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Saggio

Le banche e la composizione negoziata della crisi*

Gaetano Presti, Professore ordinario di Diritto commerciale presso l'Università Cattolica di Milano

9 Febbraio 2023

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
*Lo scritto costituisce una rielaborazione della relazione tenuta dall’A. al XXIX Convegno nazionale di studi dell’Associazione Albese Studi di diritto commerciale, tenutosi ad Alba il 26 novembre 2022, dal titolo “Stagflazione, guerra, pandemia: il Codice della crisi alla prova dei fatti”; è destinato alla raccolta degli atti del medesimo convegno a cura di L. Panzani.
L’A. si sofferma su ruolo e posizione delle banche nella composizione negoziata della crisi.
Riproduzione riservata
1 . Premessa
Mi occuperò della banca di fronte alla più recente novità della disciplina della crisi: la composizione negoziata che ha preso il posto della composizione assistita e che conseguentemente ha comportato anche una rivisitazione degli strumenti di allerta[1]. Sono consapevole della circostanza che finora il nuovo istituto ha avuto un successo alquanto modesto, sia per quantità sia per qualità delle istanze presentate[2], ma non è escluso che in futuro il panorama possa evolversi. Al momento vi sono segnali, non ancora decisivi ma non disprezzabili, di un trend di aumento sia della quantità sia della qualità delle istanze di accesso al nuovo procedimento.
Prima di cominciare due brevi premesse.
La prima riguarda l'ubi consistam della composizione negoziata: che cos’è, o meglio in cosa differisce da una normale trattativa con i creditori.
L'aspetto qualificante, anche formalmente[3], è la nomina (da parte di un’apposita commissione regionale, su istanza dell’impresa debitrice) di un soggetto terzo – competente, riservato, imparziale e indipendente (artt. 12 e 16 CCII) –, cioè l'esperto c.d. facilitatore la cui funzione consiste nell'agevolare le trattative fra debitore e creditori.
Trattative che restano nell'ambito del diritto contrattuale e sono governate, dunque, dall'autonomia privata, salvo che tutti i soggetti interessati sono obbligati a parteciparvi collaborando lealmente e salva la presenza di alcuni ausili di cui il debitore, talvolta ma non sempre sotto il controllo giudiziale[4], si può avvalere per quanto riguarda sia la fase delle trattative[5], sia quella finale[6]. 
In sintesi, nelle trattative possono inserirsi frammenti di disciplina propri delle procedure concorsuali benché la composizione negoziata pacificamente non lo sia[7]. E le ragioni per cui non lo è sono talmente evidenti da non meritare, quanto meno in questa sede, alcun indugio.
Questo apparato agevolatorio (Abriani ha efficacemente parlato di "turbotrattativa"[8]) ha un duplice costo: il primo è quello diretto del compenso dell'esperto; il secondo è quello di un vincolo alla gestione. E' vero, infatti, che, ai sensi dell'art. 21 CCII, "nel corso delle trattative l'imprenditore conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell'impresa" e, dunque, non vi è alcuna forma di spossessamento. Tuttavia, per quanto concerne l'attività nel suo complesso, "l'imprenditore in stato di crisi [oltre a dover programmare l'exit dalla situazione di crisi][9] gestisce l'impresa in modo da evitare pregiudizio alla sostenibilità economico-finanziaria dell'attività. Quando, nel corso della composizione negoziata, risulta che l'imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l'impresa nel prevalente interesse dei creditori. Restano ferme le responsabilità dell'imprenditore"; e, per quanto riguarda i singoli atti, ai sensi del secondo comma dello stesso articolo, "l'imprenditore informa preventivamente l'esperto, per iscritto, del compimento di atti di straordinaria amministrazione nonché dell'esecuzione di pagamenti che non sono coerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento". E da questa informazione si può innescare una spirale di azioni e reazioni, comunque ben lontana da uno spossessamento anche solo in forma attenuata.
La seconda premessa, ancor più breve, riguarda i ruoli che la banca può avere nella composizione negoziata. In estrema sintesi l'ente creditizio può essere interessato al procedimento come eventuale promotore (par. 2); come creditore e come controparte contrattuale, distinguendo tra effetti automatici ed eventuali dell’accesso alla composizione negoziata (parr. 3 e 4); come finanziatore (par. 5); infine, come soggetto che conclude, o subisce gli effetti, di operazioni durante la o in conclusione della composizione negoziata (par. 6).
Di questi profili mi occuperò nei paragrafi che seguono.
2 . La banca come promotrice
Solo il debitore può dare impulso al procedimento di composizione negoziata. La banca, quindi, può essere promotrice solo di una composizione negoziata che la riguardi; ipotesi non esclusa in linea teorica visto l'amplissimo ambito di applicazione soggettivo del nuovo istituto[10], ma certamente poco realistica.
In questa sede ci interessa la composizione negoziata del debitore della banca, del suo cliente. E questi ha un'esclusiva per l'accesso al percorso che, dunque, la banca in linea di principio subisce. Il ruolo del rapporto banca-impresa non è peraltro indifferente, anzi per certi aspetti è rafforzato nella disciplina del CCII. 
Per un verso, infatti, il peggioramento dell'esposizione con le banche è valutata dal legislatore come uno dei segnali tipici della crisi che devono essere tenuti d'occhio dagli organi amministrativi e di controllo mediante le ben note misure idonee / adeguati assetti[11]; segnale reputato più sensibile di quello derivante dal rapporto con i fornitori e con i creditori pubblici rilevanti (ma meno di quello con i dipendenti)[12]. Per altro verso, poi, viene introdotto un canale di comunicazione diretto della banca con l'organo di controllo societario, se esistente, per quanto concerne l'evoluzione degli affidamenti[13].
Visti tali aspetti ci si può chiedere se la banca possa avere interesse a operare come un nudger[14] volontario; se, cioè, abbia o no convenienza a stimolare l'impresa debitrice ad accedere alla composizione negoziata. E, di converso, se comunque il ricorso a questo procedimento da parte del debitore sia, almeno tendenzialmente, vantaggioso o svantaggioso per la banca o, quantomeno se sia o no preferibile rispetto alle possibili alternative.
La risposta a tale domanda in parte viene da quel che si dirà dopo sulla specifica disciplina dell'istituto. C'è però un aspetto, per così dire a monte, che ipoteca l'impatto della composizione negoziata in sé sulle banche e che vale la pena di ricordare subito. Alludo alla complessa[15] disciplina bancaria dei crediti deteriorati (tanto complessa da giustificare, per una volta, il ricorso all'abusata immagine della selva oscura) che si articola in diversi segmenti (contabilità; accantonamenti di vigilanza prudenziale; segnalazioni a fini informativi pubblici, statistici e per vigilanza informativa) e che cercherò di sintetizzare nei punti essenziali che si intersecano con la disciplina della composizione negoziata[16].
Centrale in questa normativa è la nozione di default o credito deteriorato (NPE)[17] che obbliga la banca a contabilizzare in un certo modo e a operare accantonamenti ai fini della vigilanza prudenziale. Il credito è considerato deteriorato quando: a) c'è un arretrato rilevante[18] di oltre 90 giorni[19] nell'adempimento di un’obbligazione (c. d. Past Due o, come si esprime la nostra vigilanza, "inadempimenti persistenti"); b) la banca giudica improbabile che, senza il ricorso ad azioni quali escussione delle garanzie, il debitore adempia integralmente (c.d. Unlikely-To-Pay, in sintesi UTP o, come si esprime la nostra vigilanza, "inadempienze probabili")[20].
Benché la disciplina prudenziale sia identica, in Italia le segnalazioni di vigilanza[21] vanno effettuate distintamente per Past Due e per UTP e a queste due categorie si aggiunge quella delle sofferenze[22]. Va ricordato che mentre Past Due e sofferenze possono rilevarsi dal flusso di ritorno che le banche segnalanti ricevono dalla Centrale dei Rischi, gli UTP invece non lo sono[23]: ferme le conseguenze contabili e prudenziali, quindi, gli UTP restano notizie riservate alla singola banca segnalante e alla vigilanza. 
Contabilmente non ci sono differenze nell'ambito del credito deteriorato. Benché anche qui vi sia una tripartizione[24], sulla base dell'IFRS 9 (basato, come noto, non più sull'occurred, ma sull'expected credit loss) tutto il deteriorato di qualsiasi specie per il quale si sia verificato un significativo incremento del rischio di credito rispetto alla previsione iniziale[25] va classificato in stage 3 (e, di converso, tutto ciò che va in stage 3 è considerato come deteriorato ai sensi dell'art. 47 bis CRR). 
Anche per la disciplina prudenziale europea non ci sono differenze. Per tutti i crediti deteriorati vale il c.d. calendar provisioning[26] di cui esistono due versioni che si cumulano fra loro: a) quella vincolante (c.d. backstop), contenuta nella CRR e che riguarda il c.d. primo pilastro di Basilea[27] e b) quella non vincolante "auspicata" dalla vigilanza, contenuta nelle Linee Guida BCE e concernente il secondo pilastro di Basilea[28]. In base a tali criteri il credito deteriorato va "ridotto" ai fini della vigilanza fino ad arrivare al suo totale azzeramento e, quindi, implica per la banca un maggior costo di capitale. 
Riguardo alle esposizioni deteriorate va, infine, notato che un upgrade (vale a dire un ritorno alla classificazione come performing) è possibile solo se sono passati almeno tre mesi dal momento in cui la condizione della classificazione come deteriorata è venuta meno[29]. Se però sono state accordate misure di forbearance[30] (di concessione) allora le regole cambiano. Premesso che il credito forborne può essere sia performing sia non performing e che la misura di concessione non comporta di per sé il downgrade del credito[31] va ricordato che, ai sensi del già citato art. 47 bis CRR, il ritorno in bonis di un’esposizione non performing forborne richiede: (i) il venir meno della condizione che ha dato luogo alla classificazione del credito come deteriorato; (ii) il decorso di un anno di c.d. cure period dal momento delle misure di concessione o, se posteriore, dalla data di classificazione come deteriorata; (iii) il fatto che dopo la forbearance non vi siano più stati ritardi nei pagamenti; (iv) la diagnosi positiva della banca sull'integrale rimborso del credito a scadenza. Dopo l’anno di cure period il credito diventa performing forborne: per perdere l'attributo di forborne[32] è previsto un probation period di due anni durante i quali devono esservi: pagamenti regolari per almeno la metà del periodo e nessuna esposizione scaduta da oltre 30 giorni (in tal caso la posizione torna a essere deteriorata, come anche nel caso di nuove misure di concessione).
In sostanza, anche se performing, il credito forborne è un sorvegliato speciale soggetto a un regime di maggiore severità rispetto agli altri (Past Due dopo trenta giorni invece che novanta; ritorno allo status di non performing in conseguenza di nuove misure di concessione).
Il concetto di fondo di questa complessa disciplina, in sostanza, è che la cattiva qualità del credito costa alla banca sia in termini contabili che di vigilanza prudenziale. La disciplina bancaria, in effetti, non è scritta per agevolare il risanamento delle imprese debitrici in crisi, ma per migliorare gli attivi delle banche e pulire i loro bilanci. Le linee di politica del diritto sulla vigilanza bancaria e sulla crisi di impresa sembrano, dunque, divergere benché si tratti di discipline che hanno una comune matrice unionale[33]. 
A fronte di quanto appena visto, ci si deve chiedere come vanno considerati i crediti nei confronti del debitore che accede alla composizione negoziata; in altri termini, se l’istanza di accesso a tale procedimento abbia immediate conseguenze sulla classificazione del credito. In particolare, fermo restando che il flusso del tempo è inesorabile e, pertanto, il decorso infruttuoso di novanta giorni dalla scadenza rende il credito Past Due, e quindi deteriorato, a prescindere dalla composizione negoziata (e, dunque, anche se tale percorso viene intrapreso), la domanda è se l'istanza di nomina dell'esperto – vale a dire l'accesso alla composizione negoziata – comporti di per sé la qualificazione del credito come UTP, e pertanto in default ai sensi della disciplina prudenziale europea.
In sé, come s'è visto, la qualificazione come UTP è scevra da automatismi e richiede la valutazione discrezionale della banca[34], sia pur tenendo conto dei sintomi pignolamente indicati nella regolazione unionale[35].
Tuttavia, per quanto riguarda il nostro Paese, esistono regole espresse per l'ipotesi del concordato in bianco e di quello in continuità[36]: in questi casi è prevista l'automatica catalogazione in UTP (sempre che non sia dovuta quella a sofferenza). Ci si può chiedere, allora, se questi automatismi normativi debbano valere anche per la composizione negoziata.
La risposta credo debba essere senz'altro negativa perché le regole appena citate per il caso del concordato in bianco e di quello in continuità sono certamente eccezionali in deroga al criterio generale dell'obbligo della banca di procedere a una valutazione caso per caso. 
Resta però il problema di come in concreto devono comportarsi le banche per essere compliant con la normativa, per lo meno se, ed eventualmente fino a quando, Banca d'Italia non darà indicazioni prescrittive in materia.
L'argomento forte a favore di un automatico (benché, come s'è visto, non normativamente imposto) passaggio a UTP, che prudenzialmente risulta essere adottato da una parte significativa del sistema bancario, consiste nel parallelo con il concordato in bianco[37]; presupposto della composizione negoziata – si osserva – è come minimo la "confessione" di una situazione di probabilità di crisi (ma, in ipotesi, anche di crisi e di insolvenza purché reversibile). Del resto, può aggiungersi, la classificazione del credito come UTP pur comportando la segnalazione alla Centrale dei Rischi e tutte le conseguenze contabili e di vigilanza di qualsiasi credito deteriorato, non è comunicato alle altre banche con cui lavora l’impresa debitrice e non dovrebbe, dunque, dar luogo a fenomeni di contagio.
In senso contrario può, però, obiettarsi che non sempre alla base di una composizione negoziata vi è uno stato di crisi o di insolvenza come invece avviene per il concordato, anche in quello con riserva; l'istanza di nomina dell'esperto, infatti, può – anzi auspicabilmente dovrebbe – essere presentata anche in una situazione di probabilità di crisi[38]. Inoltre, l'impresa in composizione negoziata non gode automaticamente di misure protettive del suo patrimonio, ma solo se dichiara di volersene avvalere e con successiva conferma da parte dell'autorità giudiziaria; al momento dell'emanazione dei citati provvedimenti di Banca d'Italia, invece, il concordato, anche quello in bianco, era assistito dal c.d. automatic stay[39] che impediva l'avvio o la prosecuzione di iniziative cautelari ed esecutive contro il debitore. Infine, nella composizione negoziata, non solo il debitore può fare un ricorso selettivo alle misure di protezione, ma anche quando vi ricorra ciò non gli impedisce affatto di procedere a pagamenti spontanei[40]. In aggiunta a questi argomenti, aggiungo un inconveniente non da poco: se il credito esistente diventa UTP anche l'eventuale nuova finanza nasce come UTP ed è quindi meno facile a verificarsi per il maggior costo che implica per la banca.
Per meglio comprendere l'inopportunità di automatismi da parte delle banche, è utile un esempio, immaginando un’impresa non ancora tecnicamente in crisi ma che presenta uno squilibrio economico che la rende probabile[41]. Questa impresa, che sta adempiendo regolarmente le sue obbligazioni verso la banca, gioca d’anticipo, prima che la crisi sia conclamata (come il legislatore, anche europeo, fortemente auspica), e accede alla composizione negoziata senza chiedere misure di protezione, intendendo anzi continuare a onorare spontaneamente e regolarmente le sue obbligazioni.
Mi pare indubbio che, in questo caso, un trigger automatico di passaggio a UTP sarebbe del tutto inopportuno giacché a un’iniziativa tempestiva dell’impresa debitrice corrisponderebbe un effetto deteriore (il degrado del debito a UTP) sia per lei sia per la stessa banca creditrice[42]. In sostanza, la composizione negoziata ha caratteristiche, diverse da quelle del concordato e delle procedure concorsuali[43], tali da escludere un automatismo[44]. 
Il discorso, però, può essere diverso se il debitore si avvalga di misure di protezione del patrimonio. In questo caso l’esperienza pratica indica che presumibilmente la situazione è già di crisi se non addirittura di insolvenza[45]. In questa ipotesi, allora, pur dovendosi comunque scartare qualunque automatismo, vi è un sintomo forte di probabilità dell'inadempimento e, quindi, della necessità di passaggio a deteriorato nella forma di UTP se non addirittura di sofferenza[46].
I vantaggi di questa soluzione eclettica, al di là della circostanza che senza misure protettive teoricamente la banca potrebbe anche non essere a conoscenza della composizione negoziata (p.e., se non viene invitata a partecipare alle trattative), sono diversi. 
In primo luogo, essa è coerente con il fatto che la composizione negoziata non è una procedura concorsuale, ma solo una trattativa non necessariamente turbo-assistita dal blocco delle azioni cautelari ed esecutive, in mancanza delle quali non si comprende perché il credito della banca debba considerarsi deteriorato; in secondo luogo, perché è coerente con l’art. 16, comma 5, seconda frase, CCII, ove chiaramente si afferma che, di per sé, l’accesso alla composizione negoziata non altera il rapporto obbligatorio tanto da far sopravvivere l’utilizzabilità delle linee di credito accordate e non ancora consumate dal cliente; in terzo luogo, perché incentiva la tempestività a ricorrere alla composizione negoziata e ne agevola quindi il possibile esito positivo.
3 . La banca come creditrice e controparte: gli effetti automatici dell'accesso alla composizione negoziata
Occorre adesso vedere gli effetti che la banca subisce per via dell'accesso dell'impresa debitrice alla composizione negoziata. Cominciamo con quelli automaticamente e direttamente connessi all'avvio della procedura[47]. 
Anzitutto, vi è il dovere di correttezza e buona fede (artt. 4, comma 4 e 16, comma 6) che vale per tutti i soggetti coinvolti e, con una certa bulimia, per ogni scenario di crisi.
In termini generali occorre ricordare l'art. 4, comma 1, CCII secondo cui "nella composizione negoziata, nel corso delle trattative e dei procedimenti per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, debitore e creditori devono comportarsi secondo buona fede e correttezza" e il comma 4 della stessa norma in base al quale "i creditori hanno il dovere di collaborare lealmente con il debitore, con l’esperto nella composizione negoziata e con gli organi nominati dall’autorità giudiziaria e amministrativa e di rispettare l’obbligo di riservatezza sulla situazione del debitore, sulle iniziative da questi assunte e sulle informazioni acquisite. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 16, commi 5 e 6".
Vi sono poi norme ad hoc che, per la composizione negoziata, integrano quelle generali: l'art. 16, comma 6, CCII per cui "tutte le parti coinvolte nelle trattative hanno il dovere di collaborare lealmente e in modo sollecito con l'imprenditore e con l'esperto e rispettano l'obbligo di riservatezza sulla situazione dell'imprenditore, sulle iniziative da questi assunte o programmate e sulle informazioni acquisite nel corso delle trattative. Le medesime parti danno riscontro alle proposte e alle richieste che ricevono durante le trattative con risposta tempestiva e motivata"e l'art .17, comma 5, ultima frase, CCII secondo cui "nel corso delle trattative l'esperto può invitare le parti a rideterminare, secondo buona fede, il contenuto dei contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa o se è alterato l’equilibrio del rapporto in ragione di circostanze sopravvenute. Le parti sono tenute a collaborare tra loro per rideterminare il contenuto del contratto o adeguare le prestazioni alle mutate condizioni"[48]
Per le banche in particolare, poi, nell'ambito della composizione negoziata, ci sono ulteriori disposizioni. In primo luogo, l'art. 16, comma 5, CCII: "Le banche e gli intermediari finanziari, i loro mandatari e i cessionari dei loro crediti sono tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato". Ma non solo; infatti, ai sensi della seconda e terza frase dello stesso comma, "l'accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce di per sé causa di sospensione e di revoca degli affidamenti bancari concessi all'imprenditore. In ogni caso la sospensione o la revoca degli affidamenti possono essere disposte se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale, con comunicazione che dà conto delle ragioni della decisione assunta"[49].
Due domande emergono immediatamente dalla lettura di queste sovrabbondanti disposizioni.
La prima ha per oggetto il quesito in cosa consista effettivamente la buona fede "rinforzata" (la partecipazione alle trattative in modo attivo e informato che si aggiunge a correttezza, buona fede, lealtà, collaborazione sollecita, riservatezza, dovere di risposte tempestive e motivate cui sono tenuti tutti i creditori) che deve essere osservata non solo dalle banche e dagli intermediari finanziari, ma anche, molto opportunamente, dai loro cessionari e mandatari[50], che spesso si sono rivelati soggetti con cui il dialogo è difficile.
In mancanza, al momento, di una qualsiasi casistica credo si debba essere molto cauti al riguardo. Tuttavia, per quanto riguarda la concretizzazione della partecipazione attiva, è possibile prospettare che la banca e gli altri soggetti indicati siano obbligati a prestare consulenza al debitore nella redazione del piano[51] cui le trattative sono finalizzate, quanto meno per esporgli le conseguenze regolatorie dei suoi possibili comportamenti e delle sue proposte[52]. Insomma, non solo la banca deve partecipare alle trattative e non può limitarsi a un just-say-no perché questi comportamenti sono preclusi a tutti i creditori; ma neppure può limitarsi a un just-say-yes meramente passivo e acritico.
Dall'altro lato, per quanto concerne la c.d. partecipazione informata si può ritenere che la banca, oltre a dovere essere proattiva coinvolgendo nel negoziato suoi esponenti che siano effettivamente informati sulla situazione del cliente e in grado di assumere (o, quanto meno, di provocare) decisioni rapide, debba anche informare il cliente sullo stato del suo credito e sui suoi possibili sviluppi. Non penso, invece, che la banca sia tenuta a comunicare al cliente la valutazione contabile del credito vantato nei suoi confronti, vale a dire informarlo su quanto è stato accantonato a fondo rischi (ovvero sull'importo per cui il credito è stato svalutato). Si tratta, infatti, di una informazione sensibile che, se nota al cliente, potrebbe agevolare suoi comportamenti opportunistici di moral hazard. Da valutare è, però, in altra prospettiva, se questa non sia un'informazione da fornire all'esperto, sfruttando la sua terzietà e il suo dovere di riservatezza che, direi, riguarda quanto l'esperto viene a sapere nel corso del suo incarico non solo dal cliente ma anche dai creditori.
Infine, ci si può chiedere se sia conforme alla buona fede rinforzata cui la banca è tenuta la cessione del credito nell'ambito di una cartolarizzazione senza offrire una prima chance di definizione a stralcio al debitore in composizione negoziata; in altri termini, se sia da reputarsi scorretto il comportamento della banca che consenta al cessionario di appropriarsi dell’eventuale differenza tra quanto il debitore effettivamente pagherà e il prezzo a cui la banca è disponibile a cedere pro soluto il credito. La mia risposta è tendenzialmente negativa perché dal dovere specifico della banca di partecipare in modo attivo e informato alle trattative non mi sembra desumibile un vulnus così forte alla sua libertà negoziale. Ferma questa premessa, tuttavia, non mi sento di escludere in assoluto che, in specifiche situazioni concrete, il comportamento della banca possa essere considerato censurabile. 
La seconda domanda riguarda il significato della circostanza che l'accesso alla composizione negoziata non è per sé causa di sospensione o revoca degli affidamenti, considerato che sospensione o revoca (o meglio, recesso[53]) sono comunque possibili "se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale"(quasi che vi fosse una mitica "signora della disciplina di vigilanza prudenziale" che gentilmente chiede o perentoriamente ordina[54]) e purché vi sia"comunicazione che dà conto delle ragioni della decisione assunta"[55].
Al riguardo, direi che la norma è molto meno invasiva di quanto il suo incipit farebbe immaginare. In sostanza, premesso che la disposizione non sembra alludere a specifiche disposizioni individuali di vigilanza che richiedano la sospensione o la revoca, la norma si limita a escludere che, di per sé, l'istanza di nomina sia sufficiente per giustificare il recesso della banca e, dunque, a fortiori, che sia possibile il recesso ad nutum. Esso rimane invece possibile per ogni ipotizzabile giusta causa attinente al merito del rapporto contrattuale e, in ogni caso, se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale. In definitiva, si tratta solo di un obbligo di motivazione (scritta, benché la norma non preveda espressamente una forma sacramentale) – che, per quanto concerne l'ipotesi residuale, deve essere coerente con la disciplina di vigilanza prudenziale – e di un'inversione dell'onere della prova sull'abuso[56]. In altri termini: mentre fuori dalla composizione negoziale è onere del cliente dimostrare la contrarietà a buona fede, cioè l'abuso, del comportamento della banca che gli revochi le linee di credito, durante la composizione negoziata, invece, è onere della banca motivare ex ante per iscritto le ragioni della revoca che, qualora non sia basata su fatti diversi dall'accesso alla composizione negoziata[57], deve essere coerente con (anzi deve essere comportamento imposto[58] dal) la disciplina di vigilanza prudenziale.
Ferma restando tale ridotta valenza della norma, il suo significato è che di regola la turbotrattativa non fa venir meno gli affidamenti, cioè non impedisce di disporre dell'accordato non ancora utilizzato. Vista la collocazione della norma nello stesso comma che rafforza la buona fede dovuta dalla banca, direi che si tratta di una sua concretizzazione derivante dalla valutazione legislativa che, in sé, siamo solo di fronte a un percorso di negoziazione commerciale che non altera le condizioni sulla cui base originariamente l'affidamento era stato concesso. In questo senso, non concordo con la tesi, pur autorevolmente sostenuta[59], secondo cui la norma, se interpretata nel senso di mantenere l'obbligo della banca di far fruire il cliente del fido concesso e non ancora utilizzato, sarebbe contraddittoria con la natura di impresa privata della banca nonché con le norme sulla moratoria (art. 62, comma 3, CCII) e sugli accordi di ristrutturazione a efficacia estesa (art. 61, comma 4, CCII)[60]: in sede di composizione negoziata, si tratta solo di far permanere gli effetti di un contratto preesistente, che era stato spontaneamente stipulato, in presenza di un evento che, di per sé, non altera il quadro di riferimento[61]. Per questa stessa ragione, e sempre in disaccordo con la dottrina appena citata reputo che tale disposizione si applichi solo ai contratti che danno al cliente una disponibilità: quindi, per esemplificare, all'apertura di credito nelle sue varie forme, ma non al mutuo[62].
Naturalmente, il credito che eventualmente nasca in favore della banca a seguito di un'utilizzazione dell'affidamento dopo l'avvio della composizione negoziata non è assistito dalla prededuzione in quanto non si appoggia a un'autorizzazione giudiziale (v. anche infra, par. 5) e, come si è visto, se l'eventuale credito già esistente era stato declassato a deteriorato, nasce con questa medesima caratteristica. 
4 . Segue. Gli effetti eventuali dell'accesso alla composizione negoziata
Venendo agli effetti eventuali, cioè a quelli che non sono conseguenza automatica dell'accesso alla composizione negoziata, l'attenzione è subito richiamata dalle misure di protezione che, come noto, non sono automatiche, ma dipendono dalla decisione dell'imprenditore, poi soggetta a conferma da parte dell'autorità giudiziaria.
L’imprenditore, con l’istanza di nomina dell’esperto, o anche successivamente, può chiedere l’applicazione di misure protettive del suo patrimonio. Dal momento in cui tale istanza è pubblicata nel registro delle imprese unitamente all’accettazione della nomina da parte dell’esperto, i creditori interessati[63] (tra cui, si badi, non possono esservi i lavoratori) non possono: (a) “iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l'attività d'impresa”; (b) “acquisire diritti di prelazione se non concordati con l'imprenditore” (art. 18, comma 1, CCII). Dalla stessa data di pubblicazione neppure può essere pronunciata la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza (art. 18, comma 4, CCII).
Tutte queste misure, che inizialmente dipendono dalla mera volontà del debitore, sono soggette al giudizio di conferma da parte del Tribunale competente ai sensi dell’art. 19 CCII[64]. Direttamente al Tribunale possono poi essere chieste le misure cautelari necessarie per condurre a termine le trattative[65].
Va sottolineato che le misure di protezione del patrimonio del debitore (e, si ricordi, dei beni e dei diritti con i quali viene esercitata l’attività: quindi, anche di terzi) non operano solo con riguardo ai debiti dell’impresa sorti anteriormente all’accesso alla composizione negoziata, ma anche a quelli successivi. 
Non sono invece soggetti ad alcun blocco né i pagamenti spontanei né le concessioni volontarie di garanzia. La possibilità di effettuare pagamenti spontanei, di cui la banca potrebbe essere beneficiaria, non significa però che questi siano assolutamente liberi; al riguardo è opportuna una breve digressione.
Il debitore, infatti, ai sensi dell'art. 21 CCII, deve preannunziare per iscritto all'esperto i pagamenti quando "non sono coerenti rispetto alle trattative o alle prospettive di risanamento"; "l'esperto, quando ritiene che l'atto può arrecare pregiudizio ai creditori, alle trattative o alle prospettive di risanamento, lo segnala per iscritto all'imprenditore e all'organo di controllo". A dimostrazione del fatto che non vi è alcuno spossessamento, la segnalazione non è ostativa all'esecuzione del pagamento come è confermato dalla circostanza che "se, nonostante la segnalazione, l'atto viene compiuto, l'imprenditore ne informa immediatamente l'esperto il quale, nei successivi dieci giorni, può iscrivere il proprio dissenso nel registro delle imprese". Solo "quando l'atto compiuto pregiudica gli interessi dei creditori, l'iscrizione è obbligatoria". Infine, quando sono state concesse misure protettive o cautelari l'esperto, iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese, procede alla segnalazione al Tribunale.
Ciò detto, va ricordato che, in sede di eventuale successiva liquidazione giudiziale, i pagamenti effettuati in corso di composizione negoziata sono esenti da revoca: (i) ex art. 166, comma 2, se coerenti con l’andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento esistenti al momento in cui sono stati compiuti (art. 24, comma 2, CCII); (ii) ex artt. 165 e 166, se manca l’iscrizione del dissenso dell’esperto oppure sussiste l'autorizzazione del Tribunale, che, peraltro, non è mai chiesta per i pagamenti (art. 24, comma 3, CCII).
Per quanto qui interessa, vale a dire l’esenzione da revoca dei pagamenti posteriori all'accesso alla composizione negoziata, il sistema, pur sembrando disordinato, ha una sua logica[66]. La prima esenzione (quella del comma 2 che copre solo gli atti c.d. normali e, in particolare, i pagamenti di debiti esigibili e le garanzie contestuali) è legata solo alla coerenza con l’andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento. L'iscrizione del dissenso dell'esperto nel registro delle imprese non è condizione per la revocatoria (e neppure il dissenso non iscritto lo è), anche se naturalmente il comportamento (di assenso o di diniego) tenuto dall'esperto in sede di composizione negoziata avrà fondamentale importanza per la diagnosi effettuata durante la liquidazione giudiziale sulla coerenza del pagamento. Questa esenzione non copre anche l'ipotesi del pagamento con mezzi anomali la cui revocatoria è disciplinata dal comma 1 dell'art. 166 CCII.
Se però il pagamento arreca pregiudizio alle ragioni dei creditori, allora, ai sensi del comma 3, diventa decisivo il comportamento formale dell'esperto. Il pagamento è revocabile solo se egli ha provveduto all’iscrizione nel registro delle imprese del suo dissenso che, peraltro, è obbligatoria se il motivo del dissenso riguarda, appunto, la tutela dei creditori. Ovviamente, la mancata iscrizione può avere valore di esentare dalla revocatoria ordinaria (p.e. il pagamento di debito non scaduto) e da quella concorsuale solo a condizione che l'esperto sia stato tempestivamente e adeguatamente informato per iscritto dal debitore sul compimento dell'atto. 
In ogni caso resta ferma la responsabilità dell'imprenditore (e, nelle imprese collettive, degli organi sociali) per gli atti compiuti (art. 24, comma 4, CCII). Anche in materia penale vi è un'espressa dichiarazione di inapplicabilità, ma più ristretta rispetto a quella prevista per le azioni revocatorie. L'art. 24, comma 5, CCII, infatti, per rendere inapplicabili gli artt. 322, comma 3, e 323 CCII[67] richiede sia la coerenza del pagamento con l’andamento delle trattative e nella prospettiva di risanamento dell’impresa sia la mancata iscrizione del dissenso dell’esperto[68]. 
Tornando al tema delle misure protettive va segnalato che a esse è ancorato il blocco dei rimedi sinallagmatici previsto dall'art.18, comma 5, CCII, in base al quale "i creditori nei cui confronti operano le misure protettive non possono, unilateralmente, rifiutare l'adempimento dei contratti pendenti o provocarne la risoluzione, né possono anticiparne la scadenza o modificarli in danno dell'imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell'istanza di cui al comma 1. I medesimi creditori possono sospendere l’adempimento dei contratti pendenti dalla pubblicazione dell’istanza di cui al comma 1 fino alla conferma delle misure richieste".
Per questa norma (simile, ma non eguale all’art. 94 bis CCII)[69], si pone un problema di coordinamento con il già visto art. 16, comma 5. 
Le differenze sono chiare. La più evidente è l'ambito di applicazione: l'art. 16 si applica solo alle banche, l'art. 18 a qualunque soggetto nei cui confronti operino le misure di protezione. Ma ce ne sono anche altre: da un lato, cambia il presupposto che nell'art. 16 è il solo fatto dell'istanza di accesso alla composizione negoziata mentre nell'art. 18 è il solo fatto del mancato pagamento dei crediti anteriori qualora siano operative le misure di protezione (e nei soli confronti dei creditori cui queste si applicano); dall'altro, diverse sono anche le conseguenze: là il divieto di sospensione e revoca degli affidamenti; qui, il divieto di eccepire l’inadempimento del debitore, di provocare la risoluzione del contratto, di accelerane la scadenza (ma direi meglio: di accelerare la scadenza delle obbligazioni che ne derivano) o di modificarlo in danno dell’imprenditore. 
Nella prospettiva bancaria il vincolo già posto dall'art. 16 si amplia, qualora vi siano misure protettive e nei confronti dei soggetti nei cui confronti esse operano, in due direzioni.
In primo luogo, se la banca non può rifiutare l’adempimento delle obbligazioni contrattuali a suo carico, mi pare che ciò significhi che la disponibilità ancora esistente in favore del cliente per affidamenti anteriormente concessi non può essere revocata non solo (ex art. 16) per la composizione negoziata in sé ma neppure, qualora vi siano misure protettive, per il solo fatto aggiuntivo del mancato pagamento dei crediti anteriori rispetto alla pubblicazione dell’istanza[70]. E questa è senz’altro una conseguenza assai pesante, ma che può verificarsi anche in corso di concordato per il caso che il contratto che concede la disponibilità al cliente sia qualificato come contratto necessario per la continuazione della gestione corrente dell’impresa[71].
In secondo luogo, il vincolo non riguarda più solo i contratti di affidamento, ma tutti i rapporti (p.e. leasing, mutuo). Si potrebbe obiettare che il mutuo[72] non è un contratto pendente secondo la definizione che ne dà l’art. 97, commi 1 e 14, CCII, cioè un contratto ancora non compiutamente eseguito nelle prestazioni principali da entrambe le parti. Mi pare, però, più corretto il parallelo, già accennato, con la norma analoga dell’art. 94 bis CCII che fa riferimento ai contratti “in corso di esecuzione”, nozione più lata nella quale possono rientrare anche i contratti già completamente eseguiti nella prestazione principale da una parte, ma tuttavia ancora in essere. La distinzione è importante perché solo con questa seconda interpretazione la norma si applica al mutuo bancario per il quale sarebbe illogico e contro lo spirito della legge permettere, p.e., la scadenza anticipata dell’intero importo.
In ogni caso i rimedi sinallagmatici restano sempre possibili per gli inadempimenti successivi all’istanza anche se vi sono misure di protezione. E qui c’è un’evidente asimmetria. Le misure di protezione, infatti, sono indifferenti rispetto all’anteriorità o posteriorità del credito rispetto all'avvio della composizione negoziata; ma i rimedi sinallagmatici sono bloccati solo per gli inadempimenti dei debiti anteriori e restano, invece, possibili per quelli post istanza (nonché per quelli anteriori ma solo se non ci sono, o sono revocate o scadute, le misure di protezione).
5 . La banca come (nuova) finanziatrice
In base all'art. 22, comma 1, CCII, "su richiesta dell'imprenditore il tribunale, verificata la funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori, può: a) autorizzare l'imprenditore a contrarre finanziamenti prededucibili ai sensi dell'articolo 6; b) autorizzare l'imprenditore a contrarre finanziamenti dai soci prededucibili ai sensi dell'articolo 6; c) autorizzare una o più società appartenenti ad un gruppo di imprese di cui all'articolo 25 a contrarre finanziamenti prededucibili ai sensi dell'articolo 6".
La norma non considera che, di fatto, può esserci nuova finanza senza prededuzione quando, ai sensi dell'art. 16, comma 5, CCII, vengano utilizzate linee di affidamento già esistenti e ancora capienti e per le quali non sembra possibile acquisire la prededuzione[73]. In effetti la tipologia dei possibili finanziamenti bancari in pendenza di composizione negoziata sembra assai articolata: a) gli appena ricordati affidamenti che proseguono per l’accordato non utilizzato e che danno luogo a un credito non prededucibile; b) i finanziamenti qualificabili come atti ordinari (sempre che un finanziamento possa essere così qualificato; ma autorevole dottrina lo ammette[74]) che pure non danno luogo a prededuzione e non hanno bisogno né di autorizzazione giudiziale né di informazione preventiva all'esperto; c) i finanziamenti qualificabili come atti straordinari per i quali non si chieda l'autorizzazione (ma che, in quanto atti straordinari, vanno comunque preannunziati all’esperto) che non sembrano vietati, ma ai quali per definizione manca la prededuzione e l'esenzione dall'azione revocatoria[75]; d) i finanziamenti nuovi autorizzati ex art. 22 in base alla funzionalità rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori che godono della prededuzione. 
E’ ovvia la centralità di quest’ultima ipotesi giacché ogni potenziale nuovo finanziatore in pendenza di composizione negoziata chiederà[76] che gli venga assicurata la prededuzione per il caso di mancato esito positivo del procedimento e di apertura di una procedura concorsuale (o di omologazione di un accordo di ristrutturazione per chi, a differenza della Suprema Corte[77], crede che non si tratti una procedura concorsuale). 
Il meccanismo dell'autorizzazione e le conseguenze sono chiare e non richiedono di soffermarcisi in questa sede. Piuttosto c’è da chiedersi se per la banca – tipicamente quella già coinvolta come creditrice – ci possa essere convenienza a erogare nuova finanza.
Certamente c’è la prededuzione e questo è un indubbio vantaggio[78]; certamente c’è la protezione penale e civile e questo è un ulteriore vantaggio. Ma se si dovesse ritenere che i crediti nei confronti del debitore in composizione negoziata sono per definizione qualificabili come UTP, e quindi deteriorati, allora anche la nuova finanza sarebbe soggetta a questa catalogazione[79]. Il credito quindi avrebbe per la banca un surplus di costo per il rispetto della disciplina contabile e prudenziale e tale costo non sarebbe neppure recuperabile tramite il tasso di interesse applicato giacché la normativa anti usura non prevede deroghe per i finanziamenti alle imprese in crisi. Si può dubitare, allora, che la prededuzione da sola basti a incoraggiare la nuova finanza[80].
Discorrendo di finanziamenti all'impresa in crisi, infine, è giunto il momento di esaminare il punto già preannunziato relativo al coordinamento della persistenza degli affidamenti e del favor, più o meno ampio che esso sia, per la nuova finanza nella composizione negoziata con l'orientamento giurisprudenziale in materia di responsabilità per concessione o conservazione abusiva del credito[81]. 
Non indugio nella narrazione di una pluridecennale vicenda dottrinale e giurisprudenziale per arrivare direttamente al punto che qui interessa. E, allora, direi che non c’è contraddizione se si pone mente ai principi enunciati nella prima delle due sentenze di legittimità che hanno dato corpo a questa tendenza[82], ove il problema del coordinamento (cioè dell’individuazione del “necessario spazio … di un possibile e lecito finanziamento dell’impresa in crisi, non solo nell’ambito di negozi connotati da un formalizzato progetto di sostegno alle medesime, ma anche al di fuori di esse”) è impostato avendo bene in mente le “norme speciali [e tra queste anche la versione originaria dell’art. 12, comma 3, CCII precursore dell’attuale art. 16, comma 5, seconda frase] che introducono meccanismi procedimentalizzati e fondati su precisi presupposti e controlli, idonei a renderli utili, per definizione, allo scopo di un progetto economico-finanziario volto al recupero della continuità aziendale, e non, piuttosto, fattori di mero aumento del dissesto”.
In sostanza, anche prima dell’apertura di una procedura di crisi sono possibili e leciti finanziamenti purché, sulla base della diligenza esigibile dall’operatore professionale qualificato, non risulti “l’insussistenza di fondate prospettive, in base a ragionevolezza e ad una valutazione ex ante, di superamento di quella crisi”.
La discriminante, quindi, è oggettiva (le fondate prospettive di superamento della crisi), ma anche soggettiva (quel che ragionevolmente può valutare ex ante l’operatore professionale qualificato). La Suprema Corte lo segnala bene: la banca non risponde“quando abbia operato nell’intento del risanamento aziendale, erogando credito ad impresa suscettibile, secondo una valutazione ex ante, di superamento della crisi o almeno di razionale permanenza sul mercato, sulla base di documenti, dati e notizie acquisite, da cui sia stata in buona fede desunta la volontà e la possibilità del soggetto finanziato di utilizzare il credito allo scopo del risanamento aziendale, secondo un progetto oggettivo, ragionevole e fattibile”. Insomma, si intravede nel pensiero della Suprema Corte il delinearsi di una sorta di Rescue Judgment Rule, disegnata sulla falsariga della ben nota BJR; vale a dire, esclusione della sindacabilità giudiziale quando, sulla base di una valutazione rigorosamente ex ante, risulti che vi siano state: un’istruttoria adeguata (documenti, dati, notizie; in primis, un piano di cui va ribadita la centralità) e una decisione coerente con l’istruttoria e assunta in buona fede, vale a dire non marchiata da un intento esclusivamente egoistico. Aggiungerei che, qualora sia basata sul presupposto che la banca ha erogato sulla base di dati falsi oppure in mancanza di informazioni rilevanti, dovrebbe applicarsi – in analogia con quanto disposto dagli artt. 99, comma 6, e 101, comma 2, CCII – l’ulteriore requisito per cui è a carico del curatore (o di chi comunque agisce) l’onere di dimostrare che la banca alla data dell’erogazione conosceva tali circostanze. 
6 . Le operazioni compiute durante o come esito della composizione negoziata nella prospettiva della banca
In estrema sintesi tre sono gli ambiti rilevanti, benché la banca non abbia una posizione diversa rispetto a qualunque altro soggetto interessato che può essere, volta a volta, coprotagonista dell'operazione insieme all'impresa debitrice ovvero spettatrice che ne recepisce gli esiti positivi o negativi.
Il primo ambito, durante la composizione negoziata, riguarda l'eventuale cessione dell'azienda ai sensi dell'art. 22, comma 1, CCII, secondo cui "su richiesta dell'imprenditore il tribunale, verificata la funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori, può … d) autorizzare l'imprenditore a trasferire in qualunque forma l'azienda o uno o più suoi rami senza gli effetti di cui all'articolo 2560, secondo comma, del codice civile, dettando le misure ritenute opportune, tenuto conto delle istanze delle parti interessate al fine di tutelare gli interessi coinvolti; resta fermo l'articolo 2112 del codice civile. Il tribunale verifica altresì il rispetto del principio di competitività nella selezione dell’acquirente"[83].
E' ovvio che tale operazione comporta per la banca creditrice una deroga in pejus rispetto al sistema ordinario, ma poiché l'autorizzazione può essere disposta solo se la cessione è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori non sembra che possano esservi per il ceto bancario motivi di reale preoccupazione. 
Il secondo ambito riguarda le ipotesi di accordi che rappresentano una soluzione idonea al superamento della situazione di probabilità di crisi o di insolvenza, vale a dire quelle di cui all'art. 23, comma 1, CCII. Si tratta, come noto: a) del c.d. contratto finalizzato, cioè quello concluso con uno o più creditori (tra cui eventualmente la banca o le banche), che produce gli effetti di cui all'articolo 25-bis, comma 1, CCII[84] se, secondo la relazione dell'esperto, è idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni; b) della convenzione di moratoria di cui all'art. 62 CCII; c) dell'accordo sottoscritto dall'imprenditore, dai creditori e dall'esperto[85] che produce gli effetti di cui agli articoli 166, comma 3, lettera d), e 324 CCII, vale a dire quelli degli accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento. 
Salvo il caso sub b), che non altera in nulla l'ordinaria disciplina della convenzione di moratoria, sono tutte ipotesi di soluzione semplificata e con minor grado di garanzie rispetto a quelle degli strumenti di regolazione risanatoria della crisi, ma non necessariamente negative per la posizione della banca. Si può dire che proprio dalla partecipazione attiva della banca al processo di negoziazione si determineranno le conseguenze, favorevoli o no, nei suoi confronti.
Il terzo ambito, infine, riguarda sempre la conclusione della composizione negoziale, ma con soluzioni diverse da quelle appena segnalate (e che, salva la prima e, in parte, la seconda, hanno un contenuto liquidatorio). Si tratta ex art. 23, comma 2, CCII): a) della predisposizione di un piano attestato di risanamento di cui all'art. 56 CCII; b) della domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli articoli 57, 60 e 61 CCII, con la facilitazione che in questo frangente la percentuale di cui all'art. 61, comma 2, lettera c), CCII per l'estensione degli effetti ai creditori non aderenti della stessa categoria è ridotta dal 75 al 60%; c) della domanda di concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio; d) dell'accesso a uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza disciplinati dal CCII e dalle leggi sull'amministrazione straordinaria delle grandi e grandissime imprese in crisi (ovvero, per l'imprenditore agricolo a uno degli strumenti di cui all’art. 25-quater, comma 4, CCII).
In questa sede sono sufficienti solo due parole sulla novità maggiore, cioè la soluzione del concordato semplificato possibile "quando l'esperto nella relazione finale dichiara che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede, che non hanno avuto esito positivo e che le soluzioni individuate ai sensi dell'articolo 23, commi 1 e 2, lettera b) non sono praticabili". In tal caso "l'imprenditore può presentare, nei sessanta giorni successivi alla comunicazione di cui all'articolo 17, comma 8, una proposta di concordato per cessione dei beni[86] unitamente al piano di liquidazione e ai documenti indicati nell'articolo 39. La proposta può prevedere la suddivisione dei creditori in classi" (art. 25-sexies, comma 1, CCII).
A questo punto, senza procedere ad alcuna votazione e in deroga ai criteri ordinari del concordato liquidatorio[87], "il tribunale, assunti i mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d'ufficio, omologa il concordato quando, verificata la regolarità del contraddittorio e del procedimento, nonché il rispetto dell'ordine delle cause di prelazione e la fattibilità del piano di liquidazione, rileva che la proposta non arreca pregiudizio ai creditori rispetto all'alternativa della liquidazione giudiziale e comunque assicura un'utilità a ciascun creditore" (art. 25-sexies, comma 5, CCII). Quindi, anche se l'ipotesi della liquidazione giudiziale è pari a zero, a ogni creditore deve essere comunque assicurato qualcosa: non necessariamente un dividendo, ma comunque un'utilità, direi economicamente valutabile[88].
La banca, come tutti gli altri creditori, non è chiamata a votare, ma può solo opporsi. E l'opposizione, al di là di motivi formali e procedurali, può riguardare nel contenuto solo la violazione del principio no-creditor-worse-off[89]. Anche qui, insomma, siamo in presenza di un forte incentivo indiretto alla partecipazione attiva e informata della banca alle trattative per cercare di trovare una soluzione concordata; altrimenti l'esito può essere quello di una soluzione ove la proposta del debitore ha bisogno della sola adesione del Tribunale.
7 . Conclusioni
In estrema sintesi, l'analisi compiuta indica che, nella prospettiva bancaria, la composizione negoziata ha rispetto ad altri possibili percorsi per affrontare la crisi d'impresa rischi e opportunità. Rispetto alle composizioni schiettamente stragiudiziali e ai piani attestati di risanamento offre il vantaggio (della cui effettività, peraltro, può discutersi) della possibilità di poter fruire della prededuzione per la nuova finanza e, soprattutto, di assicurare stabilità agli atti compiuti nel durante, ma presenta lo svantaggio della soggezione alle misure di protezione e all'obbligo di buona fede rinforzato. Rispetto al concordato, agli accordi di ristrutturazione e al nuovo piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, il vantaggio – ma anche per certi aspetti il rischio – è certamente quello di una maggiore elasticità. 
Quel che appare certo è che la composizione riserva un ruolo importante alle banche, ancor più di quello che fisiologicamente loro spetta nella crisi di impresa considerato il fatto che normalmente sono, insieme al fisco, i creditori più importanti e spesso viene loro chiesta ulteriore finanza. Di questo ruolo rilevante vanno soppesati non solo le opportunità, ma anche i rischi. Ed è proprio in questa ottica che si rivela l'importanza del comportamento delle banche durante la composizione negoziata e della buona fede rinforzata che viene loro richiesta. In altri termini, è solo da una non sottovalutazione del nuovo istituto e dalla partecipazione proattiva – e, auspicabilmente, anche coordinata fra le diverse banche coinvolte – alle negoziazioni, valorizzando la figura dell'esperto come soggetto dal quale pretendere informazioni affidabili ma pure come interlocutore neutrale al quale fornirne, che gli enti creditizi possono, anche e soprattutto in relazione ai possibili esiti finali del percorso, ammortizzare i rischi ed enfatizzare le opportunità positive.
Proprio tale importanza rende più rilevante lo scarto tra disciplina prudenziale sulla qualità degli attivi bancari e ciò che dalla banca ci si attende nella composizione negoziata. E, inoltre, richiede che ci sia maggiore chiarezza sulla sorte degli affidamenti già concessi e sulla disciplina della nuova finanza. In questo senso, potrebbe essere un passo avanti, per favorire il successo della composizione negoziata, prevedere misure premiali non solo per il debitore, ma anche per la banca creditrice – p.e., ma non solo, riconoscendo la possibilità di prededuzione, previo riscontro giudiziale, anche all'utilizzo post accesso alla composizione negoziata degli affidamenti preesistenti ancora capienti – che cooperi attivamente all’esito positivo del procedimento.

Note:

[1] 
Come noto, il D.L. 24 agosto 2021, n. 118 conv. in L. 21 ottobre 2021, n. 147 ha introdotto la composizione negoziata. Successivamente il D.Lgs. 17 giugno 2022, n. 83 ha sostituito l’originario titolo II del CCII (quello contenente la disciplina degli strumenti di allerta e della composizione negoziata) con nuove norme che comprendono quelle sulla composizione negoziata, riprese (con solo alcune modifiche di dettaglio) dal D.L. n. 118/2021.
[2] 
Secondo i dati Infocamere, nel primo anno di applicazione dell'istituto (prima ai sensi degli artt. 2 ss. D.L. 24 agosto 118/2021, n. 147, poi degli artt. 12 ss. CCII) sono state presentate 475 domande; di queste il 32% da parte di imprese con patrimonio netto negativo. Nel 68,63% dei casi il richiedente ha fatto ricorso alle misure protettive mentre solo nel 25% ha dichiarato la necessità di nuova finanza. Per dati più completi v., nella sezione crisi di impresa del sito unioncamere.gov.it, il rapporto su La Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa ad un anno dall’avvio. Dati aggiornati al 15 novembre 2022.
[3] 
Considerato che il procedimento prende avvio con l'istanza di nomina dell'esperto per la quale l'ordinamento non prevede alcun filtro di ammissibilità, se non il controllo di completezza della documentazione da parte della Camera di Commercio (del luogo ove l'impresa ha la sede legale) alla quale la domanda viene presentata. 
[4] 
Talvolta è necessaria l’autorizzazione giudiziale (p.e. finanziamenti in prededuzione e cessione d’azienda in deroga all’art. 2560 c.c.); talvolta è necessaria la conferma da parte del giudice (p.e. misure di protezione); talvolta è sufficiente la dichiarazione del debitore di volersene avvalere (p.e. la sospensione degli obblighi e delle cause di scioglimento di cui agli artt. 2446, 2447, 2482 bis, 2482 ter, 2484, e 2545 duodecies c.c.). 
[5] 
Cfr. le misure di protezione (artt. 18 e 19 CCII), la sospensione di obblighi societari di ricapitalizza-o-liquida (art. 20 CCII), la nuova finanza in prededuzione (art. 22, comma 1, lett. a), b) e c), CCII), la cessione d'azienda in deroga all'art. 2560 c.c. (art. 22, comma 1, lett. d), CCII), la stabilità e l'esenzione da revocatoria degli atti, dei pagamenti e delle garanzie "legalmente" compiuti, eseguiti o concesse durante le trattative (art. 24, CCII). 
[6] 
Cfr. le varie ipotesi di soluzioni possibili solo all'esito della composizione negoziale che vanno da diverse tipologie di accordi fino, in caso di mancati accordi, al concordato semplificato (art. 23 CCII); v., inoltre, le misure premiali (art. 25 bis CCII).
[7] 
Cass., ss. uu., 31 dicembre 2021, n. 42093, secondo cui si tratta di un “istituto che pacificamente non integra una procedura concorsuale, ma egualmente implica, con la scelta unilaterale del regime protettivo ed il controllo del tribunale, preclusioni alle azioni di tutela del credito così come alla dichiarazione di fallimento o insolvenza, esemplificando l'assunzione di regole di autentica concorsualità, come cennato, nella più recente accezione di estensione parziale di taluni effetti del concorso, normativamente assegnati in forma piena solo al debitore che abbia però fatto ingresso in una procedura concorsuale ed ai creditori che vi siano organizzati”. Va aggiunto che la composizione negoziata non è neppure uno strumento di regolazione della crisi e dell'insolvenza (art. 2, comma 1, lett. m bis), CCII).
[8] 
N. Abriani, Fiducia in un istituto ancora più efficace dopo il Codice della Crisi, in IlSole-24ore del 19 novembre 2022.
[9] 
In quest'occasione uso il termine "crisi" genericamente per alludere anche alla probabilità di crisi, da un lato, e all'insolvenza reversibile, dall'altro. Sul punto mi permetto di rinviare a G. Presti, Crisi, composizione negoziata e doveri degli organi sociali, conferenza tenuta il 10 novembre 2022 e di prossima pubblicazione in Liber Amicorum per Aldo Dolmetta, Pacini, Pisa, 2023.
[10] 
Come noto, la composizione negoziata è istituto che si applica a tutte le imprese, a prescindere dall'attività svolta, dalle dimensioni, dalla natura del soggetto cui l'attività viene imputata; il CCII prevede solo alcune disposizioni semplificatrici (art. 25 quater CCII) per le c.d. imprese minori. In questo senso si nota una prima differenza con gli strumenti di allerta previsti nella versione originaria del CCII dal cui ambito di applicazione erano escluse le grandi imprese e quelle appartenenti a settori speciali (cfr. art. 12, commi 4 e 5, versione originaria del CCII). Ciò non comportava l’esclusione di tali imprese dalla composizione assistita ma ne limitava l’applicazione all’ipotesi di ricorso spontaneo.
[11] 
Che, ai sensi dell’art. 3, comma 4, lett. c) devono consentire, tra l’altro, di rilevare: "l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di sessanta giorni o che abbiano superato da almeno sessanta giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni".
[12] 
La maggiore o minore sensibilità è desunta dai confini temporali entro i quali l’inadempimento è considerato privo di caratteristiche segnaletiche della crisi: trenta giorni per i debiti nei confronti dei dipendenti, sessanta per quelli nei confronti delle banche, novanta per quelli nei confronti dei fornitori.
[13] 
Cfr. l'art. 25 decies CCII: "Le banche e gli altri intermediari finanziari di cui all'articolo 106 del testo unico bancario, nel momento in cui comunicano al cliente variazioni, revisioni o revoche degli affidamenti, ne danno notizia anche agli organi di controllo societari, se esistenti".
[14] 
Il riferimento è naturalmente al famoso studio di R.H. Thaler e C.R. Sunstein di cui è da poco uscita la nuova edizione (Nudge. The final edition, Yale University Press, 2021; per la traduzione in italiano v. Nudge. La spinta gentile, Feltrinelli, 2022).
[15] 
Complessa perché è il frutto di una duplice – e talvolta confusa – interazione, in continua evoluzione negli ultimi anni, tra normativa comunitaria e nazionale, da un lato, e normativa primaria e secondaria, dall'altra.
[16] 
Sui rapporti tra normativa prudenziale bancaria e disciplina della crisi d'impresa, prima però dell'introduzione della composizione negoziata, v. P. Angelini, La nuova regolamentazione sugli NPLs e il nuovo Codice delle crisi d'impresa, ottobre 2019, in bancaditalia.it. Più recentemente v. P. Rinaldi, Il fallimento su credito deteriorato, in Il Fall., 2021, p. 1217 ss.; S Rizzo, Il quadro regolamentare delle esposizioni bancarie (nei confronti delle imprese “in crisi”), in Dirittodellacrisi.it, 20 gennaio 2022; e, dopo il convegno in cui queste questa relazione è stata presentata, E. Bissocoli e A. Turchi, Il ruolo dei creditori finanziari nella composizione negoziata: opportunità, rischi e proposte di linee guida, in Ristrutturazioni Aziendali, 29 dicembre 2022.
[17] 
Cfr. art. 178 reg. UE 575/2013 (CRR), come modificato dal reg. UE 630/2019. L’art. 47 bis CRR, poi, considera come deteriorate ulteriori ipotesi rispetto a quella del default ex art. 178 In materia v. anche reg. del. (UE) 2018/171 del 19 ottobre 2018; EBA, Orientamenti sull'applicazione della definizione di default ai sensi dell'art. 178 del regolamento (UE) n. 575/2013, 18 gennaio 2017; Banca d'Italia, Applicazione della definizione di default ai sensi dell'art. 178 del regolamento (UE) n. 575/2013 e adeguamento delle definizioni di esposizioni creditizie deteriorate, nota del 14 agosto 2020 più volte aggiornata (da ultimo il 23 settembre 2022). 
[18] 
L'inadempimento è considerato rilevante quando vengono superate entrambe queste soglie: a) 500 euro (100 per le esposizioni al dettaglio); b) 1% dell'esposizione complessiva verso quella controparte.
[19] 
E’ interessante notare come, certamente non a caso, il riferimento temporale del segnale di crisi (cfr. supra, nota 12 e testo corrispondente) sia anticipato rispetto a quello che implica il default ai sensi della regolamentazione bancaria.
[20] 
Per i criteri di valutazione che le banche devono utilizzare v. EBA, Orientamenti, 2017, cit., par. 35 ss. Sul punto v. anche C. Battistella, R. Cammarata, S. Mascelloni e P. Rinaldi, Gli aspetti regolamentari dei crediti UTP, in P. Rinaldi e G. Rocca (a cura di), Gestione e valorizzazione degli Unlikely to pay: aspetti normativi, fiscali e operativi, Milano, 2022, p. 119 ss. nonché, nello stesso volume, R. Barbarulo, C. Battistella, P. Diana, A. Landi, P. Rinaldi, G. Soldi e P. Tondelli, Aspetti regolamentari dei crediti UTP e le valutazioni degli acquirenti, p. 44 ss.
[21] 
Cfr. il cap. B.2 sulla qualità del credito della circolare Banca d'Italia 272 del 30 luglio 2008 sulla Matrice dei conti.
[22] 
Quest'ultima ipotesi riguarda, ai sensi della circolare appena citata, i casi di insolvenza, anche non dichiarata e quelli equiparabili indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita.
[23] 
Cfr. cap. I, sez. 2, punto 5.1 della circolare Banca d'Italia n. 139 dell'11 febbraio 1991 sulla Centrale dei Rischi.
[24] 
Gli stages (o buckets) 1 e 2 riguardano i crediti performing. In particolare, lo stage 1 concerne crediti performing per i quali non si sia verificato un significativo incremento del rischio di credito rispetto alla previsione iniziale e per i quali la ECL va valutata su un orizzonte temporale di dodici mesi e gli interessi attivi effettivi calcolati sul valore contabile lordo del credito. Lo stage 2 concerne invece i crediti performing per i quali si sia verificato un significativo incremento del rischio di credito rispetto alla previsione iniziale (ma non ancora deteriorato: c.d underperforming): in tal caso la expected credit loss (ECL) deve essere valutata su un orizzonte temporale pari all’intera vita residua del credito ma gli interessi attivi effettivi restano calcolati sul valore contabile lordo del credito. Sulla disciplina contabile v. S. Chiaruttini, e P. Rinaldi, Nozioni sul quadro regolamentare delle esposizioni bancarie, in G. Rocca (a cura di), La composizione negoziata quale soluzione alla crisi d’impresa, 2022, p. 165 ss.; L. De Angelis, Le regole contabili degli NPL, in Fondazione Nazionale dei Commercialisti, Non Performing Loans-NPL, luglio 2019; A. Lionzo, L'impairment dei crediti delle banche: l'evoluzione dei principi contabili e le loro implicazioni organizzative e di bilancio, in F. Cesarini, (a cura di), I crediti deteriorati nelle banche italiane, Giappichelli, Torino 2017, p. 23 ss.
[25] 
Per essi la ECL va valutata su un orizzonte temporale pari all’intera vita residua del credito sulla base delle previsioni di recupero (tenuto conto anche delle garanzie) e gli interessi attivi effettivi vanno calcolati solo sul valore contabile netto del credito).
[26] 
In argomento v. (sul sito bancaditalia.it) l'audizione del 10 febbraio 2021 del Governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco avanti la Commissione Parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario, Le norme europee sul calendar provisioning e sulla classificazione della clientela da parte delle banche.
[27] 
In base all'art. 47 quater della CRR (come modificata dal reg. 2019/630) la svalutazione per i crediti (erogati a partire dal 26 aprile 2019) deteriorati deve raggiungere progressivamente il 100% dell'importo del credito dopo tre anni (dalla classificazione come deteriorato) per i crediti non garantiti e dopo 9 o 7 anni per quelli garantiti (a seconda che siano garantiti da immobili o da altri beni, partendo per entrambi dal 25% dopo il terzo anno).
[28] 
Secondo la BCE, Guidance to banks on non-performing loans: supervisory expectations for prudential provisioning of non-performing exposures, marzo 2017 e il successivo Addendum del marzo 2018, la svalutazione per i crediti deteriorati deve raggiungere progressivamente il 100% dell'importo del credito dopo due anni per i crediti non garantiti e dopo 7 anni per quelli garantiti (partendo dal 40% dopo il terzo anno). Per il coordinamento tra le due previsioni di calendar provisioning v. BCE, Comunicazione in merito alle aspettative di vigilanza sulla copertura delle NPE, 22 agosto 2019.
[29] 
Art. 47 bis CRR.
[30] 
Ai sensi dell’art. 47 ter CRR “Per «misura di concessione» si intende una concessione accordata dall'ente al debitore il quale ha incontrato o rischia di incontrare difficoltà nel rispettare i propri impegni finanziari. La concessione, che può comportare una perdita per il prestatore, fa riferimento a una delle seguenti azioni: a) la modifica dei termini e delle condizioni dell'obbligazione debitoria, quando la modifica non sarebbe stata concessa se il debitore non avesse incontrato difficoltà nel rispettare i propri impegni finanziari; b) il rifinanziamento integrale o parziale dell'obbligazione debitoria, quando il rifinanziamento non sarebbe stato concesso se il debitore non avesse incontrato difficoltà nel rispettare i propri impegni finanziari”. I successivi commi dell’art citato indicano le “situazioni [che senz’altro] sono considerate misure di concessione” e le “circostanze [che] sono indicatrici del fatto che potrebbero essere state adottate misure di concessione”. In materia v. anche EBA, Orientamenti sulla gestione di esposizioni deteriorate e oggetto di concessioni, 31 ottobre 2018.
[31] 
Una misura di forbearance comporta il passaggio a deteriorato solo quando ne deriva una riduzione del valore attuale dei flussi attesi dalla banca superiore all’1% (c.d. ristrutturazione onerosa). Cfr. EBA, Orientamenti 2017, cit., par. 49 ss. e EBA, Orientamenti sulla gestione di esposizioni deteriorate e oggetto di concessioni, 31 ottobre 2018, par. 155.
[32] 
Tale regola vale anche per l'ipotesi che la misura di concessione sia stata effettuata pur rimanendo il credito performing.
[33] 
Anche la disciplina della crisi, e in particolare quella della composizione negoziata, ha le sue origini in un atto dell’Unione: la direttiva (UE) 20 giugno 2019 n.1023, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione.
[34] 
Sul tema dei comportamenti concretamente tenuti al riguardo dalle banche italiane si segnala R. Angeletti e S. Gallina (coordinato da), Indagine sulla gestione delle inadempienze probabili, in Banca d'Italia, Note di stabilità finanziaria e vigilanza, n. 28, marzo 2022.
[35] 
EBA, Orientamenti sull'applicazione della definizione di default ai sensi dell'art. 178 del regolamento (UE) n. 575/2013, 18 gennaio 2017.
[36] 
Cfr. il cap. II, sez. VI, n. 20 della circolare 139 dell'11 febbraio 1991 sulla Centrale dei Rischi secondo cui "A partire dalla rilevazione riferita alla data di presentazione della domanda di concordato preventivo “in bianco” sino all’omologa dello stesso, le esposizioni del “debitore concordatario” devono essere classificate tra le inadempienze probabili. Fanno eccezione le ipotesi in cui: a. ricorrano elementi oggettivi nuovi che inducano gli intermediari, nella loro responsabile autonomia, a classificare il debitore nell’ambito delle sofferenze; b. l’esposizione sia già classificata in sofferenza al momento della presentazione della domanda". Sostanzialmente nello stesso senso v. il cap. B.2 della circolare 272 del 30 luglio 2008 sulla Matrice dei conti
[37] 
In questo senso v. S. Rizzo, Il quadro regolamentare delle esposizioni bancarie (nei confronti delle imprese "in crisi"), in dirittodellacrisi.it, 20 gennaio 2022, p. 26 s.
[38] 
E. La Marca, Assetti adeguati tra insolvenza, crisi e “pre-crisi”, in Corporate Governance, 2022, p. 457 (anticipato in Insolvenza, crisi e pre-crisi nel Codice della crisi a valle della emanazione del Decreto Attuativo della Direttiva Insolvency, in dirittodellacrisi.it, 22 agosto 2022), nega la configurabilità stessa della probabilità della crisi per ragioni logiche, “essendo la crisi probabilità di insolvenza, la probabilità della crisi non può distinguersi dalla probabilità dell’insolvenza”. Al di là della difficoltà di enucleare la figura della probabilità di crisi, a me pare che sia chiaro il disegno normativo di anticipare certi doveri rispetto all’emergere della crisi (cioè alla probabilità dell’insolvenza) e ciò rende necessario cercare di tipizzare il contenuto della c.d. pre-crisi senza rifugiarsi in argomentazioni logico-formali. D’altra parte, anche da un punto di vista logico non può negarsi la differenza tra probabilità di primo e di secondo grado (o, se si vuole, semplice e al quadrato).
[39] 
Oggi, come noto, non è più così neppure per il concordato preventivo dovendo le misure di protezione essere richieste dal debitore (cfr. art. 54, comma 2, CCII).
[40] 
Comportamento, invece, tuttora precluso in sede di concordato preventivo, salvo il caso eccezionale dell'art. 100 CCII.
[41] 
Ai sensi dell'art. 12, comma 1, CCII, "l’imprenditore commerciale e agricolo può chiedere la nomina di un esperto … quando si trova in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza e risulta ragionevolmente perseguibile il risanamento dell’impresa".
[42] 
Resterebbe ferma, in ogni caso, la doverosità della classificazione a UTP se ne sussistono i presupposti ex CRR e Guidelines EBA; così come, anche durante la composizione negoziata, continuerebbero a decorrere i termini per il Past Due.
[43] 
V. supra, nota 6 e testo corrispondente.
[44] 
Anche in materia contabile benché sia difficile che il credito non vada catalogato tra quelli underperforming (c.d. stage 2; cfr. supra, nota 24 e testo corrispondente).
[45] 
V. i dati statistici ricordati supra, nota 2.
[46] 
Correttamente v. P. Rinaldi, La difficile compatibilità tra insovenza e credito bancario nella composizione negoziata, in dirittodellacrisi.it, 15 febbraio 2022, e ora anche: S. Bonfatti e S. Rizzo, La "vigilanza prudenziale" nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, in dirittodellacrisi.it, 9 dicembre 2022, nota 14 (che reputano che l'avvio della composizione negoziata imponga alla banca di procedere a un'approfondita revisione analitica della posizione, senza tuttavia condizionarne l'esito finale) e E. Bissocoli e A. Turchi, op. cit., p. 29 ss.
[47] 
La quale, come noto, non richiede un'ammissione, vale a dire che non può essere respinta dalla commissione di nomina dell'esperto.
[48] 
Nell'originaria norma (art. 10, comma 2, D.L. 118/2021) era previsto anche un potere del giudice di procedere a una rideterminazione coattiva del contratto qualora l'equilibrio fosse venuto meno a causa della pandemia da SARS-COV-2. Tale parte della norma – in quanto di natura temporanea – non è stata trasfusa nel CCII, ma neppure abrogata, sicché è attualmente ancora in vigore.
[49] 
La norma trova un antecedente prossimo nell'art. 12, comma 3, CCII originario: “L'attivazione della procedura di allerta da parte dei soggetti di cui agli articoli 14 e 15, nonché la presentazione da parte del debitore dell'istanza di composizione assistita della crisi di cui all'articolo 16, comma 1, non costituiscono causa di risoluzione dei contratti pendenti, anche se stipulati con pubbliche amministrazioni, né di revoca degli affidamenti bancari concessi. Sono nulli i patti contrari”. Sul punto v. G. Falcone, Il ruolo del creditore bancario nella composizione negoziata per la soluzione della crisi di impresa, in Riv. dir. banca, 2022, p. 74 ss.
[50] 
In materia va ricordata la direttiva (UE) 2021/2167 del 24 novembre 2021 relativa ai gestori di crediti e agli acquirenti di crediti che dovrà essere attuata entro il 29 dicembre 2023.
[51] 
O meglio, nello sviluppo, visto che un progetto di piano di risanamento deve essere depositato già unitamente all'istanza di nomina (cfr. art. 17 comma 1, lett. b), CCII).
[52] 
Dubito che il dovere di partecipare in modo attivo si estenda fino al punto di formulare controproposte (così, parrebbe, M. Spiotta, Ruolo dei creditori nella composizione negoziata e negli strumenti di regolazione della crisi/insolvenza, in Il Fall., 2022, p. 1278).
[53] 
Come si esprime l’art. 1845 c.c.
[54] 
Ma non mi consta che per le Autorità di vigilanza vi sia il potere di dettare disposizioni specifiche non solo per la singola banca ma addirittura per il singolo rapporto contrattuale (v. anche S. Bonfatti e S. Rizzo, La "vigilanza prudenziale", cit., p. 8). Contra, parrebbe, E. Bissocoli e A. Turchi, op. cit., p. 10 ss.
[55] 
Al riguardo va ricordato che la terza frase dell'art. 16, comma 5, CCII che introduce l'eccezione è stata introdotta dopo il parere n. 832 del 15 maggio 2022 del Consiglio di Stato che aveva ritenuto troppo debole la formulazione originaria. Secondo il Consiglio di Stato la seconda frase del comma avrebbe dovuto essere cancellata e quella precedente avrebbe dovuto essere integrata dopo "... sono tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato" con "e non possono revocare affidamenti bancari concessi all'imprenditore se non sulla base di una motivazione che dia conto dello stato delle trattative e della concreta impossibilità di pervenire al superamento della crisi".
[56] 
Cfr. Cass. 22.12.2020, n. 29317, che afferma in termini generali la legittimità dell'esercizio del diritto di recesso ad nutum della banca dall'apertura di credito qualora esso sia comunicato al cliente con un congruo preavviso e riprende espressamente i suoi precedenti in base ai quali va considerato illegittimo il recesso che, in concreto, assuma connotati del tutto imprevisti e arbitrari (Cass. 24.8.2016, n. 17291) e l'onere della prova grava sulla parte che assume l'illegittimità del recesso per arbitrarietà e contrarietà al principio di buona fede (Cass. 7.3.2008, n. 6186).
[57] 
P.e., l'inadempimento di altre obbligazioni nei confronti della banca (salvo quanto previsto dall'art. 18, comma 5, CCII sul quale v. infra, par. 4) o la violazione di covenants. D'altra parte, benché la norma espressamente non lo sancisca, è senz'altro nulla la clausola contrattuale che preveda lo scioglimento del contratto di affidamento in caso di accesso alla composizione negoziata.
[58] 
Imposto nel senso che la sospensione o la revoca (per usare il linguaggio del legislatore) in certi casi saranno non solo possibili ma addirittura doverosi per evitare la responsabilità della banca per concessione o mantenimento abusivo del credito, (tema sul quale, per il resto, rinvio al successivo par. 6). In senso analogo al testo v. D. Crivellari, Le banche nella composizione negoziata delle crsi fra condivisione del rischio e impatto degli strumenti, in Ristrutturazioni Aziendali, 26 maggio 2022, e, ora, S. Bonfatti e S. Rizzo, La "vigilanza prudenziale" nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, in dirittodellacrisi.it, 9 dicembre 2022, i quali aggiungono, persuasivamente, che non è sufficiente per la sospensione o la revoca dell'affidamento il semplice aggravamento economico dell'operazione per la banca dovuto ai maggiori accantonamenti a fondo rischi.
[59] 
S. Bonfatti, La nuova finanza bancaria, in dirittodellacrisi.it, 14 dicembre 2021, p. 18.
[60] 
Come noto, per entrambi questi istituti “In nessun caso, per effetto dell’accordo di ristrutturazione, ai creditori ai quali è stato esteso l’accordo [per effetto della convenzione, ai creditori della medesima categoria non aderenti] possono essere imposti l'esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l'erogazione di nuovi finanziamenti”.
[61] 
S. Bonfatti, La nuova finanza, cit., p. 19 aggiunge un'eccezione che definisce "etica": non comprendendo per quale ragione il legislatore si preoccupi di un "comportamento brutale” solo della banca e non anche del fornitore strategico che potrebbe interrompere le forniture oppure del cliente esclusivo. Al riguardo, però, deve replicarsi sottolineando il rilievo particolare del finanziamento bancario e la circostanza che, se è vero che altre controparti non subiscono le conseguenze derivanti dalla norma ora in esame, è anche vero che queste non potranno mai conseguire per i loro crediti sorti durante la composizione negoziata della prededuzione che, invece, è concessa alle banche ai sensi dell'art. 22 CCII. In altra prospettiva, va osservato che di per sé l'accesso alla composizione negoziata non è motivo di risoluzione per alcun contratto giacché non è inadempimento né manifestazione della volontà di non voler adempiere.
[62] 
Del resto per il mutuo potrebbe esserci solo decadenza dal beneficio del termine o risoluzione. Nel senso del testo, pur criticando il linguaggio del legislatore, v. G. Falcone, op. cit., p. 75; Contra, invece, S. Bonfatti, La nuova finanza, cit., p. 17. Va aggiunto che, invece, la norma in esame può trovare applicazione per i mutui con erogazione a stato avanzamento lavori.
[63] 
Tra i quali non possono essere compresi i lavoratori (art. 18, comma 3, CCII) che, dunque, mantengono sempre il potere di agire cautelarmente ed esecutivamente nonchè di acquisire diritti di prelazione anche non concordati con l'imprenditore. 
[64] 
Se il Tribunale nega la conferma, tornano a essere possibili azioni cautelari ed esecutive e garanzie non concordate. Se la concede, il blocco di azioni cautelari ed esecutive e quello delle garanzie non concordate va da un minimo di trenta giorni a un massimo di centoventi (eventualmente prorogabile di altri centoventi). Il divieto di emanare la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale, invece, salvo che non vi sia una revoca espressa delle misure protettive, vale fino alla conclusione delle trattative o all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata.
[65] 
Per un esempio, a parer mio discutibile, v. Trib. Parma 10 luglio 2022, in dirittodellacrisi.it che ha cautelarmente sospeso alcuni contratti di affidamento per linee autoliquidanti con divieto per la banca "di estinguere, in qualsiasi forma contrattuale prevista, la propria posizione creditoria, per effetto dell'operazione di anticipazione di fatture"; in sostanza, dunque, precludendo la compensazione.
[66] 
Sul punto v. S. Bonfatti, La nuova finanza, cit., p. 9 ss.
[67] 
Cioè, le norme sulla bancarotta semplice e su quella preferenziale. 
[68] 
La frase finale del comma 5 prevede poi che "le disposizioni di cui al primo periodo non si applicano inoltre ai pagamenti e alle operazioni autorizzati dal tribunale a norma dell'articolo 22". Ma la disposizione (dal cui tenore letterale visto l'uso del plurale maschile nell'aggettivo "autorizzati" non c'è dubbio che si riferisca anche ai pagamenti) è incomprensibile perché l'art. 22 CCII non prevede alcuna autorizzazione di pagamenti. Salvo non ritenere che, quando viene autorizzato un finanziamento in prededuzione (v. infra, par. 5), implicitamente se ne autorizza anche il rimborso in sede di composizione negoziata.
[69] 
Nella norma qui in esame manca l’espressa declaratoria di inefficacia dei patti contrari. Inoltre nell’art. 94 bis CCII c’è una distinzione tra i normali contratti in corso di esecuzione e quelli necessari per la continuazione della gestione corrente.

[70] 
Viceversa, potrà esservi una motivazione aggiuntiva e potenzialmente sufficiente per la sospensione o la revoca degli affidamenti quando vi sia inadempimento del debito maturato anteriormente e le misure di protezione non vengano chieste o non siano confermate ovvero scadano.
[71] 
Cfr. art. 94 bis, comma 2, CCII.
[72] 
Salvo quello a stato avanzamento lavori, comunque soggetto all’art. 16, comma 5, CCII (cfr. supra, nota 62).
[73] 
Come, invece e opportunamente, poteva avvenire ex art. 182 quinquies, comma 3, frase finale, L. fall. per le linee autoliquidanti già esistenti. La mancata replica di tale norma per la composizione negoziata, e in generale nel CCII, è criticata da S. Rizzo, op. cit., p. 28.
[74] 
S. Bonfatti, La nuova finanza, cit., p. 23.
[75] 
Va ricordato che ai sensi dell'art. 24, comma 3 "Gli atti di straordinaria amministrazione … effettuati nel periodo successivo alla accettazione dell'incarico da parte dell'esperto sono in ogni caso soggetti alle azioni di cui agli articoli 165 e 166 se, in relazione ad essi, … il tribunale ha rigettato la richiesta di autorizzazione presentata ai sensi dell'articolo 22". Quindi, questi atti, in caso di liquidazione giudiziale, non sono di per sé inefficaci, ma solo revocabili.
[76] 
Richiesta non possibile da parte della banca che, anteriormente all'istanza di nomina dell'esperto, abbia concesso un affidamento che presenta un accordato superiore all’utilizzato (cfr. supra, par. 3). D’altra parte, non sarebbe conforme a buona fede revocare la linea di credito esistente per poi concedere nuova finanza con la prededuzione.
[77] 
Come noto in più occasioni la Suprema Corte, per risolvere questioni specifiche, ha catalogato – in disaccordo con la dottrina prevalente – gli accordi di ristrutturazione come procedure concorsuali. Cfr. Cass., 18 gennaio 2018, n. 1182; Cass., 25 gennaio 2018, n. 1895; Cass., 25 gennaio 2018, n. 1896; Cass., 12 aprile 2018, n. 9087; Cass., 24 maggio 2018, n. 12965; Cass., 21 giugno 2018, n. 16347; Cass., 8 maggio 2019, 12064.
[78] 
Anche se, da un lato, prededucibile non è garanzia di effettivo rientro ma solo di preferenza (per tutti v. A. Bassi, La illusione della prededuzione, in Giur. comm., 2011, I, p. 342 ss.); e, dall’altro, neppure è ben chiaro se la prededuzione operi anche in ipotesi di procedura esecutiva ordinaria (letteralmente tale caso è escluso dall'art. 24, comma 1, CCII, ma ciò sembra in contrasto con il principio generale desumibile dall'art. 6, comma 2, CCII) e, in ogni caso, rispetto a cosa questa nuova finanza sia prededucibile: solo ai crediti anteriori alla composizione negoziata o rispetto a tutti i crediti, anche posteriori alla nuova finanza, sorti prima dell’apertura di una procedura concorsuale? Su entrambi questi ultimi punti, per acute osservazioni, v. S. Bonfatti, La nuova finanza, cit., p. 28 ss.
[79] 
Secondo S. Rizzo, cit., p. 27 s., al massimo, in una visione sostanzialistica, la prededuzione sarebbe valutabile come “garanzia” con la conseguenza di allungare i tempi del calendar provisioning.
[80] 
Un uso di nicchia per la nuova finanza prededucibile in sede di composizione negoziata può essere riscontrato come alternativa ai finanziamenti ponte dell’art. 99, comma 5, CCII: questi, come noto, non hanno ex ante sicurezza di essere prededucibili, i finanziamenti ex art. 22, comma 1, CCII, invece sì. Altro vantaggio (al di fuori dell'ambito bancario) può esserci per i finanziamenti soci e infragruppo per i quali non è qui riprodotta la “franchigia” del 20%.
[81] 
Peraltro oggi fase di ripensamento per quanto concerne la legittimazione del curatore a far valere il danno subito dalla massa dei creditori: cfr. l’ordinanza interlocutoria Cass., 24 ottobre 2022, n. 31389 che ha rimesso la questione alla pubblica udienza.
[82] 
Mi riferisco a Cass. 30 giugno 2021, n. 18610, in Banca, borsa, tit.cred., 2022, II, p. 164 (da cui sono tratte le successive citazioni nel testo), con nota di L. Benedetti, La ridefinizione della fattispecie della concessione abusiva di credito ad opera della Cassazione, p. 173 ss. A tale sentenza, come noto, ha poi fatto seguito, nello stesso senso, Cass. 14 settembre 2021, n. 24725. Le due sentenze sono pubblicate insieme in Giur. comm., 2022, II, p. 1094 ss, con nota di I. D'Anselmo, Due sentenze sulla concessione abusiva, p. 1110 ss.
[83] 
La norma merita due brevi commenti. Il primo per sottolineare che la disapplicazione dell'art. 2560, comma 2, c.c. si ha solo nella liquidazione giudiziale e nel concordato; ma, in quest'ultimo caso, come parte del piano omologato da eseguire, non come atto autorizzabile giudizialmente nel durante della procedura. La seconda per sottolineare che l'autorizzazione non sembra in sé necessaria per la cessione dell'azienda, ma solo per la deroga all'art. 2560, comma 2, c.c. e per ottenere la conservazione degli effetti e l'esenzione da azione revocatoria (art. 24 CCII). Sul punto si rimanda a quanto osservato supra, alla nota 75.
[84] 
Cioè, l'acquisizione di certe misure premiali. A quanto previsto dall'art. 25 bis, comma 1 ("Dall'accettazione dell'incarico da parte dell'esperto e sino alla conclusione delle trattative con una delle soluzioni previste dall'articolo 23, commi 1 e 2, lettera b), gli interessi che maturano sui debiti tributari dell'imprenditore sono ridotti alla misura legale") vanno aggiunte anche quelle di cui ai commi 4 e 5 della stessa norma.
[85] 
Con la sua sottoscrizione l'esperto dà atto che il piano di risanamento appare coerente con la regolazione della crisi o dell’insolvenza (ma non attesta l'attendibilità della documentazione contabile).
[86] 
Ma, siccome la liquidazione può avvenire anche in relazione all'azienda o a suoi rami, non è affatto escluso che si tratti di un concordato in continuità aziendale indiretta.
[87] 
Non è, cioè, richiesto che la proposta preveda "un apporto di risorse esterne che incrementi di almeno il dieci per cento l'attivo disponibile al momento della presentazione della domanda e assicuri il soddisfacimento dei creditori chirografari e dei creditori privilegiati degradati per incapienza in misura non inferiore al venti per cento del loro ammontare complessivo" (art. 84, comma 4, CCII). Questi, e altri alleggerimenti di disciplina rispetto al normale concordato liquidatorio, trovano un bilanciamento nella circostanza che in sede di concordato semplificato il tribunale deve sempre provvedere d’ufficio, e in relazione a tutti i creditori, alla valutazione se la proposta non arrechi pregiudizio rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale.
[88] 
In questo senso mi pare che Trib. Como 27 ottobre 2022, in ilcaso.it sia criticabile nella parte in cui ha omologato un concordato semplificato che prevedeva un dividendo pari a zero e nessun’altra utilità per i creditori chirografari.
[89] 
Sulle origini di questo principio nella legislazione bancaria, mi permetto di rinviare a G. Presti, Il bail-in, in Banca Impresa Società, 2015, p. 339 ss.

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Ai fini di sicurezza (filtri antispam, firewall, rilevazione virus), i dati registrati automaticamente possono eventualmente comprendere anche dati personali come l'indirizzo IP, che potrebbe essere utilizzato, conformemente alle leggi vigenti in materia, al fine di bloccare tentativi di danneggiamento al sito medesimo o di recare danno ad altri utenti, o comunque attività dannose o costituenti reato. Tali dati non sono mai utilizzati per l'identificazione o la profilazione dell'utente, ma solo a fini di tutela del sito e dei suoi utenti.

I sistemi informatici e le procedure software preposte al funzionamento di questo sito web acquisiscono, nel corso del loro normale esercizio, alcuni dati personali la cui trasmissione è implicita nell'uso dei protocolli di comunicazione di Internet. In questa categoria di dati rientrano gli indirizzi IP, gli indirizzi in notazione URI (Uniform Resource Identifier) delle risorse richieste, l'orario della richiesta, il metodo utilizzato nel sottoporre la richiesta al server, la dimensione del file ottenuto in risposta, il codice numerico indicante lo stato della risposta data dal server (buon fine, errore, ecc.) ed altri parametri relativi al sistema operativo dell'utente.

Tempi di conservazione dei Suoi dati - I dati personali raccolti durante la navigazione saranno conservati per il tempo necessario a svolgere le attività precisate e non oltre 24 mesi.

Modalità del trattamento - Ai sensi e per gli effetti degli artt. 12 e ss. del GDPR, i dati personali degli interessati saranno registrati, trattati e conservati presso gli archivi elettronici delle Società, adottando misure tecniche e organizzative volte alla tutela dei dati stessi. Il trattamento dei dati personali degli interessati può consistere in qualunque operazione o complesso di operazioni tra quelle indicate all' art. 4, comma 1, punto 2 del GDPR.

Comunicazione e diffusione - I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati, intendendosi con tale termine il darne conoscenza ad uno o più soggetti determinati, dalla Società a terzi per dare attuazione a tutti i necessari adempimenti di legge. In particolare i dati personali dell’interessato potranno essere comunicati a Enti o Uffici Pubblici o autorità di controllo in funzione degli obblighi di legge.

I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati nei seguenti termini:

  • - a soggetti che possono accedere ai dati in forza di disposizione di legge, di regolamento o di normativa comunitaria, nei limiti previsti da tali norme;
  • - a soggetti che hanno necessità di accedere ai dati per finalità ausiliare al rapporto che intercorre tra l’interessato e la Società, nei limiti strettamente necessari per svolgere i compiti ausiliari.

Diritti dell’interessato - Ai sensi degli artt. 15 e ss GDPR, l’interessato potrà esercitare i seguenti diritti:

  • 1. accesso: conferma o meno che sia in corso un trattamento dei dati personali dell’interessato e diritto di accesso agli stessi; non è possibile rispondere a richieste manifestamente infondate, eccessive o ripetitive;
  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

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