Saggio
I rapporti della composizione negoziata della crisi con i procedimenti concorsuali*
Massimo Montanari, Ordinario di diritto processuale civile nell'Università di Parma
24 Novembre 2021
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Sommario:
Le cose, però, non stanno nel modo che si è appena ipotizzato. Come recita testualmente la relazione illustrativa del citato decreto, l’intento che ha mosso il legislatore nell’approntare l’inedita figura della composizione negoziata è stato quello di mettere a disposizione delle imprese in difficoltà un nuovo strumento deputato non soltanto a “prevenire l’insorgenza di situazioni di crisi” ma anche ad “affrontare e risolvere tutte quelle situazioni di squilibrio economico-patrimoniale che, pur rivelando l’esistenza di una crisi o di uno stato di insolvenza, appaiono reversibili”. E questa ulteriore, e forse addirittura preminente, dimensione funzionale dell’istituto è attestata da molteplici spunti normativi, in primis, quello rappresentato dall’art. 11 D.L. n. 118 del 2021, il quale, nel tracciare un ampio ventaglio dei possibili epiloghi delle trattative condotte nel segno dello strumento in esame, vi include anche, e a tacer d’altro, l’accesso, inconcepibile in difetto della sussistenza di un autentico stato di crisi o d’insolvenza, a taluna “delle procedure disciplinate dal regio decreto n. 267 del 1942, dal decreto legislativo 8 luglio 1999, n. 270, o dal decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39“ (comma 3, lett. c)[3].
I provvedimenti giurisdizionali espressamente richiamati dalla disposizione ne rivelano la diretta attinenza ai rapporti della composizione negoziata con le procedure di fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato d’insolvenza, tanto nella versione “ordinaria” di cui al D.Lgs. 8 luglio 1999, n. 270, che in quella “speciale”, riservata alle imprese di più rilevanti dimensioni di cui al D.L. 23 dicembre 2003, n. 347, conv., con modifiche, nella L. 18 febbraio 2004, n. 39. Ma l’àmbito applicativo della medesima richiede, da parte dell’interprete, una più puntuale ridefinizione.
Se in toto partecipe dei profili funzionali che contrassegnano le misure in discorso, l’inibitoria in esame se ne discosta sensibilmente, però, in quanto attiene al relativo regime processuale.
Fuori discussione che, nell’eventualità in cui la composizione negoziata non dovesse andare a buon fine, una nuova domanda diretta all’apertura della procedura liquidatoria vanamente perseguita in precedenza sarebbe comunque riproponibile[10], è però evidente che nel nuovo procedimento non sarebbero recuperabili gli effetti delle misure cautelari del caso ottenute, ai sensi di quanto previsto dall’art. 15, comma 8, L. fall., nel corso del procedimento originariamente instaurato e rimaste caducate in forza della negata concessione della pronuncia di merito cui erano funzionalmente preordinate. L’esigenza di salvaguardare quelle misure e i loro effetti, a tutela dell’integrità del patrimonio e dell’impresa del debitore, portano allora a ritenere, anzi lo impongono, che il divieto di cui al presente art. 6, comma 4, abbia a risolversi nella sospensione del procedimento attivato in vista delle pronunce ivi enumerate, in tal modo idoneo a riprendere il proprio cammino senza soluzione alcuna di continuità nell’ipotesi, testé tratteggiata, di infelice esito delle trattative avviate con i creditori.
La spinta a rimettere mano a tale disposizione è scaturita indubbiamente dalle critiche mosse all’indirizzo del suo dettato primigenio, in ragione del mancato inserimento, tra le cause di improponibilità dell’istanza di composizione negoziata della crisi che vi figuravano contemplate, del ricorso per i cc.dd. pre-accordi di ristrutturazione di cui all’art. 182 bis, comma 6, L. fall.[15] Nel porre rimedio a questa omissione, si è, peraltro, giudicato opportuno provvedere a un’ulteriore estensione del perimetro applicativo della norma, in modo da includervi anche l’istanza di accesso alle procedure di sovraindebitamento riservate agli imprenditori, quali gli accordi di composizione della crisi di cui all’art. 7 della L. n. 3 del 2012[16] e la liquidazione del patrimonio di cui al successivo art. 14 ter (che non appartiene al novero delle procedure d’indole compositiva ma è ad esse assimilata, ai fini de quibus, per le ragioni dianzi esposte, sub § 2): soluzione che il legislatore ha evidentemente reputato preferibile a quella, che identici effetti, sostanzialmente, avrebbe sortito, di aggiungere il presente art. 23, comma 2, agli articoli cui è rinvio nel precedente art. 17, comma 7, in funzione regolatrice della composizione negoziata della crisi per le imprese sotto soglia.
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