Tuttavia, prima di esaminare il nuovo sistema della prededuzione, giova ripercorrere le tappe di un lungo viaggio nel quale, sin dal testo dell’art. 111 L. fall. della legge del 1942, esistevano le suggestioni per dare alla prededuzione, in allora così non definita, una collocazione di sistema diversa da quella di preferenza meramente processuale[52] e non contaminata dalla diffusa convinzione che i due mondi fossero separati, inter alia, anche dal fatto che nell’esecuzione individuale le spese sono anticipate dal creditore procedente[53]. Affermazione di per sé incontrovertibile e tuttavia priva di significatività se si pensa al fatto che quelle spese, poi, vanno a gravare sulla massa disponibile e quindi, sebbene solo al momento della distribuzione, il tema della prededuzione torna prepotentemente all’attenzione.
Però, si è detto, la vocazione processuale era giustificata dalla circostanza empirica che nella maggior parte dei casi i crediti a cui attribuire la preferenza erano strettamente inerenti allo svolgimento della procedura, così tanto da far coniare il termine “procedurale”[54].
Sennonché, nel momento in cui la preferenza viene assegnata a crediti che sorgono, dentro o fuori la procedura poco importa, perché l’impresa prosegue e nuovi rapporti obbligatori si formano, ci si doveva chiedere se davvero la preferenza potesse essere riconosciuta per ragioni processuali.
Forse per “comodità”, forse per esigenze di semplificazione, forse solo per mancata volontà di approfondire la questione, si è trascinata sino alla attualità la convinzione secondo la quale la prededuzione e le cause di prelazione sarebbero istituti non comunicanti[55]. Giova riportare un recente arresto della Suprema Corte - per cogliere quali siano le radicate convinzioni senza una adeguata riflessione – là dove si è affermato: “Nelle procedure concorsuali, compresa quella di concordato, la prededuzione attribuisce non una causa di prelazione ma una precedenza processuale, in ragione della strumentalità dell'attività, da cui il credito consegue, agli scopi della procedura, onde renderla più efficiente, atteso che, mentre il privilegio, quale eccezione alla par condicio creditorum, riconosce una preferenza ad alcuni creditori e su certi beni, nasce fuori e prima del processo esecutivo, ha natura sostanziale e si trova in rapporto di accessorietà con il credito garantito poiché ne suppone l'esistenza e lo segue, la prededuzione – che, per la differenza del piano su cui opera rispetto al privilegio, può aggiungersi alle cause legittime di prelazione nei rapporti interni alla categoria dei debiti di massa, quando vi sia insufficienza di attivo e sia necessario procedere ad una gradazione pure nella soddisfazione dei creditori prededucibili – attribuisce una precedenza rispetto a tutti i creditori sull'intero patrimonio del debitore e ha natura procedurale, perché nasce e si realizza in tale ambito e assiste il credito di massa finché esiste la procedura concorsuale in cui lo stesso ha avuto origine, venendo meno con la sua cessazione.”[56]
Il tema è stato trattato anche dalle Sezioni unite ma in modo superficiale come se fosse scontato[57].
Ciascuna delle singole proposizioni sopra precisate parrebbe, di per sé, inappuntabile, se non fosse che con una lettura trasversale e più in profondità ci si avvede che la gran parte delle postulazioni racchiude una petizione di principio e dà per provato ciò che invece va dimostrato.
Le proposizioni, tratte dalla motivazione della decisione, sono:
(i) “L'istituto si differenzia radicalmente dal privilegio”. È sin troppo ovvio che questa affermazione di per sé non assume alcuna decisività e va, comunque, dimostrata.
(ii) “Il privilegio infatti è una prelazione accordata in considerazione della causa del credito, ex art. 2741 co. 2, c.c., e art. 2745 c.c., e consiste in una qualità del credito che, in caso di concorso con altri creditori nell'esecuzione forzata, consente una soddisfazione prioritaria; la prededuzione invece è un'operazione di prelevamento che si realizza tramite la separazione delle somme necessarie per la copertura delle spese della procedura dal ricavato dell'espropriazione forzata dei beni del debitore”. In questa frase si annidano alcune verità; la prededuzione è una operazione di prelevamento nel senso che prima si soddisfano i creditori prededucibili, ed è una operazione extra riparto per ciò che attiene alle spese della procedura che, come si è visto, costituiscono una categoria ad hoc delle prededuzioni.
(iii) “Dunque il primo, quale eccezione alla par condicio creditorum, riconosce una preferenza ad alcuni creditori e su certi beni, nasce fuori e prima del processo esecutivo, ha natura sostanziale e si trova in un rapporto di accessorietà con il credito garantito, poiché ne suppone l'esistenza e lo segue; la seconda, diversamente, attribuisce una precedenza rispetto a tutti i creditori sull'intero patrimonio del debitore, ha natura procedurale perché nasce e si realizza in tale ambito e assiste il credito di massa finché esiste la procedura concorsuale in cui lo stesso ha avuto origine, venendo meno con la sua cessazione”. Qui, invece, si colgono le distorsioni interpretative derivanti da una inadeguata riflessione. Infatti, quando si sostiene che la prededuzione viene meno con la cessazione della procedura, ci si dimentica che anche il privilegio, in realtà, non ha alcun significato fuori da una procedura di concorso. Certo, c’era (o meglio si assumeva l’esistenza di) una differenza (differenza soppressa dal codice della crisi, v., infra), perché il credito privilegiato tale sarà anche in una qualunque successiva procedura esecutiva, mentre parrebbe che così non fosse per la prededuzione; si è usato il condizionale perché, invece, con la sesta proposizione, il vincolo di accessorietà viene smentito, quanto meno, nel caso della consecuzione di procedure.
(iv) “E la diversità di piani su cui i due istituti operano è evidente ove si consideri che la prededuzione può aggiungersi alle cause legittime di prelazione nei rapporti interni alla categoria dei debiti di massa (potendosi ipotizzare l'esistenza di crediti prededucibili privilegiati o anche garantiti da ipoteca), quando vi sia insufficienza di attivo e sia necessario procedere a una gradazione pure nella soddisfazione dei creditori prededucibili.” Il fatto che la qualità della prededuzione sia aggiunga alle cause di prelazione non sembra decisivo, perché esiste già il concorso di cause di prelazioni sullo stesso credito, come è dimostrato dal fatto che i crediti muniti di privilegio possono essere garantiti anche col pegno o con l’ipoteca. L’addizione di cause di preferenza non è, dunque, esclusivo delle prededuzioni.
(v) “La prededuzione attribuisce quindi una precedenza processuale, in ragione della strumentalità dell'attività da cui il credito consegue agli scopi della procedura, onde renderla più efficiente”. È vero che la prededuzione si connette ad una ragione di strumentalità, ma questa strumentalità talora è legata alla procedura, ma più spesso è legata all’impresa.
(vi) “Questa precedenza viene accordata al credito non sempre e comunque, ma all'interno dell'ambito processuale in cui lo stesso ha avuto origine e a condizione che in quell'ambito si rimanga.” In questa prospettiva il fenomeno della consecuzione delle procedure concorsuali costituisce l'unica alternativa al venir meno della prededuzione con l'esaurirsi della procedura e consente il permanere della precedenza riservata al credito di massa anche al di fuori dell'ambito procedurale in cui è sorto e a seguito del suo esaurirsi. La collocabilità in prededuzione in una seconda procedura di crediti caratterizzati secondo la tripartizione della L. Fall., art. 111 e conseguenti a un'attività svolta in una procedura antecedente postula perciò un accertamento di consecutività tra i procedimenti susseguitisi fra loro.”
Una volta stabilito che già nella tessitura normativa della legge fallimentare si poteva fondatamente dubitare della esattezza della tesi più condivisa, si tratta, ora, di vedere se, invece, la prededuzione non possa, con maggiori certezze, emanciparsi dal processo e se a questo approdo non possa essere di ausilio il nuovo regime disciplinare previsto nell’art. 6 CCII.
Nella comune e condivisa accezione, il privilegio – che si sostanzia in un diritto di prelazione sul ricavato rispetto agli altri creditori - è una preferenza accordata ad un credito in relazione alla causa giustificativa della ragione di credito[58].
Con una scelta discrezionale e non sindacabile dalla giustizia costituzionale il legislatore decide di attribuire a determinate tipologie di crediti il diritto ad essere preferiti rispetto ad altri crediti[59]. Si tratta di una scelta che dovrebbe essere rigidamente causale, e non casuale come spesso è accaduto e come è parimenti accaduto anche nel caso “mitico” della prededuzione assegnata ai coltivatori di bietole[60]; in verità la pluralità delle cause di prelazione legale è così frammentata che ogni tentativo di giungere ad una classificazione per categorie economiche di privilegio[61] non può che sortire un esito meramente descrittivo.
È noto a tutti che nel corso del tempo il legislatore ha incrementato sempre di più le cause di prelazione senza estrarne alcuna; il risultato è stato quello che alcuni crediti sono stati spinti verso il basso nella graduatoria (e sono divenuti a rischio incapienza quasi al pari dei creditori chirografari) ed altri, per essere davvero preferiti, sono stati spinti verso l’alto con la formula “sono preferiti ad ogni altro credito…”[62].
La sfera dei privilegi è così ingolfata e affastellata in una miriade di leggi complementari che l’Esecutivo, nel varare il decreto legislativo delegato in attuazione della legge delega 155/2017 non ha avuto la forza (forse anche politica perché ci si trova nelle sabbie mobili degli interessi corporativi che pervadono il nostro Paese) di dare attuazione al principio contenuto nell’art. 10 che prevede(va) “il Governo procede al riordino e alla revisione del sistema dei privilegi, principalmente con l'obiettivo di ridurre le ipotesi di privilegio generale e speciale, con particolare riguardo ai privilegi retentivi, eliminando quelle non più attuali rispetto al tempo in cui sono
state introdotte e adeguando in conformità l'ordine delle cause legittime di prelazione” e decimare l’ipertrofia del sistema[63].
Tuttavia, ferma è la radice del privilegio: la causa dell’obbligazione. Il privilegio si esercita solo all’interno di un processo esecutivo (singolare o collettivo)[64] e solo nel concorso di più creditori[65], ma è istituto proprio delle categorie del diritto civile; il privilegio esiste, per legge o per convenzione, prima del concorso[66]; non esiste poi, un privilegio esteso su tutto il patrimonio, ma se mai, sul patrimonio mobiliare e poi con collocazione sussidiaria sul patrimonio immobiliare come accade per talune categorie di crediti ai sensi dell’art. 2776 c.c.[67] Sono notazioni corrette e suffragate dalla legge, ma non paiono davvero decisive se si guarda alla sostanza del fenomeno: fra il credito prededucibile che si esercita su tutto il patrimonio (ad eccezione dei beni ipotecati e pignorati) e il credito privilegiato che si esercita sul patrimonio mobiliare e si colloca sussidiariamente su quello immobiliare non vi sono effettive distanze (anche se la collocazione sussidiaria è postergata ai privilegi immobiliari).
La prededuzione nella accezione convenzionale è, invece, una sorta di prelievo (antergazione) che si dispone sull’attivo che deve essere distribuito ai creditori; il fatto è che il meccanismo del prelievo non esaurisce il significato e la portata della prededuzione, posto che predicare che la somma può essere prelevata dice poco, perché ciò che davvero conta è se il prelievo è giustificato dall’esistenza di una obbligazione e se l’obbligazione sussiste davvero non si comprende come l’esaurimento della procedura possa condurre all’annientamento del credito e della preferenza. Anche la prededuzione si esercita solo all’interno di un processo – collettivo secondo alcuni[68], ma anche singolare secondo altri[69] – e solo nel concorso[70] di più creditori[71], ma è (recte, sarebbe) istituto delle categorie del processo civile perché non interessa la causa dell’obbligazione ma solo l’inerenza al procedimento espropriativo[72].
Questa dualità, in presenza di una tessitura normativa profondamente diversa da quella del 1942, non può più essere condivisa; l’assioma “la prededuzione nasce nell’ambito di una procedura concorsuale”[73] è ormai privo di effettivi referenti normativi.
Quando la legge attribuisce una preferenza non già perché un certo credito deriva da una determinata fonte obbligatoria meritevole, ma perché un certo credito è funzionale alla prosecuzione dell’attività d’impresa si avverte che questo credito riceve un trattamento migliore in considerazione della sua formazione economica nella dinamica dell’impresa e non già perché collegato ad un processo, una dinamica nella quale il centro dell’attenzione si è già spostato dall’imprenditore all’impresa[74]; che si possa dare rilievo alla formazione economica del credito non è una fuga in avanti perché è lo stesso legislatore che, per diritto positivo, dà risalto agli interessi economici omogenei quali sintomi che giustificano la suddivisione di creditori in più classi[75].
In questa cornice è più che ragionevole distaccarsi dalle categorie del passato e apprezzare il fatto che ai fini dei concordati si possano valutare e valorizzare interessi economici quali sono quelli al trattamento preferenziale-prededucibile in un contesto non dissimile dalla tassonomia dei privilegi. Ed infatti, al pari della meritevolezza degli interessi che è la ragione di attribuzione dei privilegi, il legislatore mostra la consapevolezza della creazione di diritti diseguali[76] in funzione dell’obiettivo della procedura di concorso, la cui cifra della diseguaglianza altro non è che un diverso modo di vedere la meritevolezza.
La preferenza afferisce all’obbligazione non perché sia meritevole la fonte ma perché è meritevole la ragione per la quale l’obbligazione si è formata e questa ragione è la continuazione dell’attività. Non una continuità fine a sé stessa, ma una continuità diretta, tanto nell’esercizio provvisorio (art. 211 CCII) - declinato in modo lessicalmente diverso – quanto nel concordato preventivo (artt. 84 e 87 CCII), destinati a non creare pregiudizio ai creditori[77].
Il distacco dalla matrice processuale lo si apprezza perché la preferenza si stabilisce in ragione della inerenza del credito all’attività d’impresa e quindi non è il processo espropriativo la giustificazione della preferenza. È ovvio che la prededuzione si eserciti, poi, solo nel processo, ma questo accade parimenti per le cause di prelazione, talché il processo non è più la fonte della preferenza ma il luogo dove la preferenza si fa valere.
È utile chiarire, però, che questa diversa collocazione funzionalistica va riconosciuta solo ad una porzione dei crediti prededucibili e cioè non a quelli che afferiscono alla gestione del procedimento, attività diversa dalla gestione dell’impresa. Solo al modo di un esempio, i costi di gestione degli organi della procedura sono fonte di obbligazioni che ineriscono al processo e che pertanto restano con una collocazione differente rispetto alla categoria civilistica delle prelazioni.
Il credito che sorge in funzione dell’attività dell’impresa è allora un credito prededucibile perché così la legge lo qualifica, ma nella sostanza si apprezza come un superprivilegio (v., infra) – non sottoposto alla regola di cui all’art. 2777, comma 3, c.c. – che trova la sua fonte non nella causa ma nella funzione del credito.
Questa lettura già consentita dalla normativa della legge fallimentare[78] – sebbene all’esito di uno slalom fra molti ostacoli - trova ancor più consistenti appigli nel codice della crisi.