Solo il debitore può dare impulso al procedimento di composizione negoziata. La banca, quindi, può essere promotrice solo di una composizione negoziata che la riguardi; ipotesi non esclusa in linea teorica visto l'amplissimo ambito di applicazione soggettivo del nuovo istituto[10], ma certamente poco realistica.
In questa sede ci interessa la composizione negoziata del debitore della banca, del suo cliente. E questi ha un'esclusiva per l'accesso al percorso che, dunque, la banca in linea di principio subisce. Il ruolo del rapporto banca-impresa non è peraltro indifferente, anzi per certi aspetti è rafforzato nella disciplina del CCII.
Per un verso, infatti, il peggioramento dell'esposizione con le banche è valutata dal legislatore come uno dei segnali tipici della crisi che devono essere tenuti d'occhio dagli organi amministrativi e di controllo mediante le ben note misure idonee / adeguati assetti[11]; segnale reputato più sensibile di quello derivante dal rapporto con i fornitori e con i creditori pubblici rilevanti (ma meno di quello con i dipendenti)[12]. Per altro verso, poi, viene introdotto un canale di comunicazione diretto della banca con l'organo di controllo societario, se esistente, per quanto concerne l'evoluzione degli affidamenti[13].
Visti tali aspetti ci si può chiedere se la banca possa avere interesse a operare come un nudger[14] volontario; se, cioè, abbia o no convenienza a stimolare l'impresa debitrice ad accedere alla composizione negoziata. E, di converso, se comunque il ricorso a questo procedimento da parte del debitore sia, almeno tendenzialmente, vantaggioso o svantaggioso per la banca o, quantomeno se sia o no preferibile rispetto alle possibili alternative.
La risposta a tale domanda in parte viene da quel che si dirà dopo sulla specifica disciplina dell'istituto. C'è però un aspetto, per così dire a monte, che ipoteca l'impatto della composizione negoziata in sé sulle banche e che vale la pena di ricordare subito. Alludo alla complessa[15] disciplina bancaria dei crediti deteriorati (tanto complessa da giustificare, per una volta, il ricorso all'abusata immagine della selva oscura) che si articola in diversi segmenti (contabilità; accantonamenti di vigilanza prudenziale; segnalazioni a fini informativi pubblici, statistici e per vigilanza informativa) e che cercherò di sintetizzare nei punti essenziali che si intersecano con la disciplina della composizione negoziata[16].
Centrale in questa normativa è la nozione di default o credito deteriorato (NPE)[17] che obbliga la banca a contabilizzare in un certo modo e a operare accantonamenti ai fini della vigilanza prudenziale. Il credito è considerato deteriorato quando: a) c'è un arretrato rilevante[18] di oltre 90 giorni[19] nell'adempimento di un’obbligazione (c. d. Past Due o, come si esprime la nostra vigilanza, "inadempimenti persistenti"); b) la banca giudica improbabile che, senza il ricorso ad azioni quali escussione delle garanzie, il debitore adempia integralmente (c.d. Unlikely-To-Pay, in sintesi UTP o, come si esprime la nostra vigilanza, "inadempienze probabili")[20].
Benché la disciplina prudenziale sia identica, in Italia le segnalazioni di vigilanza[21] vanno effettuate distintamente per Past Due e per UTP e a queste due categorie si aggiunge quella delle sofferenze[22]. Va ricordato che mentre Past Due e sofferenze possono rilevarsi dal flusso di ritorno che le banche segnalanti ricevono dalla Centrale dei Rischi, gli UTP invece non lo sono[23]: ferme le conseguenze contabili e prudenziali, quindi, gli UTP restano notizie riservate alla singola banca segnalante e alla vigilanza.
Contabilmente non ci sono differenze nell'ambito del credito deteriorato. Benché anche qui vi sia una tripartizione[24], sulla base dell'IFRS 9 (basato, come noto, non più sull'occurred, ma sull'expected credit loss) tutto il deteriorato di qualsiasi specie per il quale si sia verificato un significativo incremento del rischio di credito rispetto alla previsione iniziale[25] va classificato in stage 3 (e, di converso, tutto ciò che va in stage 3 è considerato come deteriorato ai sensi dell'art. 47 bis CRR).
Anche per la disciplina prudenziale europea non ci sono differenze. Per tutti i crediti deteriorati vale il c.d. calendar provisioning[26] di cui esistono due versioni che si cumulano fra loro: a) quella vincolante (c.d. backstop), contenuta nella CRR e che riguarda il c.d. primo pilastro di Basilea[27] e b) quella non vincolante "auspicata" dalla vigilanza, contenuta nelle Linee Guida BCE e concernente il secondo pilastro di Basilea[28]. In base a tali criteri il credito deteriorato va "ridotto" ai fini della vigilanza fino ad arrivare al suo totale azzeramento e, quindi, implica per la banca un maggior costo di capitale.
Riguardo alle esposizioni deteriorate va, infine, notato che un upgrade (vale a dire un ritorno alla classificazione come performing) è possibile solo se sono passati almeno tre mesi dal momento in cui la condizione della classificazione come deteriorata è venuta meno[29]. Se però sono state accordate misure di forbearance[30] (di concessione) allora le regole cambiano. Premesso che il credito forborne può essere sia performing sia non performing e che la misura di concessione non comporta di per sé il downgrade del credito[31] va ricordato che, ai sensi del già citato art. 47 bis CRR, il ritorno in bonis di un’esposizione non performing forborne richiede: (i) il venir meno della condizione che ha dato luogo alla classificazione del credito come deteriorato; (ii) il decorso di un anno di c.d. cure period dal momento delle misure di concessione o, se posteriore, dalla data di classificazione come deteriorata; (iii) il fatto che dopo la forbearance non vi siano più stati ritardi nei pagamenti; (iv) la diagnosi positiva della banca sull'integrale rimborso del credito a scadenza. Dopo l’anno di cure period il credito diventa performing forborne: per perdere l'attributo di forborne[32] è previsto un probation period di due anni durante i quali devono esservi: pagamenti regolari per almeno la metà del periodo e nessuna esposizione scaduta da oltre 30 giorni (in tal caso la posizione torna a essere deteriorata, come anche nel caso di nuove misure di concessione).
In sostanza, anche se performing, il credito forborne è un sorvegliato speciale soggetto a un regime di maggiore severità rispetto agli altri (Past Due dopo trenta giorni invece che novanta; ritorno allo status di non performing in conseguenza di nuove misure di concessione).
Il concetto di fondo di questa complessa disciplina, in sostanza, è che la cattiva qualità del credito costa alla banca sia in termini contabili che di vigilanza prudenziale. La disciplina bancaria, in effetti, non è scritta per agevolare il risanamento delle imprese debitrici in crisi, ma per migliorare gli attivi delle banche e pulire i loro bilanci. Le linee di politica del diritto sulla vigilanza bancaria e sulla crisi di impresa sembrano, dunque, divergere benché si tratti di discipline che hanno una comune matrice unionale[33].
A fronte di quanto appena visto, ci si deve chiedere come vanno considerati i crediti nei confronti del debitore che accede alla composizione negoziata; in altri termini, se l’istanza di accesso a tale procedimento abbia immediate conseguenze sulla classificazione del credito. In particolare, fermo restando che il flusso del tempo è inesorabile e, pertanto, il decorso infruttuoso di novanta giorni dalla scadenza rende il credito Past Due, e quindi deteriorato, a prescindere dalla composizione negoziata (e, dunque, anche se tale percorso viene intrapreso), la domanda è se l'istanza di nomina dell'esperto – vale a dire l'accesso alla composizione negoziata – comporti di per sé la qualificazione del credito come UTP, e pertanto in default ai sensi della disciplina prudenziale europea.
In sé, come s'è visto, la qualificazione come UTP è scevra da automatismi e richiede la valutazione discrezionale della banca[34], sia pur tenendo conto dei sintomi pignolamente indicati nella regolazione unionale[35].
Tuttavia, per quanto riguarda il nostro Paese, esistono regole espresse per l'ipotesi del concordato in bianco e di quello in continuità[36]: in questi casi è prevista l'automatica catalogazione in UTP (sempre che non sia dovuta quella a sofferenza). Ci si può chiedere, allora, se questi automatismi normativi debbano valere anche per la composizione negoziata.
La risposta credo debba essere senz'altro negativa perché le regole appena citate per il caso del concordato in bianco e di quello in continuità sono certamente eccezionali in deroga al criterio generale dell'obbligo della banca di procedere a una valutazione caso per caso.
Resta però il problema di come in concreto devono comportarsi le banche per essere compliant con la normativa, per lo meno se, ed eventualmente fino a quando, Banca d'Italia non darà indicazioni prescrittive in materia.
L'argomento forte a favore di un automatico (benché, come s'è visto, non normativamente imposto) passaggio a UTP, che prudenzialmente risulta essere adottato da una parte significativa del sistema bancario, consiste nel parallelo con il concordato in bianco[37]; presupposto della composizione negoziata – si osserva – è come minimo la "confessione" di una situazione di probabilità di crisi (ma, in ipotesi, anche di crisi e di insolvenza purché reversibile). Del resto, può aggiungersi, la classificazione del credito come UTP pur comportando la segnalazione alla Centrale dei Rischi e tutte le conseguenze contabili e di vigilanza di qualsiasi credito deteriorato, non è comunicato alle altre banche con cui lavora l’impresa debitrice e non dovrebbe, dunque, dar luogo a fenomeni di contagio.
In senso contrario può, però, obiettarsi che non sempre alla base di una composizione negoziata vi è uno stato di crisi o di insolvenza come invece avviene per il concordato, anche in quello con riserva; l'istanza di nomina dell'esperto, infatti, può – anzi auspicabilmente dovrebbe – essere presentata anche in una situazione di probabilità di crisi[38]. Inoltre, l'impresa in composizione negoziata non gode automaticamente di misure protettive del suo patrimonio, ma solo se dichiara di volersene avvalere e con successiva conferma da parte dell'autorità giudiziaria; al momento dell'emanazione dei citati provvedimenti di Banca d'Italia, invece, il concordato, anche quello in bianco, era assistito dal c.d. automatic stay[39] che impediva l'avvio o la prosecuzione di iniziative cautelari ed esecutive contro il debitore. Infine, nella composizione negoziata, non solo il debitore può fare un ricorso selettivo alle misure di protezione, ma anche quando vi ricorra ciò non gli impedisce affatto di procedere a pagamenti spontanei[40]. In aggiunta a questi argomenti, aggiungo un inconveniente non da poco: se il credito esistente diventa UTP anche l'eventuale nuova finanza nasce come UTP ed è quindi meno facile a verificarsi per il maggior costo che implica per la banca.
Per meglio comprendere l'inopportunità di automatismi da parte delle banche, è utile un esempio, immaginando un’impresa non ancora tecnicamente in crisi ma che presenta uno squilibrio economico che la rende probabile[41]. Questa impresa, che sta adempiendo regolarmente le sue obbligazioni verso la banca, gioca d’anticipo, prima che la crisi sia conclamata (come il legislatore, anche europeo, fortemente auspica), e accede alla composizione negoziata senza chiedere misure di protezione, intendendo anzi continuare a onorare spontaneamente e regolarmente le sue obbligazioni.
Mi pare indubbio che, in questo caso, un trigger automatico di passaggio a UTP sarebbe del tutto inopportuno giacché a un’iniziativa tempestiva dell’impresa debitrice corrisponderebbe un effetto deteriore (il degrado del debito a UTP) sia per lei sia per la stessa banca creditrice[42]. In sostanza, la composizione negoziata ha caratteristiche, diverse da quelle del concordato e delle procedure concorsuali[43], tali da escludere un automatismo[44].
Il discorso, però, può essere diverso se il debitore si avvalga di misure di protezione del patrimonio. In questo caso l’esperienza pratica indica che presumibilmente la situazione è già di crisi se non addirittura di insolvenza[45]. In questa ipotesi, allora, pur dovendosi comunque scartare qualunque automatismo, vi è un sintomo forte di probabilità dell'inadempimento e, quindi, della necessità di passaggio a deteriorato nella forma di UTP se non addirittura di sofferenza[46].
I vantaggi di questa soluzione eclettica, al di là della circostanza che senza misure protettive teoricamente la banca potrebbe anche non essere a conoscenza della composizione negoziata (p.e., se non viene invitata a partecipare alle trattative), sono diversi.
In primo luogo, essa è coerente con il fatto che la composizione negoziata non è una procedura concorsuale, ma solo una trattativa non necessariamente turbo-assistita dal blocco delle azioni cautelari ed esecutive, in mancanza delle quali non si comprende perché il credito della banca debba considerarsi deteriorato; in secondo luogo, perché è coerente con l’art. 16, comma 5, seconda frase, CCII, ove chiaramente si afferma che, di per sé, l’accesso alla composizione negoziata non altera il rapporto obbligatorio tanto da far sopravvivere l’utilizzabilità delle linee di credito accordate e non ancora consumate dal cliente; in terzo luogo, perché incentiva la tempestività a ricorrere alla composizione negoziata e ne agevola quindi il possibile esito positivo.