Una questione particolarmente delicata riguarda la qualificazione del credito dopo che l’imprenditore abbia fatto accesso alla composizione negoziata[16]. E’ infatti oggetto di dibattito la questione se il solo fatto dell’accesso alla composizione negoziata possa giustificare il recesso della banca dal rapporto alla luce del disposto dell’art. 16, comma 5, CCII, che, come si è già detto, dispone che “In ogni caso la sospensione o la revoca degli affidamenti possono essere disposte se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale, con comunicazione che dà conto delle ragioni della decisione assunta”.
L’art. 178 del Regolamento UE 575/2013, relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento, considera avvenuto un default in relazione ad un determinato debitore allorché si verifica almeno uno dei seguenti eventi:
a) l’ente finanziatore giudica improbabile che senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie, il debitore adempia integralmente le sue obbligazioni; b) il debitore è in arretrato da oltre 90 giorni (180 in caso di garanzia immobiliare) su un’obbligazione creditizia rilevante verso l’ente, la sua impresa madre o una delle sue filiazioni.
Sempre ai sensi dell’art. 178 tra gli elementi indicativi dell’improbabile inadempimento figurano:
a) l’inclusione del debito da parte dell’ente tra le sofferenze o gli incagli;
b) l’ente rettifica il valore del credito in relazione ad un significativo scadimento del merito del credito;
c) l’ente cede il credito subendo una perdita economica;
d) l’ente acconsente ad una ristrutturazione onerosa del debito, ivi compreso un differimento dei termini di pagamento;
e) l’ente ha presentato istanza di fallimento nei confronti del debitore o ha avviato un’iniziativa analoga, anche per quanto concerne l’impresa madre o una delle sue affiliazioni;
f) il debitore ha chiesto o è stato posto in fallimento o situazione analoga, ove ciò impedisca o ritardi il rimborso dell’obbligazione.
Le vigenti Guidelines EBA[17] ( par. 56) richiedono alle banche di precisare nelle rispettive politiche interne, con riguardo alle ipotesi ora menzionate, in particolare ai punti e) ed f), quale tipo di accordo (arrangement) è considerato come un provvedimento o tutela analoga al fallimento tenendo conto del contesto legale rilevante e delle caratteristiche tipiche di una tutela simile al fallimento, e quindi delle seguenti circostanze:
a) il sistema di tutela comprende tutti i creditori o tutti i creditori con crediti non garantiti;
(b) i termini e le condizioni del sistema di tutela sono approvati dal giudice o da altra autorità competente;
(c) i termini e le condizioni del sistema di tutela comprendono una sospensione temporanea dei pagamenti o l’estinzione parziale del debito;
(d) le misure comportano una qualche forma di controllo sulla gestione della società e delle sue attività;
(e) nel caso in cui il sistema di tutela fallisca, l’impresa sarebbe a rischio di liquidazione.
Secondo il par. 57 delle Guidelines EBA le banche dovrebbero trattare tutti i procedimenti contemplati nell’Allegato A al Regolamento UE 848/2015 in tema di insolvenza transfrontaliera come un provvedimento o una tutela analoga al fallimento. La lista delle procedure comprese nell’allegato non considera la composizione negoziata, che non è una procedura, ma comprende gli accordi di ristrutturazione, il concordato preventivo, la liquidazione giudiziale che sono possibili sbocchi della composizione.
Ancora le Guidelines EBA ai par. 49-51 prevedono, questa volta con riferimento all’ipotesi di cui alla lettera d) che la ristrutturazione onerosa debba intendersi avvenuta nei confronti di un debitore che fronteggia o è in procinto di fronteggiare difficoltà nell’onorare i propri impegni finanziari, quando peraltro ne derivi una riduzione del credito della banca di oltre l’1%.
La classificazione di un credito come default comporta che esso possa essere qualificato, secondo la vecchia indicazione di Banca d’Italia di cui alla Circolare 272/2008 in tema di vigilanza prudenziale, non aggiornata, come sofferenza, UTP, esposizione deteriorata. L’UTP implica un giudizio della banca circa l’improbabilità che il debitore adempia regolarmente senza il ricorso ad azioni quali l’escussione delle garanzie.
Occorre ricordare che in base al calendar provisioning previsto sia dalla normativa EBA (addendum) sia dal Regolamento UE 630/2019 la banca dovrebbe svalutare i crediti deteriorati entro termini prestabiliti. E’ previsto un sistema di copertura minima per gli NPL che ne impone la deduzione dal Common Equity Tier 1 (CET1) nella misura in cui non siano stati raggiunti determinati livelli di copertura minima. Per i crediti non garantiti l’abbattimento scatta dal secondo anno nella misura, secondo l’addendum, del 100%. Non sono norme vincolanti, ma danno luogo ad un “dialogo” tra la banca e la Vigilanza. Ovviamente la banca non desidera trovarsi nella condizione di avviare questo dialogo.
La valutazione diffusa tra gli operatori bancari è che l’accesso alla composizione negoziata comporti la qualificazione del credito ad inadempienza probabile. Quando le trattative sfociano nei risultati previsti dall’art. 23 CCII, anche nel caso in cui sia stipulato il contratto o l’accordo previsti dal primo comma della norma, la qualificazione dovrebbe essere come inadempienza probabile, eventualmente aggravata dalla previsione di una ristrutturazione onerosa. A maggior ragione tali conclusioni valgono in tutti i casi in cui, a seguito delle trattative, si addivenga alla presentazione di una domanda di omologazione di accordi di ristrutturazione o di altro tipo di procedura.
Occorre chiedersi se questa conclusione sia coerente con la disciplina di legge o costituisca invece un eccesso di prudenza o possa essere interpretata anche come una reazione difensiva, non sempre giustificata, nei confronti di un istituto, la composizione negoziata, che pone precisi obblighi ai creditori, ed in particolare alle banche, nella fase delle trattative e fa scattare il divieto delle clausole ipso facto e della revoca dei fidi, salvo vicende connesse appunto alla vigilanza prudenziale o all’andamento del conto.
Va in primo luogo verificato se sia ragionevole sostenere, ai sensi dell’art. 178, par. 3 del Regolamento 575/2013 che la composizione negoziata possa essere in qualche modo assimilata al fallimento, cioè ad una procedura concorsuale liquidatoria. Naturalmente l’assimilazione non va vista dal punto di vista strutturale della disciplina, ma con riguardo agli elementi di concorsualità individuati dall’EBA nelle sue Linee Guida
Come si è già detto, le Linee Guida EBA richiamano queste ipotesi, che debbono aiutare l’intermediario finanziario ad individuare le procedure e le misure che possono essere assimilate ad una procedura concorsuale:
a) il sistema di tutela comprende tutti i creditori o tutti i creditori con crediti non garantiti;
(b) i termini e le condizioni del sistema di tutela sono approvate dal giudice o da altra autorità competente;
(c) i termini e le condizioni del sistema di tutela comprendono una sospensione temporanea dei pagamenti o l’estinzione parziale del debito;
(d) le misure comportano una qualche forma di controllo sulla gestione della società e delle sue attività;
(e) nel caso in cui il sistema di tutela fallisca, l’impresa sarebbe a rischio di liquidazione.
Tuttavia le Linee Guida chiedono agli intermediari soggetti a vigilanza di specificare prima di tutto nelle loro politiche interne quali tipo di accordo o composizione deve essere trattato come un provvedimento o una tutela simile al fallimento ( what type of arrangement is treated as an order or as a protection similar to bankruptcy). Occorre quindi, a nostro avviso, che l’iniziativa assunta dal debitore incida sulle condizioni di rimborso del credito della banca, circostanza questa che non discende automaticamente dall’accesso alla composizione negoziata.
In merito va sottolineato in primo luogo che la composizione negoziata non è un sistema di tutela, ma una trattativa diretta da un esperto. Non vi è alcuna approvazione di un sistema di tutela che dipenda dal giudice. Le autorizzazioni del giudice sono previste esclusivamente per il riconoscimento della prededuzione e per la vendita dell’azienda con limitazione della responsabilità dell’acquirente. Per il resto il debitore è in bonis. Anche l’esperto non ha poteri di controllo sulla gestione. Deve essere informato del suo andamento, ma non può emanare direttive vincolanti. Occorre tener conto di queste peculiarità ed evitare di assimilare in modo meccanicistico la composizione negoziata ad altri tipi di procedimento.
Ovviamente ha grande rilevanza la scelta dell’imprenditore di richiedere la sospensione delle azioni esecutive con l’applicazione delle misure protettive, perché il regime di sospensione può incidere sulle possibilità di recupero del credito, con l’avvertenza tuttavia che all’imprenditore non è impedito, a differenza di quanto avviene nelle procedure concorsuali di ristrutturazione propriamente dette, di effettuare pagamenti.
Ha anche importanza verificare se l’imprenditore si trova in stato di crisi, vale a dire secondo la definizione contenuta nell’art. 2, lett. a) CCII in una situazione di probabilità di insolvenza, se non si adottano le opportune misure, o se è già insolvente.
Occorre a questo proposito ricordare che il presupposto della composizione negoziata, secondo la previsione dell’art. 12 CCII, è la probabilità della crisi, vale a dire la probabilità della probabilità d’insolvenza, che, secondo l’unanimità degli interpreti e la stessa Relazione governativa al D.L. n. 118/2021, rende rilevante anche una situazione di mera difficoltà, che ancora non integra gli estremi della crisi vera e propria. Se la composizione negoziata è attivata nelle condizioni previste dal legislatore, cioè ai primi segni della crisi, senza accesso alle misure protettive, non pare che la classificazione della posizione a default da parte della banca possa ritenersi giustificata. Le condizioni dell’impresa, infatti, sono ben lontane da quelle che possono giustificare la convinzione che l’imprenditore stia facendo accesso ad uno strumento di tutela analogo ad una procedura concorsuale.
La seconda questione che occorre risolvere, sempre con riferimento alle Linee Guida EBA, è se l’accesso alla composizione negoziata comporti necessariamente la previsione da parte della banca di una ristrutturazione onerosa del debito, vale a dire con una perdita sul credito superiore all’1%. La risposta dipende fondamentalmente dal tipo di piano che l’imprenditore intende proporre. Se la ristrutturazione prevista o ipotizzata interviene in una fase iniziale della crisi è ben possibile che il credito della banca non venga in alcun modo inciso dal piano. Può anzi immaginarsi che in queste condizioni la prosecuzione delle linee di credito in essere e il fisiologico ripristino della disponibilità sugli affidamenti siano una premessa fondamentale del piano di ristrutturazione, diretto al mantenimento della continuità aziendale. Le conclusioni saranno evidentemente diverse quando il piano preveda la rinegoziazione del credito della banca.
In conclusione, le preoccupazioni delle banche non sono sempre giustificate, ma un atteggiamento di prudenza è ragionevole nel caso in cui ci si accosti alla composizione negoziata in condizioni di insolvenza o comunque prevedendo di accedere alle misure protettive, come avviene oggi nel 70% dei casi, secondo i dati Unioncamere[18]. Da questo punto di vista l’imprenditore potrà evitare di chiedere misure protettive generalizzate, quando non ha interesse ad ottenere misure nei confronti della banca.