Le nuove “procedure di crisi” e le banche in vista del Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza
Sido Bonfatti, Professore di diritto fallimentare nell’Università di Modena e Reggio Emilia, già Ordinario di diritto commerciale nel medesimo ateneo
31 Maggio 2022
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Sommario:
1 . L' “allargamento” della legge fallimentare in previsione dello sbocco nel CCII
2 . Prosecuzione dei rapporti in essere ed accensione di nuovi rapporti
3 . La “Nuova Finanza” alle imprese in crisi nella legge fallimentare vigente “allargata”
4 . La natura della natura giuridica di talune “procedure di crisi”
5 . La nozione di “finanziamento” (o di “mutuo”) nella legge fallimentare “allargata”
6 . La nozione di “finanziamento” negli atti e nei contratti pendenti
Per definire le operazioni funzionali a sostenere finanziariamente i tentativi di superamento o di composizione della crisi d’impresa la legge fallimentare (anche “allargata”) utilizza per lo più il termine “finanziamento” (cfr. artt. 182-quater e 182-quinquies l. fall.; artt. 10 e 13 d. l. 24 agosto 2021, n. 118); e talora il termine “mutuo” (cfr. art. 167 l. fall.; art. 20, co. 1, lett. d), d. l. n. 118/2021). Nello stesso modo dispone il C.C.I.I. (cfr., rispettivamente, artt. 99 e 101, e artt. 94 e 100). Sorge pertanto spontanea la domanda se debbano considerarsi termini equivalenti, oppure espressivi di operazioni diverse.
Il termine “finanziamenti” è evidentemente atecnico e descrittivo. Si deve ritenere che esso ricomprenda tutte le “forme tecniche” attraverso le quali l’impresa può ricevere il sostegno finanziario alla propria attività, sia che siano rappresentate da “mutui” (a loro volta suscettibili di essere intesi in senso restrittivo ovvero estensivo, come si dirà in appresso); sia che siano rappresentate da contratti di finanziamento non riconducibili alla nozione giuridica di “mutuo” (come sarebbero le aperture di credito bancario, nelle quali – a rigore – non ricorre la “consegna… di una determinata quantità di denaro”: cfr. art. 1813 cod. civ.)[6].
Nello stesso modo, si ritiene che non vi sia ragione di escludere dal perimetro delle operazioni evocate dal termine “finanziamenti” quelli che vengono definiti “crediti di firma” (cioè prestazione di garanzie nell’interesse dell’imprenditore, ed in favore di suoi creditori o di sue controparti in genere), in contrapposizione ai cc.dd. “crediti di cassa” (rappresentati da erogazioni di somme, ovvero dall’assicurazione dell’obbligo di consentire all’impresa la prelevabilità di somme). La legge fallimentare vigente consente già di giustificare questa estensione della nozione di “finanziamenti” ai “crediti di firma”[7] (cfr. art. 182-quater, co. 1, l. fall., che si riferisce ai finanziamenti “in qualsiasi forma effettuati”): ed il C.C.I.I. conferma tale conclusione in modo inequivocabile (cfr. art. 99, co. 1, che ricomprende espressamente nella nozione di “finanziamenti in qualsiasi forma” la “richiesta di emissione di garanzie”)[8].
Per ciò che concerne il rapporto tra il termine “finanziamento” ed il termine “mutuo”, si ritiene di potere osservare quanto segue.
Tenuto conto della circostanza che, a parere di chi scrive, le disposizioni dichiarate applicabili ai “finanziamenti” riguardano le operazioni poste in essere (i) a seguito dell’apertura della procedura di “Composizione negoziata” della crisi d’impresa di cui al d.–l. n. 118/2021; ovvero (ii) in tre delle quattro fasi, nelle quali si può sviluppare una delle procedure di composizione negoziale della crisi d’impresa rappresentate dagli Accordi di Ristrutturazione e dal Concordato preventivo (la fase “ponte”; la fase “interinale”; la fase “in esecuzione” – artt. 182-quater e 182-quinquies l. fall.; art. 99 e 101 C.C.I.I. -); mentre la disposizione applicabile ai “mutui” (se escludiamo il caso particolare della disciplina del pagamento di rate pregresse del mutuo ipotecario garantito da beni strumentali all’esercizio dell’impresa: art. 20, co. 1, lett. d), d.l. n. 118/2021; art. 100, co. 2, C.C.I.I.) concerne le operazioni poste in essere nella fase “in corso” di procedura (particolarmente: nel corso del Concordato preventivo – art. 167 l. fall.; art. 94 C.C.I.I. -); ne deriva la irragionevolezza di una interpretazione che riconoscesse al termine “mutuo” un ambito di applicazione più ristretto rispetto a quello attribuibile al termine “finanziamento”.
In ragione di ciò – oltre che di concomitanti considerazioni di carattere generale – non pare ci sia ragione per ritenere il termine “mutui” come riferibile esclusivamente al contratto descritto con tale nome dal Codice civile (art. 1813 c.c.), secondo il quale il mutuo è il contratto con il quale una parte “consegna all’altra una determinata quantità di denaro… e l’altra si obbliga a restituire” altrettanto.
Tanto meno sussistono ragioni, a parere di chi scrive, per ritenere limitata l’applicabilità della norma che disciplina i “mutui” (art. 167, l. fall.; art. 94 C.C.I.I.) alle operazioni così qualificate dalla prassi bancaria, e caratterizzate dalla erogazione di una somma di denaro accompagnata dalla assunzione dell’obbligazione di restituirla mediante il pagamento di un certo numero di rate del medesimo importo.
Nello stesso modo i “finanziamenti” (e i “mutui”) possono essere ricompresi nella più ampia categoria dei contratti (di credito): onde la concessione di finanziamenti o mutui in esecuzione di un contratto concluso precedentemente all’apertura di una procedura di composizione negoziale della crisi d’impresa dovrebbe essere regolata dalla disciplina dei “contratti pendenti” prevista per quella procedura.
Per i “finanziamenti” (ed i “mutui”) non è però così: gli atti qualificabili (nei termini sopra chiariti) “finanziamenti” e “mutui” non sono sempre regolati, nell’ambito delle procedure di composizione negoziale delle crisi d’impresa, dalla disciplina degli “atti”, o dalla disciplina generale dei “contratti pendenti”, sebbene da norme speciali (art. 167 l. fall.; artt. 182-quater e 182-quinquies; artt. 10 e 13 d. l. n. 118/2021; art. 94, 99, 101 e 102 C.C.I.I.).
Tale conclusione genera conseguenze contradditorie e difficilmente spiegabili, se non con la considerazione di una tecnica legislativa che continua a peccare di approssimazione.
Per quanto concerne la disciplina degli “Accordi di Ristrutturazione” il fenomeno denunciato si produce allorché si ritenga di attribuire a tale procedura – come la giurisprudenza ormai tende a propendere, nei termini che saranno rappresentati in appresso – la natura di “procedura concorsuale”. Ove tale opinione fosse condivisa, infatti, ne deriverebbe che in termini generali i crediti derivanti da atti posti in essere “in occasione o in funzione” (art. 111, co. 2, l. fall.), ovvero “legalmente sorti per la gestione del patrimonio del debitore” (art. 6, co. 1, lett. d) C.C.I.I.) nel corso della procedura, sarebbero per ciò solo prededucibili: e ciò senza necessità di soddisfare alcuna altra condizione (potendo liberamente essere posti in essere dall’imprenditore, protagonista di un “Accordo di Ristrutturazione”, tutti gli atti funzionali alla gestione dell’impresa, tanto di ordinaria amministrazione quanto di straordinaria amministrazione, finanche rivolti alla effettuazione di pagamenti “preferenziali” – per es. in adempimento di debiti pregressi[9] -; ovvero alla costituzione di garanzie “discriminatorie” – risultando inefficaci solamente le garanzie acquisite coattivamente da terzi dopo il deposito della “istanza di sospensione” ex art. 182-bis, co. 6, l. fall., ed in ogni caso, per l’appunto, soltanto “se non concordate” -). Tuttavia quando si trattasse di crediti derivanti (non già da compravendite; non già da prestazioni di servizi; non già per il godimento o l’utilizzo di beni o di cose; bensì) dalla assunzione di “finanziamenti” (o mutui), allora la prededucibilità sarebbe subordinata alla ricorrenza dei severi presupposti di cui agli artt. 182-quater e 182-quinquies l. fall. (e 99 e 101 C.C.I.I.), primo tra i quali l’intervento di una specifica autorizzazione giudiziale (e talora anche di una necessaria “attestazione speciale” preventiva di un esperto indipendente): anche laddove – per fare due esempi – si fosse di fronte ad un atto di “amministrazione ordinaria”; ovvero ad un atto di esecuzione di un contratto di finanziamento già in corso.
Per quanto concerne la disciplina del Concordato preventivo, in primo luogo si verifica il fenomeno sopra rappresentato. Il Concordato preventivo è certamente una procedura concorsuale; i crediti sorti in funzione della procedura risulterebbero prededucibili alla sola condizione di derivare da atti posti in essere “legittimamente” (art. 111, co. 2, l. fall.; art. 6, co. 1, lett. d) C.C.I.I.): non però per quanto concerne i crediti derivanti da “finanziamenti” (o “mutui”), che devono vedere rispettate le condizioni speciali degli artt. 167, 182-quater e 182-quinquies l. fall. (e 94, 99 e 101 C.C.I.I.): in primis la presenza di una specifica autorizzazione giudiziale (e, talora, anche di una necessaria “attestazione speciale” di un esperto indipendente).
Più in generale, a proposito della disciplina del Concordato preventivo - anche prescindendo dal profilo rappresentato dai presupposti di prededucibilità dei crediti derivanti da atti posti in essere dall’imprenditore -, è noto che gli atti di ordinaria amministrazione possono essere compiuti liberamente (art. 161, co. 7, e art. 167 l. fall; art. 46 e art. 94, co. 2, C.C.I.I.); e che i “contratti pendenti” continuano a trovare esecuzione (art. 169-bis l. fall., che disciplinando i presupposti per la sospensione o lo scioglimento dei “contratti pendenti” postula che gli stessi, in mancanza di tali iniziative, proseguano; art. 97 C.C.I.I.). In presenza però di “finanziamenti” (o di “mutui”) tali principi generali non risultano applicabili. Un “finanziamento” (od un “mutuo”) – nella accezione estesa che abbiamo ritenuto di adottare – non potrebbe essere assunto o posto in essere neppure se qualificabile “atto di ordinaria amministrazione” (ad es. la anticipazione della fattura emessa periodicamente sul cliente abituale); e neppure se funzionale alla esecuzione di un “contratto pendente” (ad es. la erogazione del conguaglio del mutuo “a stato d’avanzamento lavori” in concomitanza con l’ultimazione dell’opera finanziata). In entrambi i casi occorrerebbe la autorizzazione giudiziale (art. 167 e artt. 182-quater e 182-quinquies l. fall; art. 94 e artt. 99 e 101 C.C.I.I.): e la eccezione che era prevista nel c.d. “Progetto Rordorf” in favore (inter alia) della libera assunzione (anche) di “mutui”, laddove rientranti “per natura e valore… nell’ordinaria attività d’impresa…” [10], non è stata riprodotta nel C.C.I.I. (cfr. art. 94).
Note: