Come già sopra accennato, la domanda di iscrizione nell’elenco, inizialmente inoltrata direttamente alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura del capoluogo di regione competente in base al luogo di residenza del professionista, viene oggi, a seguito della modifica dell’articolo 3 comma 5, presentata agli ordini professionali di appartenenza dei richiedenti. Una attenta lettura del comma 5 porta a ritenere che i requisiti di cui al comma 3, dunque l’esistenza di precedenti esperienze nell’ambito della ristrutturazione aziendale e della crisi d’impresa, secondo le precise indicazioni della normativa quanto a procedure ed esiti delle medesime, debbano essere documentati, mentre l’assolvimento dell’obbligo formativo richiesto dal comma 4 ed il curriculum vitae possano essere oggetto di autocertificazione ai sensi degli artt. 46 e 47 DPR n. 445/200. Tale diversa modalità risulta emergere, a parere di chi scrive, dalla lettera della disposizione normativa, la quale detta “La domanda è corredata della documentazione comprovante il possesso dei requisiti di cui ai commi 3 e 4, di un’autocertificazione attestante l’assolvimento degli obblighi formativi e di un curriculum vitae..”. Il curriculum può inoltre contenere ogni altra indicazione attinente esperienze formative nelle materie della crisi di impresa e della ristrutturazione, oltre, elemento importante, nelle “tecniche di facilitazione e mediazione”. Questa precisazione si pone in perfetta linea con il ruolo di facilitatore emergente dallo stesso articolo 2 comma 2 D.L. n. 118/2021, ove il compito dell’esperto è definito in termini di agevolazione delle “trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati” affinché sia individuata la soluzione per il superamento dello squilibrio economico-finanziario o patrimoniale. Il compito di mediatore torna in tutta evidenza nel decreto dirigenziale del Ministero della Giustizia, previsto dall’art. 3 commi 2 e 4 ed emanato il 28 settembre 2021, nella Sezione III dedicata al “Protocollo di conduzione della composizione negoziata”, in particolare laddove, nel punto 9, intitolato “Formulazione delle proposte dell’imprenditore e delle parti interessate”, viene sottolineato il ruolo di stimolatore di proposte concrete in uno con quello di custode del rispetto dell’equilibrio dei diversi interessi in gioco in termini di sacrificio e bilanciamento dei rischi e delle utilità derivanti dalla continuità aziendale. La centralità delle capacità di negoziatore dell’esperto risulta chiaramente dai contenuti della formazione obbligatoria. La modifica del comma 5 dell’articolo 3 ha permesso una maggior precisazione della disciplina del trattamento dei dati comunicati al momento della presentazione della domanda: oggi sono gli ordini professionali che designano i responsabili della formazione, della tenuta e dell’aggiornamento dei dati degli iscritti all’elenco unico e del trattamento dei dati stessi nel rispetto del Regolamento UE n. 2016/679 e del codice di protezione dei dati personali, di cui al D.Lgsl. n. 196/2003. E’ inoltre previsto che i consigli nazionali degli ordini professionali disciplinino con regolamento le modalità di formazione, tenuta e aggiornamento dei dati raccolti dagli ordini professionali e comunicati alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, norma opportuna per garantire l’omogeneità sul territorio nazionale. Il controllo della documentazione ai fini dell’accoglimento della domanda spetta agli ordini professionali o alla camera di commercio, secondo le rispettive competenze sopra ricordate. Il legislatore ha previsto, al fine del primo popolamento, un aggiornamento continuo dei dati fino al 16 maggio 2022 e con cadenza annuale successiva. La modifica legislativa operata in sede di conversione ha, infine, permesso un collegamento costante tra la tenuta degli albi professionali e l’elenco degli esperti indipendenti, in quanto gli ordini sono tenuti a comunicare alle camere di commercio l’adozione, nei confronti dei propri iscritti, delle sanzioni disciplinari più gravi di quella minima prevista dai vari ordinamenti nonché l’avvenuta cancellazione dei professionisti dagli albi di appartenenza. Le camere di commercio senza indugio aggiornano l’elenco, così si esprime il legislatore. Si pone qui una domanda, precisamente che cosa debbano fare le camere di commercio qualora venga comunicata l’adozione di una sanzione disciplinare meno grave della cancellazione. Per individuare una risposta occorre far riferimento alla specifica disciplina sanzionatoria prevista dagli ordini professionali ai quali appartengono i professionisti. Il Regolamento contenente il codice delle sanzioni disciplinari adottato, in forza delle disposizioni presenti nel D.Lgsl. 28 giugno 2005, n. 139, dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, prevede le seguenti sanzioni: 1. censura; 2. sospensione dall’esercizio professionale per un periodo di tempo non superiore a due anni; 3. radiazione dall’Albo. In questo caso potrebbe ritenersi applicabile la sospensione, per un eguale periodo, anche dall’elenco – si è già visto che la censura non deve neppure essere comunicata-. La disciplina delle sanzioni disciplinari applicabile agli iscritti all’albo dei consulenti del Lavoro è sovrapponibile a quella prevista per gli iscritti all’ODCEC[2]. La questione potrebbe essere più complessa con riguardo agli Avvocati. La legge 31 dicembre 2012, n. 247, contenente “Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense”, prevede, nel Titolo V dedicato al procedimento disciplinare, l’articolo 52, la cui rubrica recita “Contenuto della decisione”, che elenca le seguenti sanzioni: 1. Il richiamo verbale, privo di carattere sanzionatorio, come precisa la normativa; 2. l’avvertimento; 3. la censura: 4. la sospensione dall’esercizio della professione da due mesi a cinque anni; 5. la radiazione. Nessun dubbio né sul richiamo verbale, che non ha natura sanzionatoria, né sull’avvertimento, che può ritenersi la sanzione più lieve. Ma cosa deve fare la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura a fronte dell’irrogazione di censura a carico di un iscritto? La CCIAA, lo si ricorda, non è titolare del trattamento dei dati dei professionisti iscritti in albi professionali. Pare a chi scrive che debbano essere gli ordini professionali a definire le comunicazioni all’ente, il quale è solo titolare della tenuta dell’elenco. Nel caso qui esaminato, se si legge l’art. 53 della legge n. 247/2021, pare potersi argomentare che l’avvertimento non sia una sanzione in senso stretto, trattandosi di una sorta di informazione all’incolpato sulla natura della condotta tenuta, non conforme alle norme deontologiche e di legge, con invito ad astenersi dal compiere altre infrazioni, apparendo la censura una vera e propria sanzione, consistente in un “biasimo formale” che si applica “quando la gravità dell’infrazione, il grado di responsabilità, i precedenti dell’incolpato e il suo comportamento successivo al fatto inducono a ritenere che egli non incorrerà in un’altra infrazione”. Ma la censura, considerata allora la sanzione meno grave, non dovrebbe essere comunicata. Si tornerebbe allora alla comunicazione solo della sospensione dall’Albo, con applicazione di eguale periodo anche dall’elenco degli esperti, come già sopra argomentato. La questione si presenta però delicata, attese le specifiche caratteristiche di imparzialità e terzietà che caratterizzano l’esperto ed alla luce dei molteplici richiami alla buona fede e correttezza presenti nella disciplina, un quadro che fa ritenere necessario un profondo rigore nell’individuazione dei soggetti presenti in elenco e nella tenuta dello stesso. Ancor più la questione appare delicata se si fa riferimento alla disciplina prevista per l’inserimento dei nominativi dei soggetti non iscritti ad albi professionali. In questa ipotesi, come già sopra ricordato, la domanda per l’inserimento nell’elenco è presentata alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura regionale competente per territorio con riguardo alla residenza dell’istante, la quale deve provvedere al trattamento dei dati personali, nel rispetto della disciplina eurounitaria e del codice dei dati personale. In questo caso la legge prevede la sola cancellazione “ove sia intervenuta una causa di ineleggibilità ai sensi dell’articolo 2382 c.c.”, introducendo una disciplina diversa e più favorevole per i non iscritti agli albi professionali, posto che le ipotesi sarebbero limitate alla sola cancellazione a fronte di provvedimenti di interdizione, inabilitazione, fallimento e condanna ad una pena comportante interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici. Si tratta in conclusione di una disciplina che non risulta perfettamente allineata e che introduce elementi di disparità di trattamento ancor più delicati se si considera l’assenza di norme specifiche sulla responsabilità dell’esperto e su una sua possibile revoca nel corso del percorso.