Come premesso, il codice della crisi di impresa e dell’insolvenza ha sancito il dovere dell’imprenditore sia individuale che collettivo di adottare “misure idonee” e “assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato” alla natura e dimensioni dell’impresa.
Il significato del precetto è che gli assetti e le misure idonee devono risultare adeguati non solo per ragioni strutturali, ma anche in funzione della tempestiva rilevazione della crisi, nonché della perdita della continuità aziendale.
La dottrina ha attentamente considerato il tema degli assetti, peraltro oggetto anche di alcune pronunce di merito, indagando l’argomento in particolare in termini di responsabilità per non averli strutturati in modo “adeguato”. Il contrasto verte sulla valutazione in ordine all’adeguatezza degli assetti. E quindi il tema su cui si divide l’interprete è riferito alla valutazione circa l’adeguatezza degli assetti.
Giova peraltro sottolineare che l’adeguatezza é strettamente collegata alla natura e alle dimensioni dell’impresa.
Vero è che il legislatore del CCII all’art. 3 sembra aver separato, in quell’ambito, l’imprenditore individuale, che deve adottare “misure idonee”, da quello collettivo, al quale è prescritta l’adozione di “adeguati assetti”. Mentre è evidente che la riflessione assume rilievo solo se si considera che il tema degli assetti riguarda tutte le imprese, a prescindere dalle loro dimensioni.
E piuttosto, a questo punto, giova dare sostanza alla più volte richiamata nozione di
“assetto organizzativo, amministrativo e contabile”.
Importante, in proposito, è il contributo degli studi aziendalistici, ben rappresentati dall’ottimo lavoro di Marco Arato[1] nel quale si fa riferimento a vari interventi, come: Assonime Circolare 27 del 21/11/2022, Fondazione Nazionale dei Commercialisti del 7/7/2023, Sidrea Le parole della crisi -La lettura degli aziendalisti italiani del marzo 2021, CNDCEC Norme di Comportamento del Collegio Sindacale di società non quotate del 20/12/2023, per sottolineare come tali interventi “… aiutino a riempire di contenuto il concetto generale e astratto di adeguatezza degli assetti espresso dall’art. 2086 co 2 CCII”.
Sicché non può non concludersi, con Arato, come sia: “… inevitabile che queste norme di produzione privatistica … vengano utilizzate dalla giurisprudenza per valutare il comportamento degli organi sociali”.
Un contributo teso a dare maggiore corpo al tema dell’adeguatezza trova peraltro supporto anche nei documenti di ricerca della Fondazione Nazionale dei Commercialisti (a seguire FNC) del 7/7/2023 al titolo “Assetti organizzativi, amministrativi e contabili: profili civilistici e aziendalistici” e del 25/7/2023 dal titolo “Assetto organizzativi, amministrativi e contabili: check list operative”; in particolare nei due documenti rispettivamente si premette:
- che la normativa “non si sofferma sulla caratteristica degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili, nel senso della loro qualificazione in termini di adeguatezza”;
- che “… nella valutazione dell’adeguatezza degli assetti … la normativa non fornisce elementi sufficientemente esaustivi”.
E appunto sulla base dell’inequivoco rilievo di carenza normativa in ordine all’individuazione del concetto di adeguatezza, con il secondo documento la FNC, col supporto di questionari, chiede che l’imprenditore, individuale o collettivo, proceda a un’autovalutazione, giusta la quale si dovrà pervenire, attraverso la valutazione del modello di business, del modello gestionale e degli adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili, a un auto giudizio circa l’adeguatezza o meno della struttura sulla base del principio di proporzionalità.
I questionari sono predisposti su quattro colonne: quesito, risposta, adeguato, note e commenti.
È precisato che “il giudizio di adeguatezza sarà influenzato dalla specificità dell’organizzazione e la valutazione dovrà effettuarsi in modo proporzionato alla natura, alla dimensione e alla complessità dell’attività in concreto esercitata, nonché agli obblighi di legge cui l’impresa è tenuta a conformarsi”.
Si tratta, con chiara evidenza, di una documentazione preziosa, perché giova a colmare le carenze della norma con un autoesame relativo all’adeguatezza o meno struttura imprenditoriale, svolto dallo stesso imprenditore con riferimento alla sua struttura operativa.
Ad avviso di chi scrive, detti questionari dovranno essere sottoposti all’attenzione del CDA, nel caso di società munita di organo di governance pluripersonale o in diverso caso all’assemblea. Dovranno anche essere curati e aggiornati, ai sensi del comma 3 dell’art. 2381 c.c., con scadenze temporalmente definite, con riferimento all’evoluzione della struttura. Ed è auspicabile che la giurisprudenza tenga nel giusto conto siffatta fonte.
Completezza d’indagine impone a questo punto di verificare il rapporto fra la natura e le dimensioni dell’impresa da una parte e il requisito dell’adeguatezza dall’altra.