Viceversa, anche gli advisors sono assistiti dalla prededuzione nei casi di accordi di ristrutturazione, p.r.o., concordato preventivo, oltre che per la richiesta di misure protettive (art. 6, lett. c) e d)).
Soccorre qui quanto detto al primo paragrafo: la prededuzione costituisce una precedenza processuale e quindi si tratta di norme non estensibili analogicamente.
Dalle disposizioni richiamate emerge che la prededuzione spetterà a chi abbia assistito nella predisposizione della domanda per uno degli strumenti indicati (quindi anche quella che non indica ancora lo strumento prescelto, ai sensi delle previsioni di cui all’art. 44, comma 1, CCII), nonché nel deposito del piano e della proposta concordataria, oltre che alla predisposizione dell’istanza di misure protettive.
Con riferimento a queste ultime si nota la mancanza di riferimento alle misure cautelari: forse si potrebbe ritenere che le stesse, in quanto strumentali alla stessa domanda relativa allo strumento (sebbene dall’art. 54, comma 1, CCII si evincerebbe il contrario) le relative spese professionali sarebbero prededucibili con riferimento alla predisposizione della domanda.
Resta da vedere se i crediti cui si riferisce la norma in esame siano quelli soli strumentali alla domanda, o siano anche quelli successivi, cioè relativi alle attività svolte durante la procedura (si pensi all’assistenza che si svolge nel giudizio di omologazione; non direi invece in nessun caso quella di integrazione richiesta dal tribunale, che riguarda obiettive mancanze dell’attività posta a monte). Se comunque si opina nel senso che l’attività successiva non sia ricompresa, allora dovrà ammettersi che essa rientri fra quella richiesta dal debitore per il buon esito di cui alla successiva lett. d) (sul che cfr. anche infra), con conseguenze in tema di percentuale di soddisfacimento in prededuzione.
Altro interrogativo riguarda il professionista attestatore. Difficile negare che si tratti di un professionista il cui credito sia sorto in funzione della domanda, del deposito della proposta e del piano. Quanto all’ipotesi di attestazioni la cui necessità sia da ricollegarsi a singoli atti da autorizzare (si pensi alle attestazioni previste dall’art. 100 CCII), in tal caso nella fase con riserva si farà applicazione dell’art. 46 e in quella anteriore all’omologazione del disposto di cui all’art. 6, comma 1, lett. d).
Sorge poi qui un ulteriore interrogativo, inerente alla prededuzione per chi abbia assistito il debitore nella presentazione di una domanda di concordato semplificato.
Fin troppo facile osservare che se la lettera b) attiene solo a p.r.o. e ad accordi, e pone come condizione la relativa omologazione, la lett. c) si riferisce al solo concordato preventivo e pone come condizione l’apertura.
Evidente, dunque, che il legislatore non ha tenuto conto espressamente del concordato semplificato, visto che questo non viene “aperto” ma solo omologato. Eppure, al pari del concordato preventivo e del p.r.o. si tratta di una procedura concorsuale, e di natura chiaramente concordataria (un concordato coattivo, si direbbe). Sostenere in tal caso che la natura derogatoria e “tipica” delle ipotesi di prededuzione sarebbe tale da escludere l’estensione della prededuzione forse è troppo, per l’appartenenza di quello semplificato al genus del concordato, né per esso possono dirsi sussistere quelle remore alla concessione della prededuzione che caratterizzano le procedure da sovraindebitamento e quindi giustificherebbero la relativa esclusione nel caso del concordato minore. Ritengo quindi che anche il professionista in parola possa ottenere il soddisfacimento prededucibile in base alla lettera c).
I crediti di tali soggetti, cioè coloro i quali abbiano assistito il debitore, in caso di successiva apertura della l.g. sono soggetti da un lato alla falcidia del 25 %; dall’altro alla condizione che accordi e pro siano stati omologati o il concordato sia stato aperto. Che la falcidia si applichi solo in caso di successiva l.g., e non di concordato, si comprende se si considera che si parla qui di crediti “accertati”. Dopodiché il riferimento alla natura “professionale” dei crediti porta ad escludere che i limiti suddetti si applichino ai crediti degli organi concorsuali (commissari, liquidatori, esperto nel caso di concordato semplificato), che invece sono prededucibili integralmente.
La porzione non prededucibile (il 25 % quindi) sarà pertanto oggetto di credito privilegiato (essendo l’advisor un professionista nominato dal debitore) da ammettersi normalmente al passivo.
Peraltro, a questo punto occorre una precisazione: la prededuzione dei professionisti (e in generale quella maturata nelle procedure diverse da quelle liquidatorie) ha un senso limitato, cioè non disciplina un grado di preferenza, posto che il suo soddisfacimento integrale è già necessariamente stabilito in sede di piano. La preferenza ha senso, infatti, quando l’attivo è strutturalmente insufficiente a pagare i crediti, ma così non è nel concordato in cui già la proposta prevede il pagamento integrale di quel credito. Dunque la percentuale suddetta non assume rilievo perché il compenso è indicato nel piano. Al più il significato in questi limiti è solo una direttiva nella costruzione del piano, in cui si deve prevedere la presenza di fondi per il pagamento integrale di tal sorta di crediti.
Certo non si può negare che in caso di riparti periodici, o comunque plurimi, si debba iniziare col soddisfare i crediti prededucibili, se attuali, e ben potrebbe accadere che si verifichi l’insufficienza dell’attivo anche qui, con risoluzione o meno del concordato (oggi più certa, visto che l’art. 119 CCII consente anche al commissario di chiederla su semplice istanza di un creditore): in tal senso, se non si aprirà la liquidazione giudiziale, si avrà rilevanza anche in sede concordataria.
Ma la rilevanza preminente nelle procedure concordatarie, oltre che vincolare, questo sì, il piano, si coglie per differenza con i crediti successivi, quelli cioè sorti in sede di esecuzione della continuità, che si soddisfano anche in sede esecutiva individuale, ed anche sui beni destinati al soddisfacimento di prededucibili e concorsuali, mentre i crediti prededucibili non possono soddisfarsi su tali beni con le forme dell’esecuzione individuale. Poi ovviamente la differenza si coglierà anche in sede di liquidazione, in cui la prededuzione può essere riconosciuta, per quanto detto, solo ai crediti sorti in corso di procedura e non a quelli successivi, che restano concorsuali.
Quanto alla disposizione dell’art. 98, per cui almeno nel concordato i debiti prededucibili vanno pagati alla relativa scadenza, tale direttiva non può che riferirsi al pagamento in corso di procedura, è dunque per quanto s’è detto impropria, mentre dopo – cioè in sede liquidatoria – non ha rilievo. Anche quando riferita al pagamento in corso, resta il vincolo derivante dall’autorizzazione giudiziale preventiva almeno nella fase con riserva, da ricollegarsi al fatto che difficilmente – proprio perché subordinata all’ammissione, il pagamento prima di tale momento sia dovuto.
I crediti in parola sono poi condizionati dalla sussistenza di una condizione costituita dall’omologa degli accordi o dei p.r.o. (e, per quanto qui concluso) anche del concordato semplificato), ovvero dall’apertura della procedura di concordato preventivo.
Anzitutto tale differenziazione, omologazione in un caso; apertura nell’altro, si spiega agevolmente: ai fini della prededuzione ciò che rileva è la funzionalità del credito del professionista, in relazione alla possibilità di attuare uno strumento di risoluzione della crisi d’impresa. Infatti, nel caso in cui il concordato preventivo sia stato ammesso, ma a ciò non abbia fatto seguito l’omologazione a causa del voto negativo dei creditori, la funzionalità dell’attività non deve escludersi, poiché la mancata omologazione non ha come conseguenza l’eliminazione della funzionalità stessa, essendo riconosciuta ai creditori la facoltà di accedere alla procedura alternativa e dipendendo l’omologazione stessa al voto contrario, scelta dei creditori stessi. Ciò che ovviamente non si riproduce per quei procedimenti che non prevedono il voto. Ma se le cose stanno così, poiché in sede di omologazione il tribunale può pur sempre rivalutare le condizioni di ammissibilità, non ritenendole sussistenti, torna la regola generale dell’esclusione della prededuzione.
Si tratta, a differenza di quanto detto a proposito del limite quantitativo, di una condizione rilevante anche in sede di procedura: il pagamento prima che accordi e p.r.o. siano omologati, o prima che il concordato sia aperto, non viene effettuato in relazione ad un debito esigibile, e richiede allora quantomeno l’autorizzazione giudiziale. Esso poi non dovrebbe mai essere neppure autorizzato in caso di fase con riserva, proprio per le ragioni esposte.
Ma se non è riconosciuta la prededuzione in sede liquidatoria, che ne è dei pagamenti effettuati? Se sono stati autorizzati indubbiamente essi sono assistiti dall’esenzione da revocatoria di cui all’art. 166,3 lett. g, ma diversamente non mi pare proprio, perché si tratterebbe di pagamenti in ipotesi di inesigibilità (e fors’anche di pagamenti addirittura inefficaci in quanto non autorizzati).
Ci si può poi domandare se la condizione in parola sia da considerarsi sussistente anche in caso di successiva revoca del concordato ai sensi dell’art. 106 CCII. Tralasciando il caso dell’inadempienza del professionista che emerga proprio in sede di giudizio di revoca, ovvero di sua partecipazione al disegno fraudolento del debitore, in generale la revoca dovrebbe comportare il venir meno della condizione positiva, e la norma in proposito stabilisce proprio che il decreto ex art. 47 CCII sia revocato.