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Saggio

Su natura, funzione e limiti delle misure protettive e cautelari nel sistema concorsuale (considerazioni a margine di un recente rinvio pregiudiziale e di altre ordinanze)*

Laura Baccaglini, Ordinario di diritto processuale civile nell'Università di Trento
Salvo Leuzzi, Consigliere della Suprema Corte di Cassazione

10 Febbraio 2025

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.

Visualizza: Trib. di Milano, 10 febbraio 2025, Est. De Simone

Visualizza: Trib. Milano, 24 dicembre 2024, Est. Pipicelli

Visualizza: Trib. Brindisi, 3 dicembre 2024, Est. Natali

Gli A. ricostruiscono in chiave sistematica, anche alla luce del diritto vivente, il complesso delle misure cautelari e protettive nell’ambito della composizione negoziata e degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza; delle misure vengono indagate la natura giuridica e la funzione e sono resi nitidi i rapporti reciproci e i limiti congeniti. 
Riproduzione riservata
1 . Protezione e cautela nel sistema concorsuale: come rendere effettiva la tutela cautelare nel contesto della crisi e della insolvenza
Tre recenti provvedimenti, l’uno del Tribunale di Brindisi[1], gli altri due del Tribunale di Milano[2], offrono l’occasione per una riflessione congiunta sul “sistema” delle misure protettive e cautelari[3], che costituisce, insieme al procedimento unitario, la più rilevante novità processuale introdotta dal CCII. 
Per la verità, protezione e cautela sono istituti con i quali l’interprete ha cominciato a confrontarsi prima ancora che il CCII entrasse in vigore, quando la composizione negoziata ha fatto ingresso nel sistema concorsuale governato dalla legge fallimentare. Già in pendenza di quelle trattative che precedono (o talvolta permettono di evitare) l’accesso ad uno strumento di regolazione giudiziale della crisi o l’apertura di una liquidazione giudiziale, e che il D.L. n. 118/2021 ha scelto di istituzionalizzare, si era concesso al debitore di avvalersi di misure di durata provvisoria, volte a proteggere il patrimonio del debitore e a conservare i valori dell’impresa nel tempo necessario a negoziare con i creditori. Il D.L. n. 118/2021 lo ha fatto, per così dire, a futura memoria, anticipando la costruzione dell’apparato delle misure protettive e cautelari, che si ritrova nel CCII[4]. 
Oggi, è con l’art. 2 lett. p) e q), e poi con gli artt. 18-19 e 54-55 CCII, che ci si deve misurare per cogliere la natura, la funzione di questo binomio di misure e il loro rispettivo regime di effetti. Il compito non è reso agevole dalla complessità del sistema concorsuale vigente, costituito da una molteplicità di istituti e strumenti volti a regolare la crisi e l’insolvenza, con conseguenze diverse sulla disponibilità del patrimonio da parte del debitore, destinate a riverberarsi sui rapporti tra protezione e cautela e sull’ambito di operatività destinato a ciascuna di esse. 
Le difficoltà che l’interprete incontra si avvertono dalla lettura dell’ordinanza di rinvio pregiudiziale ex art. 363 bis c.p.c., emessa dal Tribunale di Brindisi che, per l’appunto, si interroga sulla natura delle misure protettive, sui rapporti tra esse e le misure cautelari, sul possibile criterio distintivo tra le misure protettive atipiche e quelle cautelari, sull’esistenza o inesistenza di un rapporto di specialità di queste ultime con le misure cautelari ex art. 700 c.p.c.[5]. 
In attesa dell’esito di quel rinvio pregiudiziale e delle scelte che la S.C. assumerà, a noi pare che quegli interrogativi trovino risposta nei principi che governano la tutela cautelare nel processo civile, al cui genus vanno ascritte tanto le misure protettive, quanto le misure cautelari, come chiaramente si evince già dalle definizioni di cui all’art. 2 CCII. 
La lett. p) di quella norma descrive le prime come quelle misure temporanee richieste dal debitore per evitare che determinate azioni o condotte dei creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza, anche prima dell’accesso ad uno strumento. Misure, dunque, di carattere provvisorio, volte a precludere temporaneamente ai creditori sia iniziative di natura giudiziale, sia condotte di tipo omissivo o commissivo suscettibili di ostacolare le manovre dirette a regolare la crisi o l’insolvenza, quand’anche assunte nel contesto di una composizione negoziata (art. 18 CCII) o delle trattative che precedono la domanda di omologa di un accordo di ristrutturazione (il cd. preaccordo, ex art. 54, comma 3, CCII). La scelta, non casuale, di aggettivare queste misure come di protezione rimarca significativamente la loro finalità conservativa del patrimonio o del valore dell’impresa. 
Ad esse il legislatore affianca le misure cautelari, definite dall’art. 2 lett. q) CCII come quei provvedimenti cautelari emessi dal giudice competente, ad istanza di parte, a tutela del patrimonio o dell’impresa del debitore, che appaiono secondo le circostanze più idonei ad assicurare provvisoriamente il buon esito delle trattative, gli effetti di regolazione della crisi e dell’insolvenza e delle procedure di insolvenza e l’attuazione delle relative decisioni. 
Le novità che si registrano, rispetto alle misure cautelari, sono più d’una: da un lato, si assiste ad un ampliamento della legittimazione attiva, oggi attribuita al debitore, anche in pendenza di uno strumento di regolazione della crisi[6]; dall’altro, si tratteggia una nozione di strumentalità, da ultimo precisata con il D.Lgs. n. 136/2024, attraverso una formulazione che evoca (ma volutamente non viene a coincidere con) quella dei provvedimenti d'urgenza ex art. 700 c.p.c. 
L’intento è quello di garantire, se fondato, qualsiasi bisogno di tutela provvisoria del debitore, nel rispetto del principio di effettività della tutela giurisdizionale riconosciuto dalla Costituzione[7]. Al contempo, l’impiego della locuzione «attuazione delle decisioni», nel sostituire l’originario riferimento agli «effetti delle decisioni» che le misure cautelari tendono ad assicurare provvisoriamente, è segnale della presa d’atto da parte del legislatore della specialità della cautela nel settore concorsuale: ciò che viene in apice non è l’anticipazione tout court degli effetti scaturenti da una sentenza, quanto, piuttosto, la realizzazione dei contenuti e risultati del piano suggellato dal provvedimento di omologa[8]. 
I riferimenti invariati al patrimonio e all’impresa del debitore rimandano, dal canto loro, per un verso, al complesso statico di beni e diritti liquidabili, per altro verso, alla dimensione dinamica dell’attività economica, da preservare ove possibile. 
I confini esterni della cautela sono tracciati, peraltro, diverse norme più in là, nel comma 1 dell’art. 54 CCII, là dove – anche qui non a caso – il legislatore menziona a titolo esemplificativo tra i possibili contenuti di quella misura la nomina di un custode dell’azienda: l’intento è quello di permettere, in linea di principio, una disposizione transitoriamente ablatoria del complesso produttivo, ma nel contempo di escludere che per il tramite di una misura cautelare possa chiedersi una sostituzione provvisoria dell’organo amministrativo, come avviene ai sensi dell’art. 2409 c.c., effetto, questo, che nemmeno la sentenza di merito sarebbe in grado di produrre, in piena corrispondenza con i principi che presidiano la tutela cautelare nel contenzioso civile[9]. 
Già dalla lettura delle definizioni emerge un profilo di residualità delle misure cautelari rispetto a quelle protettive, che trova poi conferma dalla lettura combinata degli artt. 18-19 e 54-55). Le protettive si interfacciano esclusivamente coi creditori, per neutralizzarne qualsiasi condotta, omissiva o commissiva, di natura giudiziale o stragiudiziale, che possa alterare la consistenza del patrimonio del debitore. Le cautelari, invece, possono rivolgersi anche nei confronti di soggetti terzi, incidendo entro certi limiti (v. infra) l’esecuzione di rapporti negoziali e, più in generale, sulla gestione dell’impresa, che nel tentativo affidabile di salvataggio, può essere necessario schermare rispetto alle intromissioni estemporanee dei singoli. 
Non è certo la portata soggettiva (più o meno ampia) ad alterare la funzione e la natura di queste misure: protettive e cautelari sono entrambe forme di tutela provvisoria, soggette ad istanza di parte, il cui lineamento comune e determinante è rappresentato dalla strumentalità: alla buona riuscita delle trattative (le protettive) e, più in generale, ad assicurare provvisoriamente l’esito delle trattative, gli effetti degli strumenti o delle procedure di insolvenza e l’attuazione delle relative decisioni (le cautelari)[10]. 
Quel che connota trasversalmente entrambe le misure resta – in nuce – la finalità cautelativa quale tratto immanente alla tutela del diritto, innanzitutto, a negoziare la crisi, in secondo luogo a concorsualizzarla con uno strumento, se occorre. 
In un recinto di regole che, sulla spinta unionale della Direttiva UE n. 1023/2019, pone al centro della scena il valore dell’attività economica e della sua persistente sostenibilità (la c.d. viability) e che, a tal fine, assegna alle trattative e al contratto di risanamento (v. art. 23 CCII) un sostanziale primato, si affievolisce giocoforza la pregnanza del tradizionale collegamento fra le misure tese ad inibire le iniziative pregiudizievoli dei creditori e l’oggetto e l’esito formale del processo, ossia, nella specie, della procedura di concorso. 
Ciò che conta è l’approdo ad un piano di regolazione della crisi e la sua attendibilità, anche a presidio dei soggetti coinvolti che stanno negoziando[11].  L’esigenza resta quella di regolare gli scompensi economico-finanziari dentro un corridoio procedimentale riparato, quindi idoneo ad assicurare quella simmetria di posizioni fra il debitore e i suoi interlocutori che è la precondizione di ogni negoziato potenzialmente fruttuoso. 
Quale che sia il modello di precauzione invocato, si tratta, pur sempre, di assicurare l’utilità pratica di un procedimento (o di un percorso) e di preservarne l’epilogo rispetto a pregiudizi potenzialmente indotti dalla sua durata. In tutti i casi in cui è deputato a pronunciarsi su misure interinali di salvaguardia dell’impresa e del suo patrimonio, il giudice apprezza la funzionalità di quanto richiestogli rispetto alla meta dell’itinerario di ristrutturazione intrapreso, in ciò sostanziandosi il fumus boni juris, ponderando, inoltre, l’intensità del rischio cui l’iniziativa del creditore o del terzo espone il tentativo del debitore, in ciò concretandosi il periculum in mora. 
I tratti tipici della tutela cautelare propri del sistema processuale civile si ritrovano tanto nelle protettive quanto nelle cautelari[12]:  sono necessari una domanda di parte, a monte, e un vaglio giudiziale, a valle; è richiesta – se non sempre ai fini della decorrenza, quanto meno ai fini della conferma degli effetti – la sussistenza di un fumus boni juris nell’istanza, che postula la dimostrazione della verosimile perseguibilità dell’obiettivo di regolazione della crisi e dell’insolvenza, sia pure nel quadro di una strumentalità non necessariamente agganciata ad un provvedimento di merito[13]; la strumentalità non vede restringersi il proprio orizzonte alla valutazione dei presupposti soggettivi ed oggettivi per l’omologazione dello strumento, proiettandosi, piuttosto, su quello che potrebbe definirsi il “risultato di mercato” che si ipotizza, quindi sulla realizzabilità dello scenario economico-aziendale programmato per la conservazione di un doppio nucleo di valori: quelli aziendali, da un lato, quelli relativi al governo ordinato delle ragioni dei creditori, dall’altro. Ancora, va dimostrato – del pari, se ne è fatto cenno – il periculum in mora, occorrendo pur sempre provare, a seconda dei casi, che la misura richiesta impedisca la disgregazione o l’alterazione della consistenza del patrimonio, o eviti l’aggravamento dello squilibrio, o scongiuri la dispersione dei valori aziendali e la compromissione della capacità produttiva dell’impresa, o interdica il compimento di atti distrattivi o suscettibili di rendere più complicata la liquidazione dell’attivo, o assicuri - infine - gli effetti dell’attuazione dell’omologa o della liquidazione giudiziale.  
In pendenza di una composizione negoziata, o di uno strumento di regolazione della crisi – ove solo il debitore, lo si è detto, è legittimato a domandare le misure di cui all’art. 54, commi 1 e 2 – si delinea tra le misure protettive e quelle cautelari un rapporto di complementarietà. 
Le finalità che esse perseguono non sono identiche, ma sono senza dubbio convergenti: il completamento proficuo delle trattative conduce all’omologazione dello strumento[14]; l’omologa in tanto ha un senso in quanto si sia poi in grado di assicurare l’attuazione del piano omologato. 
L'esigenza interinale al fondo delle misure protettive dall'art. 2, lett. p) (“assicurare il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell'insolvenza”) esibisce, allora, corrispondenza con quella espressa dalla successiva lett. q) con riferimento alle misure cautelari (“assicurare [...] l'attuazione delle decisioni” di omologazione degli strumenti): è al fine ultimo dell'iniziativa assunta che ambedue guardano.  La funzione prospettica combacia con la messa in sicurezza di un obiettivo di risanamento e/o riequilibrio dell’impresa, che presuppone una valutazione prognostica di attendibilità del piano ipotizzato per il raggiungimento di quel target.
2 . Protezione e cautela. Tratti distintivi e conseguenze
Quando, come e perché il debitore scelga di ricorrere alle misure protettive o a quelle cautelari è interrogativo che impegna dottrina e giurisprudenza fin dal debutto del CCII; è un tema che ritorna anche nell’ordinanza di rinvio pregiudiziale ex art. 363 bis c.p.c. del giudice brindisino. 
Il problema non si avverte cruciale nella composizione negoziata della crisi, perché ivi il catalogo delle misure protettive è circoscritto solo a quelle che l’art. 18 CCII espressamente elenca, sì che qualsiasi ulteriore esigenza di tutela del patrimonio, che il debitore avverta in pendenza delle trattative istituzionalizzate, non può che realizzarsi attraverso il ricorso alle misure cautelari[15]. 
Nella composizione negoziata, poi, la distinzione tra protezione e cautela emerge nitida rispetto alla disciplina degli effetti cui ciascuna delle due risponde: le misure protettive operano, se richieste, sin dalla pubblicazione dell’accettazione dell’esperto, ferma la necessità di una successiva conferma da parte del giudice; per contro, le misure cautelari esigono un preventivo vaglio di fondatezza da parte del giudice, previo contraddittorio con i soggetti destinatari (come accade nel rito cautelare uniforme del codice processuale, non a caso espressamente richiamato dall’art. 19 CCII). 
Il discorso va impostato in termini parzialmente diversi negli strumenti di regolazione della crisi, dove la distinzione tra protettive e cautelari non si gioca sulla contrapposizione “tipicità delle prime versus atipicità delle seconde”, “efficacia immediata delle prime versus efficacia subordinata al vaglio giudiziale nelle seconde”. Negli strumenti, il campionario delle misure protettive, infatti, oltre che contemplare quelle dal contenuto predeterminato dal legislatore, si arricchisce di misure, il cui oggetto va individuato dal debitore, secondo il bisogno di tutela. 
Di qui, la distinzione tra misure protettive tipiche e atipiche, per riprendere un’aggettivazione ormai comune nella prassi. 
Le prime, di cui si occupa l’art. 54, comma 2, primo e secondo periodo, CCII, corrispondono grosso modo, nel contenuto, agli effetti protettivi che l’art. 168 L. fall. agganciava al deposito della domanda di concordato e di quella di omologa degli accordi di ristrutturazione, e coincidono quasi integralmente con le misure elencate dall’art. 18 CCII, sia pur con qualche vistosa differenza dovuta all’assenza di concorsualità che connota la composizione negoziata. Si tratta del divieto per i creditori di iniziare o proseguire le azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore e sui beni e i diritti attraverso i quali egli esercita l’attività di impresa[16]; della sospensione delle prescrizioni dei loro crediti e dell’impedimento delle decadenze; del divieto per il tribunale di dichiarare aperta la liquidazione giudiziale[17]. 
Anche negli strumenti, come nella composizione negoziata, il debitore può dichiarare di avvalersi delle protettive fin dal momento dell’accesso, con decorrenza qui pure immediata, come nella composizione negoziata, salva conferma successiva da parte del giudice (art. 55, comma 3, CCII), che interviene assegnandone la durata. 
Con l’avvento del CCII, si trascorre dall’“automaticità” della protezione all’“opportunità” di fruirne. Quelli che sotto l’egida della legge fall., in quanto effetti della domanda, funzionavano alla stregua di meccanismi privi di alcun controllo giudiziale anche ex post, nel contesto codicistico, pur nell’identità tendenziale di contenuto, divengono misure, efficaci sin da subito, se il debitore dichiara di volersene avvalere ma, in ogni caso, bisognose di un imprimatur giudiziale. 
In ciò, emerge la deviazione del regime degli effetti della protezione tipica, da quello cui rispondono i provvedimenti cautelari nel processo civile: una deviazione, questa, giustificata dallo speciale contesto concorsuale in cui le prime operano. Si avverte l’esigenza di proteggere nell’immediatezza il patrimonio, ancorando gli effetti delle misure alla mera proposizione dell’istanza, poiché anche la (pur breve) attesa di un provvedimento giudiziale potrebbe comportare l’alterazione o la diminuzione della consistenza del patrimonio o del suo valore e così pregiudicare l’effettiva regolazione della crisi, al centro dell’iniziativa del debitore. L’intervento del giudice è richiesto ai soli fini della conferma di quegli effetti, che è condizionata alla fondatezza dell’istanza (l’intento di regolazione della crisi non deve, cioè, mostrarsi inconsistente) e alla necessità di evitare un effettivo pregiudizio.  
Delle misure protettive atipiche si occupa, invece, l’art. 54, comma 2, terzo periodo, CCII che, nel testo emendato dal D.Lgs. n. 136/2024, così dispone: “dopo il deposito della proposta, del piano o degli accordi, unitamente alla documentazione prevista dall’art. 39, comma 3, CCII può richiedere al tribunale, con successiva istanza, misure, anche diverse da quelle di cui al primo periodo, per evitare che determinate azioni o condotte di uno o più creditori possano pregiudicare, sin dalla fase delle trattative, il buon esito delle iniziative assunte per la regolazione della crisi o dell’insolvenza”. 
Le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 136/2024 (nella parte in cui ha subordinato la richiesta di una misura protettiva atipica al deposito di una domanda piena e ha precisato che il contenuto dell’inibitoria può riguardare “azioni o condotte” dei creditori) non incidono sulla funzione assegnata a queste misure, né sul regime di efficacia che da sempre le connota. 
Diretti destinatari di questo tipo di misure (erano e) restano solo i creditori, nei cui confronti il debitore può richiedere un ordine inibitorio di fare o non fare, quand’esso si manifesti funzionale ad evitare un pregiudizio alle iniziative assunte per regolare la crisi o l’insolvenza, tramite lo strumento prescelto. 
Il D.Lgs. n. 136/2024 è intervenuto per meglio chiarire cosa sia possibile inibire ai creditori, posto che il testo originario dell’art. 54, comma 2, terzo periodo, CCII - nella parte in cui si richiama alle “azioni” dei creditori - era stato oggetto di letture divergenti. 
Secondo taluni, il termine “azioni” impiegato dal D.Lgs. n. 83/2022 doveva intendersi in senso generico, quale sinonimo di qualsiasi condotta o iniziativa, soprattutto di natura stragiudiziale, del creditore che fosse in grado di minare la buona riuscita delle trattative e, di conseguenza, l’attuazione successiva dell’accordo o del piano, dopo l’omologa. Stando a questa lettura, che era stata avallata all’indomani dell’entrata in vigore del CCII, le misure protettive atipiche sarebbero servite ad impedire ai creditori l’esercizio di quei poteri, di per sé non inibiti dall’operare delle misure protettive tipiche[18]. 
Poiché, negli strumenti, il divieto di azioni esecutive e cautelari riguarda tutti i creditori e la legittimazione processuale del debitore nelle azioni di cognizione non viene meno per effetto dell’accesso ad uno strumento di regolazione della crisi, le misure protettive atipiche potrebbero neutralizzare l’esercizio del loro potere di autotutela negoziale (quando non inibito di per sé da singole disposizioni, v. oltre) oppure implicare la sospensione di un giudizio di risoluzione del contratto, pendente alla data di apertura di uno strumento, per evitare gli effetti irreversibili di una sentenza costitutiva, quando quel contratto risultasse essenziale al fine di dare attuazione al piano[19]. 
Sembra ammissibile, in astratto, che le protettive atipiche giovino ad impedire ai creditori l’aggressione del patrimonio dei garanti (di per sé esterno e non protetto dal divieto di azioni esecutive e cautelari)[20]. Non va, peraltro, trascurata l’imprescindibilità di un bilanciamento di fatto: da un lato, milita l’interesse del debitore a tenere fermo provvisoriamente il cordone delle garanzie che sussidiano l’attività d’impresa e ne permettono la prosecuzione; dall’altro lato, si staglia l’aspettativa condivisa fra i creditori a non subire, in costanza di misura, lo svuotamento della garanzia ad appannaggio di altri. Una criticità endemica si scorge nel rischio che – inertizzati i creditori dell’impresa in crisi, in forza della protezione – il garante subisca le azioni coattive dei propri creditori oppure compia operazioni di straordinaria amministrazione suscettibili ridurre sensibilmente l’entità del proprio patrimonio. Pare indispensabile, pertanto, una valutazione composita del periculum in mora, che si soffermi – oltre che sugli aspetti consueti – anche sul grado attuale di salute finanziaria del garante, indugi sulle implicazioni connesse ai profili di collegamento formale, contiguità sostanziale o cointeressenza in genere fra garante e debitore, scruti l’adempimento del dovere di buona fede e la trasparenza e correttezza delle sue recenti condotte (posto che l’art. 4 CCII, in punto di doveri, è riferibile anche ad esso quale soggetto interessato alla regolazione della crisi del debitore), monitori le dinamiche che contraddistinguono la programmazione economica del garante nel breve-medio-periodo. Un blocco dell’escussione della garanzia è concretamente concedibile solo in quanto sia pronosticabile una stabilità del patrimonio di quest'ultimo [21].    
La menzione onnicomprensiva di azioni e condotte serve, ora, a sterilizzare qualunque iniziativa del creditore, non solo esecutiva in senso proprio, ma anche indirettamente tale, perché comunque in grado di ricadere sulla consistenza del patrimonio e dell’impresa del debitore. 
Invero, prima del D.Lgs. n. 136/2024, v’era stato anche chi aveva assegnato un significato diverso alle misure protettive atipiche: parte della giurisprudenza ha ritenuto che esse fossero funzionali ad estendere il divieto di azioni esecutive e cautelari a creditori, in origine non interessati dallo stay, come del resto accade nella composizione negoziata della crisi[22]. 
Si tratta di una ricostruzione che non merita accoglimento, perché è proprio l’assenza di concorsualità che, nel percorso ex art. 12 ss. CCII, legittima una selettività soggettiva dello stay esecutivo e cautelare[23]. In questo senso, nell’ambito degli strumenti di regolazione della crisi, le misure protettive atipiche non possono sovrapporsi, nei contenuti, alle misure protettive tipiche. Comune ad entrambe sono solo i destinatari, che coincidono con i creditori, e il contenuto inibitorio, che nelle prime copre, in via residuale, ciò che non è oggetto delle seconde. È quanto accade, ad esempio, quando si renda necessario impedire ai creditori l’esercizio del loro potere di autotutela negoziale ove (come accade nel concordato liquidatorio o in quello semplificato[24]) quel potere non sia inibito dalla mera proposizione di una domanda di accesso allo strumento[25]. Il riferimento è qui a quegli effetti previsti dall’art. 94 bis (richiamati anche in tema di accordo di ristrutturazione e di piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione)[26]. Ancora: poiché la legittimazione processuale del debitore nelle azioni di cognizione non viene meno per effetto dell’accesso ad uno strumento di regolazione della crisi, una misura protettiva ad hoc potrebbe invocarsi per ottenere la sospensione di un giudizio di risoluzione del contratto, pendente alla data di apertura di uno strumento, qualora si tratti di impedire gli effetti irreversibili di quella sentenza costitutiva, se il contratto che controparte vorrebbe risolvere risulti essenziale al fine di dare attuazione al piano[27]. In definitiva, l’atipicità della misura permette al debitore di salvaguardare il proprio patrimonio da qualsiasi aggressione dei creditori potenzialmente esiziale per una fattiva regolazione della crisi, e che non possa essere respinta in altro modo. 
Quel che distingue la protezione atipica da quella tipica sono la selettività soggettiva, ammissibile solo nella prima, e la disciplina degli effetti. 
Per un verso, l’art. 54, comma 2, terzo periodo CCII si riferisce espressamente ad azioni o condotte di “determinati creditori”; per altro verso, l’art. 55, comma 2, CCII subordina gli effetti di quelle misure ad un vaglio giudiziale di fondatezza dell’istanza, previa instaurazione del contraddittorio con i soggetti interessati.  
Si è già rammentato che, diversamente dalle protettive atipiche, che hanno come destinatari solo i creditori, le misure cautelari possono dirigersi nei confronti di chiunque, purché strumentali alla buona riuscita delle iniziative assunte per regolare la crisi. La formulazione, volutamente ampia e generica dell’art. 54, comma 1, CCII, si spiega con l’obiettivo del legislatore di garantire (se fondato) qualsiasi bisogno di tutela provvisoria del debitore, nel rispetto del principio di effettività della tutela giurisdizionale, riconosciuto dalla stessa Costituzione[28]. 
Questa circostanza, unita al fatto che le misure protettive atipiche e quelle cautelari rispondono al medesimo regime, sembra rendere nominalistica la distinzione tra le due tipologie, al punto che il giudice, senza violare il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, potrebbe accogliere una misura (qualificata dal debitore come protettiva atipica) concedendo un provvedimento cautelare[29]. Quel che importa, nell’uno e nell’altro caso, è soltanto la dimostrazione della fondatezza dell’istanza e del pregiudizio che la misura intende evitare. Probabilmente il tentativo di accrescere al massimo grado, rispetto all’archetipo protettivo collaudato dell’art. 168 L. fall., quantità e qualità della copertura offerta all’impresa risanabile, ha per certi versi prodotto una superfetazione normativa. 
L’ancoraggio al deposito di una proposta, di un piano o di un accordo è una scelta legislativa prudenziale, che vale a collegare la protezione atipica ad un grado di maturazione piena, quindi di maggiore affidabilità, della soluzione adottata: il vaglio giudiziale del fumus e del periculum in mora sarà, in questi casi, meno impegnativo proprio perché supportato dal deposito di tutta la documentazione (v. infra 3), ma ciò non esclude che analoga misura, richiesta nella forme della tutela cautelare, possa considerarsi ammissibile quando l’esigenza di ottenere una protezione del patrimonio, nei confronti di iniziative dei creditori non tipizzate dalla legge, si accompagni ad una domanda di accesso con riserva. 
La sovrapponibilità ontologica fra cautela e protezione atipica e l’identità di regime che le connota sono tali da rendere arduo anche – in thesi – immaginare un contenuto della seconda che non sia conseguibile nel perimetro della prima. 
Identico, del resto, è il limite che le accomuna, poiché il provvedimento provvisorio richiesto non può mai garantire al debitore un risultato che nemmeno attraverso un giudizio di merito sarebbe conseguibile: in questo senso, quale che sia la controparte destinataria della misura, non sarebbe ammissibile una condanna ad un facere consistente nell’espressione di una determinata volontà contrattuale, necessaria – esemplificativamente – ai fini di ripristinare un contratto già risolto, o di rinegoziare le condizioni di un rapporto negoziale ancora pendente, ovvero di concludere addirittura un nuovo negozio[30]. 
Per questo complesso di ragioni, se si volesse individuare, nel contesto degli strumenti, un criterio che, da un punto di vista applicativo, permetta di distinguere tra loro tra le varie forme di tutela provvisoria a disposizione del debitore, si potrebbe concludere in questi termini: o la misura ha un contenuto stabilito dal legislatore, e allora gode di un’efficacia immediata, salva conferma successiva da parte del giudice (art. 55, comma 3, CCII); oppure il petitum della domanda è ritagliato dal debitore, in base al proprio bisogno di tutela, e allora sarà il giudice, nel contraddittorio con i soggetti interessati, a doverne vagliare la fondatezza, secondo il procedimento previsto dall’art. 55, comma 2, CCII.
3 . Protezione e cautela in pendenza del termine per il deposito della proposta, del piano o dell’accordo
I rapporti tra protezione e cautela (quali istituti complanari, a disposizione del debitore che accede ad uno strumento) sono stati al centro di un fervido dibattito tra gli interpreti, specie in caso di deposito di una domanda di accesso con riserva ad uno strumento (art. 44 CCII). 
L’art. 54, comma 4, riconosce al debitore la facoltà di avvalersi, in tale ipotesi, di misure protettive cd. tipiche: quelle, appunto, indicate dall’art. 54, comma 2, primo e secondo periodo. 
Fin dall’entrata in vigore del CCII, si è posta tra gli interpreti la questione se la norma dovesse leggersi nel senso di limitare la protezione del patrimonio a queste sole misure, con ciò escludendo, in caso di deposito di una domanda prenotativa, sia il ricorso alle misure cd. atipiche sia a quelle cautelari. 
Chi ragionava in questi termini considerava il riferimento alla “domanda ex art. 40”, contenuta nell’art. 54, comma 2, terzo periodo, come sinonimo di domanda cd. “piena”, avallando implicitamente l’idea che la domanda ex art. 44 fosse diversa da quella proposta ex art. 40 CCII. Analoga conclusione veniva raggiunta quanto alle misure cautelari, ritenendo che “la pendenza dello strumento di regolazione della crisi” (che, giova ribadirlo, è presupposto delle misure in questione) non fosse generata dalla domanda prenotativa[30]. 
La premessa sulla quale poggiava questa ricostruzione non ci ha mai convinto: la domanda di accesso con riserva non era (e non è) una domanda diversa da quella piena. Si tratta della medesima domanda, di cui il legislatore legittima la proposizione senza l’indicazione del petitum, che può essere indicato in un momento successivo. Lo prova il fatto che il deposito del piano (o degli accordi) e della proposta comportano solo una integrazione della domanda, non la proposizione di una nuova[31]. Già la domanda prenotativa, dunque, segna il momento di inizio della pendenza del procedimento unitario. 
La tesi restrittiva, qui criticata, faceva poi leva su un ulteriore argomento: si osservava come, in assenza di un piano e di una proposta, non sarebbe possibile per il tribunale valutare la fondatezza della misura temporanea ad hoc (fosse essa una protettiva atipica, rivolta ad un singolo creditore ovvero una cautelare verso un terzo), essendo stato difficilmente dimostrabile il fumus dell’istanza avanzata dal debitore e il periculum in mora da evitare[32]. 
Questo rilievo, benché attenga alla fondatezza (dunque al vaglio nel merito) più che all’inammissibilità della domanda, coglieva certamente nel segno. Non è certo un caso se, in quelle pronunce che si sono addentrate nell'esame del merito dell'istanza di misura atipica, il giudice avesse potuto contare su un progetto di piano che il debitore aveva allegato alla propria domanda in bianco, compiere un vaglio di fondatezza[33]. 
Il D.Lgs. n. 136/2024 è intervenuto a fare chiarezza. Da un lato, ha inciso sulla formulazione dell’art. 54, comma 2, terzo periodo, escludendo chiaramente il rilascio delle misure protettive atipiche prima del deposito di una domanda di accesso piena; dall’altro lato, ha modificato l’art. 54, comma 1, CCII, legittimando espressamente il debitore ad avvalersi delle misure cautelari, anche quando abbia proposto domanda di accesso con riserva (palesando, per inciso, l’intento di escludere l'ammissibilità di misure cautelari ante causam). 
Si conferma in questo modo l’ammissibilità di una misura provvisoria ad hoc, dotata di contenuto inibitorio rivolta al creditore e strumentale alla buona riuscita del piano o degli accordi, benché ancora da depositare[34]: in questo senso, ha incisivamente ragionato il Tribunale di Milano, nell’ordinanza in epigrafe, che ha accolto l’istanza di misura cautelare proposta dal debitore nei confronti di alcuni creditori, volta ad impedire loro – in vesti di controparti di contratti pendenti – di invocare le clausole ipso facto, e così di risolvere, anticipare la scadenza o modificare il contratto in danno del debitore. L’esigenza che il debitore potrebbe avvertire, proprio nelle more della predisposizione della documentazione ex art. 39, comma 1-2, CCII, di proteggere il suo patrimonio anche da iniziative stragiudiziali dei creditori, è stata sapientemente valorizzata dal giudice che ha concesso quella misura, qualificandola come cautelare, in presenza di un dimostrato fumus e periculum dell’istanza. 
Né, sotto questo profilo, sarebbe corretto desumere - come in effetti è stato sostenuto - che quando non è possibile invocare le misure protettive atipiche (dunque misure provvisorie dirette contro i creditori) non sarebbe possibile domandare misure cautelari. È vero, semmai, l’esatto contrario, proprio alla luce della residualità riconosciuta alle seconde, e della necessità di presidiare l’effettività della tutela giurisdizionale, costituzionalmente garantita[35]. D’altronde, se la portata costituzionale e irrinunciabile della tutela cautelare è sedimentata nella giurisprudenza della Consulta[36], detta tutela processuale in ambiente concorsuale s’atteggia sovente a presidio esclusivo dell’interesse sostanziale a regolare la crisi. La cautela innominata risponde, infatti, all’urgenza di far sì che la tutela invocata attraverso la domanda d’accesso a uno strumento non sia frustrata di fatto. La crisi è geneticamente una situazione variabile nel tempo e suscettibile di divenire non reintegrabile: il debitore che nelle more del procedimento unitario veda compromessi il salvataggio dell’impresa e la regolazione della crisi attraverso lo strumento prescelto perde, per così dire, un bene economicamente infungibile, scontando un pregiudizio che non è soltanto patrimoniale e che ben difficilmente si presta a ristori o riparazioni equipollenti. 
Resta impregiudicata la necessità che il debitore provi la fondatezza della domanda cautelare avanzata, ed è indubbio, sotto questo profilo, che una sufficiente discovery può garantirsi solo attraverso il deposito di un progetto di regolazione della propria crisi ed insolvenza. 
È questo, oltretutto, un requisito opportunamente valorizzato dal D.Lgs. n. 136/2024, che ha riscritto l’intera disciplina della domanda di accesso con riserva. In particolare, all’art. 44, comma 1 quater, CCII, si è previsto che “il debitore può chiedere di giovarsi del regime dello strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza di cui intende avvalersi se, unitamente alla domanda di cui al comma 1 o anche successivamente, deposita un progetto di regolazione della crisi e dell’insolvenza redatto in conformità alle disposizioni che disciplinano lo strumento prescelto”. Il che vale, ad esempio, a consentire al debitore di avvalersi degli effetti previsti dagli artt. 94 bis o 64 CCII, senza dover rendere la sterilizzazione del potere di autotutela negoziale in capo ai creditori oggetto di misura cautelare ad hoc (senza dunque dover dimostrare al giudice la sussistenza di fumus e periculum per avvalersi di quell’effetto). 
Il quadro che emerge è quello di un corredo vario ed esauriente di misure provvisorie, nelle diverse declinazioni di misure di protezione e di cautela, volte a garantire la buona riuscita delle iniziative intraprese per regolare la crisi (quale che sia lo strumento prescelto e financo quando questa scelta non sia ancora stata espressa).

Note:

[1] 
Trib. Brindisi, 3 dicembre 2024 in Dirittodellacrisi.it: “Deve disporsi il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione ex art. 363 bis c.p.c. della questione relativa alla natura delle misure protettive tipiche e atipiche previste dal Codice, palesandosene incerti la qualificabilità come misure cautelari ex art. 700 c.p.c. e i correlati presupposti applicativi e apparendo, pertanto, dubbia anche l’opportunità per l’impresa di conseguire una misura cautelare dello stesso contenuto di quella protettiva, una volta decorso il periodo di dodici mesi ex art. 8 CCII (Fattispecie in tema di sospensione degli effetti cambiari e degli assegni postdatati)”. 
[2] 
Trib. Milano, 24 dicembre 2024, in Dirittodellacrisi.it: “Il tribunale, su istanza del debitore, può concedere misure cautelari anche quando il procedimento unitario è introdotto con una domanda di accesso con riserva ad uno strumento. Destinatari di tali misure possono essere anche i creditori, ai quali, se parti di un contratto in corso di esecuzione, può essere inibito di risolverli, modificarli in danno del debitore o anticiparne la scadenza per il solo fatto che il debitore abbia proposta domanda ex art. 44”, Trib. Milano, 10 febbraio 2025, in  Dirittodellacrisi.it: “In tema di misure cautelati nella composizione negoziata, ancorché in astratto la protezione possa incidere anche sul patrimonio dei garanti dell’impresa in crisi, in guisa da bloccare l’escutibilità delle garanzie ricadenti su di esso, qualora nella prospettazione del progetto di piano sia posto al servizio della ristrutturazione dell’impresa, in concreto è indispensabile bilanciare l’interesse della società debitrice a tenere ferme e inalterate le garanzie e quello dei creditori garantiti a non essere esposti ad un pericolo di depauperamento della garanzia ad opera dei garanti medesimi, nello spazio temporale delle trattative”. 
[3] 
La definizione di “sistema” è di I. Pagni, Il “sistema” delle misure protettive e cautelari negli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza: note a margine di un provvedimento del Tribunale di Milano, nota a Trib. Milano, 30 marzo 2023, in Fallimento, 2024, 273 ss. 
[4] 
In arg., senza pretesa di esaustività, I. Pagni, Le misure protettive e le misure cautelari nel Codice della crisi e dell’insolvenza, in Società, 2019, 438 ss.; Id., Il “sistema” delle misure protettive, cit., 273 ss.; Id., voce Misure cautelari e protettive (diritto dell’insolvenza), in Enc. dir., volume tematico Crisi di impresa, a cura di F. Di Marzio, Milano, 2024, 869 ss.; M. Fabiani, Le misure cautelari e protettive nel codice della crisi d’impresa, in Riv. dir. proc., 2019, 849 ss.; Id., La tutela giurisdizionale nel codice della crisi d’impresa, Gli speciali del Foro italiano, 3, 2022, 109 ss.; F. De Santis, Le misure protettive e cautelari nella soluzione negoziata della crisi d’impresa, in Fallimento, 2021, 1536 ss.; Id., Le novità in materia di misure protettive e cautelari, in Proc. conc., 2025, 36 ss.; A. Carratta, Le misure cautelari e protettive nel CCII dopo il d.lgs. n. 83/2022, in Dir. fall., 2022, V, 859 ss.; M. Montanari, Il procedimento relativo alle misure protettive e cautelari nel sistema della composizione negoziata della crisi d’impresa: brevi notazioni, in www.ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it; L. Baccaglini - L. Calcagno, Le misure protettive e cautelari nel CCII, in Dirittodellacrisi.it, 11 ottobre 2022; L. Baccaglini - I. Pagni, Misure cautelari e misure protettive nel Codice della Crisi: una chiave di lettura per l’impiego anche combinato dei diversi strumenti di tutela, ivi, 4 marzo 2024; F. Rolfi, Il procedimento unitario per l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, Milano, 2023, 85; C. Mancuso, Le misure protettive e cautelari, in (diretto da) M. Irrera - A. Cerrato, Crisi e insolvenza dopo il Correttivo ter. G.U. 27 settembre 2024, n. 227, Bologna, 2024, 397 ss., 948; M. Aiello, La protezione del debitore nel codice della crisi: un approccio sistematico, in Dir. fall., 2023, 311 ss.; A. Didone, Le misure protettive/cautelari, in Fallimento, 2022, 1251 ss.; P. Farina, Le misure protettive richieste dopo la domanda di accesso allo strumento negoziale: dall’inibitoria dell’azione di sfratto per morosità alla iscrizione, nel registro delle imprese, della domanda integrativa, ivi, 2023, 687 ss.; R. D’Alonzo, La composizione negoziata della crisi e l’interferenza delle misure protettive nelle procedure esecutive individuali, in Riv. es. forz., 2021, 874 ss.; G. Rana, Le misure protettive e cautelari nella composizione negoziata di cui al D.L. 118/2021, in Dir. fall., 2022, 282; F. De Santis, Sub artt. 8-18-19, in (diretto da) F. Santangeli, Il Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, Milano, 2023, 62 ss. e 116 ss.; R. Giordano, Sub artt. 54-55, ivi, 377 ss.; G. Bozza, Le misure protettive e cautelari, in O. Cagnasso, L. Panzani, Crisi di impresa e procedure concorsuali, I, Vicenza, 2025 802 ss.; prima ancora della modifica al CCII, introdotta con il d.lgs. 83/2022, v. S. Leuzzi, Cautela e protezione dell’impresa nelle procedure concorsuali, in questa Rivista, 30 aprile 2019. 
[5] 
Ampio il novero dei quesiti che il giudice brindisino rimette alla Corte di Cassazione: "1. Quale natura giuridica abbiano le misure protettive (tipiche e tipiche) e, in particolare, se le stesse: 
a) siano ascrivibili, in alternativa, al genus delle misure cautelari atipiche ex art. 700 cpc, o siano, comunque, accomunabili alla species delle misure d’urgenza endoconcorsuali, connotate dalla c.d. strumentalità attenuta, con conseguente necessità di accertare in relazione ad esse il duplice requisito del fumus boni iuris e del periculum in mora; 
b) abbiano natura non cautelare, con conseguente esenzione dal suddetto vaglio; 
2.in ogni caso, quali debbano ritenersi i presupposti applicativi per la concessione delle misure protettive (tipiche e tipiche); 
3. Se la sospensione degli effetti cambiari e degli assegni postdatati debba essere qualificata quale misura protettiva atipica o quale misura cautelare, con conseguente riconducibilità del provvedimento suddetto al novero delle une o delle altre e quali ne siano i presupposti applicativi; 
4. Se l’impresa istante possa o meno beneficiare di una misura cautelare dello stesso contenuto di quella atipica richiesta, conseguita e che sia già scaduta. Ciò, in considerazione del limite, perentorio e improrogabile, di 12 mesi cui soggiacciono le (sole) misure protettive”. 
[6] 
Su questa novità, già S. Leuzzi, Cautela e protezione, cit., 6 s. e L. Baccaglini - L. Calcagno, Le misure protettive e cautelari nel CCII, cit., 11 ss. Sull’opportunità di introdurre misure cautelari anche nel contesto degli strumenti, v. M. Spadaro, La protezione del patrimonio del debitore in concordato preventivo, tra interpretazione estensiva dell’art. 168 l. fall. e nuove misure protettive e cautelari previste dal codice della crisi, in Fallimento, 2019, 521. 
[7] 
I. Pagni, voce Misure cautelari e protettive, cit., 871. 
[8] 
Per un’osservazione in questi termini, si vis, L. Baccaglini, M. Ratti, Concordato preventivo e strumentalità delle misure cautelari alla prova del Durc, in Fallimento, 2023, 65 ss. spec. 70-71. 
[9] 
I. Pagni, Le misure protettive e cautelari, cit., 442; L. Baccaglini, L. Calcagno, Le misure protettive e cautelari, cit., 75; S. Rossetti, Le misure protettive e cautelari nella liquidazione giudiziale, in Giur. comm., 2024, 715; in senso analogo, M. Fabiani, Le misure cautelari e protettive nel codice della crisi di impresa, cit., 849 ss.; già Id., Tutela cautelare e amministrazione dell’impresa nel processo di fallimento, in Riv. dir. proc., 2012, 951-952 - il quale pur ritenendo possibile che il tribunale, se richiesto dalle parti, nomini un amministratore giudiziario, precisa che non si tratterebbe di un soggetto dotato dei poteri conferiti all’amministratore nominati ai sensi dell’art. 2409 c.c. Scrive l’A. “La misura andrebbe calibrata sulla mera gestione dell’attività – visto che l’impresa “è” attività – da assegnare all’amministratore nominato dal tribunale nel contesto di un ventaglio di poteri che possono limitarsi alla ordinaria amministrazione, ma anche estendersi alla straordinaria amministrazione (eventualmente con la cautela di un intervento autorizzativo integrativo del giudice) se questa ha ad oggetto l’impresa e non l’organizzazione della società”. Per un’applicazione di questa ultima lettura, Trib. Ancona, 25 luglio 2024, in Dirittodellacrisi.it
[10] 
I. Pagni, voce Misure cautelari e protettive (diritto dell’insolvenza), cit., 871. 
[11] 
In tema v. F. Di Marzio, Diritto dell’insolvenza, Milano, 2023, 370 ss. 
[12] 
Sotto questo profilo, resta attuale l’insegnamento di P. Calamandrei, Criteri per la definizione dei provvedimenti cautelari, in Opere giuridiche, IX, Napoli, spec. 171 ss. 
[13] 
Questa precisazione vale sia per la composizione negoziata della crisi che, non essendo una procedura concorsuale, non è mai destinata a chiudersi con un provvedimento del giudice; sia per gli strumenti di regolazione della crisi e per le procedure di insolvenza. Come anticipato, la strumentalità del provvedimento cautelare si misura non sugli effetti in sé della sentenza che omologa lo strumento o apre la liquidazione, ma sulla sua effettiva attuazione: la realizzazione del piano o dell’accordo, ovvero la fattiva soddisfazione dei creditori, nel rispetto della par condicio creditorum
[14] 
Sempreché non sia sufficiente un contratto ex art. 23, comma 1, CCII. 
[15] 
M. Montanari, Il procedimento relativo alle misure protettive e cautelari nel sistema della composizione negoziata della crisi d’impresa, cit., 3 (ma anche 5-6, testo e nt. 9); A. Carratta, Misure protettive e cautelari nella composizione negoziata della crisi, cit., 3; F. De Santis, Le misure protettive e cautelari nella soluzione negoziata della crisi d’impresa, cit., 1536 ss. 
[16] 
Si accoglie in questo modo una nozione ampia e dinamica del patrimonio dell’imprenditore, comprensiva non solo dei beni di sua proprietà ma anche di quelli che egli detiene per effetto di contratti di leasing o locazione. Contrario a questa conclusione P. Russolillo, Misure protettive negli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza alternativi alla liquidazione giudiziale e procedure esecutive individuali, in Dirittodellacrisi.it, 6 giugno 2023, 16, secondo il quale “una siffatta limitazione del diritto di azione, benché temporanea, finirebbe con il sacrificare eccessivamente l’interesse del creditore, costringendolo all’esecuzione di nuove prestazioni in assenza di un adeguato indennizzo”. 
Nel senso indicato nel testo, invece, Trib. Udine, 26 ottobre 2023, in Fallimento, 2024, 834 con nota di F. Santangeli, Spigolature in tema di misure protettive e cautelari; Trib. Milano, 9 maggio 2023, in Dirittodellacrisi.it, il quale, benché nel contesto di una composizione negoziata, ha giustamente valorizzato la temporaneità della misura, la necessità di trovare un accordo con il proprietario del bene (considerato un creditore strategico) al fine di verificare se, mediante l’apporto di finanza esterna, fosse possibile sanare la morosità del debitore e immaginare la conclusione di un nuovo contratto con il potenziale cessionario d’azienda; analogamente, Trib. Roma, 21 dicembre 2022, in www.ilcaso.it; Trib. Asti, 3 marzo 2022, ivi
[17] 
Sul fatto che la protezione sia grosso modo la stessa, nella composizione negoziata e negli strumenti, I. Pagni, Il “sistema” delle misure protettive, cit., spec. 284. 
[18] 
L. Baccaglini - L. Calcagno, Le misure protettive e cautelari nel CCII, cit., 73. 
[19] 
Trib. Milano, 30 marzo 2023, cit. 
[20] 
In questo senso, hanno condivisibilmente concluso, negando la protezione del patrimonio sui beni dei fideiussori, Trib. Avellino, 5 dicembre 2022; Trib. Torino, 5 dicembre 2023, in Dirittodellacrisi.it, poi però riformata in sede di reclamo; Trib. Napoli Nord, 24 gennaio 2024, ivi; Trib. Roma 3 luglio 2024, in www.ilcaso.it; v. anche Trib. Venezia, 6 febbraio 2023, ivi, che riqualifica come domanda cautelare l’istanza della società debitrice di conferma delle misure protettive nei confronti dei garanti e dei soci illimitatamente responsabili, disponendo la decorrenza degli effetti a far data dal deposito dell’ordinanza. Contra, Trib. Verona, 11 aprile 2024, in Dirittodellacrisi.it, peraltro senza motivazione. Nello stesso senso indicato nel testo, anche I. Pagni, Il “sistema” delle misure protettive e cautelari, cit., 285, Trib. Gorizia 13 marzo 2024, in Dirittodellacrisi.it
[21] 
In questa lunghezza d’onda si pone significativamente il precedente richiamato in apice del Trib. Milano, 10 febbraio 2025 cit., che infatti afferma: “In tema di misure protettive nella composizione negoziata, ancorché in astratto la protezione possa incidere anche sul patrimonio dei garanti dell’impresa in crisi, in guisa da bloccare l’escutibilità delle garanzie ricadenti su di esso, qualora nella prospettazione del progetto di piano sia posto al servizio della ristrutturazione dell’impresa, in concreto è indispensabile bilanciare l’interesse della società debitrice a tenere ferme e inalterate le garanzie e quello dei creditori garantiti a non essere esposti ad un pericolo di depauperamento della garanzia ad opera dei garanti medesimi, nello spazio temporale delle trattative”. 
[22] 
Trib. Napoli, 27 ottobre 2022, in Fallimento, 2023, 284 con nota di L. Farina, Le misure protettive richieste dopo la domanda di accesso allo strumento negoziale: dall’inibitoria dell’azione di sfratto per morosità alla iscrizione, nel registro delle imprese, della domanda prenotativa
[23] 
I. Pagni, Il “sistema” delle misure protettive, cit., spec. 280 ss. 
[24] 
Così ha ragionato il Trib. Bergamo, 12 gennaio 2023, in Dirittodellacrisi.it che ha accolto l’istanza del debitore, formulata ai sensi dell’art. 54, comma 2, terzo periodo, di inibire ad un gestore dell’energia elettrica (parte di un contratto essenziale) la risoluzione il contratto per il solo fatto del mancato pagamento dei crediti anteriori alla proposizione della domanda ex art. 25 sexies
[25] 
Ciò che accade soltanto quando è proposta domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi diretto a preservare la continuità aziendale (un concordato in continuità, un accordo di ristrutturazione o un piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione): in tal caso è previsto che tutti i creditori parti di rapporti pendenti non possano unilateralmente rifiutare l’adempimento o provocare la risoluzione del contratto, o anticiparne la scadenza o modificarli in danno del debitore (art. 94 bis, comma 1, CCII). Se poi si tratti di creditori che siano parti di un contratto cd. essenziale, l’inibitoria di quei poteri di autotutela negoziale opera anche quando essi non siano stati pagati prima della proposizione della domanda di accesso al concordato preventivo (art. 94 bis, comma 2, CCII). Il debitore che abbia fatto accesso al concordato in continuità dovrà però ricorrere alle misure protettive atipiche se intenda precludere ai creditori, parti di contratti non essenziali, di avvalersi delle clausole ipso facto, in caso di inadempimento pregresso. 
[26] 
Si tratta dei due divieti diretti ai creditori, parti di contratti in corso di esecuzione, di avvalersi delle clausole ipso facto, risolvendo o modificando il contratto in danno del debitore ovvero anticipandone la scadenza, per il solo fatto che sia stata proposta domanda di accesso allo strumento, o per il solo fatto del mancato pagamento di crediti anteriori alla proposizione di quella domanda, qualora si tratti creditori, parti di contratti essenziali. 
Questo importa, a contrario, che il debitore, anche in presenza di uno strumento diretto alla continuità aziendale, di avvalersi di una misura protettiva atipica quando si tratti di inibire alla parte in bonis di un contratto non essenziale il ricorso alle clausole ipso facto, in presenza di un inadempimento pregresso. In arg. Trib. Arezzo, 9 dicembre 2024, in Dirittodellacrisi.it
[27] 
Trib. Milano 30 marzo 2023, cit.; implicitamente, Trib. Forlì, 12 dicembre 2023 e Trib. Milano, 13 aprile 2023, ambedue in bdp.giustizia.it; ritiene l'inibitoria della risoluzione giudiziale dei contratti inclusa nel divieto per i creditori colpiti da misure di “provocare la risoluzione” (intesa, perciò, non solo come autotutela negoziale, ma anche come eterotutela), Trib. Napoli 28 giugno 2024, ivi. 
Quando, diversamente, il processo di cognizione tenda a una pronuncia meramente condannatoria, la giurisprudenza sembra orientata nel senso che la sua sospensione in via misura atipica comporti un eccessivo ed inutile sacrificio per il creditore: Trib. Modena, 5 febbraio 2024, ivi (per un caso relativo ad una convalida di sfratto da alcuni capannoni); Trib. Oristano, 26 luglio 2024, ivi. 
[28] 
I. Pagni, voce Misure cautelari e protettive, cit., 872. 
[29] 
I. Pagni, op. ult. cit. 
[30] 
Osserva I. Pagni, Il “sistema”, cit., 286, come l’inibitoria possa prescrivere una condotta attiva, solo se essa si giustifichi alla luce di prescrizioni di diritto sostanziale, come l’art. 4 CCII, concernente il dovere di buona fede e correttezza gravante su tutti i soggetti coinvolti nel tentativo di risoluzione della crisi; la valorizzazione di tale precetto passa, infatti, anche per il riconoscimento di una tutela specifica (nella specie, cautelare) volta a vincere l'ostruzionismo immotivato di taluni di questi soggetti. Per un’applicazione in tal senso, Trib. Verona, 22 gennaio 2024, in Dirittodellacrisi.it.
[31] 
Trib. Milano, 30 marzo 2023, cit.; Trib. Arezzo, 9 agosto 2024, in Fallimento, 2024, 1555 ss. con nota critica di L. Baccaglini, Protezione e cautela del patrimonio dopo il D.Lgs. n. 136/2024, anche in pendenza di una domanda di accesso con riserva allo strumento; Trib. Paola, 13 marzo 2023, in Dirittodellacrisi.it; Trib. Vicenza, 24 febbraio 2024, in bdp.giustizia.it; Trib. Torino, 12 aprile 2024, ivi; Trib. Bari, 15 aprile 2024, ivi. 
[32] 
I. Pagni, La domanda prenotativa di accesso a uno strumento di regolazione giudiziale della crisi e dell’insolvenza dopo il D. lgs. n. 136/2024, in Società, 2024, 1173 ss. spec. 1278-1279. In arg. anche G. Carmellino, Di alcune questioni in tema di domanda di concessione del termine ex art. 44 CCII, nota a Trib. Salerno, 23 novembre 2023, in Fallimento, 2024, 1150 ss. 
[33] 
Trib. Arezzo, 9 agosto 2024, cit.; Trib. Paola, 13 marzo 2023, cit.; Trib. Arezzo, 7 novembre 2022, che ha rigettato l’istanza proposta contestualmente alla domanda ex art. 44 CCII. 
[34] 
In questo senso ha concluso il Trib. di Napoli, 27 ottobre 2022, cit., il quale ha addirittura disposto la concessione di una misura protettiva volta alla sospensione di un giudizio di cognizione, promosso per la risoluzione del contratto di locazione concluso con l’imprenditore. E ciò, al fine di impedire l’irreversibilità della pronuncia costitutiva di risoluzione del contratto che nel frattempo sarebbe stata pronunciata. V. anche Trib. Nola, 5 settembre 2024, cit. che, ritenuta in astratto l'ammissibilità della misura, ha rigettato l'istanza cautelare poiché diretta a ottenere il rilascio del DURC; così anche Trib. Palermo, 18 febbraio 2024, in bdp.giustizia.it
[35] 
Per una prima applicazione della nuova disciplina, Trib. Milano, 24 dicembre 2024, in bdp.giustizia.it, che in via cautelare ha disposto l'inibitoria dei poteri di autotutela negoziale in relazione ad alcune locazioni, noleggi e forniture; v. anche Trib. Bari, 3 gennaio 2025, in Dirittodellacrisi.it, che peraltro, nel concedere la misura ne retrodata gli effetti al momento della proposizione della domanda cautelare, quando invece essi dovrebbero decorrere dal deposito dell’ordinanza. 
[36] 
I. Pagni, Il “sistema”, cit., 285-286. 
[37] 
Corte Cost., 28 giugno 1985, n. 190, in Foro it. 1985, I, 1881, con nota di A. Proto Pisani, Rilevanza costituzionale del principio secondo cui la durata del processo non deve andare a danno dell’attore che ha ragione. 

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Comunicazione e diffusione - I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati, intendendosi con tale termine il darne conoscenza ad uno o più soggetti determinati, dalla Società a terzi per dare attuazione a tutti i necessari adempimenti di legge. In particolare i dati personali dell’interessato potranno essere comunicati a Enti o Uffici Pubblici o autorità di controllo in funzione degli obblighi di legge.

I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati nei seguenti termini:

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  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
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  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

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