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Saggio

Contratto preliminare di immobile ad uso abitativo: conflitto tra diritto alla casa e diritto di credito dalla legge fallimentare al correttivo del codice della crisi*

Bruno Inzitari, Professore di Diritto Civile nell’Università Bocconi di Milano

2 Settembre 2024

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Nell’ambito dei contratti in corso nelle procedure di crisi ed in particolare nel fallimento e nella liquidazione giudiziale, il contratto preliminare costituisce la fattispecie più problematica per diversi profili, quali quello della opponibilità dell’obbligo di concludere il contratto, dei pagamenti già effettuati prima dell’apertura della procedura, del prezzo concordato nel preliminare. Ulteriori profili problematici, segnati da esigenze sociali, si sono manifestati nei preliminari destinati all’acquisto dell’abitazione. La disciplina del tutto speciale che ne è scaturita ha avuto un percorso tormentato, segnato da radicali cambiamenti di prospettiva dalla legge fallimentare riformata al codice della crisi e da ultimo dal decreto correttivo allo stesso codice della crisi, in presenza, peraltro, di una assai significativa linea interpretativa e sistematica espressa dalle Sezioni Unite della Cassazione sulla disciplina della legge fallimentare riformata.
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1 . Breve sintesi della disciplina di riferimento
Nell’ambito della disciplina dei contratti in corso, il contratto preliminare è ancora oggi tra i più tormentati e complessi, tanto nella vigenza della legge fallimentare quanto nella rinnovata disciplina del Codice della crisi[1], che peraltro sta subendo ulteriori modifiche con il decreto correttivo varato dal Consiglio dei Ministri del 10 giugno 2024[2]. 
Il principio, secondo cui la continuazione o lo scioglimento del rapporto contrattuale pendente spetta al curatore, ha subito nel tempo deroghe e adattamenti, che hanno investito tanto il trattamento del credito del promissario acquirente (definito credito conseguente al mancato adempimento, senza che sia dovuto il risarcimento del danno, art. 72, comma 4; comma 7, L. fall. e nello stesso senso l’art. 172, comma 4, del nuovo CCII), quanto la tutela riconosciuta per i preliminari aventi per oggetto l’immobile destinato ad abitazione principale del promissario compratore oppure alla sede principale della sua attività d’impresa.
Una particolare disciplina è stata riservata al contratto preliminare di vendita immobiliare. Il D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito in L. 28 febbraio 1997, n. 30, ha infatti introdotto: i) la trascrivibilità del contratto preliminare di vendita immobiliare, inserendo l’art. 2645 bis nel Codice civile; ii) una particolare tutela del credito maturato dal promissario acquirente per gli acconti sul prezzo versati in adempimento di un contratto preliminare di vendita immobiliare trascritto.
La citata legge del 1997 ha infatti inserito un settimo comma all’art. 73, L. fall., nel quale si prevede che, nel caso in cui il curatore si sciolga dal preliminare trascritto ai sensi dell’art. 2645 bis c.c. prima del fallimento, per la parte del prezzo già corrisposta, al credito venga riconosciuto un nuovo privilegio speciale sul bene immobile oggetto del contratto preliminare, sempre che gli effetti della trascrizione non siano cessati alla data della dichiarazione di fallimento. 
Successivamente l’art. 4.6, lett. c) D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, ha sostituito il precedente comma 7 con due nuovi commi 7 e 8. Quest’ultimo comma 8 è stato quindi ulteriormente modificato dall’art. 33.1, lett. a-ter. D.L. n. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, che ha aggiunto una ulteriore tutela anche per l’immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell’attività d’impresa dell’acquirente. 
La speciale disciplina prevista dal comma 8 dell’art. 72, L. fall., per gli acquirenti di immobili destinati ad abitazione o allo svolgimento di attività d’impresa, si collega poi con quella introdotta, sempre con lo stesso D.L. n. 169/2007, all’art. 67, lett. c), che esclude dalla revocatoria le vendite e i preliminari di vendita trascritti conclusi a giusto prezzo ed aventi ad oggetto immobili ad uso non abitativo destinati ad attività d’impresa[3].
2 . Art. 72, comma 8, L. fall.: successione ex lege del curatore nel contratto preliminare
La maggiore e più rilevante novità, che costituisce una deroga di estremo rilievo nell’intero sistema della disciplina dei rapporti pendenti nel fallimento, è costituita dal fatto che, secondo la speciale disciplina di cui all’art. 72, comma 8, L. fall., la sorte del rapporto contrattuale instaurato con il preliminare è rimessa, piuttosto che al curatore, al terzo in bonis e cioè all’acquirente. 
Al curatore è preclusa infatti la facoltà di scelta del subentro o dello scioglimento. Il subentro del curatore avviene nella sostanza come atto dovuto, peraltro senza alcuna condizione. Il risultato è dunque un contratto preliminare che vincola entrambe le parti e nel quale il curatore assume il ruolo ex lege di promittente venditore. 
In relazione alla effettiva portata della modifica legislativa, che ha introdotto un siffatto dirompente principio di successione ex lege nel contratto, va rilevato che nella legge fallimentare essa è stata contenuta nei confini di una (sia pure vistosa) deroga al diritto del curatore allo scioglimento dei contratti preliminari ineseguiti, ma nulla ha previsto in relazione alla sorte dei possibili vincoli iscritti o trascritti sugli immobili oggetto del preliminare, la cui cancellazione è invece espressamente prevista per le vendite fallimentari, secondo quanto disposto dall’art. 108, comma 2, L. fall. 
Gravi problemi applicativi sono quindi sorti in relazione alla esistenza, come di frequente accade, di iscrizioni ipotecarie sull’immobile oggetto del preliminare. 
Queste sarebbero suscettibili di essere cancellate, qualora si ritenesse che l’adempimento del preliminare da parte del curatore ed il trasferimento dell’immobile al promissario acquirente possano essere ricondotti ad una vendita coattiva fallimentare. 
Al contrario, se si tiene conto della effettiva natura del trasferimento di proprietà attuato in adempimento del contratto preliminare, vale a dire sulla base di un contratto privatistico nel quale è succeduto il curatore, l’ammissibilità della purgazione ipotecaria, di cui all’art. 108, comma 2, L. fall., risulta incerta e controversa ed ha infatti suscitato significative voci critiche in dottrina, come pure ha dato luogo a diversi orientamenti nella giurisprudenza di merito. 
La purgazione delle ipoteche ai sensi dell’art. 108, comma 2, L. fall. in caso di vendita fallimentare, attuata tramite forme contrattuali, è stata ritenuta ammissibile dal Tribunale di Messina 11 aprile 2018 e dal Tribunale di Cagliari 2 gennaio 2020, mentre in senso opposto si è espresso il Tribunale di Milano 21 settembre 2017, 13 novembre 2017, 4 dicembre 2017[4]. 
In questo contesto si registra la sentenza della Cassazione 8.2.2017, n. 3310, che ha confermato la decisione del Tribunale di Verona che, in relazione ad un contratto preliminare trascritto avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo, aveva affermato, all’esito del pagamento del prezzo, la legittimità del provvedimento del giudice delegato di cancellazione delle ipoteche. 
La motivazione di questa sentenza della Cassazione e lo stesso percorso argomentativo, appaiono assai scarne, se non addirittura “apodittiche”, come non ha mancato di mettere in luce la dottrina[5]. 
Gli argomenti che vengono presi in considerazione dalla sentenza sostanzialmente consistono nella nell’affermazione dell’esattezza del principio di diritto enunciato dal Tribunale di Verona, secondo il quale il trasferimento della proprietà eseguito in adempimento del contratto preliminare di cui all’art. 72, comma 8, L. fall., andrebbe ricondotto alla vendita fallimentare, indipendentemente dal fatto che sia stato attuato in forma contrattuale oppure o in forma di esecuzione coattiva. Conseguentemente, la Cassazione è arrivata ad enunciare il seguente principio di diritto: “trova applicazione l’art. 108 secondo comma L. fall.: con la conseguente cancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione ed ammissione del creditore privilegiato al concorso con rango privilegiato sull’intero prezzo pagato. 
Nessuna considerazione si rinviene nella (peraltro scarna) motivazione in relazione alla posizione ed ai diritti del creditore ipotecario destinato a subire la cancellazione dell’ipoteca anteriore alla trascrizione del preliminare, ma si rinviene piuttosto soltanto un riferimento agli acquirenti, per affermare che questi non otterrebbero alcun vantaggio rispetto alla eventuale compravendita stipulata con il venditore in bonis dal momento che, in tal caso, avrebbero pagato il prezzo a condizione della cancellazione dell’ipoteca: in ipotesi, mediante versamento del prezzo o di parte di esso alla banca. 
Il carattere tutt’altro che appagante di questa soluzione è prontamente emersa in occasione dell’impugnazione in cassazione di una decisione del Tribunale di Monza che, aveva ritenuto di seguire l’orientamento espresso dalla citata sentenza Cass. 3310/2017, ed aveva ritenuto che la vendita attuata dal curatore nelle forme contrattuali in esecuzione del preliminare trascritto, in quanto posta in essere dal curatore, dovesse essere assimilata ad una vendita fallimentare, con conseguente cancellazione ex art. 108 L. fall. delle iscrizioni ipotecarie da parte del giudice delegato. 
La Cassazione chiamata a decidere con ordinanza 8.6.2023 n. 16166, sulla legittimità di tale decisione adottata dal giudice di merito, ha necessariamente constatato che la netta divaricazione tra due diversi orientamenti, emersi nella giurisprudenza di merito ed in dottrina, quale espressione di un conflitto tra diritto dell’esecuzione del preliminare di vendita trascritto e diritto di prelazione e sequela del creditore ipotecario (o se si preferisce diritto alla casa e diritto di credito). 
A questo non poteva che seguire con la stessa ordinanza il provvedimento al Primo Presidente, affinché valutasse se rimettere la questione alle Sezioni Unite con il seguente interrogativo: se la L. fall., art. 108 comma 2, sia applicabile anche alla vendita attuata non all’esito di una procedura competitiva pubblicizzata e svoltasi sulla base di valori di stima, ma in forma contrattuale in adempimento di un contratto preliminare in cui il curatore sia subentrato ex lege in applicazione del disposto della L. fall., art. 7, comma 8.
3 . Incompatibilità della vendita privatistica in esecuzione del contratto preliminare e vendita coattiva
Le Sezioni Unite della Cassazione si sono quindi espresse con una recentissima sentenza 19.3.2024, n. 7337 la quale, sulla base di una motivazione significativamente ampia ed approfondita, come pure sulla base di una assai attenta ricostruzione del sistema nei suoi fondamenti ed evoluzione, ha escluso l’applicabilità dell’art. 108, secondo comma, L. fall. al trasferimento attuato sulla base del contratto preliminare, nel quale è subentrato ex lege il curatore. 
Le Sezioni Unite hanno infatti ritenuto che la cancellazione delle iscrizioni dei diritti di prelazione, delle trascrizioni, dei pignoramenti e di ogni altro vincolo da parte del giudice delegato di cui all’art. 108, secondo comma, L. fall., non sono concepibili al di fuori di una procedura coattiva aperta al mercato e finalizzata al realizzo dell’intero (ed anzi del migliore) prezzo di vendita del bene acquisito all’attivo. 
La ragione risiede nella incompatibilità tra la vendita coattiva, di cui all’esecuzione forzata, regolata dall’art. 586 del Codice di procedura civile e dall’art. 107 della legge fallimentare, rispetto alla vendita privatistica effettuata dal curatore in attuazione dell’obbligo, derivante dal contratto preliminare, nel quale è succeduto ex lege
Da questo consegue l’estraneità e quindi l’inapplicabilità al trasferimento attuato dal curatore in esecuzione del preliminare, della purgazione delle iscrizioni e trascrizioni ex art. 108, secondo comma, L. fall. 
Il fondamento di tale potere di cancellazione attribuito al giudice delegato risiede infatti nella funzione liquidatoria della vendita coattiva fallimentare, al pari di quanto accade per l’esecuzione individuale con l’art. 586. c.p.c. 
Va ricordato che l’art. 105, nel testo anteriore alle modifiche apportate dalla novella del D.Lgs. n. 5, 2006, inquadrava le vendite fallimentari nell’ambito delle vendite giudiziali o come si dice forzate, che si concludono con il decreto di trasferimento del bene, mentre restavano certamente escluse le vendite effettuate a trattativa privata. 
La riforma del 2006-2007, intervenuta sugli artt. 105-107 della legge fallimentare, pur avendo comportato un ridimensionamento dei rinvii al processo esecutivo disciplinato nel Codice di procedura civile, non ha messo in discussione ed ha mantenuto il tratto caratteristico della vendita fallimentare, quale vendita esecutiva procedimentalizzata in funzione liquidatoria. Ad essa, in considerazione del carattere comunque coattivo, si accompagna l’effetto purgativo di cui all’art. 108, comma 2, attraverso il decreto di cancellazione del giudice delegato. 
Il nuovo testo dell’art. 107 L. fall., prevede tre modalità di vendita, tutte riconducibili, sia pure in alcune ipotesi con rinnovate modalità, alla vendita forzata o comunque alla vendita procedimentalizzata. 
Queste si articolano nella vendita effettuata: i) dal curatore attraverso procedure competitive; ii) dal giudice delegato secondo le disposizioni del codice di procedura civile; iii) dal curatore con il subentro nelle procedure esecutive in corso, secondo il codice di procedura civile. 
Gli orientamenti che vorrebbero estesa alla vendita effettuata dal curatore in esecuzione del preliminare trascritto, l’applicazione del decreto purgativo del giudice delegato, muovono nella sostanza da un tentativo volto ad affermare una mera similitudine, come si afferma la sentenza delle Sezioni Unite, tra la vendita effettuata dal curatore, quale successore del fallito e la vendita fallimentare forzata o comunque procedimentalizzata di cui all’art. 107, L. fall. 
L’argomento secondo cui la vendita immobiliare in esecuzione del preliminare trascritto configurerebbe una vendita concorsuale, ai fini della applicazione dell’art. 108, secondo comma, L. fall. si appoggia sull’argomento assai fragile della circostanza empirica che tale vendita viene disposta dal curatore fallimentare con l’autorizzazione del comitato dei creditori. 
È questo il ragionamento seguito nella citata sentenza della Cassazione n. 3310 del 2017, che infatti così giustifica l’applicazione della purgazione dalle iscrizioni ipotecarie comma, al trasferimento effettuato dal curatore in esecuzione del contratto preliminare, secondo una applicazione estensiva dell’art. 108 L. fall. 
In considerazione delle conseguenze di tale scelta interpretativa, la stessa sentenza, nel tentativo di bilanciare il deteriore trattamento del creditore ipotecario, avanzò una ulteriore opzione interpretativa, consistente nel riconoscimento di un diritto a favore del creditore ipotecario di ammissione al concorso con rango privilegiato sull’intero prezzo pagato, ivi compreso l’acconto eventualmente versato dal promissario acquirente. 
Si tratta di una costruzione soltanto enunciata ma priva di una adeguata giustificazione o dimostrazione. Su di essa, infatti, la stessa successiva sentenza delle Sezioni unite n. 7337/2024 si esprime in modo apertamente critico, rilevando che tale conclusione risulta assunta senza che di tale e asseritamente conseguenziale assunto sia individuabile un minimo riscontro sul piano normativo. 
4 . Inapplicabilità della purgazione di cui all’art. 108, comma 2, L. fall. alle procedure in fallimento ancora in corso
La soluzione del tema complessivamente considerato del conflitto tra il diritto all’esecuzione del preliminare di vendita trascritto, vale a dire tra le ragioni del promissario acquirente dell’immobile destinato ad uso abitativo ed il diritto di prelazione e sequela del creditore ipotecario (conflitto tra diritto alla casa e diritto di credito[6]), dovrebbe trovare soluzione in una adeguata ricostruzione del significato dell’art. 72, L. fall., così modificato per effetto dell’introduzione dell’ottavo comma. 
Come abbiamo visto, con questa norma viene esclusa la possibilità per il curatore di sciogliersi dal contratto preliminare trascritto, contrassegnato dal particolare interesse sociale ed economico, della destinazione abitativa o imprenditoriale dell’immobile. 
La deroga che è stata introdotta attiene, quindi, alla complessiva disciplina dei rapporti contrattuali pendenti ed in particolare dei contratti preliminari ineseguiti e trascritti, nei quali al curatore, sia pure sulla base di una differenziata regolamentazione, viene riconosciuto il diritto allo scioglimento del contratto. 
Nello stesso tempo l’introduzione del comma 8 dell’art. 72 L. fall., non ha comportato alcuna deroga al generale sistema precedentemente ricordato, che consente la purgazione delle iscrizioni ipotecarie e delle trascrizioni con il decreto di cancellazione del giudice delegato alle sole vendite fallimentari, intese sia come vendite forzate o, come afferma ora la Suprema Corte, procedimentalizzate nell’ambito della liquidazione dei beni acquisiti dal curatore e facenti parte della massa fallimentare. 
Il quid novi in sostanza risiede nell’aver imposto ex lege la successione del curatore, quale parte promittente venditore del contratto preliminare, che quindi è obbligato a dare esecuzione al preliminare e, in mancanza, è assoggettato al rimedio assorbente dell’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre, di cui all’art. 2932 c.c., con conseguente trasferimento giudiziale della proprietà dell’immobile, attraverso la sentenza costitutiva. 
L’immobile promesso resta in questo modo esterno rispetto alla massa attiva del fallimento. La collocazione fuori dal concorso, infatti, è avvenuta precedentemente alla dichiarazione di fallimento. Questa è avvenuta con il compimento dell’atto dispositivo del debitore allora in bonis poi fallito per effetto della stipulazione di un contratto preliminare. La ragione di tale disciplina risiede nello speciale contenuto e caratteristiche previste per l’immobile oggetto del preliminare dall’art. 72, ottavo comma. Tale immobile non è suscettibile di essere acquisito dal curatore, se non con l’azione revocatoria la cui portata, proprio in ragione ed in corrispondenza con la speciale tutela accordata al promissario acquirente, è stata circoscritta secondo quanto disposto dall’art. 67, comma 2, lett. c), dalle esenzioni dalla revocatoria per le vendite ed i preliminari di vendita conclusi a giusto prezzo. 
La deroga introdotta quindi con il comma 8 dell’art. 72 L. fall., non riguarda la disciplina del contratto preliminare, né tantomeno la disciplina delle vendite fallimentari o della purgazione delle iscrizioni e trascrizioni secondo i principi del processo esecutivo e dell’art. 108, L. fall. La deroga investe piuttosto il diritto del curatore allo scioglimento del contratto pendente ed in particolare del contratto preliminare, con l’effetto della successione ex lege del curatore nel contratto. 
La successiva vendita che il curatore viene ad effettuare a favore del promissario acquirente in adempimento del contratto preliminare o anche l’eventuale trasferimento giudiziale della proprietà dell’immobile, con sentenza costitutiva ex art. 2382 c.c., rientrano e sono espressione della disciplina di diritto comune delle obbligazioni e dei contratti, senza alterazioni o correzioni della disciplina o dei principi di diritto fallimentare o delle esecuzioni. 
Del tutto forzati sono dunque i tentativi di parificare alla vendita fallimentare, il trasferimento dell’immobile attuato dal curatore in adempimento del contratto preliminare, del quale il curatore è divenuto parte ex lege. 
La vendita effettuata dal curatore in adempimento del preliminare trascritto non può avere la natura di vendita coattiva, come pure non svolge la funzione di liquidazione dell’attivo, in quanto l’immobile oggetto del trasferimento, per effetto del contratto preliminare trascritto ed opponibile ai creditori, non è compreso tra i beni oggetto della liquidazione fallimentare. 
Dalla circostanza che con la vendita effettuata in esecuzione del preliminare il curatore trasferisce l’immobile, non può farsi derivare, sulla base di una deduzione di meccanica similitudine[7], la natura di vendita coattiva fallimentare. 
Quest’ultima, infatti, svolge una funzione liquidatoria, che il curatore e gli organi fallimentari attuano secondo le norme procedimentali previste per la liquidazione coattiva dei beni facenti parte dell’attivo. 
L’effetto purgativo previsto dall’art. 108 L. fall. può accompagnare solo gli atti di trasferimento, che realizzano l’obiettivo della liquidazione nell’interesse dei creditori, coattivamente, vale a dire, attraverso determinazione sia del soggetto destinatario del trasferimento, sia del prezzo, secondo criteri di mercato e competitivi. 
L’applicazione dell’art. 108, comma 2, L. fall. anche alla vendita effettuata in esecuzione del preliminare, verrebbe inoltre a travolgere il diritto di sequela riconosciuto dall’art. 2808 c.c. al creditore ipotecario, e contrasterebbe con la disciplina sulla cancellazione delle ipoteche prevista dagli artt. 2878 e 2882 c.c. 
L’inapplicabilità della purgazione delle iscrizioni e trascrizioni attraverso il decreto del giudice delegato di cui dell’art. 108, comma 2, L. fall. al trasferimento conseguente al contratto definitivo, che fosse sottoscritto dal curatore, è pienamente confermata dal fatto che neanche con l’esecuzione in forma specifica del preliminare ex art. 2932 c.c., l’acquirente potrebbe ottenere la purgazione delle iscrizioni e trascrizioni gravanti sull’immobile. Infatti, la sentenza costitutiva trasferisce il diritto di proprietà ma certamente o non cancella le iscrizioni e le trascrizioni che dovessero gravare il bene, in quanto questioni estranee, al di fuori della competenza del giudice del procedimento di esecuzione in forma specifica del preliminare. 
In ogni caso va considerato che, se in esecuzione del preliminare, l’immobile fosse trasferito senza la liberazione dalle iscrizioni e trascrizioni, l’acquirente potrebbe far valere contro il promittente venditore (e quindi contro il fallimento essendo il curatore succeduto ex lege nel contratto) l’inadempimento all’obbligo assunto con il preliminare di trasferire l’immobile libero da tali pesi. 
La mancata liberazione dalle ipoteche e da altri eventuali vincoli sull’immobile, verrebbe a configurare un inadempimento nell’esecuzione del preliminare, in quanto la mancata cancellazione delle ipoteche, se prevista nel contratto preliminare, costituisce un inadempimento del venditore e legittima l’acquirente a far valere i diritti e le azioni conseguenti e prima di tutto quelle previste agli artt. 1482 c.c. cosa gravata da garanzie reali o da altri vincoli, 1483 c.c. evizione totale della cosa, 1484 c.c. evizione parziale del codice civile. 
In conclusione, sulla base delle considerazioni svolte e dell’orientamento espresso dalla recente sentenza delle Sezioni unite della Cassazione, n. 7337/2024, la purgazione delle iscrizioni ipotecarie e delle trascrizioni, di cui all’art. 108, comma 2, c.c. non risulta applicabile all’eventuale trasferimento che fosse attuato dal curatore in esecuzione del contratto preliminare, nel quale il curatore può essere succeduto ex lege sulla base di quanto disposto dall’art. 72, comma 8, c.c. Conseguentemente, il trasferimento effettuato dal curatore in esecuzione del preliminare nei confini della attuale vigenza (transitoria) della legge fallimentare non può dar luogo alla cancellazione delle iscrizioni e le trascrizioni antecedenti alla trascrizione del preliminare non possano essere cancellati e continuano a gravare sull’immobile, restando aperte la possibilità per l’acquirente di far valere le già accennate azioni ex artt. 1482, 1483, 1484 c.c. 
Questa disciplina, sulla base dei criteri di cui all’art. 360, comma 2, CCII, è ancora vigente per le procedure fallimentari in corso in una prevedibile non breve fase transitoria. Essa da ultimo, come si è visto, si è arricchita con i principi della già citata sentenza delle Sezioni Unite 9.3.2024, n. 7337, che con ampia e convincente motivazione ha ricondotto la tutela del promissario acquirente del creditore ipotecario ai generali e certamente non derogabili (se non con una espressa previsione di legge), principi di diritto comune, correggendo le criticità della precedente sentenza Cass., 8 febbraio 2017, n. 3310. 
5 . La disciplina del Codice della Crisi
Alla “stabilizzazione” della giurisprudenza della Cassazione ha fatto seguito un ulteriore ennesimo intervento del legislatore, che con il Codice della Crisi ha cercato di coniugare la tutela del promissario acquirente con quella del creditore ipotecario. 
Va considerato che il succedere e spesso l’alternarsi in breve tempo di diversificate discipline non consente, la stabilizzazione dei principi affermati dalle Sezioni Unite nella recente sentenza 7337/2024, in quanto con il Codice della Crisi sono sopravvenute ulteriori modifiche, che peraltro non sono apparse convincenti allo stesso legislatore, che a breve distanza dall’entrata in vigore del Codice le ha sottoposte ad ulteriori significative modifiche con il decreto correttivo varato dal Consiglio dei Ministri il 10 giugno 2024. 
Ma partiamo dal Codice della Crisi, che all’art. 173, con riferimento al preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’art. 2645 bis c.c., avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale o la sede principale della attività d’impresa, ha confermato il principio già introdotto nella legge fallimentare dell’esclusione della facoltà di scelta allo scioglimento e vincolando piuttosto il curatore al subentro nel contratto e nello stesso tempo ha condizionato e limitato sotto vari profili i diritti del promissario acquirente. 
Nel Codice della Crisi nel testo entrato in vigore nel 2022, l’art. 173, comma 3, prevedeva che il subentro del curatore nel contratto, potesse avvenire a condizione che il promissario acquirente facesse valere piuttosto che la consueta domanda giudiziale davanti al giudice ordinario, una domanda secondo le modalità della procedura di accertamento del passivo e nel rispetto dei termini per essa previsti: l’esecuzione nel termine e secondo le modalità stabilite per la presentazione delle domande di accertamento dei diritti dei terzi sui beni compresi nella procedura. 
In questo modo si verifica una metamorfosi del diritto all’adempimento della obbligazione alla conclusione del contratto definitivo, che da pretesa contrattuale alla prestazione dovuta volta alla stipula del contratto definitivo, viene mutato e ridotto in un diritto volto al trasferimento del bene oggetto del preliminare, che il promissario acquirente può far valere secondo le modalità di accertamento nel concorso con gli altri creditori concorrenti e nel procedimento di accertamento del passivo. 
La trasformazione è stata netta e significativa: l’originario diritto ad una prestazione contrattuale consistente nel facere della prestazione del consenso, diviene nella procedura di accertamento del passivo una sorta di rivendica della proprietà di un bene. Da questo deriva che tale pretesa potrà essere fatta valere esclusivamente nell’ambito della formazione dello stato passivo, dovrà essere decisa dal giudice delegato, con provvedimento di natura costitutiva del diritto di proprietà a favore del promissario acquirente, rispetto al quale il curatore pur succeduto nel contratto non sembra essere tenuto alla conclusione del contratto definitivo, in quanto il trasferimento del bene potrebbe avvenire attraverso sentenza costitutiva di accoglimento della domanda da parte del giudice delegato. 
Una volta assimilata la domanda ex 2932 c.c., alla domanda di ammissione al passivo, si potrebbe arrivare a ritenere che il termine finale sia quello delle domande super tardive, con la conseguenza che le sorti dell’immobile resterebbero pregiudizievolmente incerte per tutta la durata della procedura. 
Questa conclusione potrebbe essere evitata se si interpretasse la locuzione il promissario acquirente ne chieda l’esecuzione nel termine e secondo le modalità stabilite, nel senso che sarebbe richiesto al promissario acquirente di presentare tempestivamente la domanda di esecuzione in forma specifica del preliminare, con esclusione della possibilità di far valere altre forme di insinuazione in tempi successivi al “termine” per le domande tempestive. 
Il successivo comma 4 dell’art. 173 CCII regola il subentro del curatore nel contratto preliminare. In relazione all’immobile oggetto del preliminare viene stabilito che esso deve essere trasferito e consegnato nello stato di fatto in cui si trova, intendendo in questo modo probabilmente escludere responsabilità e doveri del curatore in relazione al non completamento di lavori promessi nel preliminare, o a modificazioni o deterioramenti nel frattempo intervenuti, che eventualmente il promissario acquirente potrebbe far valere al passivo quale credito risarcitorio di natura chirografaria. 
Ma in modo del tutto inaspettato. che non ha precedenti nella disciplina dei contratti, compresa quella dei rapporti in corso nelle procedure concorsuali, il carattere vincolante dell’originaria obbligazione del pagamento del prezzo viene incisivamente rivisitato, dando spazio alla possibilità, tutt’altro che remota di una profonda rideterminazione dello stesso prezzo originariamente fissato dalle parti nel preliminare. 
L’aspetto più problematico che è stato avvertito dal legislatore, risiede negli acconti che i promissari acquirenti solitamente corrispondono nel tempo anche in misura rilevante o tale da arrivare ad anticipare l’intero prezzo ma che spesso non risultano agevolmente controllabili nella loro effettiva correttezza ed opponibilità alla massa. 
Il legislatore del Codice della Crisi ha quindi avvertito l’esigenza di limitarne la portata attraverso un criterio dobbiamo dire “meccanico” meramente “equitativo”, stabilendo la riduzione alla metà della loro “portata”, vale a dire opponibilità. nel concorso dei creditori. 
A questo risultato la norma in parola giunge attraverso la limitazione dell’opponibilità alla massa nella misura della metà di ogni pagamento che il promissario acquirente dimostra di avere effettuato. Conseguentemente il promissario acquirente potrà imputare al pagamento del prezzo soltanto la metà degli acconti versati, restando obbligato ad integrare con una nuova provvista la parte non opponibile alla massa. 
Tale inopponibilità realizza una forma di inefficacia relativa soltanto nei confronti della massa e conseguentemente se il contratto preliminare fosse fatto valere nei confronti dell’originario promittente venditore perché ad esempio la procedura fosse revocata e si verificasse il ritorno in bonis di quest’ultimo, gli acconti versati potrebbero essere fatti valere integralmente nella misura corrispondente ad ogni versamento effettuato. 
Alla limitazione appena vista dei diritti del promissario, una volta eseguita la vendita e riscosso integralmente il prezzo, fa seguito nell’ultima parte del comma 4 della norma in parola, la previsione dell’applicazione dei principi di cui all’art. 108 L. fall. ed ora art. 217 CCII della purgazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione e delle trascrizioni dei pignoramenti e dei sequestri e di ogni altro vincolo da parte del giudice delegato 
Viene in questo modo estesa alla vendita effettuata in esecuzione di un contratto preliminare la speciale disciplina della vendita coattiva concorsuale, mentre, come abbiamo visto, in senso ben diverso si era espressa la cassazione nella sentenza delle sezioni unite di poco anteriore. 
L’estensione dell’effetto purgativo al trasferimento in esecuzione del preliminare comporta una rilevante e vistosa deroga ai principi che regolano il diritto del creditore ipotecario ed in particolare al diritto di sequela riconosciuto dall’art. 2808 c.c. ed alla disciplina sulla cancellazione delle ipoteche prevista dagli artt. 2878 e 2882 c.c. 
Come si è già visto, dalla sola circostanza che la vendita viene effettuata dal curatore, sulla base di una meccanica similitudine[8], non sembra possa essere dedotta la natura di vendita coattiva fallimentare. 
La purgazione dai vincoli di cui all’art. 108 L. fall. ed ora 217 CCII, in realtà si accompagna ai trasferimenti che realizzano l’obiettivo della liquidazione nell’interesse dei creditori, attraverso determinazione sia del soggetto destinatario del trasferimento, sia del prezzo, secondo criteri di mercato[9].
6 . Le sopravvenute modifiche del correttivo per mitigare il conflitto tra il diritto alla casa e il diritto di credito
Da ultimo questa assai tormentata disciplina, è stata ulteriormente rivista dal decreto correttivo varato dal Consiglio dei Ministri il 10 giugno 2024. 
È stata confermata l’estensione al trasferimento, effettuata in adempimento del preliminare, della purgazione dei vincoli da parte del giudice delegato una volta riscosso integralmente il prezzo di vendita. A questo riguardo sembra che, per ragioni di protezione sociale, al fine di consentire una maggiore tutela all’acquirente della prima casa, il legislatore per ragioni di protezione sociale, ha sacrificato gli interessi del creditore ipotecario, facendo prevalere l’interesse, potremmo dire del “diritto alla casa” sulle “ragioni del credito”. 
Nello stesso tempo, anche al fine di bilanciare la descritta deroga ai diritti del creditore ipotecario, è stato introdotto nell’articolo 173 un nuovo comma 3 bis, nel quale viene riconosciuto al creditore ipotecario il diritto di contestare, con l’impugnazione di cui all’art. 206, comma 3, la congruità del prezzo pattuito nel preliminare che, se accertata, comporta lo scioglimento del contratto. 
Si tratta di una nuova azione che, si può dire, partecipa della natura della revocatoria. Al creditore ipotecario impugnante spetta dimostrare che il prezzo fissato nel preliminare al momento della stipulazione del contratto non era congruo, perché il valore di mercato del bene era superiore a quello pattuito di almeno un quarto. 
L’efficacia del contratto, infatti, viene meno con conseguente scioglimento dello stesso se le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quarto ciò che è stato dato o promesso, secondo quanto è previsto nella revocatoria fallimentare ora della liquidazione giudiziale. 
Al promissario acquirente viene concessa la possibilità di evitare lo scioglimento se questi provveda tempestivamente al pagamento della differenza tra il prezzo pattuito e quello accertato come di mercato, ma anche questa prestazione ha un regime del tutto speciale perché è previsto che tale pagamento debba imperativamente avvenire prima che il collegio provveda sull’impugnazione proposta dal creditore ipotecario ai sensi dell’art. 207, comma 3. 
Queste nuove previsioni sono finalizzate a realizzare la tutela del creditore ipotecario ed anche della massa dei creditori sotto il profilo della congruità del prezzo e della corrispondenza ai valori di mercato, al fine di consentire al creditore ipotecario di ottenere una soddisfazione in una misura che si vorrebbe non fosse lontana da quelli che potrebbero essere valori di stima, pur in mancanza di vendita coattiva. 
La modifica ha investito anche la disciplina degli acconti versati dal promissario acquirente rispetto ai quali la soluzione della opponibilità per la sola metà di quanto pagato, che abbiamo visto nel testo originario dell’art. 173, comma 4, è stata ritenuta inappagante. 
L’opponibilità è stata ripristinata per l’intero ma, nello stesso tempo, è stato introdotto l’onere por il promissario acquirente di dimostrare che i pagamenti siano avvenuti con mezzi tracciabili. 
Il risultato è dunque di una tutela diremmo completa per il promissario acquirente della prima casa a condizione che sia stata corretta la negoziazione in relazione alla determinazione del prezzo ed alle modalità di pagamento degli eventuali acconti nel rispetto della effettiva trasparenza e correttezza dei trasferimenti di danaro. 
Il creditore ipotecario è tutelato sotto il profilo della corrispondenza tra il ricavato della vendita effettuato dal curatore in esecuzione del preliminare con i valori di mercato del bene, almeno con riferimento al momento della stipula del preliminare mentre sopporta il rischio della erosione del ricavato in presenza di acconti ad esso opponibili, se disposti con pagamenti avvenuti in forma trasparente e corretta perché tracciabili
Con questa espressione viene richiamata la disciplina sull’obbligo di pagamenti tracciabili per le transazioni immobiliari alla quale è collegata la relativa disciplina fiscale. 
Nella sostanza, la rilevanza degli eventuali acconti rilasciati dal promissario acquirente è, strettamente condizionata alla correttezza della negoziazione posta in essere prima dell’apertura della liquidazione giudiziale con la sottoscrizione del contratto preliminare. La correttezza della negoziazione deve risultare sotto il profilo della trasparenza e dell’adempimento degli oneri fiscali, che alla stessa sono connessi. 
Per la prima volta in modo efficace e condivisibile, viene stabilito il principio della inesigibilità del credito sorto in violazione degli obblighi tributari. 
La mancata osservanza di questi obblighi, che sono sostanzialmente di natura fiscale, comporta infatti un effetto assai rilevante sul piano concorsuale, perché rende inopponibili gli acconti versati alla massa dei creditori e tra questi al creditore ipotecario.

Note:

[1] 
Questo, particolarmente nel nuovo testo dell’art. 173, comma 3 e 4.
[2] 
Considerato che la disciplina dei contratti in corso della legge fallimentare, in virtù della norma transitoria di cui all’art. 390, comma, 2, CCII, continua ad avere applicazione alle procedure di fallimento pendenti, particolarmente per alcune fattispecie, la cui disciplina risulta ancor più tormentata, è necessario tenere conto delle diverse discipline che nel tempo si sono alternate nella legge fallimentare, nel codice della crisi e nel “correttivo”.
[3] 
Sulla rinnovata disciplina dei preliminari vedi A. Luminoso, I contratti preliminari: dalla legge fallimentare al Codice della crisi d’impresa, in Contratto e impresa, 3/2020, pag. 1060, R. Brogi, I rapporti pendenti nella liquidazione giudiziale, in Fall., 10/2019, 1183.
[4] 
Preciso che non ho potuto consultare tali sentenze di difficile rinvenimento, ma esse sono diffusamente citate nella ordinanza della Cassazione 8.6.2023 n. 16166 di rimessione al Primo Presidente sulla applicabilità dell’art. 108 L. fall., alle fattispecie in esame, della quale verrà dato conto successivamente.
[5] 
Cfr. G. Bozza, L’accertamento del passivo nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Fall., 2019, 1211.
[6] 
Così l’ordinanza della Cassazione n. 16166/2023.
[7] 
L’espressione è della Cassazione Sez. Unite 7337/2024.
[8] 
L’espressione è della Cassazione Sez. Unite 7337/2024.
[9] 
A ciò si aggiunge che l’immobile oggetto del preliminare è esterno rispetto alla massa attiva della procedura concorsuale, perché con l’atto dispositivo avvenuto con il preliminare esso è stato collocato fuori dal concorso ed il curatore, nel momento in cui adempie all’’obbligo di concludere il contratto, agisce quale successore nel rapporto contrattuale dell’originario promittente venditore poi sottoposto a fallimento o liquidazione giudiziale.

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