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Saggio

Spunti ricostruttivi sulla prededuzione nel nuovo Codice della crisi*

Alessandro Farolfi, Giudice addetto all'Ufficio del Massimario e del Ruolo presso la Corte di Cassazione

10 Gennaio 2023

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
*Lo scritto costituisce la rielaborazione della relazione tenuta dall’A. al convegno dal titolo “Il soddisfacimento dei creditori nelle procedure di composizione della crisi d’impresa”, tenutosi a Reggio Emilia il 28 ottobre 2022, coordinato scientificamente da S. Bonfatti.
Lo scritto affronta il tema della prededuzione alla luce dell'entrata in vigore del nuovo Codice della crisi di impresa. In particolare, dopo alcune premesse intese a riassumere alcuni recenti approdi della giurisprudenza di legittimità in tema di prededuzione e consecuzione fra procedure, l'autore affronta alcuni possibili dubbi applicativi relativi alle disposizioni contenute nell'art. 6 del Codice e delinea, in sintesi, una quadro ricognitivo delle diverse norme che nel Codice trattano o lambiscono questo istituto; non mancano alcuni spunti ricostruttivi finali nei quali, fra l'altro, ci si interroga sul nuovo ruolo "sostanziale" della prededuzione, destinata a permanere anche nelle "successive" procedure esecutive e concorsuali.
Riproduzione riservata
1 . Introduzione
La presente relazione [1] non ha l’ambizione di trattare in modo completo l’istituto della prededuzione nelle procedure concorsuali, quanto piuttosto di offrire - con la sintesi richiesta dalla natura di questo scritto - alcuni spunti interpretativi sulle disposizioni che il nuovo Codice della crisi dedica a questo istituto e su alcune conseguenze applicative che lo stesso sembra consentire rispetto all’elaborazione compiuta nel vigore del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, e succ. modd.[2]
Come è noto, nella legge fallimentare modificata dalla riforma apportata dai D.Lgs. n. 5/2006 n. 169/2007[3] vi era una disposizione di carattere generale, collocata nella parte relativa alla ripartizione dell’attivo, rappresentata dall’art. 111, comma 2, L. fall., secondo cui “sono considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge; tali debiti sono soddisfatti con preferenza ai sensi del primo comma n. 1)”[4]. Questo comportava la possibile ricostruzione, in termini generali e necessariamente schematici, di almeno tre diversi ordini di prededuzioni[5]:
a) quelle c.d. “tipiche”, ossia previste da specifiche disposizioni di legge (ad es. l’indennizzo dovuto dalla curatela in caso di scioglimento dal contratto di affitto d’azienda ex art. 79 L. fall. o l’analogo indennizzo dovuto in caso di scioglimento dal contratto di locazione ex art 80 L. fall.; i crediti sorti nel corso dell’esercizio provvisorio ex art. 104 L. fall., ecc…);
b) quelle sorte “in occasione” di una procedura concorsuale, con espressione tendenzialmente ricondotta all’elemento temporale dell’insorgenza del credito dopo l’apertura della procedura, inteso perciò come un debito di massa e non anteriore o, comunque, quale credito geneticamente riconducibile all’operato degli organi della procedura concorsuale;
c) quelle “in funzione”, categoria assai più lata e suscettibile di interpretazioni contrastanti, in quanto astrattamente anteriori - dal punto di vista cronologico – rispetto all’apertura del concorso; quest’ultima categoria era peraltro quella che determinava le problematiche maggiori in caso di consecuzione fra diverse procedure concorsuali, con particolare riguardo al tema dei compensi professionali relativi alla presentazione di una procedura di ristrutturazione che – in prima approssimazione - una volta mancati gli obiettivi prefissi fosse successivamente sfociata in fallimento.
Questa sistemazione è in qualche modo divenuta insufficiente, o comunque oggetto di tensioni evolutive, alla luce delle più recenti modifiche alle disposizioni in tema di concordato.
Da un lato, è sorta una nuova categoria di prededuzioni collegate alla prosecuzione ordinaria dell’attività di impresa nel corso del concordato c.d. prenotativo (crediti di terzi sorti per atti “legalmente compiuti” dal debitore ex art. 161, comma, 7 L. fall.); dall’altro sono proliferati i casi di prededuzioni collegate all’autorizzazione giudiziale di finanziamenti (cfr. artt. 182 quater e quinquies L. fall.). Il concordato in continuità ha poi conosciuto forme di prededuzione “di fatto”, attraverso l’autorizzazione al pagamento integrale di crediti anteriori, quindi di per sé concorsuali, ma relativi a forniture o prestazioni considerate essenziali per la prosecuzione dell’attività aziendale (ancora art. 182 quinquies cit. con riferimento ai c.d. creditori “strategici”).
Più in generale, il fenomeno della consecuzione – che pure la giurisprudenza aveva ritenuto essere un fenomeno immanente del sistema della concorsualità[6] - è divenuto da fattispecie di nicchia una ipotesi ricorrente, soprattutto nel moltiplicarsi di casi di concordati seguiti, a diverso titolo, dal fallimento dello stesso debitore.
2 . La consecuzione e l’art. 69 bis L. fall.
Nelle norme della legge fallimentare, ha acquisito un rilievo particolare l’art. 69 bis, secondo cui “nel caso in cui alla domanda di concordato preventivo segue la dichiarazione di fallimento, i termini di cui agli articoli 64, 65, 67, primo e secondo comma, e 69 decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese”. Tale norma è stata generalmente vista come l’espressione di un principio di portata generale. Ma è veramente così?
Con riferimento ad una particolare categoria di crediti, quella dei professionisti che abbiano assistito il debitore nella predisposizione della domanda di concordato preventivo, il dibattito si è spesso incentrato sui concetti di funzionalità di tale apporto professionale e dell’utilità che da esso sarebbe derivato per la massa dei creditori, in termini semplificanti contrapponendosi due orientamenti principali: a) quello per cui l’utilità era sostanzialmente da valutarsi astrattamente e quindi sempre sussistente salvo il caso di inadempimento del professionista (e ciò proprio alla luce del citato art. 69 bis in relazione all’anticipazione del periodo sospetto che la sola presentazione della domanda avrebbe provocato unitamente alla c.d. cristallizzazione del debito); b) quello per cui invece l’utilità si doveva verificare in concreto, cioè valutando in ciascuna fattispecie singolarmente considerata se la prestazione professionale aveva o meno prodotto degli effetti positivi per i creditori. Non è mancato, peraltro, un diffuso orientamento, per c.d. “intermedio”, che ha ritenuto sussistente una sorta di presunzione relativa di utilità della prestazione professionale resa, con la possibilità per la curatela fallimentare di offrire la prova contraria[7].
Tralasciando in questa sede una più diffusa analisi di questi indirizzi, va certamente ricordato come le Sezioni Unite della Cassazione abbiano recentemente composto detto contrasto. In particolare, con la sentenza n. 42093 del 31/12/2021, le S.U. hanno infatti ritenuto che “in tema di concordato preventivo, il credito del professionista incaricato dal debitore per l'accesso alla procedura è considerato prededucibile, anche nel successivo e consecutivo fallimento, se la relativa prestazione, anteriore o posteriore alla domanda di cui all'art. 161 L. fall., sia stata funzionale, ai sensi dell'art. 111, comma 2, L. fall., alle finalità della prima procedura, contribuendo con inerenza necessaria, secondo un giudizio "ex ante" rimesso all'apprezzamento del giudice del merito, alla conservazione o all'incremento dei valori aziendali dell'impresa, sempre che il debitore sia stato poi ammesso al concordato ex art. 163 L. fall.”; con l’ulteriore avvertenza, fatta propria dall’autorevole pronuncia nomofilattica, che “restano impregiudicate, da un lato, la possibile ammissione al passivo, con l’eventuale causa di prelazione e, per l’altro, la non ammissione, totale o parziale, del singolo credito ove si accerti l’inadempimento della obbligazione assunta o la partecipazione del professionista ad attività fraudatoria”[8].
In quest’ottica l’effettiva apertura della procedura concordataria è stata considerata un vero e proprio “spartiacque” ai fini del riconoscimento della prededuzione, occorrendo pertanto un provvedimento giudiziale – l’ammissione appunto – che implicitamente, ma anche in modo formale, riconoscesse l’utilità e la funzionalità della prestazione professionale stessa, così superando quello che era forse il precedente maggioritario orientamento[9].
Ma, si diceva, l’art. 69 bis L. fall. esprime davvero un principio di carattere generale?
La risposta della Cassazione più recente appare, forse sorprendentemente, di ordine negativo.
Anche qui, semplificando eccessivamente i toni del dibattito, si può citare come esempio una recente decisione: si tratta di Cass., Sez. I, 16 febbraio 2022, n. 5090[10], secondo la quale risulta manifesta l’intenzione del legislatore di regolare autonomamente i singoli effetti giuridici prodotti dalla presentazione della domanda di concordato sul fallimento consecutivo, sì che, al di fuori di tali effetti tipici, nessun effetto ulteriore risulta predicabile in via interpretativa. In particolare, la c.d. ”retrodatazione” di cui parla l’art. 69 bis varrebbe solo ai fini del computo per le azioni revocatorie e di inefficacia, ma non assumerebbe rilievo sull’ammissione dei crediti ex art. 96, comma 3, n. 3, L. fall., dal cui disposto si evince inequivocabilmente che la data da considerare ai fini della opponibilità della sentenza nei confronti della massa è quella della dichiarazione di fallimento e non quella di pubblicazione della domanda di ammissione al concordato preventivo. Pertanto, la sentenza favorevole ottenuta dal creditore e passata in giudicato in pendenza di un concordato preventivo, poi seguito dalla dichiarazione di fallimento, deve considerarsi opponibile a quest’ultima procedura, ma non attribuisce a detto credito una natura prededuttiva, consentendone l’ammissione unicamente in via chirografaria.
Anche Cass., Sez. I, 8 luglio 2022, n. 21758[11], si è espressa nel senso di non attribuire alla “consecuzione” il rango di principio generale, ed ha perciò ritenuto che l’art. 168 L. fall., comma 3, nella parte in cui dispone l'inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni anteriori all'iscrizione nel registro delle imprese del ricorso per concordato preventivo rispetto ai creditori anteriori al concordato, non trovi applicazione nel caso in cui, una volta aperta la procedura concordataria, la stessa abbia avuto esito infausto e sia stato, contestualmente o anche in un momento successivo, dichiarato il fallimento dell'imprenditore, “trovando l'inefficacia degli atti nell'ambito della proceduta fallimentare la propria disciplina (soltanto) negli artt. 64 e segg. L. fall.”.
3 . L’art. 6 del nuovo Codice della crisi
In questo contesto si colloca l’entrata in vigore del Codice. Vediamo quali norme trattano di prededuzione.
In primo luogo, certamente, una norma cardine è costituita dall’art. 6. Può essere interessante ricordare quanto afferma la Relazione illustrativa (almeno per le parti che non si riferivano al procedimento di composizione assistita davanti agli OCRI, abrogato e “sostituito” dalla composizione negoziata, prima con il d.l. n. 118/2021, poi con gli artt. 12 e ss. dello stesso codice).
L’articolo 6 è diretto all’attuazione del principio contenuto nell’art. 2, comma 1, lett. l), legge delega n. 155/2017, nella parte in cui mira espressamente al contenimento dei costi delle procedure e dunque delle ipotesi di prededuzione, specie dei professionisti, al fine di evitare che, come attualmente spesso avviene, il pagamento dei crediti prededucibili assorba in misura rilevante l’attivo delle procedure, compromettendo gli stessi obiettivi di salvaguardia della continuità aziendale e il miglior soddisfacimento dei creditori.
Di conseguenza alle lettere c) e d) del comma 1 si prevede che, fermo restando l’elevato grado di privilegio di cui restano comunque muniti i crediti professionali sorti in funzione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti e del concordato preventivo, la prededuzione spetta solo nei limiti del 75% dell’ammontare del credito, sempre a condizione, rispettivamente, che l’accordo sia omologato o che la procedura di concordato sia aperta. E’infatti unicamente a questa condizione che l’opera del professionista – il cui credito è comunque assistito da un privilegio di grado elevato (art. 2751 bis, n. 2, c.c.) - può ritenersi aver apportato un reale beneficio alla massa dei creditori e che quindi si giustifica un sacrificio delle aspettative di soddisfacimento dei creditori stessi. […] Restano ferme le regole già vigenti riguardanti la prededucibilità dei crediti sorti durante le procedure concorsuali e la sua persistenza nelle procedure successivamente aperte
”.
Ricordati così gli intendimenti perseguiti dal legislatore, l’art. 6 del nuovo Codice della crisi ribadisce in primo luogo che esiste una prededuzione legale o tipica (vds. comma 1), alla quale vanno equiparati (“oltre ai crediti così espressamente qualificati dalla legge, sono prededucibili”):
a) i crediti relativi ai compensi per le prestazioni rese dall’OCC in tema di sovraindebitamento;
b) i crediti professionali funzionali alla omologazione degli accordi di ristrutturazione o del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, nonché quelli relativi alla richiesta di misure protettive, nei limiti del 75% del credito accertato e “a condizione che gli accordi o il piano siano omologati”;
c) i crediti professionali funzionali alla presentazione della domanda di concordato preventivo, nonché della relativa proposta e del piano che la correda, nei limiti del 75% del credito accertato e “a condizione che la procedura sia aperta ai sensi dell’art. 47” CCII;
d) i crediti legalmente sorti durante le procedure concorsuali per la gestione del patrimonio del debitore e la continuazione dell’esercizio dell’impresa, il compenso degli organi preposti e le prestazioni professionali richieste dagli stessi organi (definizione quest’ultima che sembra rimandare alla categoria delle prededuzioni in occasione o per spese di massa).
La norma, pur di contenuto apparentemente chiaro, offre il destro per affrontare alcuni dubbi interpretativi o criticità che, sia pure schematicamente, si possono qui menzionare.
3.1 . La prededuzione in “percentuale”
Pur se il dubbio può in astratto porsi in relazione al riconoscimento in percentuale (il 75%) della prededuzione, il credito del compenso professionale, così come si esprime anche la relazione, mantiene il privilegio che lo caratterizza e non è “cancellato” per il restante 25%, secondo la sua natura e la misura convenuta o accertata. La norma – in altri termini – non determina una novazione legale dell’importo dovuto al professionista, né determina una remissione parziale del compenso: si parla infatti di credito su cui va riconosciuta parzialmente la prededuzione, in linea con quel principio di contenimento dei costi delle procedure di cui discorre la richiamata relazione illustrativa, ma né in quest’ultima, né in alcuna altra parte del Codice, vi sono elementi testuali che dispongano una riduzione complessiva dell’importo complessivo credito del professionista che, come tale, e quindi indipendentemente dalla parte prededucibile di esso (e salvo naturalmente l’inadempimento e l’exceptio inadimpleti contractus che il curatore dovesse sollevare[12]), deve comunque essere soddisfatto, previa insinuazione allo stato passivo della successiva procedura liquidatoria (in questo senso paradigmatico il testo non modificato dell’art. 151, comma 2, CCII). In definitiva la norma sembra escludere qualunque falcidia, limitandosi appunto ad affermare che il 75% del credito (il cui residuo 25% quindi non scompare e non è oggetto di remissione legale) è a certe condizioni assistito dalla prededuzione. Né, si ripete, il testo della medesima disposizione autorizza a ritenere che tale riconoscimento parziale privi il credito – per la sua interezza – dell’eventuale qualità privilegiata che lo assiste naturalmente, in connessione con la causa genetica sostanziale che ne ha determinato l’insorgenza.
3.2 . Il credito “accertato”
La norma parla di credito “accertato” volendo esprimere con tale termine, come una “sineddoche”, il caso più frequente della liquidazione giudiziale consecutiva, nella quale il credito, pure prededucibile in parte, deve essere oggetto per l’intero di istanza di insinuazione al passivo e di accertamento da parte del g.d. (o del giudice della successiva opposizione), così come il citato art. 151, comma 2, CCII ribadisce chiaramente. La norma non vuole (o almeno così non sembra) ridurre il fenomeno della prededuzione ad un valore esclusivamente processuale, istituendo una obbligatoria corrispondenza biunivoca con la fase di verificazione del passivo, tanto è vero che, come subito si vedrà, il nuovo Codice parla all’art. 98 di prededuzione anche all’interno del concordato preventivo (dove una fase giudiziale di accertamento del passivo è per definizione sconosciuta), e soprattutto ne riconosce tale caratteristica anche nelle “successive procedure esecutive” oltre che concorsuali (cfr. ultimo comma dell’art. 6 in esame).
Dove, pertanto, si faccia questione di tale forma di prededuzione e non sia prevista una verifica del passivo, il riferimento dovrà intendersi a quanto concordato dalle parti, restando l’“accertamento” di cui parla la norma ad appannaggio dei casi di successiva apertura di una procedura liquidatoria. A tal riguardo, va subito chiarito ulteriormente che tale accertamento non riguarderà unicamente la liquidazione giudiziale (che come noto ha preso il posto della procedura “maggiore” del fallimento), ma potrebbe interessare anche l’accertamento in seno ad una liquidazione controllata, riservata dagli artt. 268 e ss. CCII ai soggetti non fallibili, per i quali pure potrà innovativamente porsi un problema di “consecuzione” fra procedure concorsuali (ad es. da precedente ristrutturazione dei debiti del consumatore o concordato minore a liquidazione controllata).
3.3 . Valore esemplificativo o tassativo?
Al di là della suggestione del quesito e ad onta della finalità “moralizzatrice” perseguita dalla norma in commento, questa non sembra avere un contenuto tassativo, come si può evincere da alcuni esempi.
In particolare, si consideri in primo luogo che l’art. 6 riconosce la prededuzione anche per la richiesta di misure protettive e per le prestazioni rese dall’OCC senza, a prima lettura, richiedere altre particolari condizioni; deve tuttavia ipotizzarsi che – come nel caso dell’accordo di ristrutturazione è richiesta la sua omologa e per il concordato l’ammissione alla procedura – anche per il riconoscimento della prededuzione nei casi di misure protettive o sovraindebitamento occorra un successivo provvedimento nel merito di conferma della stessa o di ammissione alla procedura di sovraindebitamento, al fine di non incorrere in una irragionevole disparità di trattamento con le altre ipotesi in cui la norma effettua il riconoscimento, ma a condizione appunto che la procedura sia aperta od omologata e, quindi, la prestazione professionale abbia così raggiunto il suo scopo, assicurando una utilità che il provvedimento giudiziale implicitamente acclara.
Peraltro, a ben vedere, la norma non parla della richiesta di misure cautelari. Il che non sembra frutto di una volontà espressa di escludere la prededuzione connessa alla prestazione professionale relativa alla loro richiesta giudiziale. Se, infatti, la misura protettiva sarà certamente di più frequente utilizzo, non è da escludere che vi siano fattispecie nelle quali il ricorso a misure cautelari è essenziale per garantire la buona riuscita della trattativa o la stessa predisposizione del piano. Ed anche in tal caso, con l’avvertenza che l’istanza sia stata esaminata nel merito e non immediatamente respinta de plano, dovrà riconoscersi quella stessa prededuzione che la norma assicura testualmente alla sola domanda giudiziale di misure protettive, stante l’evidente eadem ratio.
Posta questa prima osservazione, potrebbe allora anche sostenersi che la norma non escluda la possibilità di riconoscere la prededuzione ai compensi degli advisors nell’ambito delle procedure di sovraindebitamento. Pur se, infatti, le norme prevedono l’intervento necessario dell’OCC e del gestore da questi nominato, non sembra che il legislatore sia giunto al punto di escludere o vietare la facoltà di ricorso all’assistenza tecnica da parte del debitore: una tale scelta, in procedimenti nei quali esistono momenti conflittuali di contestazione della omologazione o anche di richiesta “ostile” (si pensi alla novità della domanda di apertura della liquidazione controllata da parte di uno o più creditori), parrebbe addirittura contraria ad una interpretazione costituzionalmente orientata delle nuove disposizioni[13]. Quindi, se pure è vero che con disposizioni di favore ed al fine di contenere i costi delle procedure il debitore deve necessariamente essere assistito dall’OCC e può limitarsi a tale ausilio, non sembra però che da ciò discenda un divieto di farsi rappresentare da un difensore o, nei casi più complessi, di elaborare un piano di ristrutturazione o industriale tramite propri advisors ai quali si potrà, conseguentemente, in analogia con quanto la norma prevede per le procedure maggiori (e purchè l’apporto sia strettamente necessario ed abbia portato all’apertura della procedura richiesta), riconoscere la prededuzione per il 75% dell’importo convenuto od accertato (per questo secondo caso si pensi ancora alla liquidazione controllata, nella quale la fase di verifica del passivo è stata maggiormente giurisdizionalizzata rispetto a quella prevista nella liquidazione del patrimonio della legge n. 3/2012: cfr. i nuovi artt. 270, comma 2, lett. d) e 273 CCII).
Del resto, se la norma accorda la prededuzione per la richiesta di misure protettive e se queste ultime possono riguardare certamente anche le imprese minori o agricole (anche per chi non ritiene applicabile l’art. 44 del CCII, infatti, resta pur sempre applicabile il procedimento degli artt. 18 e 19, ben potendo la composizione negoziata riguardare anche le imprese minori ex art. 25 quater CCII), non si vede come – irragionevolmente – la stessa prededuzione non debba riguardare anche l’apporto professionale reso per la procedura principale alla cui fruttuosità ed effettiva percorribilità le prime sono strumentalmente e funzionalmente rivolte.
3.4 . La prededuzione come categoria “sostanziale”
Del tutto nuova è l’affermazione per cui la prededucibilià dei crediti ricordati permane non solo nell’ambito delle successive procedure concorsuali, ma anche in quelle esecutive. Cessa in tal modo la valenza esclusivamente processuale della prededuzione, che diventa piuttosto – al pari del privilegio – un criterio di preferenza del credito di natura sostanziale, addirittura utilizzabile anche nelle successive procedure esecutive individuali, a prescindere dalla pendenza di una procedura concorsuale riguardante il medesimo debitore.
Questo dato, a ben vedere, appare veramente rivoluzionario rispetto al sistema previgente e spinge a ritenere che questa qualifica caratterizzi il credito in sé, nella sua essenza causale e non più soltanto quale forma di privilegio processuale. A tal punto, la caratteristica sostanziale della “nuova” prededuzione potrebbe essere fatta valere non soltanto nei confronti del debitore, come è certo più frequente, ma anche di eventuali coobbligati (si pensi ad un soggetto fideiussore che abbia garantito il pagamento dei compensi oltre al debitore o ad un terzo che si sia accollato i relativi costi: l’accessorietà di tale obbligazione può probabilmente portare a riconoscere il rango prededuttivo del credito anche in una eventuale esecuzione individuale promossa nei confronti del garante del debitore principale assoggettato a concorso o del di lui accollante).
Anche al di là di tale possibile estensione soggettiva, la circostanza per cui il credito sia azionabile in via esecutiva individuale porta probabilmente a svalutare lo stesso concetto di “consecuzione” fra procedure. Si potrebbe così pensare che la norma, in questo caso, dove parla di procedure “successive”, intenda tale concetto sotto un profilo prevalentemente se non esclusivamente cronologico. In altri termini, ferma restando l’elaborazione della consecuzione per gli istituti che ad essa fanno espresso riferimento (come anche la Cassazione nel 2022 ci ha ricordato a proposito dell’art. 96 e 168 L. fall., con le sentenze richiamate al par. 2), qui l’art. 6 potrebbe, per così dire, “accontentarsi” di un concetto di consecuzione “attenuato”, non espresso in termini di identica insolvenza, ma si semplice posteriorità della procedura relativa allo stesso debitore e rispetto alla quale, naturalmente, il titolo fondante il credito prededucibile sia opponibile. Del resto, se è vero che il credito prededuttivo così riconosciuto potrà essere fatto valere in sede esecutiva individuale – nella quale una consecuzione è per definizione esclusa – appare quantomeno strano che ciò che è così possibile ottenere in via individuale non sia consentito azionare in una eventuale procedura collettiva, ferme le regole di eventuale accertamento del credito, in caso di contestazione, ivi previste.
Una ulteriore conseguenza, infine, sembra ulteriormente profilarsi. Se la prededuzione si avvia ad ottenere un riconoscimento di natura sostanziale, si può probabilmente ritenere, altresì, che anche il credito prededucibile sia “colpito” e non sopravviva ad una eventuale esdebitazione che – all’esito di altra successiva procedura – il debitore dovesse comunque conseguire (l’evenienza è certamente rara, perché dovrebbe ammettersi una procedura liquidatoria successiva il cui attivo non sia neppure sufficiente a consentire il pagamento integrale delle prededuzioni, ma non è un caso di scuola, ora che l’esdebitazione può maturare “di diritto” al decorso di un triennio dall’apertura della procedura liquidatoria, fermo naturalmente l’impedimento costituito da eventuali “abusi” o frodi ai danni dei creditori).
4 . La prededuzione nel codice: un quadro ricognitivo
Come si è inizialmente accennato, questa relazione, oltre allo scopo di affrontare alcuni dubbi interpretativi, ha altresì (e forse soprattutto) uno scopo informativo circa le novità del Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, che sta per l’appunto muovendo i suoi primi passi. Appare perciò opportuno, accanto ad una disamina del citato art. 6, svolgere una sintetica ricognizione delle altre norme del Codice che parlano di prededuzione o, comunque, con tale concetto hanno a che fare.
Viene in rilievo, in primo luogo, l’art. 22 lett. a), b) e c), il quale si occupa di finanziamenti prededucibili nella composizione negoziata sotto varia forma concessi ed autorizzati dal tribunale, verificata la funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale ed alla migliore soddisfazione dei creditori. In questo senso, a conferma, si può ricordare anche l’art. 24, comma 1, in tema di conservazione degli effetti degli atti autorizzati dal tribunale rispetto alle successive procedure ivi elencate: si tratta di disposizione che sul piano sistematico sembra introdurre una sorta di “consecuzione” fra composizione negoziata – che non è evidentemente una procedura concorsuale – ed altre procedure concorsuali successive, ma qui la deroga ai principi si giustifica nella misura in cui la prededuzione sia stata riconosciuta da un provvedimento autorizzativo del tribunale che diviene, pertanto, non solo provvedimento di stabilizzazione dell’atto e di “deresponsabilizzazione” per la sua esecuzione ma, altresì, nell’evidente scopo di incentivare il finanziamento all’impresa in crisi, momento di insorgenza di una prededuzione “ope judicis” non fondata sulla natura concorsuale – che come detto non sussiste – del percorso negoziale vigilato in cui la composizione negoziata si svolge. Da notare che l’art. 25 quater, comma 6, accorda una analoga conservazione degli effetti degli atti autorizzati anche per le imprese “sotto-soglia”.
L’art. 25 ter, comma 12, riconosce che anche il compenso dell’esperto è prededucibile ai sensi dell’articolo 6, rimarcando qui – forse – ancora una volta che la elencazione contenuta in quest’ultima disposizione non ha natura tassativa ma esemplificativa e che, pertanto, la prededuzione va assicurata ai soggetti la cui opera sia comunque strumentale e necessaria alla ristrutturazione della crisi.
Una disposizione non irrilevante appare poi l’art. 25 sexies, comma 2, nella parte in cui dispone che dalla data della pubblicazione del ricorso per l’omologazione del concordato semplificato si producono gli effetti previsti dagli artt. 6, 46 (vedi in part. comma 4), 94 e 96. La norma rimarca una sorta di actio finium regundorum fra composizione negoziata – per la quale non può parlarsi di procedura concorsuale in assenza, fra l’altro, di un qualunque spossessamento del debitore – e presentazione del concordato semplificato per la liquidazione, da ritenersi invece una vera e propria procedura concorsuale di carattere concordatario, seppure non assistita dal momento della votazione, ma caratterizzata da una fase di omologazione “ad ampio spettro”, nella quale i creditori possono far valere ogni tipo di contestazione ed il giudice svolgere penetranti controlli.
Da notare anche l’art. 46, comma 4, secondo cui i crediti verso terzi, sorti dopo il deposito della domanda di accesso al concordato preventivo, anche se “prenotativo” ex art. 44, sono prededucibili se la loro genesi deriva per effetto di atti legalmente compiuti dal debitore: si tratta, per questa parte, sostanzialmente di una riproposizione del “vecchio” art. 161, comma 7, L. fall., alle cui problematiche interpretative può rinviarsi. Vale la pena sottolineare che l’art. 64 bis, comma 2, estende quanto previsto dall’art. 46, comma 4, alla presentazione della domanda di omologazione del piano di ristrutturazione sottoposto ad omologazione, il che appare forse opportuno in quanto, al di là di una formale libertà di manovra del debitore, non del tutto coerente con la natura di procedura concorsuale che lo stesso sembra rivestire diversamente dalla composizione negoziata, già in questa fase opera una vigilanza vera e propria da parte del Commissario giudiziale.
L’art. 97, comma 11, dispone che l’indennizzo dovuto in caso di sospensione o scioglimento del contratto pendente è trattato come un credito chirografario anteriore, ma eventuali prestazioni eseguite legalmente e in conformità degli accordi o agli usi dopo la pubblicazione della domanda di accesso al concordato e prima della notifica del provvedimento giudiziale (sospensivo o caducatorio) danno luogo a crediti da ritenersi in prededuzione.
L’art. 98 riconosce espressamente la prededuzione nel concordato, così superando annose discussioni sulla possibilità di configurare questo istituto in ambito concordatario; la norma prevede che il credito prededucibile debba soddisfarsi alla scadenza prevista dalla legge o dal contratto, volendo con ciò esprimere un concetto che è solo apparentemente ovvio, ma ribadendo piuttosto che l’istituto ha ormai una valenza “sostanziale” e che – ecco una possibile ricaduta concreta – nella previsione dei piani di ripartizione dovrà evidentemente darsi la precedenza alle prededuzioni non solo in termini di necessario soddisfacimento integrale, ma anche temporale, così rispettando, salvo espressa pattuizione para-concordataria in deroga, il termine negoziale o legale che le assiste.
L’art. 99 riguarda, invece, i finanziamenti prededucibili autorizzati prima dell’omologazione del concordato preventivo o degli accordi, se funzionali alla miglior soddisfazione dei creditori; la disposizione si occupa anche dei finanziamenti (comma 4) erogati in funzione della presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo o di omologazione dell’accordo di ristrutturazione se previsti dal piano e la stessa è espressamente sancita dal decreto di apertura del concordato o segue l’omologa dell’accordo stesso. L’art. 101 completa l’ambito dei finanziamenti, riguardando i finanziamenti prededucibili in esecuzione, purchè l’accordo di ristrutturazione o il concordato siano stati omologati ed i finanziamenti siano espressamente previsti nel piano. Questa necessità di previsione espressa pone forse un limite alla possibilità di riconoscere generiche prededuzioni “in esecuzione”, relative a finanziamenti od operazioni che non siano espressamente previste nel piano.
L’art. 170, comma 2, ripropone, di fatto, il contenuto del previgente art. 69 bis L. fall. esplicitando, nell’area delle azioni revocatorie, l’idea stessa della consecuzione fra procedure concorsuali. La norma meriterebbe ben altro spazio, che qui non è possibile affrontare. Per tutte basti pensare al concetto di “procedura concorsuale” che la norma ancora utilizza, invece di citare i singoli strumenti e procedure di ristrutturazione del debito e dell’insolvenza previsti dal Codice, così da lasciare perciò all’interprete l’analisi di temi relativi all’eventuale consecuzione innovativa fra diverse procedure minori o fra accordi ad efficacia estesa o PRO ed altra successiva procedura concorsuale liquidatoria.
Gli artt. 184 e 185 valgono a “trasformare” l’indennizzo dell’affittante o del locatore in credito concorsuale, mentre invece nella legge fallimentare tale credito indennitario era trattato come prededucibile; emerge anche qui l’idea di contenimento dei costi delle procedure oltre che, probabilmente, quella per cui si vuole rimarcare come il titolo causale del credito non sia riconducibile al recesso del curatore – posteriore all’apertura del concorso – ma trovi pur sempre causa genetica nell’originario negozio di affitto d’azienda o locazione anteriore all’apertura della liquidazione giudiziale.
L’art. 221 continua a prevedere al primo posto, nell’ordine dei crediti da soddisfare, i crediti prededucibili, ma scompare significativamente il secondo comma del “vecchio” art. 111, che nella norma di nuovo conio non è riprodotto, e la cui funzione è svolta dal già citato art. 6. L’art. 222, infine, disciplina il soddisfacimento dei crediti prededucibili nella liquidazione giudiziale, mentre l’art. 277 contiene una disciplina analoga per la liquidazione controllata, rimarcando come la prededuzione possa intaccare anche quanto ricavato dalla vendita del bene costituente la garanzia reale di un creditore ipotecario o pignoratizio[14].
5 . Conclusioni
Non è certo questo il luogo per tracciare delle conclusioni definitive su un tema controverso come la prededuzione, conclusioni che solo l’applicazione giurisprudenziale delle norme di nuovo conio potrà offrire. E’però possibile, alla luce delle considerazioni che precedono, tentare di offrire alcuni spunti ricostruttivi di un istituto che, come si è visto dagli esempi forse incompleti che si sono offerti, lungi dal costituire una particella isolata del sistema, rappresenta un vero e proprio fil rouge che attraversa plurimi strumenti e procedure di composizione della crisi. In quest’ottica la prededuzione finisce per delineare l’essenza stessa della concorsualità, di cui costituisce una vera e propria “cartina al tornasole”, tanto che, dove di concorsualità non può parlarsi - come nel caso della composizione negoziata - la stessa si deve necessariamente innervare su di un intervento giurisdizionale che, riconoscendo tale beneficio, vale ad incentivare gli operatori ed i finanziatori, in particolare, ad approcciarsi alla crisi di impresa con minori remore.
La possibile esazione in sede esecutiva dei crediti prededuttivi, inoltre, porta forse a rileggere lo stesso concetto di consecuzione. Non a caso l’art. 170, comma 2 CCII riprende ai fini dell’applicazione del periodo “sospetto” per le revocatorie il testo del previgente art. 69 bis L. fall., mentre l’ultimo comma dell’art. 6 CCII parla più semplicemente di procedure od esecuzioni individuali “successive”. Forse in tal modo la consecuzione, come riconosciuto da alcune più recenti decisioni del S.C. che si sono ricordate al par. 2, si avvia ad essere un fenomeno non estensibile a settori diversi da quelli che espressamente disciplina, come in particolare avviene per quello delle revocatorie. Ed allora, come si è avvertito, parrebbe abbastanza contraddittorio far dipendere l’esistenza della prededuzione da una consecuzione in senso tecnico, presupponente una identica insolvenza, quando tale credito può ormai essere fatto valere “extra concorso” con una qualunque azione individuale.
Ancora, l’art. 6, come si è visto, non parla di prededuzione in esecuzione di un accordo o di un piano concordatario omologati, mentre l’unica disposizione che si riconduce a tale categoria è quella, come si è già indicato, dell’art. 101 CCII, con riferimento ai finanziamenti, ma a condizione che gli stessi siano espressamente previsti dal piano. Questa circostanza può forse contribuire a limitare l’insorgenza di generici crediti prededuttivi attinenti alla fase esecutiva dei concordati omologati, se non siano espressamente indicati dal piano stesso ed abbiano perciò in qualche modo formato oggetto dell’incontro di volontà con i creditori concorsuali, ponendo perciò al contempo alcuni limiti a quell’orientamento giurisprudenziale che in qualche modo ha a volte “largheggiato” nel riconoscere una tale categoria di crediti.
Il che in fondo riporta, forse, ad una linea di tendenza del codice che sembra garantire alla prededuzione una maggiore certezza, in cambio di una incidenza quantitativa sensibilmente ridotta o, comunque, più chiaramente prevedibile. Dato questo certamente non irrilevante, anche per chi si accinga a predisporre piani e proposte di ristrutturazione del debito utilizzando i nuovi strumenti messi a disposizione dal Codice.

Note:

[1] 
Testo tratto dalla relazione tenuta al convegno “Il “soddisfacimento dei creditori” nelle procedure di composizione della crisi d’impresa”, Reggio Emilia, 28 ottobre 2022.
[2] 
Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (il cui testo aggiornato è consultabile al seguente link: https://dirittodellacrisi.it/codice-crisi) è stato approvato con il D.Lgs. n. 14/2019 (pubblicato sulla G.U. n. 6 del 14 febbraio 2019), in attuazione dei principi direttivi contenuti nella L. n. 155/2017; l’articolato è stato profondamente modificato prima ancora della sua entrata in vigore con il c.d. “correttivo” di cui al D.Lgs. n. 147/2020 (a sua volta pubblicato sulla G.U. n. 276 del 5 novembre 2020). L’articolo 5, comma 1, del D.L. n. 23/2020, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 40/2020 (il testo coordinato con le modifiche è consultabile sulla G.U. n. 143 del 6 giugno 2020), emanato nel pieno della c.d. “prima ondata” della tristemente famosa pandemia da Covid-19, hai poi rinviato l’entrata in vigore del CCII al 1° settembre 2021. Quindi l’art. 1 del D.L. n. 118/2021 (in G.U. n. 202 del 24 agosto 2021) ha posticipato l’entrata in vigore del nuovo Codice al 16 maggio 2022 e rinviato alla fine del 2023 l’entrata in vigore dell’intero Titolo II, dedicato all’allerta ed alla composizione assistita davanti agli OCRI – Organismi di composizione della crisi. Infine, il decreto PNRR 2 (art. 42 del D.L. n. 36/2022) ha rinviato al 15 luglio 2022 l’entrata in vigore del nuovo Codice.
[3] 
Che ai sensi dell’art. 390, comma 2, CCII continua ad applicarsi alle procedure di fallimento ed alle altre procedure concorsuali pendenti alla data del 15 luglio u.s., nonché alle procedure aperte a seguito della definizione dei ricorsi e delle domande depositate prima di tale data.
[4] 
In origine la norma parlava, più semplicemente di “spese, comprese le spese anticipate dall'erario, e dei debiti contratti per l'amministrazione del fallimento e per la continuazione dell'esercizio dell'impresa, se questo è stato autorizzato” il cui pagamento andava preferito ed antergato rispetto al soddisfacimento degli altri creditori.
[5] 
In termini generali e senza pretese di completezza, anche per ulteriori riferimenti bibliografici, vds. F.M. Cocco, Conflitto tra crediti prededucibili e crediti ipotecari nella liquidazione dei beni e applicabilità per analogia dell’art. 111 ter L. fall., in Dirittodellacrisi.it; S. Bonfatti, La nuova finanza bancaria, ivi; V. Lenoci, sub art. 111, in Codice della crisi di impresa (diretto da f. di marzio), Milano, 2017; S. Leuzzi, Dalla crisi all’emergenza: la prededuzione al tempo del Covid-19, ivi; A. Napolitano, La prededuzione per funzionalità del credito del professionista, ivi; S. PACCHI, Le prededuzioni dei professionisti nel concordato preventivo, ivi; C. Perago, I pagamenti nel fallimento, in Trattato di diritto fallimentare (diretto da F. Vassalli – F.P. Luiso – E. Gabrielli), Torino, II, 2014, 745; A. Picardi, Sub art. 6, in Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (diretto da F. Di Marzio), Milano, II ed., 2022.
[6] 
Vds. ad es. Cass. 6 agosto 2010, n. 18437, in dejure.it.
[7] 
Considerazioni ancora attuali in A. Carratta, Sui limiti della prededucibilità dei crediti professionali, in attesa dell'intervento delle Sezioni Unite, in Diritto fallimentare società commerciali, Torino, 2021, 3 – 4; F. Di Marzio, Credito professionale e prededuzione, in giustiziacivile.com; F. Pani, Il credito prededucibile del professionista tra novità normative e giurisprudenziali, in ilcaso.it, ristrutturazioni aziendali; ivi ulteriori riferimenti bibliografici.
[8] 
Vds. Per un primo commento L.A. Bottai – A. Pezzano, Gli effetti della sentenza a SS.UU. n. 42093/2021 sulle prestazioni professionali a favore dell'impresa in crisi, in ilfallimentarista.it; F. CASA, La “quadratura del cerchio”; note minime su una sentenza importante (Cass., sez. un., 31 dicembre 2021, n. 42093), in ilcaso.it - ristrutturazioni aziendali; G. Fichera, Le Sezioni Unite stringono i cordoni della borsa sulla prededuzione del professionista nel concordato, in ilfallimentarista.it; Nardecchia, La prededuzione secondo le Sezioni unite, in Fallimento, 2022, III, 365.
[9] 
Da ricordare anche Cass. n. 14181/2022, che sulla scia del precedente arresto, ha ritenuto che la prededuzione si estenda al credito per IVA e contributo previdenziale (CPA), stante l'identità del titolare, del fatto generatore dei crediti e della comune funzione, “giacché la valutazione di funzionalità prevista dall'art. 111, comma 2, L. fall., non può che condurre, rispetto a tali crediti, ad un unico e coincidente approdo”.
[10] 
In ilfallimentaristas.it, con nota di G. Lazoppina.
[11] 
In dirittoegiustizia.it, con nota di E. Ruggeri.
[12] 
Innovativa ricostruzione del contratto fra impresa in crisi e professionista, anche per i suoi riflessi sulla causa, le obbligazioni che ne derivano e gli eventuali profili patologici, in D. Galletti, Il contratto di advisoring e la rilevanza “civilistica” della causa di regolazione della crisi, in Diritto fallimentare società commerciali, 2022, 5.
[13] 
In questo senso non appaiono condivisibili quelle prime pronunce di merito che hanno dichiarato l’inammissibilità di domande di composizione della crisi da sovraindebitamento presentate dal debitore con il patrocinio di un legale al quale era stata conferita apposta procura, confondendosi l’obbligatorietà dell’assistenza da parte dell’OCC con il divieto di servirsi del patrocinio legale. Si pensi, del resto, che anche nei casi in cui il codice di rito consente alla parte di stare in giudizio personalmente alla stessa non è mai vietato di ricorrere, comunque, per maggiore completezza di difesa, al patrocinio tecnico-legale.
[14] 
Cfr. Cass., Sez. 1, 10/06/2022, n. 18882, secondo cui “il credito erariale per l'IMU maturata dopo la dichiarazione di fallimento rientra tra le spese sostenute per la conservazione, amministrazione e liquidazione dell'immobile ed integra una "uscita di carattere specifico", a norma dell'art. 111 ter L. fall., che grava in prededuzione su quanto ricavato dalla liquidazione del bene, anche se oggetto di ipoteca, trovando tale soluzione conferma, altresì, nella formulazione contenuta nell'art. 222, comma secondo, del Codice della crisi di impresa approvato con D.Lgs. n. 14 del 2019”. Conclusione quest’ultima che, per il vero, si ritrova anche nell’antecedente Cass. Sez. U, 16/02/2022, n. 5049, con riferimento al diverso profilo della natura del credito da insinuare al passivo ex art. 70 L. fall., da parte del creditore che abbia subito la revocatoria del pagamento ottenuto attraverso l’incameramento della somma derivante dalla vendita di un bene concesso in pegno dal debitore poi fallito, rilevando come il rispetto della par condicio cui l’azione di inefficacia esercitata dal curatore è diretta non sia sminuito dal riconoscimento del carattere privilegiato del citato credito, proprio per il carattere sotto-ordinato che lo stesso riveste rispetto alle concorrenti prededuzioni.

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