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Saggio

La prededuzione dei professionisti*

Alberto Crivelli, Consigliere della Corte di Cassazione

11 Novembre 2024

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Lo scritto intende procedere, premessa una verifica della nozione di prededuzione contenuta nel codice della crisi, ad un esame specifico della prededuzione spettante ai professionisti coinvolti nelle varie procedure, con un particolare approfondimento riguardo a quelli che assistono il debitore. Il tutto alla luce delle modifiche introdotte in particolare all’art. 6 CCII dal D.Lgs. n. 136/2024.
 
The paper intends to proceed, after verifying the notion of pre-deduction contained in the CCII, to a specific examination of the pre-deduction due to the professionals involved in the various procedures, with a particular focus on those who assist the debtor. All this in light of the amendments introduced in particular to art. 6 CCII by D.Lgs. n. 136/2024.
Riproduzione riservata
1 . Il credito prededucibile in generale
Preliminare a questo breve studio risulta il chiarimento del concetto di spesa prededucibile[1].
Se la legge fallimentare trattava di tale credito solo a proposito della disciplina della distribuzione, ed in particolare agli artt. 111 bis e 111 ter, il codice della crisi ne fornisce una definizione ed una disciplina generale all’art. 6, ferma restando la normativa in tema di distribuzione di cui agli artt. 222 e 223. 
Secondo l’art. 6 CCII (che sul punto riprende e sviluppa il più sintetico concetto di cui all’art. 111, secondo comma, L. fall.), così come modificato dal decreto correttivo, D.Lgs. 13 settembre 2024, n. 136, sono prededucibili “Oltre ai crediti così espressamente qualificati dalla legge” i seguenti “a) i crediti relativi a spese e compensi per le prestazioni rese nell’esercizio delle funzioni rientranti nella competenza dell'organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento; b) i crediti professionali sorti in funzione della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti o del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione e per la richiesta delle misure protettive, nei limiti del 75% del credito accertato e a condizione che gli accordi o il piano siano omologati (…) c) i crediti professionali sorti in funzione della presentazione della domanda di concordato preventivo nonché del deposito della relativa proposta e del piano che la correda, nei limiti del 75% del credito accertato e a condizione che la procedura sia aperta ai sensi dell’articolo 47; d) i crediti legalmente sorti, durante la procedura di liquidazione giudiziale o controllata oppure successivamente alla domanda di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza, per la gestione del patrimonio del debitore e la continuazione dell'esercizio dell'impresa, il compenso degli organi preposti e le prestazioni professionali richieste dagli organi medesimi o dal debitore per il buon esito dello strumento”. 
La prededuzione, come chiarito dalla giurisprudenza, rappresenta una qualità del credito che “attribuisce non una causa di prelazione «ma una precedenza processuale[2], in ragione della strumentalità dell'attività, da cui il credito consegue, agli scopi della procedura, onde renderla più efficiente, atteso che, mentre il privilegio, quale eccezione alla "par condicio creditorum", riconosce una preferenza ad alcuni creditori e su certi beni, nasce fuori e prima del processo esecutivo, ha natura sostanziale e si trova in rapporto di accessorietà con il credito garantito poiché ne suppone l'esistenza e lo segue»”[3] Dunque essa si aggiunge alle cause legittime di prelazione nei rapporti interni alla categoria dei debiti di massa, in caso di insufficienza di attivo e semmai determina la necessità della relativa graduazione[4]. 
Che la prededuzione costituisca un privilegio processuale (il processo, dunque, come fonte della preferenza) lo dimostra il fatto che essa viene meno con la cessazione della procedura, mentre il credito privilegiato tale sarà anche in una qualunque successiva procedura esecutiva. Esso appartiene alla causa del credito e esiste prima del processo. Ciò si traduce con l’osservazione per cui mentre la prededuzione inerisce solo al processo, il privilegio preesiste e inerisce alla causa dell’obbligazione[5] . 
La prededuzione non ha senso né esiste dissociata dal processo o, meglio, dalla procedura, perché dall’esecuzione, perdipiù solo quella concorsuale; non attiene alla causa del credito, perché uno stesso credito, di uno stesso soggetto, può essere tanto prededucibile come no. Es. il debito derivante dall’attività d’impresa: se è maturato in corso di procedura costituisce credito prededucibile - quella prededuzione che il SC ha qualificato come necessaria per la sopravvivenza dell’attività commerciale in corso di procedura[6] e quindi strumentalmente ad essa (è il caso dell’esercizio provvisorio, dell’attività svolta in attesa dell’omologazione); se sorge dopo la procedura non è di per sé prededucibile, perché appartiene ad una fase, quella esecutiva ad es. del concordato, estranea al procedimento, e costituisce un debito ordinario, assistito dall’azione esecutiva individuale[7]. 
Ed è vero che almeno alcuni crediti prededucibili sono collegati a una finalità specifica, il funzionamento dell’impresa in procedura, ma la stessa dottrina che acutamente osserva questo[8], ammette poi che le cose cambiano, e la natura resta immutata, per gli altri crediti prededucibili (tra i quali verosimilmente, anche in crediti dei professionisti). 
Infine è vero che anche il privilegio assume la sua funzione in ambito espropriativo, quando c’è un ricavato da distribuire tra più creditori, ma si tratta di un privilegio, una deroga che come già osservato preesiste al processo, mentre i crediti prededucibili sorgono nel processo, in quello o in quello che allo stesso sia collegato in quanto espressione della medesima crisi, in base al disposto di cui al comma 2 dell’art. 6 CCII. 
Mi pare che il collegamento tra crediti prededucibili e processo (perché sorti in costanza di procedura) sia dunque evidente. Esso è fortemente affermato anche in giurisprudenza[9], che giunge ad escluderlo se non strettamente collegato a una procedura concorsuale[10], e se talora è relativo a crediti precedenti, si tratta non solo di crediti finalizzati alla procedura stessa, ma oggetto di controllo da parte dei relativi organi. 
Infatti, se i crediti prededucibili per vocazione si antepongono ai crediti anteriori è evidente che la prededucibilità non può affermarsi in assenza di un controllo, preventivo o postumo (queste sono le linee direttrici espresse dal nuovo art. 6 CCII). In limitati casi, propri delle procedure concordatarie, anche le obbligazioni contratte dal debitore dopo l’omologazione possono prevalere sui diritti dei creditori anteriori, ma solo quando vi sia stato, preventivamente, un controllo del giudice con la sentenza di omologazione. Per questo si può dire che dalle obbligazioni (specificamente) indicate nel piano possono sorgere crediti prededucibili. Ma che accade nella continuità diretta? Qui i flussi sono al netto dei costi, e solo questo risultato è garantito ai creditori concorsuali. Dunque nessun dubbio sul fatto che queste obbligazioni vadano adempiute (anche) col patrimonio nuovo generato dalla continuità, ma anche con il patrimonio dell’azienda, inclusi i beni strumentali e, direi, anche quelli per i quali il piano prevede la liquidazione, perché i relativi creditori (posteriori) non sono vincolati dal piano[11]. Ma è evidente che, una volta che il concordato non sia regolarmente eseguito e ad esso consegua la liquidazione giudiziale, questi debiti insoddisfatti, nella successiva procedura liquidatoria, non possono giovarsi della prededuzione, come invece quelli così qualificati e che anche nelle procedure conseguenti tale qualità conservano, come specifica l’art. 6, comma 2, CCII. I crediti posteriori sorti dall’attività in continuità esecutiva fuoriescono infatti dalle ipotesi tassativamente previste dall’art. 6 CCII, come del resto conferma indirettamente non solo il disposto dell’art. 98 CCII, ma il fatto che l’art. 6, comma 1, lett. d) contempla fra quelli prededucibili solo i crediti derivanti dall’esercizio dell’impresa che sorgono nel corso della procedura (e quindi fino alla sua chiusura, che nel caso degli strumenti è da individuarsi nell’omologazione). 
La tesi della natura non processuale della prededuzione poi, poggiata – per quanto si riferisce il CCII – sull’ultimo comma dell’art. 6, laddove si stabilisce (nella versione anteriore al decreto n. 136/24, che “la prededucibilità permane anche nell’ambito delle successive procedure esecutive o concorsuali”, non trova ora più riscontro dalla nuova dizione della disposizione, che infatti recita “La prededuzione opera in caso di apertura del concorso e permane anche quando si susseguono più procedure”[12]. Dunque non si può forse più sostenere che “In questo modo si slaccia la prededuzione dal processo”[13]: essa è collegata solo all’apertura del concorso e permane in caso di vera e propria consecutio, come non si è mai dubitato: ma per essere tale dev’essere prededuzione prima, e dopo. 
D’altro canto è evidente che la concezione di prededuzione è strettamente legata a quella di procedura concorsuale, non solo perché solo a proposito di queste è così denominata dalla legge, ma soprattutto perché essa, per avere senso, presuppone il pagamento operato da un organo attingendo ai fondi della procedura, situazione che se si ha nelle procedure concorsuali, non è configurabile in ipotesi di esecuzione individuale, in cui il giudice o il suo delegato dispongono semmai di un conto formalmente intestato al debitore, che contiene l’attivo distribuibile. Se per comodità la prassi prevede che le somme vengano prelevate da quel conto, spesso al momento della distribuzione, per pagare direttamente i professionisti coinvolti (inclusi esperti stimatori), in realtà si tratta di somme che andrebbero anticipate dai creditori, i quali poi hanno diritto a soddisfarsi per i relativi importi sul ricavato con privilegio di giustizia, ex art. 2770 c.p.c., per cui i prelievi diretti finiscono per costituire una mera partita di giro ma non trasformano un credito verso il procedente, e poi un credito privilegiato di questo verso il debitore, in un credito “verso” la procedura[14]. 
Un’ultima annotazione sotto il profilo cronologico.
2 . Tipicità della prededuzione
Se la prededuzione costituisce un istituto volto a garantire una precedenza nel soddisfacimento, per esigenze collegate al procedimento, essa si pone allora in un rapporto di natura derogatoria rispetto alla regola propria per tutti gli altri crediti concorsuali e quindi non può essere ammessa se non nei casi in cui espressamente la legge la prevede.Ciò trova pieno riscontro nel dato testuale che appunto, come riportato, prevede che i crediti prededucibili elencati all’art.6 costituiscono i casi di prededuzione (quindi gli unici) oltre a quelli così “espressamente qualificati dalla legge”, dove l’avverbio “espressamente” risulta a questo punto significativo della tassatività delle ipotesi. 
Pertanto solo descrittivamente rileva la tripartizione tradizionale tra crediti in prededuzione così qualificati da espressa disposizione di legge, quelli derivanti da rapporti giuridici costituiti dagli organi concorsuali (criterio funzionale) e quelli sorti, indipendentemente dalla volontà degli organi suddetti, in occasione delle procedure (criterio temporale). 
Le principali ipotesi di prededuzione sono quelle nominate all’art. 6, ma il codice ne contiene di altre specifiche. 
Intanto sono state sostanzialmente confermate tutte le ipotesi di finanziamento prededucibile strumentali rispetto ai concordati preventivi e agli accordi di ristrutturazione. In particolare: - l’articolo 99, commi da 1 a 4, contempla i finanziamenti interinali e urgenti già previsti dall’articolo 182 quinquies, comma da 1 a 4, della legge fallimentare; - l’articolo 99, comma 5, riproduce l’articolo 182 quater, comma 2, della legge fallimentare (c.d. finanziamenti ponte); - l’articolo 100, comma 1, esattamente come l’art. 182 quater, comma 1, della legge fallimentare, attribuisce la prededuzione ai finanziamenti in esecuzione del piano o di un accordo omologati; - infine, l’articolo 102 conferma la prededuzione ai finanziamenti dei soci, già disciplinata dall’articolo 182 quater, comma 3. Nel mezzo di questo insieme di conferme si colloca un interessante elemento di novità che riguarda tutti i finanziamenti suddetti (eccezion fatta per quelli dei soci). È stato infatti prevista la caducazione del beneficio della prededuzione qualora risulti (congiuntamente) che: a) il ricorso o l’attestazione contengono dati falsi ovvero omettono informazioni rilevanti o comunque quando il debitore ha commesso altri atti in frode ai creditori per ottenere l’autorizzazione; b) il curatore dimostra che i soggetti che hanno erogato i finanziamenti, alla data dell’erogazione, erano a conoscenza di tali circostanze (si vedano gli articoli 99, comma 6, e 101, comma 2). Ad esse poi ai agiungono, confermandosi rispetto alla vecchia legge fallimentare, altre ipotesi ed in particolare: i crediti derivanti dai contratti di durata in cui subentra il curatore (art. 179, 1); il credito per il compenso dell’esperto nella composizione negoziata (art. 25 ter, 12); il credito del debitore per il sussidio (art. 147,1). La prededuzione dei crediti sorti dopo la pubblicazione di cui all’art. 40, comma 3, citata all’art. 97, comma 11; e quella dei crediti sorti dopo la domanda di concordato di cui all’art. 46, rappresentano specificazione dell’ipotesi generale delle spese legalmente sorte in corso di procedura, sebbene indubbiamente il disposto da ultimo citato ha il merito di chiarire il regime relativo al periodo c.d. “in riserva”.
3 . I crediti professionali degli organi
Non è oggetto precipuo di questo studio l’esame dei crediti da compenso degli organi delle procedure, che pure configurano crediti prededucibili ai sensi dell’art. 6, 1, lett. d), ancorché indubbiamente tali organi siano individuati in professionisti. Peraltro in proposito non v’è molto da osservare, volta che si osservi che gli stessi, nominati dal giudice, godono della prededuzione (come previsto espressamente all’art. 6, comma 1, lett. d) e che circa la relativa quantificazione va affermata la competenza dell’autorità che li ha nominati (il discorso è forse più complesso per l’OCC, che non è nominato dal giudice, ma tale figura “ibrida” trova puntuale disciplina specifica come si vedrà). 
Peraltro in proposito un focus lo merita certamente la composizione negoziata, perché si tratta di un procedimento non concorsuale, ma sostanzialmente negoziale[15] appunto, e pertanto in linea di massima non coinvolto dalla disciplina fondamentale dell’art.6. La prededuzione in questo caso spetterà non soltanto all’OCC (articolo 6, comma 1, lettera a), ma anche alla figura dell’esperto secondo quanto stabilito dall’articolo 25 ter, comma 12. La composizione negoziata, tuttavia, può prevedere il coinvolgimento di altre figure professionali, rispetto alle quali manca un’espressa qualificazione in termini di prededucibilità. Si allude, in particolare: a) all’ausiliario di cui il tribunale può avvalersi nel corso dell’istruttoria finalizzata alla concessione delle misure protettive e cautelari (articolo 19, comma 4) o delle autorizzazioni all’erogazione di finanziamenti prededucibili (articolo 22, comma 2); b) all’ausiliario nominato dal tribunale per rendere un parere sulla proposta di concordato semplificato (articolo 25 sexies, comma 3); c) al liquidatore nominato dal tribunale con il decreto di omologa del concordato semplificato (articolo 25 septies, comma 1). Orbene, l’ausiliario di cui alla lettera a) è in tutto e per tutto assimilabile al consulente tecnico d’ufficio, il cui compenso viene liquidato dall’autorità giurisdizionale ma va riscosso da parte del professionista direttamente nei confronti delle parti in causa. Se certamente il credito derivante dalla prestazione resa sarà assistito dal privilegio di cui all’articolo 2751 bis del codice civile, può dubitarsi che vi sia uno spazio per l’attribuzione della prededuzione. Resta però il dubbio per le misure protettive, potendosi forse ritenere rientrare il relativo compenso nella prededuzione di cui all’art. 6, lett. b), che si riferisce alla prededuzione del compenso dei professionisti per l’attività svolta in relazione alla richiesta delle misusre stesse (si noti, di quelle protettive, senza alcun cenno a quelle cautelari). Orbene sembra difficile voler circoscrivere la portata della norma ai soli professionisti nominati dal debitore, escludendola così a quelli invece nominati dal giudice. 
Per quanto riguarda, invece, le altre due figure, le si può ricondurre nell’alveo della lettera d) del comma 1 dell’articolo 6, ed in particolare agli organi delle procedure sia quanto all’ausiliario che al liquidatore nel concordato semplificato, che è una procedura (a differenza della composizione negoziale)[16]. In alternativa vanno equiparate, sempre in base a tale norma, ai professionisti incaricati dagli organi di procedure.
4 . La prededuzione dei crediti professionali in generale
Nell’ambito della prededuzione configurata dall’art. 6, assume particolare rilevanza il credito del professionista.
Secondo la giurisprudenza[17], specie con riguardo alla prededuzione determinata dai costi per i professionisti coinvolti nella vicenda concordataria, gli stessi devono comunque essere necessariamente inerenti secondo un giudizio ex ante, alla conservazione o all’incremento dei valori aziendali dell’impresa[18], ed in particolare il giudizio di valutazione della loro funzionalità non può essere mai abbandonato alla mera occasionalità ma è affidato - in sede soprattutto di consecutio, cioè allorché tali crediti vengano fatti valere nel successivo fallimento (oggi liquidazione giudiziale), come sempre stato ammesso dalla giurisprudenza ed oggi positivamente stabilito dall’ultimo comma dell’art. 6 CCII - al vaglio giudiziale[19]. Il quale deve incentrare l’indagine sul fatto che “l’attività originante il credito sia ragionevolmente assunta, nella prospettazione delle circostanze ad essa coeve, proprio per assecondare, con l’instaurazione o lo svolgimento della specifica procedura concorsuale cui è volta, le utilità (patrimoniali, aziendali, negoziali) su cui può contare tipologicamente, cioè secondo le regole del modello implicato, l’intera massa dei creditori, destinati a prendere posizione sulla proposta del debitore; ciò ne permette l’assimilazione ad una nozione di costo esterno sostenibile al pari di quelli prodotti dalle attività interne degli organi concorsuali, se e quando potranno operare.”[20] Correttamente quindi la suddetta pronuncia stabilisce che la valutazione di funzionalità sarà differente a seconda che si tratti di crediti derivanti da prestazioni professionali richieste dalla legge e comunque inerenti al corredo obbligatorio della domanda di apertura della procedura concorsuale o meno, ed esclude poi la suddetta natura (prededucibile) a quei crediti che siano maturati in presenza di attività fraudatoria del professionista o in caso di suo inadempimento. 
In ogni caso resta confermato che la funzionalità inerisce a un’attitudine di vantaggio per il ceto creditorio 
Di questi crediti si occupano anzitutto le lett. a, b e c dell’art. 6, comma 1, CCII, ma come vedremo ormai anche la lett. d.
5 . Le procedure da sovraindebitamento e le liquidazioni
Per quanto si riferisce alla lett. a), il criterio fondamentale è costituito dalla limitazione del beneficio della prededuzione ai soli crediti dell’OCC (da leggersi anche come riferita al gestore, visto che il codice si riferisce sempre all’OCC in modo atecnico) in ambito di procedure da sovraindebitamento, per cui non si dovrebbe riconoscere tale natura ai crediti dei professionisti che assistono il debitore, tanto nelle ipotesi di composizione (ristrutturazione e concordato minore) che in quella di l.c., salvo quanto diremo sub lett. d).
Ci si può però domandare se la prededuzione possa essere riconosciuta all’advisor che di fatto abbia svolto attività rientranti in quelle deferite dalla norma all’OCC. La norma, nella parte corretta, è infelicemente concepita, ma personalmente non mi pare che una simile lettura, francamente estensiva, possa essere ammessa in materia di privilegio se si ammette la natura derogatoria di tale qualità e il fatto che comunque la disposizione è riferita all’attività di competenza dell’OCC. Forse dunque l’introduzione della specifica significa piuttosto un tentativo di chiarire il perimetro della prededuzione spettante all’organismo, tentativo obiettivamente scontrantesi con la non chiarezza, ma che comunque comporta che senz’altro la stessa si estende ad esempio anche alle sue, limitate, funzioni di attestatore (si pensi all’ipotesi del mutuo sulla casa d’abitazione o sui beni strumentali che si ritiene di continuare a pagare integralmente).
Al postutto in tali procedure non si può riconoscere la prededuzione neppure ai legali, neanche quando abbiano assistito il debitore nella domanda di auto-liquidazione controllata[21], né a quelli che abbiano assistito in generale il debitore nel procedimento unitario che porta alla liquidazione controllata. 
E si noti che ormai non sarà neppur possibile sostenere che tale prededuzione possa farsi risalire ad altra disposizione, a seguito dell’eliminazione ad opera del correttivo del comma 2 dell’art. 277 CCII[22].
Analogamente deve ritenersi per la liquidazione giudiziale. 
Se tali erano le conclusioni anteriori all’ultimo correttivo, per cui nelle procedure di sovraindebitamento e in quelle liquidatorie non v’era spazio per una prededuzione degli advisors, ora una questione sorge grazie al nuovo testo dell’art. 6, comma 1, lettera d), che consente di riconoscere la prededuzione per i debiti assunti dal debitore per la buona riuscita del piano. Può sostenersi che tale norma non riguarda le procedure citate alla lettera b), che avrebbero una disciplina specifica, ma allora non potrebbero riguardare le sole procedure da sovraindebitamento, naturalmente ritenendosi che per esse a questo punto la lettera a) non limita le figure di professionisti assistiti dalla prededuzione, ma riguarda solo l’OCC.
Così concludendo, se in base al giudizio del g.d. l’advisor del sovra-indebitato ha lavorato al buon esito, e direi vi ha causalmente contribuito (ma la difficoltà starà nell’individuare il perimetro di tale “buon esito”) avrebbe la prededuzione al 100 %.
Ma beninteso la categoria è soggettivamente differenziata, non limitata al mero advisor che abbia collaborato alla stesura del piano o all’attestatore, ma ricomprende stimatori, anche nominati dagli organi, legali incaricati di recupero dei crediti ecc., epperò limitata agli strumenti di regolazione della crisi da sovra-indebitamento, ma oggettivamente più ristretta, perché esclude, dato l’incipit, tutte le attività e gli incarichi conferiti prima della domanda di accesso allo strumento di regolazione. 
La lettura della disposizione consente senz’altro di escludere che ci si voglia riferire, nell’ultima parte (dedicata appunto ai professionisti nominati dal debitore) ad un arco temporale differente rispetto a ciò che si riferisce alle nomine da parte degli organi (che non possono che aver svolto l’attività in corso di procedura), e radicalmente poi il riferimento allo “strumento” porta ad escludere qualsiasi collegamento con i professionisti nominati in procedure liquidatorie (per esse infatti l’art. 6, lett. d) fa riferimento solo ai professionisti nominati dopo l’apertura e dagli organi).
6 . Gli altri “strumenti”
Viceversa, anche gli advisors sono assistiti dalla prededuzione nei casi di accordi di ristrutturazione, p.r.o., concordato preventivo, oltre che per la richiesta di misure protettive (art. 6, lett. c) e d)). 
Soccorre qui quanto detto al primo paragrafo: la prededuzione costituisce una precedenza processuale e quindi si tratta di norme non estensibili analogicamente. 
Dalle disposizioni richiamate emerge che la prededuzione spetterà a chi abbia assistito nella predisposizione della domanda per uno degli strumenti indicati (quindi anche quella che non indica ancora lo strumento prescelto, ai sensi delle previsioni di cui all’art. 44, comma 1, CCII), nonché nel deposito del piano e della proposta concordataria, oltre che alla predisposizione dell’istanza di misure protettive. 
Con riferimento a queste ultime si nota la mancanza di riferimento alle misure cautelari: forse si potrebbe ritenere che le stesse, in quanto strumentali alla stessa domanda relativa allo strumento (sebbene dall’art. 54, comma 1, CCII si evincerebbe il contrario) le relative spese professionali sarebbero prededucibili con riferimento alla predisposizione della domanda. 
Resta da vedere se i crediti cui si riferisce la norma in esame siano quelli soli strumentali alla domanda, o siano anche quelli successivi, cioè relativi alle attività svolte durante la procedura (si pensi all’assistenza che si svolge nel giudizio di omologazione; non direi invece in nessun caso quella di integrazione richiesta dal tribunale, che riguarda obiettive mancanze dell’attività posta a monte). Se comunque si opina nel senso che l’attività successiva non sia ricompresa, allora dovrà ammettersi che essa rientri fra quella richiesta dal debitore per il buon esito di cui alla successiva lett. d) (sul che cfr. anche infra), con conseguenze in tema di percentuale di soddisfacimento in prededuzione. 
Altro interrogativo riguarda il professionista attestatore. Difficile negare che si tratti di un professionista il cui credito sia sorto in funzione della domanda, del deposito della proposta e del piano. Quanto all’ipotesi di attestazioni la cui necessità sia da ricollegarsi a singoli atti da autorizzare (si pensi alle attestazioni previste dall’art. 100 CCII), in tal caso nella fase con riserva si farà applicazione dell’art. 46 e in quella anteriore all’omologazione del disposto di cui all’art. 6, comma 1, lett. d). 
Sorge poi qui un ulteriore interrogativo, inerente alla prededuzione per chi abbia assistito il debitore nella presentazione di una domanda di concordato semplificato. 
Fin troppo facile osservare che se la lettera b) attiene solo a p.r.o. e ad accordi, e pone come condizione la relativa omologazione, la lett. c) si riferisce al solo concordato preventivo e pone come condizione l’apertura. 
Evidente, dunque, che il legislatore non ha tenuto conto espressamente del concordato semplificato, visto che questo non viene “aperto” ma solo omologato. Eppure, al pari del concordato preventivo e del p.r.o. si tratta di una procedura concorsuale, e di natura chiaramente concordataria (un concordato coattivo, si direbbe). Sostenere in tal caso che la natura derogatoria e “tipica” delle ipotesi di prededuzione sarebbe tale da escludere l’estensione della prededuzione forse è troppo, per l’appartenenza di quello semplificato al genus del concordato, né per esso possono dirsi sussistere quelle remore alla concessione della prededuzione che caratterizzano le procedure da sovraindebitamento e quindi giustificherebbero la relativa esclusione nel caso del concordato minore. Ritengo quindi che anche il professionista in parola possa ottenere il soddisfacimento prededucibile in base alla lettera c). 
I crediti di tali soggetti, cioè coloro i quali abbiano assistito il debitore, in caso di successiva apertura della l.g. sono soggetti da un lato alla falcidia del 25 %; dall’altro alla condizione che accordi e pro siano stati omologati o il concordato sia stato aperto. Che la falcidia si applichi solo in caso di successiva l.g., e non di concordato, si comprende se si considera che si parla qui di crediti “accertati”; Dopodiché il riferimento alla natura “professionale” dei crediti porta ad escludere che i limiti suddetti si applichino ai crediti degli organi concorsuali (commissari, liquidatori, esperto nel caso di concordato semplificato), che invece sono prededucibili integralmente. 
La porzione non prededucibile (il 25 % quindi) sarà pertanto oggetto di credito privilegiato (essendo l’advisor un professionista nominato dal debitore) da ammettersi normalmente al passivo. 
Peraltro, a questo punto occorre una precisazione: la prededuzione dei professionisti (e in generale quella maturata nelle procedure diverse da quelle liquidatorie) ha un senso limitato, cioè non disciplina un grado di preferenza, posto che il suo soddisfacimento integrale è già necessariamente stabilito in sede di piano. La preferenza ha senso, infatti, quando l’attivo è strutturalmente insufficiente a pagare i crediti, ma così non è nel concordato in cui già la proposta prevede il pagamento integrale di quel credito. Dunque la percentuale suddetta non assume rilievo perché il compenso è indicato nel piano. Al più il significato in questi limiti è solo una direttiva nella costruzione del piano, in cui si deve prevedere la presenza di fondi per il pagamento integrale di tal sorta di crediti. 
Certo non si può negare che in caso di riparti periodici, o comunque plurimi, si debba iniziare col soddisfare i crediti prededucibili, se attuali, e ben potrebbe accadere che si verifichi l’insufficienza dell’attivo anche qui, con risoluzione o meno del concordato (oggi più certa, visto che l’art. 119 CCII consente anche al commissario di chiederla su semplice istanza di un creditore): in tal senso, se non si aprirà la liquidazione giudiziale, si avrà rilevanza anche in sede concordataria. 
Ma la rilevanza preminente nelle procedure concordatarie, oltre che vincolare, questo sì, il piano, si coglie per differenza con i crediti successivi, quelli cioè sorti in sede di esecuzione della continuità, che si soddisfano anche in sede esecutiva individuale, ed anche sui beni destinati al soddisfacimento di prededucibili e concorsuali, mentre i crediti prededucibili non possono soddisfarsi su tali beni con le forme dell’esecuzione individuale. Poi ovviamente la differenza si coglierà anche in sede di liquidazione, in cui la prededuzione può essere riconosciuta, per quanto detto, solo ai crediti sorti in corso di procedura e non a quelli successivi, che restano concorsuali. 
Quanto alla disposizione dell’art. 98, per cui almeno nel concordato i debiti prededucibili vanno pagati alla relativa scadenza, tale direttiva non può che riferirsi al pagamento in corso di procedura, è dunque per quanto s’è detto impropria, mentre dopo – cioè in sede liquidatoria – non ha rilievo. Anche quando riferita al pagamento in corso, resta il vincolo derivante dall’autorizzazione giudiziale preventiva almeno nella fase con riserva, da ricollegarsi al fatto che difficilmente – proprio perché subordinata all’ammissione, il pagamento prima di tale momento sia dovuto. 
I crediti in parola sono poi condizionati dalla sussistenza di una condizione costituita dall’omologa degli accordi o dei p.r.o. (e, per quanto qui concluso) anche del concordato semplificato), ovvero dall’apertura della procedura di concordato preventivo. 
Anzitutto tale differenziazione, omologazione in un caso; apertura nell’altro, si spiega agevolmente: ai fini della prededuzione ciò che rileva è la funzionalità del credito del professionista, in relazione alla possibilità di attuare uno strumento di risoluzione della crisi d’impresa. Infatti, nel caso in cui il concordato preventivo sia stato ammesso, ma a ciò non abbia fatto seguito l’omologazione a causa del voto negativo dei creditori, la funzionalità dell’attività non deve escludersi, poiché la mancata omologazione non ha come conseguenza l’eliminazione della funzionalità stessa, essendo riconosciuta ai creditori la facoltà di accedere alla procedura alternativa e dipendendo l’omologazione stessa al voto contrario, scelta dei creditori stessi. Ciò che ovviamente non si riproduce per quei procedimenti che non prevedono il voto. Ma se le cose stanno così, poiché in sede di omologazione il tribunale può pur sempre rivalutare le condizioni di ammissibilità, non ritenendole sussistenti, torna la regola generale dell’esclusione della prededuzione. 
Si tratta, a differenza di quanto detto a proposito del limite quantitativo, di una condizione rilevante anche in sede di procedura: il pagamento prima che accordi e p.r.o. siano omologati, o prima che il concordato sia aperto, non viene effettuato in relazione ad un debito esigibile, e richiede allora quantomeno l’autorizzazione giudiziale. Esso poi non dovrebbe mai essere neppure autorizzato in caso di fase con riserva, proprio per le ragioni esposte. 
Ma se non è riconosciuta la prededuzione in sede liquidatoria, che ne è dei pagamenti effettuati? Se sono stati autorizzati indubbiamente essi sono assistiti dall’esenzione da revocatoria di cui all’art. 166,3 lett. g, ma diversamente non mi pare proprio, perché si tratterebbe di pagamenti in ipotesi di inesigibilità (e fors’anche di pagamenti addirittura inefficaci in quanto non autorizzati). 
Ci si può poi domandare se la condizione in parola sia da considerarsi sussistente anche in caso di successiva revoca del concordato ai sensi dell’art. 106 CCII. Tralasciando il caso dell’inadempienza del professionista che emerga proprio in sede di giudizio di revoca, ovvero di sua partecipazione al disegno fraudolento del debitore, in generale la revoca dovrebbe comportare il venir meno della condizione positiva, e la norma in proposito stabilisce proprio che il decreto ex art. 47 CCII sia revocato.
7 . La composizione negoziata
Peraltro, nessuna prededuzione viene riconosciuta ai professionisti che abbiano assistito il debitore a proposito della composizione negoziata, che non solo non è citata ma neppure costituisce una procedura concorsuale. Su questo punto, cioè dello stretto riferimento della prededuzione solo alle procedure concorsuali vere e proprie, la giurisprudenza è sempre stata ferma, a prescindere dal dato letterale come s’è già osservato[23]Tuttavia l’attività di assistenza relativa alle misure protettive, dato che la norma (art. 6,1 lett. b) CCII non distingue), può essere riconosciuta a titolo di prededuzione anche in tal caso. Ancora però, deve osservarsi che se la composizione porta all’apertura di una procedura concorsuale (come esito della negoziazione, però), l’attività in composizione potrebbe essere recuperata alla prededuzione sotto tale aspetto (quindi a mente delle lettere b) e c).
8 . I professionisti contemplati dalla lett. d)
I professionisti sono contemplati anche alla lett. d), e sono quelli, nominati durante la procedura liquidatoria oppure dopo la domanda di uno strumento, per il buon esito di quest’ultimo. 
Poiché fra essi, oltre a quelli nominati dagli organi, sono stati aggiunti quelli nominati dal debitore, si può intanto ritenere che si tratta degli advisors del sovra-indebitato, come già detto, allargando così la categoria dei professionisti assistiti da prededuzione in queste procedure (fin qui come visto disciplinata solo dalla lett. a). 
Nella nozione anzidetta dovrebbero entrare anche i legali, ad esempio nominati per il procedimento di reclamo previsto ora dall’art. 78 CCII. 
Ci si può poi domandare se la categoria possa essere allargata agli advisors nelle procedure sub lett. b) e c) per l’attività però successiva alla domanda (la norma si preoccupa di distinguere tra procedure liquidatorie, rispetto alle quali vale quindi il momento dell’apertura, dagli strumenti, per i quali vale dunque il momento della domanda). Se tale attività si ritiene esclusa dalle lettere precedenti, come può sostenersi per il riferimento di tali disposizioni al fatto che le prestazioni siano state effettuate “in funzione della domanda”, appare ammissibile tale conclusione. 
Però, e in generale per tutto quanto disposto dalla lettera in esame, il riferimento al “buon esito” dovrà comportare come limitazione quantomeno la condizione dell’ammissione della procedura. La lettura alternativa sarebbe quella che il “buon esito” costituisca una mera finalità, ma allora sarebbe sganciata da qualsiasi controllo di razionalità della domanda. D’altronde addivenendo a tale soluzione, si dovrebbe comunque effettuare un controllo rigoroso circa l’estremo dell’adempimento, non riscontrabile per un’attività connessa a un piano o ad una proposta destinati all’inammissibilità. 
Non mi pare che invece l’espressione “per il buon esito” dello strumento significhi una verifica dello stesso ex post, sia perché l’espressione stessa mi pare finalistica, sia perché se così fosse non avrebbe senso parlare di prededuzione: il buon esito accertato determinerebbe senz’altro il pagamento integrale di tali corrispettivi. 
La norma, come premesso, non facendo riferimento a precise tipologie di procedimenti, ma in genere agli “strumenti” (tra cui escludiamo, nonostante le incertezze terminologiche del CCII, solo le due liquidazioni) si può anche applicare anche agli organi del concordato semplificato, con speciale riferimento all’ausiliario ed al liquidatore. 
Come si è anticipato, tutti tali professionisti, qualsiasi sia l’accezione che si voglia dare a quelli nominati dal debitore e tutti quelli nominati dagli organi, fruiscono della prededuzione al 100%.
9 . Prededuzione e adempimento
Fin da quando al prededuzione s’è sganciata dal collegamento necessario con un atto posto in essere in corso di procedura, si è creato un saldo nesso fra funzionalità, diligenza e adempimento. In altri termini ci si è chiesto se l'obbligazione del professionista fosse da qualificare come di mezzi o di risultato, trovando più corretta la prima interpretazione. Nonostante ciò, la giurisprudenza di legittimità aveva tentato di qualificare la prestazione del professionista che assiste il debitore in crisi, il quale vuole accedere ad una procedura di risoluzione della crisi d'impresa come un'obbligazione di risultato, e non di mezzi[24] come correttamente dovrebbe essere, suscitando non poche perplessità e pareri contrastanti a riguardo. In particolare, con una nota sentenza Corte di Cassazione[25] si era espressa negativamente in merito all'impugnazione del decreto del Tribunale, fatta dal professionista al quale non era stata riconosciuta la prededuzione al credito da lui vantato In tale sede la Corte aveva negato la natura prededucibile al credito del professionista, argomentando che: “[...] la L. Fall., art. 111, comma 2, nello stabilire che sono considerati prededucibili i crediti sorti in “funzione” di una procedura concorsuale, presuppone infatti che la procedura sia stata aperta”. Pertanto, per quanto attiene al concordato, ciò si tradurrebbe nella circostanza che l'opera prestata dal professionista abbia determinato la presentazione della relativa domanda da parte del debitore e che questo sia stato ammesso alla procedura concordataria. Solo in tal caso la prestazione, e pertanto il credito derivante da questa, si dimostrerebbe funzionale, ovvero strumentalmente utile, ai fini del raggiungimento di quel primario obiettivo che si traduce nell'ammissione alla procedura. Di conseguenza, sulla base di tale interpretazione la funzionalità del credito si troverebbe subordinata all'esito favorevole della procedura, ovvero che a seguito della prestazione del professionista il debitore sia stato ammesso al concordato preventivo. L'orientamento assunto in tale sede dalla Corte di Cassazione è perfettamente in linea con quanto introdotto dall'art. 6 del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza che come visto subordina la prededuzione all’apertura del concordato (o all’omologazione delle altre procedure). Soltanto che la precedente situazione basava la sussistenza del credito su una sorta di praesumptio hominis (art. 2729 c.c.) di adempimento, mentre oggi ci troviamo probabilmente di fronte ad una presunzione legale iuris et de iure. E’ vero che tale disciplina acquista un senso solo in caso di accertamento nella successiva liquidazione (altrimenti infatti si viene pagati e, se mai dopo il pagamento accadesse qualcosa, resterebbe salva l’attribuzione in virtù dell’art. 166, comma 3, lett. g), che esime dalla revocatoria il pagamento alla scadenza di debiti liquidi per perstazioni di servizi strumentali all’accesso a strumenti di regolazione e a procedure d’insolvenza. Norma che dunque sembrerebbe non porre la condizione dell’omologazione o dell’apertura, ma solo apparentemente perché come detto se pagati anteriormente a tali momenti il debito era forse da considerarsi inesigibile (essendo stato pagato infatti è stato trattato come prededucibile). 
Ma tutto ciò dovrebbe determinare l’effetto che, aperto il concordato od omologate le altre procedure, si avrà il credito del professionista senza che sia dato indagare sull’effettivo adempimento, mentre allorché tali eventi non si verifichino, non vi sarà alcun credito prededucibile, a prescindere dalla diligenza. 
Tuttavia la conclusione per cui si sia trasformata l’obbligazione del professionista in obbligazione di mezzi[26] non mi trova d’accordo. Se è vero che nessuna indagine sull’effettivo adempimento occorre quando rispettivamente apertura e omologazione si siano verificate, ciò accade perché la funzionalizzazione del credito agli esiti della procedura prevale ed è dal legislatore considerata risolutiva. Allorché però tali risultati non siano stati raggiunti, non è che il professionista cessi di essere sic et simpliciter creditore. Egli invece potrà pur sempre, nell’eventuale procedura liquidatoria, formulare domanda di insinuazione, dimostrare la propria diligenza in base al modello agente (professionista, art. 1176, comma 2, c.c.) ed ottenere la collocazione privilegiata al passivo. Viceversa è certo che il professionista inadempiente non ha diritto a nulla, neppure al privilegio, perché il creditore – in questo caso il curatore – ha ben diritto di eccepire l’inadempimento dello stesso. 
Tutto ciò sembra non risolvere almeno un caso, quello in cui il professionista abbia svolto un’attività per un concordato poi aperto, ma di fatto non necessario. Qui interviene il concetto proprio di funzionalità, nella sua accezione propria, ad escludere la prededuzione: se l’attività esorbitante fu conferita sarà un credito privilegiato; se non conferita non si avrà nessun credito, ma di certo l’attività ultronea, neppure in caso di apertura/omologazione può dirsi rilevante.
10 . Sindacato sul "quantum" e potere autorizzatorio
Il sistema delineato non toglie che il g.d. debba, ed anzi possa, sindacare gli importi pattuiti. 
In caso di concordato verosimilmente vale il principio per cui il piano indica i costi, anche quelli per i professionisti, e quindi il voto (sempre più in ombra peraltro= dovrebbe essere lo strumento, mentre le percentuali sono già calcolate al netto di tale costo. 
Ed il piano è oggetto di voto. Altrettanto vale per il p.r.o. e per il concordato minore. 
Per il concordato semplificato e per la ristrutturazione dei debiti del consumatore vale la facoltà di opporsi all’omologazione allegando la non convenienza (artt. 25 sexies e 70) 
Per gli accordi di ristrutturazione vale appunto il contenuto dell’accordo e l’indifferenza per i creditori esterni. Dubbi e perplessità rimangono in caso di accordi ad efficacia estesa, ovviamente per le categorie esterne ma vincolate. 
In caso invece di l.g. il giudice potrà benissimo verificare se i compensi pattuiti siano congrui: qui non si tratta di conculcare la libertà contrattuale del debitore che, per il fatto stesso di stare contrattando il compenso di un professionista in vista di una procedura di insolvenza o di regolazione della crisi, sa benissimo che sta pattuendo con i soldi dei creditori.
11 . Crediti prededucibili, attivo riservato e privilegio ipotecario
In generale le spese prededucibili possono inerire tanto alla gestione diretta dei singoli beni ed alla loro vendita, quanto alla gestione generale della procedura. Con riferimento alle prime, esse possono riguardare appunto (anche, per quanto qui di interesse) il compenso sia dei professionisti che hanno collaborato alla redazione del piano (attestatore, advisors), che gli organi della procedura (in particolare commissario e liquidatore). 
Questa distinzione, tra spese specifiche e spese generali[27], assume effettivo rilievo con riguardo al ricavato da corrispondersi ai creditori prelatizi speciali. 
Ciò detto, l’art. 221, comma 1 n.1), CCII (come in precedenza l’art. 111, primo comma, L. fall.) stabilisce che le somme ricavate dalla liquidazione dell’attivo debbono essere anzitutto destinate al soddisfacimento dei crediti prededucibili. 
Se la disciplina terminasse qui, sarebbe del tutto evidente che il credito prededucibile sarebbe sempre anteposto ad ogni sorta di credito concorsuale, sennonché l’art. 111 bis, secondo comma, L. fall. (e così, ancora una volta, la disciplina del codice della crisi, cfr. art. 222, comma 2), dispone che tale regola si applica “con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte destinata ai creditori garantiti”, salvo però “il disposto dell’articolo 223” (riferito quest’ultimo al codice della crisi, nel caso dell’art. 111 bis era implicito il riferimento all’analoga disposizione di cui all’art.111 ter, L. fall.). In altri termini si ricava dalla riportata disciplina che, pur derogandosi alla norma che antepone i creditori prededucibili nel caso dell’attivo ricavato dalla liquidazione di beni soggetti a prelazione, tuttavia tale ultimo ricavato debba egualmente scontare le “uscite di carattere specifico e della quota di quelle di carattere generale imputabili a ciascun bene o gruppo di beni secondo un criterio proporzionale” (come appunto si esprimono gli artt. 111 ter, terzo comma, L. fall. e 223, comma 3, oggetto della salvezza di cui sopra). La ragione appare evidente. Essa è costituita dalla necessità di porre a carico dei creditori privilegiati quelle spese che si riferiscono ai loro beni: non solo quelle per il loro mantenimento, la loro gestione e la loro vendita, ma anche quella parte delle spese generali che si sono indicate e che sono imputabili (si direbbe pro-quota) a tali beni[28]
Mentre ben di rado si pongono questioni con riferimento ai crediti derivanti da spese specificamente affrontate per amministrazione e liquidazione del bene, le cose si complicano assai con riguardo alla seconda tipologia, soprattutto con riferimento alle procedure concordatarie. 
Per quanto si riferisce al criterio per stabilire la quota di spese generali gravanti, si è anzitutto suggerito di far riferimento alle “circostanze concrete, in misura corrispondente all’utilità – anche solo potenziale, cioè sperata, ma non concretamente realizzata – dal creditore garantito”[29]
Certamente i creditori privilegiati speciali non devono partecipare a quelle spese che non li ineriscono minimamente, e pertanto e senz’altro a quelle specifiche relative al realizzo di beni non gravati da privilegio (es. le relative spese di vendita, pubblicità, cancellazione, mantenimento e conservazione) o al mancato realizzo di tali beni. 
In termini generali può dunque concludersi nel senso che il creditore munito di privilegio speciale debba sopportare la prededuzione relativa a quelle spese che abbiano comunque dato allo stesso una pur potenziale utilità. 
Tutto ciò non toglie peraltro che, in assenza di elementi che consentano di stabilire l’esclusione di qualsiasi inerenza od utilità della spesa rispetto al creditore assistito da prelazione speciale, non resta che far riferimento al criterio della proporzionalità integrale, il che si traduce nel principio per cui in mancanza dei suddetti elementi anche il ricavato derivante dall’attivo riservato risponde delle spese, dovendosi presumere che le stesse siano state affrontate nell’interessa dell’intera massa passiva, e appunto nell’esatta proporzione[30]
Tale criterio deve confrontarsi peraltro, in particolare in ambiente concordatario, con i vincoli derivanti dalle previsioni di piano, nel senso che ad esempio, alcune spese (per professionisti in particolare) non siano previste e pertanto non se ne poteva far carico allo stesso non essendo ricollegabile alcuna utilità. 
È certo evidente che le spese prededucibili non oggetto di specifici provvedimenti autorizzatori in corso di procedura, possono essere riconosciute come tali solo se esplicitamente o implicitamente previste nel piano, ma osservato tale limite il principio di proporzionalità sulla base di una presunzione di inerenza può essere applicato anche in tale ipotesi. 
Per quanto si riferisce alle procedure concordatarie, per simili evenienze sarà il piano a dover chiarire che gli oneri che non troveranno copertura nell’attivo non realizzato e che non siano riferibili in tutto o “in proporzione” ai beni oggetto di prelazione, dovranno trovare comunque soddisfazione, e ciò creando appositi fondi di riserva ed in ultima analisi operando una congrua compressione delle percentuali di soddisfacimento.
12 . Riparto, crediti prededucibili e creditori con privilegio speciale
Regola generale in sede di riparto è costituita dal soddisfacimento prioritario dei crediti prededucibili, pertanto previa loro ammissione, salvo l’ipotesi dell’autorizzazione se non contestati. 
Così vale anche quando si debba ripartire l’attivo riservato spettante ai titolari dei creditori muniti di privilegio speciale, ma come premesso occorrerà determinare la quota del compenso sull’attivo riservato stesso. 
Anzitutto va soddisfatto il compenso del curatore (e in generale quello degli organi della procedura). Al riguardo in generale si concorda nel porre comparativamente a raffronto l’attività svolta dal curatore nell’interesse della massa e quella specificamente riferibile all’interesse dei creditori garantiti. Mancando elementi specifici, l’unico criterio per quantificare tale “quota” è costituito, secondo le stesse indicazioni normative, dalla proporzione[31]
La riferibilità della proporzione delle spese per il compenso in parola parte dal presupposto per cui deve presumersi che una parte dell’attività del curatore, proporzionale al valore del bene, è svolta per diretta utilità dei beni oggetto di prelazione, che lo stesso ha gestito, amministrato, venduto. 
Se però queste osservazioni possono essere ripetute, in ambiente concordatario, anche con riferimento al compenso spettante in particolare al liquidatore giudiziale, le questioni sono più complesse con riferimento al commissario giudiziale. 
Se infatti tanto il curatore come il liquidatore giudiziale svolgono attività eminentemente strumentale alla liquidazione dell’attivo (per cui la proporzione tra attivo riservato e non riesce particolarmente utile per la suddivisione dell’onere relativo), e per quel che si riferisce ad attività differente (soprattutto per quanto riguarda il curatore si pensi a quella preliminare all’accertamento del passivo) esistono degli esatti criteri di riferibilità (per l’ultima citata come detto vale il riferimento al compenso in ragione del “passivo accertato”, ed esattamente è stato osservato anche qui il rilievo anche per i creditori privilegiati speciali di tale attività)[32], il commissario evidentemente svolge una serie di attività non strettamente connesse alla liquidazione eppure compensate con riferimento ai soliti parametri (attivo e passivo). 
Si pensi ad esempio alle attività di sua competenza nella fase anteriore all’omologazione, addirittura come sappiamo anche anteriore alla stessa apertura della procedura. 
Oggi poi, il codice della crisi attribuisce a tale organo anche una funzione di ausilio nella stessa predisposizione del piano concordatario. 
Aspetto particolare poi si pone con riguardo al concordato in continuità, soprattutto con riferimento a quei creditori che vantino un diritto di prelazione in riferimento a beni strumentali alla continuità stessa, per i quali dunque non sia prevista la liquidazione del bene, ma solo il pagamento differito (la c.d. moratoria di cui all’art. 86, CCII) o addirittura il pagamento integrale secondo contratto come previsto dall’art. 100, comma 2, CCII, che a mio parere costituiscono le forme alternative di trattamento di tal sorta di creditori. 
E ancor più risulta problematica la posizione della prededuzione dei professionisti attestatori ed ausiliari dell’imprenditore. 
Orbene per quanto si riferisce al commissario giudiziale, mi parrebbe che si possa sempre far riferimento al criterio di massima, per cui le spese che non possono gravare sull’attivo riservato sono quelle che non presentano alcuna utilità, neppure a livello potenziale, per il relativo creditore[33], in coerenza con quanto già concluso in generale. 
Peraltro, è evidente come l’attività del commissario sia in massima parte strumentale all’omologazione, e non pare che possa seriamente dubitarsi del fatto che anche sul titolare di privilegio speciale gravino le spese necessarie per giungere alla stessa apertura ed omologazione del concordato. 
In effetti, alla luce dei criteri sopra indicati, non si può sostenere che il creditore ipotecario, il bene gravato dalla cui prelazione si preveda dal piano concordatario come da vendere con procedura competitiva gestita in ambito di tale procedura, sia indifferente al piano. 
E’ infatti in quella procedura concorsuale e per suo mezzo che, col risolvere la crisi, si procede a vendere quel bene (che in difetto sarebbe venduto o in via di espropriazione individuale promossa dallo stesso creditore, o in sede di liquidazione giudiziale), ed è dunque dall’ammissione prima, e dalla omologazione poi di quel piano e di quella proposta, che contemplano appunto anche la vendita del bene in parola, che dipende quel realizzo che consente il soddisfacimento del creditore ipotecario. 
E d’altro canto è lo stesso legislatore che recepisce l’effettivo interesse dell’ipotecario al piano ed alla proposta di concordato, nel momento in cui egli deve prendere su essi posizione, come affermato in giurisprudenza e del resto implicito nella facoltà di rinuncia al privilegio e voto, di cui all’art. 177, secondo comma, L. fall., come puntualmente rimarcato dalla decisione in commento, e vieppiù oggi, in caso di moratoria ultra-semestrale, che prevede il voto del privilegiato[34]. Nello stesso senso depongono la facoltà riconosciuta anche al privilegiato ipotecario di opporsi all’omologazione del concordato, ad ulteriore dimostrazione del suo concreto interesse rispetto alla soluzione alternativa in parola.
Ecco che allora, alla luce di ciò, per quanto riguarda il commissario ma, estendendo così il campo dell’indagine, anche ai professionisti attestatori e che ausiliano l’imprenditore e la cui attività sia strumentale all’elaborazione di piano e proposta, i relativi oneri non possono che gravare “proporzionalmente” sul ricavato spettante al creditore ipotecario. 
Soluzione che appare tanto più agevole, in quanto espressamente oggi l’art. 6, comma 1, lett. b), CCII, stabilisce che la prededuzione di tali creditori è subordinata all’omologazione del piano e della proposta.

Note:

[1] 
Di fatto della spesa prededucibile si parla già all’art. 809 del codice di commercio, in tema di riparto, a proposito della deduzione dall’attivo delle “spese di giustizia e di amministrazione e i soccorsi accordati al fallito ed alla sua famiglia”. In tema di prededuzione in generale, e di quella del professionista in particolare si vedano P.F. Censoni, Il concordato preventivo, in Trattato procedure concorsuali, diretto da A. Jorio - B. Sassani, Milano, 2016, 81; G. Lo Cascio, La prededuzione nelle procedure concorsuali: vecchi e nuovi profili normativi ed interpretativi, in Fallimento, 2015, 5; S. Ambrosini, Il concordato preventivo, in Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, diretto da F. Vassalli - F.P. Luiso - E. Gabrielli, Torino, 2014, 164; A. Patti, La prededuzione dei crediti funzionali al concordato preventivo tra art. 111 ed art. 182 quater L. fall., cit., 1345; M. Montanari, I procedimento di liquidazione e ripartizione dell’attivo fallimentare, 1995, 2; S. Leuzzi, Preconcordato abortito e prededuzione dei crediti, in www.ilfallimentarista.it, 2014; P. Vella, L’enigmatico rapporto tra prededuzione e concordato preventivo, in questa Fall, 2014, 522; F.S. Filocamo, La prededucibilità dei crediti nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione, in questa Fall., 2013, 1151 ss.; V. Sallorenzo, I crediti prededucibili nell’ambito delle procedure concorsuali: in particolare la sorte del credito professionale sorto in “occasione” o in “funzione” del concordato preventivo, in Dir. fall., 2016, I, 431 ss.; G. Verna, Brevi note sulla prededucibilità dei crediti per compensi professionali sorti in funzione di una procedura concorsuale, in Dir. fall., 2016, I, 1526 ss.;P. Vella, Le nuove prededuzioni nel concordato con riserva e in continuità. I crediti dei professionisti, Fall, 2013, 1141; S.A. Cerrato, Prededuzione concorsuale - La prededuzione dei crediti dei professionisti fra conferme e prospettive, in Giur. it., 2019, 1112; M. Greggio, Le ambivalenze della giurisprudenza di legittimità in tema di prededucibilità del credito del professionista nel fallimento che segue al concordato preventivo: l’ammissione è una condizione necessaria, in www.ilcaso. it, 16 maggio 2018; M. Fabiani, Il delicato ruolo del professionista del debitore in crisi fra incerta prededuzione e rischio di inadempimento, in Giur. comm., 2017, 720 ss.; G.P. Macagno, La S.C. conferma la prededucibilità de plano dei crediti dei professionisti per le attività finalizzate all’apertura del concordato, ma all’orizzonte si prospetta una nuova stretta normativa, in Il Fall., 2017, 402; M. Spadaro, La prededucibilità dei crediti professionali sorti in funzione di una procedura minore nel fallimento consecutivo; tra adeguatezza funzionale e utilità per i creditori, in Il Fall., 2014, 539; V. Salvato, Prededucibilità del credito del professionista per l’assistenza nella fase di ammissione al concordato preventivo, in questa Fall., 2014, 80 ss.; F. Pani, la prededuzione prima e dopo il codice della crisi, in Ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, pubbl. 19 agosto 2022.
[2] 
Ve ne sono altre: si pensi al creditore tempestivo nel processo esecutivo; al privilegio del fondiario in pendenza di liquidazione. 
[3] 
Sul punto Cass. 36755/2021, e già in tal senso Cass. SSUU 5685/2015. 
[4] 
Così Cass. SSUU 31 dicembre 2021, n. 42093.
[5] 
G. Alessi, I debiti di massa nelle procedure concorsuali, Milano, 1987. 
[6] 
Cass. 42093/21, cit.
[7] 
Sul tema si riscontra un indirizzo giurisprudenziale in base al quale tutte le obbligazioni successive all’omologazione generano crediti prededucibili in un’eventuale liquidazione giudiziale: Cass., 10 gennaio 2018 , n. 380, in Giustizia Civile Mass. 2018, ha stabilito che i crediti nascenti da nuovi contratti che, pur se non espressamente contemplati nel piano concordatario, siano stipulati dal debitore in corso di esecuzione del concordato preventivo omologato, ai fini del raggiungimento degli obiettivi previsti dal piano medesimo e dell'adempimento della proposta, devono ritenersi sorti in funzione della procedura e vanno ammessi in prededuzione allo stato passivo del fallimento consecutivo, dichiarato per effetto della risoluzione del concordato; per Cass., 9 settembre 2016, n. 17911, in Giustizia Civile, Mass. 2016, i crediti sorti in esecuzione del concordato preventivo sono prededucibili nel successivo fallimento se conformi al piano approvato dai creditori ed omologato dal tribunale; ancora, in termini, Cass., 4 febbraio 2021, n. 2656, in .Fall., 2021, p. 937 . Si tratta, però, di una interpretazione ampiamente controvertibile. In dottrina, nel senso concluso nel testo, L. Panzani, Ancora sulla prededuzione dei crediti sorti in esecuzione del concordato preventivo, in Fall., 2021, p. 939; a favore della prededuzione con diverse cautele, però, cfr., G.B. Nardecchia, La prededuzione e la lesione della par condicio creditorum, in Fall., 2018, p. 418; in termini dubitativi, R. Brogi, L’esecuzione del concordato preventivo nel Codice della crisi, in Fall., 2020, p. 1331.
[8] 
M. Fabiani, La prededuzione nel codice della crisi e dell’insolvenza, in DDC, pubbl. 27 aprile 2023.
[9] 
Cass. 25 gennaio 2018, n. 1895, secondo cui “Il credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza e consulenza funzionali alla predisposizione di un piano attestato di risanamento, ex art. 67, comma 3, lett. d), L. fall., non va soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento a norma dell'art. 111, comma 2, L. fall., poiché il detto piano non costituisce una procedura concorsuale, rientrando nel novero degli atti di programmazione dell’impresa finalizzati al suo risanamento, che possono dare luogo a convenzioni stragiudiziali sottratte alla valutazione o al controllo da parte di organi giurisdizionali.” 
[10] 
Per una definizione giurisprudenziale di procedura concorsuale Cass., 8 maggio 2019, n. 12064, in Fall., 2019, 1327; invece quanto ad una definizione recente da parte della dottrina, M. Fabiani, op. cit. Continuiamo ad utilizzare descrittivamente tale terminologia, peraltro ormai bandita dal codice della crisi in ossequio ad un tentativo, peraltro non del tutto riuscito, di armonizzare la terminologia interna dello stesso, che proprio nella classificazione delle “procedure” risulta ancora talora frammentaria e contraddittoria. 
[11] 
In tal senso pare porsi P. Gobio Casali, L’ampiezza del divieto di azioni esecutive nel concordato preventivo, in ww.Judicium.it. 
[12] 
M. Fabiani, La prededuzione, cit., che a riprova di quanto s’è qui sostenuto continua “Infatti, se la disposizione avesse limitato la permanenza della prededuzione ad altre successive procedure si sarebbe potuto ritenere che il legislatore, pur con una formula diversa e un poco eterodossa, avesse voluto reiterare la teoria della consecuzione fra procedure; in tale cornice, sarebbe rimasto il profilo della inerenza processuale sebbene spostata ad altro procedimento. Lo scenario è del tutto differente con l’estensione della prededuzione alle procedure esecutive singolari successive”. 
[13] 
Ancora M. Fabiani, op. cit. 
[14] 
Non manca in dottrina una voce isolata sull’argomento: C. Vellani, voce Custodia, in Novissimo Dig., V, Torino, 1989, 60; cfr. anche A. Auletta, Le “prededuzioni” nell’esecuzione forzata, con particolare riferimento alle spese di amministrazione e gestione del bene pignorato, in In Executivis, pubbl. 25 luglio 2022. 
[15] 
In tal senso, pure indirettamente, S. Bonfatti, La procedura di Composizione Negoziata per la soluzione della Crisi d’Impresa: funzione, natura, presupposti ed incentivi, in Dirittodellacrisi.it, pubbl. 20 settembre 2023.
[16] 
Sull’applicabilità dell’art. 6 al concordato semplificato cfr. infra.
[17] 
Cass n. 42093/21, cit. 
[18] 
Cass. 16 maggio 2018, n. 12017.
[19] 
In argomento si veda la nota alla suddetta sentenza, G.B. Nardecchia, La prededuzione secondo le sezioni unite, in Il Fall., 2022, 356.
[20] 
Cass. SSUU n. 42093/21, cit.
[21] 
 In tema di prededuzione per il professionista che abbia assistito il debitore della domanda di fallimento in proprio, cfr. Cass. 20 settembre 2021, n. 25313. 
[22] 
Sembrava sostenerlo, ma sotto il vigore del codice non (definitivamente) corretto F. Rasile e G. Zanotti, L’art. 6 del CCI e la prededucibilità dei crediti professionali: spunti e riflessioni per il prossimo decreto correttivo, in Dirittodellacrisi.it, pubbl. 29 agosto 2022.
[23] 
Cfr. Cass. 25 gennaio 2018, n. 1895. 
[24] 
In tal senso Cass. (Cass., n. 18612, 5 agosto 2013. 
[25] 
Cass. 6 marzo 2018, n. 5254.
[26] 
In tal senso M. Greggio, La prededuzione dei compensi dei professionisti secondo le Sezioni Unite: per la certezza si rischia l'ingiustizia?, in Dirittodellacrisi.it, pubbl. 18 gennaio 2022; P. Bosticco L'impervia (e sdrucciolevole) via per il riconoscimento dei compensi professionali nell'ambito delle procedure alternative, in Ilfallimentarista.it, f. 4 aprile 2022.
[27] 
Sull’argomento, e in generale sulle questioni che sorgono in materia di riparto in presenza di attivo riservato a creditori garantiti da privilegio speciale, si vis, cfr. A. Crivelli, Riparto e creditori ipotecari nel concordato preventivo, in Fall., 2024, 676. 
[28] 
L’affermazione dell’obbligo degli ipotecari a partecipare ad una porzione di spese di natura generale risale a Cass. 29 ottobre 1968, n. 3609 e 25 ottobre 1971, n. 3015.
[29] 
Cass. 12 maggio 2010, n. 11500.
[30] 
Resta peraltro amplissima la tendenza, nella giurisprudenza di merito, a far capo puramente e semplicemente al criterio della proporzionalità, senz’alcuna ulteriore distinzione.
[31] 
Il riferimento alla proporzione, oggi espressamente indicato dalla norma, era stato individuato come quello utilizzabile in via generale, in difetto di indicazioni specifiche, da Cass. 2010/11500, cit.
[32] 
Con riguardo all’attività certamente più complessa del curatore, deve comunque osservarsi che l’interesse dei creditori con prelazione speciale rivestono comunque un interesse specifico alla procedura, non solo perché – come si osserverà a proposito del concordato – quivi si liquidano i loro beni, i loro crediti sono assoggettati all’accertamento e il ricavato deve seguire le regole della distribuzione endo-procedimentale; ma anche perché concorrono sul residuo ricavato ove quello rinveniente dai beni su cui esercitano la prelazione risultino insufficienti. In tal senso G. Bozza, La ripartizione delle spese generali nel fallimento, in Il Fall., 2000, 186.
[33] 
In tal senso, in dottrina, M. Fabiani, Diritto fallimentare, 2011, 482. 
[34] 
Cfr. ancora Cass. n. 42093/2021, cit.

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