutturazione dei debiti perfezionato e la documentazione ulteriore. Con il decreto di fissazione del termine, il Tribunale ordina l'iscrizione immediata del provvedimento, a cura del cancelliere, nel Registro delle Imprese. I termini sopra indicati non sono soggetti a sospensione feriale. Una volta depositato, l’accordo viene pubblicato nel Registro delle Imprese e acquista efficacia dal giorno della pubblicazione. In questa fase, il debitore può formulare istanza di adozione di provvedimenti cautelari e di misure protettive secondo l’art. 54 D.Lgs. 14/2019. Preme ricordare che il “blocco” delle azioni cautelari ed esecutive non scatta automaticamente al momento della pubblicazione della domanda di accesso, come accadeva nella disciplina precedente, ma necessita di apposita istanza di parte.
La fase centrale è, dunque, quella dell’omologazione. Si noti bene che l’autorità giudiziaria può anche rigettare la richiesta di omologazione. In caso di accoglimento di omologa dell’accordo di ristrutturazione, il Tribunale decide con sentenza e, avverso questa, può essere proposto il reclamo presso la Corte d’Appello entro 30 giorni. In caso di rigetto, con sentenza, il Tribunale, solo su ricorso di uno dei soggetti legittimati, dichiara l’apertura della liquidazione giudiziale. Viene disposta l’apertura della liquidazione giudiziale anche in caso di liquidazione giudiziale”, sezione II “Procedimento unitario per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale”, art. 48, Procedimento di omologazione revoca dell’omologazione la quale può effettuarsi, su domanda di uno dei soggetti legittimati, presso la Corte d’appello. [99]
Il reclamo può essere proposto con ricorso da depositare nella Cancelleria della Corte d’Appello e deve contenere:
- l'indicazione della Corte di appello competente;
- le generalità dell'impugnante e del suo procuratore e l'elezione del domicilio nel comune in cui ha sede la Corte di appello;
- l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l'impugnazione, con le relative conclusioni;
- l'indicazione dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documenti prodotti.
Il reclamo va proposto entro 30 giorni dalla notifica telematica e decorre, per le parti, dalla data della notificazione telematica del provvedimento a cura dell’ufficio e, per gli altri interessati, dalla data della iscrizione nel registro delle imprese. Il procedimento del ricorso è articolato in diverse fasi. Anzitutto si parte con il deposito del ricorso nei cinque giorni successivi, il Presidente designa il relatore e fissa con decreto l'udienza di comparizione entro sessanta giorni. Il ricorso ed il decreto di fissazione dell'udienza vengono notificati a cura della Cancelleria o in via telematica, al reclamante, al curatore o al commissario giudiziale e alle altre parti entro dieci giorni. Tra la data della notificazione e quella dell'udienza deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni. Le parti resistenti devono costituirsi almeno dieci giorni prima dell'udienza, a pena di decadenza. La costituzione si effettua mediante il deposito di una memoria contenente l'esposizione delle difese in fatto e in diritto, nonché l'indicazione dei mezzi di prova e dei documenti prodotti. L'intervento di qualunque interessato non può avere luogo oltre il termine stabilito per la costituzione delle parti resistenti con le modalità per queste previste ossia almeno dieci giorni prima dell’udienza a pena di decadenza. Il collegio, all’udienza di comparizione, sentite le parti, assume, anche d'ufficio e nel rispetto del contraddittorio, tutti i mezzi di prova che ritiene necessari. Esaurita la trattazione, la corte provvede sul ricorso con sentenza entro il termine di 30 giorni. La sentenza è notificata, a cura della Cancelleria e in via telematica, alle parti e deve essere pubblicata e iscritta al Registro delle Imprese. Il termine per proporre il ricorso per cassazione è di trenta giorni dalla notificazione. Il ricorso per cassazione non sospende l'efficacia della sentenza. [100]
Passiamo ad analizzare anche il caso di revoca dell'omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti, su domanda di uno dei soggetti legittimati. La norma è disciplinata dall’art. 53, comma 5, in cui la corte d'appello, una volta accertati i presupposti (imprenditore che non sia minore ed imprenditore in stato di insolvenza), dichiara aperta la liquidazione giudiziale e rimette gli atti al tribunale per l'adozione dei provvedimenti relativi all’apertura del procedimento di liquidazione secondo l’art. 49 c. 3 del Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza. La sentenza che dichiara aperta la liquidazione giudiziale è notificata alle parti a cura della Cancelleria della Corte d'appello e comunicata al tribunale, nonché iscritta al Registro delle Imprese. Restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dal debitore e dagli organi della procedura prima della revoca. Su istanza del debitore, il tribunale, ove ricorrano gravi e giustificati motivi, può sospendere i termini per la proposizione delle impugnazioni dello stato passivo e l'attività di liquidazione fino al momento in cui la sentenza che pronuncia sulla revoca passa in giudicato [101].
Dopo il deposito della domanda di omologa e della sua iscrizione presso il Registro delle Imprese, i creditori e ogni altro interessato possono proporre opposizione entro 30 giorni. Il tribunale fissa l’udienza in camera di Consiglio per la comparizione delle parti e del commissario giudiziale (se nominato), disponendo che il provvedimento sia comunicato, a cura del debitore, al commissario giudiziale, ai creditori e ai terzi che hanno proposto opposizione. Il tribunale, assunti i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio, anche delegando uno dei componenti del collegio e sentito il commissario giudiziale, omologa con sentenza gli accordi. Il tribunale non valuta esclusivamente la regolarità degli adempimenti ma la sua valutazione si estende anche ai profili sostanziali di legalità, come la garanzia del pagamento integrale ed entro un termine stabilito di 120 giorni ai creditori estranei o l’attestazione dei professionisti. [102]
Una volta esaminati le singole prospettive in cui si può incorrere negli accordi di ristrutturazione, ritorniamo alle modalità dell’esecuzione dell’accordo stesso. Come già ricordato, durante le trattative e nell’esecuzione degli accordi, il debitore ed i creditori devono sottostare ad un comportamento secondo buona fede e correttezza. Il codice della crisi d’impresa non si occupa della fase strettamente collegata all’esecuzione dell’accordo di ristrutturazione quando il debitore deve adempiere alle misure concordate con i creditori. Infatti, le problematiche maggiori riguardano un eventuale inadempimento da parte del debitore. Il mancato pagamento comporta diverse conseguenze a seconda della categoria di creditori coinvolta:
- nel caso dei creditori aderenti all’accordo, l’inadempimento li legittima a richiedere la risoluzione dell’accordo secondo la disciplina di diritto privato secondo gli artt. 1453 c.c. ss.. Se la richiesta di risoluzione viene accolta, i crediti tornano alla loro situazione originale e cessa qualsiasi riduzione. Inoltre, in tal caso, i creditori aderenti, possono persistere per procedere all’apertura della liquidazione giudiziale;
- nel caso dei creditori non aderenti, l’inadempimento non consente loro di esperire la risoluzione del contratto, in quanto non sono parti contraenti. Anche loro possono chiedere l’apertura della liquidazione giudiziale;
- nel caso di creditori “fiscali” (agenzia delle entrate, enti previdenziali), si ha una risoluzione di diritto della transazione fiscale conclusa nell'ambito degli accordi di ristrutturazione, se il debitore non esegue integralmente, entro 90 giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle agenzie fiscali e agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie. [103]
Un ulteriore istituto previsto dal Codice della Crisi è la possibilità di rinegoziazione degli accordi o delle modifiche del piano, disciplinati dall’art. 58 del Codice della Crisi. Questa norma introduce una novità rispetto al passato. Vi sono due distinte ipotesi, a seconda del momento in cui si verifica l’emenda. Se la modifica avviene prima dell'omologazione e vi sono modifiche sostanziali del piano e degli accordi, è rinnovata l'attestazione di veridicità dei dati aziendali e di fattibilità economica del piano da parte di un professionista indipendente. Inoltre, il debitore deve richiedere il consenso ai creditori facente parte degli accordi. Se, invece, la modifica avviene dopo l’omologazione, l’imprenditore apporta le modifiche idonee ad assicurare l'esecuzione degli accordi, richiedendo il rinnovo dell'attestazione da parte del professionista indipendente. Il piano modificato e l'attestazione rinnovata sono pubblicati nel Registro delle Imprese; i creditori sono avvisati della pubblicazione con lettera raccomandata o posta elettronica certificata. Entro trenta giorni dalla ricezione dell'avviso è ammessa opposizione avanti al tribunale, nelle forme di cui all'art. 48 del Codice della Crisi. [104]
Le modifiche che hanno colpito gli accordi di ristrutturazione e il concordato preventivo, sono risultate integranti per l’intero panorama commerciale. La fattispecie secondo cui non viene richiesta l’autenticità dell’atto notarile o la forma dell’atto pubblico o, ancora, della scrittura privata, non è affatto mancanza di veridicità nell’accordo stesso, anzi, questa procedura ha dato un grande segnale di rinascita nell’ambito processuale. Abbiamo analizzato come l’atto in questione si perfezioni attraverso l’apposizione di entrambi gli accordi dei soggetti interessati, presso il Registro delle imprese, contenenti i documenti identificativi della società richiesti, lo scambio delle PEC, documenti di riconoscimenti, al fine di fornire al Tribunale competente la sola capacità di omologazione affinché, questo, resti terza parte, estranea agli accordi. Quest’aspetto presenta diversi benefici per il sistema nazionale degli Uffici giudiziali, i quali si presentano già esuberati. Ancor di più, questo snellimento delle procedure è stato un privilegio, a seguito della pandemia intercorsa, in cui le aziende che hanno valicato il muro della crisi, sono state tantissime. Queste ultime hanno, dunque, avuto la possibilità di risanare la propria attività o meglio trovare delle prospettive di risanamento, attraverso delle procedure negoziali e stragiudiziali che sono risultate, fin ora, di grande auspicio.
4.4 . La richiesta del nuovo “concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio"
Una delle novità introdotte con la L. 21 ottobre 2021, n. 147 è il “concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio” disciplinato dall’art. 18 della L. 147/2021 e lo ritroviamo anche nel Codice della Crisi e dell’insolvenza, agli artt. 25 sexies e 25 septies. Il legislatore, attraverso questi due riferimenti normativi, ha fatto ben intendere che la ratio del concordato semplificato non è considerata come una nuova figura indipendente in cui il legislatore possa accedere direttamente, ma è un ponte di collegamento tra la composizione negoziata e l’esito negativo delle trattative di quest’ultima. In altre parole, solo qualora l’imprenditore abbia proseguito con la composizione negoziata e le trattative non abbiano portato a soluzioni idonee al risanamento aziendale, egli può ricorrere alla procedura del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio. Sono due gli aspetti di maggior rilievo concomitanti con l’istituto della composizione: il primo riguarda la figura del tribunale che, nel caso della composizione negoziata, ha una posizione marginale, ma, nel caso del concordato semplificato, ha una valenza dominante ai fini dell’omologazione. Il secondo aspetto concerne la posizione dei creditori, i quali incentivati da una possibile azione liquidatoria successiva alla composizione negoziata, potrebbero partecipare realmente ed attivamente alle trattative della negoziazione. Secondo alcuni studiosi della materia, l'evoluzione del concordato liquidatorio, invece, era orientata verso una direzione totalmente opposta che rendeva l’accesso all’istituto molto più che complicato. Con l’apposizione del nuovo tipo di concordato semplificato, il legislatore ha voluto semplificare le modalità di accesso limitando, però, l’istituto accessibile in maniera indiretta ovvero solo a seguito della composizione negoziata terminata negativamente. Pertanto, il debitore potrà accedere al concordato semplificato solo se avrà le condizioni per poter accedere alla composizione negoziata della crisi. Il concordato semplificato prevede che venga proposto un piano concordatario, il quale deve essere necessariamente approvato dai creditori e potrà essere richiesto 60 giorni dopo la relazione negativa dell’esperto. [105]
Prima di analizzare i presupposti soggettivi e oggettivi per l’accesso alla procedura del concordato semplificato, esaminiamo un altro tipo di concordato, quello disciplinato dagli artt. 84 ss. del Codice della Crisi: il concordato preventivo. L’istituto ha spostato il baricentro dell’ambito concordatario da una posizione nella quale la tutela del credito era primaria a quella in cui la priorità è spostata sulla continuità aziendale. Infatti, questo concordato si divide in due tipi: il primo ha la finalità della continuità aziendale; il secondo ha una finalità liquidatoria. Il concordato preventivo con continuità aziendale si esprime nell’art. 84 comma 3: “Nel concordato in continuità aziendale i creditori vengono soddisfatti in misura anche non prevalente dal ricavato prodotto dalla continuità aziendale diretta o indiretta. La proposta di concordato prevede per ciascun creditore un’utilità specificamente individuata ed economicamente valutabile, che può consistere anche nella prosecuzione o rinnovazione di rapporti contrattuali con il debitore o con il suo avente causa.” [106]. Ciò prevede la predisposizione di un piano concordatario certificato da un esperto indipendente che valuti in che modo i creditori vengano soddisfatti a seguito della continuità aziendale. Il piano dev’essere classificato in base a diverse sezioni per i diversi creditori, classificati per la loro qualificazione giuridica e i loro interessi economici. La continuità aziendale può essere diretta, con prosecuzione dell’attività d’impresa da parte dell'imprenditore che ha presentato la domanda di concordato, ovvero indiretta, se è prevista dal piano la gestione dell’azienda in esercizio o la ripresa dell’attività da parte di soggetto diverso dal debitore in forza di cessione, usufrutto, conferimento dell’azienda in una o più società, anche di nuova costituzione. [107]
Il concordato preventivo con finalità liquidatoria si esprime invece al medesimo articolo al comma 4: “Nel concordato con liquidazione del patrimonio la proposta prevede un apporto di risorse esterne che incrementi di almeno il 10 per cento l’attivo disponibile al momento della presentazione della domanda e assicuri il soddisfacimento dei creditori chirografari e dei creditori privilegiati degradati per incapienza in misura non inferiore al 20 per cento del loro ammontare complessivo. Le risorse esterne possono essere distribuite in deroga agli articoli 2740 e 2741 del Codice civile purché sia rispettato il requisito del 20 per cento. Si considerano esterne le risorse apportate a qualunque titolo dai soci senza obbligo di restituzione o con vincolo di postergazione, di cui il piano prevede la diretta destinazione a vantaggio dei creditori concorsuali.” [108]. Anche in tal caso, seppure la finalità del concordato sia liquidatoria, si prosegue per favorire la continuità aziendale rispettando però determinati vincoli. Infatti, l’accesso è consentito solo se le risorse patrimoniali dell’azienda aumentano del 10 per cento rispetto ad un'ipotesi di liquidazione giudiziale ovvero non inferiore al 20 per cento rispetto alle passività residue.
Nella visione del nuovo concordato semplificato, il legislatore ci consiglia di effettuare un rinvio (parziale) alle norme del concordato preventivo fin quando compatibili con l’applicabilità del nuovo istituto, ne evidenziamo le principali differenze: si concretizza nell’assenza, nel concordato semplificato, del voto dei creditori, assenza del commissario giudiziale ed eventuali spese da affrontare nei confronti del soggetto attestatore (figura non più richiesta nel nuovo concordato), inoltre, non è richiesto al debitore di garantire una percentuale minima di soddisfacimento ai chirografari. Oltre a questo, lo scopo del legislatore risulta essere quello di soddisfare al meglio i creditori, in modalità celere e meno esosa. Anche da qui nasce l’esigenza di disporre di un sistema rapido che non vada in contrasto con la Direttiva Insolvency 1023/2019 e soprattutto con gli art. 7 comma 3 e 9 n.2. Ad esempio, l’art. 7, comma 3 della Direttiva prevede che in situazioni in cui il debitore sia incapace di pagare i suoi debiti in scadenza, gli Stati membri provvedono affinché l'autorità giudiziaria o amministrativa possa decidere di mantenere il beneficio della sospensione delle azioni esecutive individuali se, tenendo conto delle circostanze del caso, l'apertura di una procedura di insolvenza che potrebbe concludersi con la liquidazione delle attività del debitore non fosse nell'interesse generale dei creditori.[109] Sempre nell’ambito di questa direttiva, si esprime un significativo appunto verso le PMI che rappresentano il 99% delle imprese nell’Unione Europea. Le PMI hanno maggiore probabilità di essere liquidate invece di essere ristrutturate poiché devono sostenere costi proporzionalmente di gran lunga più elevati rispetto a quelli sostenuti dalle società di maggiori dimensioni. Le PMI, specialmente quando versano in difficoltà finanziarie, spesso non dispongono delle risorse necessarie e, al fine di aiutare tali debitori a ristrutturarsi a basso costo, dovrebbero essere altresì elaborate a livello nazionale e rese disponibili online liste di controllo particolareggiate per i piani di ristrutturazione, adeguate alle esigenze e alle specificità delle PMI. Inoltre, dovrebbero essere predisposti anche strumenti di allerta precoce per segnalare ai debitori la necessità urgente di agire, tenendo conto delle risorse limitate a disposizione delle PMI per l'assunzione di esperti.[110] Seppure si tratti di una direttiva, dunque, non obbligatoria, il legislatore ha la volontà di far affacciare, sempre di più, il sistema nazionale alle realtà internazionali, in modo che anche le aziende possano concorrere lealmente sul mercato concorrenziale mondiale e non ritrovarsi in squilibrio rispetto agli Stati membri.
4.5 . Dall’apertura della procedura del concordato semplificato alla sua omologazione
Tra le condizioni di ammissibilità del concordato semplificato vi è, anzitutto, l’apertura delle trattative da parte dell’esperto e quindi, prima la Camera di Commercio e poi lo stesso esperto, sono tenuti a verificare che vi sia uno spazio necessario per superare l’insolvenza. Questo aspetto risulta essere fondamentale perché l’imprenditore, il quale prende parte alla composizione negoziata, deve necessariamente avere un margine di risanamento, tale che gli consenta di procedere con delle trattative fattibili con i creditori e, qualora egli non abbia un tale disponibilità, si può intendere anche che egli voglia procedere verso la composizione come mera scorciatoia per arrivare al concordato semplificato. Vi è, dunque, una stretta connessione tra la composizione negoziata ed il concordato semplificato a cui si può accedere esclusivamente dopo l’esito negativo delle trattative intercorse dopo la negoziazione. Sempre in virtù del principio di terzietà dell’esperto, anche in questo caso, la figura ha un ruolo primario perché la valutazione espressa prima delle trattative può essere di notevole importanza a seguito dell’esito negativo che si ripercuote nella richiesta del concordato semplificato. Ebbene, dunque, che l’esperto valuti in concreto il valore dell’azienda e tutti i vari parametri che ne concernono perché questi potrebbero essere inferiore rispetto a quelli promossi dal debitore oppure che vi sia una strategia concreta che, in pratica, non viene accettata dai creditori. Questa fattispecie risulta essere il primo presupposto per accedere al concordato ovvero che ci sia una positiva apertura delle trattative, convertita nella marginale possibilità di risanamento dell’azienda. Il secondo presupposto concerne che trattative avvenute abbiano dato un esito non positivo ma che le stesse si siano svolte secondo correttezza e buona fede. Deve ritenersi ovviamente ragionevole che la verifica di correttezza e di buona fede si limiti all'atteggiamento tenuto dal debitore perché sarebbe non corretto che, tramite un comportamento non collaborativo di uno o più creditori, il debitore non possa accedere al concordato semplificato. Altro presupposto essenziale è che la proposta di concordato non debba recare pregiudizio ai creditori rispetto all'alternativa rappresentata dalla liquidazione fallimentare. Quindi, non solo la proposta deve essere più conveniente per i creditori ma, oltre, non deve recare pregiudizio, quindi, non deve essere sconveniente rispetto ad una liquidazione fallimentare.
La proposta di concordato semplificato può essere presentata dall’imprenditore commerciale o agricolo di qualsiasi dimensione e, quindi, anche dalle imprese sotto soglia presso il tribunale del luogo in cui l’impresa ha il proprio centro di interessi principali nei 60 giorni successivi alla comunicazione della relazione finale dell’esperto, accompagnata da un piano di liquidazione e dai documenti indicati all’art. 39 del CCII [111] (quali le scritture contabili e fiscali obbligatorie, le dichiarazioni dei redditi concernenti i tre esercizi o anni precedenti ovvero l'intera esistenza dell'impresa o dell’attività economica o professionale, se questa ha avuto una minore durata, le dichiarazioni IRAP e le dichiarazioni annuali IVA relative ai medesimi periodi, i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi [112]). Rispetto alla proposta di concordato vi è diversità fra il concordato ordinario e quello semplificato: la differenza risiede nella scienza di una norma che condizioni l'ammissibilità della proposta alla sottoscrizione a cura dei suoi rappresentanti legali e all'approvazione dei soci e che prevede, che le decisioni della deliberazione delle società di capitali finalizzate all' avviso all'iniziativa siano depositate nel registro delle imprese. Questa omissione è ritenuta intenzionale perché il legislatore ha eliminato i passaggi formali di controllo che avrebbero potuto rallentare il tentativo del salvataggio dell'azienda. [113]
Il concordato semplificato viene considerato un istituto in extrema ratio e questo lo si può definire già dalla fase iniziale in cui l’imprenditore non è tenuto a presentare al Tribunale una domanda di ammissione alla procedura ma dovrà richiedere direttamente l’omologa sulla base della proposta e del piano liquidatorio. Queste due funzioni dovrebbero già essere state precedentemente verificate dall’esperto e rappresentate nella relazione finale, al termine della composizione negoziata. Il tribunale, dunque, ha una posizione ambivalente perché se da una parte è ritenuto fondamentale ai fini dell’omologa definita come condizione imprescindibile, dall’altra ha una posizione marginale perché non è tenuto a richiedere integrazioni al creditore, oltre a ciò che è stato designato dall’esperto. La relazione finale dell’esperto deve contenere la sua dichiarazione circa l’esito negativo delle trattative e l’impossibilità di proporre le altre soluzioni previste dall’art. 23 comma 1 e 2 quali ad esempio, la convenzione moratoria o l’accordo di ristrutturazione, nonché la valutazione dei presumibili risultati della liquidazione e delle garanzie offerte. L’imprenditore chiede l’omologazione del concordato con ricorso presentato al tribunale competente, il ricorso è comunicato al pubblico ministero e pubblicato, a cura del cancelliere, nel registro delle imprese entro il giorno successivo alla data del deposito in cancelleria. Il tribunale dichiara l’apertura della procedura nominando un ausiliario ai sensi dell’art. 68 del Codice di procedura civile, il quale dovrà accettare l’incarico entro tre giorni dalla richiesta e sarà tenuto ad esporre il suo parere che verrà unito alla relazione dell’esperto. L’entrata in scena della nuova figura dell’ausiliario ha destato delle perplessità del perché il legislatore abbia avuto la necessita di introdurre un’ulteriore figura e non di affidarsi ad un commissario giudiziale, come accade nei diversi concordati, seppure, il primo, con mansioni minori e differenti. L’ausiliario va scelto tra gli iscritti negli albi presso i tribunali ma il giudice è libero di individuare tra questi chi ritiene più idoneo al compito specifico che gli assegna, di modo che l’ausiliario sia l’unico organo che compare nelle procedure di composizione negoziata e di concordato per la cui nomina non sono richiesti requisiti specifici in materia di crisi d’impresa. Inoltre, l’ausiliario nominato ai sensi dell’art. 68 c.p.c. è un consulente del giudice soggetto al giuramento e non ha il limite dettato per l’esperto di non poter ricevere più di due incarichi contemporaneamente. [114]
Una volta espressosi, l’ausiliario dovrà comunicare la sua relazione ai creditori, attraverso posta elettronica certificata. Viene fissata successivamente l’udienza di omologa e tra la scadenza del termine concesso all’ausiliario ai sensi del comma 3 e l’udienza di omologazione devono decorrere non meno di quarantacinque giorni. I creditori e qualsiasi interessato possono proporre opposizione all’omologazione costituendosi nel termine perentorio di dieci giorni prima dell’udienza fissata. L’opposizione risulta essere l’unico mezzo attraverso cui si può intervenire nella disciplina in esame siccome non è presente l’ausilio della votazione dei creditori ed è proprio per questa mancanza che i creditori dovranno procedere con un’accettazione indiretta: non potranno scegliere se aderire o meno ad una proposta concordataria e dovranno affidarsi alle relazioni preposte dall’esperto e dall’ausiliario, ma non solo perché, come vedremo, anche il tribunale è impegnato a presiedere su elementi imprescindibili. Il tribunale, infatti, prima di procedere all’omologa, deve esaminare quattro elementi:
- verificare la regolarità del contraddittorio e del procedimento
- verificare il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione e la fattibilità̀ del piano di liquidazione
- rilevare che la proposta non arreca pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale
- assicurare un’utilità a ciascun creditore
Andando per ordine, il controllo della regolarità dello svolgimento della procedura è un compito intrinseco all’omologa, la quale non può essere dichiarata ove la procedura non si sia svolta regolarmente. Per quanto concerne, invece, la valutazione di fattibilità del piano liquidatorio, l’art 25 sexies non richiede alcuna particolare o specifica aggettivazione, né quella prettamente economica né quella giuridica, mentre sia l’esperto che l’ausiliario effettuano una valutazione da ambo le parti. [115] Una specifica circa il contenuto del piano di liquidazione vi è all’art. 25 septies: “Quando il piano di liquidazione di cui all’articolo 25 sexies comprende un’offerta da parte di un soggetto individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore dell’azienda o di uno o più rami d’azienda o di specifici beni, il liquidatore giudiziale, verificata l’assenza di soluzioni migliori sul mercato, dà esecuzione all’offerta e alla vendita” [116]. Il tribunale deve infine accertare che “la proposta non arreca pregiudizio ai creditori rispetto all'alternativa della liquidazione fallimentare”, in cui la semplice mancanza di un “pregiudizio” per i creditori equivale al concetto della convenienza. La ricerca della convenienza richiede, infatti, il riscontro in positivo di un vantaggio per i creditori rispetto allo scenario alternativo del fallimento, nel mentre per la mancanza di pregiudizio è sufficiente l’accertamento dell’assenza di un danno rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare. È giusto, quindi, che i creditori ricevano un trattamento economico almeno pari a quello che loro ricaverebbero dalle altre soluzioni alternative. [117] Per ultimo, l’utilità che viene richiesta da assicurare a ciascun creditore è un giovamento di qualsiasi natura, dunque, non per forza concernente in una somma di denaro o valutabile economicamente e non deve essere necessariamente una quota data, ma può rientrare anche una conservazione dell’azienda con il cessionario della medesima.
L’art 25 septies disciplina la liquidazione del patrimonio: il tribunale, assunti i mezzi istruttori delle parti, omologa il concordato quando tutti gli elementi sopra analizzati siano in perfetta regolarità ed attenzione ossia quando, verificata la regolarità del contraddittorio e del procedimento ed il rispetto dell’ordine delle cause di prelazione e la fattibilità del piano di liquidazione, rileva che la proposta non arreca pregiudizio ai creditori rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale e comunque assicurare un’utilità a ciascun creditore. Il tribunale decide con decreto motivato immediatamente esecutivo che viene pubblicato sul Registro delle Imprese, a seguito del decreto di omologazione, il tribunale nomina il liquidatore a cui si applicano le disposizioni previste dall’art. 114 del Codice della Crisi. L’art. 25 septies al comma 2 si preoccupa anche di disciplinare il caso in cui il piano di liquidazione, ai sensi dell’art. 25 sexies, consideri già un’offerta di acquisto dell’azienda, di uno o più rami o di specifici beni, da parte di un determinato soggetto. È evidente la finalità, in tal caso, di salvaguardare la continuità indiretta, coerente con la precedente fase della composizione negoziata. In tale caso, il liquidatore o l’ausiliario, previa autorizzazione del Tribunale, verificata la sola assenza sul mercato di soluzioni migliori (con evidente snellezza operativa), potranno dar corso alla cessione. [118] Dunque, il secondo comma così si esprime: “Quando il piano di liquidazione di cui all’articolo 25 sexies comprende un’offerta da parte di un soggetto individuato avente ad oggetto il trasferimento in suo favore dell’azienda o di uno o più rami d’azienda o di specifici beni, il liquidatore giudiziale, verificata l’assenza di soluzioni migliori sul mercato, dà esecuzione all’offerta e alla vendita si applicano gli articoli da 2919 a 2929 del codice civile.” [119] Questa parentesi consente al liquidatore di procedere alla vendita al soggetto indicato dal debitore, senza alcuna autorizzazione dei creditori o del tribunale, semplicemente verificata l'assenza di soluzioni migliori sul mercato, a tutela dei creditori che non solo non hanno diritto al voto, ma non possono esercitare alcun controllo, neppure tramite loro organo rappresentativo. La liquidazione varrà per i creditori esclusivamente dalla composizione patrimoniale ovvero la possibilità del debitore di soddisfare i creditori entro una certa misura che non può essere valicata. Non solo non vi è un limite in percentuale per i creditori chirografari ma non vi è neppure per quelli privilegiati, dunque, l’imprenditore, finché rispetti l’ordine dei privilegi, può, in base alla sua disponibilità, richiedere l’omologazione. Una volta analizzate tutte le fattualità, si procede con la liquidazione attraverso la cessione dei beni dell’imprenditore. [120]
Il concordato semplificato è ascrivibile chiaramente alla categoria dei concordati liquidatori, seppur indirettamente possa favorire la continuità quando vi è una cessione d'azienda o un ramo di essa. La continuazione dell'impresa è un dato eventuale non valorizzato dal legislatore anche quando si ha un affitto d'azienda finalizzata al trasferimento della stessa. Quest’ istituto non è una sottospecie del concordato preventivo ordinario, ma è una figura giuridica a sé, retta da una propria autonoma disciplina che contiene disposizioni proprie accanto alle quali troviamo specifici richiami di norme dettate per l'ordinario concordato preventivo, ma non un rinvio generalizzato alle stesse: le uniche norme del concordato preventivo applicabili al semplificato sono quelle espressamente richiamate con conseguente inapplicabilità delle regole non richiamate.
In conclusione, il concordato preventivo semplificato rappresenta un'importante opportunità per le piccole e medie imprese in difficoltà economica, poiché consente loro di proporre un piano di ristrutturazione dei debiti e di evitare il fallimento. Tuttavia, la sua applicazione è ancora relativamente limitata, in quanto sono poche le imprese che ne hanno fatto uso. Ciò può dipendere da diversi fattori, tra cui la scarsa conoscenza della procedura, la complessità del processo di negoziazione con i creditori, e la difficoltà di elaborare un piano di ristrutturazione che sia equo e sostenibile.
Per incentivare l'utilizzo del concordato preventivo semplificato, potrebbero essere adottate misure a sostegno delle imprese in crisi, come ad esempio:
- maggiori informazioni e sensibilizzazione: è necessario promuovere una maggiore conoscenza della procedura tra le piccole e medie imprese, ad esempio attraverso campagne di informazione e sensibilizzazione;
- maggiori incentivi: potrebbero essere introdotti incentivi fiscali e finanziari per le imprese che aderiscono al concordato preventivo semplificato;
-  procedure di negoziazione semplificate: potrebbero essere introdotte procedure di negoziazione semplificate e standardizzate, al fine di ridurre il costo e la complessità del processo di negoziazione con i creditori.
Inoltre, l'evoluzione del contesto economico e giuridico potrebbe influire sulle prospettive future del concordato preventivo semplificato. Ad esempio, potrebbe essere necessario adeguare i limiti di fatturato e di debiti previsti dalla legge, in modo da tener conto dell'evoluzione della dimensione delle imprese e della dinamica del mercato.

Note:

[1] 
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, serie generale, Anno 162°, Numero 202 del 24 agosto 2021.
[2] 
M. Orsenigo, Il Nuovo Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza, agosto 2022, https://www.simmons-simmons.com/en/publications/cl6m8qndr6d2n0b64jw8g1b5n/il-nuovo-codice- della-crisi-di-impresa-e-dell-insolvenza .
[3] 
Avv. L. Biarella, Crisi d'impresa, adeguamento alla Direttiva Insolvency, marzo 2022, https://www.altalex.com/documents/news/2022/03/25/crisi-di-impresa-adeguamento-alla-direttiva- insolvency .
[4] 
Gazzetta Uffiale Unione Europea, Raccomandazione della Commissione, del 12 marzo 2014, su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza Testo rilevante ai fini del SEE, 2014/135/UE EUR-Lex - 32014H0135 - EN - EUR-Lex (europa.eu) 
[5] 
Avv. M. Annetta, D.L. n. 118/21 - La composizione negoziata della crisi di impresa, Key editore, gennaio 2022.
[6] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, Titolo X “Disposizioni per l’attuazione del Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza, norme di Coordinamento e disciplina transitoria”, Part II “Modifiche al codice”, art. 375 Assetti organizzativi dell'impresa.
[7] 
Codice Civile, libro V “Del lavoro”, titolo II “del lavoro nell’impresa”, capo I “Dell’impresa in generale”, Sezione I “dell’imprenditore”, Art. 2086, Gestione dell’impresa.
[8] 
Studio Lumini&Associati, Crisi d’impresa: stralcio dei debiti tributari anche senza consenso dell’amministrazione finanziaria, dicembre 2020, https://studioluminieassociati.it/blog/gestione- dimpresa/crisi-dimpresa-stralcio-dei-debiti-tributari-anche-senza-il-consenso-dellamministrazione- finanziaria/ .
[9] 
Codice Civile, libro V “Del lavoro”, titolo II “Del lavoro nell’impresa”, capo III “Delle imprese commerciali e delle altre imprese soggette a registrazione”, Sezione II “Dell’obbligo di registrazione”, Art. 2195, Imprenditori soggetti a registrazione.
[10] 
Codice Civile, libro V “Del lavoro”, titolo II “del lavoro nell’impresa”, capo II “Dell’impresa agricola", Sezione I “Disposizioni generali”, Art. 2135, Imprenditore agricolo.
[11] 
Codice Civile, libro V “Del lavoro”, titolo II “Del lavoro nell’impresa”, capo I “Dell’impresa in generale”, sezione I “Dell’imprenditore”, Art. 2082, Imprenditore.
[12] 
Regio Decreto del 16 marzo 1942 n. 267, Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa, Titolo I “Disposizioni generali”, art 1, comma 2.
[13] 
Legge 147/2021, Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia, Capo I “Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale”, art. 17, Imprese.
[14] 
Ivi, comma 4.
[15] 
Decreto Dirigenziale 28 settembre 2021, Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, previsto dal decreto-legge 24 agosto 2021 n. 118, Sezione II, N.4, settembre 2021
[16] 
Decreto Dirigenziale 28 settembre 2021, Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, previsto dal decreto-legge 24 agosto 2021 n. 118, Sezione I, N.5, settembre 2021.
[17] 
Decreto Dirigenziale 28 settembre 2021, Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, previsto dal decreto-legge 24 agosto 2021 n. 118, Sezione II, settembre 2021.
[18] 
Legge 147/2021, Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché' ulteriori misure urgenti in materia di giustizia, Capo I “Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale”, art. 3, Istituzione della piattaforma telematica nazionale e nomina dell'esperto.
[19] 
Decreto Dirigenziale 28 settembre 2021, Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, previsto dal decreto-legge 24 agosto 2021 n. 118, Sezione III, settembre 2021.
[20] 
Legge 147/2021, Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché' ulteriori misure urgenti in materia di giustizia, Capo I “Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale”, art. 3, n.6, lettera a), b), c), Istituzione della piattaforma telematica nazionale e nomina dell'esperto.
[21] 
Legge 147/2021, Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché' ulteriori misure urgenti in materia di giustizia, Capo I “Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale”, art. 16, Compenso dell’esperto.
[22] 
Decreto Dirigenziale 28 settembre 2021, Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, previsto dal decreto-legge 24 agosto 2021 n. 118, Sezione III, numero 5, 5.2.1, 5.2.2, 5.2.3, 5.2.4, settembre 2021.
[23] 
Legge 147/2021, Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia, Capo I “Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale”, art. 4, comma 2, Requisiti di indipendenza e doveri dell'esperto e delle parti.
[24] 
Legge 147/2021, Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché' ulteriori misure urgenti in materia di giustizia, Capo I “Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale”, art. 2, Composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa.
[25] 
Legge 147/2021, Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché' ulteriori misure urgenti in materia di giustizia, Capo I “Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale”, art. 6, Misure protettive.
[26] 
Legge 147/2021, Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché' ulteriori misure urgenti in materia di giustizia, Capo I “Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale”, art 7, comma 6, Procedimento relativo alle misure protettive e cautelari.
[27] 
Legge 147/2021, Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché' ulteriori misure urgenti in materia di giustizia, Capo I “Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale”, art. 13, Conduzione delle trattative in caso di gruppo di imprese.
[28] 
Avv. M. Annetta, D.L. n. 118/21 - La composizione negoziata della crisi di impresa, p. 35, Key editore, gennaio 2022.
[29] 
Ivi, p. 40.
[30] 
Decreto Dirigenziale 28 settembre 2021, Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, previsto dal decreto-legge 24 agosto 2021 n. 118, Sezione III, n. 7.3 settembre 2021.
[31] 
L. Calo‘ in Iposa Quotidiano, Composizione negoziata: come gestire l’impresa durante le trattative, ottobre 2021(Ultima visita 03/11/2022) https://www.ipsoa.it/documents/quotidiano/2021/10/01/composizione-negoziata-gestire-impresa-trattative (Ultima visita 03/11/2022).
[32] 
Regio Decreto del 16 marzo 1942 n. 267, Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa, Titolo VI “Disposizioni penali”, capo I, art 217, Bancarotta semplice.
[33] 
Avv. M. Annetta, D.L. n. 118/21- La composizione negoziata della crisi di impresa, Key editore, gennaio 2022.
[34] 
Legge 147/2021, Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché' ulteriori misure urgenti in materia di giustizia, Capo I “Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale”, art 10 comma 2, Autorizzazioni del tribunale e rinegoziazione dei contratti.
[35] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo II “Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi”, capo I: “Composizione negoziata della crisi”, art. 17, comma 5, Accesso alla composizione negoziata e suo funzionamento.
[36] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo II “Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi”, capo I: “Composizione negoziata della crisi”, art 10, comma 2, Autorizzazioni del tribunale e rinegoziazione dei contratti.
[37] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo II “Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi”, capo I: “Composizione negoziata della crisi”, art. 17, comma 5, Accesso alla composizione negoziata e suo funzionamento.
[38] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo II “Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi”, capo I: “Composizione negoziata della crisi”, art. 22, Autorizzazioni del tribunale.
[39] 
G. D’attore in Dirittodellacrisi.it, Il trasferimento dell’azienda nella composizione negoziata, novembre 2021. (Ultima visita 13/11/2022).
[40] 
Legge 147/2021, Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché' ulteriori misure urgenti in materia di giustizia, Capo I “Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale”, art 12, comma 4, Conservazione degli effetti.
[41] 
G. D’attore in Dirittodellacrisi.it, Il trasferimento dell’azienda nella composizione negoziata, novembre 2021. (Ultima visita 13/11/2022)
[42] 
Legge 147/2021, Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale, nonché' ulteriori misure urgenti in materia di giustizia, Capo I “Misure urgenti in materia di crisi d'impresa e di risanamento aziendale”, art 10, Autorizzazioni del tribunale e rinegoziazione dei contratti.
[43] 
F. Vianiello, L'acquisto d'azienda al tempo della composizione negoziata della crisi ex D.L. n. 118/2021 , 23 dicembre 2021, https://ntplusdiritto.ilsole24ore.com/art/l-acquisto-d-azienda-tempo-composizione-negoziata-crisi-ex-dl-1182021-AEBf8D4?refresh_ce=1 (ultima visita 22/11/2022).
[44] 
Codice Civile, Sezione X “Delle modificazioni dello statuto”, art 2446, Riduzione del capitale per perdite. 
[45] 
Pressroomunioncamere, La composizione negoziata per la crisi d'impresa ad un anno dall'avvio, 16/11/2022, https://www.youtube.com/watch?v=Xab5EQxTjTg&list=PLrn-BIcXbWpZhakVR7ViZgqY1eiHE0Wnd.
[46] 
Idem.
[47] 
L. Baccaglini e L. Calcagno, Le misure protettive e cautelari nel CCII, ottobre 2022, https://dirittodellacrisi.it/articolo/le-misure-protettive-e-cautelari-nel-ccii#param0 (Ultima visita 21/12/2022)
[48] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo II “Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi”, capo I: “Composizione negoziata della crisi”, art 18, comma 4, Misure protettive.
[49] 
Ivi, comma 5. 
[50] 
Studio Bottari&Associati, Cosa cambia con il nuovo Codice della Crisi d’Impresa, 22 agosto 2022 https://studiobottarieassociati.it/nuovo-codice-della-crisi-dimpresa-cosa-cambia/(ultima visita 21/12/2022)
[51] 
Decreto Dirigenziale 28 settembre 2021, Composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, previsto dal decreto-legge 24 agosto 2021 n. 118, Sezione II, settembre 2021.
[52] 
R. Giudotti, La crisi d’impresa nell’era Draghi, la composizione negoziata e il concordato semplificato, https://ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it/Articolo/63 (ultima visita 30/12/2022).
[53] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo II “Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi”, capo I: “Composizione negoziata della crisi”, art. 23 comma 1, lettera a), Conclusione delle trattative.
[54] 
V. Zanichelli in dirittodellacrisi.it, Gli esiti possibili della composizione negoziata, par. 4.1, ottobre 2021, in Dirittodellacrisi.it (ultima visita 05/01/2023).
[55] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo II “Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi”, capo I: “Composizione negoziata della crisi”, art 25 bis, Misure premiali.
[56] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo II “Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi”, capo I: “Composizione negoziata della crisi”, art 23, comma 2, Conclusione delle trattative.
[57] 
G. Provaggi, Composizione negoziata: come si applicano le misure premiali, luglio 2022, https://gpdlex.com/composizione-negoziata-come-si-applicano-le-misure-premiali/ (ultima visita 09/01/2023).
[58] 
V. Zanichelli, Gli esiti possibili della composizione negoziata, par. 4.1, in Dirittodellacrisi.it (ultima visita 09/01/2023).
[59] 
Legge 6 agosto 2015, n. 132, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83, recante misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell'amministrazione giudiziaria, art.9, Crisi d’impresa con prevalente indebitamento verso intermediari finanziari.
[60] 
Regio Decreto del 16 MARZO 1942 N. 267, Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa, Titolo III “Del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione” Capo V “Dell'omologazione e dell'esecuzione del concordato preventivo degli accordi di ristrutturazione di debiti”, articolo 182 octies, comma 2, lett. c) e d), Convenzione di moratoria.
[61] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo IV “Strumenti di regolazione della crisi”, capo I: “Accordi”, sezione II “Strumenti negoziali stragiudiziali soggetti ad omologazione”, art. 61, Accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa.
[62] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo IV “Strumenti di regolazione della crisi”, capo I: “Accordi”, sezione II “Strumenti negoziali stragiudiziali soggetti ad omologazione”, art 62, Convenzione moratoria.
[63] 
Avv. G. Benvenuto, La convenzione di moratoria, maggio 2022, https://www.benvenutoassociati.it/la-convenzione-di-moratoria-2022/ (ultima visita 11/01/2023).
[64] 
Avv. M. Annetta, D. L. n. 118/21 - La composizione negoziata della crisi di impresa, Key editore, gennaio 2022.
[65] 
V. Zanichelli, Gli esiti possibili della composizione negoziata, par. 4.1,Dirittodellacrisi.it (ultima visita 15/01/2023).
[66] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo IV “Strumenti di regolazione della crisi”, capo II, “Procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento”, Sezione II “Ristrutturazione dei debiti del consumatore”, art. 67, comma 3, lettera d), Procedura di ristrutturazione dei debiti.
[67] 
Wikipedia, L‘Enciplopedia Libera, Piano di risanamento, ultima modifica aprile 2022, https://it.wikipedia.org/wiki/Piano_di_risanamento (ultima visita 16/01/2023).
[68] 
Avv. L. Serra – Il piano di risanamento attestato, marzo 2019 - https://www.altalex.com/documents/altalexpedia/2019/03/26/piano-attestato-di-risanamento .
[69] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo IV “Strumenti di regolazione della crisi”, capo I: “Accordi”, sezione I “Strumenti negoziali stragiudiziali”, art. 56, Piano attestato di risanamento.
[70] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, Capo I “Ambito di applicazione e definizioni” , art. 2, comma 1, lett. o), Definizioni.
[71] 
R.D. 16 marzo 1942 n. 267, Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa, titolo VI “Disposizioni penali”, capo III “Disposizioni applicabili nel caso di concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti, piani attestati e liquidazione coatta amministrativa”, art. 236 bis, Falso in attestazioni e relazioni.
[72] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, Titolo IX “Disposizioni penali”, capo III “Disposizioni applicabili nel caso di concordato preventivo, accordi di ristrutturazione dei debiti, piani attestati e liquidazione coatta amministrativa”, art.342, Falso in attestazioni e relazioni.
[73] 
Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e Degli Esperti Contabili, Principi per la redazione dei piani di risanamento, par. 1.4, pag. 3, Settembre 2017, FILE PDF Principi+Redazione+Piani+Risanamento_180212+3.0-2+NO+REV-2.pdf (commercialisti.it).
[74] 
Ivi, par. 2.1.3, p. 9.
[75] 
Ivi, par. da 4.1 a 4.10, pag. da 13 a 17.
[76] 
Ivi, par. da 8 a 8.3, pag. 24,25.
[77] 
Ivi, par. da 9.1 a 9.7, pag. da 25 a 28.
[78] 
Ivi, par. da 14.1 a 14.4, pag. da 37 a 40.
[79] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo IV “Strumenti di regolazione della crisi”, capo III “Concordato preventivo”, sezione I “Finalità e contenuti del concordato preventivo”, art 87 comma 1, lettera e), Contenuto del piano di concordato.
[80] 
Dott. E. Alfieri, Gli accordi di ristrutturazione del debito, giugno 2022, https://lsclex.it/accordi-ristrutturazione-debito/ (ultima visita 27/01/2023).
[81] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, Titolo IV “Strumenti di regolazione della crisi”, capo I “Accordi”, Sezione II “Strumenti negoziali stragiudiziali soggetti ad omologazione”, art. 57, Accordi di ristrutturazione dei debiti.
[82] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, Capo I “Ambito di applicazione e definizioni”, art. 2, comma 1, lett. d), Definizioni.
[83] 
Ivi, lettera a).
[84] 
Ivi, lettera b).
[85] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, Capo II “Principi generali” Sezione I “Obblighi dei soggetti che partecipano alla regolazione della crisi o dell’insolvenza”, Art. 4, n. 2, lettera a), b), c), Doveri delle parti.
[86] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, Titolo IV “Strumenti di regolazione della crisi” Capo I “Accordi”, Sezione I “Piano attestato di risanamento”, art. 56, Accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento.
[87] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, Titolo IV “Strumenti di regolazione della crisi” Capo I “Accordi”, Sezione II “Accordi di ristrutturazione, convenzione di moratoria e accordi su crediti tributari e contributivi”, art. 57, Accordi di ristrutturazione dei debiti.
[88] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, Titolo IV “Strumenti di regolazione della crisi” Capo I “Accordi”, Sezione II “Accordi di ristrutturazione, convenzione di moratoria e accordi su crediti tributari e contributivi” , art. 60, Accordi di ristrutturazione agevolati.
[89] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, Titolo IV “Strumenti di regolazione della crisi” Capo I “Accordi”, Sezione II “Accordi di ristrutturazione, convenzione di moratoria e accordi su crediti tributari e contributivi”, art. 61, Accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa.
[90] 
Idem.
[91] 
F. R. Gentile, L’accordo di ristrutturazione con gli intermediari finanziari, novembre 2015, in https://www.edotto.com/articolo/laccordo-di-ristrutturazione-con-gli-intermediari-finanziari (ultima visita 28/01/2022).
[92] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, Titolo IV “Strumenti di regolazione della crisi” Capo I “Accordi”, Sezione II “Accordi di ristrutturazione, convenzione di moratoria e accordi su crediti tributari e contributivi”, art. 59, comma 1, Coobbligati e soci illimitatamente responsabili.
[93] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, Titolo IV “Strumenti di regolazione della crisi” Capo I “Accordi”, Sezione II “Accordi di ristrutturazione, convenzione di moratoria e accordi su crediti tributari e contributivi”, art. 59, comma 2 e 3, Coobbligati e soci illimitatamente responsabili.
[94] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, Capo I “Ambito di applicazione e definizioni”, art. 2, comma 1, lett. m), Definizioni.
[95] 
S. Marino, L. Stivanello, O. Vanin, Il centro degli interessi principali del debitore (COMI) nella disciplina europea dell’insolvenza transfrontaliera, https://aldricus.giustizia.it/il-centro-degli-interessi-principali-del-debitore-comi-nella-disciplina-europea-dellinsolvenza-transfrontaliera/ (ultima visita 28/01/2023).
[96] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo V “Liquidazione giudiziale” , capo VIII “Liquidazione giudiziale e concordato nella liquidazione giudiziale delle società”, articolo 265, Proposta di concordato nella liquidazione giudiziale della società.
[97] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo III “Strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”, capo IV “Accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale”, sezione II “Procedimento unitario per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale”, art. 40, comma 2, Domanda di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale.
[98] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo III “Strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”, capo IV “Accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale”, sezione II “Procedimento unitario per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale”, art. 48, Procedimento di omologazione.
[99] 
Avv. Chiara Ruffilli, L’accordo di ristrutturazione dei debiti: un mezzo di risanamento a cui le imprese in crisi possono ricorrere per ridurre l’esposizione debitoria e ristorare la propria situazione finanziaria, febbraio 2021, https://studiolegalerolli.it/risanamento-dellimpresa-in-crisi-gli-accordi-di-ristrutturazione-dei-debiti/ (ultima visita 30/01/2023).
[100] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo III “Strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”, capo IV “Accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale”, sezione II “Procedimento unitario per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale”, art. 51 Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza – Impugnazioni.
[101] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo III “Strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”, capo IV “Accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale”, sezione II “Procedimento unitario per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale”, art. 53, comma 5, Effetti della revoca della liquidazione giudiziale, dell’omologazione del concordato e degli accordi di ristrutturazione.
[102] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo III “Strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”, capo IV “Accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale”, sezione II “Procedimento unitario per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale”, art. 48, comma 4, Procedimento di omologazione.
[103] 
Avv. M. Ferrari, Accordi di ristrutturazione dei debiti, aprile 2019, https://www.altalex.com/documents/altalexpedia/2019/04/02/accordi-di-ristrutturazione-dei-debiti#_Toc314153619 (ultima visita: 30/01/2023).
[104] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo IV “Strumenti di regolazione della crisi”, capo I “Accordi”, sezione II “Accordi di ristrutturazione, convenzione di moratoria e accordi su crediti tributari e contributivi”, art. 58, comma 4, Rinegoziazione degli accordi o modifiche del piano.
[105] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo II “Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi”, capo II “Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio all’esito della composizione negoziata”, Art. 25 sexies, “Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio”.
[106] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo V “Strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”, capo III “Concordato Preventivo”, sezione I “Finalità e contenuti del concordato preventivo”, art. 84, comma 3, Finalità del concordato preventivo e tipologie di piano.
[107] 
Idem.
[108] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo V “Strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza”, capo III “Concordato Preventivo”, sezione I “Finalità e contenuti del concordato preventivo”, art. 84, comma 4, Finalità del concordato preventivo e tipologie di piano.
[109] 
Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio, capo II “Agevolazione delle trattative sul piano di ristrutturazione preventiva”, art. 7 “Conseguenze della sospensione delle azioni esecutive individuali”, giugno 2019.
[110] 
Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, Direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza), considerazioni iniziali.
[111] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo II “Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi”, capo II “Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio all’esito della composizione negoziata”, Art. 25 sexies “Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio”.
 
[112] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, Capo IV “Accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale”, Sezione I “Iniziativa per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e alla liquidazione giudiziale”, art. 39 “Obblighi del debitore che chiede l’accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza o a una procedura di insolvenza”.
[113] 
S. Leuzzi, Analisi differenziale fra concordati: concordato semplificato vs ordinario, novembre 2021, Dirittodellacrisi.it (ultima visita 31/01/2023).
[114] 
G. Bozza, Il concordato semplificato introdotto dal D.L. n. 118 del 2021, ottobre 2021, Dirittodellacrisi.it (ultima visita 01/02/2023)
[115] 
Idem.
[116] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo II “Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi”, capo II “Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio all’esito della composizione negoziata”, Art. 25 sexies, comma 2 “Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio”.
[117] 
G. Bozza, Il concordato semplificato introdotto dal D.L. n. 118 del 2021, ottobre 2021, Dirittodellacrisi.it (ultima visita 01/02/2023). 
[118] 
G. Provaggi, Concordato semplificato: come funziona con le modifiche del decreto correttivo, luglio 2022, https://gpdlex.com/concordato-semplificato-come-funzionacon-le-modifiche-del-decreto-correttivo/ (ultima visita 02/02/2023).
[119] 
Codice della Crisi d'impresa e dell'insolvenza, titolo II “Composizione negoziata della crisi, piattaforma unica nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi”, capo II “Concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio all’esito della composizione negoziata”, Art 25-septies, comma 2 “Disciplina della liquidazione del patrimonio”.
[120] 
G. Bozza, Il concordato semplificato e la liquidazione del patrimonio, ottobre 2021, https://www.youtube.com/watch?v=nurmoxpSaVs.

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