La soluzione del tema complessivamente considerato del conflitto tra il diritto all’esecuzione del preliminare di vendita trascritto, vale a dire tra le ragioni del promissario acquirente dell’immobile destinato ad uso abitativo ed il diritto di prelazione e sequela del creditore ipotecario (conflitto tra diritto alla casa e diritto di credito[6]), dovrebbe trovare soluzione in una adeguata ricostruzione del significato dell’art. 72, L. fall., così modificato per effetto dell’introduzione dell’ottavo comma.
Come abbiamo visto, con questa norma viene esclusa la possibilità per il curatore di sciogliersi dal contratto preliminare trascritto, contrassegnato dal particolare interesse sociale ed economico, della destinazione abitativa o imprenditoriale dell’immobile.
La deroga che è stata introdotta attiene, quindi, alla complessiva disciplina dei rapporti contrattuali pendenti ed in particolare dei contratti preliminari ineseguiti e trascritti, nei quali al curatore, sia pure sulla base di una differenziata regolamentazione, viene riconosciuto il diritto allo scioglimento del contratto.
Nello stesso tempo l’introduzione del comma 8 dell’art. 72 L. fall., non ha comportato alcuna deroga al generale sistema precedentemente ricordato, che consente la purgazione delle iscrizioni ipotecarie e delle trascrizioni con il decreto di cancellazione del giudice delegato alle sole vendite fallimentari, intese sia come vendite forzate o, come afferma ora la Suprema Corte, procedimentalizzate nell’ambito della liquidazione dei beni acquisiti dal curatore e facenti parte della massa fallimentare.
Il quid novi in sostanza risiede nell’aver imposto ex lege la successione del curatore, quale parte promittente venditore del contratto preliminare, che quindi è obbligato a dare esecuzione al preliminare e, in mancanza, è assoggettato al rimedio assorbente dell’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre, di cui all’art. 2932 c.c., con conseguente trasferimento giudiziale della proprietà dell’immobile, attraverso la sentenza costitutiva.
L’immobile promesso resta in questo modo esterno rispetto alla massa attiva del fallimento. La collocazione fuori dal concorso, infatti, è avvenuta precedentemente alla dichiarazione di fallimento. Questa è avvenuta con il compimento dell’atto dispositivo del debitore allora in bonis poi fallito per effetto della stipulazione di un contratto preliminare. La ragione di tale disciplina risiede nello speciale contenuto e caratteristiche previste per l’immobile oggetto del preliminare dall’art. 72, ottavo comma. Tale immobile non è suscettibile di essere acquisito dal curatore, se non con l’azione revocatoria la cui portata, proprio in ragione ed in corrispondenza con la speciale tutela accordata al promissario acquirente, è stata circoscritta secondo quanto disposto dall’art. 67, comma 2, lett. c), dalle esenzioni dalla revocatoria per le vendite ed i preliminari di vendita conclusi a giusto prezzo.
La deroga introdotta quindi con il comma 8 dell’art. 72 L. fall., non riguarda la disciplina del contratto preliminare, né tantomeno la disciplina delle vendite fallimentari o della purgazione delle iscrizioni e trascrizioni secondo i principi del processo esecutivo e dell’art. 108, L. fall. La deroga investe piuttosto il diritto del curatore allo scioglimento del contratto pendente ed in particolare del contratto preliminare, con l’effetto della successione ex lege del curatore nel contratto.
La successiva vendita che il curatore viene ad effettuare a favore del promissario acquirente in adempimento del contratto preliminare o anche l’eventuale trasferimento giudiziale della proprietà dell’immobile, con sentenza costitutiva ex art. 2382 c.c., rientrano e sono espressione della disciplina di diritto comune delle obbligazioni e dei contratti, senza alterazioni o correzioni della disciplina o dei principi di diritto fallimentare o delle esecuzioni.
Del tutto forzati sono dunque i tentativi di parificare alla vendita fallimentare, il trasferimento dell’immobile attuato dal curatore in adempimento del contratto preliminare, del quale il curatore è divenuto parte ex lege.
La vendita effettuata dal curatore in adempimento del preliminare trascritto non può avere la natura di vendita coattiva, come pure non svolge la funzione di liquidazione dell’attivo, in quanto l’immobile oggetto del trasferimento, per effetto del contratto preliminare trascritto ed opponibile ai creditori, non è compreso tra i beni oggetto della liquidazione fallimentare.
Dalla circostanza che con la vendita effettuata in esecuzione del preliminare il curatore trasferisce l’immobile, non può farsi derivare, sulla base di una deduzione di meccanica similitudine[7], la natura di vendita coattiva fallimentare.
Quest’ultima, infatti, svolge una funzione liquidatoria, che il curatore e gli organi fallimentari attuano secondo le norme procedimentali previste per la liquidazione coattiva dei beni facenti parte dell’attivo.
L’effetto purgativo previsto dall’art. 108 L. fall. può accompagnare solo gli atti di trasferimento, che realizzano l’obiettivo della liquidazione nell’interesse dei creditori, coattivamente, vale a dire, attraverso determinazione sia del soggetto destinatario del trasferimento, sia del prezzo, secondo criteri di mercato e competitivi.
L’applicazione dell’art. 108, comma 2, L. fall. anche alla vendita effettuata in esecuzione del preliminare, verrebbe inoltre a travolgere il diritto di sequela riconosciuto dall’art. 2808 c.c. al creditore ipotecario, e contrasterebbe con la disciplina sulla cancellazione delle ipoteche prevista dagli artt. 2878 e 2882 c.c.
L’inapplicabilità della purgazione delle iscrizioni e trascrizioni attraverso il decreto del giudice delegato di cui dell’art. 108, comma 2, L. fall. al trasferimento conseguente al contratto definitivo, che fosse sottoscritto dal curatore, è pienamente confermata dal fatto che neanche con l’esecuzione in forma specifica del preliminare ex art. 2932 c.c., l’acquirente potrebbe ottenere la purgazione delle iscrizioni e trascrizioni gravanti sull’immobile. Infatti, la sentenza costitutiva trasferisce il diritto di proprietà ma certamente o non cancella le iscrizioni e le trascrizioni che dovessero gravare il bene, in quanto questioni estranee, al di fuori della competenza del giudice del procedimento di esecuzione in forma specifica del preliminare.
In ogni caso va considerato che, se in esecuzione del preliminare, l’immobile fosse trasferito senza la liberazione dalle iscrizioni e trascrizioni, l’acquirente potrebbe far valere contro il promittente venditore (e quindi contro il fallimento essendo il curatore succeduto ex lege nel contratto) l’inadempimento all’obbligo assunto con il preliminare di trasferire l’immobile libero da tali pesi.
La mancata liberazione dalle ipoteche e da altri eventuali vincoli sull’immobile, verrebbe a configurare un inadempimento nell’esecuzione del preliminare, in quanto la mancata cancellazione delle ipoteche, se prevista nel contratto preliminare, costituisce un inadempimento del venditore e legittima l’acquirente a far valere i diritti e le azioni conseguenti e prima di tutto quelle previste agli artt. 1482 c.c. cosa gravata da garanzie reali o da altri vincoli, 1483 c.c. evizione totale della cosa, 1484 c.c. evizione parziale del codice civile.
In conclusione, sulla base delle considerazioni svolte e dell’orientamento espresso dalla recente sentenza delle Sezioni unite della Cassazione, n. 7337/2024, la purgazione delle iscrizioni ipotecarie e delle trascrizioni, di cui all’art. 108, comma 2, c.c. non risulta applicabile all’eventuale trasferimento che fosse attuato dal curatore in esecuzione del contratto preliminare, nel quale il curatore può essere succeduto ex lege sulla base di quanto disposto dall’art. 72, comma 8, c.c. Conseguentemente, il trasferimento effettuato dal curatore in esecuzione del preliminare nei confini della attuale vigenza (transitoria) della legge fallimentare non può dar luogo alla cancellazione delle iscrizioni e le trascrizioni antecedenti alla trascrizione del preliminare non possano essere cancellati e continuano a gravare sull’immobile, restando aperte la possibilità per l’acquirente di far valere le già accennate azioni ex artt. 1482, 1483, 1484 c.c.
Questa disciplina, sulla base dei criteri di cui all’art. 360, comma 2, CCII, è ancora vigente per le procedure fallimentari in corso in una prevedibile non breve fase transitoria. Essa da ultimo, come si è visto, si è arricchita con i principi della già citata sentenza delle Sezioni Unite 9.3.2024, n. 7337, che con ampia e convincente motivazione ha ricondotto la tutela del promissario acquirente del creditore ipotecario ai generali e certamente non derogabili (se non con una espressa previsione di legge), principi di diritto comune, correggendo le criticità della precedente sentenza Cass., 8 febbraio 2017, n. 3310.