Finanziamenti prededucibili nella composizione negoziata: aspetti processuali*
Fabio Marelli, Associato di diritto della crisi d’impresa e dell’insolvenza e di diritto processuale civile nell’Università degli Studi di Pavia
5 Gennaio 2024
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Sommario:
Nella composizione negoziata della crisi[3] non opera alcuno spossessamento, neppure attenuato e, pertanto, l’imprenditore resta libero di compiere qualsiasi atto di straordinaria amministrazione, compresa la stipula di nuovi finanziamenti. Si tratta per il vero di facoltà più teorica che reale per l’imprenditore che si trova in stato di crisi, posto che ben difficilmente vi saranno soggetti disponibili all’acquisto di aziende a fronte del rischio assai elevato di incorrere in responsabilità solidale per i debiti dell’impresa, in caso di accesso a una procedura concorsuale, così come sarà ben difficile reperire finanziatori i cui crediti da rimborso possano subire gli effetti della falcidia concorsuale[4]. Anzi, la prassi mostra che i finanziatori nelle situazioni di crisi non ritengono di poter fare sicuro affidamento sulla sola prededuzione del credito e richiedono anche la costituzione di nutrite garanzie reali sui beni aziendali e sui crediti dell’impresa.
Sulla base di queste considerazioni si può quindi comprendere la portata delle disposizioni dell’art. 22 CCII[5] che prevedono che il Tribunale possa autorizzare l’imprenditore a contrarre nuovi finanziamenti prededucibili ai sensi dell’art. 6 CCII[6]: l’autorizzazione non è richiesta per consentire all’imprenditore di contrarre nuovi finanziamenti, ma solo perché possano prodursi gli effetti protettivi per le controparti dei relativi negozi (oltre che per l’imprenditore che avrà comunque superato il vaglio del Tribunale e potrà quindi confidare di non incorrere in responsabilità in caso di successivo accesso a una procedura concorsuale).
La funzionalità del finanziamento rispetto alla continuità aziendale, di per sé, parrebbe invece in un certo senso in re ipsa, dovendo darsi per scontato che l’imprenditore chieda l’autorizzazione a contrarlo in tanto in quanto non disponga di risorse finanziarie sufficienti per la conduzione ordinaria dell’attività e non intenda invece destinare le disponibilità così acquisite a finalità diverse[8].
Altri aspetti non sono menzionati e non dovrebbero quindi in principio essere sindacabili dal Tribunale. Intendo riferirmi allo stato di avanzamento delle trattative con i creditori, rispetto alla prosecuzione delle quali i nuovi finanziamenti dovrebbero porsi come mezzo a fine (nel senso di consentire di conservare la continuità aziendale per il tempo necessario a condurre a termine le trattative) e non invece come presupposto per la loro autorizzazione (nel senso che solo in uno stato molto avanzato delle trattative sarebbe possibile autorizzare nuovi finanziamenti)[9]. Salvo ricondurre questi aspetti all’ambito stesso delle valutazioni demandate dalla legge, in tema di funzionalità al migliore soddisfacimento dei creditori (nel senso di ritenere che solo un’elevata probabilità di successo delle trattative in corso consenta di ritenere che le nuove risorse finanziarie da utilizzare nel ciclo produttivo siano effettivamente tali, nella fattispecie concreta, da determinare un risultato più favorevole per i creditori rispetto allo scenario alternativo in cui l’impresa non possa disporre dei finanziamenti e, quindi, verosimilmente, sia costretta a cessare l’attività e avviarsi alla liquidazione).
In ogni caso, e proprio in questa prospettiva, è necessario che il Tribunale valuti l’impatto della prededucibilità in una futura procedura concorsuale, operando un bilanciamento degli interessi in gioco[10] e quindi considerando, da un lato, le probabilitàdi successo del percorso di risanamento, al prezzo, dall’altro, della destinazione prioritaria al rimborso dei nuovi finanziamenti delle risorse ricavabili dalla liquidazione in caso di mancato raggiungimento di una soluzione consensuale nell’ambito della composizione negoziata.
Il Tribunale non potrebbe in principio sindacare neppure la costituzione di garanzie da concedere al finanziatore e l’entità delle stesse[11], queste ultime aggiungendosi al beneficio della prededuzione. L’art. 22 CCII per il vero non menziona specificamente la possibilità di autorizzare anche la concessione di garanzie, come invece dispone l’art.99, primo comma, CCII nel procedimento unitario, successivamente alla domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza (e, quindi, nell’ambito del concordato preventivo, degli accordi di ristrutturazione dei debiti o dei piani di risanamento soggetti a omologazione). Nella composizione negoziata non potrebbe riconoscersi il potere di autorizzazione da parte del Tribunale rispetto alla costituzione di garanzie, quali atti di straordinaria amministrazione, posto che, come noto, in tal caso l’art. 21, comma 2, CCII non prevede l’intervento dell’autorità giudiziaria, quanto piuttosto la comunicazione preventiva all’esperto, il quale può esprimere eventualmente il proprio dissenso. Il tema della possibile autorizzazione di garanzie si pone su un piano diverso da quello dei finanziamenti: in quest’ultimo caso, infatti, si tratta del riconoscimento del rango prededucibile in una futura procedura concorsuale, mentre nel primo rileva invece la stabilità delle garanzie così concesse e, quindi, l’eventuale soggezione all’azione revocatoria[12]. Da questo punto di vista, l’art. 24, comma 2, CCII, al fine dell’esenzione dall’azione revocatoria, menziona espressamente la costituzione di garanzie da parte dell’imprenditore, ma non fa riferimento agli atti autorizzati dal Tribunale, quanto piuttosto a un criterio più ampio, riferendosi agli atti posti in essere «nel periodo successivo alla accettazione dell’incarico da parte dell’esperto, purché coerenti con l’andamento e lo stato delle trattative e con le prospettive di risanamento esistenti al momento in cui sono stati compiuti». In questo ambito rientra quindi senza difficoltà l’autorizzazione del Tribunale, che certamente assorbe la valutazione positiva dei temi rilevanti al fine dell’esenzione dall’azione revocatoria. Alternativamente, si può, credo, senza difficoltà, ammettere che la costituzione di garanzie sia comunque oggetto di autorizzazione ai sensi dell’art. 22 CCII in quanto atto accessorio al finanziamento e parte dello stesso accordo di concessione del finanziamento.
Neppure parrebbe poter essere oggetto di valutazione e autorizzazione l’entità degli interessi previsti negozialmente con il finanziatore. Fermo che la misura degli interessi non potrebbe comunque essere superiore al tasso di usura (ciò che di regola è escluso per prassi con l’inserimento nei contratti di clausole limitative del tasso massimo applicabile, nei limiti delle previsioni di legge), il Tribunale sembra comunque poter estendere anche a questi aspetti la propria valutazione, per le ragioni di accessorietà e inerenza di cui si è appena detto in tema di garanzie.
A differenza della conferma delle misure protettive, il procedimento si svolge secondo il modello della camera di consiglio di cui agli artt. 737 ss. c.p.c., in quanto compatibili. La richiesta dell’imprenditore va quindi formulata con ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale, mentre per il prosieguo è stabilito dalle disposizioni del Codice che devono essere sentite le parti interessate e che il Tribunale assume le informazioni necessarie. Come sempre avviene quando il legislatore utilizza il modello dei procedimenti in camera di consiglio in materia di diritti soggettivi, la scelta va ricondotta all’estrema flessibilità dello schema processuale, idoneo ad adattarsi alle esigenze del caso concreto, lasciando al giudice la massima discrezionalità di tempi e forme di svolgimento del procedimento.
Un tema rilevante attiene all’instaurazione del contraddittorio rispetto ai soggetti controinteressati, che non può dubitarsi siano (quantomeno) i creditori risultanti dall’elenco depositato con l’istanza di nomina dell’esperto: sono infatti questi ultimi, quali potenziali futuri creditori concorsuali in caso di apertura di una procedura di insolvenza a seguito di insuccesso del percorso negoziale di risanamento (e, in particolare, nell’eventualità della proposizione da parte del debitore di domanda di accesso al concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui agli artt. 25 sexies e septies CCII), a risentire del rischio legato alla concessione del beneficio della prededuzione ai nuovi finanziamenti, in quanto le risorse per il rimborso degli stessi saranno sottratte agli altri creditori, compresi quelli muniti di privilegio.
Potrebbe trattarsi nel caso concreto anche di altri soggetti parti di rapporti contrattuali con l’imprenditore, che risentirebbero degli effetti della concessione ovvero del diniego dell’autorizzazione a contrarre nuovi finanziamenti.
Le disposizioni di cui agli artt. 737 ss. c.p.c. nulla dispongono in particolare, ma non si dubita che l’attuazione del contraddittorio sia necessaria e quindi si debba provvedere alla fissazione di udienza in camera di consiglio[13], potendo semmai discutersi delle relative modalità di convocazione delle parti[14]. Di regola si tratta della notificazione alle parti del ricorso e del decreto del Tribunale di fissazione dell’udienza, ma si d ve ritenere sufficiente qualsiasi modalità con cui i controinteressati siano informati dell’udienza e posti in condizione di parteciparvi[15]. In giurisprudenza, in un caso è stato disposto l’inserimento del decreto di fissazione dell’udienza nel diverso procedimento già pendente di conferma delle misure protettive ex art. 19 CCII, così snellendo notevolmente le modalità e i tempi di svolgimento ai fini dell’autorizzazione della nuova finanza urgente e potendosi quindi prescindere da una nuova notificazione massiva ai numerosissimi creditori[16].
Per quanto riguarda le attività di istruzione, l’art. 22, comma 2 CCII dispone che il Tribunale provvede «assunte le informazioni necessarie». Si tratta del modello di istruzione eventuale e deformalizzata tipica dei procedimenti camerali, che consentirebbe anche l’iniziativa ufficiosa e che senz’altro ammette ampio ricorso alle prove c.d. «atipiche»[17]. A quest’ultimo proposito va rilevato che l’art. 22 CCII, come nel procedimento di conferma delle misure protettive, stabilisce quale modalità speciale di acquisizione di elementi utili alla decisione la nomina di un ausiliario ai sensi dell’art. 68 c.p.c.[18] Non è invece prevista l’audizione e l’acquisizione del parere dell’esperto, anche se è difficile immaginare che ciò non avvenga nella maggior parte dei casi a discrezione del Tribunale[19]. È ben difficile, infatti, che il giudice possa disporre delle conoscenze necessarie a compiere autonomamente nel merito gli apprezzamenti dei dati economici e finanziari necessari per svolgere consapevolmente le valutazioni demandategli dalla legge al fine dell’autorizzazione richiesta.
Semmai, potrà discutersi quale sia lo spazio per la nomina di un ausiliario, in presenza dell’esperto già nominato e già informato delle condizioni del debitore e delle sue esigenze finanziarie, nonché dello stato e dei caratteri delle trattative in corso con i creditori. A questo proposito, in un caso di particolare urgenza, la giurisprudenza ha chiarito che la nomina e l’accettazione dell’esperto non sono condizioni necessarie per l’autorizzazione (nel caso specifico) a contrarre nuovi finanziamenti prededucibili, posto che l’art. 22 CCII non lo richiede, a differenza dell’art. 19 CCII in tema di conferma delle misure protettive[20]: in assenza dell’esperto, è stato quindi nominato un ausiliario. In altri casi, a composizione ormai avviata, si può pensare a ragioni di opportunità o di maggiore affidabilità (ad esempio nel caso in cui l’esperto sia un avvocato) sicuramente rimesse al prudente apprezzamento del Tribunale.
Il reclamo parrebbe rilevante principalmente in caso di diniego dell’autorizzazione, al fine di consentire all’imprenditore di ottenerla in sede di gravame, ma ovviamente può darsi il caso che siano i creditori ad opporsi alla contrazione di nuovi finanziamenti prededucibili, che potrebbero in prospettiva pregiudicare le proprie ragioni, in caso di insuccesso del tentativo di risanamento; i creditori, peraltro, con il reclamo devono contestare nel merito il difetto dei presupposti specifici dell’autorizzazione, tra cui proprio quello relativo alla funzionalità del finanziamento alla migliore soddisfazione dei creditori, ma anche alla continuità aziendale, richiamando quanto detto in merito alla effettiva possibilità di consentire utilmente la prosecuzione dell’attività per tutto il tempo necessario alla conclusione delle trattative: da questo punto di vista un finanziamento in misura insufficiente alle effettive esigenze potrebbe quindi risolversi in un sacrificio non giustificato alle ragioni dei creditori, rispetto ai quali una prosecuzione di attività in perdita senza serie prospettive di buon esito delle trattative potrebbe determinare un’erosione delle risorse disponibili per il proprio soddisfacimento.
Non è stabilita espressamente la legittimazione al reclamo, se quindi spettante ai soli creditori ovvero anche a qualsiasi parte interessata, né se siano legittimate le sole parti costituite nel procedimento «di primo grado» davanti al Tribunale in composizione monocratica, oppure anche creditori che non vi abbiano preso parte formalmente. La tesi che sembra prevalente e seguita anche dalla giurisprudenza di legittimità è quella secondo cui solo le parti costituite possono proporre reclamo[21] e, quindi, rimettere in discussione l’autorizzazione al finanziamento (o il suo diniego). Naturalmente, valgono i principi generali in tema di interesse a impugnare e, quindi, solo le parti soccombenti (quelle, cioè, le cui conclusioni in primo grado – alternativamente, per la concessione ovvero per il diniego dell’autorizzazione – siano state disattese) potranno interporre reclamo.
Per quanto riguarda invece l’efficacia del decreto di autorizzazione, va ricordata la disposizione di cui all’art. 741 c.p.c. ai sensi della quale i provvedimenti acquistano efficacia quando sono decorsi i termini di legge senza che sia stato proposto il reclamo: si tratta del termine di dieci giorni previsto dall’art. 739, secondo comma, c.p.c. decorrente dalla comunicazione del decreto del Tribunale, se lo stesso è reso in confronto di una sola parte, o dalla notificazione se è reso nei confronti di più parti. Accolta la soluzione in tema di legittimazione (e interesse) delle sole parti costituite (e soccombenti) nel procedimento di primo grado, ne consegue che è solo a queste ultime (e non certo a tutti i creditori o alle parti comunque controinteressate) che dovrà procedersi alla notificazione per determinare il decorso del termine per il reclamo e pervenire quindi alla definitività del decreto di autorizzazione.
È questo un tema da tenere comunque ben presente nelle tempistiche di erogazione della nuova finanza, posto che richiede il decorso di un ulteriore lasso di tempo (benché relativamente contenuto). Salvo che il Tribunale abbia disposto, in presenza di ragioni di urgenza, l’immediata esecutività del decreto ai sensi dell’art. 741, comma 2, c.p.c.
Note: