Lo schema di decreto correttivo introduce alcune modifiche anche all’art. 63, che disciplina la transazione fiscale nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti. Tali modifiche sono utili. Lo sono, in particolare, quelle (entrambe mutuate dalla bozza di decreto delegato sulla fiscalità della crisi) che prevedono: i) l’estensione della transazione ai crediti tributari degli enti pubblici territoriali e ii) che nei novanta giorni successivi al deposito della proposta di transazione le agenzie fiscali, gli enti previdenziali e gli enti pubblici territoriali non possono avviare o proseguire azioni esecutive e cautelari relative ai crediti oggetto di tale proposta e, per il medesimo periodo, non trovano applicazione le disposizioni di cui all’articolo 48 bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, relativamente ai crediti oggetto della proposta, non costituendo il mancato pagamento degli stessi irregolarità fiscale ai fini delle disposizioni di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 sugli appalti.
In base alla legge attualmente vigente tali tributi non rientrano nel campo di applicazione della transazione fiscale, ma possono essere oggetto di ristrutturazione, come ha da tempo affermato la Corte dei conti - Sezione regionale di controllo per la Toscana (a cui ha fatto seguito un’analoga pronuncia della Sezione regionale dell’Umbria), con la deliberazione n. 4/2021/ PAR del 15 giugno 2021, emessa in risposta a un quesito con cui un comune chiedeva se fosse legittima l’adesione ex art. 182 bis della Legge fallimentare (corrispondente all’art. 57 del Codice della crisi) a un accordo di ristrutturazione dei debiti che prevedeva il pagamento parziale dell’IMU e delle relative sanzioni, ancorché in misura comunque superiore a quella che sarebbe derivata dalla liquidazione dell’impresa.
Al riguardo tale Sezione della Corte dei conti, da un lato, ha stabilito che, “in considerazione della chiarezza del dato letterale della norma, nel campo di applicazione dell’art. 182 ter (ndr: che disciplinava la transazione fiscale) non possono rientrare ulteriori situazioni creditorie di spettanza degli enti locali (ossia quelli che non risultino amministrati dalle agenzie fiscali)”; dall’altro ha però riconosciuto come, “al di fuori della transazione fiscale, i crediti (non solo fiscali) riferiti agli enti locali possano comunque essere oggetto di accordo ‘transattivo’ (con riduzione dell’ammontare del debito, dilazione di pagamento, ecc.), così come previsto per tutti gli altri crediti nell’ambito del concordato preventivo o dell’accordo di ristrutturazione. Proprio quest’ultimo, pertanto, potrà essere lo strumento a cui l’imprenditore può ricorrere per attenuare la pressione dei tributi e dei crediti degli enti locali, nei modi previsti dall’art. 182 bis. Ciò in conformità all’obiettivo del sistema normativo in esame, che è quello di evitare all’imprenditore in crisi il dissesto irreversibile dell’impresa consentendogli di ridurre in termini percentuali i crediti fiscali (e non), diversi da quelli oggetto di transazione”.
Inoltre, come la Sezione toscana della Corte dei conti ha altresì affermato, se le norme in commento dovessero essere interpretate nel senso di negare la possibilità di aderire a un siffatto accordo e di imporre il pagamento integrale di tali crediti, si perverrebbe all’assurdo risultato per cui l’ordinamento giuridico garantirebbe ai tributi locali un trattamento migliore rispetto ai crediti erariali, sebbene i primi siano normalmente assistiti da un grado di privilegio inferiore.
Per tutte queste ragioni la citata Sezione della Corte dei conti ha quindi testualmente rappresentato “come l’art. 182 bis possa trovare applicazione ai crediti, non solo tributari, di spettanza degli enti locali, qualora non possano essere oggetto di transazione fiscale ai sensi dell’art. 182 ter”.
Tale interpretazione è perfettamente in linea con il principio di buon andamento e imparzialità della Pubblica amministrazione stabilito dall’art. 97 Cost., consentendo agli enti locali di esercitare la propria discrezionalità in maniera “controllata” o comunque “vincolata” secondo il canone della convenienza economica, attraverso l’accettazione del miglior trattamento offerto rispetto a quello che deriverebbe, in alternativa, dalla liquidazione dell’impresa debitrice.
Ciò nonostante, sarebbe illogico che il trattamento di tali tributi continuasse a soggiacere a regole diverse da quelle che disciplinano il trattamento dei tributi erariali e dovesse essere attuato mediante un istituto diverso da quello utilizzabile per il trattamento di questi ultimi, per di più senza poter ricorrere alla omologazione forzosa che, seppur con le limitazioni a cui si è fatto cenno, è invece consentita relativamente a questi crediti.
Anche in applicazione dello specifico principio direttivo previsto dall’art. 9, comma 1, della Legge Delega n. 111/2023 è quindi auspicabile che venga esteso ai crediti afferenti ai tributi (non amministrati dalle agenzie fiscali) di cui sono titolari gli enti locali e le regioni (unitariamente definiti enti pubblici territoriali) l’ambito oggettivo della transazione fiscale, con riguardo a tutti gli istituti in cui dovrebbe essere prevista, prevedendone anche la possibilità di omologazione forzosa in base alle medesime regole applicabili ai tributi erariali, senza ingiustificate distinzioni.
La seconda delle modifiche sopra indicate ha lo scopo di impedire – per il periodo strettamente necessario affinché i creditori pubblici si pronuncino sulla proposta di transazione - che, sebbene l’impresa debitrice abbia formulato detta proposta corredata dalla relativa documentazione, l’agente della riscossione promuova o prosegua azioni esecutive e cautelari, che possono ostacolare la ristrutturazione dei debiti avviata dal contribuente, con ricadute negative anche rispetto al recupero dei crediti erariali. Non sempre, infatti, le misure protettive disciplinate dall’art. 54 del Codice della crisi sono prive di effetti controproducenti in ordine alla regolare prosecuzione dell’attività dell’impresa, né sono pienamente efficaci, atteso che non rilevano ai fini della conservazione della regolarità fiscale richiesta per la partecipazione a gare di appalto e in merito alla sospensione degli effetti previsti dal citato art. 48, i quali sono analoghi a quelli prodotti da un’azione esecutiva o cautelare. La norma corrisponde peraltro anche a un principio di civiltà giuridica, essendo difficilmente giustificato l’esercizio di azioni esecutive e cautelari nel corso delle trattative, tranne che in ipotesi di condotte fraudolente o improntate a mala fede da parte del debitore.
Nonostante l’opportunità dei suddetti interventi, sempre nell’ottica della prospettata revisione delle norme tributarie attinenti alla crisi, sarebbe opportuno prevedere anche che:
a) la transazione può avere a oggetto i debiti sorti sino alla data di presentazione della proposta stessa. Anzi, attesa la sua funzione, dovrebbe avere (più che poter avere) a oggetto tali debiti, con effetto analogo a quello che si produce a seguito del deposito della proposta di transazione formulata contestualmente a quella di concordato, pur non sussistendo nell’accordo di ristrutturazione un discrimine temporale inderogabile;
b) qualora, successivamente alla sua presentazione, la proposta di transazione venga modificata, il termine di 90 giorni, previsto ai fini della possibilità di omologazione forzosa della stessa, dovrebbe essere aumentato di 45 giorni decorrenti dal deposito della modifica originaria. Questa disposizione ha lo scopo di evitare le incertezze manifestatesi, a seguito della modifica della proposta, circa la permanenza del termine ordinario di 90 giorni o il decorso ex novo di tale termine dalla data della modifica. In effetti, entrambe tali soluzioni appaiono irragionevoli, poiché la modifica della domanda di transazione, da un lato, non può essere irrilevante rispetto ai tempi occorrenti per l’esame della proposta e, dall’altro lato, non può tuttavia nemmeno giustificare un raddoppio dei termini ordinari, a meno che non si tratti di una proposta completamente diversa da quella precedentemente presentata, nel qual caso non dovrebbe però trovare applicazione la norma di cui trattasi da cui deriva un incremento del termine ordinario, bensì il decorso ex novo di tale termine di ordinario di 90 giorni;
c) con riguardo al caso in cui il termine indicato nell’ultimo periodo del comma 2 spiri successivamente a quello fissato dal tribunale ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera a), si dovrebbe prevedere che quest’ultimo termine sia prorogabile dal tribunale fino a ulteriori sessanta giorni, ancorché sia stata presentata un’istanza per l’apertura della liquidazione giudiziale. In questo modo, infatti, si metterebbe fine all’asincronia che si verifica ogniqualvolta la proposta di transazione fiscale venga presentata contestualmente alla domanda “con riserva” di cui all’art. 44 del Codice della crisi in pendenza di un’istanza di apertura della liquidazione giudiziale, posto che in tal caso il termine di 90 giorni concesso all’amministrazione finanziaria per pronunciarsi sulla proposta di transazione eccede quello di sessanta giorni previsto dal citato articolo 44 ai fini del deposito della proposta di concordato preventivo, della domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti o della domanda di omologazione del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione.
Inoltre, è auspicabile che l’art. 63, pur tenendo conto delle disposizioni introdotte con l’art. 1 bis del decreto-legge 13 giugno 2023, n. 69, convertito nella legge 10 agosto 2023, n. 103, che limitano la possibilità di cram down nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, venga ulteriormente modificato al fine di escludere l’applicazione di tali limitazioni nei seguenti casi: 1) in caso di rigetto non espresso o non motivato della proposta di transazione fiscale da parte dell’Amministrazione finanziaria; 2) a seguito dell’inerzia di quest’ultima; 3) quando il debitore fornisce la prova, confermata da specifica attestazione resa dal professionista indipendente, che l’importo della riduzione dei debiti tributari e contributivi prevista dalla proposta di transazione non eccede quello della riduzione dei medesimi debiti che l'amministrazione finanziaria, gli enti pubblici territoriali e gli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie avrebbero subito nel caso in cui una proposta di transazione più conveniente rispetto alla liquidazione giudiziale fosse stata tempestivamente presentata dal debitore entro ventiquattro mesi dal primo omesso versamento anche di uno solo dei tributi oggetto della proposta di cui viene richiesta la omologazione forzosa; 4) quando l'Amministrazione finanziaria, gli enti pubblici territoriali e gli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie non instaurano con il debitore il contraddittorio avente a oggetto la proposta di transazione; 5) quando il rigetto della proposta di transazione fiscale o contributiva è fondato, integralmente o anche solo parzialmente, sulla eccessiva durata della dilazione richiesta dal debitore ovvero sul fatto che l’accordo di ristrutturazione abbia a oggetto esclusivamente i crediti tributari o contributivi e non sia stato concluso alcun accordo con altri creditori, se la proposta di transazione comunque rispetta le disposizioni di cui al citato art. 1 bis. Nel caso sub n. 3), infatti, è da escludere una condotta abusiva da parte del debitore, sempre che quest’ultimo ne fornisca adeguata prova, e non sussiste quindi il presupposto di applicazione di una norma antiabusiva, qual è quella prevista dall’art. 1 bis del D.L. n. 69/2023 introdotta con la citata legge n. 103/2023; nei casi sub n. 1), 2) e 4) l’Amministrazione finanziaria non può dolersi del comportamento del debitore se nemmeno istaura con questi alcun confronto, violando il principio di leale collaborazione e buona fede, non si pronuncia sulla proposta o non motiva il rigetto della stessa; nel caso sub n. 5), infine, deve essere esclusa una condotta abusiva da parte del contribuente, se la proposta supera il vaglio del rispetto delle disposizioni recate dalla norma antiabusiva, nel senso che vi è abuso se tali disposizioni non sono rispettate e, per contro, non vi è abuso se invece la proposta è a esse conforme per quanto attiene sia alla misura del soddisfacimento offerto a seconda della partecipazione di altri creditori o meno all’accordo di ristrutturazione dei debiti, sia alla durata della dilazione di pagamento delle somme dovute in base alla transazione.
Indipendentemente dalla fattispecie di cui al citato art. 1 bis, dovrebbe essere inoltre esclusa, ai fini della omologazione forzosa della transazione nel contesto dell’accordo di ristrutturazione, la necessità che l’adesione dei creditori pubblici sia determinante per raggiungere le soglie di adesione del 60 e del 30 per cento stabilite dagli articoli 57 e 60 del Codice della crisi ai fini dell’efficacia dell’accordo. Ciò perché tale necessità trova giustificazione nell’ambito del concordato preventivo, ove la proposta concordataria può essere approvata anche in assenza dell’adesione dell’Amministrazione finanziaria e senza cram down, a seguito del raggiungimento della maggioranze di legge nonostante il voto contrario del Fisco; non ne ha tuttavia alcuna con riguardo all’accordo di ristrutturazione dei debiti, atteso che, se una proposta è conveniente per l’Erario, non vi è motivo di consentirne o escluderne la omologazione forzosa in dipendenza delle adesioni degli altri creditori, fermo restando il necessario rispetto delle suddette soglie, con riguardo alle quali l’adesione dei creditori pubblici, tanto volontaria quanto forzosa, può tuttavia essere anche irrilevante, pur essendo necessaria ai fini del trattamento dei debiti di cui trattasi. Conseguentemente, l’omologazione forzosa dovrebbe essere disposta dal tribunale, ricorrendone i presupposti, anche se le suddette soglie siano state già raggiunte grazie agli accordi conclusi con creditori diversi da quelli pubblici, mentre dovrebbe rimanere preclusa se, nonostante l’adesione dei creditori pubblici, tali soglie non vengano comunque raggiunte.