Ai sensi dell’art. 40 CCII, l’atto introduttivo di qualsivoglia domanda di accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza, è un ricorso, sottoscritto da difensore munito di procura, e contenente – come nella vigenza della legge fallimentare - le indicazioni minime previste per qualsiasi ricorso processuale: l'ufficio giudiziario, l'oggetto, le ragioni della domanda, le conclusioni. A monte il debitore dovrà rappresentare di essere un imprenditore almeno in situazione di crisi, come evincibile dai bilanci e dall’altra documentazione a tali fine allegati[5].
Alla stregua di quanto ritenuto in passato[6] con riguardo al concordato “in bianco” , deve affermarsi che anche la domanda prenotativa di cui all’art. 44 è già domanda di accesso ad uno degli strumenti di cui all’art. 2, comma 2, lett. m), bis, perché l’opzione consentita al debitore di procrastinare il deposito della documentazione piuttosto che di presentarla unitamente alla domanda introduttiva, non modifica la natura del procedimento introdotto, non lo trasforma in un’attività prodromica alla presentazione di uno strumento di regolazione negoziale della crisi, ma già di per sé costituisce l’avvio del procedimento di regolazione della crisi e dell’insolvenza con tutte le conseguenze che ne derivano in termini di forma della domanda e di effetti del deposito della stessa[7].
La necessità della procura alle liti è per la prima volta espressamente disciplinata, così da superare le incertezze interpretative sorte nel contesto della legge fallimentare[8].
Circa il contenuto della domanda, per quanto la richiesta di concessione del termine possa essere stringata, non può prescindere da quel minimo di elementi che consentano al Tribunale di valutarsi competente e di provvedere positivamente. Chi intende proporla deve quindi rappresentare di essere un imprenditore commerciale, di avere sede nel circondario del Tribunale adito, di non essere sotto- soglia (art. 2, comma 1 lett.d) CCII), e di versare quanto meno in stato di crisi. Se poi con la domanda si intende richiedere la concessione del termine massimo, l’istante dovrà necessariamente argomentare sul punto arricchendo il ricorso di ogni dato utile sul percorso che ritiene di compiere, così che da giustificare la richiesta nei confronti del Tribunale[9]. Il contenuto può eventualmente estendersi, accompagnandosi in tal caso ad un’assai più ampia illustrazione del progetto ristrutturatorio in gestazione, alla richiesta di autorizzazione a compiere atti urgenti di straordinaria amministrazione, a pagare creditori anteriori strategicamente coessenziali all’ipotesi di continuità che si sta coltivando, a contrarre nuovi finanziamenti prededucibili, a procedere già nell’immediato a sospendere o sciogliere rapporti contrattuali pendenti, a vendere asset aziendali più o meno vitali.
Quanto alla documentazione da allegare al ricorso, se la domanda del debitore è finalizzata unicamente alla richiesta di un termine, il comma 3 dell’art. 39 espressamente prevede che il debitore depositi unicamente i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi o, per le imprese non soggette all’obbligo di redazione del bilancio, le dichiarazioni dei redditi e le dichiarazioni IRAP concernenti i tre esercizi precedenti, l'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione, oltre che con l’indicazione del loro domicilio digitale, se ne sono muniti.
L’ulteriore documentazione prevista dai commi 1 e 2 sarà poi allegata nel termine assegnato dal Tribunale ai sensi dell’art. 44, comma 1, lettera a).
Le allegazioni indicate parzialmente replicano quanto precedentemente disposto dall’art. 161, comma 6, L. fall. e la puntualizzazione ora offerta dal legislatore consente, almeno in parte, di superare le incertezze interpretative che si erano ravvisate nella disciplina previgente.
Sicuramente vengono risolti i dubbi che si riscontravano nelle ipotesi in cui le imprese che chiedono di accedere allo strumento non sono soggette all’obbligo di redazione dei bilanci[10], come le imprese individuali, essendo ora letteralmente prevista la fungibilità dei bilanci con le dichiarazioni dei redditi e le dichiarazioni IRAP concernenti i tre esercizi precedenti.
Rimane viceversa non chiarito dal dettato testuale il tema, sovente dibattuto, del deposito da parte del debitore di documentazione “equipollente” ai bilanci, tutte le volte in cui l’imprenditore sia tenuto a produrli, ma gli stessi non siano stati confezionati o non ne si è completato l’iter formativo con l’approvazione da parte dell’assemblea dei soci. Si consideri che quando l’impresa è in difficoltà sono più frequenti i ritardi nella gestione contabile – amministrativa e soprattutto i dissidi interni tra soci e/o amministratori che comportano ricadute nella formazione dei bilanci d’esercizio.
La Corte di legittimità più volte è tornata sulla questione ed anche recentemente[11] ha affermato che la ratio della produzione richiesta è quella di consentire al Tribunale di verificare la sussistenza del presupposto soggettivo del superamento delle soglie dimensionali di cui alla L. fall., art. 1, comma 2, in parallelo con la previsione contenuta nell’art. 14, laddove l'imprenditore che chiede il proprio fallimento deve depositare le scritture contabili e fiscali obbligatorie concernenti i tre esercizi precedenti. In questo quadro, è il debitore intenzionato ad accedere all'una o all'altra procedura a dover dimostrare la ricorrenza dei requisiti dimensionali a tal fine necessari e specularmente, quando il fallimento è richiesto dagli altri soggetti legittimati, è sempre il debitore, per non fallire, a dover dimostrare la insussistenza dei requisiti dimensionali di cui all’art. 1, comma 2, L. fall.
Corollario di questo approdo interpretativo è l’orientamento consolidato per cui l'imprenditore può avvalersi non solo dei bilanci, ma di qualunque altra documentazione che possa nel concreto risultare utile, veicolando informazioni relative alla situazione patrimoniale e finanziaria dell'impresa analoghe a quelle ritraibili dai bilanci delle società, comprese le “situazioni patrimoniali” approntate dallo stesso imprenditore in vista della domanda; queste ultime potranno essere riscontrate dal Commissario giudiziale o dallo stesso Tribunale a cui dovranno essere messe a disposizione le scritture contabili e fiscali dell’imprenditore[12]. Questa documentazione alternativa potrà, quindi, valutarsi adeguata sempre che non appaia prima facie assolutamente inidonea allo scopo e denoti un comportamento abusivo del debitore[13].
L’elenco nominativo dei creditori, di cui è confermata la necessità di deposito, è di estrema utilità per il Tribunale e il Commissario giudiziale in quanto consente agli stessi di disporre di una situazione aggiornata dei debiti dell'imprenditore, sovente non chiaramente evincibili nei bilanci, che per lo più riportano il dato in maniera aggregata e comunque non attuale rispetto al deposito del ricorso.
L’elencazione è tanto più indispensabile se si considera che per la conferma delle misure protettive o per la concessione di misure cautelari ex art. 54 CCII potrà anche comportare l’esigenza di contraddittorio con i creditori dell’imprenditore, che quindi è del tutto opportuno siano partitamente individuati sin dalle prime battute.
L’elenco è anche funzionale a consentire al giudice di effettuare una attività di sorveglianza più penetrante sulle attività che il debitore sta ponendo in essere nell’ottica della predisposizione del piano e della proposta, permettendo al Tribunale di attivare i meccanismi di convocazione e di controllo dei creditori ogni qualvolta ciò si imponga come necessario[14].
Non è stato previsto dalla norma il deposito del certificato di iscrizione nel Registro delle imprese. Benché detto deposito non sia neppure in linea di principio condizionante ai fini dell’accesso alle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza, è ragionevole immaginare che le imprese maggiormente avvedute vi provvedano se non altro al fine di documentare opportunamente la propria sede, scongiurando eventuali richieste di integrazione documentale da parte del giudice.
Il terzo comma dell’art. 40 stabilisce che, come nel vigore della legge fallimentare, la domanda del debitore, entro il giorno successivo al deposito, sia comunicata dal cancelliere al Registro delle imprese. L'iscrizione è eseguita entro il giorno seguente e quando la domanda contiene la richiesta di misure protettive il conservatore, nell'eseguire l'iscrizione, ne fa espressa menzione.
È pure previsto che la domanda, unitamente ai documenti allegati, sia trasmessa al Pubblico Ministero, il quale potrà determinarsi discrezionalmente rispetto al procedimento segnalatogli. Egli non riveste la posizione di interveniente obbligatorio per cui l’omessa comunicazione non comporta la nullità del procedimento, essendo sempre possibile per detto organo partecipare al procedimento quale mero interveniente volontario ai sensi e per gli effetti dell’art. 70 c.p.c. ed in tal modo fare ingresso sulla scena del procedimento di regolazione della crisi per far constare in via formale la ritenuta inammissibilità del concordato, rendendo noti elementi attinti da indagini in corso che depongono per la inammissibilità della proposta; potrà, inoltre, promuovere richiesta di liquidazione giudiziale ove il Tribunale si pronunci negativamente sulla domanda di concordato ovvero il ricorrente per la liquidazione giudiziale desista dall’istanza.
Sicuramente non riguarda la domanda in bianco ex art. 44 CCII la previsione dell’art. 120 bis CCII.
La norma indicata riserva agli amministratori in via esclusiva la scelta di individuare lo strumento di ristrutturazione preventiva a cui accedere, svincolando la decisione (e la responsabilità ad essa sottesa) da interlocuzioni preventive o posteriori con gli altri organi sociali, quindi subordinandola al rispetto di un mero obbligo di trasparenza e informazione. In quest’ottica alla scelta viene data un’affidabile dimensione formale essendo previsto che gli amministratori, oltre a deliberare e sottoscrivere la proposta, consacrino in un verbale redatto da un notaio il contenuto della proposta e le condizioni del piano, depositando e iscrivendo detto documento nel Registro delle imprese.
La regola esposta riprende parzialmente la disposizione di cui all’art. 152 L. fall., distinguendosene, tuttavia, sia per il più chiaro riferimento alla proposta e al piano, piuttosto che alla domanda in genere, sia per l’unitarietà della disciplina che ora governa qualsiasi tipologia di società e, con il vincolo di compatibilità, anche gli strumenti di ristrutturazione presentati dagli imprenditori collettivi diversi dalle società[15].
La previsione dell’art. 120 bis CCII conferma ora esplicitamente l’orientamento, espresso dalla giurisprudenza di legittimità, che esclude la necessità di una deliberazione ai sensi dell’art.152 L. fall. per la domanda di concessione del termine nel concordato in bianco, restringendola a quella completa[16]. Analogamente, sulla base del rinnovato testo normativo, per la domanda di concessione del termine, in adesione della più recente giurisprudenza della Corte deve quindi ritenersi sufficiente che il ricorso sia sottoscritto dal difensore munito di procura, non occorrendo che sia personalmente sottoscritto anche dal debitore[17].