Finanziamenti ammissibili nel codice della crisi e dell’insolvenza*
Linda Morellini, Avvocato in Genova
28 Dicembre 2023
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Sommario:
Sotto il vigore della legge fallimentare diverse erano le tematiche che ostacolavano un intervento finanziario, vuoi quelle legate alle implicazioni civili e penali che esso comportava, giacchè poteva determinare lesione dell’integrità patrimoniale dell’impresa, vuoi perchè ingenerava affidamento nei creditori successivi circa l’esistenza di un’impresa sana, vuoi perchè al mancato riconoscimento della prededuzione conseguiva incertezza sulla effettiva possibilità di ottenere il recupero delle somme erogate [1].
La presenza di queste problematiche costituiva un evidente disincentivo per l’erogazione di finanza a supporto della impresa in difficoltà, con conseguente pregiudizio per la sua salvaguardia e quindi con danno irreversibile per i suoi valori e per il mercato in genere.
Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (d’ora in poi il «Codice della Crisi» o «CCII») è stato preceduto da una serie di interventi del legislatore, iniziati nel 2005, in cui si è riconosciuta l’importanza della gestione privatistica dell’insolvenza [2] e proseguiti nel 2010 [3] laddove si è riconosciuta espressamente la prededuzione ai sensi dell’art. 111 L. fall. a due forme di finanziamento (a) quello in qualunque forma effettuato da banche e da intermediari finanziari in esecuzione di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione omologato e (b) quello erogato in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo o della domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione (art. 182 quater L. fall.) [4].
Tali interventi legislativi non rimuovevano gli ostacoli per consentire l’erogazione di nuova finanza da parte di banche e di intermediari finanziari, interessati soprattutto a ottenere la sicurezza del rimborso del credito ed evitare di incorrere in abusive concessioni di credito [5].
Si assisteva dunque a un’intensa attività di riforme legislative, intervenute più volte per cercare di integrare e chiarire una normativa di incerta interpretazione [6].
Ne derivava un mosaico normativo complesso e una proliferazione di orientamenti giurisprudenziali diversi negli assunti e nelle conclusioni, il tutto a scapito della rapidità e della certezza che devono contraddistinguere i percorsi di risanamento delle imprese.
In questo contesto il legislatore ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la riforma organica delle procedure concorsuali volti, inter alia, a [7]: - assicurare la continuità aziendale e il miglior soddisfacimento dei creditori, relegando la liquidazione giudiziale solo ai casi in cui non vi sia idonea soluzione alternativa (art. 2, lett. g); - risolvere contrasti interpretativi (art. 2, lett. m); - favorire l’erogazione di finanziamenti in funzione o in esecuzione di una procedura di concordato preventivo e di un accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 3, lett. f). Nel 2019 è poi intervenuto il legislatore comunitario che, con la Direttiva (UE) 2019/1023, inter alia, conferma la necessità di (i) salvaguardare la continuità e i valori dell’impresa [8], (ii) eliminare l’incertezza normativa in materia di insolvenza [9], (iii) tutelare i finanziamenti concessi sia durante le trattative, sia nel corso dell’esecuzione del piano di risanamento, con conseguente riconoscimento di effetti protettivi civili e penali, nonché della priorità di tali crediti, quantomeno sui crediti non garantiti, nella eventuale successiva procedura di insolvenza [10].
In questo contesto è stato promulgato il Codice della Crisi la cui finalità principale è la tutela dei valori dell’impresa e quindi di ogni atto funzionale al perseguimento del risanamento, alla conservazione dell’impresa e alla generazione di valore: con il riconoscimento del rango prededucibile e con la esclusione del rischio restitutorio e di quello penale si assiste così a un «rilevante cambio di cultura nel diritto della crisi di impresa» [11].
Il Codice della Crisi, allo scopo di evitare che la crisi si trasformi in insolvenza irreversibile, riconosce dunque il beneficio della prededuzione (art. 6, CCII), anche in deroga a quanto previsto dagli artt. 2467 e 2497, quinquies, cod. civ. (art. 102, CCII), prevede meccanismi di protezione per chi eroga nuova finanza sia in sede di composizione negoziata (art. 22, CCII), sia prima dell’omologazione del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione (art. 99, CCII) o del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (art. 64 bis, comma 9, CCII), sia in esecuzione del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione (art. 101, CCII) o del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (art. 64 bis, comma 9, CCII) [12].
Rispetto al passato il legislatore della riforma non àncora il riconoscimento della prededuzione al concetto di occasionalità o di funzionalità del finanziamento rispetto alla procedura [13], ma collega il credito alla gestione del patrimonio, ciò al fine di mantenere la natura prededucibile anche nelle successive procedure esecutive individuali o concorsuali (art. 6, CCII) [14]: tale riconoscimento non regola l’ordine dei pagamenti, ma la prevalenza di quel credito su qualsiasi altro credito in procedure successive siano esse individuali o concorsuali, a prescindere dalla loro consecuzione [15].
Con riguardo alla formulazione dell’art. 6, CCII sono stati sollevati due problemi (i) se la prededuzione del credito derivante dal nuovo finanziamento possa essere riconosciuta anche se il concordato o l’accordo di ristrutturazione non vengano regolarmente adempiuti e (ii) l’ambito di applicazione della prededuzione che il legislatore circoscrive alle procedure concorsuali.
Circa il primo problema, il tema appare di facile soluzione: la lettera della legge fa espresso riferimento a crediti «legalmente sorti», quindi non pare possa esservi incertezza nel riconoscere la prededuzione ai crediti autorizzati dal giudice nel rispetto delle procedure previste dal Codice della Crisi anche laddove gli strumenti di composizione non vengano regolarmente eseguiti.
Il secondo tema evidenza una difficile conciliazione tra il riconoscimento della prededuzione ai crediti sorti nell’ambito di procedure concorsuali (artt. 6, 22,24,99, 101, 102, CCII), l’assenza di una definizione di procedura concorsuale nell’ambito del Codice della Crisi e l’oggettiva difficoltà di riconoscere la natura concorsuale a procedure quali l’accordo di ristrutturazione in cui la distribuzione del valore è affidata ad accordi discrezionali tra creditori e debitore [16].
Nella prassi applicativa si può ritenere che, sicuramente l’effetto prededuttivo è escluso per i finanziamenti concessi nell’ambito degli strumenti di natura privatistica quali: il piano di risanamento attestato ai sensi dell’art. 56, CCII, il contratto di continuità aziendale biennale di cui all’art. 23, comma 1, lett. a), CCII, l’accordo di cui all’art. 23, comma 1, lett. c), CCII, la convenzione di moratoria di cui all’art. 62, CCII. Per gli altri strumenti la risposta potrebbe essere positiva sia argomentando dall’art. 24, CCII che riconosce gli effetti degli atti autorizzati dal tribunale nella successivo accordo di ristrutturazione omologato, o nel piano di ristrutturazione omologato, o nel concordato preventivo omologato, o nella successiva liquidazione giudiziale, liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria o il concordato semplificato, sia dagli artt. 99 e 101, CCII che espressamente si riferiscono agli accordi di ristrutturazione, agli accordi agevolati, agli accordi ad efficacia estesa e al concordato preventivo, escludendo la prededuzione solo laddove i finanziamenti siano stati concessi in presenza di dati falsi, atti di frode o omissioni di informazioni rilevanti e conosciuti da chi ha erogato il finanziamento (art. 99, sesto comma, CCII e art. 101, secondo comma, CCII).
Il tribunale, sentite le parti interessate e assunte le necessarie informazioni, verifica la funzionalità del finanziamento alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori provvedendo anche, ove occorra, alla nomina dell’ausiliario ai sensi dell’art. 68 (Altri ausiliari) cod. proc. civ. Decide in composizione monocratica sulla base di una comparazione degli interessi in gioco: tra l’impatto della prededucibilità della nuova finanza e l’utilità (per i creditori) che consegue alla prosecuzione dell’attività di impresa [18]. Avverso il provvedimento può essere proposto reclamo al tribunale e del collegio non può fare parte il giudice che ha pronunciato il provvedimento.
Gli effetti degli atti autorizzati dal tribunale si conservano se successivamente intervengono un accordo di ristrutturazione omologato, un concordato preventivo omologato, un concordato preventivo omologato, la liquidazione giudiziale, la liquidazione coatta amministrativa, l’amministrazione straordinaria o il concordato semplificato (art. 24, CCII).
I temi pratici che ad oggi sono emersi riguardano (i) la possibilità di chiedere l’erogazione di nuovi finanziamenti prima della nomina dell’esperto, (ii) l’ammissibilità di plurime richieste di finanziamenti prededucibili, (iii) l’identificazione di «parti interessate » e (iv) se la funzionalità dei finanziamenti è circoscritta alle necessità dell’impresa limitatamente al periodo della composizione negoziata o se essa può estendersi anche alla successiva fase di esecuzione del piano.
Con riguardo al tema sub (i), il testo legislativo sembra tradire un’incoerenza con altra disposizione: infatti a differenza della richiesta delle misure protettive per la quale è stato fatto espresso riferimento alla necessità che l’istanza sia depositata entro il giorno successivo alla pubblicazione dell’istanza e all’accettazione dell’esperto (art. 19, CCII), l’art. 22, CCII non prevede tale requisito: di qui è stato sostenuto che l’accettazione dell’esperto non sia condizione necessaria per l’autorizzazione a contrarre nuovi finanziamenti [19]. Tuttavia, l’art. 24, CCII, ultimo comma, CCII che riconosce l’esimente di natura penale alle operazioni compiute successivamente all’accettazione dell’incarico
da parte dell’esperto e il Decreto Dirigenziale che per la valutazione della utilità del finanziamento prevede nel dettaglio il contenuto del parere che l’esperto deve rendere in questa sede [20], sembrerebbero suggerire una diversa interpretazione e richiedere che l’accettazione dell’esperto invece sia condizione necessaria per presentare istanza al tribunale [21].
Con riguardo al tema sub (ii), tenuto conto della finalità perseguita dal Codice della Crisi, ossia la protezione dei valori dell’impresa, la risposta dovrebbe essere quella di ammettere più istanze di finanziamenti prededucibili, purchè ciascuna (a) contenga gli elementi necessari per dimostrare la funzionalità del rispettivo finanziamento rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori [22] (b) sia corredata di una relazione dell’esperto sull’effettiva prosecuzione delle trattative e sulla verifica tecnica anche da parte dell’ausiliario (ove nominato) circa le condizioni di strumentalità dei finanziamenti al ciclo degli approvvigionamenti e alla migliore soddisfazione dei creditori sulla base di una comparazione dello scenario di continuità e quello di liquidazione giudiziale.
Con riguardo alla tematica sub (iii) e quindi alla individuazione delle «parti interessate » è stato sostenuto che esse devono comprendere non solo i soggetti individuati dall’esperto con l’imprenditore con le quali è opportuno intraprendere trattative [23], ma anche quelle nella cui sfera giuridica potrebbero ripercuotersi direttamente gli effetti del finanziamento prededucibile [24].
Infine in merito al tema sub (iv) sulla funzionalità dei finanziamenti alle esigenze dell’impresa limitate al periodo della composizione o anche a quello successivo per l’esecuzione del piano, si ritiene preferibile un’interpretazione più ristrettiva, sia sulla base di una interpretazione sistematica dell’articolo 22 CCII, collocato prima della conclusione delle trattative (art. 23 CCII), sia argomentando dalle disposizioni del Decreto Dirigenziale che sembrerebbe limitare le necessità esclusivamente ai bisogni necessari all’impresa durante la composizione negoziata, sia infine perché i finanziamenti necessari nella fase esecutiva di un piano o di un accordo presuppongono sempre un provvedimento di omologa (art. 101 CCII) [25].
Il tribunale provvede dopo aver sentito il commissario giudiziale con decreto motivato entro dieci giorni dall’istanza, anche autorizzando, a garanzia del finanziamento, la concessione di pegno o ipoteca o la cessione dei crediti a tutela della loro restituzione. La nuova normativa ricalca il solco dei precedenti articoli 182 quater e 182 quinquies, L. fall., cercando di comporre le tematiche sorte sotto nel vigore della vecchia disciplina.
Chiarisce così che i nuovi finanziamenti possono essere concessi solo se necessari per accompagnare l’attività di impresa – anche se essa sia a sostegno di una continuità propedeutica al trasferimento dell’azienda a terzi – sino all’omologa del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione, ovvero all’apertura e allo svolgimento di tali procedure, restando inteso che la migliore soddisfazione dei creditori rimane requisito necessario.
La relazione del professionista prima e del commissario dopo, dovrà quindi (i) accertare la validità del core business, l’effettivo fabbisogno finanziario dell’impresa per il ripristino fisiologico del ciclo produttivo, conseguente alla necessità di effettuare pagamenti a fornitori strategici, dipendenti, erario e (ii) verificare che dalla continuità possa conseguirsi il miglior soddisfacimento dei creditori rispetto all’ alternativa della immediata liquidazione atomistica dei beni [27].
Il comma quinto [28] invece genera dubbi interpretativi, in parte già sorti nel vigore dell’art. 182, quater, L. fall. che non confortano chi è chiamato a erogare nuova finanza.
Tale comma stabilisce infatti che le disposizioni dei commi precedenti dell’art. 99, CCII si applicano ai finanziamenti erogati in funzione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione quando i finanziamenti sono previsti dal relativo piano e purchè la prededuzione sia espressamente disposta nel provvedimento con il quale il tribunale accoglie la domanda di ammissione al concordato, ovvero gli accordi di ristrutturazione siano omologati.
Tale disposizione lascia margini di incertezza sotto più di un profilo: il richiamo generico ai commi precedenti – sembrerebbe – imporre la richiesta di autorizzazione al tribunale, tuttavia, la prededuzione verrebbe garantita solo in presenza di precisi presupposti (previsione del finanziamento nel piano e accoglimento della domanda di concordato o omologazione degli accordi) e quindi – sembrerebbe – che a prescindere dalla autorizzazione del tribunale al finanziamento, ove la domanda di concordato non venga accolta o l’accordo non venga omologato, la prededuzione non verrebbe riconosciuta.
La previsione, oltre a non essere allineata con la previsione dell’art. 6, lett. d) CCII e con il successivo sesto comma dell’art. 99 CCII, genera ancora dubbi applicativi e non consente al finanziatore di operare in un contesto normativo chiaro e garantista, circa la sicurezza del recupero del credito in ipotesi di eventuale successiva liquidazione giudiziale. Sarebbe auspicabile un intervento chiarificatore del legislatore sul punto ad evitare la proliferazione di pronunce tra loro contraddittorie che non agevolano le finalità per le quali l’art. 99 è stato previsto.
A riguardo si segnala altro elemento di dubbio: l’art. 166, comma 3, lett. d), CCII prevede l’esenzione dalla revocatoria per i pagamenti e le garanzie posti in essere in esecuzione del concordato preventivo, del piano di ristrutturazione omologato e dell’accordo di ristrutturazione omologati, nonché per i pagamenti e le garanzie legalmente posti in essere dal debitore dopo il deposito della domanda di accesso al concordato preventivo o dell’omologa dell’accordo di ristrutturazione. Tenuto conto che l’art. 99, CCII prevede che la richiesta di finanziamenti prededucibili e la conseguente concessione di garanzie possa essere avanzata anche con l’istanza di cui all’art. 44 CCII, quindi prima del deposito della domanda di accesso al concordato o di omologa dell’accordo di ristrutturazione, sarebbe opportuna una precisazione legislativa sul punto ad evitare pronunce tra loro contrastanti che mal si addicono al risanamento virtuoso delle aziende [29].
La disposizione nasce dalla necessità condivisibile segnalata dalla giurisprudenza di legittimità circa la necessità di assicurarsi che, nonostante l’omologa, l’imprenditore resti vincolato alla attuazione degli obblighi assunti nella proposta omologata con la conseguenza che la prededuzione viene riconosciuta a tutti i crediti sostenuti per la continuazione dell’esercizio dell’impresa, senza necessità di ulteriore controllo giurisdizionale [30].
Tuttavia il piano dovrà essere basato su una valutazione ex ante dell’attestatore circa la capacità dell’impresa di generare valore, non disperdere attivi nell’arco temporale del piano e rimborsare integralmente i finanziamenti ricevuti.
Necessariamente, accanto a valutazioni di natura economico finanziaria e patrimoniale prospettica, l’attestatore – tenuto conto anche che la tardività di intervento si ripercuoterebbe sul positivo esito del piano – non potrà prescindere da una valutazione sulla idoneità degli assetti organizzativi, che necessariamente devono essere previsti nel piano, a (i) garantire la rilevazione tempestiva della crisi e (ii) predisporre quanto necessario per l’adozione delle misure necessarie a salvaguardia del piano e del risanamento in corso [31]. Ciò anche in relazione a quanto prevede l’art. 56, comma 2, lett. d), CCII (richiamato anche dall’art. 57, CCII), nonché dell’art. 87, lett. i), CCII che impone la previsione di iniziative da adottare in caso di scostamento degli obiettivi rispetto alla situazione concreta.
Un paragone viene immediato: il Codice civile, approvato nel 1942, pur integrato da successive disposizioni normative, mantiene ancora attuale la sua struttura che, non perseguendo una tecnica legislativa analitica, ma privilegiando una redazione basata sulla sintesi e su principi generali chiari e precisi, ha assicurato stabilità e garantismo [33]. Chissà se a tale tecnica vorrà fare ricorso il legislatore nel colmare le lacune ancora presenti nel nostro diritto sulla crisi di impresa.
Note:
al risanamento dovrà basarsi sullo stato delle trattative, sulla valutazione (dell’esperto e/o dell’ausiliario) circa l’effettiva presenza di un piano di risanamento serio, non ritenendosi necessaria una valutazione sulle conseguenze di una ipotetica liquidazione giudiziale e degli effetti del finanziamento eventuale sulla garanzia patrimoniale dell’impresa. Sul punto: L. Jeantet - L. Romanzi, «Composizione negoziata della crisi, stato di insolvenza e finanza prededucibile: lettura ricognitiva e spunti sistematici», in www.dejure.it.
Sul punto la giurisprudenza non è allineata e si è espressa in modo contrastante: Trib. Milano 30 marzo 2023, R.G. 53-1/2023, Estensore Dott. Pipicelli – inedita ha escluso la possibilità di applicare il terzo periodo dell’art. 54, comma 2, CCII nel contesto di cui all’art. 44, CCII, limitandosi a una interpretazione letterale della norma, mentre Trib. Locri 23 maggio 2023, R.G. 12-1-/2023 G.U. Dott. Giuseppe Cardona – inedita sulla base di un ragionamento sistematico, ha concluso in modo differente in modo da agevolare il processo di risanamento.
civilisti italiani.eu.