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Saggio

La prededuzione nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza*

Massimo Fabiani, Ordinario di diritto commerciale nell'Università degli Studi del Molise

27 Aprile 2023

*Il presente contributo è destinato al Volume “La questione distributiva nelle procedure di soluzione della crisi” a cura di Daniele Vattermoli, per Pacini Editore.
Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
L’Autore analizza i principi in tema di prededuzione dopo il Codice della crisi e rileva che la nuova norma (art. 6 CCII) consente di rafforzare la tesi della natura anche sostanziale della prededuzione.

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1 . Preambolo
Qualunque dissertazione si intenda svolgere sul tema della prededuzione all’esito della compiuta formulazione del Codice della crisi (d’ora in poi, in acronimo CCII) non può prescindere da una visione del fenomeno in ottica storica e ciò per la semplice ragione che nella legge delega n. 155/2017 il legislatore aveva dettato tra i principi direttivi quello di cui all’art. 2 lett. l), là dove invitava il legislatore delegato a “ridurre la durata e i costi delle procedure concorsuali, anche attraverso misure di responsabilizzazione degli organi di gestione e di contenimento delle ipotesi di prededuzione, con riguardo altresì ai compensi dei professionisti, al fine di evitare che il pagamento dei crediti prededucibili assorba in misura rilevante l'attivo delle procedure”.[1]
Il primo passo da compiere è quello di scoprire a ritroso come è nata la prededuzione nel nostro sistema concorsuale. A tal fine non è inutile rammentare il tessuto normativo del codice di commercio del 1882 là dove nell’art. 809 si stabiliva che nelle ripartizioni dovessero essere “dedotte” le spese di giustizia e di amministrazione. L’uso del lemma “dedotte” rappresenta il prologo della successiva espressione “prededuzione”[2] e viene trascinato sino a tempi recenti nel lessico comune[3].
La legge fallimentare modificò solo in parte il lessico del codice di commercio tanto è vero che la disposizione di cui all’art. 111 L. fall.[4] – nella versione del 1942 - (quella comunemente indicata come la matrice della prededuzione), stabiliva una priorità nelle distribuzioni fallimentari alle spese e ai debiti contratti per l’amministrazione del fallimento e per la continuazione dell’esercizio dell’impresa, senza utilizzare non solo il lemma prededuzione[5] ma neppure l’altro sintagma gergale, quello di “debiti (o crediti) di massa”. Se si osserva la norma ci si avvede che le tre cause di preferenza nella distribuzione sono disomogenee.
Le spese della procedura sono debiti contratti per lo svolgimento del procedimento di attuazione della garanzia patrimoniale. In questa ottica, è l’esistenza di un procedimento che giustifica la preferenza. Sotto questo profilo, allora, la ragione del vantaggio riconosciuto a un credito derivante dal processo non è affatto fallace. Poiché il procedimento si svolge ed è funzionalizzato al soddisfacimento dei creditori, i costi del procedimento devono essere assorbiti per primi perché senza quei costi, non esisterebbe neppure un attivo distribuibile[6]; come in una società gli utili possono essere distribuiti ai soci se i ricavi sono maggiori dei costi, allo stesso modo l’attivo liquidato può essere attribuito ai creditori soltanto se i costi per realizzarlo sono inferiori.
A questa prima ipotesi si affianca la previsione dei costi per l’amministrazione del fallimento; anche in tal caso si tratta di costi essenziali alla realizzazione e al soddisfacimento dei creditori perché solo la gestione del fallimento consente di formare un attivo ripartibile a favore di tutti i creditori. Viene messo in risalto il profilo soggettivo del curatore perché sia le spese che gli atti di amministrazione dai quali gemmano debiti sono, al fondo, di strettissima derivazione da condotte (tanto omissive che commissive) imputabili al curatore[7].
Diversa, appare, la terza ipotesi, là dove la preferenza nella distribuzione sembra derivare non già dallo svolgimento della procedura ma dalla prosecuzione dell’attività d’impresa; non è revocabile in dubbio che anche i crediti che derivano dalla continuazione dell’attività d’impresa siano meritevoli di un trattamento migliore in quanto presupposto della prosecuzione dell’impresa è, proprio, il mancato pregiudizio dei creditori. Tuttavia, qui, i crediti che maturano non sono direttamente riferibili al procedimento[8]. Se si osserva con lo sguardo del ‘poi’, forse già il remoto art. 111 L. fall. racchiudeva i presupposti per chiedersi se davvero la matrice della prededuzione fosse quella – o solo quella - processuale[9]. Infatti, già a partire dagli Anni ’70, in letteratura l’esercizio provvisorio era stato emancipato dall’idea che fosse null’altro che uno strumento di migliore liquidazione dell’attivo, per riconoscerne, invece, una chiara matrice giuscommercialistica in quanto espressione di tipica attività d’impresa[10] con la quale si voleva conservare la vitalità dell’attività, certo in vista di una proficua liquidazione, ma in un’ottica assai più imprenditoriale[11].
Certo è che la letteratura e la giurisprudenza hanno sempre continuato a ripetere che la prededuzione è una sorta di prelievo nel processo, una antergazione derivante dai costi del processo di attuazione della garanzia patrimoniale. Si sopravvalutava l’idioma “prededuzione” (come accennato privo di derivazione normativa e desunto dal gergo della prassi) e ad esso si riconnetteva il fatto che evocasse l’idea del prelievo che veniva prima degli altri[12].
La lettura delle monografie più risalenti dedicate all’argomento non lascia adito a dubbi; i debiti di massa erano identificati con quelli che sorgono dopo l’apertura della procedura concorsuale per consentirne lo svolgimento: da qui breve fu il passo per assumere la natura processuale “perché sono debiti che sorgono nella procedura e per la procedura”.[13] Sennonché e a ben vedere, già nel corpo parallelo del codice civile e della legge fallimentare qualche dubbio si poteva instillare; nel codice civile le spese di esecuzione sono assistite da una causa di prelazione (artt. 2755 e 2770 c.c.) ed i relativi crediti sono collocati (v. art. 2777 c.c.) al più alto grado, mentre le spese dell’esecuzione collettiva venivano trattate in altro modo perché antergate a tutti gli altri crediti. Già allora si poneva il tema di come raccordare un privilegio con la prededuzione.[14] La soluzione preferibile era quella di operare una distinzione temporale in base alla quale i crediti protetti dagli artt. 2755 e 2770 c.c. sono crediti che si formano prima dell’apertura dell’espropriazione perché poi anche le spese del processo esecutivo non sono più crediti privilegiati ma crediti antergati e preferiti. Se fossero crediti privilegiati si dovrebbe immaginare che il perito che ha eseguito la stima del bene pignorato debba fare domanda di intervento per essere collocato nel piano di distribuzione, ma si tratta di una tesi talmente paradossale che non se ne ritrovano tracce.
Pertanto, anche nell’esecuzione individuale esiste una dualità fra crediti privilegiati e crediti prededucibili[15].
In verità, le questioni tecniche sulla prededuzione e sul rapporto con le cause di prelazione sono antiche ma la criticità si è manifestata a partire dal momento in cui, e ci collochiamo all’incirca a metà degli Anni ’70, l’avvento della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese e il diffondersi della teoria della consecuzione delle procedure concorsuali determinarono una vera e propria esplosione dei crediti prededucibili.
2 . La prededuzione e le ragioni dell’economia nelle procedure concorsuali
Il dibattito sulla prededuzione poteva, allora, essere considerato quasi marginale sino a quando non si sono intrecciati, grosso modo nello stesso arco temporale, i due fenomeni nuovi sopra accennati[16].
Il primo era ancorato alle procedure tradizionali della legge fallimentare. In presenza di una grave crisi economica, e soprattutto occupazionale, in molti casi l’imprenditore cercava di prendere tempo ricorrendo alla procedura di amministrazione controllata; poi al termine del periodo, resosi conto dell’incapacità di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni vertendosi in situazione di conclamata insolvenza e non di semplice stato temporaneo di difficoltà, tentava la via del concordato preventivo che il più delle volte esondava in fallimento[17]; la successione di procedure non di rado fungeva surrettiziamente da ammortizzatore sociale[18]. Sennonché, la procedura di amministrazione controllata presupponeva la prosecuzione dell’attività d’impresa[19] e a tale prosecuzione era consentanea la formazione di nuove obbligazioni che potevano restare insoddisfatte, prima nel concordato e poi nel successivo, consecutivo, fallimento. È proprio in quegli anni che si diffonde prima la c.d. tecnica dell’uso alternativo delle procedure concorsuali[20] e di riflesso la teoria della consecuzione fra procedure concorsuali[21] (perpetuata nel passaggio alla nuova release del fallimento post 2005[22]), con il risultato, talora, di anticipare alcuni effetti del fallimento (in principalità la decorrenza del periodo sospetto per le azioni revocatorie) e altre volte di trascinare nell’ultima procedura gli effetti della prima; una opzione “politica”, lontana dal diritto positivo del 1942[23]. In questo scalare di procedure ecco che i debiti per l’esercizio dell’impresa durante l’amministrazione controllata ascendevano a crediti da trattare con preferenza come se fossero stati crediti contratti nell’esercizio provvisorio[24]; l’uso alternativo delle procedure concorsuali si trasformava in una sorta di “bolla” che fece deflagrare la prededuzione[25]. 
Per molti anni così non accadde, invece, al concordato preventivo perché lo si considerava uno strumento non di conservazione dell’impresa ma di liquidazione[26] e, di riflesso, non idoneo a far scaturire prededuzione[27]; le cose poi sono cambiate – nella giurisprudenza a metà degli Anni ’90[28] – dopo che già in dottrina si era affacciata qualche tesi eterodossa[29].
Parallelamente, entrava in funzione una nuova procedura concorsuale, l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, utilizzata come cuscinetto per la salvaguardia dei livelli occupazionali[30] ma gravida di irrazionale continuità d’impresa[31] generatrice di debiti (nuovi) destinati a non essere soddisfatti[32], pur se con tenacia vi era chi cercava di negare che l’amministrazione straordinaria potesse obliterare le ragioni dei creditori anteriori[33].
In questo duale climax ascendente la prededuzione ha conquistato sempre più spazi a discapito dei crediti chirografari ed anche privilegiati. Ciò nondimeno esistevano delle precise barriere volte ad impedire un accesso di massa ai crediti prededucibili; le barriere erano costituite dalla regola secondo la quale il credito prededucibile, in quanto avvinto dalla sua derivazione procedimentale, presupponeva una procedura[34], anche se di stampo non strettamente liquidatorio. Questo significava che i crediti potevano essere qualificati come crediti prededucibili soltanto se sorti in costanza di una procedura concorsuale, tant’è che le deviazioni da questo principio erano sporadiche e controvertibili, comunque giustificate non tanto dalla concorsualità quanto dalle categorie del diritto civile. Il caso era quello dei crediti derivanti dai contratti di somministrazione, là dove talora si opinava che dovessero essere considerati prededucibili anche i crediti sorti per le prestazioni effettuate prima dell’ingresso in procedura e ciò a causa della natura unitaria del contratto[35].
Col senno di poi, si potrebbe concludere che la prededuzione era divenuta pervasiva ma non ancora densa di esplosività.
3 . La prededuzione e la riforma della legge fallimentare del 2006
Il panorama muta radicalmente nel 2006 con la riscrittura dell’art. 111 L. fall. per due ordini di ragioni: da un lato trova finalmente accoglienza nel lessico del legislatore il vocabolo “prededuzione” (con le forme verbali accessorie), dall’altro lato viene disegnato il perimetro della categoria includendo tutti i crediti sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali[36].
La svolta nella storia della prededuzione si concentra nella disgiunzione “o”[37] e nel lemma in “funzione”[38]. Infatti, mentre si disegnava il perimetro della categoria, paradossalmente lo si annientava perché la nozione di funzionalità non poteva prestarsi ad essere irreggimentata entro confini ben marcati.
La funzionalizzazione del credito rispetto alla procedura concorsuale è stata, da subito, interpretata come attribuzione della preferenza per crediti sorti anticipatamente rispetto all’apertura di una procedura concorsuale[39]; dapprima lo si è inteso con riguardo ai crediti sorti durante il concordato preventivo poi sfociato in fallimento[40], di poi lo si è esteso a tutti i crediti formatisi prima della procedura[41], una estensione che mina le aspettative dei creditori anteriori perché la funzionalità opera rispetto all’insorgenza di crediti assunti al di fuori di un controllo giurisdizionale[42].
Il requisito della occasionalità è stato colto invece come dimensione temporale dell’insorgenza del credito[43], ma per taluno a condizione di una sua legittima derivazione e rispondenza agli interessi della massa[44].
La già diffusa corsa forsennata a conquistare una posizione di super preferenza nelle eventuali distribuzioni è così divenuta talmente partecipata[45] da costituire una delle primissime ragioni dei contenziosi fallimentari. Un confronto sinottico delle massime della Corte di Cassazione, ante e post 2006, dimostra proprio la deflagrazione del fenomeno.
Ancora una volta, le ragioni di questa situazione sono plurali, pur se il bacino dal quale trae fonte il contenzioso è quello dei compensi professionali relativi alle operazioni di ristrutturazione.
Da una parte si avverte che il rischio concreto di disporre al termine della procedura di risorse insufficienti per il soddisfacimento anche dei creditori privilegiati spinge i professionisti che pure godono di un privilegio di elevata collocazione nella graduazione a salire di piano per collocarsi nell’ “attico” della prededuzione. Sono oltre un centinaio le pronunce della Corte di Cassazione in tema di crediti professionali[46].
Dall’altra parte la vocazione che piano piano si diffonde sulla preferibilità di soluzioni della crisi che si fondino sulla continuità dell’attività d’impresa (v., art. 7 CCII), determina che i fornitori - di beni e di servizi e di credito (le banche) - pretendano per continuare a erogare le proprie prestazioni all’impresa debitrice una forma di garanzia legale quale è il riconoscimento della prededuzione.
La scelta su come distribuire la ricchezza di una impresa decotta dovrebbe essere compiuta all’esito di una più generale scelta di politica economica di un Paese che deve decidere dove allocare il valore, in modo da apprezzare quali debbano essere, i più alti, obiettivi di una procedura di crisi o di insolvenza[47]. Né la legge fallimentare, né talune ambiguità del codice della crisi risolvono questo dilemma, con il risultato che la distribuzione della ricchezza viene affidata in modo quasi empirico all’interpretazione, diversa da corte a corte, del requisito della funzionalità; parimenti, le procedure giurisdizionali - là dove la prosecuzione dell’attività è il mezzo per tutelare il miglior soddisfacimento dei creditori[48] -  si distaccano considerevolmente da quelle amministrative perché in queste il DNA è identificato nella scelta della conservazione dell’impresa, con una sostanziale indifferenza per le ragioni dei creditori anteriori, tant’è che il concorso, pur presente anche nell’amministrazione straordinaria, è il mezzo e non il fine del procedimento[49].
Ci si trova dinanzi ad una questione divisiva che evoca scenari molto complessi che trascendono le tecnicalità della prededuzione; peraltro, come enunciato nell’introduzione, in questa sede non si vuole prendere posizione sui requisiti o sul regime disciplinare della prededuzione (che oggi si ritrova nell’art. 222 CCII), perché l’odierno obiettivo è sol quello di stabilire la collocazione sistematica della prededuzione nelle categorie del diritto.
4 . L’irruzione delle Sezioni unite nel dibattito
I parametri concorrenti dell’utilità e della funzionalità, il rapporto tra prededuzione professionale ed esenzione dall’azione revocatoria hanno generato centinaia di pronunce della Suprema Corte sino a quando, in esito ad un conflitto interpretativo interno alla Prima Sezione, le questioni non sono state sottoposte all’esame delle Sezioni unite[50].
La sentenza n. 42093 del 31 dicembre 2021, sebbene l’esposizione sia complessa e non sempre lineare, scolpisce alcuni paradigmi destinati a replicarsi nel diritto vigente: “la formula dell’art. 161, comma 7, L. fall. per cui, nel concordato con riserva, i crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili ai sensi dell’art. 111 L. fall., induce ad una lettura di richiamo in primo luogo delle attività di amministrazione dell’impresa, ampiamente consentite al debitore – ad altri fini assolvendo peraltro il disposto dell’art. 167 L. fall., relativo all’amministrazione dei beni durante la procedura - dal deposito della domanda e sino all’omologazione”… a “tutela dei terzi che, davanti ad un imprenditore con domanda iscritta al registro delle imprese, sono incentivati a fornirgli beni o servizi non tanto funzionali all’accesso o al rafforzamento del concordato, bensì alla sopravvivenza della sua attività commerciale
In merito alla funzionalità si postula che “la funzionalità, a sua volta e come terzo parametro, esprime un’attitudine di vantaggio per il ceto creditorio, compendiato nella stessa procedura concorsuale in cui esso è organizzato, così attenendo a crediti maturati in capo a terzi, per prestazioni svolte anche prima dell’inizio della procedura (quesito vii) e perciò al di fuori di un diretto controllo dei relativi organi ma comunque in una relazione di inerenza necessaria allo scopo dell’iniziativa, più che al risultato; essa appare più appropriata ad ospitare la fattispecie di causa (quesito ii), poiché l’atto originante il credito risulta essere stato espletato proprio in vista del concordato o del suo successo”.
Ed ancora la si rapporta al fenomeno della continuità/consecuzione nel senso che “non appare dunque sufficiente che, meccanicamente, l’apporto di terzi abbia permesso l’instaurazione in sé sola considerata della prima procedura se poi essa, interrotta giudizialmente o comunque non proseguita per scelta dello stesso debitore, non realizzi alcun integrale continuum con la procedura seguente, omettendo di attuarvi altresì una riconoscibile traslazione di risorse e valori aziendali alla cui riorganizzazione in funzione concorsuale (cioè con una conduzione secondo le rispettive regole ed effetti pieni) l’apporto del terzo era stato ingaggiato e al cui obiettivo la relativa prestazione non abbia affatto contribuito; diversamente, la consecuzione tra procedure, pur sussistente quale rinnovata prosecuzione di un regime concorsuale, si evidenzierebbe come consegna programmaticamente ritardata alla procedura finale liquidatoria di un’impresa per la quale l’originario istituto concordatizio ha acquisito apporti di terzi ma non li ha trasformati in un innesto strumentale agli scopi della prima procedura, mai raggiunti e la cui finalità essenziale è quella di far decidere ai creditori, cui la proposta è diretta
Ma la decisione getta altresì un ponte con il codice della crisi quando predica che “i crediti professionali sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo nonché del deposito della relativa proposta e del piano che la correda maturano la prededuzione stessa a condizione che la procedura sia aperta (ai sensi del successivo art. 47),”; “’art. 6, comma , lett. c) ed a), a superamento delle incertezze proprie di una prededuzione funzionale generica, ne riscrive il perimetro in modo saldamente ancorato, con l’apertura della procedura (dell’art. 47 CCII) o l’omologazione degli accordi di ristrutturazione, ad una condizione cioè che irrobustisce a ritroso tutta l’attività già compiuta e strumentale al concorso, perché essa fa conseguire al relativo credito la preferenza processuale in esame sempre che l’instaurazione della concorsualità, per iniziativa volontaria, si protragga sino ad un provvedimento giudiziale positivo; l’apertura del concordato o l’omologazione degli accordi assumono così, al contempo, il significato di una conferma di adeguatezza delle prestazioni ingaggiate dal debitore rispetto alla specifica procedura concorsuale cui siano state dirette e di stabilizzazione degli stessi effetti concorsuali, solo iniziati con la domanda”. Conclusivamente «il credito del professionista incaricato dal debitore di ausilio tecnico per l’accesso al concordato preventivo o il perfezionamento dei relativi atti è considerato prededucibile, anche nel successivo e consecutivo fallimento, se la relativa prestazione, anteriore o posteriore alla domanda di cui all’art. 161 L. fall., sia stata funzionale, ai sensi dell’art. 111, comma 2, L. fall., alle finalità della prima procedura, contribuendo con inerenza necessaria, secondo un giudizio ex ante rimesso all’apprezzamento del giudice del merito, alla conservazione o all’incremento dei valori aziendali dell’impresa, sempre che il debitore venga ammesso alla procedura ai sensi dell’art.163 L. fall., ciò permettendo istituzionalmente ai creditori, cui la proposta è rivolta, di potersi esprimere sulla stessa; restano impregiudicate, da un lato, la possibile ammissione al passivo, con l’eventuale causa di prelazione e, per l’altro, la non ammissione, totale o parziale, del singolo credito ove si accerti l’inadempimento della obbligazione assunta o la partecipazione del professionista ad attività fraudatoria»; 
In un certo qual modo la soluzione cui pervengono i giudici di legittimità si allinea al nuovo formante normativo del codice della crisi[51].
5 . Prededuzione e processo
Tuttavia, prima di esaminare il nuovo sistema della prededuzione, giova ripercorrere le tappe di un lungo viaggio nel quale, sin dal testo dell’art. 111 L. fall. della legge del 1942, esistevano le suggestioni per dare alla prededuzione, in allora così non definita, una collocazione di sistema diversa da quella di preferenza meramente processuale[52] e non contaminata dalla diffusa convinzione che i due mondi fossero separati, inter alia, anche dal fatto che nell’esecuzione individuale le spese sono anticipate dal creditore procedente[53]. Affermazione di per sé incontrovertibile e tuttavia priva di significatività se si pensa al fatto che quelle spese, poi, vanno a gravare sulla massa disponibile e quindi, sebbene solo al momento della distribuzione, il tema della prededuzione torna prepotentemente all’attenzione.
Però, si è detto, la vocazione processuale era giustificata dalla circostanza empirica che nella maggior parte dei casi i crediti a cui attribuire la preferenza erano strettamente inerenti allo svolgimento della procedura, così tanto da far coniare il termine “procedurale”[54].
Sennonché, nel momento in cui la preferenza viene assegnata a crediti che sorgono, dentro o fuori la procedura poco importa, perché l’impresa prosegue e nuovi rapporti obbligatori si formano, ci si doveva chiedere se davvero la preferenza potesse essere riconosciuta per ragioni processuali.
Forse per “comodità”, forse per esigenze di semplificazione, forse solo per mancata volontà di approfondire la questione, si è trascinata sino alla attualità la convinzione secondo la quale la prededuzione e le cause di prelazione sarebbero istituti non comunicanti[55]. Giova riportare un recente arresto della Suprema Corte - per cogliere quali siano le radicate convinzioni senza una adeguata riflessione – là dove si è affermato: “Nelle procedure concorsuali, compresa quella di concordato, la prededuzione attribuisce non una causa di prelazione ma una precedenza processuale, in ragione della strumentalità dell'attività, da cui il credito consegue, agli scopi della procedura, onde renderla più efficiente, atteso che, mentre il privilegio, quale eccezione alla par condicio creditorum, riconosce una preferenza ad alcuni creditori e su certi beni, nasce fuori e prima del processo esecutivo, ha natura sostanziale e si trova in rapporto di accessorietà con il credito garantito poiché ne suppone l'esistenza e lo segue, la prededuzione – che, per la differenza del piano su cui opera rispetto al privilegio, può aggiungersi alle cause legittime di prelazione nei rapporti interni alla categoria dei debiti di massa, quando vi sia insufficienza di attivo e sia necessario procedere ad una gradazione pure nella soddisfazione dei creditori prededucibili – attribuisce una precedenza rispetto a tutti i creditori sull'intero patrimonio del debitore e ha natura procedurale, perché nasce e si realizza in tale ambito e assiste il credito di massa finché esiste la procedura concorsuale in cui lo stesso ha avuto origine, venendo meno con la sua cessazione.”[56]
Il tema è stato trattato anche dalle Sezioni unite ma in modo superficiale come se fosse scontato[57].
Ciascuna delle singole proposizioni sopra precisate parrebbe, di per sé, inappuntabile, se non fosse che con una lettura trasversale e più in profondità ci si avvede che la gran parte delle postulazioni racchiude una petizione di principio e dà per provato ciò che invece va dimostrato. 
Le proposizioni, tratte dalla motivazione della decisione, sono:
(i) “L'istituto si differenzia radicalmente dal privilegio”. È sin troppo ovvio che questa affermazione di per sé non assume alcuna decisività e va, comunque, dimostrata.
(ii) “Il privilegio infatti è una prelazione accordata in considerazione della causa del credito, ex art. 2741 co. 2, c.c., e art. 2745 c.c., e consiste in una qualità del credito che, in caso di concorso con altri creditori nell'esecuzione forzata, consente una soddisfazione prioritaria; la prededuzione invece è un'operazione di prelevamento che si realizza tramite la separazione delle somme necessarie per la copertura delle spese della procedura dal ricavato dell'espropriazione forzata dei beni del debitore”. In questa frase si annidano alcune verità; la prededuzione è una operazione di prelevamento nel senso che prima si soddisfano i creditori prededucibili, ed è una operazione extra riparto per ciò che attiene alle spese della procedura che, come si è visto, costituiscono una categoria ad hoc delle prededuzioni. 
(iii) “Dunque il primo, quale eccezione alla par condicio creditorum, riconosce una preferenza ad alcuni creditori e su certi beni, nasce fuori e prima del processo esecutivo, ha natura sostanziale e si trova in un rapporto di accessorietà con il credito garantito, poiché ne suppone l'esistenza e lo segue; la seconda, diversamente, attribuisce una precedenza rispetto a tutti i creditori sull'intero patrimonio del debitore, ha natura procedurale perché nasce e si realizza in tale ambito e assiste il credito di massa finché esiste la procedura concorsuale in cui lo stesso ha avuto origine, venendo meno con la sua cessazione”. Qui, invece, si colgono le distorsioni interpretative derivanti da una inadeguata riflessione. Infatti, quando si sostiene che la prededuzione viene meno con la cessazione della procedura, ci si dimentica che anche il privilegio, in realtà, non ha alcun significato fuori da una procedura di concorso. Certo, c’era (o meglio si assumeva l’esistenza di) una differenza (differenza soppressa dal codice della crisi, v., infra), perché il credito privilegiato tale sarà anche in una qualunque successiva procedura esecutiva, mentre parrebbe che così non fosse per la prededuzione; si è usato il condizionale perché, invece, con la sesta proposizione, il vincolo di accessorietà viene smentito, quanto meno, nel caso della consecuzione di procedure.
(iv) “E la diversità di piani su cui i due istituti operano è evidente ove si consideri che la prededuzione può aggiungersi alle cause legittime di prelazione nei rapporti interni alla categoria dei debiti di massa (potendosi ipotizzare l'esistenza di crediti prededucibili privilegiati o anche garantiti da ipoteca), quando vi sia insufficienza di attivo e sia necessario procedere a una gradazione pure nella soddisfazione dei creditori prededucibili.” Il fatto che la qualità della prededuzione sia aggiunga alle cause di prelazione non sembra decisivo, perché esiste già il concorso di cause di prelazioni sullo stesso credito, come è dimostrato dal fatto che i crediti muniti di privilegio possono essere garantiti anche col pegno o con l’ipoteca. L’addizione di cause di preferenza non è, dunque, esclusivo delle prededuzioni.
(v) “La prededuzione attribuisce quindi una precedenza processuale, in ragione della strumentalità dell'attività da cui il credito consegue agli scopi della procedura, onde renderla più efficiente”. È vero che la prededuzione si connette ad una ragione di strumentalità, ma questa strumentalità talora è legata alla procedura, ma più spesso è legata all’impresa.
(vi) “Questa precedenza viene accordata al credito non sempre e comunque, ma all'interno dell'ambito processuale in cui lo stesso ha avuto origine e a condizione che in quell'ambito si rimanga.” In questa prospettiva il fenomeno della consecuzione delle procedure concorsuali costituisce l'unica alternativa al venir meno della prededuzione con l'esaurirsi della procedura e consente il permanere della precedenza riservata al credito di massa anche al di fuori dell'ambito procedurale in cui è sorto e a seguito del suo esaurirsi. La collocabilità in prededuzione in una seconda procedura di crediti caratterizzati secondo la tripartizione della L. Fall., art. 111 e conseguenti a un'attività svolta in una procedura antecedente postula perciò un accertamento di consecutività tra i procedimenti susseguitisi fra loro.”
Una volta stabilito che già nella tessitura normativa della legge fallimentare si poteva fondatamente dubitare della esattezza della tesi più condivisa, si tratta, ora, di vedere se, invece, la prededuzione non possa, con maggiori certezze, emanciparsi dal processo e se a questo approdo non possa essere di ausilio il nuovo regime disciplinare previsto nell’art. 6 CCII.
Nella comune e condivisa accezione, il privilegio – che si sostanzia in un diritto di prelazione sul ricavato rispetto agli altri creditori - è una preferenza accordata ad un credito in relazione alla causa giustificativa della ragione di credito[58].
Con una scelta discrezionale e non sindacabile dalla giustizia costituzionale il legislatore decide di attribuire a determinate tipologie di crediti il diritto ad essere preferiti rispetto ad altri crediti[59]. Si tratta di una scelta che dovrebbe essere rigidamente causale, e non casuale come spesso è accaduto e come è parimenti accaduto anche nel caso “mitico” della prededuzione assegnata ai coltivatori di bietole[60]; in verità la pluralità delle cause di prelazione legale è così frammentata che ogni tentativo di giungere ad una classificazione per categorie economiche di privilegio[61] non può che sortire un esito meramente descrittivo.
È noto a tutti che nel corso del tempo il legislatore ha incrementato sempre di più le cause di prelazione senza estrarne alcuna; il risultato è stato quello che alcuni crediti sono stati spinti verso il basso nella graduatoria (e sono divenuti a rischio incapienza quasi al pari dei creditori chirografari) ed altri, per essere davvero preferiti, sono stati spinti verso l’alto con la formula “sono preferiti ad ogni altro credito…”[62].
La sfera dei privilegi è così ingolfata e affastellata in una miriade di leggi complementari che l’Esecutivo, nel varare il decreto legislativo delegato in attuazione della legge delega 155/2017 non ha avuto la forza (forse anche politica perché ci si trova nelle sabbie mobili degli interessi corporativi che pervadono il nostro Paese) di dare attuazione al principio contenuto nell’art. 10 che prevede(va) “il Governo procede al riordino e alla revisione del sistema dei privilegi, principalmente con l'obiettivo di ridurre le ipotesi di privilegio generale e speciale, con particolare riguardo ai privilegi retentivi, eliminando quelle non più attuali rispetto al tempo in cui sono 
state introdotte e adeguando in conformità l'ordine delle cause legittime di prelazione” e decimare l’ipertrofia del sistema[63].
Tuttavia, ferma è la radice del privilegio: la causa dell’obbligazione. Il privilegio si esercita solo all’interno di un processo esecutivo (singolare o collettivo)[64] e solo nel concorso di più creditori[65], ma è istituto proprio delle categorie del diritto civile; il privilegio esiste, per legge o per convenzione, prima del concorso[66]; non esiste poi, un privilegio esteso su tutto il patrimonio, ma se mai, sul patrimonio mobiliare e poi con collocazione sussidiaria sul patrimonio immobiliare come accade per talune categorie di crediti ai sensi dell’art. 2776 c.c.[67] Sono notazioni corrette e suffragate dalla legge, ma non paiono davvero decisive se si guarda alla sostanza del fenomeno: fra il credito prededucibile che si esercita su tutto il patrimonio (ad eccezione dei beni ipotecati e pignorati) e il credito privilegiato che si esercita sul patrimonio mobiliare e si colloca sussidiariamente su quello immobiliare non vi sono effettive distanze (anche se la collocazione sussidiaria è postergata ai privilegi immobiliari).
La prededuzione nella accezione convenzionale è, invece, una sorta di prelievo (antergazione) che si dispone sull’attivo che deve essere distribuito ai creditori; il fatto è che il meccanismo del prelievo non esaurisce il significato e la portata della prededuzione, posto che predicare che la somma può essere prelevata dice poco, perché ciò che davvero conta è se il prelievo è giustificato dall’esistenza di una obbligazione e se l’obbligazione sussiste davvero non si comprende come l’esaurimento della procedura possa condurre all’annientamento del credito e della preferenza. Anche la prededuzione si esercita solo all’interno di un processo – collettivo secondo alcuni[68], ma anche singolare secondo altri[69] – e solo nel concorso[70] di più creditori[71], ma è (recte, sarebbe) istituto delle categorie del processo civile perché non interessa la causa dell’obbligazione ma solo l’inerenza al procedimento espropriativo[72]. 
Questa dualità, in presenza di una tessitura normativa profondamente diversa da quella del 1942, non può più essere condivisa; l’assioma “la prededuzione nasce nell’ambito di una procedura concorsuale”[73] è ormai privo di effettivi referenti normativi.
Quando la legge attribuisce una preferenza non già perché un certo credito deriva da una determinata fonte obbligatoria meritevole, ma perché un certo credito è funzionale alla prosecuzione dell’attività d’impresa si avverte che questo credito riceve un trattamento migliore in considerazione della sua formazione economica nella dinamica dell’impresa e non già perché collegato ad un processo, una dinamica nella quale il centro dell’attenzione si è già spostato dall’imprenditore all’impresa[74]; che si possa dare rilievo alla formazione economica del credito non è una fuga in avanti perché è lo stesso legislatore che, per diritto positivo, dà risalto agli interessi economici omogenei quali sintomi che giustificano la suddivisione di creditori in più classi[75]. 
In questa cornice è più che ragionevole distaccarsi dalle categorie del passato e apprezzare il fatto che ai fini dei concordati si possano valutare e valorizzare interessi economici quali sono quelli al trattamento preferenziale-prededucibile in un contesto non dissimile dalla tassonomia dei privilegi. Ed infatti, al pari della meritevolezza degli interessi che è la ragione di attribuzione dei privilegi, il legislatore mostra la consapevolezza della creazione di diritti diseguali[76] in funzione dell’obiettivo della procedura di concorso, la cui cifra della diseguaglianza altro non è che un diverso modo di vedere la meritevolezza.
La preferenza afferisce all’obbligazione non perché sia meritevole la fonte ma perché è meritevole la ragione per la quale l’obbligazione si è formata e questa ragione è la continuazione dell’attività. Non una continuità fine a sé stessa, ma una continuità diretta, tanto nell’esercizio provvisorio (art. 211 CCII) - declinato in modo lessicalmente diverso – quanto nel concordato preventivo (artt. 84 e 87 CCII), destinati a non creare pregiudizio ai creditori[77].
Il distacco dalla matrice processuale lo si apprezza perché la preferenza si stabilisce in ragione della inerenza del credito all’attività d’impresa e quindi non è il processo espropriativo la giustificazione della preferenza. È ovvio che la prededuzione si eserciti, poi, solo nel processo, ma questo accade parimenti per le cause di prelazione, talché il processo non è più la fonte della preferenza ma il luogo dove la preferenza si fa valere.
È utile chiarire, però, che questa diversa collocazione funzionalistica va riconosciuta solo ad una porzione dei crediti prededucibili e cioè non a quelli che afferiscono alla gestione del procedimento, attività diversa dalla gestione dell’impresa. Solo al modo di un esempio, i costi di gestione degli organi della procedura sono fonte di obbligazioni che ineriscono al processo e che pertanto restano con una collocazione differente rispetto alla categoria civilistica delle prelazioni.
Il credito che sorge in funzione dell’attività dell’impresa è allora un credito prededucibile perché così la legge lo qualifica, ma nella sostanza si apprezza come un superprivilegio (v., infra) – non sottoposto alla regola di cui all’art. 2777, comma 3, c.c. – che trova la sua fonte non nella causa ma nella funzione del credito.
Questa lettura già consentita dalla normativa della legge fallimentare[78] – sebbene all’esito di uno slalom fra molti ostacoli - trova ancor più consistenti appigli nel codice della crisi.
6 . La prededuzione nel codice della crisi
A differenza dalla non attuata potatura dei privilegi, l’Esecutivo ha cercato di applicare il principio di delega con una disposizione assurta alla partizione del codice della crisi dedicata ai principi generali[79]. 
Forse questa traslazione non è stata ben colta dai primi interpreti[80] ma assume un significato rilevantissimo.
Il trattamento dei crediti prededucibili è rimasto allocato nella parte del codice destinata ai riparti nella liquidazione giudiziale (art. 222 CCII) e nel concordato preventivo (art. 98 CCII)[81], ma la categorizzazione della prededuzione è stata sottratta alla Sezione del codice che si occupa dei riparti ed è stata a sua volta antergata fra i principi generali. Già questa variante topografica agevola il progredire della estraniazione della prededuzione dal processo, ma è soprattutto il nuovo perimetro della prededuzione che contribuisce al distacco dalla sfera processuale. 
Prima di apprezzarne la portata è però necessario fare una precisazione; infatti, se si analizza l’art. 6 CCII ci si avvede che è stata soppressa la c.d. “prededuzione funzionale” generica ovverosia sono state soppresse tutte quelle prededuzioni che a mente dell’art. 111, comma 2, L. fall. si possono formare prima dell’apertura della procedura. La “prededuzione funzionale” è stata collocata, nel D.Lgs. 14/2019, in una nicchia dedicata ai professionisti, nel senso che solo ai professionisti – pur con limitazioni e condizioni – è attribuita la preferenza per crediti afferenti a prestazioni professionali svolte prima dell’apertura della procedura[82]. La “prededuzione funzionale” trova, poi, un ulteriore spazio con riguardo ai finanziamenti “ponte” ripristinati nell’art. 99, comma 5, CCII.
Orbene, la scomparsa della “prededuzione funzionale” generica non può essere utilizzata come argomento contrario alla tesi che qui si sostiene, per la semplice ragione che ciò che il legislatore ha eliminato è la funzionalità anticipata, ma non già la funzionalità interna alla procedura. Ne è chiara testimonianza la locuzione (attributiva della prededuzione) secondo la quale la preferenza spetta “ai crediti legalmente sorti durante le procedure concorsuali per la gestione del patrimonio del debitore e per la continuazione dell’esercizio dell’impresa”. 
Pertanto, la preferenza si connette alla gestione di un patrimonio e non alla gestione di un procedimento, differenza già evidenziata nei superiori paragrafi; parimenti, si connette alla continuità nella gestione dell’impresa. Ambedue sono ipotesi di preferenza funzionali alla gestione di un patrimonio dinamico e sono distanti dal processo.
Tuttavia, la conferma della tesi qui predicata la si rinviene nel co. successivo, nella parte in cui si prevede “la prededucibilità permane anche nell’ambito delle successive procedure esecutive o concorsuali”. In questo modo si slaccia la prededuzione dal processo, perché la prededuzione permane anche in un diverso e successivo processo[83].
Tale previsione smarca definitivamente la prededuzione funzionale dalle categorie del processo e la inclina decisivamente verso le categorie del diritto civile[84].
Infatti, se la disposizione avesse limitato la permanenza della prededuzione ad altre successive procedure si sarebbe potuto ritenere che il legislatore, pur con una formula diversa e un poco eterodossa, avesse voluto reiterare la teoria della consecuzione fra procedure[85]; in tale cornice, sarebbe rimasto il profilo della inerenza processuale sebbene spostata ad altro procedimento. 
Lo scenario è del tutto differente con l’estensione della prededuzione alle procedure esecutive singolari successive.  Questa formula sembra smarcare la “successiva procedura” dalla “procedura consecutiva”, nel senso che il rango prededucibile una volta che è stato conquistato dal creditore non evapora anche se una procedura successiva interviene a distanza di tempo e senza una successione nella medesima crisi[86]. Il fatto che si parli di procedura non è affatto stonato per la semplice ragione che una preferenza sul credito assume rilievo solo all’interno di una procedura di concorso (anche singolare).
Il caso più probabile è quello del professionista che assiste il debitore in un accordo di ristrutturazione. L’art. 6 CCII, pur se solo al 75%[87], gli riconosce la prededuzione funzionale; si immagini che dopo l’omologazione l’accordo non abbia un esito positivo e che, però, in assenza di domande per l’apertura della liquidazione giudiziale, il patrimonio del debitore, dopo l’inibitoria, torni ad essere aggredibile. Il professionista del debitore avvia l’azione l’esecutiva ed in essa confluiscono altri creditori, magari muniti di privilegio. Ecco che, la nuova regola attribuisce al professionista una preferenza che è stata ormai conquistata e che prescinde totalmente dal procedimento concorsuale. Non si vede come questa preferenza non sia munita di tutte quelle caratteristiche proprie del privilegio.
La ragione della preferenza è aver dato affidamento al debitore per favorire una soluzione regolativa della crisi e questo comportamento è meritevole; la meritevolezza, lo si rammenta, è proprio la causa fondativa del privilegio.
7 . La comparazione nel regime disciplinare tra vecchie e nuove regole
Da un esame comparativo tra la legge fallimentare ed il codice della crisi si ricava una soluzione di continuità anche in relazione alle singole fattispecie regolate oltre che rispetto alla norma generale di cui all’art. 6[88].
Ed infatti, possiamo notare come la prededuzione sia divenuta recessiva persino in relazione ai contratti pendenti, cioè uno dei terreni più fecondi e da più lungo tempo (già prima del 2006) praticati nel processo di espansione della prededuzione. La decisione del subentro del curatore in un contratto pendente portava con sé la prededuzione anche riferita a prestazioni erogate prima del fallimento (art. 74 L. fall.). La permanenza dell’occupazione nell’immobile locato determinava, in caso di successivo rilascio, anticipato rispetto alla scadenza del contratto di locazione, l’attribuzione della prededuzione al locatore per l’indennizzo (art. 80 L. fall.); un regime poi esteso all’affitto di azienda (art. 79 L. fall.).
Orbene, tutte queste prededuzioni sono state soppresse ed i crediti relativi trovano collocazione chirografaria. Si tratta di una soluzione che appare in armonia rispetto alla conformazione dell’art. 6 CCII con riguardo ai crediti maturati prima della procedura essendo venuto meno il criterio generale della funzionalità. Diverso è il discorso per quanto pertiene agli indennizzi perché questi si riferiscono ad atti legalmente compiuti dal curatore, e cioè la decisione di sciogliersi da un contratto di durata. 
Se l’indennizzo avesse una connotazione risarcitoria non vi sarebbe dubbio che ben si potrebbe applicare la regola di cui all’art. 172 CCII a tenore della quale la liquidazione giudiziale non è fonte di risarcimento del danno; sennonché, nel momento in cui, invece, si prevede un indennizzo la soluzione dell’appostazione col rango chirografario del credito del contraente in bonis appare contraddittoria.
Oltre ad una sensibile recessione delle ipotesi di prededuzione, va segnalata una, forse ancor più significativa, varianza: la prededuzione instabile e cioè quella che assiste i finanziamenti di cui agli artt. 99 e 101 CCII. 
In tali disposizioni, infatti, si stabilisce che in caso di successiva liquidazione giudiziale (non anche altra procedura concorsuale, stando al tenore letterale della regola) la prededuzione non deve essere riconosciuta quando la richiesta del debitore o l’attestazione sono false o in frode ai creditori e tali circostanze sono note al finanziatore. Si tratta di un consistente indebolimento della prededuzione[89] perché il credito prededucibile dovrebbe essere quanto più possibile “sicuro”. Sennonché, per converso, occorre prudenza nella attribuzione di una preferenza, sì che la norma se sarà interpretata con equilibrio potrà essere effettivamente un giusto compromesso fra opposte esigenze.
Ed ancora si può prendere posizione sulla questione della afferenza della prededucibilità alla fase di esecuzione del concordato preventivo. Sul tema è noto l’indirizzo giurisprudenziale in base al quale tutte le obbligazioni successive all’omologazione generano crediti prededucibili in un eventuale fallimento (ora liquidazione giudiziale)[90]. Si tratta, però, di una interpretazione ampiamente controvertibile [91].
Giova, innanzi tutto, tenere ben distinti i crediti successivi. La prima categoria di crediti posteriori alla omologazione è costituita dai crediti che attengono alla esecuzione della proposta concordataria nella misura in cui sono correlati al procedimento: è il caso dei compensi degli organi del concordato e quindi anche del liquidatore giudiziale[92] (ma non solo, perché tale voce dovrà ricomprendere anche tutto quanto pertiene ai costi di liquidazione, ivi compresi i compensi dei legali e dei vari consulenti del liquidatore giudiziale).
Assai più delicata ed oggettivamente controversa è la riconoscibilità del rango prededuttivo a crediti sorti per atti compiuti dal debitore dopo l’omologazione; in passato si riteneva che la prededuzione potesse venire attribuita sul presupposto della funzionalità dell’atto[93] ma, come si è enunciato, la funzionalità è scomparsa dal raggio d’azione della nuova prededuzione.
Il dubbio relativo alla prededucibilità dei crediti posteriori muove dal fatto che in costanza di procedura (e cioè dalla pubblicazione del ricorso alla omologazione della proposta) esiste un sistema che vede giustapporsi alla vigilanza del commissario giudiziale (art. 92, comma 3, CCII) una serie di controlli del giudice (v., artt. 46 e 94 CCII). Poiché i crediti prededucibili assorbono o addirittura prosciugano le aspettative di soddisfacimento dei crediti anteriori è evidente che la prededucibilità non può affermarsi in assenza di un controllo, preventivo o postumo; queste sono le linee direttrici espresse dal nuovo art. 6 CCII.
In questa cornice, le obbligazioni contratte dal debitore dopo l’omologazione possono prevalere sui diritti dei creditori anteriori solo quando vi sia stato, preventivamente, un controllo del giudice e questo controllo si sostanzia nella sentenza di omologazione. Pertanto, dalle obbligazioni programmate nel piano possono germinare crediti prededucibili.
Questa postulazione ci pare, tutto sommato, di agevole applicazione ai concordati che non si fondino su piani di ‘continuità diretta’, in quanto le obbligazioni future possono essere misurate in anticipo ed eventualmente gestite con la costituzione di ‘fondi’ a copertura di questi costi, imputabili al debitore.
Assai diverso è il discorso che attiene alla continuità diretta. Ci pare che parlare di prededuzione possa risultare fuorviante perché la prededuzione è collegata ad un processo ed a un patrimonio cui inerisce.
Orbene, nella continuità diretta l’attività d’impresa genera flussi: questi flussi sono, per logica razionalità, prima al servizio della produzione del reddito e poi al servizio del debito (anteriore). Ne è precisa conferma l’art. 84 CCII nella parte in cui stabilisce la c.d. regola di priorità relativa al valore eccedente quello di liquidazione[94]. I flussi destinati al servizio del debito sono i flussi netti del risultato dell’attività economica e non v’è dubbio che siano il provento dell’utile dedotti i costi di produzione, che altro non sono che le obbligazioni che sgorgano nell’esecuzione del concordato. Non dovremmo nutrire dubbi sul fatto che queste obbligazioni vadano adempiute per prime, posto che se i debiti della continuità non vengono pagati, tanto meno possono essere pagati i debiti anteriori (ovviamente lasciando da parte i frutti derivanti dalla liquidazione dei beni che non servono alla continuità): sul patrimonio nuovo generato dalla continuità non solo i creditori nuovi hanno aspettative[95] ma concorrono per primi, fintantoché prosegue il concordato.
Il dubbio che, invece, persiste riguarda la circostanza del loro destino una volta che il concordato non sia regolarmente eseguito e ad esso consegua la liquidazione giudiziale: si pone, infatti, in tal caso l’interrogativo se questi debiti insoddisfatti nella successiva procedura liquidatoria possano giovarsi del rango della prededuzione. Il perimetro dell’art. 6 CCII ci sembra configurato in modo un po’ troppo angusto per includervi questi ulteriori debiti. Se, allora, il dato normativo (espunta la funzionalità)[96] inclina a reputare non prededucibili tali debiti, è utile verificare dal punto di vista degli obiettivi se la soluzione sia razionale o irrazionale. A prima vista potrebbe apparire irrazionale perché i soggetti interessati potrebbero reputare eccessivamente rischioso concedere nuovo credito (nel senso più lato, e non solo, finanziario) in assenza della tutela della prededuzione.
Tuttavia, ci pare che il ragionamento possa essere rovesciato: se i nuovi potenziali creditori non sono soddisfatti è preferibile che la continuazione dell’attività venga interrotta il più rapidamente possibile perché l’evento dannoso che deve essere evitato è quello di bruciare ricchezza. In tale ottica, è meglio arrestare la formazione di nuovi debiti piuttosto che riconoscere a questi il vantaggio della prededuzione nella successiva liquidazione giudiziale; d’altra parte, i nuovi creditori non soffrono limitazioni esecutive sul nuovo patrimonio e possono anche chiedere, in caso di inadempimento delle obbligazioni, la liquidazione giudiziale dell’impresa con l’effetto di concorrere con i creditori anteriori senza transitare dalla risoluzione del concordato e dunque con le obbligazioni anteriori conformate dalla sentenza di omologazione: nel concreto, i creditori nuovi concorrono su tutto il patrimonio del debitore, una volta aperta la liquidazione giudiziale, con l’intero loro credito (chirografario o privilegiato), mentre i creditori anteriori concorrono con il credito falcidiato. Si tratta di un ‘onorevole’ bilanciamento di interessi senza che occorra assegnare la prededuzione ai creditori posteriori.
8 . Il perimetro delle procedure cui afferisce la prededuzione
Resta, ancora, da trattare il tema del perimetro di applicazione della prededuzione: in particolare, oggetto di dibattito è l’ampiezza di questo perimetro e cioè l’indagine pertiene alla selezione di ciò che può essere inteso come procedura concorsuale. Non si vuole, in questa sede, rinfocolare un dibattito che ci ha visti largamente “soccombenti” e tuttavia anche il nuovo tessuto normativo non pare così ben strutturato da consentire una cristallina definizione e descrizione di procedura concorsuale.
È, dunque, utile fornire una immagine descrittiva di ciò che intendiamo per procedura concorsuale allo scopo di verificare se tutti gli strumenti di regolazione della crisi vi rientrino oppure no, con la conseguenza, già anticipata, che se ne rimangono estranei, di riflesso i principi fondamentali della concorsualità, o comunque, taluni di essi, non troveranno per essi applicazione; fornire la definizione di procedura concorsuale è importante perché il diritto positivo lo richiede (cfr., artt. 2486 e 2499 c.c. o, all’interno del codice della crisi l’art. 6).
Prima di descriverne i connotati qualificanti è d’uopo porre un regolamento di confini. È vero che esistono anche altri procedimenti (ritenuti) concorsuali (vengono di solito evocati quelli correlati all’eredità giacente - art. 530 c.c. -, al debito dell’armatore - art. 620 cod. nav. -, alla liquidazione delle persone giuridiche - art. 16 disp. att. c.c.-), ma quelli di cui ci si vuole occupare possiedono come tratti distintivi la tipologia del soggetto (l’imprenditore commerciale o altre soggettività tipicizzate) ed una patologia oggettiva (variamente intesa). 
Questi tratti che dovrebbero connotare indistintamente le procedure sono: 
a) la previsione di un accertamento di una situazione di patologia dell’impresa (insolvenza, crisi, irregolarità);
b) la previsione che l’accertamento sia rimesso all’apprezzamento di una autorità pubblica (giurisdizionale o amministrativa); 
c) la previsione dell’affidamento della gestione – o di un controllo sulla gestione – ad un organo nominato dall’autorità pubblica; 
d) la previsione del coinvolgimento dell’intero patrimonio dell’imprenditore nella gestione sostitutiva (con poche e non rilevanti deroghe);
e) la collettivizzazione delle tutele e l’inibizione alla creazione di posizioni di preferenza (divieto di azioni esecutive e controllo sull’acquisizione di cause di prelazione); 
f) l’applicazione tendenziale delle regole di parità di trattamento nel quadro di regole di distribuzione del valore; 
g) l’imposizione di un vincolo sui beni del debitore con formazione di una massa funzionalizzata alla soddisfazione dei creditori.
Di recente, il giudice di legittimità[97] ha optato per una nozione assai lata di procedura concorsuale, assumendo che già la sola imposizione di un divieto di azioni esecutive dei creditori possa costituirne tratto caratterizzante.
È sin troppo ovvio che in assenza di una definizione normativa di procedura concorsuale[98], non rintracciabile nell’art. 2 CCII, sia compito dell’interprete fornire una definizione. Orbene, ci pare che alcuni dei tratti qualificanti che sono stati sopra enunciati non possano in alcun modo essere elusi: (i) da una parte quando si utilizza il termine “procedura” non si può fare a meno di un procedimento governato da una autorità pubblica (giudiziaria o amministrativa); (ii) dall’altra parte, quando si parla di concorso non si può fare a meno della presenza di una regola distributiva, nel senso che è la legge che stabilisce come debbano essere distribuite le risorse, pur quando vi sia un accordo tra debitore e creditori.
In tale contesto si può proporre una suddivisione di questo tenore: un primo plesso è costituito dalle procedure di concorso[99], mentre un secondo plesso è costituto da una variegata serie di istituti, talora procedimentalizzati, nei quali le tutele vengono collettivizzate, si apre un concorso tra i creditori ma le regole di distribuzione non sono imposte. Non v’è dubbio che, rispetto al passato, i contorni siano meno nitidi e che i procedimenti regolatori della crisi siano divenuti più “liquidi”[100]; tuttavia, non si può ancora rinunciare a tenere distinte le procedure concorsuali dagli altri percorsi volti a regolare la crisi.
In tale cornice, l’art. 6 CCII resta estraneo al piano di risanamento attestato, alla convenzione di moratoria e, nonostante il diverso comune sentire, all’accordo di ristrutturazione (salvo che per quanto riguarda i compensi e i finanziamenti), al contrario del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione perché la libertà di distribuzione del valore che l’art. 64 bis CIII riconosce al debitore è pur sempre frutto di una regola condivisa con i creditori che sono chiamati ad approvare il piano. In sostanza, il criterio distributivo è costituito da una regola pattizia e ciò lasciando in disparte il fatto che, comunque, qualche regola distributiva di fonte legale persiste, quella ad esempio in tema di trattamento dei crediti dei lavoratori dipendenti.
9 . Dal privilegio alla prededuzione e al superprivilegio
Gli argomenti volti a riconoscere nella prededuzione funzionale un superprivilegio sembrano molto solidi[101]. Vero è, tuttavia, che il codice della crisi continua a parlare di prededuzione e non di superprivilegio, sì che un interprete prudente non può non tener conto di una scelta siffatta.
Si potrebbe concludere nel senso che il legislatore ha dato una spallata alla prededuzione in direzione dei privilegi, ma ha trattenuto la forza della spallata: è, allora, compito dell’interprete dare una forma a questa nuova prededuzione. Per farlo, la soluzione migliore è quella di ripudiare la piatta assimilazione della prededuzione ai privilegi per verificare, invece, quali regole dettate per i privilegi si possano applicare per analogia anche alle prededuzioni. 
Una regola dettata per i privilegi si applica alle prededuzioni non per intuizione dell’interprete ma per precisa scelta del legislatore quando nell’art. 222 CCII si stabilisce che “Se l'attivo è insufficiente, la distribuzione deve avvenire secondo i criteri della graduazione e della proporzionalità, conformemente all'ordine assegnato dalla legge”[102]. I crediti prededucibili sono crediti come gli altri, sottoposti anch’essi alla regola del concorso.
Non diversamente, come il codice della crisi disciplina la quantità per la quale i crediti privilegiati partecipano al concorso (in ragione, in particolare degli interessi), così pure la stessa legge ordina la quantità di soddisfacimento dei crediti prededucibili stabilendo che vanno soddisfatti per capitale, spese e interessi (v., art. 222 CCII).
In modo analogo, così come l’art. 2748 c.c. ordina i rapporti fra cause di prelazione di diverso tipo, privilegi da una parte e pegno e ipoteca dall’altro, l’art. 222 CCII stabilisce un criterio di priorità fra prededuzioni e pegno e ipoteca, criterio, però, già discusso prima in dottrina[103].
Ed ancora, è la legge che concorsualizza i crediti prededucibili destinati ad essere inclusi nei piani di riparto, salvo alcune eccezioni (art. 222 CCII)[104].
L’ulteriore profilo di assonanza è costituito dal luogo ove tali crediti debbono essere accertati (v., art. 151 CCII), visto che il principio del concorso formale, in disparte un paio di eccezioni, si applica anche ai crediti prededucibili.
Come si nota, esiste già un regime disciplinare che applica alla prededuzione alcune regole in materia di privilegi. 
Nonostante i giudici di legittimità continuino a ribadire che prededuzione e privilegi sono qualità diverse, altre volte sono state applicate regole dei privilegi alla prededuzione[105].
Il nuovo assetto del codice della crisi non può che rafforzare questa compatibilità fra regime dei privilegi e regime delle prededuzioni funzionali.
Forse potrà apparire bizzarro che sino ad ora, nel discutere di privilegi e di prededuzione non vi sia stato nessun cenno, neppur fugace, alla par condicio creditorum. Si potrebbe, infatti, essere portati a ritenere che il comune denominatore tra privilegi e prededuzione sia la deroga al principio di parità di trattamento. Orbene, questa conclusione è, in termini un poco rozzi, corretta; tuttavia, le criticità sul principio di par condicio creditorum nella attualità sono così tante che si è preferito procedere nell’indagine senza scomodare il tema della par condicio.[106]
Una volta che si condivida l’assimilazione tra prededuzione correlata all’impresa e superprivilegio, è doveroso confrontarsi con un tema ulteriore e cioè se esista una graduazione interna alla procedura di concorso tra diverse tipologie di prededuzioni. Qui ci si vuol riferire non al fatto che determinati crediti prededucibili siano privilegiati o chirografari ma al fatto, ben diverso, che vi sono crediti in prededuzioni che derivano da atti di impresa e crediti in prededuzione che derivano da atti della (e nella) procedura.
Il credito del fornitore che sorge da un contratto di somministrazione diretto ad approvvigionare di materiale (o di prodotti) l’impresa in crisi già entrata in una procedura di concorso è un credito che attiene all’impresa: il credito del commissario giudiziale che vigila sul concordato preventivo pertiene, invece, non all’impresa ma al procedimento.
A questo punto si tratta di comprendere, nel caso di insufficienza del patrimonio rispetto all’intera massa di debito prededucibile, se il criterio distributivo debba essere quello che deriva dalla natura del credito (privilegiato o chirografario) oppure se non si debba ritenere sussistente una “superprededuzione” in apice costituita dai debiti del procedimento. 
La risposta può essere affermativa se si concede che nell’ambito della graduazione tra crediti, l’art. 2777 c.c. pone al vertice – in relazione ai processi espropriativi - i crediti per spese di giustizia. 
Ed allora, se si considera che: (i) nell’art. 6 CCII, comma 1, lett. d) si mantiene la distinzione tra crediti afferenti la gestione del patrimonio del debitore e la continuazione dell’esercizio dell’impresa da una parte e crediti relativi ai compensi degli organi dall’altra; (ii) l’art. 2777 c.c. innalza al vertice della graduazione le spese di giustizia, sembra più che ragionevole che l’ordine di distribuzione delle risorse, all’interno di una procedura di concorso, nel caso di insufficienza del patrimonio a soddisfare per l’intero la massa debitoria prededucibile,  debba seguire un regola di graduazione che antepone le spese del procedimento ai crediti prededucibili che pertengono all’attività economica.
L’ulteriore passaggio, ancor più delicato, che è possibile svolgere nella riconduzione della prededuzione alla categoria dei superprivilegi è quello che concerne la falcidiabilità dei crediti in ipotesi di concordati preventivi, semplificati, di liquidazione (e anche nel concordato minore).
Si è sempre tramandata l’idea che il proponente un concordato non possa prevedere il soddisfacimento dei creditori in misura diversa da quella integrale. Tuttavia, quest’idea era strettamente correlata alla visione processuale, rigidamente processuale, della prededuzione.
Se, invece, alla prededuzione per crediti di impresa si attribuisce una rilevanza extra-processuale e si assimila, nella sostanza, questa tipologia di prededuzione ad un superprivilegio, il dogma della non trattabilità di questi crediti potrebbe rivelarsi superabile. 
Siamo ben consapevoli che una soluzione di questo tenore potrebbe risultare disincentivante nella erogazione di nuova finanza o di nuove prestazioni. Tuttavia, le nuove obbligazioni, in un sano processo di ristrutturazione, non dovrebbero essere condizionate dal livello della tutela del credito quanto piuttosto dalla serietà e praticabilità del piano: l’impresa deve stare sul mercato se ne ricorrono le condizioni, ed è inutile che essa si giovi di erogazioni prive di funzionalità.
10 . Conclusioni
Per trarre le fila di questa dissertazione si possono assumere alcune conclusioni.
Il credito prededucibile funzionale (ora solo interno con le risicate eccezioni dei professionisti e dei finanziatori) va qualificato come un superprivilegio al quale possono essere applicate, per analogia, alcune delle disposizioni dettate espressamente per i privilegi; fra queste, anche le disposizioni concordatarie che consentono di trattare i crediti privilegiati.
La falcidia, dunque, può essere ammessa solo per i crediti prededucibili che non ineriscono al processo, per i quali una qualunque proposta dovrà contemplare il pagamento integrale. Per assicurare una migliore protezione, sarà necessario attribuire ai creditori prededucibili falcidiati il diritto di voto e il loro voto dovrà essere necessariamente allocato in una (o più) autonome classi[107]. 
La circostanza che sia falcidiata la prededuzione perché l’attivo disponibile non consente di pagare tutti i crediti prededucibili non impedisce che il concordato sia ammissibile rispetto ai creditori concorrenti anteriori: (i) in primo luogo è ben possibile che i creditori privilegiati e chirografari vengano pagati con risorse esterne, ovvero vengano soddisfatti con altre utilità (v., art. 84 CCII); (ii) in secondo luogo, proprio per i vantaggi che un creditore può ricevere dalla chiusura della procedura (ad es. per ragioni di recupero fiscale) nulla esclude la formazione di classi in cui ai creditori nulla si attribuisce ma che godono comunque di altre utilità (v., art. 87 CCII).
Infine, se si volesse gettare il cuore oltre l’ostacolo si potrebbe anche immaginare che i creditori possano essere falcidiati e soddisfatti, per la porzione capiente, con mezzi diversi dal denaro. Se si riuscisse a condividere queste conclusioni si potrebbero virtuosamente, dopo tanti inutili tentativi, risolvere alcune delle più spinose crisi industriali che da anni impegnano le agende dei governi; altrimenti, la soluzione andrebbe trovata nel confezionamento di qualche patto para-concordatario che veda coinvolti i creditori in prededuzione. L’auspicio è che la palude in cui sono rimaste coinvolte queste procedure possa finalmente essere oltrepassata e che si possa dire finalmente compiuto – dopo un lungo percorso - il processo di smarcamento e di autonomizzazione della prededuzione.

Note:

[1] 
È noto a tutti quanto sia stato dibattuto il tema dei costi professionali nelle procedure di concordato preventivo e come proprio questo dibattito abbia inciso decisivamente sul confezionamento dell’art. 6 CCII; v., sul tema, fra i molti, A. Jorio, La parabola del concordato preventivo: dieci anni di riforme e controriforme, in Giucomm., 2016, I, p. 22.
[2] 
A. Vitale, I debiti della massa nel fallimento, Milano, 1975, p. 39; A. Candian, Il processo di concordato preventivo, Padova, 1937, p. 110; L. Bolaffio, Il concordato preventivo secondo le sue tre leggi disciplinatrici, Torino, 1932, p. 221.
[3] 
M. Ferro, Le insinuazioni al passivo, Milanofiori-Assago, 2010, p. 819. La definisce una “tara”, E. Parente, sub art. 2745, in Commentario del codice civile, diretto da E. Gabrielli, Milanofiori-Assago, 2016, p. 1004.
[4] 
Quella disposizione che E. Marinucci, I crediti prededucibili nel fallimento, Padova, 1998, p. 8, giudica un punto di partenza obbligato.
[5] 
G. Alessi, I debiti di massa nelle procedure concorsuali, Milano, 1987, p. 18.
[6] 
J. M. Garrido, Preferenza e proporzionalità nella tutela del credito, Milano, 1998, p. 88.
[7] 
E. Marinucci, I crediti prededucibili nel fallimento, cit., p. 9.
[8] 
Che debiti per le spese e debiti per la procedura non fossero nozioni identiche era già oggetto di discussione nel vigore della legge del 1942, v., F. Ferrara j, Il fallimento, Milano, 1989, p. 562; A. Bonsignori, Il fallimento, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da F. Galgano, Padova, 1986, p. 687; G. Alessi, I debiti di massa nelle procedure concorsuali, cit., p. 13.
[9] 
Non a caso A. Bonsignori, Il fallimento, cit., p. 688, osservava che l’attività del curatore nell’esercizio provvisorio viene ad assurgere a qualità e importanza di attività in senso sostanziale, in modo da creare, modificare ed estinguere rapporti giuridici patrimoniali, con il risultato che ci si collocava al di fuori della nozione di diritto alla collocazione preferenziale nel ricavato; in termini simili, S. Satta, Diritto fallimentare, Padova, 1990, p. 11.
[10] 
G.C.M. Rivolta, L’esercizio provvisorio dell’impresa nel fallimento, Milano, 1969, p. 123; più di recente, A. Bassi, L’esercizio provvisorio, in Trattato di diritto fallimentare, diretto da V. Buonocore-A. Bassi, Milanofiori-Assago, 2011, p. 314; A. Paciello, sub art. 104, in Commentario alla legge fallimentare, diretto da C. Cavallini, II, Milano, 2010, p. 932; F. Pasquariello, Gestione e riorganizzazione dell’impresa nel fallimento, Milano, 2010, p. 91; L. Mandrioli, sub art. 104, in La legge fallimentare dopo la riforma, a cura di A. Nigro-M. Sandulli-V. Santoro, Torino, 2010, p. 1337; B. Meoli, L’esercizio provvisorio dell’impresa del fallimento, in Fallimento e altre procedure concorsuali, diretto da G. Fauceglia-L. Panzani, Milanofiori-Assago, 2009, 1167; A. Jorio, Le crisi d’impresa. Il fallimento, in Trattato di diritto privato a cura di G. Iudica- P. Zatti, Milano, 2000, p. 7; in senso contrario, almeno con riguardo alla legge del 1942, v., G. Bozza- G. Schiavon, L’accertamento dei crediti nel fallimento e le cause di prelazione, Milano, 1992, p. 567; ed ancora oggi, E. Frascaroli Santi, Il diritto fallimentare e delle procedure concorsuali, Milanofiori-Assago, 2016, p. 573 ad avviso della quale l’esercizio provvisorio è attività di liquidazione “in senso lato”; A. Ravinale, Esercizio provvisorio, in Crisi d’impresa e procedure concorsuali, diretto da O. Cagnasso- L. Panzani, Milanofiori-Assago, 2016, p. 1826.
[11] 
F. Fimmanò, La gestione sostitutiva nel fallimento, in Trattato delle procedure concorsuali, diretto da A. Jorio-B. Sassani, II, 2016, p. 142; M. Spiotta, Esercizio provvisorio e affitto di azienda, in Fallimento e concordato fallimentare, a cura di A. Jorio, Milanofiori-Assago, 2016, p. 2168; C. Cecchella, Diritto fallimentare, Milanofiori-Assago, 2015, p. 240; S. Ambrosini- G. Cavalli-A. Jorio, Il fallimento, in Trattato di diritto commerciale, diretto da G. Cottino, Milanofiori-Assago, 2009, p. 526; P. Pajardi-A. Paluchowski, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2008, p. 590.
[12] 
S. Patti, I privilegi, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da A. Cicu-F. Messineo-L. Mengoni, Milano, 2003, p. 11; G. De Semo, Diritto fallimentare, Padova, 1968, p. 451; N. Jaeger, Il fallimento e le altre forme di tutela giurisdizionale, in Trattato di diritto civile, diretto da G. Grosso-F. Santoro Passarelli, Milano, 1964, p. 212; G. Alessi, I debiti di massa nelle procedure concorsuali, cit., p. 19; E. Parente, sub art. 2745, cit., p. 1005.
[13] 
M. Miglietta-F. Prandi, I privilegi, Torino, 1995, p. 21; G. Tucci, Privilegi, in Enc. giu Treccani, XXIV, Roma, 1991, p. 4; M. Vaselli, I debiti della massa nel processo di fallimento, Padova, 1951, p. 10; G. Alessi, I debiti di massa nelle procedure concorsuali, cit., p. 3; A. Vitale, I debiti della massa nel fallimento, cit., p. 10; S. Patti, I privilegi, cit., p. 10. Si nota che l’espressione metteva in luce il concetto di debito di massa più che quello di prededuzione e per ora si adopererà questa locazione in ossequio alla tradizione. Difatti, proprio dalla tradizione prelevata in altri ordinamenti, taluno opinava che i debiti dovessero essere imputati direttamente ai creditori (in massa), e ciò per la diffusa convinzione che il fallimento avesse una autonoma soggettività giuridica, v. G. Bonelli, Del fallimento, Milano, 1923, II, p. 618. Si trattava di una tesi che oggi appare eretica (v., già A. Bonsignori, Il fallimento, cit., p. 685) ma che allora si fondava gli artt. 794 e 795 cod.comm. là dove i debiti venivano direttamente imputati alla comunità dei creditori. È utile precisare che, ormai, da tempo nessuno più mette in discussione il fatto che i debiti che si formano verso la massa sono debiti che vanno imputati al debitore e dei quali a procedura chiusa dovrà continuare a rispondere il debitore (al netto delle questioni che pertengono alla esdebitazione posto che fra i crediti per i quali l’esdebitazione è esclusa non sono inclusi i debiti della massa), v. A. Vitale, I debiti della massa nel fallimento, cit., p. 36; ciò senza togliere che l’amministrazione del fallimento ha una sua soggettività (v., E. Marinucci, I crediti prededucibili nel fallimento, cit., 19) identificabile, se si vuole nel paradigma dell’art. 145 CCII.
[14] 
Pur non essendo stato espressamente affermato che prededuzione e privilegio appartenessero alla stessa categoria, ampie assimilazioni si trovavano in U. Azzolina, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, II, Torino, 1961, p. 844; V. Andrioli, Dei privilegi, in Commentario Scialoja-Branca al codice civile, Bologna, 1955, p. 137. 
[15] 
V. Giorgi, Consecuzione di procedure concorsuali e prededucibilità dei crediti, Milano, 1996, p. 130.
[16] 
F. Vassalli, Le procedure concorsuali dalla legge fallimentare alla riforma, in Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, diretto da F. Vassalli-F.P. Luiso-E. Gabrielli, I, Torino, 2013, p. 17; F. Ricci, Lezioni sul fallimento, I, Milano, 1992, p. 13; A. Jorio, Le crisi d’impresa. Il fallimento, cit., p. 25; Id., Riflettendo sul pensiero di Francesco Vassalli e sull’imperscrutabile futuro per le soluzioni concordate delle crisi d’impresa, in Giur.comm., 2021, I, p. 1025.
[17] 
A. Maisano, La tutela concorsuale dei creditori tra liquidazione dell’attivo e riassetto delle imprese in crisi, Milano, 1989, p. 40.
[18] 
F. D’Alessandro, La crisi dell’impresa tra diagnosi precoci e “accanimenti terapeutici”, in Crisi d’impresa e riforma della legge fallimentare, a cura di C. Piccininni-M. Santaroni, Roma, 2002, p. 33.
[19] 
A. Bonsignori, Processi concorsuali minori, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, diretto da Galgano, Padova, 1997, p. 409; T. Mollura, L’amministrazione controllata delle società, Milano, 1989, p. 54.
[20] 
G. Fauceglia- N. Rocco di Torrepadula, Diritto dell’impresa in crisi, Bologna, 2010, p. 225; V. Giorgi, Consecuzione di procedure concorsuali e prededucibilità dei crediti, cit., p. 9.
[21] 
S. Pacchi, L’amministrazione controllata, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da A. Cicu- P.S. Messineo-L. Mengoni, Milano, 2003, p. 285. Tesi fieramente opposta, pur dopo la sua ampia affermazione, proprio da V. Giorgi, Consecuzione di procedure concorsuali e prededucibilità dei crediti, cit., p. 70 a proposito della prededuzione; C. Lanfranchi, Amministrazione controllata e diritto vigente, Milano, 1996, p. 192.
[22] 
E. Marinucci, Sopravvivenza del principio della consecuzione tra procedure concorsuali, in Riv.diproc., 2011, p. 1564.
[23] 
A. Nigro, La disciplina delle crisi patrimoniali delle imprese, in Trattato di diritto privato, diretto da M. Bessone, Torino, 2012, p. 21.
[24] 
Cass., 14 ottobre 1977, n. 4370, in Difall., 1978, II, p. 286; Cass., 10 marzo 1994, n. 2337, in Fallimento, 1994, p. 997; Cass., 2 maggio 1994, n. 4236, in Fallimento, 1994, p. 1253; Cass., 12 luglio 1994, n. 6556, in Fallimento, 1995, p. 164; Cass., 28 luglio 1999, n. 8164, in Fallimento, 2000, p. 860; A. Vitale, I debiti della massa nel fallimento, cit., p. 198; L. Pazzaglia, L’amministrazione controllata. Natura giuridica ed effetti, Milano, 1957, p. 89; G. Lo Cascio, L’amministrazione controllata, Milano, 1989, p. 258; G. Bozza-G. Schiavon, L’accertamento dei crediti nel fallimento e le cause di prelazione, cit., p. 573; S. Ambrosini-G. Cavalli-A. Jorio, Il fallimento, cit., p. 659; E. Parente, sub art. 2745, cit., p. 1009; contra, in luogo di altri, G.A. Micheli, Amministrazione controllata, concordato preventivo e fallimento (per la nozione di processo concorsuale), in Riv.trim.diproc.civ., 1960, p. 1404; G. Oppo, Mandato irrevocabile e vincoli di gestione nell’amministrazione controllata, in Riv.diciv., 1961, I, p. 51; F. Giorgieri, Amministrazione controllata, voce del Dig.comm., Torino, 1987, p. 107; G. Alessi, I debiti di massa nelle procedure concorsuali, cit., p. 136.
[25] 
J.M. Garrido, Preferenza e proporzionalità nella tutela del credito, cit., p. 89.
[26] 
A. Maisano, La tutela concorsuale dei creditori tra liquidazione dell’attivo e riassetto delle imprese in crisi, cit., p. 82. Per L. Bolaffio, Il concordato preventivo secondo le sue tre leggi disciplinatrici, Torino, 1932, p. 32, la conservazione era “inessenziale” ai fini della procedura; così pure, S. Satta, Diritto fallimentare, cit., p. 446; Cass., 14 luglio 1997, n. 6352, in Fallimento, 1998, p. 177.
[27] 
Per la negazione della prededuzione, V. Andrioli, Dei privilegi, cit., p. 137; P. Micheli, Amministrazione controllata, concordato preventivo e fallimento (per la nozione di processo concorsuale), cit., p. 1403; G. Oppo, Mandato irrevocabile e vincoli di gestione nell’amministrazione controllata, cit., p. 25; Cass., 3 ottobre 1983, n. 5753, in Fallimento, 1984, p. 691; Cass., 26 giugno 1992, n. 8013, in Fallimento, 1992, p. 1027; Cass., 14 luglio 1997, n. 6352, cit.
[28] 
Cass., 5 agosto 1996, n. 7140, in Fallimento, 1997, p. 269; Cass., 12 marzo 1999, n. 2192, in Fallimento, 2000, p. 370; Cass., 24 luglio 2007, n. 16387, in Fallimento, 2008, p. 431; Cass., 25 luglio 2007, n. 16426, in Fallimento, 2008, p. 433; M. Fabiani, Somministrazione e prededuzione: chiusura con spiragli nel concordato preventivo, in Fallimento, 1997, p. 272; S. Ambrosini-G. Cavalli-A. Jorio, Il fallimento, cit., p. 660.
[29] 
La tesi della prededucibilità dei debiti sorti in costanza di concordato nel successivo fallimento era predicata da F. D’alessandro, Procedure concorsuali consecutive e prededuzione, in Giust. civ., 1992, II, p. 149; R. Sgroi Santagati, Crediti sorti durante il concordato preventivo e successivo fallimento, in Difall., 1990, I, p. 547; M. Sandulli, La tutela dei crediti di massa nelle procedure concorsuali minori, in Difall., 1990, I, p. 440; S. Pacchi Pesucci, Continuazione dell'impresa nel concordato preventivo e prededuzione, in Giucomm, 1986, I, p. 93; T. Limardo, La prededuzione e i debiti di massa, in Difall., 1977, I, p. 169; R. Provinciali, Trattato di diritto fallimentare, IV, Milano, 1974, p. 2258; G. Bozza-G. Schiavon, L’accertamento dei crediti nel fallimento e le cause di prelazione, cit., p. 589; A. Vitale, I debiti della massa nel fallimento, cit., p. 202; in senso opposto, per G. Alessi, I debiti di massa nelle procedure concorsuali, cit., 184, p. 202, invece, la prededuzione interna alla procedura di concordato preventivo era configurabile ma non lo era nel successivo fallimento.
[30] 
A. Jorio, Le procedure concorsuali tra tutela del credito e salvaguardia dei complessi produttivi, in Giucomm., 1994, I, p. 492; A. Gambino, Limiti costituzionali dell’iniziativa economica nella crisi dell’impresa, in Giucomm., 1988, I, p. 487; F. Vassalli, Le procedure concorsuali dalla legge fallimentare alla riforma, cit., p. 23.
[31] 
F. D’Alessandro, Efficienza e giustizia distributiva nelle procedure concorsuali, in Riv.dicomm., 2018, II, p. 382; Rossi, Il valore dell’organizzazione nell’esercizio provvisorio dell’impresa, Milano, 2013, p. 5.
[32] 
G. Terranova, Le procedure concorsuali, Milano, 2004, p. 18; N. Rondinone, sub art. 1, in La nuova disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a cura di A. Castagnola-R. Sacchi, Torino, 2000, p. 11.
[33] 
C. Lanfranchi, Procedure concorsuali e tutela dei creditori, Milano, 1988, p. 404, Id., Costituzione e procedure concorsuali, Torino, 2010, p. 81.
[34] 
V. Giorgi, Consecuzione di procedure concorsuali e prededucibilità dei crediti, cit., p. 140.
[35] 
Cass., 27 agosto 1997, n. 8076, in Fallimento, 1998, p. 784; Cass., 12 luglio 1994, n. 6556, cit.; M. Moscariello, La prededucibilità dei crediti sorti “in funzione” e “in occasione” di un concordato preventivo con continuità aziendale, in Difall., 2016, p. 953.
[36] 
L. Perago, La ripartizione dell’attivo, in Manuale di diritto fallimentare e delle procedure concorsuali, a cura di G. Trisorio Liuzzi, Bari, 2023, p. 571; A. Silvestrini, sub art. 111, in La legge fallimentare dopo la riforma, a cura di A. Nigro-M. Sandulli-V. Santoro, Torino, 2010, p. 1553; F. Vigotti, La ripartizione dell’attivo fallimentare, in Il diritto fallimentare riformato, a cura di G. Schiano di Pepe, Padova, 2007, p. 468.
[37] 
V. Sallorenzo, I crediti prededucibili nell'ambito delle procedure concorsuali: in particolare la sorte del credito professionale sorto in «occasione» o in «funzione» del concordato preventivo, in Difall., 2016, p. 436; G. Verna, Sulla prededuzione ‹‹in funzione›› nel concordato preventivo, in Difall., 2015, I, p. 93; F. Cocito, La prededuzione dei crediti sorti nel concordato preventivo: limiti e criteri per il riconoscimento di un trattamento preferenziale ai professionisti, in Fallimento, 2014, p. 928.
[38] 
Se si guardano i contributi anteriori, si avverte che i debiti di massa erano orientati per temporalità e per funzionalità con la congiunzione “e”, v., G. Alessi, I debiti di massa nelle procedure concorsuali, cit., p. 9. La funzionalità era intesa nel senso che i debiti erano quelli che rendevano possibile lo svolgimento della procedura concorsuale nell’interesse dei creditori.
[39] 
L. Guglielmucci, Diritto fallimentare, Torino, 2017, p. 258; S. Bonfatti-P.F. Censoni, Lineamenti di diritto fallimentare, Milanofiori-Assago, 2013, p. 183; G. Fauceglia-N. Rocco di Torrepadula, Diritto dell’impresa in crisi, cit., p. 251; S. Ambrosini-G. Cavalli-A. Jorio, Il fallimento, cit., p. 661.
[40] 
R. Vivaldi, La ripartizione dell’attivo, in Trattato delle procedure concorsuali, diretto da L. Ghia-C. Piccininni-G. Severini, III, Milanofiori-Assago, 2010, p. 277; A. Trinchi, sub art. 111, in Commentario alla legge fallimentare, diretto da C. Cavallini, II, Milano, 2010, p. 1196; L. Boggio, Crediti sorti ‹‹in funzione›› del concordato preventivo: prededuzione…ma non troppo, in Fallimento, 2009, p. 1415; E. Mattei, Della ripartizione dell’attivo, in Fallimento e altre procedure concorsuali, diretto da G. Fauceglia-L. Panzani, Milanofiori-Assago, 2009, p. 1285; V. Zanichelli, La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Milanofiori-Assago, 2008, p. 321; P. Catallozzi, Crediti sorti durante il concordato preventivo e loro tutela nel successivo fallimento: è ancora sostenibile la teoria della consecuzione?, in Fallimento, 2008, p. 443; A. Silvestrini, sub art. 111, cit., p. 1554. Ma per una lettura limitativa v., A. Carratta, La ripartizione dell’attivo, in Trattato di diritto delle procedure concorsuali, diretto da U. Apice, II, Torino, 2010, p. 413. In giurisprudenza, per la valorizzazione della funzionalità in relazione a crediti sorti prima delle procedure v., in luogo di molte, Cass., 21 novembre 2018, n. 30114, in Giu it., 2019, p. 1112; Cass., 16 maggio 2018, n. 12017, in Foro.it, Rep. 2018, voce Concordato preventivo, n. 136; Cass., 12 dicembre 2017, n. 29805, in Fallimento, 2018, p. 557; Cass., 10 gennaio 2017, n. 280, in Fallimento, 2017, p. 399; Cass., 16 maggio 2016, n. 9995, in Foro.it, 2016, I, c.3558; Cass., 8 aprile 2013, n. 8534, in Foro.it, Rep. 2013, voce Concordato preventivo, n. 180.
[41] 
L. Perago, I pagamenti nel fallimento, in Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, diretto da F. Vassalli- F.P. Luiso-E. Gabrielli, II, Torino, 2014, p. 775; F. Brizzi, Le fattispecie dei crediti prededucibili da finanziamento nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Difall., 2013, I, p. 857; G. Ciervo, Crediti sorti ‹‹in funzione›› della procedura concorsuale: solo quello dell’attestatore sono prededucibili, in Giucomm., 2013, II, p. 89; A. Silvestrini, sub art. 111, cit., p. 1557.
[42] 
S. Tersilla, La prededucibilità è un reale incentivo al finanziamento delle imprese in concordato preventivo?, in Difall., 2012, I, p. 357.
[43] 
A. Cosentino, I crediti prededucibili nel concordato preventivo, in Difall., 2014, I, p. 848; L. Morellini, L'art. 182 quater L. fall.: novità e criticità, in Fallimento, 2011, p. 905; A. Ruggiero, sub art. 111 bis, in Il nuovo diritto fallimentare, diretto da A. Jorio e coordinato da M. Fabiani, Bologna, 2007, p. 1842; L, Perago, I pagamenti nel fallimento, cit., p. 775; G. Minutoli, La distribuzione dell’attivo e il rendiconto, cit., p. 2356; A. Trinchi, sub art. 111, cit., p. 1196; S. Tersilla, La prededucibilità è un reale incentivo al finanziamento delle imprese in concordato preventivo?, cit., p.355; Cass., 12 luglio 2018, n. 18488, in Foro.it, Rep. 2018, voce Fallimento, n. 447; Cass., 7 marzo 2013, n. 5705, in Foro.it, Rep. 2013, voce Fallimento, n. 486.
[44] 
P. Vella, Le nuove prededuzioni nel concordato con riserva e in continuità. I crediti dei professionisti, in Fallimento, 2013, p. 1145; Cass., 22 marzo 2017, n. 7392, in Foro.it, Rep. 2017, voce Fallimento, n. 446.
[45] 
M. Campobasso, Nuovi principi e vecchi problemi nel concordato preventivo con “continuità aziendale”, in Il diritto delle imprese in crisi fra contratto, società e procedure concorsuali, a cura di F. Barachini, Torino, 2014, p. 59.
[46] 
F. Pani, La prededuzione prima e dopo il codice della crisi, in ristrutturazioniaziendali.it, agosto 2022, p. 11.
[47] 
L. Stanghellini, Le crisi di impresa fra diritto ed economia, Bologna, 2007, p. 67 ss.
[48] 
A. Rossi, Il miglior soddisfacimento dei creditori (quattro tesi), in Fallimento, 2017, p. 637; P.F. Censoni, Il concordato preventivo, in Trattato delle procedure concorsuali, diretto da A. Jorio-B. Sassani, IV, 2016, p. 9.
[49] 
F. Di Marzio-F. Macario, L’amministrazione straordinaria come procedura concorsuale della grande impresa, in Trattato delle procedure concorsuali, diretto da A. Jorio-B. Sassani, V, Milano, 2017, p. 602; M. Spiotta, L’incidenza del badwill nella determinazione del valore dell’azienda, in Giucomm., 2014, I, p. 1142; G. Meo, Il risanamento finanziato dai creditori, Milano, 2013, p. 5; F. Fimmanò, sub art.104, in Il nuovo diritto fallimentare, diretto da A. Jorio e coordinato da M. Fabiani, Bologna, 2007, p. 1583; A. Maisano, La tutela concorsuale dei creditori tra liquidazione dell’attivo e riassetto delle imprese in crisi, cit., p.1 74; Cass., 24 novembre 2015, n. 23894, in Fallimento, 2016, p. 415; per la ri-valorizzazione dell’interesse dei creditori v., però, App. Ancona, 28 aprile 2014, in Fallimento, 2015, p. 579. 
[50] 
L’ordinanza interlocutoria così formulava i quesiti: “i) se la disciplina della revocatoria dei pagamenti di crediti insorti a fronte della «prestazione di servizi strumentali all'accesso alle procedure concorsuali» condivide la medesima ratio che è posta a fondamento della prededuzione del credito dei professionisti che abbiano prestato la propria opera in vista dell'accesso alla procedura concordataria; ii) se debba essere ribadito che la prededuzione di detto credito non trova fondamento nel presupposto dell'occasionalità, ma in quelli della funzionalità e/o della espressa previsione legale; iii) se debba essere ribadito che il criterio della funzionalità va scrutinato ex ante, non considerando in alcuna misura l'utilità della prestazione del professionista; iv) se la previsione legale si riferisca al solo professionista attestatore o anche agli altri professionisti cui si è fatto cenno; v) se il preconcordato sia una fase di un'organica procedura o se la procedura di concordato preventivo, anche in caso di concordato in bianco, abbia inizio con il provvedimento di ammissione del tribunale; vi) se la prededuzione spetti anche in caso di procedura concordataria in bianco che non varca la soglia dell'ammissibilità ovvero in caso di revoca della proposta da parte del proponente; vii) se la prededuzione spetti al professionista che ha lavorato prima ancora del deposito della domanda di concordato; viii) se l'esigenza di contrastare il danno inferto ai creditori per effetto del depauperamento dell'attivo derivante da una gestione preconcordataria produttiva di debiti prededucibili possa essere soddisfatta attraverso la verifica dell'esatto adempimento, e del carattere non abusivo e/o fraudatorio, della prestazione richiesta al professionista in vista dell'accesso alla procedura concordataria. Sulla storia che precede l’intervento nomofilattico v., A. Picardi, La prededuzione dei crediti professionali tra Sezioni Unite e Codice della crisi, in giustiziacivile.com, gennaio 2023.
[51] 
La pronuncia in questione è stata favorevolmente commentata da G.B. Nardecchia, La prededuzione secondo le Sezioni Unite, in Fallimento, 2022, p. 365-375; F. Casa, La "quadratura del cerchio"; note minime su una sentenza importante (Cass. Sez. Un., 31 dicembre 2021, n. 42093), in ristruttuazioniaziendali.it, gennaio 2022. Per una lettura critica si veda, invece, M. Greggio, La prededuzione dei compensi dei professionisti secondo le Sezioni Unite: per la certezza si rischia l'ingiustizia?, in dirittodellacrisi.it, gennaio 2022.
[52] 
Un ulteriore argomento, questo sì di genesi processuale, è quello della scelta operata dalla riforma del 2006 di pretendere (v., art. 52 L. fall.) che anche i crediti prededucibili siano assoggettati al procedimento di formazione dello stato passivo, sebbene con talune deroghe peraltro più coerenti con la prededuzione-costo che con la prededuzione-credito verso l’impresa: anche questa assimilazione non può essere giudicata irrilevante. Sulla necessità dell’accertamento giurisdizionale v., M. Fabiani, La tutela dei diritti nelle procedure concorsuali, in Trattato delle procedure concorsuali, diretto da A. Jorio-B.N. Sassani, IV, 2016, p. 513; M. Sandulli-G. D’Attorre, Manuale delle procedure concorsuali, Torino, 2016, p. 143; V. Zanichelli, Gli effetti del fallimento per i creditori, in Trattato delle procedure concorsuali, diretto da A. Jorio-B.N. Sassani, II, 2014, p. 61;  Id., La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali, cit., p. 120;  E. Marinucci, Note sulla disciplina processuale dei crediti prededucibili dopo le riforme, in Riv.diproc., 2012, p. 1011; R. Rosapepe, Effetti nei confronti dei creditori, in Trattato di diritto fallimentare, diretto da V. Buonocore-A. Bassi, Milanofiori-Assago, 2010, p. 281; A. Nigro-D. Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, Bologna, 2021, p. 186; P. Celentano, Effetti del fallimento per i creditori, in Fallimento e altre procedure concorsuali, diretto da G. Fauceglia-M. Panzani, Milanofiori-Assago, 2009, p. 488; F. Marelli, sub art. 52, in Il nuovo diritto fallimentare, diretto da A. Jorio e coordinato da M. Fabiani, Bologna, 2007, p. 770; S. Bonfatti-F. Censoni, Lineamenti di diritto fallimentare, cit., p. 184; G. Fauceglia-N. Rocco di Torrepadula, Diritto dell’impresa in crisi, cit., p. 251; S. Ambrosini-G. Cavalli-A. Jorio, Il fallimento, cit., p. 663; C. Cecchella, Diritto fallimentare, cit., p. 257; A. Carratta, La ripartizione dell’attivo, cit., p. 414; in passato, in senso opposto, v.,  G. de Ferra, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1998, p. 256.
[53] 
A. Trinchi, sub art. 111, cit., p. 1171.
[54] 
Sono radicati sul fatto che i debiti abbiano natura procedurale in quanto nascono nell’orbita di una procedura concorsuale A. Cavalaglio, Prededuzione e pagamento per contanti dei crediti sorti durante le procedure concorsuali, in Difall., 2005, I, p. 528; G. Bozza-G. Schiavon, L’accertamento dei crediti nel fallimento e le cause di prelazione, cit., p. 471;   G. Alessi, I debiti di massa nelle procedure concorsuali, cit., p. 10;  S. Patti, I privilegi, cit., p. 10; Id., La prededuzione dei crediti funzionali al concordato preventivo tra art. 111 e art. 182 quater L. fall.,  in Fallimento, 2011, p. 1341; R. Vivaldi, La ripartizione dell’attivo, cit., p.270.
[55] 
Ancora di recente, v., G. Minutoli, La distribuzione dell’attivo e il rendiconto, in Fallimento e concordato fallimentare, a cura di A. Jorio, Milanofiori-Assago, 2016, p. 2354; A. Pisani Massamormile, La prededuzione ed i finanziamenti alle imprese in crisi, in Banca, borsa, tit.cred., 2015, I, p. 4; A. Trinchi, sub art. 111, cit., p. 1171.
[56] 
Cass. 13 dicembre 2019, n. 32997, in www.sentenzelaleggepertutti.it; Cass., 11 giugno 2019, n. 15724, in Foro.it., 2019, Mass., 654456-01.
[57] 
La Corte ha ripreso argomenti consolidati: “la prededuzione attribuisce non una causa di prelazione "ma una precedenza processuale, in ragione della strumentalità dell'attività, da cui il credito consegue, agli scopi della procedura, onde renderla più efficiente, atteso che, mentre il privilegio, quale eccezione alla "par condicio creditorum", riconosce una preferenza ad alcuni creditori e su certi beni, nasce fuori e prima del processo esecutivo, ha natura sostanziale e si trova in rapporto di accessorietà con il credito garantito poiché ne suppone l'esistenza e lo segue" (da ultimo Cass. 36755/2021, sulla scia di Cass. s.u. 5685/2015, per la non retroattività della norma istitutiva), la prededuzione semmai può aggiungersi alle cause legittime di prelazione nei rapporti interni alla categoria dei debiti di massa, in caso di insufficienza di attivo e se necessario procedere ad una gradazione pure nella soddisfazione dei creditori prededucibili, in quanto essa "attribuisce una precedenza rispetto a tutti i creditori sull'intero patrimonio del debitore e ha natura procedurale, perché nasce e si realizza in tale ambito e assiste il credito di massa finché esiste la procedura concorsuale in cui lo stesso ha avuto origine, venendo meno con la sua cessazione”.
[58] 
F. Gallo, sub art. 2741, in Commentario del codice civile, diretto da Gabrielli, Milanofiori-Assago, 2016, p. 929;  P. Gaetano, Privilegi, in Noviss.dig.it, XIII, Torino, 1966, p. 35; ;  F. Del Vecchio, I privilegi nella legislazione civile, fallimentare e speciale, Milano, 1994, p. 8;  S. Ciccarello, Privilegio, in Enc.di, XXXV, Milano, 1986, p.724;  F. Parente, sub art. 2745, cit., p.994;  G. Bozza-G. Schiavon, L’accertamento dei crediti nel fallimento e le cause di prelazione, cit., p. 718; G. Tucci, Privilegi, cit., p. 3;  S. Patti, I privilegi, cit., p. 17.
[59] 
J.M. Garrido, Preferenza e proporzionalità nella tutela del credito, cit., p. 123.
[60] 
V., legge 11 ottobre 1983, n. 546; al proposito, J.M. Garrido, Preferenza e proporzionalità nella tutela del credito, cit., p. 187 parla di “perversione della funzione dei crediti di massa”. Sulla irrazionalità delle ipotesi di prededuzione fissata per legge, v., V. Giorgi, Nuove norme in tema di crediti prededucibili e di accordi di ristrutturazione del debito, in Nuove leggi civ.comm., 2011, p. 405.
[61] 
J.M. Garrido, Preferenza e proporzionalità nella tutela del credito, cit., p.125.
[62] 
Cf, art. 2777, comma 3, c.c.: “I privilegi che le leggi speciali dichiarano preferiti ad ogni altro credito sono sempre posposti al privilegio per le spese di giustizia ed ai privilegi indicati nell'art. 2751 bis”.
[63] 
J.M. Garrido, Preferenza e proporzionalità nella tutela del credito, cit., p. 122; F. Gallo, sub art. 2741, cit., p. 929. La proliferazione dei privilegi non è una criticità dell’attualità perché il problema è risalente, lo si trova enunciato da S. Ciccarello, Privilegio del credito e uguaglianza dei creditori, Milano, 1983, p. 111, circa quarant’anni fa.
[64] 
F. Vassalli, Diritto fallimentare, I, Torino, 1994, p.19; G. Tucci, Privilegi, cit., p. 3; P. Gaetano, Privilegi, cit., p. 35.  S. Ciccarello, Privilegio del credito e uguaglianza dei creditori, cit., p. 14, giustamente osserva che il privilegio assume rilievo soltanto se il patrimonio del debitore risulta incapiente a soddisfare i più creditori.
[65] 
A. Bassi, I problemi della “finanza esterna” nel concordato preventivo, in Crisi e insolvenza, Scritti in ricordo di Sandulli, Torino, 2019, p. 81; S. Patti, I privilegi, cit., p. 27.
[66] 
G. Alessi, I debiti di massa nelle procedure concorsuali, cit., p. 28.
[67] 
G. Bozza, I criteri per la distribuzione delle prededuzioni tra il ricavato dei beni messi a disposizione dei creditori dal debitore concordatario, in Fallimento, 2015, p. 702; G. Bozza-G. Schiavon, L’accertamento dei crediti nel fallimento e le cause di prelazione, cit., p. 471.
[68] 
S. Patti, I privilegi, cit., p.12.
[69] 
L. Moretti, La distribuzione della somma ricavata, in Diritto processuale civile, diretto da Dittrich, III, Milano, 2019, p. 3672;  A.M. Soldi, Manuale dell’esecuzione forzata, Milanofiori-Assago, 2016, p. 726;  B. Capponi, Manuale di diritto dell’esecuzione civile, Torino, 2016, p. 350; M. Cirulli, sub artt. 509-512, in Codice commentato delle esecuzioni civili, diretto da G. Arieta-F. De Santis-A. Didone, Milanofiori-Assago, 2016, p. 598;  L. Perago, sub art. 510, in Commentario del codice di procedura civile, di retto da Comoglio-Consolo-Sassani-Vaccarella, Milanofiori-Assago, 2013, p.513; Cass., 29 maggio 2003, n. 8634, in Foro.it., Rep.  2003, voce Spese giudiziali civili, n. 81.
[70] 
G. Ferri Jr, In tema di prededuzione prefallimentare, in Corgiu, 2015, p. 449. 
[71] 
Per una nozione di concorso, v., in luogo di molti, D. Galletti, Il concorso nel fallimento, in Fallimento e concordato fallimentare, a cura di Jorio, Milanofiori-Assago, 2016, p.1252; V. De Sensi, La concorsualità nella gestione della crisi di impresa, Roma, 2009, p.195; A. Bassi, Lezioni di diritto fallimentare, Bologna, 2009, p. 29; L. Barbiera, Responsabilità patrimoniale. Disposizioni generali, in Il codice civile. Commentario, diretto da Schlesinger, Milano, 1991, p. 5; E. Frascaroli Santi, Il diritto fallimentare e delle procedure concorsuali, cit., p. 255.
[72] 
Sul fatto che la prededuzione sia, al fondo, ciò che accomuna la distribuzione in ambito esecutivo, individuale o concorsuale, S. Bonfatti, Procedure concorsuali minori e prededuzione, in Giucomm., 1986, I, p. 861.
[73] 
G. Alessi, I debiti di massa nelle procedure concorsuali, cit., p. 29; M. Ferro, Le insinuazioni al passivo, cit., p. 841; S. Patti, I privilegi, cit., p. 10.
[74] 
R. Rossi, Insolvenza, crisi d’impresa e risanamento, Milano, 2003, p. 78.
[75] 
S. Ambrosini-G. Cavalli-A. Jorio, Il fallimento, cit., p. 707.
[76] 
G. Minutoli, La distribuzione dell’attivo e il rendiconto, cit., p. 2353.
[77] 
Ma, per una elevazione della conservazione dell’attività di impresa quale elemento qualificante del nuovo concordato preventivo v., M. Arato, La domanda di concordato preventivo, in Crisi d’impresa e procedure concorsuali, diretto da Cagnasso-Panzani, Milanofiori-Assago, 2016, p. 3287. 
[78] 
Si vis, v., M. Fabiani, L’emancipazione della prededuzione dalle categorie processuali e i riflessi sui concordati di liquidazione, in Rivisita di diritto commerciale, 2020, p. 443. 
[79] 
S. Sanzo-D. Burroni, Il nuovo codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, Bologna, 2019, p. 28; G. Fauceglia, Il nuovo diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, 2019, p. 13; L.C. Ubertazzi, Prededuzione e par condicio creditorum, in La nuova disciplina delle procedure concorsuali, Scritti in ricordo di Sandulli, Torino, 2019, p. 675.
[80] 
Il tema non è trattato in molti dei primi contributi, v., G. Fauceglia, Il nuovo diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, 2021, p. 13; S. Di Amato, Diritto della crisi d’impresa, Milano, 2021, p. 101; G. Trisorio Liuzzi, L’ambito di applicazione e i principi generali, in Diritto della crisi d’impresa, a cura di Trisorio Liuzzi, Bari, 2023, p. 28; C. Cecchella, Il diritto della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Milano, 2020, p. 401; G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, 2022, p. 308. Piena consapevolezza del mutamento di paradigma vi è in F. Pani, La prededuzione prima e dopo il codice della crisi, in ristrutturazioniaziendali.it, agosto 2022, p. 11.
[81] 
L’art. 98 CCII è, però, importante perché conferma la presenza della c.d. prededucibilità interna e cioè di una tutela preferenziale per taluni creditori che prescinde dallo scivolamento del concordato in una successiva liquidazione giudiziale, v., G. D’Attorre, Creditori posteriori e doveri degli amministratori nell’esecuzione del concordato preventivo, in Riv.soc., 2018, p. 541; ; L. Stanghellini, Finanziamenti-ponte e finanziamenti alla ristrutturazione, in Fallimento, 2010, p. 1351; F. Filocamo, La prededucibilità dei crediti nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Fallimento, 2013 p. 1149 ss.; M. Fabiani, Concordato preventivo, Bologna, 2014, p. 476 ss.; P.F. Censoni, Il concordato preventivo, in Trattato delle procedure concorsuali diretto da Jorio -Sassani, IV, Milano, 2016, p. 95.
[82] 
È abbastanza singolare che i più si siano concentrati, lamentandosene, sul fatto che sia stata fissata nella misura del 75% del compenso la quota di credito prededucibile del professionista, non accorgendosi che altri crediti funzionali prededucibili non esistono più, v. G.B. Nardecchia, La prededuzione dei professionisti nel concordato preventivo, in Fallimento, 2020, p. 175 ss.; V. Zanichelli, Prededuzione dei crediti tra interpretazioni attuali (incerte) e possibili soluzioni future, in Fallimento, 2020, p. 559; G.P. Macagno, La suprema corte conferma la prededucibilità de plano dei crediti dei professionisti per le attività finalizzate all'apertura del concordato, ma all'orizzonte si prospetta una nuova stretta normativa, in Fallimento, 2017, p. 408. Al contrario, l’attribuzione della prededuzione ai professionisti è la testimonianza della volontà di riconoscerne un ruolo decisivo ai fini di una virtuosa regolazione della crisi, v., V. Sallorenzo, I crediti prededucibili nell'ambito delle procedure concorsuali: in particolare la sorte del credito professionale sorto in «occasione» o in «funzione» del concordato preventivo, cit., p. 454. Un legame forte con l’impresa è anche frutto della circostanza che analoga prededuzione non spetta per l’attività professionale svolta ai fini della domanda di apertura della liquidazione giudiziale, come a voler distanziare le tipologie di procedure (ancorché, a ben vedere, nel concordato preventivo liquidatorio la posizione dovrebbe essere simile a quella delle altre procedure liquidatorie concorsuali), v., A. Giordano-C. Tedeschi, Commentario al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, Trani, 2021, p. 71.
[83] 
In passato G. Alessi, I debiti di massa nelle procedure concorsuali, cit., p. 17 riteneva che terminato il processo e rimasto insoddisfatto, il credito maturato nel processo concorsuale rimanesse integro ma privo del rango prededucibile perché non più inerente ad un processo; in termini, R. Vivaldi, La ripartizione dell’attivo, cit., p. 273. Questa affermazione è oggi superata dalla legge, ma era ragionevolmente controvertibile anche prima, v., infatti, F. Filocamo, La prededucibilità dei crediti nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Fallimento, 2013, p. 1153; A. Didone, Le impugnazioni nel concordato preventivo e il controllo del giudice sui crediti prededucibili, in Fallimento, 2012, p. 827;  E. Marinucci, I crediti prededucibili nel fallimento, cit., p. 13; F. Brizzi, Le fattispecie dei crediti prededucibili da finanziamento nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti, cit., p. 865.
[84] 
In senso contrario S. Ambrosini-S. Pacchi, Diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., p. 66. A. Farolfi, Spunti ricostruttivi sulla prededuzione nel nuovo Codice della crisi, in Dirittodellacrisi.it, gennaio 2023, p. 11. Condividono l’interpretazione ma la contestano come soluzione “assurda”, A. Nigro-D. Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, cit., p. 68.
[85] 
Una consecuzione non proprio ben solida se si leggono le considerazioni di A. Farolfi, Spunti ricostruttivi sulla prededuzione nel nuovo Codice della crisi, cit., p. 6 a proposito di oscillanti decisioni del giudice di legittimità.
[86] 
In senso conforme, A. Tedoldi, Crisi, insolvenza, sovraindebitamento, Pisa, 2022, p. 59; A. Farolfi, Spunti ricostruttivi sulla prededuzione nel nuovo Codice della crisi, cit., p. 11; contra,  e cioè per l’applicazione al solo caso della consecuzione v., A. Giordano-C. Tedeschi, Commentario al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, cit., p. 69.
[87] 
In senso critico rispetto alla limitazione v., M. Greggio, I compensi dei professionisti. Le novità sulla prededuzione, in Il nuovo codice della crisi d’impresa, suppl. Italia Oggi, 20 luglio 2022, p. 165.
[88] 
Art 6; di prededuzione si parla nei seguenti articoli del codice: 22 sui finanziamenti nella composizione negoziata; 25 ter per il compenso dell’esperto; 46 e 64 bis per atti legalmente compiuti nel concordato preventivo o nel piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione; 53 per i crediti sorti nelle more delle impugnazioni; 96 sui contratti pendenti nel concordato preventivo per il periodo di sospensione quando automatici; 98 ai fini del tempo del pagamento nel concordato preventivo;  99, 101, 102 in tema di  finanziamenti prededucibili; 151 nel principio del concorso formale; 172 sui contratti pendenti nella liquidazione giudiziale; 183 per il credito del mandatario; 187 per i crediti relativi a premi assicurativi;  209 ai fini del procedimento di arresto della verifica del passivo; 210 in tema di rivendica; 211 nell’esercizio provvisorio; 212 in relazione all’indennizzo affittuario; 221 per l’ordine di distribuzione; 222 riferito alle modalità di soddisfacimento; 228 sugli accantonamenti; 231 per l’avviso ai creditori nel rendiconto; 233 in tema di chiusura e 234 in tema di ficta chiusura; 270 per i contratti pendenti nella liquidazione controllata; 312 con riferimento alla liquidazione coatta amministrativa. Per un elenco simile v., A. Farolfi, Spunti ricostruttivi sulla prededuzione nel nuovo Codice della crisi, cit., p. 14.
[89] 
S. Bonfatti, Il sostegno finanziario alle imprese in crisi, Pisa, 2022, p. 378.
[90] 
Cass., 10 gennaio 2018 , n. 380, in Giustizia Civile Mass. 2018, ha stabilito che i crediti nascenti da nuovi contratti che, pur se non espressamente contemplati nel piano concordatario, siano stipulati dal debitore in corso di esecuzione del concordato preventivo omologato, ai fini del raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano medesimo e dell'adempimento della proposta, devono ritenersi sorti in funzione della procedura e vanno ammessi in prededuzione allo stato passivo del fallimento consecutivo, dichiarato per effetto della risoluzione del concordato; per Cass., 9 settembre 2016, n. 17911, in Giustizia Civile,  Mass. 2016, i crediti sorti in esecuzione del concordato preventivo sono prededucibili nel successivo fallimento se conformi al piano approvato dai creditori ed omologato dal tribunale; ancora, in termini, Cass., 4 febbraio 2021, n. 2656, in Fallimento, 2021, p. 937.
[91] 
V., L. Panzani, Ancora sulla prededuzione dei crediti sorti in esecuzione del concordato preventivo, in Fallimento, 2021, p. 939; a favore della prededuzione con diverse cautele, però, cfr., G.B. Nardecchia, La prededuzione e la lesione della par condicio creditorum, in Fallimento, 2018, p. 418; in termini dubitativi, R. Brogi, L’esecuzione del concordato preventivo nel Codice della crisi, in Fallimento, 2020, p. 1331.
[92] 
G. D’Attorre, Creditori posteriori e doveri degli amministratori nell’esecuzione del concordato preventivo, cit., p. 544.
[93] 
G. D’Attorre, Creditori posteriori e doveri degli amministratori nell’esecuzione del concordato preventivo, cit., p. 545.
[94] 
G. D’ATTORRE, Le regole di distribuzione del valore, in Fallimento, 2022, p. 1223; M. Perrino, “Relative priority rule” e diritti dei soci nel concordato preventivo in continuità, in Dirittodellacrisi.it, dicembre 2022, p. 1 ss.; G. Lener, Considerazioni intorno al plusvalore da continuità e alla “distribuzione” del patrimonio (tra regole di priorità assoluta e regole di priorità relativa), in Dirittodellacrisi.it, febbraio 2022, p. 1 ss. 
[95] 
G. D’Attorre, Creditori posteriori e doveri degli amministratori nell’esecuzione del concordato preventivo, cit., p. 558. 
[96] 
V. Zanichelli, Prededuzione dei crediti tra interpretazioni attuali (incerte) e possibili soluzioni future, cit., p. 559.
[97] 
Cass., 8 maggio 2019, n. 12064, in Fallimento, 2019, p. 1327.
[98] 
M. Spiotta, è necessaria o inutile una definizione di procedura concorsuale (o di procedura di regolazione della crisi o di quadro di ristrutturazione)? Quando le categorie generali possono conservare funzionalità, in Dirittodellacrisi.it.
[99] 
A. Nigro-D. Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, cit., p. 44.
[100] 
G. D’Attorre, La concorsualità liquida nella composizione negoziata, in Fallimento, 2022, p. 301.
[101] 
V. Zanichelli, Prededuzione dei crediti tra interpretazioni attuali (incerte) e possibili soluzioni future, cit., p. 559. 
[102] 
A. Bassi, La illusione della prededuzione, in Giucomm., 2011, I, p. 345; V. Andrioli, Fallimento, in Enc.di, XVI, Milano, 1967, p. 444; Trinchi, sub art. 111, cit., p. 1172; E. Marinucci, I crediti prededucibili nel fallimento, cit., p. 185; Id., Note sulla disciplina processuale dei crediti prededucibili dopo le riforme, cit., p. 1017; A. Jorio, Le crisi d’impresa. Il fallimento, cit., p. 683; S. Bonfatti-F. Censoni, Lineamenti di diritto fallimentare, cit., p. 185; G. Fauceglia-N. Rocco di Torrepadula, Diritto dell’impresa in crisi, cit., p. 251; P. Pajardi-A. Paluchowski, Manuale di diritto fallimentare, cit., p. 639; sull’idea del fallimento quale luogo di separazione patrimoniale, A. De Martini, Il patrimonio del debitore nelle procedure concorsuali, Milano, 1956, p. 63. Sulla necessità di seguire l’ordine delle prelazioni v., Cass., 3 marzo 2011, n. 5141, in Foro.it., Rep.  2011, voce Fallimento, n. 497; Cass., 20 dicembre 1990, n. 12075, in Fallimento, 1991, p. 670; Cass., 29 gennaio 1982, n. 569, in Fallimento, 1982, p. 564; Trib. Cosenza, 24 marzo 1986, in Banca, borsa, tit.cred., 1987, II, p. 655.
[103] 
L. Balestra, Brevi note sui crediti prededucibili e crediti ipotecari e pignoratizi, in Fallimento, 2017, p. 5; A. Penta, Il concorso di crediti prededucibili, in Fallimento, 2017, p. 1318;  G.U. Tedeschi, Impresa e lavoro, II, in Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, Milanofiori-Assago, 2011, p. 89; G. Bozza, La ripartizione dell’attivo, in Il nuovo diritto fallimentare, diretto da A. Jorio-M. Fabiani, Bologna, 2010, p. 636; S. Bonfatti-F. Censoni, Lineamenti di diritto fallimentare, cit., 185; P. Pajardi-A. Paluchowski, Manuale di diritto fallimentare, cit., p. 639; F. Parente, sub art. 2745, cit., p. 1009; V. Zanichelli, La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali, cit., p. 324; A. Silvestrini, sub art. 111, cit., p. 1559; App. L’Aquila, 6 luglio 2017, in Fallimento, 2017, p. 1317. Per la soluzione della prevalenza della prededuzione, prima della riforma del 2006, v., E. Marinucci, I crediti prededucibili nel fallimento, cit., p. 179; Cass., 14 gennaio 2004, n. 335, in Giust. civ., 2004, I, p. 1249; Cass., 28 giugno 2002, n. 9490, in Fallimento, 2003, p. 817; Cass., 11 gennaio 1995, n. 251, in Foro it., 1995, I, c.2857; Cass., 20 giugno 1994, n. 5913, in Fallimento, 1995, 150. Sulla possibilità di imputare al ricavato della vendita del bene dato in pegno o ipotecato anche una quota delle spese generali della procedura v., Cass., 12 maggio 2010, n. 11500, in Fallimento, 2010, p. 1271; Cass., 2 febbraio 2006, n. 2329, in Di e pratica fallim., 2006, fasc. 2, p. 50.
[104] 
A. Bassi, La illusione della prededuzione, cit., p. 345.
[105] 
Ad esempio, per Cass., 3 marzo 2011, n. 5141, in Foro it., Rep.  2011, voce Liquidazione coatta amministrativa e ammin. straord., n. 31, l'ammissione al passivo in prededuzione del credito per tfr del lavoratore dipendente, ai sensi dell'equiparazione ai debiti d'impresa così disposta dall'art. 4 D.L. n. 414/1981 (conv. nella L. n. 544/1981), non costituisce titolo preferenziale, in favore di tale creditore, rispetto al credito del fondo di garanzia, gestito dall'Inps, e derivante dalla surroga dell'ente previdenziale nel credito pagato ad altri dipendenti - secondo la previsione e con decorrenza dall'entrata in vigore dell'art. 2 L. n. 297/1982 - in quanto la norma istitutiva della surroga in questione, benché disponga testualmente l'attribuzione al predetto fondo del «privilegio» ex art. 2751 bis e 2776 c.c. spettante al lavoratore surrogato sul patrimonio del datore di lavoro, non può che riferirsi all'intera posizione sostanziale e processuale di detto lavoratore, non necessitando l'automatismo di tale surrogazione legale, alla stregua dell'art. 1203 n. 5 c.c., di alcuna diversa ed ulteriore disposizione normativa; con la conseguenza che il fondo di garanzia che abbia anticipato il tfr ad altri dipendenti ha diritto ad essere pagato in prededuzione se (come nel caso di specie) tale è la collocazione che, nell'ambito della procedura, spetta al credito dei lavoratori soddisfatti.
[106] 
Sia consentito il rinvio a M. Fabiani, La par condicio creditorum al tempo del codice della crisi, in Questione giustizia, 2019, p. 202. In questa cornice, non si prende, qui, posizione sull’argomento se la prededuzione sia istituto eccezionale rispetto al (discusso) principio generale della parità di trattamento, su cui v., L.C. Ubertazzi, Prededuzione e par condicio creditorum, cit., p. 655.
[107] 
Sebbene ad altri fini, suggerisce la formazione di una classe obbligatoria di creditori prededucibili, G. Ferri jr, In tema di prededuzione prefallimentare, cit., p. 452.

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