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Saggio

La figura dell’esperto*

Lorenza Calcagno, Componente comitato direttivo della Scuola Superiore della Magistratura

25 Gennaio 2022

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Quali requisiti e quale formazione si richiede all’esperto negoziatore? Quale posizione in concreto gli assegna la nuova disciplina? A quali regole gli impone di adeguarsi? La riflessione offre una risposta critica e meditata a questi interrogativi, scrutando a fondo il ruolo di una figura inedita. 
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1 . Introduzione
Questo scritto è dedicato ad una prima analisi e lettura delle norme che delineano la figura assolutamente nuova dell’esperto indipendente introdotta dall’articolo 2 comma 1 del D.L. 118/2021, statuizione non oggetto di alcuna modifica in sede di conversione ad opera della legge 21 ottobre 2021, n. 147. Quale indicazione iniziale appare utile riportare il contenuto della Relazione illustrativa al provvedimento d’urgenza. Dopo aver introdotto la scelta del nuovo strumento della “composizione negoziata della crisi”, individuato in termini definitori quale “.. percorso più strutturato rispetto a quello previsto dal Codice della crisi d’impresa, adeguato alle mutate esigenze .. e meno oneroso, con il quale si intende agevolare il risanamento di quelle imprese che, pur trovandosi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tali da rendere probabile la crisi o l’insolvenza, hanno le potenzialità necessarie per restare sul mercato,…”, si legge che per ottenere il risultato si è scelto “…. di affiancare all’imprenditore un esperto nel campo della ristrutturazione, terzo e indipendente e munito di specifiche competenze, al quale è affidato il compito di agevolare le trattative necessarie per il risanamento dell’impresa.”. La natura e l’attività dell’esperto è già contenuta in queste poche righe: un soggetto dotato di competenze specifiche, terzo e indipendente non solo rispetto al debitore ma anche alle altre parti, con il compito di facilitare l’individuazione di proposte e percorsi di risanamento dell’impresa. Chiarite le caratteristiche essenziali di questa figura assolutamente centrale per la funzionalità del nuovo strumento di risanamento, lo scritto si propone di analizzarne i punti più importanti verificando quali siano i criteri seguiti dal legislatore al fine di raggiungere i fini chiaramente individuati.
2.1 . L’elenco degli esperti
Naturalmente le modalità di individuazione della nuova figura costituiscono disposizioni essenziali al fine di garantirne i requisiti, di indipendenza e terzietà, che la assistono. Al centro del sistema vi è la creazione dell’albo, definito dall’articolo 3 comma 5 L. n. 147/2021 in termini di elenco, istituito presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura di ciascun capoluogo di Regione e delle Province autonome di Trento e Bolzano, alimentato tramite i nominativi degli esperti inviati, dopo la legge di conversione che sul punto ha profondamente modificato l’articolo 3, dagli Ordini professionali, salvo per coloro che, pur avendo i requisiti prescritti dall’articolo 3 comma 3 L. n. 147/2021, non risultino iscritti ad alcun ordine professionale. Il comma 7 dell’articolo 3 in commento prevede, disposizione già presente nel medesimo articolo e comma nel D.L. n. 118/2021, la possibilità, per i tre membri della Commissione competenti per la nomina, di individuare l’esperto “anche al di fuori dell’ambito regionale “ – così l’ultima parte del comma in commento-. Questa disposizione evidenzia una visione nazionale dell’elenco nella disponibilità della commissione, cui fa da completamento il necessario inserimento degli incarichi e del curriculum vitae degli esperti nominati in una sezione dedicata del sito internet sia della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura del luogo di nomina sia del luogo di tenuta dell’elenco. La chiara indicazione degli incarichi conferiti risponde a diversi principi sottolineati dal legislatore: primo fra tutti il rispetto del numero di incarichi contemporanei, che non deve essere superiore a due, la trasparenza e la rotazione. Il D.L. n. 118/2021 ha dunque introdotto un elenco nel quale saranno inseriti i nominativi di esperti in ristrutturazione di imprese, incaricati della conduzione del procedimento di composizione negoziata, dotati di specifici requisiti soggettivi e per i quali è previsto un percorso formativo ad hoc. Diviene qui inevitabile un richiamo alla disciplina contenuta nel titolo X, Capo II del D.Lgsl. n. 14/2019, dedicata all’albo degli incaricati della gestione e del controllo delle procedure. Se pure gli artt. 356 e 357 siano entrati in vigore nel 2019, secondo il dettato dell’articolo 389 comma 2 D.Lgsl. n. 14/2019, ad oggi tale albo non è stato ancora istituito, necessitando per l’attuazione un decreto del Ministro della giustizia, assunto di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, che avrebbe dovuto stabilire, in particolare, le modalità di iscrizione, nonché quelle di sospensione e cancellazione – lettera h) introdotta dal decreto correttivo D.Lgsl. n. 147/2020-, e di esercizio del potere di vigilanza. Il decreto avrebbe dovuto essere adottato entro il 1 marzo 2020, termine prorogato al 30 giugno 2020 dall’art. 8 comma 4 del D.L. n. 162/2019, in vista dell’adozione delle disposizioni correttive. Come noto, il decreto correttivo è giunto con il D.Lgsl. n. 147/2020, ma la disposizione ad oggi non ha trovato attuazione. E’ ben vero che lo strumento della composizione negoziata è definito spesso come “degiurisdizionalizzato” e dunque le caratteristiche richieste all’esperto indipendente, chiamato a trattare con tutte le parti nella prospettiva del risanamento economico dell’impresa sono diverse da quelle proprie del curatore, del commissario giudiziale o del liquidatore, i quali operano nell’ambito di procedure concorsuali in senso stretto, tuttavia, anche richiamando alcune suggestioni contenute in particolare in uno scritto[1], ci si può interrogare se, in una prospettiva futura, non si possa pensare ad una sezione dedicata ad esperti dotati delle competenze necessarie per operare nella composizione assistita, sessione speciale inserita in un albo comune. La creazione di un albo comune, suddiviso in sezioni rispondenti alle specificità delle procedure, avrebbe il vantaggio di permettere una visione nazionale degli esperti in crisi di impresa, se pure con caratterizzazioni diverse. Un altro interessante punto di contatto con la disciplina contenuta nel CCII su questo tema attiene alal formazione.
2.2 . I requisiti soggettivi
Secondo il disposto dell’articolo 3 comma 3 D.L. n. 118/2021, come modificato dalla L. n. 147/2021, possono essere inseriti nell’elenco: gli iscritti da almeno cinque anni nell’albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili e all’albo degli avvocati che “documentano di aver maturato precedenti esperienze nel campo della ristrutturazione aziendale e della crisi d’impresa”; gli iscritti da almeno cinque anni nell’albo dei consulenti del lavoro che documentano di aver concorso, almeno in tre casi, “alla conclusione di accordi di ristrutturazione dei debiti omologati o di accordi sottostanti a piani attestati o di avere concorso alla presentazione di concordati con continuità aziendale omologati” ed infine i soggetti con esperienza di amministrazione, direzione e controllo di imprese, pur non iscritti in albi professionali, purché documentino di aver svolto attività in “imprese interessate da operazioni di ristrutturazione concluse con piani di risanamento attestati, accordi di ristrutturazione dei debiti e concordati preventivi omologati, nei confronti dei quali non sia stata successivamente pronunciata sentenza dichiarativa di fallimento o sentenza di accertamento dello stato di insolvenza". Nel passaggio della conversione è stato introdotto l’obbligo, anche a carico degli iscritti all’albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e non dei soli avvocati, di documentare esperienze nell’ambito della ristrutturazione aziendale e della crisi d’impresa. Il legislatore ha richiesto la prova di una esperienza operativa maggiormente stringente per i consulenti del lavoro e, ancor più, per chi ha svolto attività amministrativa, di controllo e direzione di impresa, senza tuttavia essere iscritto in un albo professionale. Con la conversione in legge del D.L. n. 118/2021 gli ordini professionali sono stati poi direttamente coinvolti nella fase di raccolta delle domande di inserimento nell’elenco, tranne naturalmente per i soggetti non iscritti, per i quali è rimasta la procedura prevista inizialmente a carico della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura del capoluogo di regione competente con riferimento alla residenza del richiedente.
2.3 . La domanda di inserimento nell’elenco
Come già sopra accennato, la domanda di iscrizione nell’elenco, inizialmente inoltrata direttamente alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura del capoluogo di regione competente in base al luogo di residenza del professionista, viene oggi, a seguito della modifica dell’articolo 3 comma 5, presentata agli ordini professionali di appartenenza dei richiedenti. Una attenta lettura del comma 5 porta a ritenere che i requisiti di cui al comma 3, dunque l’esistenza di precedenti esperienze nell’ambito della ristrutturazione aziendale e della crisi d’impresa, secondo le precise indicazioni della normativa quanto a procedure ed esiti delle medesime, debbano essere documentati, mentre l’assolvimento dell’obbligo formativo richiesto dal comma 4 ed il curriculum vitae possano essere oggetto di autocertificazione ai sensi degli artt. 46 e 47 DPR n. 445/200. Tale diversa modalità risulta emergere, a parere di chi scrive, dalla lettera della disposizione normativa, la quale detta “La domanda è corredata della documentazione comprovante il possesso dei requisiti di cui ai commi 3 e 4, di un’autocertificazione attestante l’assolvimento degli obblighi formativi e di un curriculum vitae..”. Il curriculum può inoltre contenere ogni altra indicazione attinente esperienze formative nelle materie della crisi di impresa e della ristrutturazione, oltre, elemento importante, nelle “tecniche di facilitazione e mediazione”. Questa precisazione si pone in perfetta linea con il ruolo di facilitatore emergente dallo stesso articolo 2 comma 2 D.L. n. 118/2021, ove il compito dell’esperto è definito in termini di agevolazione delle “trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati” affinché sia individuata la soluzione per il superamento dello squilibrio economico-finanziario o patrimoniale. Il compito di mediatore torna in tutta evidenza nel decreto dirigenziale del Ministero della Giustizia, previsto dall’art. 3 commi 2 e 4 ed emanato il 28 settembre 2021, nella Sezione III dedicata al “Protocollo di conduzione della composizione negoziata”, in particolare laddove, nel punto 9, intitolato “Formulazione delle proposte dell’imprenditore e delle parti interessate”, viene sottolineato il ruolo di stimolatore di proposte concrete in uno con quello di custode del rispetto dell’equilibrio dei diversi interessi in gioco in termini di sacrificio e bilanciamento dei rischi e delle utilità derivanti dalla continuità aziendale. La centralità delle capacità di negoziatore dell’esperto risulta chiaramente dai contenuti della formazione obbligatoria. La modifica del comma 5 dell’articolo 3 ha permesso una maggior precisazione della disciplina del trattamento dei dati comunicati al momento della presentazione della domanda: oggi sono gli ordini professionali che designano i responsabili della formazione, della tenuta e dell’aggiornamento dei dati degli iscritti all’elenco unico e del trattamento dei dati stessi nel rispetto del Regolamento UE n. 2016/679 e del codice di protezione dei dati personali, di cui al D.Lgsl. n. 196/2003. E’ inoltre previsto che i consigli nazionali degli ordini professionali disciplinino con regolamento le modalità di formazione, tenuta e aggiornamento dei dati raccolti dagli ordini professionali e comunicati alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, norma opportuna per garantire l’omogeneità sul territorio nazionale. Il controllo della documentazione ai fini dell’accoglimento della domanda spetta agli ordini professionali o alla camera di commercio, secondo le rispettive competenze sopra ricordate. Il legislatore ha previsto, al fine del primo popolamento, un aggiornamento continuo dei dati fino al 16 maggio 2022 e con cadenza annuale successiva. La modifica legislativa operata in sede di conversione ha, infine, permesso un collegamento costante tra la tenuta degli albi professionali e l’elenco degli esperti indipendenti, in quanto gli ordini sono tenuti a comunicare alle camere di commercio l’adozione, nei confronti dei propri iscritti, delle sanzioni disciplinari più gravi di quella minima prevista dai vari ordinamenti nonché l’avvenuta cancellazione dei professionisti dagli albi di appartenenza. Le camere di commercio senza indugio aggiornano l’elenco, così si esprime il legislatore. Si pone qui una domanda, precisamente che cosa debbano fare le camere di commercio qualora venga comunicata l’adozione di una sanzione disciplinare meno grave della cancellazione. Per individuare una risposta occorre far riferimento alla specifica disciplina sanzionatoria prevista dagli ordini professionali ai quali appartengono i professionisti. Il Regolamento contenente il codice delle sanzioni disciplinari adottato, in forza delle disposizioni presenti nel D.Lgsl. 28 giugno 2005, n. 139, dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, prevede le seguenti sanzioni: 1. censura; 2. sospensione dall’esercizio professionale per un periodo di tempo non superiore a due anni; 3. radiazione dall’Albo. In questo caso potrebbe ritenersi applicabile la sospensione, per un eguale periodo, anche dall’elenco – si è già visto che la censura non deve neppure essere comunicata-. La disciplina delle sanzioni disciplinari applicabile agli iscritti all’albo dei consulenti del Lavoro è sovrapponibile a quella prevista per gli iscritti all’ODCEC[2]. La questione potrebbe essere più complessa con riguardo agli Avvocati. La legge 31 dicembre 2012, n. 247, contenente “Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense”, prevede, nel Titolo V dedicato al procedimento disciplinare, l’articolo 52, la cui rubrica recita “Contenuto della decisione”, che elenca le seguenti sanzioni: 1. Il richiamo verbale, privo di carattere sanzionatorio, come precisa la normativa; 2. l’avvertimento; 3. la censura: 4. la sospensione dall’esercizio della professione da due mesi a cinque anni; 5. la radiazione. Nessun dubbio né sul richiamo verbale, che non ha natura sanzionatoria, né sull’avvertimento, che può ritenersi la sanzione più lieve. Ma cosa deve fare la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura a fronte dell’irrogazione di censura a carico di un iscritto? La CCIAA, lo si ricorda, non è titolare del trattamento dei dati dei professionisti iscritti in albi professionali. Pare a chi scrive che debbano essere gli ordini professionali a definire le comunicazioni all’ente, il quale è solo titolare della tenuta dell’elenco. Nel caso qui esaminato, se si legge l’art. 53 della legge n. 247/2021, pare potersi argomentare che l’avvertimento non sia una sanzione in senso stretto, trattandosi di una sorta di informazione all’incolpato sulla natura della condotta tenuta, non conforme alle norme deontologiche e di legge, con invito ad astenersi dal compiere altre infrazioni, apparendo la censura una vera e propria sanzione, consistente in un “biasimo formale” che si applica “quando la gravità dell’infrazione, il grado di responsabilità, i precedenti dell’incolpato e il suo comportamento successivo al fatto inducono a ritenere che egli non incorrerà in un’altra infrazione”. Ma la censura, considerata allora la sanzione meno grave, non dovrebbe essere comunicata. Si tornerebbe allora alla comunicazione solo della sospensione dall’Albo, con applicazione di eguale periodo anche dall’elenco degli esperti, come già sopra argomentato. La questione si presenta però delicata, attese le specifiche caratteristiche di imparzialità e terzietà che caratterizzano l’esperto ed alla luce dei molteplici richiami alla buona fede e correttezza presenti nella disciplina, un quadro che fa ritenere necessario un profondo rigore nell’individuazione dei soggetti presenti in elenco e nella tenuta dello stesso. Ancor più la questione appare delicata se si fa riferimento alla disciplina prevista per l’inserimento dei nominativi dei soggetti non iscritti ad albi professionali. In questa ipotesi, come già sopra ricordato, la domanda per l’inserimento nell’elenco è presentata alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura regionale competente per territorio con riguardo alla residenza dell’istante, la quale deve provvedere al trattamento dei dati personali, nel rispetto della disciplina eurounitaria e del codice dei dati personale. In questo caso la legge prevede la sola cancellazione “ove sia intervenuta una causa di ineleggibilità ai sensi dell’articolo 2382 c.c.”, introducendo una disciplina diversa e più favorevole per i non iscritti agli albi professionali, posto che le ipotesi sarebbero limitate alla sola cancellazione a fronte di provvedimenti di interdizione, inabilitazione, fallimento e condanna ad una pena comportante interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici. Si tratta in conclusione di una disciplina che non risulta perfettamente allineata e che introduce elementi di disparità di trattamento ancor più delicati se si considera l’assenza di norme specifiche sulla responsabilità dell’esperto e su una sua possibile revoca nel corso del percorso. 
2.4 . La formazione
L’articolo 3, comma 4, della disciplina in esame prevede l’obbligatorietà di un percorso formativo specifico per tutti coloro che, in possesso dei requisiti soggettivi di cui al precedente comma 3, vogliano presentare domanda per l’inserimento nell’elenco degli esperti. La disciplina rimanda, quanto al contenuto, al decreto dirigenziale del Ministero della giustizia deputato, come già ricordato, a definire aspetti essenziali del percorso della composizione negoziata della crisi. Nella relazione illustrativa al D.L. n. 118/2021 si legge: “L’esperto dovrà acquisire una specifica formazione, secondo un percorso adeguato che sarà tratteggiato, …., da un decreto dirigenziale che individuerà le materie di studio e la tipologia del docente; la formazione, nel rispetto delle linee indicate dallo stesso decreto, potrà essere gestita dagli ordini professionali, dalle università e, nel caso in cui gli esperti non siano iscritti ad albi professionali, dalle associazioni di riferimento.” Nella relazione si precisa ancora che requisito di accesso è una formazione “specifica nella materia della ristrutturazione aziendale e nelle tecniche di facilitazione e mediazione”, alla quale possono accompagnarsi altri specifici percorsi che troveranno adeguato richiamo nel curriculum vitae e che saranno valutati nella scelta dell’esperto più adatto alla specificità dell’impresa. La Sezione IV del decreto dirigenziale detta una disciplina molto specifica: prevede 55 ore di formazione, elenca in dettaglio i temi da trattare, suddivisi per sessioni formative, nonché la tipologia di docente adatto al tema. Senza volere qui esaminare tutti gli argomenti elencati, pare importante sottolineare due aspetti. Il primo, si tratta di una formazione specifica e mirata sul nuovo strumento “di ausilio alle imprese in difficoltà, di tipo negoziale e stragiudiziale” - così ancora la relazione illustrativa- introdotto, e dunque presuppone una conoscenza tecnica di carattere più generale riferita al sistema della crisi d’impresa ed alle procedure previste dal legislatore per la gestione della stessa. Il secondo, la centralità delle competenze di mediatore o facilitatore richieste all’esperto, posto che a tale profilo sono dedicate 10 ore di un percorso intitolato “La gestione delle trattative con le parti interessate. Facilitazione della comunicazione e della composizione consensuale: il ruolo dell’esperto e le competenze.”, suddiviso in passaggi molto precisi, in due sessioni, la prima dedicata alla fase di preparazione e di gestione delle trattative e la seconda ad un laboratorio sui casi e apprendimento delle tecniche. Il docente deve essere individuato tra i soggetti dotati di entrambi i requisiti prescritti dall’art. 18 D.M. n. 180/2010 - “Regolamento recante la determinazione dei criteri e delle modalità di iscrizione e tenuta del registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori per la mediazione” - emanato in attuazione del D.Lgsl. n. 28/2010. La disciplina normativa nulla dice in merito ai soggetti incaricati dell’organizzazione dei percorsi formativi individuati: nella relazione si legge, come sopra riportato, che tale compito spetta agli ordini professionali, alle università e, nel caso di esperti non iscritti agli albi professionali, alle associazioni di riferimento. Deve qui ricordarsi come la formazione adeguata dei professionisti nel campo della ristrutturazione, nominati sia dall’autorità giudiziaria che amministrativa, costituisca un principio chiaramente espresso nella direttiva n. 1023/2019, sia nel considerando (87) “Gli Stati membri dovrebbero … provvedere affinché i professionisti nel campo della ristrutturazione, dell'insolvenza e dell'esdebitazione, nominati dall'autorità giudiziaria o amministrativa («professionisti»), siano adeguatamente formati; siano nominati in modo trasparente tenendo debitamente conto della necessità di garantire l'efficacia delle procedure;..”, sia nel successivo articolo 26, obblighi ben presenti al legislatore del CCII che ha previsto, nell’articolo 356 comma 2, una specifica competenza della Scuola Superiore della Magistratura nella definizione delle linee guida generali per la definizione dei programmi dei corsi di formazione e di aggiornamento. Le linee guida, pubblicate alla fine del 2019 ed oggi in fase di aggiornamento, sia a fronte della modifica delle ore di formazione, ridotte dal D.Lgsl. n. 147/2020 a 40 complessive, sia a fronte del diverso percorso oggi intrapreso dal legislatore con le scelte presenti nel D.L. n. 118/2021, possono offrire un utile momento di confronto sul profondo significato che ha oggi la cultura della crisi d’impresa che deve costituire patrimonio comune prima di tutto chi opera nella giurisdizione ed i professionisti. Come sopra si è accennato con riferimento al possibile percorso verso la creazione di un Albo unico nazionale, suddiviso in sezioni funzionali ai diversi settori operativi della crisi d’impresa, anche la formazione potrebbe essere ripensata offrendo percorsi specifici e specializzati, del quale costituisce esempio il decreto dirigenziale del Ministero della giustizia del 28 settembre 2021.
2.5 . La nomina dell’esperto
Ancora l’articolo 3 detta, nel comma 6, la procedura di nomina dell’esperto. Il nominativo viene individuato da una Commissione che resta in carica due anni ed è composta da tre membri: un magistrato designato dal Presidente della sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale del capoluogo di regione o della provincia autonoma di Trento o Bolzano nel cui territorio si trova la CCIAA che ha ricevuto l’istanza di nomina, un membro individuato dal presidente della CCIAA presso la quale è costituita la Commissione ed uno indicato dal prefetto del capoluogo di regione o della provincia autonoma di Trento o di Bolzano nel cui territorio si trova la CCIAA che ha ricevuto l’istanza. In merito alla designazione da parte del prefetto, nomina del tutto nuova rispetto all’ individuazione dei componenti dell’OCRI, alcuni hanno argomentato che tale scelta, più che ascriversi ad eventuali possibili riflessi della crisi d’impresa sull’ordine pubblico, pare piuttosto collegarsi alla opportunità di prevenire i tavoli di crisi oggi aperti presso il Mise[3]. In questa fase riveste un ruolo importante il segretario generale della CCIAA nel cui ambito territoriale si trova la sede dell’impresa e competente, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, a ricevere l’istanza di nomina, in quanto è questo soggetto che, nei due giorni lavorativi successivi alla ricezione della richiesta, la trasmette alla Commissione accompagnata da una nota sintetica che contiene l’indicazione del volume d’affari, del numero di dipendenti, e del settore di attività dell’impresa. Si rammenta qui che l’istanza viene formulata tramite l’impiego della piattaforma unica nazionale alla quale hanno accesso tutte le imprese iscritte nei registri tenuti dalle CCIAA. Inoltre, pare opportuno sottolineare la diversa competenza territoriale della CCIAA: l’elenco viene custodito e trattato nel capoluogo di regione, le istanze di nomina vengono inserite presso la CCIAA nel cui ambito territoriale l’impresa ha sede. La Commissione decide nei cinque giorni lavorativi successivi, individua l’esperto scegliendolo dall’elenco con criteri che assicurino la rotazione e la trasparenza, rispettando la regola del divieto di cumulo superiore a due incarichi e considerando le specifiche competenze emergenti dal curriculum in funzione delle caratteristiche dell’impresa che ha formulato l’istanza. La trasparenza è garantita dalla pubblicazione, già ricordata, dell’incarico conferito e del curriculum vitae in apposita sezione del sito della CCIAA sia del luogo di nomina che del luogo di tenuta dell’elenco. La Commissione decide a maggioranza, non è previsto alcun emolumento, né alcun rimborso spese per i membri. Ricevuta la nomina l’esperto, ai sensi dell’articolo 5 comma 4, deve verificare la propria indipendenza come declinata nel precedente articolo 4 e, valutate anche le proprie competenze rispetto alle caratteristiche dell’impresa e la propria disponibilità di tempo comunica all’imprenditore la sua accettazione. Il successivo comma 6 contiene una disposizione importante, in quanto permette una verifica delle condizioni di indipendenza richieste dalla legge. Nei tre giorni successivi alla comunicazione della convocazione, le parti possono presentare osservazioni sull’indipendenza dell’esperto al segretario generale della CCIAA il quale riferisce alla commissione, che, sentito l’esperto, può procedere alla sostituzione. La disciplina non contiene invece alcuna previsione in termini di sostituzione o di revoca nel corso della composizione negoziata. Tale mancanza potrebbe comportare da un lato l’impossibilità di intervenire qualora emergesse una inadeguatezza del professionista e dall’altro un contrasto rispetto al contenuto dell’art. 26, lett.b), della Direttiva n. 1023/2019, la quale fa espresso riferimento alla revoca ed alle dimissioni, chiedendo agli Stati la previsione di una normativa chiara, trasparente ed equa. La disciplina presente nel comma 6 dell’articolo 5 risponde invece appieno al disposto della lettera d) del medesimo art. 26. Occorre infine ricordare che l’articolo 17 prevede la procedura per le imprese sotto soglia. In questo caso la nomina dell’esperto potrà essere richiesta, in via alternativa, all’OCC oppure al segretario generale della CCIAA nel cui ambito si trova la sede dell’impresa e la nomina verrà fatta dal soggetto al quale è stata presentata l’istanza.
3 . Indipendenza, doveri e poteri dell’esperto indipendente
L’articolo 4 della L. n. 147/2021 individua le incompatibilità a presidio dell’indipendenza dell’esperto e ne precisa i doveri. Le incompatibilità sono declinate sia con specifico riferimento all’articolo 2399 c.c.- dedicato alle cause di ineleggibilità e decadenza dei sindaci-, sia prescrivendo l’assenza di rapporti di natura personale o professionale con l’impresa o con le altre parti interessate all’operazione di risanamento. Inoltre, sia l’esperto che i professionisti ai quali sia unito in associazione professionale non devono aver prestato attività di lavoro subordinato o autonomo negli ultimi cinque anni a favore dell’imprenditore né aver fatto parte per il medesimo tempo degli organi di amministrazione o controllo né aver posseduto partecipazioni. In sede di conversione è stato previsto, così ulteriormente rafforzando il requisito, che anche nei due anni successivi all’archiviazione della composizione negoziata l’esperto non può intrattenere rapporti con l’imprenditore. Questa previsione non è però stata estesa ai professionisti a lui legati in associazione professionale. L’articolo 2399 c.c. prevede, quali cause di ineleggibilità, le condizioni di cui all’art. 2382 c.c., già contemplate dalla normativa quali causa di cancellazione dall’elenco dei professionisti non iscritti negli albi professionali, l’esistenza di rapporti di coniugio, parentela o affinità entro il quarto grado con gli amministratori della società o di società controllate o controllanti, l’esistenza di rapporti di lavoro o di consulenza continuativa o prestazione d’opera retribuita con la società o le società da questa controllate o controllanti o sottoposte a comune controllo, ovvero, dice infine la norma, che siano legati alle imprese così individuate “da altri rapporti di natura patrimoniale che ne compromettano l’indipendenza.”. Il comma 2 dell’articolo 5 definisce l’esperto in termini di terzietà rispetto a tutte le parti, caratterizzazione inserita in sede di conversione, e ne indica l’obbligo ad operare in modo “professionale, riservato, imparziale e indipendente”. Questa disciplina richiama il contenuto della relazione illustrativa, dove si legge, nella parte dedicata alla definizione dei caratteri fondamentali di questa figura: “La presenza dell’esperto non ha .. lo scopo e la funzione di sostituire l’imprenditore nel dialogo con i suoi creditori o con le altre parti interessate ma serve a dare forza e credibilità alla posizione dell’impresa ed a rassicurare i creditori e le altre parti interessate. La figura terza ed indipendente dell’esperto, chiamato a verificare costantemente la funzionalità e utilità delle trattative rispetto al risanamento e l’assenza di atti pregiudizievoli per i creditori, conferisce alle trattative un elevato livello di sicurezza ed elimina il dubbio sull’esistenza di possibili atteggiamenti dilatori o poco trasparenti tenuti dalle parti coinvolte. La competenza nelle tecniche di facilitazione richiesta all’esperto agevolerà lo svolgimento di tali funzioni”. La normativa prevede la possibilità per l’esperto di avvalersi di soggetti dotati di specifiche competenze nel settore ove opera l’impresa, o di revisori legali, i quali a loro volta non devono avere alcun rapporto di natura personale o professionale con l’impresa o le altre parti interessate. La nomina dell’ausiliare rimane interamente nella sfera dell’esperto, non comportando alcun onere economico a carico delle parti. La previsione di un così ampio elenco di situazioni di incompatibilità può apparire in qualche passaggio ridondante, basti pensare all’ampiezza dei casi di ineleggibilità dei sindaci, ma la volontà del legislatore è certamente di sottolineare la centralità della posizione dell’esperto per la fruttuosità dello strumento, fondata su un corretto scambio tra parti che, avendo interessi e dovendo valutare rischi opposti, devono trovare in un compositore di interessi “super partes” colui che potrà condurli all’individuazione di una soluzione di recupero di un equilibrio patrimoniale o economico-finanziario che necessariamente richiede sacrifici. Sacrifici che debbono essere sopportati da tutte le parti, come evidente dal richiamo ai principi di lealtà e correttezza riferiti a tutti i soggetti coinvolti nel procedimento di risanamento. Altro elemento caratterizzante l’attività dell’esperto e che permea tutta la trattativa, è la riservatezza. Salva l’ipotesi in cui sia sentito dall’autorità giudiziaria nell’ambito del procedimento disegnato dall’articolo 7, relativo alle misure protettive e cautelari, l’esperto non può essere tenuto a deporre né davanti all’Autorità giudiziaria né davanti ad altra Autorità, sul contenuto delle informazioni che ha acquisito nell’esercizio della funzione, trovando applicazione gli artt. 200 c.p.c. e le garanzie previste per il difensore dall’art. 103 c.p.c., in quanto compatibili. Questa disciplina potrebbe porsi in contrasto con l’articolo 35 comma 1 D.Lgsl. n. 231/2007, contenente attuazione della direttiva n. 2005/60/CE relativa alla prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo, il quale prevede l’obbligo, per i soggetti destinatari, di effettuare la segnalazione di operazione sospetta all’UIF. Tutte le parti convolte nelle trattative hanno il dovere di collaborare lealmente e in modo sollecito con l’imprenditore e con l’esperto e sono tenute a rispettare l’obbligo di riservatezza sulle condizioni dell’imprenditore, il quale a sua volta deve fornire ogni informazione utile ai fini di una completa trasparenza delle condizioni economiche esistenti. La normativa fa spesso riferimento alle clausole generali di buona fede e correttezza; nei riguardi delle banche e degli intermediari finanziari parla di un obbligo di partecipazione alle trattative “in modo attivo e informato”. Nella prospettiva di un approfondimento del contenuto di queste clausole, sarebbe interessante chiedersi se, dal quadro complessivo delineato dal legislatore, non emerga l’idea di una sorta di buona fede propria dei rapporti economici coinvolti in una fase di crisi, dalla quale deriverebbe la necessità di tenere un comportamento fruttuoso per tutte le parti coinvolte, in una prospettiva dove le trattative non siano spinte unicamente da interessi di natura individuale ed il risanamento dell’impresa costituisca un superiore e sopraindividuale interesse. Occorre qui ricordare che la legge non contiene disposizioni specifiche sulla responsabilità dell’esperto. Volendone qui solo fare cenno, in assenza di vincoli di natura contrattuale, difficilmente potendo pensare ad una sorta di mandato “ex lege”, dovrebbe trovare applicazione la disciplina generale extracontrattuale, salvo interrogarsi su un eventuale spazio per una ricostruzione in termini di “contatto sociale”. A completamento di questo profilo, abbiamo già sopra accennato all’assenza di una normativa sulla revoca A fini di completezza occorre ricordare che il legislatore si occupa della composizione negoziata anche con riguardo ai gruppi di imprese, dettando una disciplina specifica nell’articolo 13. In questa fattispecie l’esperto agevola le trattative con riguardo alle imprese del gruppo in modo unitario, salvo che lo svolgimento congiunto non sia troppo gravoso, nel qual caso le trattative si svolgeranno per singole imprese; inoltre possono partecipare alle trattative le società del gruppo che non si trovano in situazione di squilibrio patrimoniale o economico –finanziario. Se le società facenti parte di un gruppo presentano più istanze di nomina di esperto, i professionisti nominati propongono una composizione negoziata svolta unitariamente o per più imprese individuate con un esperto designato di comune accordo e, in difetto di accordo, con l’esperto nominato a seguito della prima istanza.
3.1 . La posizione dell’esperto rispetto al debitore: approfondimento
Da quanto fin qui analizzato emerge che il legislatore ha individuato nell’esperto il punto di bilanciamento della procedura. Un soggetto non ausiliare dell’imprenditore, terzo e indipendente, un facilitatore che non si ingerisce nell’esercizio dell’impresa ma la sorveglia. Tuttavia vi sono alcuni spunti nella normativa che fanno riflettere su questa asserita piena terzietà. Il primo è contenuto nell’articolo 7, comma 4 del D.L. n. 118/2021, il quale prevede che, in sede di procedimento relativo alle misure protettive e cautelari, il giudice sente il debitore e l’esperto e nomina, se occorre, un ausiliario ai sensi dell’articolo 68 c.p.c.. Secondo il disposto della norma richiamata, l’ausiliare è una persona esperta in una data materia o professione che coadiuva il giudice nel compimento di atti che non può effettuare da solo: applicata al caso di specie deve concludersi che, qualora il giudice ritenga non sufficienti e non adeguate le informazioni ricevute dall’esperto in merito alle caratteristiche, ai tempi ed alla natura delle misure protettive e cautelari oggetto di ricorso, possa nominare un esperto affinché in sostanza lo aiuti a comprendere la veridicità o forse meglio ad approfondire in modo indipendente il necessario bilanciamento tra i diversi interessi in gioco. L’esperto dovrebbe essere terzo e imparziale, dunque dovrebbe poter coadiuvare il giudice nella decisione sulle misure richieste dall’imprenditore. La scelta del legislatore pare indicare in qualche modo la presenza di una attività di sostegno all’impresa da parte dell’esperto, o forse prende atto di un suo necessario coinvolgimento nel percorso dell’imprenditore. Vero è che nel prosieguo dell’articolo 7 più volte l’esperto è individuato come soggetto in grado di fornire informazioni necessarie al fine della decisione, e dunque del bilanciamento tra gli interessi delle parti coinvolte nel procedimento di risanamento. L’esperto può inoltre presentare direttamente istanza per la revoca delle misure. Anche nel concordato semplificato la figura dell’esperto pare avvicinarsi a quella di un ausiliare dell’imprenditore, posto che, ai sensi dell’articolo 18 comma 1, per l’accesso a questa procedura è necessario che l’esperto nella sua relazione finale dichiari che le trattative si sono svolte secondo correttezza e buona fede, non abbiano avuto esito positivo e le soluzioni individuate ex art. 11 commi 1 e 2 non siano praticabili. In questa ipotesi il Tribunale acquisisce, oltre alla relazione finale anche il parere dell’esperto in merito ai presumibili risultati della liquidazione e nomina un ausiliare, nuovamente, ai sensi dell’art. 68 c.p.c.. Ai creditori verrà comunicato il parere dell’ausiliario e quello dell’esperto: alla luce della terzietà della figura del primo sarà interessante approfondire la differenza tra queste fondamentali fonti di conoscenza per i creditori, in particolare se in qualche modo il parere dell’ausiliare non costituisca una sorta di verifica del parere sulle prospettive liquidatorie formulato dall’esperto. Certamente i profili ora evidenziati derivano dal necessario passaggio da una fase di trattative interne e riservate ad una fase di incidenza sui diritti dei creditori e di altre parti che richiedono l’intervento del giudice ed in questo passaggio è previsto un controllo sull’attività dell’esperto, realizzato attraverso la figura dell’ausiliare di cui all’art. 68 c.p.c.. Si tratta comunque di aspetti che richiedono un approfondimento, nell’ambito di un esame che consideri il quadro complessivo dell’atteggiarsi dei rapporti nella dimensione dell’impresa in crisi. 
4 . Un esperto “mediatore” o un mediatore esperto?
All’esito di questa prima lettura della disciplina la domanda se debbano ritenersi prevalenti nella figura dell’esperto le competenze tecniche in materia di crisi d’impresa o le capacità specifiche di mediatore risulta forse poco fruttuosa. Nella volontà del legislatore, lo strumento della composizione negoziata, destrutturato, caratterizzato da riservatezza e degiurisdizionalizzato – anche se in realtà laddove vengono incisi i diritti dei terzi il giudice è chiamato ad intervenire con un difficile giudizio di bilanciamento degli interessi in gioco- vede quale attore principale l’esperto indipendente e terzo dotato di capacità di trattare con tutte le parti, senza intervenire direttamente nell’individuazione delle soluzioni per il risanamento dell’impresa ma facilitando l’emersione, nella trattativa, delle soluzioni più adeguate al rispetto degli interessi coinvolti. La capacità del sistema di formare questi esperti diviene quindi centrale per la funzionalità dello strumento stesso. Uno strumento che richiama l’esperienza francese, caratterizzata più fortemente in termini conciliativi, quella prevista dall’art. 611-4 del Code de Commerce, modificato con Ordonnance n. 2010-1512 del dicembre 2010, che individua una procedura di conciliazione di cui possono beneficiare i debitori che esercitano attività commerciale o artigianale e che si trovano in difficoltà giuridica, economica e finanziaria, già verificata o prevedibile, ma non abbiano cessato i pagamenti da oltre quarantacinque giorni- con esclusione, dunque, dei casi di insolvenza-. Un altro strumento che richiama la composizione negoziata è previsto nell’art. L611-3 che individua la possibilità, per il debitore, di chiedere la nomina di un “mandataire ad hoc”, i cui compiti di risanamento dell’impresa sono determinati dal presidente del tribunale. La figura dell’esperto, se ricorda queste esperienze, ha però compiti più ampi e quindi deve concludersi che le due competenze debbano essere presenti entrambe, al fine di permettere il risanamento, ragionevolmente perseguibile, dell’impresa in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico finanziario. La capacità di comprendere prospetticamente la possibilità di un risanamento richiede grande competenza tecnica relativa anche al profilo economico-aziendalistico, mentre i mezzi per raggiungere il fine, tramite una trattativa che tenda a far individuare alle parti le soluzioni, comporta specifiche attitudini di mediazione. Un esperto e mediatore, dunque.
5 . Conclusioni
L’introduzione nel nostro sistema di questo nuovo strumento, o percorso, offerto alle imprese al fine di permettere la salvaguardia del loro valore non solo economico ma anche sociale, attraverso una scelta di risanamento coinvolgente tutte le parti, compiuta con modalità trasparenti e corrette, segna una chiara direzione verso una modifica della concezione di crisi d’impresa, certamente in linea con il CCII. Occorrerà però che si individuino esperti indipendenti capaci di essere esperti e mediatori e che tutte le parti tutte coinvolte comprendano il significato di una correttezza e buona fede condivisa e quindi trascendano dal profilo meramente egoistico del recupero dei crediti. Uno sforzo sarà poi richiesto ai giudici, soprattutto nell’intervento sulle misure protettive e cautelari: quali debbano essere, di quale durata, al di là del limite massimo indicato dal legislatore, potrà essere stabilito solo alla luce della specificità del percorso di risanamento, giudizio nel quale, oltre all’esperto, potranno essere guidati da un ausiliare individuato ai sensi dell’articolo 68 c.p.c.. Una sfida, infine, di natura soprattutto culturale.

Note:

[1] 
Zenati, “Albo degli incaricati dall’Autorità Giudiziaria, elenco dei Commissari Straordinari ed elenco degli esperti indipendenti: proposte di unificazione nell’albo ex art. 356 CCII”, in www.dirittodellacrisi.com, 14.9.2021
[2] 
Legge 11 gennaio 1979, n. 12 “Norme per l’Ordinamento della professione di consulente del Lavoro” e aggiornamenti successivi, articolo 27 “Pene disciplinari”, detta “Le pene disciplinari, che il consiglio provinciale può applicare, sono: 1) la censura; 2) la sospensione dall’esercizio della professione per un tempo non superiore a due anni; 3) la radiazione.”
[3] 
Così ARATO, “La scelta dell’istituto più adeguato per superare la crisi d’impresa”, contributo reso al Convegno di studi tenuto a Brescia il 25.9.2021, “La gestione della crisi di impresa nel post pandemia tra esigenze del Paese, Legge Fallimentare e Codice della Crisi”.

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