Loading…

Saggio

La “vigilanza prudenziale” nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza*

Sido Bonfatti, Professore di diritto fallimentare nell’Università di Modena e Reggio Emilia, già Ordinario di diritto commerciale nel medesimo ateneo
Salvatore Rizzo, Avvocato addetto all'Ufficio crediti non performing istituto bancario

9 Dicembre 2022

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Il contributo prende in esame la disposizione prevista al comma 5 dell'articolo 16 del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza il quale, dopo avere previsto che l'accesso alla procedura di Composizione Negoziata della Crisi d'Impresa non costituisce di per sé causa di sospensione o di revoca degli affidamenti bancari concessi all'imprenditore, precisa che "in ogni caso la sospensione o la revoca degli affidamenti possono essere disposte a richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale...”. Il contributo esamina quali siano le fonti individuabili della "disciplina di vigilanza prudenziale” per le banche e per intermediari finanziari non bancari e, constatata l'impossibilità di individuare disposizioni specifiche concernenti i presupposti dell'obbligo di dare bancari e finanziari di provvedere alla “sospensione o revoca degli affidamenti”, propone l'applicabilità al caso di specie dei principi generali in materia di “sana e prudente gestione”. Alla luce di tale conclusione il contributo propone alcune ipotesi di applicabilità ovvero di inapplicabilità della eccezione al principio di divieto di sospensione o di revoca degli affidamenti bancari nel contesto della Composizione Negoziata della Crisi d'Impresa.
Riproduzione riservata
1 . Premessa. Il “mantenimento” del sostegno finanziario bancario all’impresa in crisi
La “Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa” (“CNC”) rappresenta uno “strumento” (che solo per ragioni di comodità espositiva talora denomineremo “procedura”)[1] particolarmente raccomandato per le situazioni di crisi reversibili, e – potremmo dire – passeggere: o, comunque, superabili[2].
Alla luce di tale considerazione è evidente la rilevanza che assume la individuazione dei presupposti per il mantenimento e per la concessione del sostegno finanziario bancario: giacché se l’impresa-tipo dell’economia italiana non può fare a meno – come non può fare a meno – del sostegno bancario in condizioni normali, tanto meno potrebbe rimanerne priva, anche soltanto in parte, nelle situazioni nelle quali si accinge ad affrontare – e si impegna a superare – una situazione di “crisi”.
L’interesse dell’impresa a potere contare sul sostegno finanziario bancario può trovarsi a coincidere con l’interesse delle banche ad assicurarglielo in situazioni fortemente differenziate, secondo che si tratti – più precisamente – del mantenimento del sostegno finanziario già prestato; ovvero dell’aggiunta di un sostegno finanziario sino a quel momento insussistente: giacché nel primo caso – a non dir d’altro – la banca persegue anche un interesse che non è presente nel secondo, vale a dire la tutela delle esposizioni già formatesi in conseguenza degli affidamenti precedentemente concessi.
Intendendo soffermarci, in questa sede, soltanto sul primo fenomeno, dobbiamo immediatamente sottolineare come all’interesse “speciale” sopra evidenziato – l’interesse a favorire la salvaguardia del credito pregresso attraverso il sostegno al tentativo di risanamento dell’impresa – se ne contrapponga uno di segno contrario (ovvero tale da suggerire un approccio contrario all’ipotesi di mantenimento del sostegno finanziario): più precisamente, l’interesse ad evitare un possibile aggravamento della perdita ed il coinvolgimento nella responsabilità della causazione del dissesto, ovvero del suo aggravamento.
Si comprende pertanto come di fronte alla alternativa, se mantenere o non mantenere il sostegno finanziario bancario all’impresa in crisi, la banca auspicherebbe di potersi determinare in totale libertà, valutando caso per caso l’atteggiamento maggiormente funzionale a conseguire quello, tra i due interessi contrapposti, considerato preferibile.
Per converso, la soluzione più favorevole alla banca risulterebbe inevitabilmente, volta per volta, quella meno soddisfacente per l’impresa in crisi – ovvero, per lo meno, tutte le volte nelle quali la banca opinasse per il “non mantenimento” del sostegno finanziario, l’impresa in crisi ne sarebbe irrimediabilmente danneggiata, ed il tentativo di superamento della situazione di difficoltà certamente ostacolato -: donde la comprensibilità di una disciplina volta a “favorire”, in qualche modo (oltre che ad incentivare, per quanto possibile), un sostegno finanziario bancario anche in situazioni nelle quali lo stesso, in “condizioni normali”, non sarebbe assicurato.
La disciplina del credito bancario (c.d. in progress, cioè per l’utilizzo di linee di credito già in essere) nell’ambito della procedura di Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa offre un interessante esempio di tentativo di contemperamento degli interessi (delle banche e delle imprese in crisi) in gioco, nel momento in cui regola gli effetti dell’apertura della procedura sugli “affidamenti” pendenti: ed a questo specifico argomento sono dedicate le pagine che seguono.
2 . La disciplina degli effetti dell’apertura della CNC sugli “affidamenti” bancari pendenti
La nuova disciplina introdotta dal D.Lgs. n. 14/2019 in materia di regolazione della crisi d’impresa, come noto, ha conosciuto numerose revisioni (finanche ancora prima della sua effettiva entrata in vigore), frutto di ravvedimenti del legislatore, spesso sollecitati dai commenti pervenuti tanto a livello dottrinale quanto dal mondo dei professionisti del diritto concorsuale.
Tra i molteplici interventi correttivi innestati sul corpus del Codice della Crisi, il più rilevante intervento si è avuto con il D.Lgs. n. 83/2022, mediante il quale si è provveduto ad adeguare il Codice alle previsioni di cui alla Direttiva Insolvency (Direttiva UE 2019/1023) e, soprattutto, ad operare una delicata opera di trasfusione e coordinamento generale all’interno del Codice della nuova procedura della Composizione Negoziata, di cui al decreto legge 24 agosto 2021, n. 118, successivamente convertito nella legge 21 ottobre 2021, n. 147. L’intervento - come noto - ha determinato la pressoché completa riformulazione del Titolo II, recante l’originaria disciplina sull’«allerta», finalizzata ad identificare e far emergere in maniera anticipata l’eventuale crisi e/o insolvenza dell’impresa, nella prospettiva che una sua rapida emersione renda più elevate le chance di successo al percorso di risanamento dell’impresa – sotto il profilo del recupero della continuità aziendale e, quindi, del suo ritorno in bonis sia dal punto di vista del mercato che delle controparti, anche finanziarie, con cui l’impresa interagisce -. 
Questa finalità non risulta in alcun modo depotenziata dal nuovo strumento della Composizione Negoziata: al quale, piuttosto, nell’identificare un percorso “negoziale” strutturato che vede l’impresa ed i suoi creditori posti sotto la “guida” dell’Esperto, unitamente ai presidi in termini di obblighi di condotta[3], di buona fede, e oltre alle misure di protezione del patrimonio dell’impresa debitrice, dovrebbe al contrario assicurare una negoziazione non solo “apparente” ma effettiva e, auspicabilmente, proficua per tutte la parti interessate[4].
Tra le diverse previsioni che caratterizzano la procedura della Composizione Negoziata, ai fini del presente commento, si connota di particolare interesse la previsione di cui all’art. 16, comma 5, CCII, recante una singolare disciplina circa le misure c.d. “impeditive” dedicata alle sole banche. 
La norma dispone che «l’accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce di per sé causa di sospensione o di revoca degli affidamenti bancari concessi all’imprenditore. In ogni caso la sospensione o la revoca degli affidamenti possono essere disposte se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale, con comunicazione che dà conto delle ragioni della decisione assunta». La ratio della previsione è chiara: poiché le banche sono, di regola, i principali creditori dell’impresa che dovesse accedere ad un percorso di ristrutturazione del proprio passivo, si è ritenuto indispensabile replicare anche all’interno del percorso “negoziale” della Composizione Negoziata i medesimi meccanismi di automatic stay tipici delle procedure concorsuali propriamente dette, nel tentativo di evitare fughe in avanti dei creditori bancari e, soprattutto, assicurare una prospettiva di possibile concreta negoziazione tra l’imprenditore e le banche.
Ciò nonostante in occasione dell’innesto all’interno del Codice della Composizione Negoziata il legislatore ha ritenuto di integrare detta previsione riconoscendo - «in ogni caso» - la possibilità per le banche di procedere con la revoca o la sospensione degli affidamenti[5] in essere «se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale».
Risulta pertanto interessante, soprattutto dal punto di vista delle banche e degli intermediari finanziari non bancari, indagare cosa abbia effettivamente voluto dire il legislatore - ovvero: cosa sia lecito attribuire alle sue parole -, nel momento in cui ha introdotto una simile previsione. 
Per ciò che concerne l’affermazione del principio “impeditivo”, una possibile lettura interpretativa è possibile coglierla nel Parere del Consiglio Stato n. 832, pubblicato il 15 maggio 2022, mediante il quale è stato dato il “via libera” allo schema di decreto legislativo contenente le modifiche al Codice della Crisi di Impresa e dell’Insolvenza in attuazione della Direttiva 2019/1023/UE. Più in dettaglio, con specifico riguardo alla previsione in commento, il Consiglio di Stato ha eccepito che l’originaria formulazione[6] risultava troppo debole anche solo considerando il rapporto con il primo periodo, dove era previsto un vero e proprio obbligo di partecipazione attiva, il quale non può non riferirsi a una partecipazione per così dire “costruttiva” e mirata al perseguimento dello scopo sotteso alla procedura (rectius: allo strumento) della CNC.
È stato per questa ragione che si è richiesta una riformulazione della norma finalizzata a renderla più stringente e volta ad evitare possibili revoche di affidamenti bancari, anche solo occasionate dalla sorpresa provocata dalla presa di coscienza di una situazione di “crisi” dell’impresa affidata, percepita proprio (e solo) in conseguenza dell’invito a partecipare alle trattative avviate nell’ambito della Composizione Negoziata.
L’obiettivo di una diversa formulazione – sempre ad avviso del Consiglio di Stato – doveva essere quello di individuare un criterio più stringente, sulla base del quale il giudice – adito con la richiesta di una misura cautelare durante lo svolgimento delle trattative della Composizione Negoziata per essere intervenuta la revoca di un affidamento da parte di una delle banche coinvolte - potesse valutare, insieme all’Esperto, la eventuale incoerenza della revoca di un finanziamento rispetto allo stato delle trattative e alle concrete prospettive delle stesse. In questa prospettiva, suggeriva il Consiglio di Stato, il primo periodo avrebbe dovuto proseguire con l’inciso “e non possono revocare affidamenti bancari concessi all'imprenditore se non sulla base di una motivazione che dia conto dello stato delle trattative e della concreta impossibilità di pervenire al superamento della crisi”.
Aderendo alla proposta di integrazione del Consiglio di Stato, la previsione è stata integrata nei termini “suggeriti” ma - con un’assoluta novità - è stato introdotto – verosimilmente a mitigazione dell’eccessiva rigidità del principio enunciato – l’esplicito rinvio alla “disciplina di vigilanza prudenziale” propria di banche e intermediari finanziari non bancari. 
3 . Segue. La identificazione della “disciplina di vigilanza prudenziale”
Seppur connotata da una certa genericità, l’integrazione apportata all’art. 16, comma 5, CCII rappresenta un significativo passo in avanti per i creditori finanziari, per le ragioni di seguito esposte.            
In via preliminare occorre chiarire che nel momento in cui si fa rimando alla “disciplina di vigilanza prudenziale” la stessa è identificabile in un corpus normativo/regolamentare particolarmente complesso e strutturato. In termini più generali, il primo ed immediato rimando potrebbe/dovrebbe essere il Testo Unico Bancario (D.Lgs. n. 385/1993) e, tra le sue varie disposizioni – in via principale ai nostri fini - l’art. 5 TUB recante, appunto, i principi generali in termini di finalità e destinatari della vigilanza, tra i quali spicca per rilevanza la “sana e prudente gestione dei soggetti vigilati” unitamente alla “stabilità complessiva, all’efficienza e alla competitività del sistema finanziario, nonché all’osservanza delle disposizioni in materia creditizia”[7].
A tale previsione fanno poi seguito – a livello di regolamentazione secondaria – le Disposizioni di Vigilanza della Banca d’Italia di cui alla Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013, che raccoglie le disposizioni di vigilanza prudenziale applicabili alle banche e ai gruppi bancari italiani, costantemente riviste e aggiornate per adeguare la normativa interna alle novità intervenute nel quadro regolamentare internazionale, con particolare riguardo al nuovo assetto normativo e istituzionale della vigilanza bancaria dell’Unione europea. Con tali disposizioni sono state trasposte nell’ordinamento dell’Unione europea le riforme (sia di tipo microprudenziale, ossia concernenti la regolamentazione a livello di singole banche; che di tipo macroprudenziale, cioè riguardanti i rischi a livello di sistema che possono accumularsi nel settore bancario, nonché l'amplificazione prociclica di tali rischi nel tempo) degli accordi del Comitato di Basilea (tempo per tempo anch’essi aggiornati), volti a rafforzare la capacità delle banche di assorbire shock derivanti da tensioni finanziarie ed economiche, indipendentemente dalla loro origine; a migliorare la gestione del rischio e la governance; nonché a rafforzare la trasparenza e l'informativa delle banche, tenendo conto degli insegnamenti della crisi finanziaria.
Ovviamente il perimetro della “disciplina di vigilanza prudenziale” non si esaurisce nelle citate Disposizioni ma, al contrario, proprio in ragione della Vigilanza europea coordinata oggi dalla BCE, occorre necessariamente tenere conto di molteplici ulteriori fonti regolamentari, tra le quali spiccano, per analoga importanza, con specifico riguardo alla regolamentazione creditizia, le numerose e pervasive Guidelines emanate dall’European Banking Autorithy (EBA) – si pensi, a mero titolo esemplificativo, alle EBA/GL/2017/01 sulla nuova nozione di default; alle GDL/EBA/2018/10 sulle posizioni non performing e oggetto di misure di concessione; alle GDL/EBA/2020/06 in materia di concessione e monitoraggio dei prestiti -, unitamente alle Disposizioni emanate dalla citata BCE quali, ad esempio, le importanti Linee guida per le banche sulla gestione dei crediti deteriorati (npl) del marzo 2017 e relativo Addendum del marzo 2018: fino ad arrivare – da ultimo – alla nuova regolamentazione UE sul Calendar Provisioning (Regolamento UE 2019/630[8] di modifica al Regolamento UE 2013/575[9]denominato per brevità CRR Capital Requirement Regulation).
Ebbene, questo intero corpus normativo – regolamentare può essere senza ombra di dubbio qualificato come “disciplina di vigilanza prudenziale”, nella misura in cui alla stessa si attribuisca il significato di regolamentare l’attività di banche e intermediari con specifico riguardo al rischio c.d. di “primo pilastro”, ovvero al rischio di credito (il quale a sua volta comprende il “rischio di controparte” - ossia il rischio che la controparte di un’operazione risulti inadempiente prima del regolamento definitivo dei flussi finanziari di un’operazione -), e, di riflesso, assicurare – in via continuativa - la trasparenza e la resilienza dei bilanci bancari affinché gli stessi siano sempre in grado di assorbire patrimonialmente le perdite eventuali che dovessero emergere a fronte di inadempimenti e/o default delle controparti affidate. In virtù di ciò si può ragionevolmente ritenere che la previsione contenuta nell’art. 16, comma 5, CCII, nel momento in cui ammette la possibilità per le banche di procedere con la revoca o la sospensione degli affidamenti «se richiesto dalla disciplina di vigilanza prudenziale» abbia presente il complesso regolamentare innanzi descritto: ovvero un complesso di norme che, soprattutto in una prospettiva sistematica, si pone a presidio dell’assoluta trasparenza e resilienza dei bilanci degli intermediari e, più in generale, dell’intero sistema finanziario. 
Seguendo questa opzione interpretativa, sebbene l’inciso «se richiesto» sia connotato da troppa genericità, tanto da farlo ritenere ultroneo; visto e considerato che nessuna disposizione del TUB o di qualsivoglia altra Disposizione di Vigilanza (tra quelle innanzi menzionate e non solo) arriva al punto di imporre a banche e intermediari – al ricorrere di determinate circostanze – la revoca o la sospensione degli affidamenti (e non potrebbe essere diversamente, in fin dei conti, trattandosi di un’attività d’impresa pur sempre privata); pare plausibile interpretare la previsione in commento nel senso che le banche non soltanto potranno disporre la revoca e/o la sospensione degli affidamenti per ragioni di ordine diverso rispetto al mero accesso alla Composizione Negoziata da parte di un’impresa affidata (quali ad esempio percentuali anomale di insoluti sul portafoglio anticipato, ovvero distrazione di incassi su portafoglio anticipato che l’impresa abbia volutamente “decanalizzato” presso altro intermediario): ma, in aggiunta, potranno altresì procedere con la revoca e/o la sospensione degli affidamenti anche per ragioni di ordine “prudenziale”, cosi evitando l’ulteriore effetto negativo che per le stesse potrebbe prodursi nel momento in cui l’impresa, contestualmente all’istanza di accesso alla Composizione Negoziata, abbia pure fatto richiesta delle misure protettiva di cui all’art. 18 CCII, ovvero il rischio di non poter “rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti” e, quindi, dover mantenere disponibile all’impresa l’eventuale margine di accordato presente (o che si dovesse nuovamente rendere disponibile dopo lo “scarico” di partite di portafoglio anticipate prima dell’istanza di accesso alla Composizione Negoziata) sulle linee di credito pendenti. 
Il combinato disposto di tali regole, unitamente alla rilevazione e conseguente classificazione della posizione di rischio come “credito a default”, comporterebbe infatti l’effetto di costringere le banche – sotto lo specifico profilo della disciplina prudenziale – ad apportare maggiori e crescenti accantonamenti in bilancio rispetto al momento iniziale di accesso alla Composizione Negoziata [10] [11].
Ovviamente, onde evitare abusi, l’art. 16, comma 5, CCII impone alle banche nel momento dispongono una revoca e/o la sospensione degli affidamenti, in forza della disciplina prudenziale e, quindi, al fine di assicurare una pronta e tempestiva rilevazione e classificazione dei crediti deteriorati[12] di precisare le suddette motivazioni. Un simile presidio è ragionevole quanto opportuno, fermo restando che sarà altrettanto verosimile che le palesate “ragioni prudenziali” sottese alla comunicazione di sospensione o revoca rimarranno poco o nulla comprensibili dal punto di vista dell’impresa.
L’obiettivo della Composizione Negoziata è quello – assolutamente condivisibile – di consentire all’impresa in difficoltà di poter superare la temporanea crisi anche e “con” l’aiuto dei suoi creditori: in primis i creditori finanziari, i quali hanno tutto l’interesse a che una situazione di difficoltà emerga e venga gestita in fase precoce, proprio perché la tempestività di intervento può permettere all’impresa di recuperare un equilibrio economico-finanziario tale da consentire a lei di continuare ad operare, ed alle banche di assicurarsi una prospettiva di rimborso. Ove tuttavia un simile obiettivo non dovesse risultare concretamente perseguibile, le banche – proprio in virtù della necessità di assicurare il rispetto della disciplina prudenziale – potranno, in forza della previsione in commento, revocare/sospendere gli affidamenti, nonostante l’accesso dell’impresa alla CNC.
4 . La applicazione dei principi generali in materia di “disciplina della vigilanza prudenziale” al caso di specie di cui all’articolo 16, comma 5, CCII
L’esame della “disciplina della vigilanza prudenziale” applicabile alle imprese bancarie (e finanziarie), con specifico riguardo all’attività di concessione del credito (ovvero di mantenimento della permanente utilizzabilità del credito già concesso), evidenzia come non sussistano fattispecie speciali nelle quali sia “richiesto” di procedere alla “sospensione o alla revoca degli affidamenti”. Parimenti, non sussistono criteri ulteriori, rispetto a quelli – di carattere, come visto, molto astratto – dettati per regolare l’esercizio dell’attività creditizia in termini generali.
Alla luce di tale considerazione pare di dovere concludere che il divieto (di sospensione e/o di revoca dell’affidamento bancario pendente) disposto dall’art. 16, comma 5, CCII, sia destinato a cadere allorché il mantenimento della utilizzabilità della linea di credito bancario, nonostante l’accesso dell’impresa affidata alla CNC, sia contrario a quanto ricavabile dalla “disciplina della vigilanza prudenziale”, nel senso di rivelarsi contraddittorio con la osservanza del principio disana e prudente gestionedella banca (principio al quale la stessa, del resto, deve attenersi, laddove aspiri non soltanto ad essere osservante della disciplina di vigilanza, ma anche a sottrarsi al rischio di responsabilità per “concessione inadeguata di credito”) [13].
A tale stregua risulterebbe pertanto non giustificata – e quindi illegittima – la sospensione ovvero la revoca dell’affidamento bancario pendente, motivata dalle conseguenze derivanti dalla “disciplina di vigilanza prudenziale” non esattamente connesse alla esigenza di “sana e prudente gestione”, quanto piuttosto di carattere puramente economico.
Benché il mantenimento della utilizzabilità del credito all’impresa in crisi, successivamente all’avvio, da parte della stessa, della CNC, possa comportare l’aggravamento degli effetti economici per la banca, a causa della necessità del peggioramento della classificazione della posizione, con conseguente esigenza di appostamento di maggiori accantonamenti a “fondo-rischi” [14], ciò parrebbe non giustificare - di per sé – la sospensione ovvero la revoca dell’utilizzo.
In altre parole: l’esigenza di contabilizzare accantonamenti supplementari potrebbe rendere non più economicamente conveniente il mantenimento della utilizzabilità del credito concesso, ma ciò non potrebbe costituire – di per sé – valido motivo di sospensione o revoca dell’affidamento.
L’unico possibile contrappeso a tale fenomeno potrebbe essere rappresentato, a questo punto, dalla revisione delle condizioni economiche (tasso di interesse) dell’utilizzo del credito, in funzione della compensazione (non tanto e non solo dell’eventuale maggiore rischiosità del credito concesso[15], quanto piuttosto) del maggiore assorbimento di patrimonio provocato dalla catalogazione deteriore: ma anche ciò incontrerebbe un limite nella non riformata disciplina “antiusura” [16]. 

Note:

[1] 
Sulla natura giuridica dell’istituto v., tra i molti contributi, S. Bonfatti, La nuova finanza bancaria in progress nella Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa, in Bancaria, 2022 (9), p. 100 ss.
[2] 
In argomento rinviamo a S. Bonfatti, Profili della Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa – Natura giuridica, presupposti e valutazioni comparative, in Dirittodellacrisi.it, 3 febbraio 2022.
[3] 
Chiara in tale senso è la previsione di cui all’art. 16, comma 6 del CCI ove si dispone che: «Tutte le parti coinvolte nelle trattative hanno il dovere di collaborare lealmente ed in modo sollecito con l’imprenditore e con l’esperto (…)».
[4] 
Il Rapporto Unioncamere del 15 novembre 2022, disponibile all’indirizzo: https://www.unioncamere.gov.it/comunicazione/primo-piano/crisi-dimpresa-un-anno-di-composizione-negoziata-presentato-il-rapporto-unioncamere, rileva che dopo il primo anno di entrata in vigore della Composizione Negoziata risultano presentate complessivamente 475 istanze di accesso e, soprattutto, negli ultimi mesi risulta in costante crescita il numero di istanze nuove presentate.
[5] 
Ancora una volta il termine “affidamenti” è stato usato impropriamente dal legislatore, dovendo tecnicamente intendersi per questi solo le linee di credito su conto corrente, e non anche i finanziamenti (ad es. mutui, sia ipotecari che chirografari). Ad ogni modo, come pure evidenziato dai numerosi commenti in dottrina, è ragionevole ritenere che il termine vada interpretato in senso estensivo, ovvero dovendovisi includere qualsivoglia forma tecnica di linea di credito.
[6] 
Formulazione che così recitava: “l'accesso alla composizione negoziata della crisi non costituisce di per sé causa di revoca degli affidamenti bancari concessi all'imprenditore". 
[7] 
Per un commento cfr., G. Gimigliano, sub art. 5, in S. Bonfatti e G. Falcone, (a cura di) Commentario al Testo unico bancario, Pisa, 2021, pagg. 19 ss. Ovviamente, il rimando va fatto agli articoli 51 (vigilanza informativa), 53 (vigilanza regolamentare) e 54 (vigilanza ispettiva) TUB.
[8] 
Pubblicato in G.U.U.E. del 25 aprile 2019 n. L. 111.
[9] 
Pubblicato in G.U.U.E. del 27 giugno 2013 n. L. 176.
[10] 
Peraltro pare utile evidenziare che anche nell’art. 18 CCI, nella vigente formulazione, è consentito ai creditori – tra cui anche le banche – di poter “sospendere” l’adempimento dei contratti pendenti fino alla conferma delle misure protettive richieste al Tribunale; tuttavia, con specifico riguardo ai creditori finanziari, in questo caso nessun rimando alla “vigilanza prudenziale” ricorre, lasciando pertanto supporre che la sospensione dei contratti di affidamento “pendenti” possa essere disposta dagli intermediari senza dover richiamare disposizioni di vigilanza prudenziale a supporto della decisione. D’altro canto, il mancato richiamo alla “vigilanza prudenziale” nell’ambito delle misure protettive pare giustificarsi per il fatto che le stesse non sono rivolte unicamente a banche e intermediari ma, più genericamente, ai creditori dell’impresa.
[11] 
Una possibile conferma, seppur indiretta, della proposta interpretazione la si può ricavare dalla recentissima pronuncia della Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite del 16 novembre 2022, n. 33719, la quale, seppur pronunciatasi su di un tema ben distante dalla disciplina concorsuale, ha tuttavia avuto modo di escludere – in tema di mutuo fondiario e di  conseguenze attribuibili al superamento del limite di finanziabilità di cui all’art. 38, comma 2 TUB – che l’eventuale superamento di detto limite di finanziabilità comporti la declaratoria di nullità dell’atto di mutuo, visto e considerato che un simile esito potrebbe condurre al risultato di pregiudicare proprio l’interesse che la norma - nell’ambito della «vigilanza prudenziale» (cfr articoli 51 e 53 TUB) - intendeva proteggere, che è quello della stabilità patrimoniale della banca e del contenimento dei rischi nella concessione del credito. Ritroviamo pertanto esplicitata la nozione di vigilanza prudenziale o, meglio, degli obiettivi della vigilanza prudenziale, che la Suprema Corte identifica, nel caso di specie, nella tutela della stabilità patrimoniale della banca (e quindi anche dei suoi stakeholders), da realizzare – sotto il profilo creditizio – mediante il corretto “governo” del rischio di credito.
[12] 
Il nuovo approccio valutativo introdotto dall’IFRS9 a far tempo dal gennaio 2018 - c.d. expected loss - prevede un modello caratterizzato da una visione prospettica, che richiede la rilevazione immediata di tutte le perdite previste nel corso della vita di un credito. Tali perdite vanno stimate sulla base di informazioni supportabili, disponibili senza oneri o sforzi irragionevoli, e che includano dati storici attuali e prospettici. In tale contesto le perdite attese (intese come il valore attuale di tutti i futuri mancati incassi o pagamenti, rilevato attraverso una stima pesata per le probabilità) possono dover essere contabilizzate subito indipendentemente dalla presenza o meno di un trigger event, e le stime devono essere continuamente adeguate anche in considerazione delle variazioni del rischio di credito della controparte, sulla base non solo di fatti e dati passati e presenti, ma anche e soprattutto di previsioni future, anche di tipo macroeconomico (c.d. foward looking approach).
[13] 
Come noto, la giurisprudenza della Corte di Cassazione è giunta ad individuare i presupposti di una possibile responsabilità risarcitoria della banca non soltanto nei casi di concorso nell’aggravamento del dissesto dell’impresa per “concessione abusiva di credito” (cioè erogazione di un finanziamento funzionale al soddisfacimento di un interesse individuale della banca contrapposto a quello dei restanti creditori); bensì anche nei casi di “concessione inadeguata di credito”, per avere concesso credito non meritato dall’impresa finanziata, a causa di una inadeguata valutazione del rischio connesso.
[14] 
Le banche, come noto devono dotarsi di una disciplina interna specifica per la gestione del c.d. “credito problematico”. In tale contesto esse devono individuare gli “eventi” in presenza dei quali la singola posizione di credito potrebbe dovere essere contemplata tra le cc.dd. “Inadempienze Probabili”, che comportano un aggravamento delle percentuali di accantonamento ai corrispondenti “fondi rischi” di credito. L’accesso dell’impresa a procedure di composizione negoziale della crisi di carattere “formale” – cioè diverse dall’avvio di una tradizionale trattativa extragiudiziale – è ritenuto da taluni un “evento” comportante obbligatoriamente il predetto cambiamento (in pejus) della classificazione – mentre per altri (più correttamente, secondo la opinione di chi scrive) lo “evento” in questione è considerato fonte dell’obbligo di dare tempestivo corso ad una “classificazione analitica”, che impone al gestore di procedere ad una approfondita revisione della posizione, senza tuttavia condizionarne l’esito finale (nel senso di non prevedere la obbligatorietà della Classificazione ad “Inadempienza Probabile”).
[15] 
La rischiosità del credito potrebbe infatti risultare particolarmente attenuata in conseguenza della sua preventiva autorizzazione giudiziale, e conseguente collocabilità in prededuzione nel concorso con gli altri creditori (per la CNC cfr. artt. 22 e 24 CCII).
[16] 
Deve essere citato, a tale proposito, il tentativo - non andato a buon fine quando posto in essere; e non più rinnovato dopo quella volta – di cui alla bozza di decreto legge  “Investment Compact” del gennaio 2015 (poi approvata come decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3 ), la quale prevedeva l’esclusione della applicabilità della disciplina “antiusura” ai finanziamenti autorizzati dal Tribunale nelle procedure di Concordato preventivo o di Accordo di Ristrutturazione, erogati da soggetti vigilati. La disposizione veniva giustificata, nella Relazione accompagnatoria, con l'affermazione che “la norma si pone l’obiettivo di sviluppare un mercato indipendente per il finanziamento dell’impresa in crisi, che consenta al debitore di reperire le risorse necessarie per assicurare la prosecuzione della propria attività. A tal fine, si è inteso consentire agli operatori di praticare tassi d’interesse adeguati rispetto al livello di rischio che tali finanziamenti comportano, anche derogando alle norme interne in materia di usura. Il fatto che il finanziamento venga autorizzato dal tribunale e la soggezione dei finanziatori alla vigilanza della Banca d’Italia o di altra autorità comunitaria, costituiscono per il legislatore garanzie sufficienti”. Tuttavia tale proposta non è mai stata tradotta in una disposizione normativa.

informativa sul trattamento dei dati personali

Articoli 12 e ss. del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR)

Premessa - In questa pagina vengono descritte le modalità di gestione del sito con riferimento al trattamento dei dati personali degli utenti che lo consultano.

Finalità del trattamento cui sono destinati i dati personali - Per tutti gli utenti del sito web i dati personali potranno essere utilizzati per:

  • - permettere la navigazione attraverso le pagine web pubbliche del sito web;
  • - controllare il corretto funzionamento del sito web.

COOKIES

Che cosa sono i cookies - I cookie sono piccoli file di testo che possono essere utilizzati dai siti web per rendere più efficiente l'esperienza per l'utente.

Tipologie di cookies - Si informa che navigando nel sito saranno scaricati cookie definiti tecnici, ossia:

- cookie di autenticazione utilizzati nella misura strettamente necessaria al fornitore a erogare un servizio esplicitamente richiesto dall'utente;

- cookie di terze parti, funzionali a:

PROTEZIONE SPAM

Google reCAPTCHA (Google Inc.)

Google reCAPTCHA è un servizio di protezione dallo SPAM fornito da Google Inc. Questo tipo di servizio analizza il traffico di questa Applicazione, potenzialmente contenente Dati Personali degli Utenti, al fine di filtrarlo da parti di traffico, messaggi e contenuti riconosciuti come SPAM.

Dati Personali raccolti: Cookie e Dati di Utilizzo secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio.

Privacy Policy

VISUALIZZAZIONE DI CONTENUTI DA PIATTAFORME ESTERNE

Questo tipo di servizi permette di visualizzare contenuti ospitati su piattaforme esterne direttamente dalle pagine di questa Applicazione e di interagire con essi.

Nel caso in cui sia installato un servizio di questo tipo, è possibile che, anche nel caso gli Utenti non utilizzino il servizio, lo stesso raccolga dati di traffico relativi alle pagine in cui è installato.

Widget Google Maps (Google Inc.)

Google Maps è un servizio di visualizzazione di mappe gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

Dati Personali raccolti: Cookie e Dati di Utilizzo.

Privacy Policy

Google Fonts (Google Inc.)

Google Fonts è un servizio di visualizzazione di stili di carattere gestito da Google Inc. che permette a questa Applicazione di integrare tali contenuti all'interno delle proprie pagine.

Dati Personali raccolti: Dati di Utilizzo e varie tipologie di Dati secondo quanto specificato dalla privacy policy del servizio.

Privacy Policy

Come disabilitare i cookies - Gli utenti hanno la possibilità di rimuovere i cookie in qualsiasi momento attraverso le impostazioni del browser.
I cookies memorizzati sul disco fisso del tuo dispositivo possono comunque essere cancellati ed è inoltre possibile disabilitare i cookies seguendo le indicazioni fornite dai principali browser, ai link seguenti:

Base giuridica del trattamento - Il presente sito internet tratta i dati in base al consenso. Con l'uso o la consultazione del presente sito internet l’interessato acconsente implicitamente alla possibilità di memorizzare solo i cookie strettamente necessari (di seguito “cookie tecnici”) per il funzionamento di questo sito.

Dati personali raccolti e natura obbligatoria o facoltativa del conferimento dei dati e conseguenze di un eventuale rifiuto - Come tutti i siti web anche il presente sito fa uso di log file, nei quali vengono conservate informazioni raccolte in maniera automatizzata durante le visite degli utenti. Le informazioni raccolte potrebbero essere le seguenti:

  • - indirizzo internet protocollo (IP);
  • - tipo di browser e parametri del dispositivo usato per connettersi al sito;
  • - nome dell'internet service provider (ISP);
  • - data e orario di visita;
  • - pagina web di provenienza del visitatore (referral) e di uscita;

Le suddette informazioni sono trattate in forma automatizzata e raccolte al fine di verificare il corretto funzionamento del sito e per motivi di sicurezza.

Ai fini di sicurezza (filtri antispam, firewall, rilevazione virus), i dati registrati automaticamente possono eventualmente comprendere anche dati personali come l'indirizzo IP, che potrebbe essere utilizzato, conformemente alle leggi vigenti in materia, al fine di bloccare tentativi di danneggiamento al sito medesimo o di recare danno ad altri utenti, o comunque attività dannose o costituenti reato. Tali dati non sono mai utilizzati per l'identificazione o la profilazione dell'utente, ma solo a fini di tutela del sito e dei suoi utenti.

I sistemi informatici e le procedure software preposte al funzionamento di questo sito web acquisiscono, nel corso del loro normale esercizio, alcuni dati personali la cui trasmissione è implicita nell'uso dei protocolli di comunicazione di Internet. In questa categoria di dati rientrano gli indirizzi IP, gli indirizzi in notazione URI (Uniform Resource Identifier) delle risorse richieste, l'orario della richiesta, il metodo utilizzato nel sottoporre la richiesta al server, la dimensione del file ottenuto in risposta, il codice numerico indicante lo stato della risposta data dal server (buon fine, errore, ecc.) ed altri parametri relativi al sistema operativo dell'utente.

Tempi di conservazione dei Suoi dati - I dati personali raccolti durante la navigazione saranno conservati per il tempo necessario a svolgere le attività precisate e non oltre 24 mesi.

Modalità del trattamento - Ai sensi e per gli effetti degli artt. 12 e ss. del GDPR, i dati personali degli interessati saranno registrati, trattati e conservati presso gli archivi elettronici delle Società, adottando misure tecniche e organizzative volte alla tutela dei dati stessi. Il trattamento dei dati personali degli interessati può consistere in qualunque operazione o complesso di operazioni tra quelle indicate all' art. 4, comma 1, punto 2 del GDPR.

Comunicazione e diffusione - I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati, intendendosi con tale termine il darne conoscenza ad uno o più soggetti determinati, dalla Società a terzi per dare attuazione a tutti i necessari adempimenti di legge. In particolare i dati personali dell’interessato potranno essere comunicati a Enti o Uffici Pubblici o autorità di controllo in funzione degli obblighi di legge.

I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati nei seguenti termini:

  • - a soggetti che possono accedere ai dati in forza di disposizione di legge, di regolamento o di normativa comunitaria, nei limiti previsti da tali norme;
  • - a soggetti che hanno necessità di accedere ai dati per finalità ausiliare al rapporto che intercorre tra l’interessato e la Società, nei limiti strettamente necessari per svolgere i compiti ausiliari.

Diritti dell’interessato - Ai sensi degli artt. 15 e ss GDPR, l’interessato potrà esercitare i seguenti diritti:

  • 1. accesso: conferma o meno che sia in corso un trattamento dei dati personali dell’interessato e diritto di accesso agli stessi; non è possibile rispondere a richieste manifestamente infondate, eccessive o ripetitive;
  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

Il TITOLARE

del trattamento dei dati personali

Società per lo studio del diritto della crisi

REV 02