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Trib. Padova, 25 settembre 2023, Est. Rossi

COMPOSIZIONE NEGOZIATA – Misure protettive – Possibilità di applicazione del divieto previsto dall’art. 18, comma 5, CCII ai contratti bancari autoliquidanti – Sussistenza.

Postilla a cura di Marco Greggio e Filippo Greggio , Avvocati in Padova

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L'articolo 18, che prevede al comma 5 tra le misure protettive soggette a conferma anche il divieto di risolvere i contratti in essere, di anticiparne la scadenza, di modificarli in danno dell'imprenditore nonché di sospendere o rifiutare l'adempimento delle prestazioni imposte a carico del contraente in bonis dai contratti stessi è norma a portata generale e si applica anche agli istituti bancari. Ne consegue che, laddove l’imprenditore si avvalga delle misure protettive deve ritenersi che anche le banche, al pari di tutti gli altri contraenti/creditori, siano soggette alle limitazioni dell’esercizio unilaterale dei diritti derivanti dai contratti sottoscritti, anche laddove questi siano contratti di finanziamento che non hanno trovato completa esecuzione. Tra i “contratti pendenti” cui la norma fa riferimento vanno infatti ricompresi anche i c.d. “contratti bancari autoliquidanti”, espressamente considerati tali dall’art. 97, comma 14, CCII nell’ambito del concordato preventivo. 
 
Massima a cura dell’Avv. Marco Greggio
Riproduzione riservata

art. 18, comma 5, CCII
art. 97, comma 14, CCII

POSTILLA

Sull’applicabilità della previsione di cui all’art. 18, quinto comma, CCII anche ai contratti bancari

di Marco Greggio e Filippo Greggio, Avvocati in Padova

16 Novembre 2023

1. Il problema
L’art. 16, comma quinto, CCII prevede che dopo l'accesso alla composizione negoziata della crisi gli istituti di credito in ogni caso possono sospendere o revocare gli affidamenti nei confronti della società in crisi se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale, con comunicazione che dà conto delle ragioni della decisione assunta.
L’art. 18, comma quinto, CCII prevede invece che i creditori nei cui confronti operano le misure protettive non possono, unilateralmente, rifiutare l'adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell'imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell'istanza di CNC (potendo soltanto sospendere l'adempimento dei contratti pendenti dalla pubblicazione dell'istanza fino alla conferma delle misure richieste.
Qual è il rapporto tra le due norme, che a prima vista appaiono antitetiche? 
V’è un rapporto di specialità tra la norma di cui all’art. 16, quinto comma CCII (destinata esclusivamente ai creditori-istituti di credito), rispetto a quella di cui all’art. 18, quinto comma, CCII (che si rivolge indistintamente a tutti i creditori), e quindi dopo l’accesso alla CNC le banche possono opporre un rifiuto alla prosecuzione dei contratti pendenti anche dopo l’istanza ex art. 18?
 
2. Una possibile interpretazione sistematica
Chi scrive ritiene che l'art. 18 quinto comma CCII abbia portata generale e si applichi anche agli istituti bancari, ragione per cui laddove l’imprenditore si avvalga delle misure protettive deve ritenersi che anche le banche, al pari di tutti gli altri contraenti/creditori, siano soggette alle limitazioni dell’esercizio unilaterale dei diritti derivanti dai contratti sottoscritti, anche laddove questi siano contratti di finanziamento che non hanno trovato completa esecuzione. 
Invero nel sistema delineato dalle norme sulla CNC sussiste piena compatibilità e coerenza tra la previsione di cui all’art. 16 quinto comma CCII (destinata esclusivamente ai creditori-istituti di credito) e l’art. 18 quinto comma CCII (che si rivolge indistintamente a tutti i creditori): norme che operano in contesti distinti e non necessariamente coincidenti, per i seguenti motivi.
(i) L’art. 16 quinto comma CCII trova applicazione dal momento dell’accesso alla CNC, mentre l’art. 18 quinto comma CCII ha un’applicazione solo eventuale qualora l’impresa abbia richiesto le misure protettive del patrimonio (ipotesi che può anche non verificarsi), con la conseguenza che quest’ultima norma si pone in termini di specialità rispetto alla prima.
(ii) L’effetto “impositivo” della norma di cui all’art. 16 quinto comma CCII non è soggetto ad alcuna valutazione giudiziale, mentre quello dell’art. 18 quinto comma CCII è condizionato alla richiesta da parte dell’imprenditore (della conferma) delle misure protettive ed al relativo provvedimento giudiziale, con la conseguenza che in quest’ultima ipotesi sussiste anche il contraddittorio con il creditore banca.[1]
In particolare, la previsione di cui all’art. 18 quinto comma CCII è un effetto automatico che discende dall’avvenuta conferma delle misure protettive del patrimonio previste al primo comma [2] e come tale ha effetti temporanei ed in ogni caso soggetti alla cessazione delle misure protettive.
Pertanto, nel caso in cui l’impresa opti per le misure protettive del patrimonio, anche con efficacia erga omnes, alla tutela impeditiva per i creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive e/o cautelari sul patrimonio prevista dall’art. 18 primo comma CCII, si affiancherà (con la conferma da parte del Tribunale delle misure protettive) l’ulteriore tutela impeditiva prevista dall’art. 18 quinto comma CCII per tutti i creditori interessati dalle misure protettive (di rifiutare l'adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, o di anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell'imprenditore, per il solo fatto del mancato pagamento dei loro crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell'istanza di applicazione delle misure protettive).
Tra tali creditori - ça va sans dire - vi sono anche gli istituti di credito, i quali pertanto - nel caso l’imprenditore si avvalga delle misure protettive e queste siano confermate dal Tribunale competente - al pari degli altri creditori saranno soggetti alle limitazioni dell’esercizio unilaterale dei diritti derivanti dai contratti di finanziamento (ex art. 18, comma quinto, CCII). In altri termini le banche a seguito dell’inadempimento da parte del debitore in CNC agli obblighi di pagamento previsti nei rispettivi contratti di finanziamento non potranno avvalersi dei rimedi contrattuali previsti dall’ordinamento (quali la risoluzione, il recesso, la decadenza del beneficio del termine, o l’eccezione di inadempimento).[3]
 
3. I contratti autoliquidanti
Tra i “contratti pendenti” a cui fa riferimento l’art. 18 quinto comma CCII sono ricompresi anche i “contratti bancari autoliquidanti”, in quanto espressamente contemplati nell’art. 97, co. 14, CCII, norma che appunto disciplina i contratti pendenti nell’ambito del concordato preventivo.[4]
In tale prospettiva va ricordato che nella CNC la prosecuzione dei contratti pendenti – compresi quelli bancari – rappresenta la regola e in caso di applicazione e conferma delle misure protettive trova applicazione la tutela prevista dall’art. 18 quinto comma CCII.[5]
Al riguardo si ritiene che debba essere preliminarmente chiarito un tema: se il mantenimento delle c.d. “linee autoliquidanti” pendenti alla data di accesso della Società alla composizione negoziata sia equiparabile a nuova finanza. Tema che rileva anche in punto di eventuale responsabilità risarcitoria degli istituti di credito (che potrebbe – in via ipotetica - configurarsi nell’aver continuato ad erogare credito in assenza dei requisiti previsti per la finanziabilità del debitore, violando i canoni della sana e prudente gestione ed aumentando il dissesto, a danno di tutta la massa dei creditori).[6]
È evidente che lo stato di crisi della società debitrice, conclamato con l’accesso al percorso di CNC, rende difficile (leggasi: quasi impossibile) per le banche erogare nuova finanza, salvo a seguito dell’autorizzazione di cui all’art. 22 CCII.[7]
Ad avviso di chi scrive la “nuova finanza” è da intendersi come la messa a disposizione di nuovi finanziamenti (anche in termini di nuove linee di credito) precedentemente inesistenti o comunque non operativi.
Così il tema dello “spauracchio” del ricorso abusivo del credito va confinato: la Suprema Corte ha chiarito che al fine della valutazione circa l’abusività della concessione di credito non conta tanto il fatto che il debitore sia in stato di crisi o di insolvenza e che gli (ulteriori) finanziamenti abbiano cagionato un ritardo nella dichiarazione di liquidazione giudiziale (già fallimento), bensì l’insussistenza di fondate prospettive di risanamento e di superamento dello stato di crisi/insolvenza, in base ad un criterio di ragionevolezza e di valutazione ex ante, ove pertanto il piano di risanamento (e verrebbe da dire il paino industriale) assumono primaria rilevanza per tali valutazioni.[8]
Del resto, nella prassi sovente accade che il sostegno bancario – anche nell’ipotesi di adempimento dei contratti bancari di finanziamento pendenti – rappresenti l’unico modo per poter perseguire in modo profittevole il risanamento dell’impresa, onde salvaguardare la continuità aziendale ed i relativi valori di funzionamento a beneficio di tutti i creditori (compresi le banche).
 
4. Conclusioni
Conclusivamente: qualora le misure protettive del patrimonio del debitore riguardino anche il creditore bancario, l’esclusione di quest’ultimo dal novero dei soggetti destinatari degli effetti della previsione di cui all’art. 18 quinto comma CCII, significherebbe di fatto minare alla radice la possibilità di risanamento per tutte quelle che hanno un modello di business che si fonda sul finanziamento bancario per il funzionamento del circolante.
In particolare, l’eventuale disapplicazione dell’art. 18 quinto comma CCII in relazione ai contratti di finanziamento “autoliquidanti” pendenti al momento di accesso dell’impresa alla CNC, comporterebbe l’impossibilità di proseguire nell’esercizio dell’impresa a deterioramento dell’integrità del valore e della continuità aziendale.
La norma in commento ha portata generale e si applica anche agli istituti bancari, ragione per cui laddove l’imprenditore si avvalga delle misure protettive deve ritenersi che anche le banche, al pari di tutti gli altri contraenti/creditori, siano soggette alle limitazioni dell’esercizio unilaterale dei diritti derivanti dai contratti sottoscritti, anche laddove questi siano contratti di finanziamento che non hanno trovato completa esecuzione, ivi compresi i “contratti bancari autoliquidanti” di cui all’art. 97, comma 14, CCI (norma che disciplina il concordato preventivo e richiamata per analogia).[9]
Fermo restando che per la conferma delle misure protettive del patrimonio dovranno essere valutate (solo) le seguenti circostanze: (i) se vi siano concrete trattative in corso, portate avanti dall’impresa debitrice con l’ausilio dell’esperto, nel segno della correttezza e buona fede; (ii) se le misure protettive siano (e continuino ad essere) strumentali per il buon esito delle trattative e per il risanamento dell’impresa; (iii) se, tenuto conto del bilanciamento degli interessi in gioco, le misure protettive non risultino sproporzionate rispetto al pregiudizio (ipotetico) in concreto arrecato ai creditori.
 
 
[1] Sul punto si veda S. Bonfatti, La disciplina e gli effetti della prosecuzione dei contratti bancari pendenti nella composizione negoziata della crisi d’impresa, del 29.3.2023 in dirittodellacrisi.it (https://dirittodellacrisi.it/articolo/la-disciplina-e-gli-effetti-della-prosecuzione-dei-contratti-bancari-pendenti-nella-composizione-negoziata-della-crisi-dimpresa).
[2] In tal senso cfr. Trib. Pescara del 5.5.2022, in Ilcaso.it.
[3] Così cfr. E. BISSOCOLI E A. TURCHI, Il ruolo dei creditori finanziari nella composizione negoziata: opportunità, rischi e proposta di linee guida, del 29.12.2022, in ilcaso.it.
[4] Sul richiamo all’art. 97 CCII per identificare i “contratti pendenti” ai fini dell’applicabilità dell’art. 18 quinto comma CCII si veda: Trib. di Trento del 23.9.2022, in Ilcaso.it, per il quale “E' indubbio che il contratto di locazione finanziaria rispetto al quale ancora pendano le scadenze di pagamento delle singole rate possa considerarsi pendente secondo la definizione di cui all’art. 18, comma 5, CCI, così come prevede l’art. 97 CCI in tema di concordato preventivo, il quale reca una particolare ed espressa disciplina per il caso di scioglimento del contratto di locazione finanziaria, con ciò includendolo tra i contratti pendenti che proseguono ma che possono essere oggetto di sospensione o scioglimento”.
[5] Sul punto si vedano: L. Panzani, Contratti pendenti nella composizione negoziata con speciale riferimento ai rapporti di credito bancario, 27.1.2023 in dirittodellacrisi.it (https://dirittodellacrisi.it/articolo/i-contratti-pendenti-nella-composizione-negoziata-con-speciale-riferimento-ai-rapporti-di-credito-bancario); P.G. CECCHINI, I contratti asimmetrici nella composizione negoziata, del 25.11.2021 in dirittodellacrisi.it (https://dirittodellacrisi.it/articolo/i-contratti-asimmetrici-nella-composizione-negoziata).
[6] Al riguardo cfr. Cass. 30.6.2021, n. 18610, e Cass. 14.9.2021, n. 24725, in tema di c.d. “concessione abusiva di credito”.
[7] Lo stato di crisi impone agli istituti di credito una verifica oltre la soglia di attenzione dell’accorto banchiere, ove una parte rilevante riguarda la valutazione prospettica sulle capacità di rimborso del cliente (c.d. forward looking approach).
[8] Si vedano le citate pronunzie della Suprema Corte: Cass. 30.6.2021, n. 18610, e Cass. 14.9.2021, n. 24725.
[9] Così anche una recente decisione del Tribunale Padova, 25 Settembre 2023. Est. Rossi, in dirittodellacrisi.it, che ha confermato l’interpretazione qui esposta, evidenziando riguardo l’apparente antinomia tra la norma citata e l’art. 16, comma 5, CCI che “tale ultima disposizione – prevista in termini generali per il caso di ricorso da parte dell’imprenditore alla procedura di composizione negoziata della crisi - trovi il proprio limite ove siano richieste e concesse misure protettive che riducono ulteriormente la libertà di determinazione del creditore (anche bancario), con riferimento ai contratti pendenti e agli inadempimenti pregressi.”

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