L’affermazione della possibile rilevanza nelle procedure concorsuali anche di interessi diversi rispetto a quelli dei creditori non è un’acquisizione recente[8]. E’, infatti, opinione pacifica, e da tempo condivisa, che diversi e non omogenei siano gli interessi coinvolti nelle procedure concorsuali[9], dovendosi comprendere negli stessi tanto l’interesse dei creditori, quanto altri diversi ed eterogenei interessi (l’interesse dei lavoratori, quello all’integrità dei complessi produttivi, alla stabilità del mercato, gli interessi dei clienti, quelli dei fornitori, ecc.)[10]. Il tema, pertanto, non risiede nella constatazione che tra gli interessi da tutelare vi siano non solo quelli dei creditori, precisazione in sé alquanto ovvia e scontata, ma di stabilire quale sia, in caso di contrasto tra interessi, il criterio di scelta, che individui l’interesse e, quindi, l’obiettivo prevalente, rispetto al quale gli altri interessi ed obiettivi devono cedere per il caso di conflitto, o, in alternativa, quale sia il possibile criterio di bilanciamento tra i vari interessi.
Al riguardo, gli ordinamenti giuridici offrono soluzioni differenziate ed anche nell’ordinamento italiano si ritrova un’analoga pluralità di soluzioni in riferimento alle differenti procedure concorsuali, così da rendere vano ogni tentativo sia di individuare una nozione unitaria di “interesse dei creditori”, sia di identificare un unico criterio di priorità o di bilanciamento tra lo stesso e gli altri interessi rilevanti.
Con riferimento alla procedura di fallimento/liquidazione giudiziale, è opinione prevalente, basata su plurimi indici normativi, che la procedura possa consentire anche il perseguimento di interessi diversi rispetto a quello dei creditori, individuati di volta in volta negli interessi dei lavoratori, dei fornitori, di particolari categorie di soggetti diversi dai creditori, dell’integrità dei complessi produttivi, ma che questi interessi, laddove rilevanti, sarebbero comunque subordinati rispetto all’interesse dei creditori, che, in caso di conflitto, deve prevalere[11].
Il discorso non può, tuttavia, considerarsi chiuso, perché rimane ancora in ombra la risposta alla domanda in ordine al concreto contenuto della formula “interesse dei creditori”, che può essere intesa, secondo tonalità diverse, tanto come massimizzazione sempre e comunque di questo interesse, quanto come mera esigenza di rispetto dell’interesse dei creditori.
L’affermazione per cui la procedura di fallimento/liquidazione giudiziale deve tendere alla migliore soddisfazione dei creditori trova salde conferme normative. Di contro, il passaggio successivo, che identifica la “migliore” soddisfazione nella “massima” soddisfazione possibile dei creditori, non trova analoga conferma sul piano del diritto positivo, soprattutto nella fase della liquidazione dell’attivo, dove si rinvengono indici normativi neutri (la competitività ex 107 L. fall. e art. 216 ccii) o suscettibili di diverse interpretazioni (i parametri di scelta dell’affittuario ex art. 104 bis, comma 2; 212 ccii; presupposti e limiti per l’esercizio provvisorio dell’impresa) o, addirittura, di senso contrario (le norme in tema di contratti pubblici, di contratti di lavoro e di contratti preliminari di immobili ad uso abitativo destinati ad abitazione principale; la disciplina della concorrenza; la disciplina del golden power) [12].
L’affermazione dell’assolutezza dell’interesse dei creditori, che imporrebbe agli organi della procedura nella fase della liquidazione dell’attivo di avere quale unico parametro di valutazione il massimo realizzo dell’attivo nel minor tempo possibile sembra più una petizione di principio che il portato di un compiuto esame del dato positivo.
Più conforme alla complessità del dato normativo appare, invece, la considerazione per cui l’interesse dei creditori rappresenta il fine della procedura di fallimento/liquidazione giudiziale ed il criterio che deve orientare le scelte degli organi della procedura, ma che questo non giustifica sempre e comunque la compromissione di altri interessi ritenuti meritevoli di tutela dal legislatore. Vi sono plurimi esempi normativi, sopra indicati, nei quali l’obiettivo della massimizzazione dell’attivo e, quindi, della massima soddisfazione dei creditori incontra un limite e soccombe, o deve contemperarsi, in ragione della tutela di altri interessi tutelati. E’ questo il caso del diritto all’abitazione principale ed al luogo di esercizio dell’attività produttiva, che prevale rispetto all’interesse ad acquisire il bene immobile alla procedura; dei diritti dei lavoratori, che riducono le facoltà di scelta del curatore nella gestione del contratto pendente; dell’interesse della parte pubblica alla qualità delle prestazioni ed allo svolgimento del contratto nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza, rispetto al quale soccombe, salvo eccezioni, l’interesse della procedura ad acquisire nuovi contratti o proseguire nei contratti pendenti; dell’interesse al corretto funzionamento del mercato concorrenziale, che prevale rispetto all’interesse dei creditori alla massimizzazione del risultato finanziario della vendita dell’azienda; dell’interesse alla tutela della difesa e della sicurezza nazionale, rispetto al quale cede l’interesse dei creditori a garantire la massima partecipazione possibile alle procedure competitive di vendita.
Queste previsioni normative, viste in modo unitario, possono assumere un rilievo sistematico, concorrendo a definire un principio generale del sistema concorsuale, operante già nell’attuale tessuto normativo. Si tratta di un principio generale inespresso, costruito in via interpretativa attraverso un procedimento di generalizzazione da norme di dettaglio, contenute tanto nella disciplina concorsuale, quanto in testi normativi diversi.
Il principio generale si concreta nel riconoscimento che l’interesse dei creditori, obiettivo primario della procedura di fallimento/liquidazione giudiziale, deve contemperarsi con altri interessi di pari rilevanza costituzionale e che, di conseguenza, le concrete modalità di liquidazione dell’attivo, per quanto tendenzialmente modellate sul fine del miglior soddisfacimento dei creditori, non possono sempre prescindere da una considerazione di questi interessi. La concomitante presenza di plurimi interessi rilevanti impone, quindi, la ricerca di un punto di equilibrio che non risolve i conflitti nella meccanica affermazione dell’uno e nella negazione dell’altro, ma nella doverosa ponderazione, attuata secondo criteri di ragionevolezza e proporzionalità, secondo una tecnica interpretativa da tempo utilizzata dalla nostra Corte Costituzionale[13].
In questa valutazione, la circostanza che il terreno di confronto sia una procedura concorsuale, avente l’obiettivo primario di preservare il “nucleo essenziale” dell’interesse dei creditori, impone l’individuazione di un possibile criterio di bilanciamento. Il punto di equilibrio va rinvenuto nell’esigenza di assicurare il più ampio soddisfacimento dei creditori che sia consentito nel rispetto degli altri interessi e diritti rilevanti, il che significa che lo stesso può essere limitato solo nello stretto limite necessario per non arrecare un irragionevole pregiudizio agli altri interessi di pari rilievo costituzionale. Il sacrificio dell’interesse dei creditori deve servire ed essere indispensabile per la migliore realizzazione di un altro interesse rilevante, pena l’irragionevolezza della limitazione[14].
La possibilità di un limite alla massimizzazione dell’attivo da destinare ai creditori per garantire la tutela di interessi-altri trova un fondamento costituzionale nell’art. 41 Cost., che, nel riconoscere che “l’iniziativa economica privata è libera” (comma 1)[15], dispone che essa “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”[16]. Altre conferme dell’esistenza di un principio che impone il bilanciamento tra interessi dei creditori e interessi-altri nella procedura di fallimento/liquidazione giudiziale si traggono dalla Direttiva (Ue) 2019/1023 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 2019 sulla ristrutturazione e sull’insolvenza (consideranda 2, 3 e 10; art. 4)[17].
Per garantire la coerenza dell’approdo raggiunto con i vincoli costituzionali ed eurounitari posti in relazione alle possibili limitazioni al soddisfacimento del diritto di credito, in quanto ricompreso nel concetto di proprietà[18], è necessario però individuare il contenuto minimo garantito del diritto dei creditori che non può essere intaccato dal perseguimento di interessi-altri. Pur nella inevitabile variabilità in concreto delle possibili soluzioni che possono derivare dalla ponderazione di interessi diversi secondo il canone della ragionevolezza, è possibile tracciare una linea di riferimento e, allo stesso tempo, rispondere alla domanda sul concreto contenuto della formula “migliore interesse dei creditori”, che deve sostituire la diversa formula “massima soddisfazione dei creditori”. Se la procedura di fallimento/liquidazione è funzionale al soddisfacimento dei creditori, essa deve complessivamente offrire ai creditori una soddisfazione almeno pari a quella che si avrebbe al di fuori ed in mancanza della stessa, perché, nel caso contrario, la procedura non sarebbe nell’interesse, ma contro l’interesse dei creditori. Il fallimento/liquidazione giudiziale può consentire la tutela anche di interessi collettivi diversi da quelli dei creditori, ma in ogni caso non può essere piegata fino ad attribuire ai creditori un soddisfacimento inferiore rispetto a quello che otterrebbero nel caso di liquidazione o esecuzione individuale, al di fuori del concorso collettivo. Il contenuto minimo garantito del diritto dei creditori, che non può essere sacrificato dal perseguimento di interessi diversi, si misura con il livello del presumibile soddisfacimento che i creditori collettivamente avrebbero potuto conseguire in mancanza della procedura.