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Saggio

Commento a prima lettura del decreto legislativo 17 giugno 2022 n. 83 pubblicato in G.U. il 1 luglio 2022*

Vittorio Zanichelli, già Consigliere della Corte di Cassazione

1 Luglio 2022

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
L'autore fornisce una panoramica ragionata e organica delle più salienti novità introdotte nel Codice della crisi dal decreto di recepimento della Direttiva Insolvency a due settimane dall'entrata in vigore della nuova disciplina della crisi e dell'insolvenza .

Preceduto da un ampio dibattito in articoli di dottrina e convegni sulla base di un progetto approvato dal Consiglio dei Ministri è stato pubblicato il decreto legislativo 17 giugno 2022 n. 83 di recepimento della direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza).
Con detto intervento (in seguito anche: decreto di recepimento) si opera una modifica del Codice della crisi e dell’insolvenza che quindi entrerà in vigore nella rinnovata formulazione.
Rispetto al progetto approvato dal Consiglio dei ministri (in seguito: progetto di decreto), la formulazione definitiva, che tiene conto dei pareri delle Camere e del Consiglio di Stato, presenta qualche modifica anche non secondaria.
L’intervento si incentra soprattutto su due principali temi: la sollecitazione e l’ausilio all’imprenditore affinché prenda tempestivamente coscienza del rischio di deterioramento della situazione dell’impresa adottando le misure opportune anche con l’intervento di un soggetto terzo con il compito di favorire una soluzione che trovi possibilmente il consenso dei creditori; la revisione della disciplina del concordato in continuità aziendale con la finalità di rendere maggiormente efficiente la procedura.
Prima di approfondire detti temi, è opportuno dar conto sinteticamente delle altre novità introdotte con il decreto legislativo in discorso, segnalando le differenze rispetto alla bozza in precedenza circolata.
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Le definizioni
Vengono modificate le definizioni contenute nell’art. 2 del Codice, a partire da quella della crisi che vede ampliato a dodici mesi (in luogo di sei) il periodo entro il quale deve sussistere la prospettiva di un’adeguata copertura delle obbligazioni con i flussi di cassa prospettici.
Viene modificata la lettera h) per ospitare la definizione di gruppo di imprese riprendendola da quella contenuta nel D.L. n. 118/2021.
Scompare l’ostica locuzione “quadri di ristrutturazione preventiva” contenuta nella bozza approvata dal Consiglio di Ministri, in quanto non idonea a ricomprendere le procedure a carattere liquidatorio e viene introdotta con la lettera “m-bis”, quella di “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza” che comprende “le misure, gli accordi e le procedure volti al risanamento dell’impresa” e che marca l’estraneità alle stesse della composizione negoziata richiamata solo come possibile antecedente.
Con la lettera “o-bis” viene introdotta la definizione dell’esperto nominato per la conduzione delle trattative, qualificandolo come “terzo e indipendente” per segnarne la differenza con altre figure esistenti quale quella dell’attestatore, forse sottovalutando la contestuale dequalificazione di queste ultime sotto il profilo della credibilità, stante l’implicito presupposto che la nomina da parte di soggetto diverso dal giudice ne mini l’indipendenza.
Viene modificata, infine, la lettera “p” per ricomprendere nella definizione di misure protettive anche quelle concesse in corso di composizione negoziata.
 
I doveri dei soggetti interessati alla ristrutturazione
L’art. 3, che nel Codice era rubricato “Doveri del debitore”, viene riscritto anche nella rubrica (ora “Adeguatezza degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi di impresa”) non solo quasi a temperare la funzione di richiamo alla responsabilità dell’imprenditore, ma soprattutto per fornire a quest’ultimo una serie di elementi di valutazione al fine, come segnala la relazione illustrativa, di fornirgli le indicazioni utili e necessarie per cogliere tempestivamente i primi segnali di difficoltà, anche prima che evolvano in vera e propria crisi.
Anche l’art. 4 sui doveri delle parti viene integrato prevedendo per imprenditore con oltre 15 dipendenti quello di tempestiva consultazione dei sindacati e ricomprendendo (rispetto al progetto di decreto) anche la composizione negoziata tra le occasioni in cui rileva l’obbligo di comportarsi secondo buona fede.
Il rinnovato art. 5 definisce gli obblighi di correttezza e trasparenza in tema di nomine e, rispetto al progetto di decreto, prevede che il segretario della camera di commercio trasmetta l’elenco delle nomine ai soggetti che designano i membri della commissione cui le stesse competono.
L’art. 5 bis vuole contribuire ad una maggiore consapevolezza da parte degli imprenditori circa le possibilità offerte dall’ordinamento in casi di pericolo di crisi, disponendo la pubblicazione sui siti istituzionali del Ministero della giustizia e del Ministero dello sviluppo economico di informazioni circa agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e di una lista di controllo particolareggiata utile alle piccole e media imprese ai fini della valutazione del rischio di crisi.
 
La composizione negoziata
Rinviando al prosieguo l’esame delle disposizioni che modificano norme sul procedimento unitario per adattarlo anche in funzione del diverso assetto di alcune procedure, si deve ora dar conto dell’inserimento nel Codice della disciplina della composizione negoziata.
La composizione negoziata, unitamente alle disposizioni in tema di piattaforma nazionale, concordato semplificato e segnalazioni per la anticipata emersione della crisi, trova la sua collocazione nel titolo II della parte prima in luogo della disciplina dell’allerta; si è ovviato alla insufficienza della numerazione disponibile con l’attribuzione degli avverbi numerali, operazione non consueta in un testo di nuova formulazione né elegante ma inevitabile in considerazione dell’indilazionabilità dell’entrata in vigore di un corpus normativo che sia già in linea con la citata Direttiva.
La disciplina innestata nel Codice non si discosta in modo rilevante da quella già introdotta nell’ordinamento nazionale con il citato D.L. n. 118/2021 per cui è opportuno segnalarne unicamente gli elementi di novità.
Il primo attiene al comma 3 dell’art. 12, il quale nel progetto disponeva seccamente che alla composizione negoziata non si applica l’art. 38 che prevede l’obbligo del giudice di segnalazione al PM della situazione di insolvenza, e la possibilità di quest’ultimo di intervenire nel procedimento e comunque di chiedere l’apertura delle liquidazione giudiziale ogni volta che abbia notizia dell’insolvenza; nella formulazione conseguente al decreto di recepimento, detto comma contiene il chiarimento secondo cui “Resta ferma l’applicazione dell’articolo 38 nei procedimenti di cui agli articoli 19 e 22” e quindi nei procedimenti giurisdizionali relativi alle misure protettive e cautelari e a quelli volti ad ottenere l’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili o a cedere l’azienda con esonero dell’acquirente della responsabilità per i debiti dell’impresa. A mente della relazione illustrativa la disposizione sull’inapplicabilità dell’art. 38 sarebbe volta solo a chiarire che la composizione negoziata non è una procedura ma ha natura negoziale extragiudiziale mentre non si vuole interferire con i poteri di segnalazione dell’autorità giudiziaria che restano integri negli spazi giudiziari di cui agli articoli citati. Ferma tale precisazione, l’inapplicabilità dell’art. 38 comporta anche quella del primo comma in base al quale “Il pubblico ministero presenta il ricorso per l'apertura della liquidazione giudiziale in ogni caso in cui ha notizia dell'esistenza di uno stato di insolvenza” con la conseguenza che eventuali notizie di insolvenza comunque pervenute da fonti diverse dall’autorità giudiziaria non legittimano il PM a richiedere l’apertura della liquidazione giudiziale in pendenza della composizione negoziata, mentre nessuno impedimento sussiste per i creditori che possono presentare domanda di apertura ex art. 37 dando inizio all’istruttoria ed eventualmente anche provocando misure cautelari, restando solo inibita l’apertura della procedura liquidatoria in base al dettato dell’art. 18, comma 4.
La disposizione pare una opportuna risposta alle critiche volte al sistema della composizione assistita concernenti l’obbligo di notizia dell’eventuale insolvenza al PM in caso di esito negativo della trattativa ma può tuttavia avanzarsi il dubbio che la precisazione sul persistente obbligo del giudice, chiamato a pronunciarsi sull’istanza di misure protettive o di autorizzazione a contrarre finanziamenti o cedere l’azienda, di segnalare al PM l’insolvenza, pur mitigato dalla possibile applicazione della sopra richiamata sospensione della dichiarazione di apertura della procedura liquidatoria, possa ancora comportare qualche remora ad intraprendere l’auspicato percorso negoziale nell’ambito del quale pare concretamente difficile che non si debba ricorrere alla protezione contro azioni aggressive dei creditori.
È compito del segretario della camera di commercio che riceve l’istanza di nomina comunicarla entro due giorni alla commissione unitamente a una nota sintetica contenente l'indicazione del volume d'affari, del numero dei dipendenti e del settore in cui opera l'impresa istante.
Non vi sono particolari novità in tema di procedimento di nomina dell’esperto se non la previsione secondo cui il segretario della camera di commercio che ha ricevuto l’istanza se ne ravvisa l’incompletezza invita l’imprenditore a integrare le informazioni o la documentazione mancante entro un termine di trenta giorni, decorso inutilmente il quale l’istanza non è esaminata e l’imprenditore può riproporla.
Altra integrazione rispetto al testo del D.L. n. 118/2021 è quella che prevede che la commissione di nomina, se lo ritiene opportuno, acquisisce il parere non vincolante di un’associazione di categoria sul territorio, concessione, questa, abbastanza modesta di una possibilità di interlocuzione della categoria imprenditoriale (soprattutto se rapportata alla presenza, abbastanza estranea, nella commissione del prefetto) prevista invece dalla disciplina sull’allerta apparsa, evidentemente, troppo macchinosa e incompatibile con i tempi della nomina.
Anche per l’esperto viene proclamata la necessità che sia indipendente e viene però aggiunto che non è equiparabile al professionista indipendente incaricato dal debitore nell’ambito delle procedure di crisi. L’insistenza del legislatore è volta ad evitare che siano attribuite all’esperto responsabilità pari a quelle attestatore come quella di attestare la veridicità dei dati aziendali. In realtà, al di là di ogni insistenza sul punto quale risulta anche dalla Relazione, è ben difficile immaginare che il professionista che si pone come garante della serietà ed efficienza delle trattative si presenti ai creditori senza aver fatto alcuna verifica sulla documentazione prodotta dal debitore in quanto ne verrebbe minata la sua autorevolezza; pare infatti evidente che coloro che devono interloquire con l’imprenditore alla ricerca di una soluzione vogliano avere la ragionevole certezza che le carte messe sul tavolo siano veritiere e quindi delle due l’una: o di tale veridicità si fa garante l’esperto oppure i creditori chiederanno sistematicamente una verifica ad altro professionista, così come consente implicitamente l’art. 16 autorizzando l’esperto ad avvalersi di un revisore legale, con ciò che ne consegue in termini di tempo e di oneri per l’imprenditore in crisi.
L’istanza di nomina dell’esperto è presentata tramite la piattaforma telematica unitamente ad una corposa documentazione tra cui spiccano “un progetto di piano di risanamento redatto secondo le indicazioni della lista di controllo di cui all’articolo 13, comma 2, e una relazione chiara e sintetica sull'attività in concreto esercitata recante un piano finanziario per i successivi sei mesi e le iniziative che intende adottare”. La mole della documentazione da produrre indica chiaramente che, ai fini della funzionalità del percorso, il debitore deve accedere allo stesso previa adeguata preparazione.
È stata introdotta la possibilità di sostituzione dell’esperto se le parti interessate formulano osservazioni sul suo operato.
Il decreto di recepimento conferma la modifica, già presente nel progetto, della disciplina della rideterminazione secondo buona fede del contenuto dei contratti ad esecuzione continuata, periodica o differita se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa o se è alterato l’equilibrio del rapporto in ragione di circostanze sopravvenute, la quale tuttavia, a differenza di quanto previsto dal D.L. n. 118/2021, è ora affidata, dietro invito dell’esperto, unicamente alla negoziazione tra le parti senza alcun intervento del tribunale (se non, come si vedrà, in relazione agli effetti sull’onerosità delle prestazioni conseguente alla crisi epidemiologica).
È fissato il termine di centottanta giorni per la conclusione della negoziazione con un accordo circa la soluzione della crisi; il termine è prorogabile fino ad altri centottanta giorni se le parti e l’esperto lo concordano.
L’archiviazione impedisce la proposizione di altra istanza di negoziazione per un anno ma se l’archiviazione è richiesta dell’imprenditore entro due mesi dalla nomina, il termine di cui sopra è ridotto a quattro mesi.
 
Le misure protettive in corso di composizione negoziata
La disciplina delle misure protettive e cautelari ricalca quella del D.L. n. 118/2021 con alcune differenze.
Innanzitutto, si stabilisce che la richiesta può anche essere selettiva e quindi limitata a determinate iniziative intraprese dai creditori o a determinati creditori o categorie di creditori.
Si precisa poi che la sospensione della possibilità di dichiarare l’insolvenza o di aprire la liquidazione giudiziale cessa non solo con l’archiviazione o la conclusione delle trattative ma anche con la revoca delle misure.
Rilevante è la precisazione secondo cui “Restano fermi i provvedimenti già concessi ai sensi dell’articolo 54, comma 1” e quindi le misure adottate dal tribunale nella fase che precede la decisione sull’istanza di apertura della liquidazione giudiziale, anche se si è persa l’occasione di prevedere una specifica modalità di contemperamento nel caso in cui una misura già adottata (si pensi all’inibizione alle banche a lasciare operare l’imprenditore sui conti correnti) sia inconciliabile con la prosecuzione dell’attività in pendenza di negoziazione.
Per quanto attiene alla disciplina circa il divieto per le controparti del debitore di interferire unilateralmente sull’adempimento dei contratti pendenti per il solo fatto dell’inadempimento dei crediti pregressi, si chiarisce innanzitutto che le controparti cui si applica il divieto non si identificano con tutte quelle che potenzialmente possono essere interessate alle misure richieste ma solo con “i creditori nei cui confronti le misure operano” e quindi che sono concretamente inibiti nelle iniziative già intraprese; si prevede tuttavia, a loro tutela, che l’inibizione è sospesa dalla pubblicazione dell’istanza di applicazione delle misure fino alla conferma delle stesse.
Per quanto attiene al procedimento avanti al tribunale, il termine per il deposito del ricorso per l’applicazione o la conferma viene differito al giorno successivo a quello di pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione dell’esperto e viene integrato l’elenco dei documenti con “un progetto di piano di risanamento redatto secondo le indicazioni della lista di controllo di cui all’articolo 13, comma 2”.
Viene confermata la cessazione degli affetti protettivi se il tribunale non fissa tempestivamente l’udienza ma viene aggiunto che l’istanza può essere ripresentata, sempreché, può criticamente osservarsi, nel frattempo, cessata la sospensione della possibilità di aprire la liquidazione giudiziale, il tribunale non abbia provveduto in tal senso.
Quanto all’istruttoria da parte del tribunale, si precisa che l’esperto non deve solo essere sentito ma deve essere chiamato a esprimere il proprio parere sulla funzionalità delle misure richieste ad assicurare il buon esito delle trattative e che possono essere sentiti i primi dieci creditori per ammontare, mentre, quanto ai poteri del tribunale, viene esclusa la necessità della preventiva istanza del debitore perché il giudice possa limitare le misure a determinate iniziative intraprese o a determinati creditori o categorie di creditori.
In tema di proroga, si precisa che non può essere concessa se il centro degli interessi principali dell’impresa è stato trasferito da un altro Stato membro nei tre mesi precedenti alla formulazione della richiesta di misure.
Viene infine aggiunta la disposizione secondo cui il divieto di acquisire diritti di prelazione se non concordati con l'imprenditore viene meno a far data dalla revoca o dalla cessazione delle misure protettive.
In tema di misure automatiche da notare che la sospensione degli obblighi di interventi sul capitale prevista dall’art. 8 del D.L. n. 118/2021 e riprodotta nell’art. 20 del Codice viene integrata con la previsione secondo che detta sospensione viene meno a partire dalla pubblicazione nel registro delle imprese del provvedimento con il quale il tribunale dichiara l’inefficacia delle misure eventualmente richieste ai sensi dell’articolo 19, comma 3 o ne dispone la revoca.
Nessuna novità per quanto attiene alla disciplina della gestione dell’impresa in pendenza di trattative rispetto alla disciplina dettata con l’art. 9 del D.L. n. 118/2021, trasfuso nell’art. 21 del Codice, né per quanto attiene alle autorizzazioni che possono essere richieste al tribunale quanto ai finanziamenti e alla cessione agevolata dell’azienda o di suoi rami se non, relativamente a quest’ultima, l’inserita necessità del controllo del tribunale circa il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente.
 
I possibili esiti
Il nuovo art. 23 che riproduce l’art. 11 del D.L. n. 118/2021 presenta modifiche solo formali in quanto i possibili esiti sono raggruppati in due commi (e non più in tre) a seconda che si tratti o no di soluzioni concordate.
Nel primo comma sono elencati:
- il contratto idoneo ad assicurare la continuità aziendale almeno per un biennio;
- la convenzione di moratoria, con una formulazione che chiarisce che si applica in toto la disciplina di cui all’art. 62;
- l’accordo sottoscritto dal debitore, dai creditori e dall’esperto che produce gli effetti di esenzione dalla revocatoria e dal rischio penale con la precisazione che con la sottoscrizione l’esperto dà atto che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione delle crisi o dell’insolvenza (precisazione, può rilevarsi, che, se intesa come esclusione di ogni valore di attestazione di fattibilità del piano nella sottoscrizione dell’esperto, rischia di rendere l’accordo molto meno sicuro del piano attestato in caso di contestazione da parte del curatore della eventuale liquidazione giudiziale).
Il secondo comma invece comprende le ipotesi in cui non rileva se la soluzione sia o no frutto di trattativa:
- il piano attestato di risanamento;
- la domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti nelle sue diverse declinazioni, con la precisazione che se si tratta di accordo ad efficacia estesa ed è frutto di accordo la percentuale del 75% per l’estensione ai non aderenti e ridotta al 60%;
- il concordato semplificato liquidatorio;
- le procedure di regolazione della crisi disciplinate dal codice e le procedure di amministrazione straordinaria di cui al D.Lgs. n. 270/1999 e D.L. 347/2003;
- per l’imprenditore agricolo si prevede che possa accedere alle procedure di concordato minore e di liquidazione controllata (anche se sopra soglia), al concordato semplificato liquidatorio e agli accordi di ristrutturazione dei debiti.
 
La conservazione degli effetti
L’art. 24 sulla conservazione degli effetti si segnala, rispetto all’art. 12 del D.L. n. 118/2021, unicamente per la previsione anche della nuova procedura rappresentata dal piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione.
 
Le imprese sotto soglia
Quanto all’art. 25 quater relativo alle imprese sotto soglia si deve segnalare, rispetto alla formulazione dell’art. 17 del D.L. n. 118/2021, che non è più prevista, come alternativa alla richiesta di nomina dell’esperto da rivolgersi al segretario della camera di commercio nel cui ambito territoriale si trova la sede dell’impresa, la richiesta all’organismo di composizione della crisi il cui intervento poneva non pochi dubbi, sia quanto all’accesso alla piattaforma telematica che quanto alla possibilità di nominare solo professionisti iscritti all’elenco dei gestori oltre che a quello degli esperti o anche gli iscritti solo a quest’ultimo, senza considerare l’assenza di disposizioni circa il compenso dell’organismo, previsto invece per le camere di commercio. Per evidente errore, tuttavia, è rimasto nell’ultimo comma l’accenno alla possibilità che l’OCC liquidi il compenso, mentre ovviamente tale compito spetta solo al segretario che effettua la nomina.
Anche per le imprese sotto soglia vengono previsti due distinti elenchi, a seconda che siano o no l’esito o di un accordo, mentre con la precedente formulazione contenuta nel D.L. n. 118/2021 si presupponeva l’intervenuto accordo per tutte le soluzioni.
Fanno parte del primo elenco
- il contratto idoneo a consentire la continuità aziendale;
- l’accordo con il contenuto della convenzione di moratoria;
- l’accordo sottoscritto anche dall’esperto con gli effetti del piano attestato. In relazione a questa previsione deve segnalarsi che, a differenza di quanto previsto nel D.L. n. 118/21 non è previsto come effetto l’esenzione dalla revocatoria (ovviamente ordinaria) ma “gli effetti di cui all’art. 25 bis, comma 5, che tratta dei benefici fiscali; poiché una tale modifica sarebbe incomprensibile in quanto verrebbe a mancare qualunque interesse dei creditori ad aderire è plausibile che si tratti di mero lapsus calami nell’indicazione del citato art. 25 bis in luogo degli artt. 166, comma 3, lettera d) e 324 che garantirebbe l’esenzione dalla revocatoria (ovviamente ordinaria) e dal rischio penale, come, d’altra parte, indicato nella Relazione.
Fanno parte del secondo elenco
- Il concordato minore;
- la liquidazione controllata;
- il concordato semplificato liquidatorio;
- per la sola impresa agricola, l’accordo di ristrutturazione dei debiti.
 
Il concordato semplificato liquidatorio
Per quanto concerne il concordato semplificato liquidatorio l’unica novità di rilievo è rappresentata dal prolungamento a 45 giorni del termine decorrente dalla scadenza di quello concesso all’ausiliario per il deposito del parere entro il quale deve essere celebrata l’udienza di omologazione. Non è stato invece posto rimedio alla mancanza di un termine minimo tra la comunicazione ai creditori della data dell’udienza e quest’ultima; si prevede, infatti solo il termine sollecitatorio fissato al tribunale per la celebrazione dell’udienza decorrente dalla scadenza del termine fissato all’ausiliario per il deposito del suo parere ma nessuna disposizione assicura ai creditori di avere uno spazio temporale congruo tra la data in cui ricevono la comunicazione dell’udienza unitamente ai pareri e alla relazione e quello perentorio di dieci giorni prima dell’udienza in cui possono costituirsi.
 
Le segnalazioni
Con l’art. 25 octies si conferma il dettato dell’art. 15 del D.L. n. 118/2021 circa l’obbligo di segnalazione all’imprenditore dei sintomi di crisi da parte dell’organo di controllo mentre con gli att. 25 novies e 25 decies vengono riproposti con modifiche gli obblighi di segnalazione da soggetti esterni già presenti nella disciplina dell’allerta con la fondamentale differenza che destinatari delle segnalazioni sono esclusivamente lo stesso imprenditore e, ove esistenti, gli organi di controllo dell’impresa.
Nulla muta, rispetto all’originario art. 14 del Codice per quanto attiene alla segnalazione delle banche, limitato alle modifiche degli affidamenti, mentre deve essere ricordato che la disposizione relativa all’inibizione alla revoca degli affidamenti per il solo fatto dell’accesso dell’imprenditore alla composizione negoziata (art. 16, comma 5) viene integrata con l’inibizione anche alla sospensione ma con la precisazione secondo cui queste possono motivatamente essere adottate “se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale”.
Ai creditori pubblici qualificati tenuti alla segnalazione già rappresentati dalle Agenzie fiscali e dall’INPS si aggiunge l’INAIL.
Gli importi che fanno scattare l’obbligo di segnalazione non sono particolarmente elevati ma congrui rispetto alla finalità di indurre l’imprenditore a prendere anticipatamente coscienza di segnali anche solo di pericolo di crisi.
 
Modifiche alla disciplina del processo unitario
Tralasciando le altre modifiche di carattere processuale, che spesso si risolvono in una razionalizzazione delle norme, si segnalano per il loro particolare interesse le seguenti:
- l’integrazione del dettato del comma 4 del riscritto art. 40 che nel progetto prevedeva la nomina obbligatoria del commissario giudiziale nella procedura di accordi di ristrutturazione dei debiti in caso di pendenza di domanda di apertura della liquidazione giudiziale e che nella versione definitiva lascia alla discrezione del tribunale procedervi quando la stessa è necessaria per tutelare gli interessi delle parti istanti;
- la previsione, in caso di pendenza di un procedimento per la apertura della liquidazione giudiziale introdotto da un soggetto diverso dal debitore di un termine di decadenza per la presentazione di una domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza da parte del debitore in quanto il ricorso deve essere proposto nel medesimo procedimento o anche separatamente entro la prima udienza, con conseguente necessità per detto debitore, in caso di mancato rispetto del termine, di dover attendere sino alla conclusione del procedimento per la apertura della liquidazione giudiziale per la proposizione della domanda; rispetto al progetto si aggiunge che detto termine decadenziale non si applica se la domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza è proposta all’esito della composizione negoziata, entro sessanta giorni dalla comunicazione al segretario della camera di commercio di avvenuta conclusione della negoziazione; ne consegue che la presentazione della domanda interrompe l’iter per l’apertura della liquidazione giudiziale in quanto la stessa deve essere esaminata prioritariamente;
- la modifica all’art. 43 che prevede che la rinuncia alla domanda di accesso ad una procedura di regolazione della crisi comporta l’estinzione del giudizio; con il progetto di decreto legislativo si era aggiunto che comunque il giudizio poteva essere proseguito ad istanza degli intervenuti, aprendo così alla possibilità che chi avesse presentato una proposta concorrente di concordato potesse portarla avanti anche in presenza della rinuncia del debitore alla propria proposta; nella formulazione definitiva viene precisato che è solo la domanda di apertura della liquidazione giudiziale che può essere proseguita dagli intervenuti così come è solo a tale tipologia di domanda (ma questo era già logico) può rinunciare il pubblico ministero.
- le integrazioni apportate all’art. 47 sull’apertura del concordato preventivo, nel quale la previsione secondo cui il tribunale deve verificare l’ammissibilità delle proposta e la fattibilità economica del piano viene sostituita con la precisazione, quanto al concordato liquidatorio, che per fattibilità economica del piano si intende “la non manifesta inettitudine del medesimo a raggiungere gli obbiettivi prefissati” e. quanto al concordato in continuità, con la verifica della “ritualità” della proposta, con la specificazione secondo cui la domanda è inammissibile se “il piano è manifestamente inidoneo alla soddisfazione dei creditori, come proposta, e alla conservazione dei valori aziendali”, disposizione, questa, in linea con la giurisprudenza della Cassazione;
- la modifica, di particolare interesse, intervenuta nel dettato dell’art. 53 che facoltizza la corte d’appello, adita con reclamo contro la sentenza di omologazione di un concordato in continuità aziendale, a confermare la sentenza, pur accogliendo il reclamo, se vi è richiesta delle parti (presumibilmente diverse dal reclamante) e “se l’interesse generale dei creditori e dei lavoratori prevale rispetto al pregiudizio subito dal reclamante, riconoscendo a quest’ultimo il risarcimento del danno»; la modifica deve essere salutata con favore in quanto evita che un concordato che coinvolge interessi economici importanti possa cadere sulla mancata convenienza della proposta per un creditore marginale.
 
Le misure protettive
La disciplina delle misure protettive è interessata da qualche integrazione conseguente alla nuova disciplina della composizione negoziata.
Così al secondo comma dell’art. 54 viene aggiunta la previsione che consente al debitore che abbia già ottenuto misure di richiedere al tribunale, con successiva istanza, ulteriori misure temporanee per evitare che determinate azioni di uno o più creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative per l’accesso ad una procedura di ristrutturazione, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza.
Nello stesso art. 54, in luogo della disciplina delle misure nell’ambito della mai nata allerta, si prevede che, prima dell’accesso ad una procedura di crisi o della richiesta di concessione del termine di cui all’art. 44 comma 1, le misure protettive possono essere richieste nell’ambito della composizione negoziata.
Conformemente alla direttiva, sono esclusi dalla soggezione a misure protettive o cautelari i diritti dei lavoratori.
Il procedimento per la concessione delle misure (art. 55) viene modificato quanto alle modalità di impugnazione dei provvedimenti del giudice, individuate nell’art. 669 terdiecies c.p.c.
Si dispone innovativamente e opportunamente che le misure applicate perdono efficacia al momento della pubblicazione delle sentenze di omologazione degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e di apertura delle procedure di insolvenza, posto che, quanto alle prime, muta il regime giuridico del rapporto tra debitore e creditori e, quanto alla liquidazione, si instaura un autonomo regime di protezione del patrimonio.
L’art. 63 sulla transazione su crediti tributari e contributivi (nuova rubrica) viene integrato ospitando con il nuovo comma 2 bis la disciplina della omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti anche in assenza di accordo col fisco.
L’art. 64 viene integrato prevedendosi che, in caso di domanda di misure protettive nella procedura di accordi, scattino divieti identici a quelli previsti nei confronti dei creditori attinti da misure protettive nell’ambito della composizione negoziata e quindi di intervenire unilateralmente sul contratto in pregiudizio del debitore o di sospendere l’esecuzione dei contratti per il solo fatto dell’avvenuta presentazione di detta istanza o di non aver ottenuto il pagamento dei loro crediti pregressi.
 
Il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione
L’art. 64 bis introduce nell’ordinamento un nuovo strumento di regolazione della crisi e cioè il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (o PRO) in quale, in sintesi, consiste in una proposta di soddisfacimento dei debiti rivolta ai creditori suddivisi in classi senza che questa debba necessariamente rispettare il dettato degli artt. 2740 e 2741 c.c. e quindi l’ordine dei privilegi. In ogni caso i lavoratori devono essere soddisfatti entro trenta giorni dell’omologazione che può intervenire solo se tutte le classi votano a favore. È necessaria l’attestazione sulla fattibilità del piano.
Nella fase preliminare all’ammissione, il tribunale deve solo valutare la ritualità della proposta e dei criteri di formazione delle classi in termini di omogeneità della posizione giuridica e degli interessi economici ma non dei criteri di rispetto della par condicio, stante la possibilità di deroga agli stessi.
È prevista la nomina o la conferma, se vi è stata una fase prenotativa, del commissario giudiziale ma non è previsto lo spossessamento se non nei limitati termini già visti per la composizione negoziata e quindi dell’obbligo di avvisare il commissario giudiziale in caso di atti di straordinaria amministrazione o di pagamenti non coerenti col piano o che possono danneggiare i creditori. L’eventuale insistenza del debitore nonostante la segnalazione della contrarietà del commissario giudiziale comporta la segnalazione al tribunale per la revoca dell’ammissione.
Per la votazione valgono le regole previste per il concordato preventivo e la proposta è approvata se in ogni classe i titolari della maggioranza dei crediti ammessi al voto si è espressa in senso favorevole oppure se hanno votato a favore i titolari dei due terzi dei crediti portati da coloro che hanno votato a condizione che abbiano partecipato i portatori di almeno la metà dei crediti ammessi al voto nella classe.
I privilegiati soddisfatti non votano se pagati in denaro entro 180 giorni dall’omologazione; in difetto, detti creditori votano e per la parte degradata al chirografo sono inseriti in apposita classe (quindi votano per l’intero credito).
Se un creditore eccepisce il difetto di convenienza si procede al cram down e la proposta viene omologata se il trattamento riservato all’opponente non è inferiore a quello che riceverebbe in caso di liquidazione giudiziale.
Alla procedura de qua si applica quasi integralmente la disciplina del concordato preventivo, salvo quella sul giudizio di omologazione e sulla cessione dei beni.
Nel caso in cui la mancata approvazione da parte di tutte le classi risulti dalla relazione del commissario giudiziale il debitore può richiedere al tribunale di accertare l’esito della votazione e procedere all’omologazione; in difetto il tribunale procede all’apertura della liquidazione giudiziale se vi sono istanze e ne ricorrono i presupposti.
In alternativa, ma anche quando un creditore contesti la convenienza e comunque anche al di fuori di tali ipotesi, il debitore può modificare la domanda formulando una proposta di concordato preventivo ma i termini per l’approvazione sono ridotti alla metà.
Specularmente, il debitore che ha presentato una domanda di concordato preventivo può chiedere l’omologazione del piano di ristrutturazione se non sono ancora iniziate le operazioni di voto.
 
Il concordato minore
Con il decreto di recepimento si è ritenuto di dover intervenire anche sul concordato minore prevedendo che in alcuni casi (se è stata disposta la sospensione generale delle azioni esecutive e la nomina appare opportuna per tutelare gli interessi delle parti; se il concordato è in continuità aziendale, con omologazione da pronunciarsi in assenza di voto favorevole di tutte le classi; se lo chiede il debitore), il tribunale con il decreto iniziale nomini un commissario giudiziale che svolga le funzioni demandate all’OCC. La disposizione, non presente nel progetto né, pare, richiesta in sede di interlocuzione, è stata giustificata con la necessità di protezione dei creditori imposta dalla direttiva (art. 5. par. 3) che richiede una nomina giudiziale o amministrativa di un commissario giudiziale; a parte ogni considerazione sulla possibilità di ritenere equiparabile ad una nomina amministrativa quella fatta dal referente dell’OCC che è comunque un organismo per legge indipendente, appare chiaro che detta sostituzione si verificherà sistematicamente, fermo restando che non è dato comprendere come la omologazione in assenza di unanimità possa prevedersi prima che la votazione avvenga e quindi essere fatta col decreto di apertura.
 
Il concordato preventivo
Di rilevante impatto sono le modifiche intervenute nella disciplina del concordato preventivo con particolare riguardo al concordato in continuità aziendale.
Innanzitutto, dalla nuova formulazione dell’art. 84 si desume che:
- non vi sono più vincoli finalizzati alla tutela dell’occupazione che condizionino la possibilità di qualificare come in continuità anche la gestione dell’impresa da parte di soggetto diverso dal debitore, limitandosi il testo a prevedere che la tutela dei posti di lavoro sia perseguita per quanto possibile;
- diviene irrilevante la proporzione tra l’apporto delle risorse derivanti dalla continuazione dell’attività e quelle ottenute dalla liquidazione, essendo sufficiente che i creditori vengano soddisfatti con le prime anche in misura non prevalente;
- per l’ammissibilità del concordato liquidatorio vengono confermati i vincoli relativi all’apporto necessario di risorse esterne e alla misura minima del soddisfacimento complessivo dei chirografari ma si aggiunge che le risorse esterne possono essere distribuite anche in deroga agli artt. 2740 e 2741 c.c., purché venga rispettato il limite minimo del 20%;
- si precisa la nozione delle risorse esterne, qualificando tali quelle apportate a qualunque titolo dai soci senza obbligo di restituzione o con vincolo di postergazione, di cui il piano prevede la diretta destinazione a vantaggio dei creditori concorsuali, definizione che, a rigore, parrebbe inibire all’imprenditore individuale l’accesso al concordato liquidatorio;
- viene abbandonato il principio dell’inderogabile applicazione dell’absolute priority rule (APR) e quindi di dovere provvedere al soddisfacimento dei creditori in base alla graduazione delle cause legittime di prelazione e dunque si consente anche, in alcuni casi, la distribuzione del valore in base alla relative priority rule (RPR); così nel concordato in continuità il valore di liquidazione deve essere distribuito in base alla APR mentre il plusvalore generato dalla continuità può essere distribuito in base alla più flessibile RPR, assicurandosi che il trattamento di ogni classe sia almeno pari a quello delle classi di pari grado e più favorevole di quello delle classi di grado inferiore. Fanno eccezione i crediti di lavoro che devono essere soddisfatti con la priorità dovuta sia sul valore di liquidazione che su quello prodotto dalla continuità, con la precisazione che deve essere rispettato il dettato dell’art. 2116 c.c. che impone di corrispondere il dovuto ai prestatori di lavoro anche in caso di inadempimento del datore di lavoro nel versamento dei contributi;
- viene confermato che se il concordato prevede la liquidazione del patrimonio o la cessione dell’azienda senza che sia già individuato l’offerente deve essere nominato un liquidatore mentre se è previsto l’affitto o il trasferimento dell’azienda o di suoi rami, anche prima dell’omologazione e è già individuato l’offerente si procede in base alla disciplina delle offerte concorrenti che dunque non viene applicata in caso di previsione di trasferimento a offerente già individuato di singoli beni, ritenendosi evidentemente sufficiente la necessità di procedere a procedure competitive.
La suddivisione dei creditori in classi, oltra che nei casi già previsti, è sempre obbligatoria nel caso di concordato in continuità; i creditori muniti di diritto di prelazione pregiudicati dalla proposta, in quanto non soddisfatti in denaro e integralmente entro centottanta giorni dall’omologazione, devono essere inseriti in apposite classi, così come devono essere inserite in classi separate le imprese minori, titolari di crediti chirografari derivanti da rapporti di fornitura di beni e servizi.
Salvo il diritto di voto, non sono previsti limiti temporali per la moratoria del pagamento dei creditori privilegiati, mentre se si tratta di crediti di lavoro dipendente la moratoria non può essere superiore a sei mesi;
Gli elementi di valutazione da indicare nel piano vengono ulteriormente dettagliati e tra essi spiccano per novità l’indicazione di eventuali parti correlate, del valore di liquidazione in caso di liquidazione giudiziale, del piano industriale con l’indicazione degli effetti sul piano finanziario e dei tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria, delle parti interessate dal piano e quelle non interessate, delle modalità di informazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori nonché degli effetti della ristrutturazione sui rapporti di lavoro, sulla loro organizzazione o sulle modalità di svolgimento delle prestazioni; nella domanda devono invece essere esplicitate le ragioni per cui la proposta concordataria è preferibile rispetto alla liquidazione giudiziale (non parrebbe dunque sufficiente l’equivalenza, pur predicata in altre disposizioni).
L’attestazione del professionista indipendente viene arricchita in quanto, in caso di continuità aziendale, deve essere anche attestato che il piano è atto a impedire o superare l’insolvenza del debitore, a garantire la sostenibilità economica dell’impresa e a riconoscere a ciascun creditore un trattamento non deteriore rispetto a quello che riceverebbe in caso di liquidazione giudiziale.
Nella disposizione sul trattamento dei crediti tributari e contributivi viene chiarito che anche ai fini del trattamento di tali crediti valgono i limiti previsti, in caso di concordato in continuità aziendale, nell’ipotesi che la proposta non venga approvata all’unanimità, e che la relazione del professionista indipendente deve anche attestare, in caso di concordato in continuità, che il trattamento proposto ai soggetti pubblici non è deteriore.
Una integrazione dell’art. 92, che tratta del commissario giudiziale, contribuisce ad arricchire ulteriormente il complesso di compiti di tale organo, ormai non solo dotato di funzioni di ausilio alle valutazioni del giudice e dei creditori, in quanto prevede che, a richiesta del debitore, in caso di domanda prenotativa, ma comunque nell’ipotesi in cui siano state concesse misure protettive o cautelari, affianchi il debitore e i creditori nella negoziazione del piano formulando, ove occorra, suggerimenti per la sua redazione e quindi svolgendo una funzione simile a quella dell’esperto nella composizione negoziata ma, forse, con il rischio di condizionare l’obbiettività delle future relazioni post ammissione.
Con l’art. 94 bis di nuovo conio sui contratti pendenti nel concordato in continuità aziendale viene estesa al concordato preventivo la disciplina già dettata per la negoziazione assistita per quanto attiene ai limiti posti ai creditori che non possono modificare unilateralmente i termini contrattuali anche rifiutando l’adempimento per il solo fatto del deposito della domanda di accesso al concordato, così come non possono interferire con la regolare esecuzione dei contratti essenziali (di cui viene fornita una definizione) per il solo fatto del mancato pagamento dei crediti pregressi.
Per contro, all’art. 100 sull’autorizzazione al pagamento dei crediti pregressi viene prevista la possibilità di pagamento di tutte le mensilità precedente dei lavoratori addetti all’attività di cui è prevista la continuazione e non solo dell’ultima mensilità.
Di particolare rilievo è l’integrazione apportata all’art. 109 che disciplina la maggioranza per l’approvazione del concordato in quanto se da un lato è sancita la necessità che il concordato in continuità aziendale debba essere approvato da tutte le classi (la cui formazione, si ricorda, è obbligatoria) dall’altro tale approvazione viene favorita in quanto si considera la proposta approvata da una classe non solo se nella stessa si pronuncia a favore la maggioranza dei crediti ammessi al voto nella classe ma anche se sono risultati favorevoli i due terzi dei voti espressi a condizione che abbia votato almeno il cinquanta per cento dei crediti ammessi nella stessa.
Una novità è pervista anche per il voto dei creditori privilegiati i quali non sono chiamati ad esprimerlo se ne è prevista la soddisfazione in denaro, integralmente ed entro centottanta giorni dall’omologazione (termine ridotto a trenta giorni per i titolari di crediti di lavoro), e purché la garanzia reale che assiste il credito ipotecario o pignoratizio resti ferma fino alla liquidazione, funzionale al loro pagamento, dei beni e diritti sui quali sussiste la causa di prelazione. In difetto di tali condizioni, i privilegiati votano e, per la parte incapiente, sono inseriti in una classe distinta e quindi complessivamente votano per l’intero credito.
 
L’omologazione del concordato preventivo
L’art. 112 sull’omologazione presenta diverse novità.
In primo luogo, muta il perimetro di valutazione del giudice a seconda che si tratti di un concordato in continuità o liquidatorio ma anche, nel primo caso, a seconda che la proposta sia stata approvata all’unanimità delle classi o a maggioranza delle stesse.
Comune a tutte le ipotesi e l’indagine su a) la regolarità della procedura; b) l'esito della votazione; c) l'ammissibilità della proposta; d) la corretta formazione delle classi; e) la parità di trattamento dei creditori all’interno di ciascuna classe.
Può ritenersi trattarsi di un esame sostanzialmente formale in quanto l’unico oggetto di indagine che potrebbe comportare una qualche valutazione non strettamente giuridica (l’ammissibilità della proposta) è in realtà limitato in quanto la fattibilità è oggetto di altra disposizione e il trattamento dei creditori e anch’esso oggetto di specifica disposizione.
Quanto alla fattibilità, per il concordato in continuità l’esame è volto ad accertare se “il piano non sia privo di ragionevoli prospettive di impedire o superare l’insolvenza” (oltre a che eventuali nuovi finanziamenti siano necessari per l’attuazione del piano e non pregiudichino ingiustamente gli interessi dei creditori); pare potersi ritenere che vi sia una sorta di presunzione di esistenza di ragionevoli prospettive e che solo la prova contraria possa comportare il rigetto della domanda di omologazione.
Considerazioni analoghe possono farsi per il concordato non in continuità in quanto l’indagine attiene all’accertamento sulla fattibilità, espressamente intesa, tuttavia, come “non manifesta inattitudine a raggiungere gli obiettivi prefissati”, espressione in negativo che parrebbe comportare che in difetto di prova della manifesta inettitudine la fattibilità deve ritenersi sussistente.
Quelli indicati sono gli unici controlli che il tribunale deve compiere in caso di concordato in continuità e quindi pare potersi affermare che il debitore può proporre ai creditori trattamenti diversi rispetto a quelli sopra riportati trattando della APR e delle RPR e nessun controllo sul punto competa al tribunale se la proposta è approvata all’unanimità delle classi. Ne consegue anche che nessun controllo deve essere fatto sul contenuto della proposta alle diverse classi in sede di ammissione, posto che non si può bloccare in quella sede la domanda per ragioni che potrebbero non rilevare in sede di omologazione.
La correttezza di tale interpretazione pare potersi infatti desumere desumersi dalla diversa serie di controlli che il tribunale deve fare in caso di dissenso di una o più classi, su richiesta del debitore oppure col suo consenso in caso di proposte concorrenti, al fine di pervenire comunque all’omologazione.
In particolare, devono sussistere tutte le seguenti condizioni:
- che il valore di liquidazione e quello eccedente siano distribuiti nel rispetto delle regole già evidenziate trattando delle ipotesi di applicazione della APR e della RPR.
- che nessun creditore riceva più dell’importo del proprio credito;
- che la proposta sia approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza, la proposta sia approvata da almeno una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione.
L’introduzione della rilevanza del valore di liquidazione ha comportato la specificazione delle ipotesi in cui il tribunale deve disporre la stima del complesso aziendale nel concordato in continuità: opposizione concernente la violazione della convenienza oppure il mancato rispetto delle condizioni di ristrutturazione trasversale in caso di approvazione in carenza di unanimità delle classi.
 
Accesso agli strumenti di regolazione della crisi
Dopo la sezione VI del titolo IV, dedicata all’omologazione del concordato preventivo, viene inserita la sezione VI bis che tratta della legittimazione alla decisione della presentazione di uno strumento di regolazione della crisi da parte degli enti collettivi, in ordine alla quale viene confermata la legittimazione esclusiva degli amministratori, salvi i doveri di informazione dei soci e la legittimazione di un’aliquota degli stessi alla presentazione di una proposta concorrente.
 
Il trattamento dei soci
Altro argomento trattato nella nuova sezione è quello del soddisfacimento dei soci nel concordato preventivo che viene ammesso con assegnazione agli stessi del diritto di voto in proporzione alla quota di capitale posseduta.
Vengono anche disciplinate le condizioni necessarie perché la proposta venga omologata in presenza di dissenso di una o più classi.
 
L’esecuzione del concordato preventivo
Infine, si confermano sostanzialmente le disposizioni già previste in tema di possibilità in capo al tribunale di incidere sull’esecuzione del concordato mediante la nomina di un amministratore giudiziario in caso di inerzia degli amministratori nel dar corso alle modificazioni del capitale previste nel piano.
 
La liquidazione giudiziale
Pe quanto attiene alla disciplina della liquidazione giudiziale, si segnala:
- la possibilità di sostituzione del curatore in caso di conflitto di interessi; pare opportuno osservare che tale disposizione dovrebbe concernere il conflitto proprio della persona che svolge il ruolo e non quando il curatore è in conflitto per cause non personali come avviene quando uno stesso professionista è curatore di due procedure in cui rappresentano interessi opposti in quanto, se il conflitto è limitato ad un singolo rapporto, si può ovviare con la nomina di un curatore speciale in una delle due procedure;
- vengono ridotti alcuni termini previsti per il programma di liquidazione al fine di restringere i tempi della liquidazione;
- si prevede la possibilità di procedere alla liquidazione di beni anche prima dell’approvazione del programma in caso di rischio di pregiudizio per i creditori;
- viene espunta dal secondo comma dell’art. 216 la previsione secondo cui le vendite devono essere effettuate “con le modalità stabilite con ordinanza dal giudice delegato”; l’intervento appare oltremodo opportuno sia in considerazione del ruolo e all’autonomia riconosciuti a curatore sia in quanto le modalità in questione già devono risultare dal programma di liquidazione già visionato dal giudice e approvato dai creditori e comunque i singoli atti di liquidazione devono essere sottoposti al giudice per il controllo sulla loro conformità al programma;
- con un opportuno ritorno al passato, trattandosi di modalità operative da lasciarsi al dialogo tra curatore e comitato dei creditori, il terzo comma dello stesso art. 216 viene riscritto attribuendo al curatore (e non più al giudice) la scelta, da indicarsi nel programma di liquidazione, di proporre che le vendite dei beni mobili, immobili e mobili registrati vengano effettuate dal giudice delegato secondo le disposizioni del codice di procedura civile in quanto compatibili;
- l’art. 235 viene integrato con l’obbligo per il curatore di depositare, unitamente all’istanza di chiusura della liquidazione, un rapporto riepilogativo finale al fine di consentire sia al giudice che ai creditori e al debitore una valutazione complessiva dell’operato del curatore stesso;
- nell’art. 255 viene eliminata la possibilità per il curatore di esercitare separatamente le azioni di responsabilità, al fine di evitare lungaggini e sovrapposizione di accertamenti.
 
La liquidazione controllata
Per la disciplina della liquidazione controllata merita segnalare il venir meno della legittimazione del pubblico ministero a richiederne l’apertura se l’insolvenza riguarda un imprenditore e l’aumento ad € 50.000 (in luogo di € 20.000) dell’importo dei debiti scaduti al di sotto del quale non si fa luogo all’apertura della liquidazione controllata del debitore persona fisica.
 
Normativa a carattere eccezionale
Da notare, infine, che nell’ambito della composizione negoziata, ma fuori dal Codice, rimane in vigore l’art. 10 del D.L. n. 118/2021 nella parte in cui consente la rideterminazione del contenuto contrattuale secondo equità anche da parte del tribunale se la prestazione dovuta in esecuzione di contratti ad esecuzione continuata, periodica o differita è divenuta eccessivamente onerosa per effetto della pandemia da SARS-CoV-2.

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