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Saggio

Singolarità e pluralità nei preventive restructuring frameworks - Profili evolutivi degli strumenti di regolazione della crisi e del Restrukturierungsplan alla luce della Direttiva (UE) 2019/1023*

Johannes Heck, Rechtsanwalt in Germania ed Avvocato stabilito in Italia

12 Novembre 2024

*Lo studio costituisce l’esito del progetto di ricerca affidato da Diritto della crisi all’A., vertente su un’indagine di diritto comparato volta a individuare e sviluppare criteri interpretativi utili per saggiare la tenuta della articolata pluralità di strumenti per la soluzione preventiva della crisi offerta dall’ordinamento italiano (a fronte del sistema binario tedesco).
Appendix
Bibliografia
L’attuazione dei “preventive restructuring frameworks” della Direttiva (UE) 2019/1023 è avvenuta prima facie in modo profondamente diverso in Italia e in Germania. Se il legislatore italiano, come noto, ha mantenuto e riformato la pluralità degli strumenti di regolazione della crisi già esistenti, il legislatore tedesco ha introdotto il Restrukturierungsplan all’interno della cosiddetta procedura StaRUG come unico strumento di ristrutturazione preventiva. Partendo dai principi del diritto europeo, il presente studio cerca di dimostrare, sulla base delle linee di fondo dei relativi “quadri di ristrutturazione preventiva” nazionali, che le fondamenta dell’odierna singolarità e pluralità si trovano in realtà ben prima della Direttiva (UE) 2019/1023. Le alternative procedurali nei due sistemi, difatti, sono strettamente legate alla concezione e allo sviluppo dei presupposti oggettivi di crisi/insolvenza e di drohende Zahlungsunfähigkeit/Zahlungsunfähigkeit dall’inizio del millennio in poi. Mentre il sistema italiano rende accessibili gli strumenti di regolazione della crisi anche in stato di insolvenza, il Restrukturierungsplan tedesco non è più accessibile se l’insolvenza si è già verificata. In conclusione, queste osservazioni portano a considerazioni sullo sviluppo futuro dei due sistemi. A tale riguardo, sono da condividere le voci nella dottrina che si dichiarano favorevoli a una maggiore distinzione del “diritto delle ristrutturazioni” dal tradizionale “diritto delle liquidazioni”. 

The implementation of the “preventive restructuring frameworks” of Directive (EU) 2019/1023 in Italy and Germany appears, at first glance, to be fundamentally different. While the Italian legislator, for the purpose of transposition, has maintained and reformed the existing procedural diversity, the German legislator has introduced the Restrukturierungsplan under the so-called StaRUG procedure as the only pre-insolvency procedural instrument. In the light of the EU legal framework, the present study aims to show, along the lines of the national “preventive restructuring frameworks”, that the basis for today’s singularity and plurality can in fact be found well before Directive (EU) 2019/1023. The procedural alternatives in the two systems, in fact, are closely linked to the conception and development of the opening requirements of crisi/insolvenza and drohende Zahlungsunfähigkeit/Zahlungsunfähigkeit from the turn of the millennium onwards. While the Italian system makes the national preventive restructuring frameworks accessible even in the state of insolvency, the German Restrukturierungsplan is no longer opened if insolvency has already occurred. These observations lead to conclusions regarding the future development of the two systems. In this context, the voices in doctrine that favour an increasing demarcation of ‘restructuring law’ from traditional ‘insolvency law’ are to be agreed with. 

Die Implementierung der „preventive restructuring frameworks“ der Richtlinie (EU) 2019/1023 erfolgte in Italien und Deutschland, auf den ersten Blick, auf grundlegend verschiedene Art und Weise. Während der italienische Gesetzgeber zum Zwecke der Umsetzung bekanntlich die bestehende Verfahrensvielfalt beibehalten und reformiert hat, führte der deutsche Gesetzgeber als einziges vorinsolvenzliches Verfahrensinstrument den Restrukturierungsplan im Rahmen des StaRUG-Verfahrens ein. Ausgehend von den unionsrechtlichen Grundlagen will die vorliegende Untersuchung entlang der Grundlinien der jeweiligen nationalen „präventiven Restrukturierungsrahmen“ versuchen darzustellen, dass das Fundament der heutigen Singularität respektive Pluralität in Wirklichkeit weit vor der Richtlinie (EU) 2019/1023 zu suchen ist. Die Ausgestaltung der Verfahrensalternativen in den beiden Systemen ist hiernach eng mit dem Verständnis und der Entwicklung der Eröffnungsvoraussetzungen von crisi/insolvenza respektive drohender Zahlungsunfähigkeit/Zahlungsunfähigkeit ab der Jahrtausendwende verbunden. Während das italienische System die nationalen präventiven Restrukturierungsrahmen auch noch im Zustand der Insolvenz zugänglich macht, ist der deutsche Restrukturierungsplan bei bereits eingetretener Zahlungsunfähigkeit nicht mehr eröffnet. Diese Beobachtungen leiten abschließend über zu Überlegungen betreffend die künftige Fortentwicklung der beiden Systeme. Zuzustimmen ist dabei jenen Stimmen im Schrifttum, die eine zunehmende Abgrenzung des „Restrukturierungsrechts“ vom traditionellen „Insolvenzrecht“ befürworten.
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Sommario:

I . Prolegomeni. La ristrutturazione preventiva nella crisi d’impresa

1 . L’approccio legislativo alla crisi d’impresa tra finalità di ristrutturazione e liquidazione

2 . Autonomia ed eteronomia nella crisi d’impresa. Opportunità e limiti degli accordi di ristrutturazione stragiudiziale

3 . Il contesto internazionale. Concorrenza tra ordinamenti giuridici e forum shopping

II . Principi e regole del diritto europeo delle ristrutturazioni

1 . Genesi. La ristrutturazione del diritto fallimentare

2 . Obiettivi della Direttiva (UE) 2019/1023

3 . I connotati dei preventive restructuring frameworks europei

3.1 . Presupposti e condizioni per l’accesso

3.2 . Contenuti e finalità dei restructuring plans

3.3 . Il ruolo dei creditori

3.4 . Eteronomia giudiziale

4 . Le opzioni dei legislatori nazionali in sede di recepimento

III . Ristrutturazione preventiva tramite gli strumenti di regolazione della crisi. La pluralità italiana

1 . Genesi storica del sistema italiano fino al D.Lgs. n. 136/2024

2 . La definizione descrittiva degli strumenti di cui all’art. 2 lett. m bis CCII e la questione della concorsualità

3 . La pluralità dei preventive restructuring frameworks nell’ordinamento italiano. Panoramica

3.1 . Piano attestato di risanamento

3.2 . Accordi di ristrutturazione dei debiti

3.3 . Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione

3.4 . Concordato preventivo

3.5 . Concordato minore

4 . I connotati degli strumenti di regolazione della crisi

4.1 . Presupposti e condizioni per l’accesso

4.2 . Contenuti e finalità dei diversi strumenti

4.3 . Il ruolo dei creditori

4.4 . Eteronomia giudiziale

5 . La scelta dello strumento di regolazione della crisi più adeguato

6 . Inquadramenti di sistema e lacune

IV . Ristrutturazione preventiva tramite il Restrukturierungsplan. Il sistema “binario” tedesco

1 . Genesi storica del sistema tedesco fino allo StaRUG

2 . Singolarità procedurale. Panoramica

2.1 . Accesso al Restrukturierungsplan durante la crisi

2.2 . Ristrutturazione tramite l’Insolvenzplan all’interno della procedura di insolvenza “aperta”

3 . I connotati del Restrukturierungsplan

3.1 . Presupposti e condizioni per l’accesso

3.2 . Contenuti e finalità del piano di ristrutturazione

3.3 . Il ruolo dei creditori

3.4 . Eteronomia giudiziale

4 . L’accertamento della Zahlungsunfähigkeit (“stato di insolvenza”) come spartiacque tra la ristrutturazione preventiva e la procedura di insolvenza

5 . Alternatività tra le procedure di ristrutturazione e di insolvenza in stato di drohende Zahlungsunfähigkeit (“insolvenza imminente”)

6 . Esperienza pratica. Inquadramenti di sistema e lacune

V . L’attuazione della Direttiva 2019/1023 nell’esperienza italo-tedesca. Una lettura sistematica

1 . I preventive restructuring frameworks tra autonomia negoziale e concorsualità

1.1 . Rapporto di genere a specie o dicotomia? Il binomio crisi-insolvenza tra tradizione e armonizzazione

1.2 . Il favor per la continuità aziendale. I lineamenti degli strumenti nazionali

2 . Il ruolo dei creditori nella ristrutturazione preventiva

2.1 . Considerazioni generali

2.2 . Le regole di distribuzione del valore tra absolute e relative priority rule

3 . Quale eteronomia giudiziale nella ristrutturazione preventiva?

VI . Conclusio

1 . Race to the top? Prospettive future della ristrutturazione preventiva nell’Unione Europea

2 . Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem. Possibili insegnamenti dall’esperienza italo-tedesca dopo il recepimento della Direttiva 2019/1023

3 . “Diritto delle ristrutturazioni” e “diritto dell’insolvenza”? Per un riordinamento del “sistema planetario”

1 . L’approccio legislativo alla crisi d’impresa tra finalità di ristrutturazione e liquidazione
La consapevolezza che nella crisi o nell’insolvenza dell’impresa la soluzione liquidatoria, con la quale vengono venduti i beni del patrimonio del debitore e distribuite tra i creditori le somme ricavate, non sempre è in grado di ottenere i migliori risultati per tutti i tipi di debitori, non è affatto nuova. Questa contezza, infatti, si è diffusa sempre più nella seconda metà del XX secolo, quando il sistema fallimentare tradizionale è risultato sempre meno in grado di far fronte al cambiamento del sistema economico. La “crisi del fallimento” è stata così sempre più oggetto di lamentele oltre i confini nazionali[1]. Benché sia noto che gli ordinamenti dell’Europa continentale hanno impiegato molto più tempo per adattare il sistema concorsuale tradizionale ai nuovi scopi e obiettivi rispetto ai legislatori anglo-americani. A cavallo del nuovo millennio anche gli ordinamenti nazionali europei hanno introdotto sempre più nuove riforme che aprivano il sistema – spesso in regime di un forte favor debitoris – a forme alternative alla liquidazione.
Per giungere a soluzioni alternative alla pura liquidazione del patrimonio del debitore, i relativi strumenti e procedure sono solitamente sostenuti da una più o meno accentuata autonomia negoziale delle parti. Nel passaggio dal vecchio fallimento, in Italia come altrove, gli sforzi di riforma si sono inizialmente concentrati sull’alternativa della liquidazione in caso di insolvenza già avvenuta. Da qualche tempo, ormai, l’attenzione generale si concentra sempre di più sull’individuazione della crisi in una fase precoce (early warning) e, in relazione a ciò, sulla ristrutturazione preventiva. L’obiettivo di questi sforzi è fondamentalmente quello di prevenire il verificarsi dell’insolvenza in quanto tale, al fine di evitare perdite di tempo e di valore[2]. A tal proposito, ogni ordinamento si trova a dover scegliere il momento in cui sottoporre al controllo giudiziario le soluzioni di ristrutturazione stragiudiziale su base contrattuale e indirizzarle verso i canali procedurali.
In una fase in cui il dibattito generale si concentra prevalentemente sulla ristrutturazione piuttosto che sulla liquidazione, è opportuno tenere presente fin dall’inizio un elemento centrale di qualsiasi statuto sull’insolvenza, ossia che le procedure di liquidazione hanno tradizionalmente una funzione fondamentale in qualsiasi ordinamento, eliminando dal mercato il più rapidamente possibile le imprese non vitali[3]. Alla luce di ciò, il legislatore deve quindi trovare il giusto equilibrio tra le soluzioni di ristrutturazione e quelle di liquidazione. Nel bilanciare queste alternative, dal punto di vista economico vale, in linea di massima, il seguente principio: se il valore della continuità aziendale supera quello della liquidazione, la continuazione è ragionevole e preferibile dal punto di vista economico. Se, invece, l’azienda vale più da “morta” che da “viva”, è opportuno liquidarla nel modo più rapido e agevole possibile[4]. 
Il legislatore deve quindi trovare un giusto equilibrio tra le soluzioni di ristrutturazione e quelle di liquidazione, al fine di massimizzare la realizzazione dei rispettivi obiettivi procedurali senza puntare a una ristrutturazione “whatever it takes”.
2 . Autonomia ed eteronomia nella crisi d’impresa. Opportunità e limiti degli accordi di ristrutturazione stragiudiziale
Per determinare il punto in cui la ristrutturazione stragiudiziale dovrebbe essere indirizzata verso gli strumenti procedurali, è necessario innanzitutto determinarne i vantaggi e i limiti. Come punto di partenza, si può affermare che la ristrutturazione stragiudiziale è spesso più efficace rispetto alla ristrutturazione nell’ambito di una procedura di insolvenza in termini di tempo, in quanto essa è regolarmente caratterizzata da una durata inferiore. La ristrutturazione stragiudiziale, inoltre, risulta signifi­cativamente più flessibile e gli accordi tra l’imprenditore e i creditori volti a superare la crisi non sono soggetti ai limiti di soddisfacimento delle procedure di insolvenza tradizionali. Tali convenzioni stragiudiziali offrono poi l’inequivocabile vantaggio di essere discrete e quindi senza grosse perdite di reputazione, mentre le tradizionali procedure di insolvenza devono essere rese pubbliche. In più, gli accordi stragiudiziali, anche se conclusi solo con alcuni dei creditori, permettono di liberare nuove risorse e quindi di soddisfare tutti quei creditori che non hanno partecipato o non avrebbero partecipato all’accordo[5]. Tutti questi punti portano regolarmente a notevoli vantaggi di costo della ristrutturazione stragiudiziale rispetto ai procedimenti giudiziari. Oltre ai costi diretti – come le spese processuali e le spese per avvocati e altri consulenti – vi sono numerosi costi indiretti, come la perdita di opportunità commerciali, la perdita di dipendenti, condizioni di finanziamento più sfavorevoli e altri costi associati alla perdita di reputazione[6]. 
Alla luce dei vantaggi degli accordi stragiudiziali, ci si chiede perché le parti coinvolte abbiano bisogno dell’alternativa del procedimento giudiziario. La risposta sta negli ostacoli alla ristrutturazione stragiudiziale. La difficoltà principale è che l’attuazione di soluzioni consensuali di ampia portata dipende in primo luogo dalla volontà dei creditori. Tuttavia, gli interessati possono rifiutarsi di sostenere il progetto di ristrutturazione per varie ragioni, da motivi oggettivi fino a motivi personali. Né i creditori né i soci sono obbligati a contribuire alla ristrutturazione. Un accordo di ristrutturazione stragiudiziale vincola, inoltre, solo i creditori che lo approvano. I creditori dissenzienti possono continuare a far valere i loro crediti nei confronti del debitore senza alcun limite, il che fornisce loro un inequivocabile incentivo a non partecipare per poter poi beneficiare degli sforzi di ristrutturazione degli altri[7]. 
Oltre a queste difficoltà nel raggiungere un consenso tra le parti coinvolte, gli accordi stragiudiziali presentano anche numerosi rischi che sono tipicamente insiti in un accordo di questo tipo. Innanzitutto, c’è il rischio che le operazioni compiute in esecuzione di un tale accordo siano soggette a azioni revocatorie in caso di apertura di una procedura concorsuale e che il debitore sia soggetto anche a sanzioni penali[8]. L’erogazione di nuova finanza, poi, in esecuzione di un tale accordo stragiudiziale comporta il rischio di essere successivamente qualificata come concessione abusiva di credito, che può dar luogo ad azioni risarcitorie nei confronti dei soggetti coinvolti[9]. Inoltre, l’erogazione di nuova finanza comporta il rischio di non essere garantita nelle successive procedure concorsuali. Infine, il debitore non beneficia di alcun meccanismo di misure cautelari e protettive nel contesto delle trattative per una soluzione di ristrutturazione stragiudiziale, motivo per cui può essere esposto in particolare alle azioni esecutive individuali[10]. Per il debitore inizia normalmente una corsa contro il tempo. 
In generale, il debitore può contrastare efficacemente questi problemi e rischi solo nell’ambito di un procedimento giudiziario. Ciò consente sia ai creditori di coordinarsi collettivamente sia al debitore di superare coattivamente il blocco di singoli creditori o classi di creditori e di includerli nella soluzione di ristrutturazione contro la loro volontà. Nei procedimenti giudiziari, inoltre, è possibile impedire ulteriori azioni esecutive di singoli creditori, in particolare mediante un automatic stay, e garantire le posizioni giuridiche di tutte le parti coinvolte in vista dell’imminente procedura di insolvenza.
3 . Il contesto internazionale. Concorrenza tra ordinamenti giuridici e forum shopping
La Direttiva 2019/1023 ha aperto un nuovo capitolo nello sviluppo dei sistemi europei di ristrutturazione e insolvenza. Nella nota “concorrenza tra ordinamenti giuridici”, i le­gi­sla­to­ri nazionali – anche dopo la Brexit (e la “scomparsa” dello scheme of arrangements) – mirano a offrire alle imprese un contesto giuridico che sia il più invitante possibile. In origine, la concorrenza tra ordinamenti giuridici è conosciuta principalmente dal diritto societario[11], ma data la stretta interrelazione, l’importanza per il diritto della crisi d’impresa e dell’insolvenza è evidente. In questo modo, negli ultimi decenni la disciplina concorsuale si è sviluppata sempre più in una delle aree principali di questa competizione[12].
A tale riguardo, e in relazione a un possibile forum shopping, la definizione del centre of main interest (COMI) riveste un’importanza fondamentale all’interno dell’Unione Europea. Ai sensi dell’art. 3 del Regolamento 2015/848, è determinante la procedura d’insolvenza dello Stato membro nel cui territorio il debitore ha il COMI. Di conseguenza, il forum shopping è possibile trasferendo il COMI in un altro Stato membro (c.d. COMI shift). È proprio questa possibilità legalmente ammessa di forum shopping all’interno dell’Unione Europea che il legislatore europeo ha indicato come uno dei motivi centrali nella Direttiva 2019/1023[13]. Tuttavia, è dubbio che il problema del forum shopping nella prassi all’interno dell’Unione europea abbia effettivamente la portata che talvolta gli viene attribuita. Un trasferimento del COMI, infatti, richiede un notevole impegno finanziario, che in molti casi – almeno nel caso di società attive – può essere realizzato solo da società più grandi, in particolare da società holding[14]. Va tenuto presente che una società praticamente insolvente regolarmente non sarà in grado di portare a termine un trasferimento del COMI senza il sostegno di finanziatori[15]. In pratica, quindi, è improbabile che si verifichi un rischio di forum shopping che possa danneggiare i principali creditori, anche perché le banche solitamente si proteggono dal COMI shift attraverso accordi contrattuali[16]. Tuttavia, vi è una criticità nel fatto che i creditori influenti abbiano comunque la possibilità di scegliere un ordinamento che favorisca i loro interessi causando svantaggi ai creditori deboli.
Il forum shopping, a ogni modo, può anche avere effetti positivi, in quanto incentiva gli stati membri a rendere i loro sistemi giuridici più attraenti o ad adattarli alle giurisdizioni che riscontrano maggiore successo, e può quindi portare a un sistema efficiente e armonizzato all’interno dell’Unione europea (c.d. race to the top)[17]. D’altro canto, la possibilità di forum shopping dal punto di vista legislativo può indurre in particolare gli stati membri più piccoli a creare procedure semplici ma inefficienti, di cui beneficia il settore della consulenza nazionale a scapito dei creditori stranieri (c.d. race to the bottom). In questo quadro si inserisce la legislazione dell’Unione Europea in materia di diritto fallimentare, dal Regolamento (CE) 2000/1346[18] fino alla più recente proposta di Direttiva Insolvency III[19].
In quest’ottica, di seguito verranno analizzati gli atti nazionali di recepimento in Italia e in Germania e ci si chiederà a che punto siano arrivati i due ordinamenti nella “race to the top“ (se di corsa si può parlare) auspicata dalla Direttiva. Oltre all’aspetto dell’attuazione della Direttiva, l’approccio italo-tedesco risulta anche da una prospettiva storico-comparativa di straordinaria importanza – non solo nella disciplina concorsuale[20]. Nel nuovo millennio, inoltre, i sistemi di diritto fallimen­ta­re italiano e tedesco si sono ripetutamente ispirati al diritto sta­tu­ni­ten­se, anche se con conseguenze legislative differenti[21]. Nella comparazione va tenuto debitamente conto dell’imprescindibile apporto dell’inter­disci­pli­narità, che nel diritto della crisi d’impresa è evidente soprattutto con riguardo alle scienze economiche.[22] A ogni modo, anche nell’analisi e nell’interpretazione delle statistiche sulle procedure concorsuali, occorre tenere conto delle peculiarità dei rispettivi sistemi giuridici ed eco­no­mi­ci nazionali[23]. Nel contesto del diritto concorsuale italo-tedesco, ciò significa, tra l’altro, prendere in considerazione fin dall’inizio il rapporto tra l’esecuzione individuale e le procedure con­cor­suali. Infatti, mentre in Italia, secondo la tradizione francese, la par condicio creditorum trova espres­sione anche nell’esecuzione forzata individuale attraverso il pignoramento ai sensi degli artt. 499, 500, 510 Abs. 2 Codice di procedura civile, nel diritto te­desco, di contro, non sono previste disposizioni analoghe.
II . Principi e regole del diritto europeo delle ristrutturazioni
L’evoluzione del fallimento tradizionale verso delle soluzioni preventive ai fini di evitare la liquidazione del patrimonio del debitore non è, certamente, un fenomeno nazionale. Come noto, anche il legislatore comunitario si è mosso in una simile direzione e la Direttiva 2019/1023, con i suoi quadri di ristrutturazione preventiva, rappresenta, in tale prospettiva, un punto d’arrivo. Prima di prendere in considerazione gli ordinamenti italiano e tedesco di seguito all’attuazione della Direttiva, dunque, è necessario soffermarci ad analizzare i principi e le regole che stanno alla base delle singole discipline nazionali.
1 . Genesi. La ristrutturazione del diritto fallimentare
Nel contesto comunitario, è possibile osservare un crescente interesse verso delle soluzioni preventive a partire dalla riforma del vecchio regolamento n. 1346 del 2000 relativo alle procedure di insolvenza[24], che riguarda il diritto internazionale privato e definisce, in particolare, le questioni processuali. Nel Regolamento riformato n. 848 del 2015[25], questo nuovo approccio si è riflesso nell’apertura dell’ambito di applicazione alle procedure provvisorie in stato di pre-insolvenza[26], non costituendo più requisiti di applicabilità lo spossessamento e la nomina di un curatore[27]. 
In una seconda fase, dopo la riforma del regolamento relativo alle procedure di insolvenza, il legislatore comunitario ha inteso armonizzare anche il diritto sostanziale degli stati membri al fine di rendere più efficaci le ristrutturazioni preventive. A tal fine mirava già, inter alia, la Raccomandazione della Commissione 2014/135 su un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza. L’importanza della convergenza delle procedure di insolvenza e di ristrutturazione per l’economia europea è stata sottolineata anche successivamente nel Piano di azione per la creazione dell’Unione dei mercati dei capitali (UMC) della Commissione del 2015[28]. 
In tale contesto è stata redatta la Direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza. Il lavoro del legislatore comunitario è stato portato avanti parallelamente alla riforma Rordorf in Italia[29] e si è formalmente conclusa il 20 giugno 2019 – pochi mesi dopo l’emanazione del nuovo codice italiano – con la Direttiva 2019/1023 riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione (a seguire anche: “Direttiva”). 
Le varie fasi di sviluppo del diritto comunitario permettono di rilevare un filo conduttore ben definito[30]. Con la proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 dicembre 2022[31], inoltre, si sta già delineando la prossima fase del diritto europeo della crisi d’impresa e dell’insolvenza. La nuova proposta di Direttiva che «armonizza taluni aspetti del diritto in materia di insolvenza» riguarda, in ispecie, la liquidazione giudiziale e la liquidazione controllata e aggiunge due nuovi tipi di procedura[32]. In particolare, la proposta mira all’armonizzazione relativa all’azione revocatoria, alle c.d. procedure pre-pack, a una procedura liquidatoria semplificata per le microimprese, nonché alla responsabilità degli amministratori per la tempestiva apertura della procedura d’insolvenza.
2 . Obiettivi della Direttiva (UE) 2019/1023
La Direttiva in primis mira a contribuire al corretto funzionamento del mercato interno garantendo alle imprese sane in crisi «la possibilità di accedere a quadri nazionali efficaci in materia di ristrutturazione preventiva che consentano loro di continuare a operare (...) e conseguire una maggiore efficacia delle procedure di ristrutturazione» (vd. considerando 1 della Direttiva). In tale maniera, il testo normativo mira a superare gli ostacoli alla libera circolazione dei capitali e la libertà di stabilimento derivanti dalle diverse legislazioni nazionali. Il collegamento tra insolvenza e diritto dei mercati dei capitali è immediatamente evidente se si considerano i risultati empiricamente provati sulle ripercussioni del diritto dell’insolvenza sui mercati del credito e dei capitali[33]. 
Come noto, le diverse normative nazionali determinano condizioni di disparità di accesso al credito e tassi di recupero non uniformi[34]. Inoltre, le differenze normative comportano costi aggiuntivi di valutazione del rischio e di recupero transfrontaliero per gli investitori e possono scoraggiare gli investimenti negli stati membri con procedure di ristrutturazione meno efficienti[35]. Si tratta della nota concorrenza tra i sistemi giuridici già menzionata nella parte introduttiva[36]. 
L’armonizzazione mira anche a ridurre i costi sostenuti dai creditori e dagli stessi imprenditori conseguenti alla necessità di questi ultimi di trasferirsi in altre giurisdizioni più efficienti (c.d. forum shopping)[37]. In tale ottica sono oggetto di particolare attenzione del legislatore comunitario le piccole e medie imprese (PMI), che spesso non hanno le risorse finanziarie per sostenere gli elevati costi di ristrutturazione, per non parlare dei costi del forum shopping. Per tali motivi, le PMI hanno spesso un accesso più difficile a procedure di ristrutturazione efficienti e, di conseguenza, hanno maggiori probabilità di essere liquidate rispetto alle società [38]. 
In questo contesto, uno degli obiettivi centrali della Direttiva è l’implementazione dei c.d. quadri di ristrutturazione preventiva per il debitore «che versa in difficoltà finanziarie e per il quale sussiste una probabilità di insolvenza, al fine di impedire l’insolvenza di garantire la sostenibilità economica del debitore»[39]. Allo stesso tempo, però, la Direttiva sottolinea che le imprese non sane e senza prospettiva di sopravvivenza devono essere liquidate il più presto possibile, per evitare l’accumulo di perdite a danno dei creditori, dei dipendenti e del sistema economico[40]. 
La Direttiva, composta da 36 articoli, si struttura in sei titoli. Dopo le disposizioni generali (Titolo I), la Direttiva affronta nel Titolo II, la parte centrale dell’intero testo, i cosiddetti «preventive restructuring frameworks», oggetto della presente ricerca. Seguono, nelle altre sezioni, disposizioni su esdebitazioni e interdizioni (Titolo III), misure per aumentare l’efficienza delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione (Titolo IV), disposizioni sul monitoraggio delle procedure di ristruttu­ra­zione, insolvenza ed esdebitazione (Titolo V) e le disposizioni finali (Titolo VI).
3 . I connotati dei preventive restructuring frameworks europei
Con i suoi 16 articoli, quello sui quadri di ristrutturazione preventiva costituisce il titolo più articolato della Direttiva, e, a sua volta, è suddiviso in cinque capitoli. All’art. 4, il legislatore europeo disciplina i parametri per la disponibilità dei quadri (capo I). Seguono, nel capo II, le disposizioni sull’agevolazione delle trattative sul piano di ristrutturazione preventivo e, nel capo III, numerose disposizioni sul piano di ristrutturazione. Alla fine di questa sezione, il legislatore europeo punta sulla tutela dei nuovi finanziamenti, dei finanziamenti temporanei e delle altre operazioni connesse alla ristrutturazione, nonché sugli obblighi dei dirigenti (capi IV e V).
Obiettivo primario della Direttiva è garantire che tutti coloro che esercitano un’attività economica abbiano accesso ai cosiddetti preventive restructuring frameworks per ristrutturare il proprio indebitamento. Mentre i sistemi di allerta dovrebbero consentire al debitore di riconoscere una probabile insolvenza in una fase precoce, i quadri di ristrutturazione mirano a consentire al debitore di ristrutturarsi efficacemente e di prevenire l’insolvenza. In tale maniera dovrebbe essere evitata la liquidazione di imprese sane[41]. Evitando la liquidazione, il valore totale per i creditori dovrebbe essere massimizzato rispetto alla variante liquidatoria o nel caso del miglio scenario alternativo possibile in mancanza di un piano, «così come per i proprietari e per l’economia nel suo complesso»[42]. 
Ciò implica che i quadri di ristrutturazione preventiva previsti dalla Direttiva non devono essere intesi come un privilegio unilaterale del debitore. I quadri preventivi possono andare a beneficio dei debitori, ma anche dei creditori, di altre parti interessate e dell’economia nel suo complesso. In altre parole, i quadri di ristrutturazione preventiva non perseguono la tutela di un interesse individuale, ma di interessi generali o collettivi. La comprensione di tale aspetto è fondamentale per una corretta attuazione e interpre­ta­zione della Direttiva.
3.1 . Presupposti e condizioni per l’accesso
L’art. 1, comma 1, lett. a) della Direttiva stabilisce che i quadri di ristrutturazione preventiva devono essere disponibili per «il debitore che versa in difficoltà finanziarie e per il quale sussiste una probabilità di insolvenza», con il duplice obiettivo di «impedire l’insolvenza e garantire la sostenibilità economica del debitore». Per quanto riguarda il requisito soggettivo («il debitore»), l’art. 1, comma 4 prevede la possibilità per gli stati membri di limitare l’applicazione dei quadri di ristrutturazione preventiva alle persone giuridiche. 
Il quadro di ristrutturazione deve poter essere utilizzato, ai sensi dell’art. 4, al più tardi dal momento della «probabilità di insolvenza». Tuttavia, la Direttiva non fornisce una definizione dell’espressione «probabilità di insolvenza», ma rimanda al diritto nazionale in materia[43]. I considerando 24 e 28 forniscono, comunque, alcune indicazioni su come gli stati membri dovrebbero affrontare l’interpretazione della «probabilità di insolvenza». Così, il considerando 24 chiarisce che il quadro di ristrutturazione preventiva deve essere disponibile per il debitore «in una fase precoce» prima che esso diventi insolvente ai sensi del diritto nazionale, «(...) ossia prima che soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per avviare procedure concorsuali per insolvenza, che di norma comportano lo spossessamento totale del debitore e la nomina di un curatore». 
Il considerando 28 stabilisce, riprendendo il considerando 17 del Regolamento 2015/848, che questo stato di pre-insolvenza dovrebbe comprendere situazioni in cui il debitore si trova ad affrontare difficoltà di natura non finanziaria che possono, tuttavia, portare a problemi di liquidità e, in ultima analisi, all’insolvenza. L’arco temporale rilevante per determinare tale minaccia «può estendersi su un periodo di alcuni mesi, o anche più lungo, al fine di tenere conto dei casi nei quali il debitore attraversa difficoltà di natura non finanziaria che minacciano lo stato dei suoi affari in quanto continuità aziendale e, a medio termine, la sua liquidità»[44]. 
I requisiti del diritto comunitario sulla «probabilità di insolvenza» possono quindi essere sintetizzati in una componente sostanziale e una temporale. Da un lato, si basa sui requisiti di accesso per l’apertura di una procedura di insolvenza tradizionale secondo il diritto nazionale e, dall’altro, sulla situazione in cui il rischio di insolvenza è basso o non si verificherà nel breve o medio termine. Infine, la Direttiva lascia agli stati membri un ampio margine di manovra tra questa distanza minima e massima dall’effettiva insolvenza[45]. 
La Direttiva, inoltre, è molto flessibile per quanto riguarda la verifica dell’effettiva esistenza della «probabilità di insolvenza». Pertanto, gli stati membri possono prevedere un controllo dell’accesso ex ante come condizione per la concessione della sospensione delle azioni esecutive individuali[46] oppure optare per una verifica ex post come condizione per l’omologazione del piano di ristrutturazione[47]. 
Per quanto riguarda lo spossessamento, la Direttiva stabilisce che il debitore mantiene il controllo parziale o totale dei suoi attivi e della gestione corrente dell’imprenditore[48]. È facoltativa la nomina di un professionista nel campo della ristrutturazione «per assistere il debitore e i creditori nel negoziare e redigere il piano»[49]. La nomina diventa obbligatoria soltanto quando è disposta la sospensione generale delle azioni esecutive o cautelari dei creditori ossia quando il piano di ristrutturazione deve essere omologato[50]. Lo stesso vale quando la nomina è richiesta dal debitore o dalla maggioranza dei creditori[51]. 
La Direttiva prevede poi la possibilità per il debitore di beneficiare, su richiesta, «della sospensione delle azioni esecutive individuali al fine di agevolare le trattative sul piano di ristrutturazione nel contesto di un quadro di ristrutturazione preventiva»[52]. Il termine della «sospensione delle azioni esecutive individuali» è definito all’art. 2, comma 1, n. 4. Le conseguenze della sospensione delle azioni esecutive individuali sono descritte più dettagliatamente nell’art. 7.
3.2 . Contenuti e finalità dei restructuring plans
Il possibile contenuto del c.d. restructuring planè delineato nell’art. 8 della Direttiva. Le parti interessate dal piano e chiamate a votarlo devono essere sufficien­te­mente informate per poter prendere di seguito la decisione sul piano. 
Per tale scopo, l’art. 8 si limita tuttavia a fornire soltanto le informazioni minime. Per il resto, la direttiva lascia agli stati membri, anche qui, un ampio margine di manovra. Secondo il considerando 42, gli stati membri dovrebbero poter esigere ulteriori precisazioni nel piano, riguardanti «ad esempio i criteri in base ai quali i creditori sono stati raggruppati». Le informazioni richieste dall’art. 8 possono essere suddivise in quattro categorie: (i) informazioni sulla situazione (finanziaria) del debitore (lett. a, b, f), (ii) una descrizione delle parti interessate dal piano di ristrutturazione (lett. c-e), (iii) i termini del piano (lett. g) e (iv) una dichiarazione sulle prospettive della ristrutturazione (lett. h)[53]. 
Anzitutto, il piano di ristrutturazione deve contenere le informazioni sufficienti relative al debitore e alla sua situazione finanziaria. In merito agli attivi da indicare nel piano, però, gli stati membri non sono obbligati a richiedere il parere di un esperto riguardo al loro valore[54]. Qualora sia stato nominato un professionista nel campo della ristrutturazione, la sua identità deve essere resa nota[55]. I piani di ristrutturazione previsti dalla Direttiva non sono necessariamente piani collettivi che coinvolgono tutti i creditori e gli azionisti. In questo senso, ai sensi dell’art. 2, comma 1, n. 2 le «parti interessate» sono «i creditori, compresi, se applicabile ai sensi del diritto nazionale, i lavoratori, o le classi di creditori, e, se applicabile ai sensi del diritto nazionale, i detentori di strumenti di capitale, sui cui rispettivi crediti o interessi incide direttamente il piano di ristrutturazione”. Nel piano di ristrutturazione, le parti interessate possono essere denominate individualmente o descritte mediante categorie di debiti a norma del diritto nazionale. Ai sensi dell’art. 9, comma 2, gli stati membri devono garantire alle parti interessate il diritto di voto sull’adozione del piano di ristrutturazione, ad eccezione delle parti di cui al comma 3. Le parti non interessate da un piano, invece, non hanno diritto di voto sull’adozione del piano. 
La Direttiva prevede, inoltre, che gli stati membri debbano garantire che le parti interessate siano trattate in classi distinte che rispecchiano una sufficiente comunanza di interessi, basata su criteri verificabili, a norma del diritto nazionale[56]. Come minimo, «i creditori che vantano crediti garantiti e non garantiti sono trattati in classi distinte ai fini dell’adozione del piano di ristrutturazione» (art. 9, comma 4)[57]. Il piano di ristrutturazione deve contenere le informazioni in merito alle classi in cui le parti interessate sono state suddivise ai fini dell’adozione del piano di ristrutturazione e i valori rispettivi dei crediti e degli interessi di ciascuna classe[58]. 
Ai fini della Direttiva, la continuità aziendale può avvenire sia in forma diretta, cioè attraverso l’esercizio dell’impresa da parte del debitore, sia in forma indiretta, quindi attraverso la cessione parziale o totale dell’azienda[59]. La “ristrutturazione”, infatti, è definita all’art. 2, comma 1, n. 1, Direttiva 2019/1023 come le «misure che intendono ristrutturare le attività del debitore che includono la modifica della composizione, delle condizioni o della struttura delle attività e delle passività del debitore o di qualsiasi altra parte della struttura del capitale del debitore, quali la vendita di attività o parti dell’impresa, e, se previsto dal diritto nazio­nale, la vendita dell’impresa in regime di continuità aziendale, come pure eventuali cam­bia­menti operativi necessari, o una combinazione di questi elementi». La Direttiva lascia comunque agli stati membri la facoltà di prevedere o meno la continuità indiretta come «continuità aziendale»[60]. 
3.3 . Il ruolo dei creditori
 I requisiti per l’adozione del piano sono regolamentati in modo esaustivo dall’art. 9[61]. Lo scopo di queste disposizioni è quello di stabilire le regole fondamentali per il processo di adozione dei piani di ristrutturazione, la maggior parte delle quali sono obbligatorie. Queste disposizioni riflettono il principio fondamentale secondo cui l’adozione di un piano di ristrutturazione richiede l’approvazione dei creditori. In caso di consenso unanime, infatti, non è necessario raggruppare i creditori e gli azionisti interessati in classi separate. L’articolo 9 della Direttiva è stato concepito proprio per stabilire regole che consentano di superare l’ostacolo dei creditori di minoranza dissenzienti attraverso la creazione di classi di parti interessate e di un meccanismo di cram-down
L’articolo 9 mira a fornire un equilibrio tra flessibilità ed efficienza per la formazione della classe da parte del proponente del piano, al fine di facilitare il salvataggio dell’impresa e fornire una sufficiente tutela dei creditori dissenzienti. In questo caso, il legislatore europeo ha seguito un approccio piuttosto pratico, prevedendo una serie di previsioni facoltative per gli stati membri che sono tutte di grande importanza pratica. Inoltre, gli stati membri hanno una certa flessibilità nel determinare le regole di maggioranza per l’adozione del piano di ristrutturazione, vale a dire la maggioranza dell’importo dei crediti ed, eventualmente, la maggioranza del numero di parti interessate, a condizione che entrambe le maggioranze non superino il 75%[62]. 
L’art. 9, comma 2, della Direttiva 2019/1023 stabilisce come principio fondamentale che l’adozione del piano di ristrutturazione deve essere sottoposta a votazione da parte di coloro che sono interessati dal piano[63]. L’articolo 9, comma 2, secondo periodo, Direttiva 2019/1023 stabilisce che le parti non interessate (creditori, azionisti, ecc.) non hanno diritto di voto. Ai sensi dell’articolo 9, comma 3, Direttiva 2019/1023 le parti nominate possono essere escluse dal voto sul piano in base al diritto nazionale, a meno che non siano espressamente coinvolti nel piano, ossia direttamente interessati da esso. 
L’art. 9, commi 4 e 5, Direttiva 2019/1023 riguardano la questione fondamentale della formazione delle classi per consentire alle parti interessate di superare la resistenza dei membri di minoranza dissenzienti all’interno di ciascuna classe. La formazione delle classi è, inoltre, requisito centrale per un eventuale cross-class cram-down ai sensi dell’art. 11 Direttiva 2019/1023. Obiettivo dell’adozione del piano di ristrutturazione ai sensi dell’art. 9, come indicato nel considerando 44 Direttiva 2019/1023, è quello di garantire che «i diritti che sono sostanzialmente simili ricevano pari trattamento e i piani di ristrutturazione possano essere adottati senza pregiudicare ingiustamente i diritti delle parti interessate».
3.4 . Eteronomia giudiziale
Di fondamentale importanza per qualsiasi soluzione di ristrutturazione preventiva è il ruolo del giudice in sede di omologazione del piano, al fine di garantirne la piena efficacia[64]. È necessario bilanciare la misura dell’intervento giudiziario per tutelare adeguatamente i diritti di tutti i creditori coinvolti e, d’altro canto, non sottoporre il contenuto dell’accordo raggiunto autonomamente dalle parti private a un eccessivo giudizio giudiziario. 
In questo contesto, lo scopo dell’art. 10 Direttiva 2019/1023 è duplice. In primo luogo, elenca i casi in cui un piano di ristrutturazione deve essere confermato da un’autorità giudiziaria o amministrativa per essere vincolante per le parti. In termini generali, tale conferma è necessaria per garantire che la limitazione dei diritti dei creditori, degli azionisti o, in alcuni casi, dei dipendenti sia equa e proporzionata ai benefici della ristrutturazione e che essi abbiano accesso a un rimedio efficace. L’art. 10, comma 1, Direttiva 2019/1023 impone agli stati membri di prevedere l’omologazione dei piani di ristrutturazione da parte dell’autorità giudiziaria o amministrativa affinché i piani diventino vincolanti quando sussistono le condizioni di cui al comma 1 lett. a-c, ossia se il piano incide sui crediti o sugli interessi delle parti interessate dissenzienti (lett. a), se il piano prevede nuovi finanziamenti (lett. b) o se il piano comporta la perdita di più del 25 % della forza lavoro, se tale perdita è ammessa dal diritto nazionale (lett. c). 
In secondo luogo, l’art. 10 Direttiva 2019/1023 specifica nei commi 2-4 le condizioni procedurali e sostanziali per l’omologazione di un piano. I requisiti minimi per la conferma giudiziaria sono indicati nel catalogo non esaustivo del comma 2 lett. a-e. Le condizioni previste dal diritto nazionale mirano a specificare “chiaramente” le condizioni per la conferma, al fine di fornire alle parti coinvolte nel piano una sufficiente certezza di pianificazione. Oltre ai requisiti procedurali formali, dal punto di vista del diritto sostanziale vanno menzionati in particolare l’esame obbligatorio della parità di trattamento dei creditori e il best-interest-of-creditors test (lett. c, d)[65]. 
Inoltre, l’art. 10, comma 3, chiarisce che solo le imprese economicamente sostenibili dovrebbero essere ristrutturate attraverso il quadro di ristrutturazione preventiva[66]. Per questo motivo, le autorità nazionali dovrebbero avere la possibilità di non omologare un piano che «risulti privo della prospettiva ragionevole di impedire l’insolvenza del debitore o di garantire la sostenibilità economica dell’impresa». Se il piano non impedisce l’insolvenza del debitore o non garantisce la sostenibilità economica dell’impresa e ciò è evidente (privo della “prospettiva ragionevole”), non dovrebbe essere omologato. L’art. 10, comma 4, Direttiva 2019/1023 obbliga gli stati membri, e quindi indirettamente l’autorità giudiziaria o amministrativa competente per l’omologazione del piano di ristrutturazione a trattare il piano in modo rapido ed efficiente[67]. 
Infine, la Direttiva stabilisce dei principi per il superamento del dissenso in sede di omologazione qualora il piano di ristrutturazione non sia approvato da tutte le parti interessate. Sono previsti alcuni requisiti minimi per l’applicazione di una ristrutturazione trasversale. In particolare, è richiesto un minimo di consenso nelle classi, ossia la maggioranza o almeno una classe c.d. in the money ai sensi dell’art. 11, comma 1, lett. b) Direttiva 2019/1023. Inoltre, è necessario che sia verificato il miglior soddisfacimento dei creditori rispetto all’alternativa liquidatoria[68] e che viene assicurato che «le classi di voto dissenzienti di creditori interessati ricevano un trattamento almeno tanto favorevole quanto quello delle altre classi dello stesso rango e più favorevole di quello delle classi inferiori»[69]. Come noto, gli stati membri possono derogare a questa regola di priorità relativa ai sensi dell’art. 11, comma 1, lett. c, Direttiva 2019/1023 e stabilire il rispetto della regola di priorità assoluta nei rispettivi ordinamenti nazionali[70].
4 . Le opzioni dei legislatori nazionali in sede di recepimento
Alla luce della varietà giuridica tra gli stati membri, la Direttiva, in linea con la tradizione legislativa europea, ha specificato gli obiettivi comuni da perseguire. Tuttavia, ai legislatori nazionali viene lasciato un ampio margine di manovra per quanto riguarda i mezzi per raggiungere tali obiettivi. Lo scopo della Direttiva non è quindi quello di armonizzare in modo completo le procedure di crisi e di insolvenza, ma solo di attuare «alcuni principi minimi di efficacia»[71]. Tra questi principi minimi vi è quello secondo cui i quadri di ristrutturazione preventiva messi a disposizione dovrebbero essere aperti a tutti i debitori che intendono continuare, almeno in parte, la loro attività economica. Sono quindi esclusi dall’ambito di applicazione della Direttiva gli strumenti puramente liquidatori. 
La Direttiva ha quindi concesso agli stati membri libertà di scelta in un punto centrale del recepimento, nella misura in cui il quadro di ristrutturazione preventivo «può consistere in una o più procedure, misure o disposizioni, alcune delle quali possono realizzarsi in sede extragiudiziale, fatti salvi altri eventuali quadri di ristrutturazione previsti dal diritto nazionale» (art. 4, comma 5, Direttiva 2019/1023). Il recepimento poteva quindi avvenire attraverso un unico strumento, che poteva già esistere nel rispettivo diritto nazionale o essere di nuova introduzione e soddisfare i requisiti minimi della Direttiva. In alternativa, i requisiti di armonizzazione potrebbero essere implementati da una pluralità di strumenti che devono soddisfare i requisiti nella loro interezza. 
Già a prima vista, è evidente che la decisione fondamentale di cui sopra ha avuto effetti diametralmente opposti sui legislatori nazionali dal punto di vista legislativo. L’introduzione di un unico, nuovo strumento aveva il vantaggio di poter riunire tutti i requisiti in un’unica procedura, che tuttavia poteva avere un notevole impatto sistematico sul diritto nazionale. Al contrario, l’implementazione attraverso diversi strumenti, compresi quelli esistenti, richiedeva un coordinamento sistematico dei vari strumenti per far rispettare i requisiti nella loro interezza in procedure interconnesse[72].
1 . Genesi storica del sistema italiano fino al D.Lgs. n. 136/2024
L’art. 16 del decreto n. 83/2022 di recepimento della Direttiva, nono­stan­te le gravi e considerevoli critiche mosse nel corso del suo iter legislativo, ha introdotto l’istituto del “piano di ristrutturazione soggetto a omologazione” con l’inserimento degli artt. 64 bis, 64 ter e 64 quater nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (a seguire “CCII”). Secondo l’intenzione del legislatore, l’istituto doveva servire a disciplinare la situazione in cui il debitore, nella prospettiva ex ante, fosse convinto di poter ottenere l’adesione unanime delle classi e, quindi, di non aver necessità della ristrutturazione trasversale ai sensi dell’art. 112, comma 2, CCII[73]. In tal caso l’art. 64 bis prevede, in relazione al contenuto del piano da adottare all’unanimità delle classi, che il valore generato possa essere distribuito in deroga agli artt. 2740, 2741 e 2777 ss. Codice civile. A parere del Con­sig­lio di Stato e di parte della dottrina, tuttavia, si tratta di un istituto avente degli obiettivi ridondanti, che potevano conoscere attuazione già all’interno del quadro procedurale esisten­te[74]. 
A prescindere dalla fondatezza di tale critica, che si valuterà anche alla luce della prassi applicativa[75], l’introduzione del nuovo istituto deve essere inquadrata in un con­testo di più ampio respiro. Il diritto fallimentare italiano, infatti, si è articolato di­raman­dosi in una molte­plicità di istituti durante quella che può essere definita l’“era delle riforme” che incomincia con l’inizio del nuovo millennio. A tal proposito è opportuno ricordare l’introduzione del piano attestato di risanamento, che nel 2005 è stato esonerato dall’azione revocatoria ai sensi dell’art. 67, comma 3, lett. d), L. fall. (cfr. ora art. 56 CCII)[76]. Con il decreto n. 35/2005, inoltre, il legislatore ha introdotto nel panorama giuridico italiano gli accordi di ristrutturazione dei debiti, disciplinati dall’art. 182 bis L. fall. (ora artt. 57 ss. CCII)[77]. 
Successivamente, come ben noto, si è sviluppata un’ampia discussione dottrinale e giurisprudenziale in merito alla natura e alla sistematizzazione dei nuovi istituti, soprattutto per quanto concerne il “buon vecchio” concordato preventivo[78] – basti pensare soltanto alla diatriba sull’ingresso degli accordi di ristrutturazione dei debiti nell’orbita del fallimento[79]. Per quanto riguarda il parallelismo procedurale degli accordi di ristrutturazione dei debiti con il concordato preventivo, già nel 2018 la Corte di Cassazione ha rilevato un’«evoluzione normativa dell’istituto, sempre più strettamente intrecciato a quello del concordato pre­ven­tivo grazie ad una lunga serie di rinvii normativi che hanno finito per delinearli come stru­men­ti di regolazione della crisi di impresa non solo alternativi ma anche (specie dal 2012) biuni­vocamente interscambiabili in itinere»[80]. 
A ogni modo, non deve sorprendere la scelta del nuovo Codice della crisi d’im­pre­sa e dell’in­solvenza, così come i relativi decreti di correzione, almeno per quanto riguarda il man­te­nimento degli istituti esistenti. Da tempo a gran voce si richiede una semplificazione del sistema, ma sin dall’inizio dei lavori di riforma nel 2015 è stato evidente che uno snellimento del panorama procedurale fallimentare non sarebbe certo stato attuato dalla riforma Rordorf. D’altro canto, proprio il legislatore comunitario ha esplicitamente ammesso una pluralità dei proce­di­menti ai sensi dell’art. 4 comma 5 Dir.[81]. 
Come visto, i processi legislativi del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza e della Direttiva 2019/1023 si sono svolti in gran parte contemporaneamente. Tuttavia, al momento della sua introduzione nel gennaio 2019, il nuovo Codice non era ancora interamente coordinato con la Direttiva. Di conseguenza, in dottrina sono stati individuati numerosi punti in cui il codice nella sua versione originale non era ancora conforme ai requisiti della Direttiva. Al riguardo, è sufficiente ricordare i limiti di accesso del concordato con continuità aziendale nella versione originaria dell’art. 84 CCII, ai differenti parametri nel contesto dell’omologazione (“fattibilità economica” vs. evidente inattuabilità del piano di ristrutturazione), nonché alla distribuzione del surplus da ristrutturazione[82]. 
Con il D.Lgs. del 17 giugno 2022, n. 83, richiamato in apertura, il legislatore italiano ha provveduto a recepire la Direttiva e ha apportato in più punti profonde modifiche al codice. Oltre a introdurre il nuovo strumento del “piano di ristrutturazione soggetto a omologazione”, il legislatore ha apportato profonde modifiche al concordato preventivo. Allo stesso tempo, sono stati estesi i diritti dei creditori prelatizi nell’ambito della votazione sulle proposte del debitore nel concordato o nel piano di ristrutturazione soggetto a omologazione ed è stata introdotta una disciplina dei quadri di ristrutturazione preventiva delle società.
2 . La definizione descrittiva degli strumenti di cui all’art. 2 lett. m bis CCII e la questione della concorsualità
Come si andava dicendo, il legislatore italiano ha deciso di adattare gli strumenti esistenti e di crearne uno nuovo ai fini dell’attuazione della direttiva. All’inizio della presente ricerca, quindi, occorre innanzitutto tracciare le fondamenta di questi quadri di ristrutturazione preventiva ai sensi dell’art. 4 Dir. e delineare la loro posizione nell’ordinamento italiano. 
La definizione di «strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza», introdotta nel nuovo codice all’art. 2, lett. m bis, CCII, può costituire un primo punto di partenza. Riguarda «le misure, gli accordi e le procedure, diversi dalla liquidazione giudiziale e dalla liquidazione controllata, volti al risanamento dell’impresa attraverso la modifica della composizione, dello stato o della struttura delle sue attività e passività o del capitale, oppure volti alla liquidazione del patrimonio o delle attività». Da questa ampia definizione possono rientrare i seguenti strumenti del codice, come vedremo in dettaglio più avanti: il piano attestato di risanamento, la convenzione di moratoria, gli accordi di ristrutturazione dei debiti, il concordato preventivo nonché il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione. La composizione negoziata della crisi, invece, non è da annoverare tra gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza. Ciò deriva direttamente dalla definizione di cui all’art. 2, lett. m bis, CCII, secondo cui gli strumenti «possono essere preceduti dalla composizione negoziata della crisi». Per contro, le procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento sono solo formalmente escluse dai suddetti strumenti. Le disposizioni comuni degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza si applicano ad essi nella misura in cui sono applicabili[83]. Per questo motivo, il concordato minore, in particolare, va comunque collocato nell’“orbita” degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza. 
Questa categoria di strumenti non è da confondere con le procedure concorsuali, che in parte si sovrappongono ma, comunque, non sono identiche. Come noto, il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza non contiene una definizione di procedura concorsuale, le cui caratteristiche e i cui limiti devono quindi essere determinati dall’interprete del testo[84]. Oltre a specifici aspetti di distinte sottocategorie, le procedure concorsuali hanno tre importanti profili in comune: la presenza di un’autorità pubblica, la previsione del coinvolgimento dell’intero patrimonio del debitore, nonché la regolamentazione coattiva dei diritti dei creditori[85]. È evidente che il passaggio alla procedura concorsuale è fluido e che le caratteristiche degli strumenti coperti sono più o meno marcate[86]. La legge è soggetta a continui cambiamenti. Alcune procedure concorsuali originarie, come il concordato preventivo, sono soggette a un graduale processo di de-corsualizzazione. Altri istituti, come l’accordo di ristrutturazione dei debiti, che in origine appartenevano esclusivamente all’autonomia negoziale, sono entrati con il tempo nell’orbita del fallimento[87]. 
Alla luce di ciò, come vedremo in dettaglio più avanti, possono essere annoverati tra le procedure concorsuali (o perlomeno nella loro orbita) i seguenti strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza: la convenzione di moratoria, gli accordi di ristrutturazione dei debiti, il concordato preventivo, il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio[88]. All’interno del codice sono contenute anche la liquidazione giudiziale, la liquidazione coatta amministrativa e la procedura di sovraindebitamento, che rientrano anch’esse nella categoria delle procedure concorsuali. Al di fuori del codice, troviamo l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese, che rientra anch’essa in questa categoria. Non rientrano invece tra le procedure concorsuali il piano attestato di risanamento[89] e la composizione negoziata della crisi[90]. 
La definizione di procedura concorsuale non è fine a se stessa. Da un lato, la categoria è affrontata dalla legge stessa in diversi punti, senza però fornire una definizione[91]. Dall’altro lato, la classificazione consente di individuare e trasferire i principi e le regole che sono comuni a tutte le procedure concorsuali e che, in quanto tali, stanno alla base del sistema[92]. 
3 . La pluralità dei preventive restructuring frameworks nell’ordinamento italiano. Panoramica
Gli «strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza» da definire alla luce delle considerazioni di cui sopra non costituiscono tutti anche «preventive restructuring frameworks» ai sensi dell’art. 4 Direttiva 2019/1023. Sono da escludere dal novero degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza sopra definiti, infatti, quegli strumenti che hanno finalità puramente liquidatorie («al fine di impedire l’insolvenza e di assicurare la loro sostenibilità economica»). In questo contesto, anche il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio non può costituire un preventive restructuring framework, in quanto finalizzato unicamente alla liquidazione del patrimonio all’esito di una composizione negoziata[93]. 
Inoltre, devono essere esclusi gli strumenti che non «consentono la ristruttu­ra­zio­ne»[94]. Per questo motivo, anche la convenzione di moratoria deve essere esclusa dalle considerazioni del presente lavoro[95]. È noto che tale strumento, introdotto[96] per la prima volta nel panorama giuridico italiano nel 2015 e oggetto di profonde riforme del codice[97], persegue una funzione cautelativa del patrimonio e protettiva della continuità aziendale. Tale continuità – oltre che eventualmente l’utilizzo di ulteriori strumenti di regolazione – può essere realizzata grazie alla convenzione di moratoria attraverso soluzioni provvisorie e temporanee[98]. In questo contesto, la convenzione di moratoria è stata efficacemente descritta in letteratura come «strumento-ponte», che rende possibile la regolazione della crisi con altri strumenti[99]. 
Inoltre, è da escludere dalla presente ricerca anche la «composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa» ai sensi degli artt. 12 ss. CCII. Come noto, la composizione negoziata rappresenta un procedimento di natura non giudiziale e di carattere volontario, che offre al debitore un “luogo” dove poter negoziare con i creditori e le altre parti interessate, mantenendo la gestione ordinaria e straordinaria della propria impresa e con la mediazione di un esperto imparziale. 
Obiettivo della composizione negoziata è trovare una possibile strada per il risanamento dell’impresa e, se necessario, condurre l’accesso ad uno degli strumenti di regolazione della crisi. L’istituto è in linea con l’allerta precoce ai sensi dell’art. 3 Direttiva 2019/1023 e non ha la funzione di attuare i preventive restructuring frameworks. Per quanto riguarda la sua struttura e le sue funzionalità, la composizione negoziata non è né uno strumento di regolazione della crisi (cfr. art. 2, lett m-bis CCII) né una procedura concorsuale, mancandone per quest’ultima tutti gli elementi caratterizzanti[100]. 
Rientrano, quindi, nella presente ricerca i seguenti istituti: il piano attestato di risanamento, gli accordi di ristrutturazione dei debiti, il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, il concordato preventivo, nonché il concordato minore. Pertanto, quando nel seguito verrà utilizzata l’espressione “strumenti di regolazione della crisi”, si farà sempre riferimento alla suddetta definizione alla luce dell’art. 4 Direttiva 2019/1023 e non a quella più ampia di cui all’art. 2, lett. m-bis, CCII. 
Procediamo dunque ad illustrare gli strumenti di regolazione della crisi così definiti nelle loro strutture di base, individuandone altresì i connotati comuni. La presentazione, nella sua imprescindibilità ai fini della presente ricerca, si svolgerà necessariamente, a volo d’uccello. Partendo da qui, gli strumenti saranno poi, in una seconda fase, sottoposti a un’analisi comparata con riferimento al diritto tedesco alla luce della Direttiva 2019/1023.
3.1 . Piano attestato di risanamento
Come si è visto, il piano attestato di risanamento è stato introdotto nel panorama giuridico italiano nell’ambito delle riforme del 2005[101]. La riforma degli anni 2005-2007, infatti, ha avuto come obiettivo principale il rafforzamento dell’autonomia delle parti coinvolte in tutti i procedimenti per prevenire la liquidazione[102]. È stato così introdotto il nuovo istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti[103] e, inoltre, è stato creato il piano di risanamento come strumento stragiudiziale di negoziazione. 
Il piano attestato di risanamento, ora disciplinato nell’art. 56 CCII, prevede per gli atti esecutivi di un accordo tra debitore e creditori delle esenzioni dalla revocatoria ai sensi dell’art. 166, comma 3, lett. d, CCII nonché dalle sanzioni penali in caso di successiva insolvenza (vd. artt. 324, 342 CCII). Si tratta di un piano elaborato dal debitore con cui superare la crisi o l’insolvenza e che è controllato da un professionista indipendente. Lo strumento non prevede alcun intervento omologatorio da parte dell’autorità giudiziaria. Per tale motivo, l’istituto non può essere collocato all’intero della categoria delle procedure concorsuali[104]. 
Il presupposto soggettivo non è limitato all’imprenditore commerciale secondo la formulazione della norma («l’imprenditore»). Di conseguenza, secondo parte della dottrina, anche l’impresa agricola e l’impresa minore possono ricorrere all’istituto[105]. Il presupposto oggettivo è costituito dallo stato di crisi o di insolvenza ai sensi dell’art. 2, comma 1 lett. a, b, CCII[106]. 
Il legislatore concede flessibilità per il contenuto del piano e per la sua attuazione, a condizione che consentano il risanamento dell’esposizione debitoria dell’impresa e assicurino il riequilibrio della situazione patrimoniale ed economico-finanziaria. Nell’ambito di questo strumento negoziale, al debitore non sono concesse misure protettive, né moratorie ex lege per la decorrenza degli interessi sui crediti (chirografari o privilegiati). Ciò costituisce una differenza significativa, soprattutto in relazione al concordato preventivo. Il piano attestato di risanamento vincola solo i creditori che vi partecipano. In nessun caso i crediti dei creditori che non vi partecipano possono essere pregiudicati. 
In termini di contenuto, lo strumento del piano attestato di risanamento presenta numerosi paralleli, in particolare con gli accordi di ristrutturazione dei debiti e il concordato preventivo[107]. Allo stesso tempo, però, ci sono anche notevoli differenze rispetto a questi due istituti, sia in termini di contenuto che di procedimento. Ad esempio, il piano attestato di risanamento è concepito come un piano unilateralmente predisposto dal debitore[108]. Il piano è rivolto ai creditori senza coinvolgerli nella stesura del piano. Non è prevista una soddisfazione minima e, inoltre, nel piano attestato di risanamento non è possibile prevedere una specifica disciplina sull’accordo da sottoporre al creditore per debiti fiscali e previdenziali[109]. Da un punto di vista procedurale, la differenza principale è l’assenza di misure cautelari e protettive[110]. 
Il vantaggio che deriva all’imprenditore dall’applicazione del piano di ristrutturazione è soprattutto l’esenzione dalle azioni revocatorie e dalle sanzioni penali, purché i relativi atti siano compiuti in esecuzione di tali accordi. Ciò garantisce a tutte le parti coinvolte un’adeguata sicurezza in merito alla stabilità delle misure di risanamento.
3.2 . Accordi di ristrutturazione dei debiti
Come abbiamo già visto, anche gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono stati introdotti nel panorama giuridico italiano nell’ambito delle riforme di inizio millennio[111]. Dopo che nei primi anni l’istituto non ha riscosso l’auspicato successo nella prassi[112], negli anni successivi è stato oggetto di continui interventi legislativi[113]. Il primo decennio di applicazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis L. fall. è stato, come noto, caratterizzato da un controverso dibattito sulla natura dell’istituto. In Italia sono emerse questioni generali, note anche in Germania, legate all’implementazione di uno strumento con una forte autonomia privata nel sistema tradizionale del diritto fallimentare[114]. Da una parte vi erano – inizialmente in maggioranza – tutti coloro che sottolineavano la natura privatistica degli accordi e non qualificavano lo strumento come procedura fallimentare[115]. Dall’altra parte, tutte quelle voci che sottolineavano il profilo procedurale degli accordi[116]. Un punto centrale del dibattito, in particolare, è stato in particolare il ruolo del tribunale, visto dall’opinione prevalente come mero “promotore” di un accordo di ristrutturazione e spogliato di quasi ogni funzione processuale.
Ciononostante, la riforma del 2015 ha ampliato in modo significativo i poteri di controllo giudiziario ai sensi dell’art. 182 septies l. fall.[117]. La procedura semicollettiva per i creditori finanziari ha avvicinato l’istituto degli accordi di ristrutturazione al concordato preventivo, anche per quanto riguarda la formazione delle categorie di creditori, nonché il voto e la tutela delle minoranze[118]. A ciò si aggiunge l’automatic stay, introdotto nella procedura originaria già nel 2007[119]. 
In questo modo, gli accordi di ristrutturazione dei debiti si sono trasformati nel tempo, dal punto di vista ideologico, da strumento di autonomia privata a “nuovo tipo” di procedura fallimentare[120]. Questo cambiamento è ulteriormente confermato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione e dal nuovo codice[121]. Come noto, infatti, la Corte Suprema si è occupata in diverse decisioni della natura giuridica degli accordi e ha inquadrato l’istituto nell’ambito delle procedure concorsuali[122]. La Corte ha tracciato un quadro secondo cui gli accordi di ristrutturazione dei debiti nella “sfera fallimentare” rappresentano l’orbita più esterna di un sistema in cui l’autonomia delle parti aumenta continuamente quanto più ci si allontana dal centro, il fallimento[123]. La questione dell’attribuzione degli accordi di ristrutturazione dei debiti alla procedura concorsuale non è di natura meramente ideologica, ma ha un grande significato pratico, in particolare per quanto riguarda la prededucibilità dei crediti derivanti da un accordo nella successiva procedura di liquidazione[124]. 
Il nuovo codice, infine, ha portato a una notevole estensione soggettiva degli accordi di ristrutturazione a efficacia estesa[125]. Ciò ha sottolineato in maniera evidente il ruolo centrale che gli accordi di ristrutturazione dei debiti rivestono oggi nel sistema italiano. In base alla normativa vigente, infatti, lo strumento è ora aperto agli imprenditori sopra-soglia e, per espressa previsione, anche agli imprenditori agricoli che si trovano in stato di crisi o di insolvenza[126]. Non è necessario che l’esito dell’accordo porti alla conservazione dell’impresa, per cui il debitore può accedere allo strumento anche in stato di insolvenza[127]. L’obiettivo dello strumento, nella sua forma base, è quello di concludere accordi con i creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti. Gli accordi possono avere una grande varietà di contenuti ai fini di superare la crisi o l’insolvenza[128]. 
Gli accordi possono vincolare solo i creditori aderenti. Pertanto, le condizioni quantitative e qualitative dei crediti dei creditori non aderenti non possono essere modificate. Per i creditori dissenzienti, l’accordo prevede solo una moratoria temporanea, ma con pagamento integrale entro 120 giorni dall’omologazione per i crediti già scaduti a quella data o entro 120 giorni dalla scadenza in caso di crediti non ancora scaduti a data dell’omologazione. 
L’accordo può portare inoltre notevoli vantaggi al debitore e ai creditori. In primo luogo, vi è la possibilità di ottenere misure protettive e cautelari (art. 54 CCII). Inoltre, sono esentati dalle azioni revocatorie gli atti, i pagamenti e le garanzie su beni del debitore posti in essere in esecuzione dell’accordo di ristrutturazione omologato nonché gli atti, i pagamenti e le garanzie legalmente posti in essere dal debitore dopo il deposito della domanda di accesso all’accordo di ristrutturazione (art. 166, comma 3, lett. e CCII). 
Data la rilevanza di questi vantaggi, il legislatore ha previsto un controllo giudiziario in sede di omologazione. Ai fini dell’omologazione, gli accordi devono essere raggiunti con i creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti. La maggioranza si basa sull’importo totale dei crediti e non sul numero dei creditori[129]. Non è richiesta una maggioranza di testa. Gli accordi devono contenere l’indicazione degli elementi del piano economico-finanziario che ne consentono l’esecuzione. Inoltre, il piano deve essere redatto in conformità ai criteri dell’art. 56 CCII. Pertanto, un professionista indipendente deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano, nonché l’idoneità dell’accordo ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei termini previsti di legge. Solo attraverso l’omologazione si possono ottenere gli effetti agevolativi descritti. 
La legge prevede inoltre due varianti “speciali” dell’accordo di ristrutturazione dei debiti, ossia l’accordo agevolato e l’accordo ad efficacia estesa. Per quanto riguarda l’accordo agevolato, la quota dei creditori, pari al 60% dei crediti, viene ridotta della metà (30%) se si verificano congiuntamente due condizioni[130]. In primo luogo, il debitore non può proporre la moratoria dei creditori estranei agli accordi (lett. a). In secondo luogo, il debitore non deve avere richiesto e rinuncia a richiedere misure protettive ai sensi dell’art. 54 CCII (lett. b). 
Per quanto riguarda l’accordo con efficacia estesa, gli effetti dell’accordo con i creditori che rappresentano almeno il 60% dei crediti possono essere estesi anche ai creditori non aderenti che appartengano alla medesima categoria, individuata tenuto conto dell’omogeneità di posizione giuridica ed interessi economici. Tali creditori non aderenti, che appartengano alla medesima categoria, sono pertanto soggetti alle stesse disposizioni dell’accordo raggiunto con i creditori in maggioranza al 60%. Tuttavia, in nessun caso ai creditori ai quali è stato esteso l’accordo possono essere imposti «l’esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l’erogazione di nuovi finanziamenti»[131]. 
Tuttavia, l’estensione degli effetti dell’accordo ai creditori non aderenti è soggetta a condizioni stringenti. In primo luogo, tutti i creditori appartenenti alla categoria devono essere stati informati ai sensi dell’art. 61, comma 2, lett. a, CCII. Inoltre, l’accordo non deve essere di natura liquidatoria, ma deve prevedere la prosecuzione dell’attività d’impresa in via diretta o indiretta (lett. b). Inoltre, i crediti dei creditori aderenti appartenenti alla categoria devono rappresentare il settantacinque per cento di tutti i creditori appartenenti alla categoria (lett. c). I creditori della medesima categoria non aderenti cui vengono estesi gli effetti dell’accordo, poi, non devono risultare soddisfatti in base all’accordo stesso in misura inferiore rispetto a quanto riceverebbero in caso di apertura della liquidazione giudiziale alla data di deposito della domanda di omologazione (lett. d). Inoltre, da un punto di vista procedurale, è necessario che il debitore abbia notificato l’accordo, la domanda di omologazione e i documenti allegati ai creditori nei confronti dei quali chiede di estendere gli effetti dell’accordo (lett. e).
3.3 . Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione
Come anticipato, l’art. 16 del decreto n. 83/2022 di recepimento della Direttiva, ha introdotto il nuovo strumento del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione negli artt. 64 bis, 64 ter e 64 quater CCII[132]. Per quanto riguarda le finalità della procedura, che si discosta dai vincoli distributivi di base grazie all’unanimità, lo strumento deve essere rigorosamente distinto dal concordato preventivo e dagli accordi di ristrutturazione dei debiti. Tuttavia, il piano di ristrutturazione può essere convertito in un concordato preventivo[133] o viceversa nell’interesse della fluidità tra gli strumenti[134]. 
Lo strumento del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione è rivolto all’imprenditore commerciale[135]. Come presupposto oggettivo, l’art. 64 bis CCII prevede a sua volta lo stato di crisi o di insolvenza secondo le qualificazioni ai sensi dell’art. 2 CCII. Essendo uno degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza secondo l’art. 2, comma 1, lett. m-bis, CCII, l’accesso al procedimento avviene attraverso il procedimento unitario ai sensi dell’artt. 40 ss. CCII. La procedura è di natura volontaria e mira a garantire che il debitore proponga la soddisfazione dei suoi creditori, senza dover rispettare l’ordine delle cause di prelazione e l’ordine delle graduazioni. In termini di contenuto, il nuovo strumento segue il noto trinomio “piano, proposta, domanda”[136]. In questo contesto va visto anche il rinvio all’art. 87, commi 1 e 2, CCII[137]. 
Il debitore è tenuto quindi a redigere un piano, che deve essere accompagnato da un’attestazione di un professionista indipendente sull’accuratezza dei dati aziendali e sulla fattibilità del prestito[138]. La fase preparatoria al voto dei creditori segue le regole del concordato preventivo, così come le regole per l’esercizio del diritto di voto[139]. Tuttavia, la legittimazione al voto e il calcolo delle maggioranze sono diversi. L’art. 64 bis, comma 7, CCII prevede che «in ciascuna classe la proposta è approvata se è raggiunta la maggioranza dei crediti ammessi al voto oppure, in mancanza, se hanno votato favorevolmente i due terzi dei crediti dei creditori votanti, purché abbiano votato i creditori titolari di almeno la metà del totale dei crediti della medesima classe». I creditori privilegiati sono considerati creditori non interessati e non sono ammessi al voto[140] qualora la proposta ne preveda il pagamento integrale entro centottanta giorni dall’omologazione[141]. 
In caso di mancata approvazione da parte di tutte le classi, ci sono tre possibilità. In primo luogo, il debitore può chiedere che il tribunale accerti l’esito della votazione e omologhi il piano ai sensi dell’art. 64 ter CCII, se ritiene di aver ottenuto l’approvazione di tutte le classi. Inoltre, l’art. 64 quater CCII dà al debitore la possibilità di convertire il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione in un concordato preventivo. In caso contrario, il tribunale dichiara la domanda improcedibile e chiude la procedura. Il procedimento di omologazione è a sua volta disciplinato dalle regole del concordato preventivo[142]. Le regole di omologazione nel contesto del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione non sono invece quelle dell’art. 112 CCII. L’omologazione del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione risulta più semplice e flessibile[143]. Infatti, il tribunale omologa con sentenza il piano di ristrutturazione nel caso di approvazione da parte di tutte le classi. Se, invece, sollecitato anche da un solo creditore dissenziente, il tribunale deve effettuare un test di convenienza tra il trattamento offerto e quello conseguibile in uno scenario di liquidazione giudiziale[144]. Se con l’opposizione un creditore dissenziente accetta il difetto di convenienza della proposta, il tribunale omologa il piano di ristrutturazione quando dalla proposta il credito risulta soddisfatto in misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale. 
Il contenuto e la struttura dello strumento collocano il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione in una posizione mediana tra gli accordi di ristrutturazione dei debiti a efficacia estesa e il concordato preventivo[145]. La vicinanza agli accordi di ristrutturazione dei debiti a efficacia estesa deriva dal fatto che è richiesta l’unanimità delle classi per l’approvazione da entrambe le parti e la decisione della maggioranza vincola quindi solo una minoranza all’interno della stessa classe. A differenza degli accordi di ristrutturazione dei debiti a efficacia estesa, tuttavia, il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione prevede un processo deliberativo. Non è richiesta, inoltre, la soddisfazione integrale dei creditori estranei[146]. La vicinanza al concordato preventivo deriva già dalla procedura ampiamente parallela, che consegue anche ai molteplici richiami normativi. A differenza del concordato preventivo, tuttavia, l’unanimità richiesta non richiede il rispetto delle regole distributive del patrimonio[147]. 
Le prime esperienze pratiche sembrano dimostrare che il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione ha effettivamente trovato una sua collocazione nel sistema degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza[148].
3.4 . Concordato preventivo
Il concordato preventivo è certamente uno degli istituti che ha subito i cambiamenti più profondi dalle riforme del nuovo millennio al nuovo codice. I principi guida del legislatore nel triennio di riforma 2005-2007 sono particolarmente evidenti nel concordato preventivo, che non è più destinato a essere una mera anticamera del fallimento, ma a diventare uno strumento centrale. In termini di accesso e contenuto, il suo focus si è spostato dalle finalità liquidatorie alla riorganizzazione delle attività e alla ristrutturazione delle passività. Nel 2012 è stato introdotto il cosiddetto concordato “in bianco”[149] (con una corrispondente controriforma nel 2013[150]) e la sottocategoria del concordato con continuità aziendale. Al forte favor debitoris dei precedenti interventi legislativi è seguito un significativo spostamento di autonomia verso i creditori nel 2015 con l’introduzione delle proposte vincolate. Nel nuovo codice, il concordato preventivo era già soggetto a ulteriori restrizioni nel 2019 a causa dell’applicazione talvolta abusiva della procedura[151]. In attuazione della direttiva con il d. lgs. 17 giugno 2022, n. 83, il legislatore italiano ha apportato ulteriori profondi aggiustamenti alla luce della Direttiva 2019/1023[152]. 
Presupposto soggettivo per l’accesso al concordato preventivo è la qualità di imprenditore soggetto alla liquidazione giudiziale (art. 121 CCII). Gli imprenditori (individuali o collettivi) commerciali (“sopra soglia”) che non siano quindi “imprese minori” ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. d, CCII possono quindi accedere alla procedura. Possono aspirare al concordato preventivo, inoltre, le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa (art. 296 CCII), nonché le imprese soggette ad amministrazione straordinaria delle grandi imprese escluse dalla liquidazione giudiziale[153]. 
Presupposto oggettivo del concordato preventivo è lo stato di crisi o di insolvenza[154]. Il diritto di presentare l’istanza spetta esclusivamente al debitore[155]. Il diritto di un terzo di presentare istanza in caso di insolvenza del debitore, ipotizzato all’inizio dell’iter legislativo della legge delega n. 155/2017, non è stato inserito nella legge finale[156]. I principi tradizionali dell’istituto sono stati mantenuti anche nel nuovo codice, ma la riforma ha introdotto disposizioni significativamente più severe in alcuni ambiti[157]. L’enfasi si è spostata inequivocabilmente a favore del principio della continuità aziendale. 
È stato introdotto l’art. 84 CCII, che definisce l’obiettivo e le tipologie del procedimento. Secondo il comma 1, il concordato preventivo realizza in via prioritaria il miglior soddisfacimento possibile dei creditori attraverso la continuità aziendale o la liquidazione[158]. I commi da 2 a 9 dell’art. 84 CCII incidono profondamente sulla disciplina precedente e, in particolare, introducono l’esplicita differenziazione tra continuità diretta da parte del debitore e continuità indiretta da parte di un terzo[159]. La continuità aziendale può essere, ai sensi dell’art. 84, comma 2, CCII, «diretta, con prosecuzione dell’attività d’impresa da parte dell’imprenditore che ha presentato la domanda di concordato, ovvero indiretta, se è prevista dal piano la gestione dell’azienda in esercizio o la ripresa dell’attività da parte di soggetto diverso dal debitore in forza di cessione, usufrutto, conferimento dell’azienda in una o più società, anche di nuova costituzione, ovvero in forza di affitto, anche stipulato anteriormente, purché in funzione della presentazione del ricorso, o a qualunque altro titolo»[160]. Ciascuna tipologia di continuità è soggetta a condizioni proprie. 
Il debitore che propone un concordato preventivo ha un elevato grado di autonomia nella redazione del piano da proporre. Il piano può prevedere l’eventuale suddivisione dei creditori in classi e i «trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse»[161]. La rispettiva classe di creditori si riferisce all’«insieme di creditori che hanno posizione giuridica e interessi economici omogenei»[162]. La «posizione giuridica e interessi economici omogenei» dipende dal “rango” del credito nelle categorie dei creditori privilegiati e chirografari. Nel concordato in continuità aziendale la suddivisione dei creditori in classi è in ogni caso obbligatoria[163]. Inoltre, il raggruppamento è obbligatorio «per i creditori titolari di crediti tributari o previdenziali dei quali non sia previsto l’integrale pagamento, per i creditori titolari di garanzie prestate da terzi, per i creditori che vengono soddisfatti anche in parte con utilità diverse dal denaro e per i creditori proponenti il concordato e per le parti ad essi correlate»[164]. 
Nell’ambito del concordato in continuità, l’art. 86 CCII prevede ora anche la possibilità di una moratoria sul pagamento dei creditori privilegiati. Inoltre, il debitore può chiedere al tribunale l’autorizzazione a soddisfare anticipatamente i crediti esistenti derivanti dalla consegna di beni e servizi durante le trattative concordatarie in corso, se l’intenzione è quella di continuare l’attività[165]. 
Il voto dei creditori sulla proposta di concordato è anche nel concordato preventivo la fase centrale del procedimento. La proposta di concordato è approvata dai creditori se la maggioranza dei crediti votanti è consenziente[166]. La maggioranza è quindi calcolata in base all’importo dei crediti e non al numero dei creditori. Nel caso di diverse classi di creditori, è richiesta la cosiddetta “doppia maggioranza”: la proposta deve prima ricevere la maggioranza del totale dei crediti autorizzati al voto. Allo stesso tempo, la maggioranza delle classi deve votare a favore; anche all’interno delle singole classi, la maggioranza è determinata dall’ammontare dei crediti ammessi al voto[167]. 
Il giudizio di omologa è regolato dagli artt. 48 e 112 CCII. Mentre l’art. 48 si occupa soltanto dei profili processuali del giudizio di omologa del concordato e degli accordi di ristrutturazione dei debiti, l’art. 112 CCII si occupa, invece, dell’omologazione del concordato, sia del concordato in continuità che di quello liquidatorio[168]. All’art. 112, comma 1, CCII, la legge prevede ora specifiche condizioni che il tribunale deve verificare nell’ambito dell’omologazione[169]. Inoltre, il legislatore italiano ha introdotto nel panorama giuridico italiano il meccanismo del cosiddetto cross-class cram-down o ristrutturazione trasversale attraverso il decreto di recepimento 83/2022 all’art. 112, comma 2, CCII[170]. A tal fine, è necessario che (i) il valore di liquidazione sia distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione (lett. a); (ii) il valore eccedente quello di liquidazione sia distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello sto grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore (lett. b)[171] ; (iii) nessun creditore riceve più dell’importo del proprio credito (lett. c)[172]. Infine, è necessario che (iv) la proposta sia approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza, la proposta è approvata da almeno una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione (lett. d)[173].
3.5 . Concordato minore
Contestualmente al concordato preventivo, è poi necessario affrontare un ulteriore strumento che, in base alle definizioni sopra riportate, è da ricomprendere nell’ambito dei preventive restructuring frameworks ai sensi dell’art. 4 della Direttiva 2019/1023[174]. Il concordato minore è aperto a tutti i debitori diversi dal consumatore e non assoggettabili alla liquidazione giudiziale (“sotto soglia”)[175]. In questo contesto, il concordato minore deve essere sistematicamente classificato tra il piano di ristrutturazione del consumatore e il concordato preventivo per gli imprenditori commerciali “sopra soglia”. Pur adottando molte regole di disciplina dal primo, è simile per natura al concordato preventivo, alle cui regole si fa ampio riferimento all’art. 74, comma 4, CCII[176]. In considerazione dei vincoli precisi in ordine alla distribuzione del valore che ne derivano, il concordato minore va classificato come una procedura concorsuale in senso stretto[177]. 
In termini di contenuto, anche il concordato minore, analogamente al concordato preventivo, prevede due diverse tipologie. La prima soluzione, incentivata dal legislatore, è il concordato minore in continuità[178]. Essa può essere una continuità sia aziendale che professionale. Tale continuità si può tradurre in una continuità diretta, in capo allo stesso debitore. Oltre ai casi di attività professionale, può essere anche una continuità indiretta, attuata attraverso la gestione dell’azienda in esercizio ossia la ripresa dell’attività da parte di un soggetto diverso[179]. Inoltre, il concordato minore liquidatorio è previsto come ulteriore tipologia, in cui non si procede alla prosecuzione dell’attività, ma solo alla liquidazione dei beni del debitore. Tuttavia, questa procedura alternativa dovrebbe essere disponibile solo «quando è previsto l’apporto di risorse esterne che incrementino in misura apprezzabile l’attivo disponibile al momento della presentazione della domanda»[180]. 
La procedura si articola nelle consuete tre fasi. Alla proposta formulata dal debitore segue l’approvazione da parte dei creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti. La domanda viene proposta al tribunale competente tramite un OCC, che deve anche redigere una relazione analitica ai sensi dell’art. 76, comma 2, CCII. Dopo il controllo giudiziario del concordato minore in sede di apertura, la proposta è soggetta all’accettazione da parte dei creditori. Il concordato minore è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto[181]. La maggioranza si forma in conformità alla normativa sul concordato liquidato; è quindi richiesta la maggioranza numerica dei crediti ammessi al voto ed eventualmente, se prevista, la maggioranza delle classi[182]. 
Dopo aver ricevuto le informazioni necessarie dall’OCC o, se del caso, dal commissario giudiziale, il giudice verifica ai fini dell’omologazione la ammissibilità giuridica, la fattibilità del piano nonché il raggiungimento della percentuale delle maggioranze e decide sulle contestazioni dei creditori[183]. Se uno dei creditori o qualunque altro interessato contesta la convenienza della proposta, il giudice può omologare il concordato minore qualora ritenga che il credito dell’opponente possa essere soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria[184]. 
Ad oggi, la disciplina del concordato minore non presenta un rapporto semplice con il sistema dei concordati e non è esente da contraddizioni. A questo punto, basta ricordare la questione della ristrutturazione trasversale, rispetto alla quale l’art. 78 CCII suggerisce l’applicabilità delle regole del concordato preventivo. Tuttavia, nel contesto dell’omologazione, l’art. 80 CCII non indica se la regola di distribuzione debba essere assoluta o relativa[185].
4 . I connotati degli strumenti di regolazione della crisi
Le osservazioni sugli strumenti di regolazione della crisi nell’ordinamento italiano brevemente svolte hanno già messo in evidenza numerose analogie e differenze tra gli strumenti. Alla luce dei principi fondamentali degli strumenti di regolazione della crisi sopra descritti, procediamo ora ad approfondire i connotati comuni di questi preventive restructuring frameworks, ossia l’apertura degli strumenti, il valore della continuità aziendale nei rispettivi strumenti, la fase di approvazione da parte dei creditori, nonché la questione dell’omologazione da parte dell’autorità giudiziaria.
4.1 . Presupposti e condizioni per l’accesso
I quadri di ristrutturazione preventiva di cui alla Direttiva 2019/1023 dovrebbero, come già visto, essere disponibili «prima che il debitore diventi insolvente ai sensi del diritto nazionale, ossia prima che soddisfi le condizioni previste dal diritto nazionale per avviare procedure concorsuali per insolvenza, che di norma comportano lo spossessamento totale del debitore e la nomina di un curatore»[186]. La definizione delle condizioni per l’apertura della procedura concorsuale e dell’insolvenza probabile è riservata al diritto nazionale ai sensi dell’art. 2, comma. 2, Direttiva 2019/1023. 
In questo contesto, i preventive restructuring frameworks italiani (ai sensi della definizione europea) sono già in significativa contraddizione con la Direttiva fin dall’inizio. Tutti gli strumenti disponibili sono accessibili sia nel nuovo “stato di crisi” che nel tradizionale “stato di insolvenza”[187]. Gli strumenti non sono pertanto (solo) finalizzati a prevenire l’insolvenza, ma anche a trovare alternative alla liquidazione quando l’insolvenza si è già verificata. 
Al riguardo, è di particolare interesse la definizione di crisi e la sua interazione con lo stato di insolvenza. Come è noto, lo “stato di crisi” è stato introdotto per la prima volta nel panorama giuridico italiano nel 2005 nel contesto di un forte favor debitoris come condizione per accedere al concordato preventivo[188]. Il legislatore non ha definito lo stato di crisi nell’ambito della riforma del 2005, ma lo ha posto nelle mani del giudice[189]. Ai sensi dell’art. 160, comma 3, l. fall. lo stato di insolvenza era d’ora in poi equiparato allo stato di crisi[190]. Il legislatore ha così instaurato un rapporto di genere a specie tra i due concetti. 
Alla luce dell’allerta precoce europea (art. 3 Direttiva 2019/1023), il legislatore ha già votato a favore di una definizione autonoma di crisi nella versione del nuovo codice del 2019 come «stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore, e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate»[191]. Il decreto correttivo del 2020 ha infine sostituito la “difficoltà” (che ricordava la vecchia amministrazione controllata) con lo “squilibrio”. La versione definitiva del provvedimento derivante dal d.lgs. n. 83/2022 definisce la crisi come «lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi»[192]. La crisi si presenta quindi come una situazione di difficoltà dell’impresa, che corrisponde a una circonferenza più ampia dello stato di insolvenza. Quando si può ipotizzare una crisi, non necessariamente c’è anche un’insolvenza, mentre se si è verificata un’insolvenza, c’è anche una crisi[193]. 
Al contrario, l’insolvenza ai sensi dell’art. 2, lett. b), CCII continua a essere caratterizzata da «inadempimenti o altri fatti esteriori». Tale stato di insolvenza, che si è venuto a delineare nella giurisprudenza e nella letteratura per decenni[194], è stato recentemente spostato sempre più nella direzione di uno stato flessibile e prospettico dalla giurisprudenza di legittimità[195]. In questo contesto, l’interpretazione della nozione di insolvenza deve basarsi sui principi già enunciati nell’art. 5 l. fall.[196]. 
La trasformazione della nozione di crisi sopra delineata è certamente uno dei cambiamenti più rivoluzionari nel diritto della crisi e dell’insolvenza degli ultimi anni[197]. Il nuovo binomio crisi-insolvenza del codice mostra una netta discontinuità con il regime precedente, in cui l’insolvenza era ancora vista come un sottoinsieme di una crisi[198]. Il nuovo “stato di crisi” del codice della crisi e dell’insolvenza è chiaramente ispirato alla “probabilità di insolvenza” della direttiva. Il legislatore europeo aveva in mente la probabilità di insolvenza sia per quanto riguarda l’allerta precoce (art. 3 Direttiva 2019/1023) sia per quanto riguarda i quadri di ristrutturazione (art. 4 Direttiva 2019/1023). 
Diversamente, il legislatore italiano, nella stesura della definizione del nuovo “stato di crisi”, sembra essersi concentrato principalmente sull’individuazione precoce delle crisi. Lo dimostra uno sguardo alla relazione illustrativa, nonché alla relazione tecnica. La definizione, infatti, «tiene conto anche della modifica dell’articolo 3 sugli assetti organizzativi» e adotta una prospettiva «ritenuta maggiormente idonea ad intercettare le situazioni di squilibrio che richiedono la pronta attivazione da parte dell’imprenditore»[199]. Anche la questione della “probabilità di insolvenza” viene affrontata nel prosieguo della relazione esclusivamente nel contesto degli asset organizzativi nonché della composizione negoziata. Non viene fatto, tuttavia, alcun riferimento agli strumenti di regolazione della crisi intesi come preventive restructuring frameworks ai sensi della Direttiva 2019/1023, sebbene lo stato di crisi sia presupposto oggettivo proprio di tali strumenti. Si ha quindi l’impressione che il legislatore italiano abbia modificato radicalmente il binomio crisi-insolvenza in sede di recepimento della Direttiva senza apportare contestualmente alcun adeguamento agli strumenti di regolazione della crisi. Torneremo su questo aspetto nel prosieguo. 
Passiamo ora a una panoramica del nuovo assetto processuale degli strumenti di regolazione della crisi. A questo proposito, come è noto, il codice ha introdotto il procedimento unitario agli artt. 40 ss. CCII[200]. Alla luce della suddetta categorizzazione[201], il procedimento unitario, che contiene diversi principi fondamentali[202], deve essere applicato ai seguenti strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza: (i) accordi di ristrutturazione dei debiti, (ii) piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, (iii) il concordato preventivo e (qualora compatibile) al concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (iv) nei limiti della compatibilità alle procedure per le soluzioni delle crisi da sovraindebitamento (v) nei limiti della compatibilità anche alla liquidazione coatta amministrativa[203]. Tuttavia, la procedura non è applicabile alla composizione negoziata, al piano di risanamento attestato, alla convenzione di moratoria e all’amministrazione straordinaria. 
In questo contesto, l’alternativa tra liquidazione giudiziale e strumenti di risoluzione delle crisi è di fondamentale importanza. È noto che la distinzione tra una o più domande di liquidazione giudiziale e la domanda di accesso a diversi strumenti di regolazione della crisi è un fenomeno che si riscontra spesso nella pratica[204]. La legge prevede una chiara gerarchia al riguardo all’art. 7, comma 2, CCII. In base a questo, il tribunale, nel caso di proposizione di più domande, esamina «in via prioritaria quella diretta a regolare la crisi o l’insolvenza con strumenti diversi dalla liquidazione giudiziale o dalla liquidazione controllata, a condizione che: a) la domanda medesima non sia manifestamente inammissibile; b) il piano non sia manifestamente inadeguato a raggiungere gli obiettivi prefissati; c) nella proposta siano espressamente indicate la convenienza per i creditori o, in caso di concordato in continuità aziendale, le ragioni della assenza di pregiudizio per i creditori». Il successivo procedimento, il cui trattamento unitario è previsto dall’art. 7, comma 1, CCII, si svolge in conformità alle disposizioni degli artt. 40-55 CCII. 
È interessante notare che il diritto di richiedere l’apertura di uno strumento di regolazione della crisi ai sensi dell’art. 37, comma 1, CCII continua ad appartenere esclusivamente al debitore seguendo i principi della legge fallimentare. L’estensione facoltativa dell’istanza ai creditori e ai rappresentanti dei lavoratori, previo accordo del debitore, prevista dall’art. 4, comma 8, Direttiva 2019/1023 non è stata presa in considerazione dalla legge italiana[205]. 
Infine, sono da segnalare le modifiche all’automatic stay ex art. 168 l. fall. e al concordato “in bianco” ex art. 161, comma 6, l. fall. Nel nuovo codice, gli effetti dell’automatic stay, com’è noto, si applicano ora solo se espressamente richiesti e specificamente giustificati nella domanda[206]. L’ombrello protettivo si apre o, meglio, rimane aperto, ora solo a condizioni più rigide e con un controllo più severo da parte del giudice. Di conseguenza, la protezione è instabile e temporanea[207]. 
Il nuovo accesso al procedimento unitario «con riserva di deposito di documentazione» di cui all’art. 44 CCII, che sostituisce il vecchio concordato “in bianco“, svolge un ruolo particolare in questo contesto[208]. Ai sensi dell’art. 54, comma 2, CCII, se il debitore presenta un’istanza, i creditori «dalla data della pubblicazione della medesima domanda nel registro delle imprese, i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa»[209]. In questo contesto, l’accesso “con riserva” ai sensi dell’art. 44 CCII rappresenta un “corridoio protetto”, che può essere applicato in relazione a tutti gli strumenti di regolazione della crisi[210]. Per quanto riguarda la diversità e la natura alternativa degli strumenti, l’art. 54, comma 5, CCII prevede inoltre che «le misure protettive disposte conservano efficacia anche quando il debitore, prima della scadenza fissata dal giudice ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera a), propone una domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza diverso da quello eventualmente indicato nella domanda depositata ai sensi dell’articolo 44». 
In questo quadro, si può constatare che la fluidità tra gli strumenti del Codice richiesta dalla Direttiva è garantita in larga misura durante la fase di “accesso con riserva” ai sensi dell’art. 44 CCII. Tuttavia, una volta che il debitore ha superato questa fase ai sensi dell’art. 44 CCII, il passaggio da uno strumento all’altro implica in linea di principio l’avvio di una nuova procedura[211]. Fa eccezione a questo proposito il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, nell’ambito del quale, come visto, è possibile una conversione accelerata ai sensi dell’art. 64 quater CCII.
4.2 . Contenuti e finalità dei diversi strumenti
Si è già visto in più occasioni quanto il sistema italiano sia cambiato nei suoi obiettivi dal 2005 al 2007. Il favor per la continuità aziendale è emerso in modo sempre più chiaro e netto nel corso degli anni, anche se con numerosi interventi legislativi. Con la riforma Rordorf, la continuità aziendale è infine diventata “principio generale”[212] del nuovo sistema[213]. 
Come abbiamo visto, la Direttiva è stata recepita in Italia in un sistema già consolidato da molti anni. In vista della finalità di continuità aziendale perseguita dalla Direttiva, è opportuno dare uno sguardo alle indagini empiriche disponibili per riconoscere come tale finalità sia stata perseguita in concreto nel sistema italiano fino ad oggi. Come noto, il concordato preventivo – in termini di meri dati numerici – è sempre lo strumento preferito in alternativa alla liquidazione giudiziale (già fallimento). Ad esempio, il numero di concordati ammessi prima dell’avvio della riforma Rordorf era costantemente superiore agli accordi di ristrutturazione dei debiti conclusi nello stesso periodo[214]. Tuttavia, dal picco nel 2013 (a seguito delle agevolazioni per il concordato “in bianco”), il numero di concordati secondo la vecchia legge è in continua diminuzione. Al contrario, l’importanza degli accordi di ristrutturazione è aumentata costantemente nel periodo dal 2010 al 2016[215]. 
Per quanto riguarda la fluidità tra gli strumenti sopra menzionati, richiesta in particolare dalla direttiva, i risultati empirici esistenti sono di particolare interesse. Ne consegue che, prima della riforma, questa fluidità era principalmente orientata verso gli accordi di ristrutturazione dei debiti. In poco meno del 30% degli accordi di ristrutturazione dei debiti analizzati, altri strumenti (ad esempio, piano attestato di risanamento e concordato preventivo) li hanno preceduti[216]. Al contrario, nella stragrande maggioranza dei concordati preventivi analizzati tra il 2009 e il 2016, i debitori hanno fatto ricorso direttamente a questo strumento senza richiedere prima un altro strumento a disposizione. 
Infine, di particolare interesse sono i risultati empirici relativi alla distribuzione delle finalità perseguite nelle procedure analizzate nel suddetto studio. Da questo emerge che in circa il 12% degli accordi di ristrutturazione dei debiti nel campione come uniche misure di ristrutturazione veniva effettuata la vendita dell’intera impresa o la sua fusione in una nuova entità[217]. Al contrario, circa l’88% degli accordi di ristrutturazione del debito analizzati ha perseguito una continuità diretta, coerente alla concezione normativa dell’istituto[218]. Un quadro sostanzialmente diverso emerge per il concordato preventivo: in un campione pari al 35% di tutti i concordati avviati in Italia tra il 2009 e il 2016, circa il 70% riguardava dei concordati liquidatori, mentre quelli in continuità rappresentano il restante 30%[219]. Di questi concordati in continuità, circa il 70 % era in continuità indiretta e solo il 30 % circa in continuità diretta[220]. 
Il confronto tra le caratteristiche ante-procedura delle imprese e i risultati post-procedura del suddetto studio empirico mostra inoltre che le imprese coinvolte negli accordi di ristrutturazione del debito sono generalmente più grandi di quelle coinvolte nei concordati preventivi e hanno prestazioni migliori a ridosso della procedura. In media, le imprese coinvolte nei concordati preventivi stanno attraversando una crisi più grave, ma «sperimentano un periodo di distress finanziario più breve»[221]. 
Sullo sfondo delle esperienze pratiche consolidate e del “principio generale” di cui all’art. 2, comma 1, lett. g, L. 19 ottobre 2017, n. 155, l’obiettivo della continuità aziendale nell’ambito del diritto dell’Unione, che emerge chiaramente in più punti della Direttiva, è dunque caduto su un terreno fertile in Italia[222]. Come noto, la direttiva è stata ampiamente attuata nell’ambito del concordato preventivo. Ciò è piuttosto notevole alla luce della già citata esperienza pratica del concordato preventivo e del suo utilizzo prioritario di tipo liquidatorio. Il concordato preventivo è stato ampiamente riformato in questo contesto, soprattutto nell’art. 84 CCII. In molti punti, si registra ora un favor legislativo più o meno evidente per il concordato in continuità rispetto al concordato liquidatorio. Ad oggi, non esistono studi empirici per il periodo successivo all’introduzione del nuovo Codice paragonabili a quelli per il periodo fino al 2016. Pertanto, al momento non è possibile affermare con certezza se le intenzioni legislative possano essere realizzate nella pratica come auspicato. 
Nel contesto del nuovo concordato preventivo, va menzionato anche il concordato minore, aperto a tutti i debitori diversi dal consumatore e non assoggettabili alla liquidazione giudiziale (“sotto soglia”). In termini di contenuto, il concordato minore, analogamente al concordato preventivo, prevede due diverse tipologie. La prima soluzione, incentivata dal legislatore, è il concordato minore in continuità[223]. Pur adottando molte regole di disciplina del piano di ristrutturazione del consumatore, la sua natura consensuale è simile al concordato preventivo[224]. 
Lo strumento del piano attestato di risanamento, invece, non ha subito modifiche sostanziali nell’ambito della riforma[225]. L’istituto presenta numerosi parallelismi con gli accordi di ristrutturazione e il concordato preventivo, ma allo stesso tempo si differenzia notevolmente in termini di contenuto[226]. Il vantaggio per l’imprenditore derivante dall’applicazione del piano di ristrutturazione continua a essere l’esenzione dalle azioni revocatorie e dalle sanzioni penali, purché i relativi atti siano compiuti in esecuzione di tali accordi. 
Infine, come abbiamo visto, il nuovo piano di ristrutturazione soggetto a omologazione ex artt. 64-bis ss. CCII è strettamente legato al concordato preventivo. Dall’ampio richiamo all’art. 87, comma 1, CCII dell’art. 64-bis, comma 9, CCII, deriva in termini di contenuto che il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione può avere sia finalità conservative del valore che finalità liquidatorie[227]. Il nuovo istituto nasce proprio dall’esigenza di fornire al debitore regole per il contenuto del piano, a condizione che il debitore sia certo di poter ottenere l’approvazione unanime delle classi[228].
4.3 . Il ruolo dei creditori
Le differenze tra i preventive restructuring frameworks italiani sono evidenti e complesse per quanto riguarda l’ottenimento del consenso dei creditori e l’eventuale superamento dei creditori dissenzienti. Queste divergenze strutturali si denotano innanzitutto nelle modalità di esercizio del potere dei creditori. Ai sensi dell’art. 9, comma 7, Direttiva 2019/1023, ciò può avvenire mediante il semplice consenso con valenza negoziale, cioè con modalità extraprocedimentali come negli accordi di ristrutturazione dei debiti[229]. Al contrario, il consenso dei creditori può essere dato anche con il voto all’interno di un procedimento giudiziale, come avviene nel concordato preventivo, nel piano di ristrutturazione soggetto a omologazione e nel concordato minore[230]. 
Nonostante le differenze, le richiamate norme in materia di approvazione mostrano anche una chiara tendenza in termini funzionali per i suddetti strumenti a dividere il controllo dei creditori, come già osservato in dottrina, «da una dimensione individuale a una dimensione essenzialmente collettiva e di gruppo»[231]. Il consenso della maggioranza di tutti i gruppi può quindi far retrocedere la posizione del singolo creditore dissenziente fino al limite dell’absolute priority rule o della relative priority rule[232]. Nel caso in cui il consenso di tutti i gruppi non avvenga, le regole di distribuzione obbligatoria insite nella procedura concorsuale rappresentano la restante tutela dei creditori nell’ambito della ristrutturazione trasversale. 
Nonostante questa comune tendenza, permangono tuttavia alcune incertezze in una considerazione sistematica dell’approvazione all’interno dei vari strumenti di regolazione della crisi. Queste differenze si basano, in particolare, sul fatto che le condizioni per la repressione del singolo creditore a favore della maggioranza dei creditori non sono uniformi e coerenti. Ad esempio, i criteri di categorizzazione delle parti interessate non sono congruenti. L’importanza della categorizzazione delle parti interessate è evidente alla luce della suddetta dimensione collettiva. Laddove la collettività viene in primo piano, la formazione di questa stessa collettività è fondamentale. Come già visto, la Direttiva 2019/1023 stabilisce che le parti non interessate non hanno diritto di voto, poiché il piano di ristrutturazione non “incide” sui loro crediti o interessi (cfr. art. 2, comma 1, n. 2, Direttiva 2019/1023). 
Nel concordato preventivo in continuità aziendale così come nel piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, come è noto, i creditori privilegiati non partecipano al voto, «se soddisfatti in denaro, integralmente, entro centottanta giorni dall’omologazione, e purché la garanzia reale che assiste il credito ipotecario o pignoratizio resti ferma fino alla liquidazione, funzionale al loro pagamento, dei beni e diritti sui quali sussiste la causa di prelazione»[233]. In questo senso, sono da considerarsi “parti non interessate” nella misura in cui la soluzione di ristrutturazione non “incide” sulla loro posizione. Se questo criterio possa essere applicato anche agli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa ai sensi dell’art. 61 CCII non emerge direttamente dal testo normativo. Tuttavia, si può notare che la “categoria” degli accordi in fondo è solo una denominazione diversa per le “classi”. Si può quindi correttamente ritenere, come già dimostrato in dottrina, che alla formazione della categoria e della classe debbano essere applicati principi paralleli in termini di significato e finalità[234]. 
4.4 . Eteronomia giudiziale
Esistono inoltre notevoli differenze tra i suddetti strumenti per quanto riguarda l’eteronomia giudiziale. È vero che gli accordi di ristrutturazione dei debiti, il concordato preventivo e il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione hanno una disposizione procedurale comune nell’art. 48, che è stata fondamentalmente riformata nell’ambito del decreto di attuazione della Direttiva. Tuttavia, le ulteriori caratteristiche del controllo giurisdizionale sono disciplinate in modo diverso per ciascuno strumento, il che è già legato alla diversa funzione e posizione nel sistema del rispettivo strumento. Mentre l’intervento del giudice negli accordi di ristrutturazione con efficacia estesa[235] e nel piano di ristrutturazione soggetto a omologazione[236] è limitato al controllo della convenienza della proposta relativamente all’alternativa nella liquidazione giudiziale, l’intervento giudiziale nel concordato preventivo in continuità aziendale si estende alla sostituzione del mancato consenso di una o più classi nella ristrutturazione trasversale[237]. 
È noto che il concordato preventivo costituisce lo strumento del precedente canone che è stato maggiormente utilizzato per implementare i requisiti europei ai fini della continuità aziendale. In questo modo il concordato preventivo, modulando le regole della distribuzione del ricavato, si è notevolmente modificato nella sua forma tradizionale, pur mantenendo i capisaldi (il che ha portato non da ultimo all’introduzione del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione). La complessa disciplina del cross-class cram-down contenuta nell’art. 112, comma 2, CCII[238] è probabilmente una delle innovazioni più rivoluzionarie dell’istituto, anche se il meccanismo del cram-down in sé, in realtà, era già presente nella previgente legge fallimentare[239]. Tuttavia, lo strumento del concordato preventivo rimane una procedura concorsuale, che si distingue dagli accordi di ristrutturazione (sia ordinari che ad efficacia estesa) per l’intervento di controllo notevolmente più esteso del giudice[240]. 
Anche per quanto riguarda il cram down fiscale ai sensi dell’art. 63, comma 2-bis, CCII[241], emerge la necessità di un inquadramento sistematico[242]. Come noto, il meccanismo si basa sul presupposto che il consenso delle agenzie fiscali, non avvenuta, sia necessario per il raggiungimento della maggioranza. In questo modo, l’istituto ha anche un notevole effetto sistematico, nella misura in cui è stato inserito in uno strumento (gli accordi di ristrutturazione), che per definizione si basava in realtà sulla volontà del singolo. Per quanto riguarda i parallelismi e le differenze tra il cram down fiscale di cui all’art. 63, comma 2-bis, CCII e il cross-class cram down di cui all’art. 112, comma 4, CCII, risulta altresì evidente che i meccanismi citati necessitano di un ulteriore approfondimento e sviluppo al fine di restituire una certa coerenza al sistema. 
Si tratta di un’esigenza che trova conferma anche per quanto riguarda il concordato minore. L’intervento di controllo giudiziario avviene, come visto, dopo la ricezione delle necessarie informazioni da parte dell’OCC o, se necessario, del commissario giudiziale, in quanto il giudice verifica ai fini dell’omologazione l’ammissibilità giuridica, la fattibilità del piano, nonché il raggiungimento della percentuale delle maggioranze e decide sulle contestazioni dei creditori[243]. Se uno dei creditori o qualunque altro interessato contesta la convenienza della proposta, il giudice omologa il concordato minore qualora ritenga che il credito dell’opponente possa essere soddisfatto dall’esecuzione del piano in misura non inferiore all’alternativa liquidatoria. Anche nel contesto del concordato minore, restano da chiarire importanti questioni sistemiche riguardanti il cram down fiscale e previdenziale (art. 80, comma 3, CCII)[244] e il rapporto con la ristrutturazione trasversale dei debiti[245].
5 . La scelta dello strumento di regolazione della crisi più adeguato
Il legislatore italiano ha creato e consolidato, come visto, un sistema in cui il debitore ha a disposizione un’ampia scelta di strumenti di regolazione della crisi con un ambito di applicazione e un percorso processuale in parte paralleli. Il presupposto oggettivo è sempre – alternativamente – la crisi o lo stato di insolvenza[246]. Al contrario, l’ordinamento italiano limita l’accesso agli strumenti in parte in termini soggettivi. Ad esempio, il piano attesto di risanamento è aperto all’imprenditore commerciale e (secondo parte della dottrina) anche all’impresa agricola e all’impresa minore[247]. Gli accordi di ristrutturazione, invece, sono aperti agli imprenditori sopra-soglia e, per espressa previsione, anche agli imprenditori agricoli[248]. Il presupposto soggettivo per l’accesso al concordato preventivo, tuttavia, è la qualità di imprenditore soggetto alla liquidazione giudiziale (art. 121 CCII). Hanno quindi accesso alla procedura gli imprenditori (individuali o collettivi) commerciali (“sopra soglia”) che non siano dunque “imprese minori” ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. d, CCII[249]. Lo stesso vale per il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione ai sensi dell’art. 64-bis CCII. Il concordato minore, invece, è aperto a tutti i debitori diversi dal consumatore e non assoggettabili alla liquidazione giudiziale (“sotto soglia”)[250]. 
I vari strumenti di regolazione della crisi che l’ordinamento prevede di seguito al recepimento dei preventive restructuring frameworks, pertanto, si differenziano non tanto per la loro dimensione temporale (crisi/stato di insolvenza), quanto secondo l’intenzione del legislatore per i loro obiettivi procedurali. In questo contesto, viene in primo piano la questione della selezione dello strumento adeguato ai fini della ristrutturazione, che il debitore deve effettuare con i suoi consulenti nel caso specifico. A tale proposito, devono essere presi in considerazione anche quegli strumenti e procedimenti che inizialmente erano stati esclusi dallo studio in quanto “quadri di ristrutturazione preventiva”. In particolare, secondo l’intenzione del legislatore europeo e italiano, il debitore dovrà considerare l’accesso alla composizione negoziata, soprattutto nello stato di “pre-crisi”. Come noto, ciò può avere esiti procedurali molto diversi e, in particolare, può portare a uno strumento di regolazione della crisi[251]. Nel caso degli accordi di ristrutturazione dei debiti, del concordato preventivo e del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, il debitore può, come abbiamo visto, far precedere una domanda “con riserva di deposito di documentazione” ex art. 44 CCII. Come già sottolineato in dottrina, questa fase del procedimento riveste un’importanza centrale per il debitore nella scelta dello strumento appropriato, in quanto consente a lui (e ai suoi professionisti) la necessaria flessibilità[252]. 
Nella scelta dello strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. m-bis, CCII, il primo passo è quello di valutare la finalità dello strumento da parte del debitore. Nel caso della convenzione di moratoria, questa si basa notoriamente sulla funzione cautelativa del patrimonio e protettiva della continuità aziendale, che predispone la convenzione di moratoria attraverso soluzioni provvisorie e temporanee ed eventualmente l’utilizzo di ulteriori strumenti di regolazione. La continuità aziendale è anche un obiettivo del piano attestato di risanamento. Infine, la stessa continuità aziendale – sia diretta che indiretta – è perseguita nell’ambito degli accordi di ristrutturazione dei debiti, del concordato preventivo e del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, sebbene i tre strumenti si differenzino non da ultimo in termini di tutela dei creditori e di eteronomia giudiziale[253]. A questo proposito, il debitore deve valutare la struttura dei creditori e i rapporti di maggioranza attesi per quanto possibile. 
Alla luce di ciò, conviene che il debitore e i suoi professionisti seguano un processo in quattro fasi, come già osservato dalla dottrina[254]. Il primo passo consiste nel determinare il livello di ripagamento della società nell’opzione della liquidazione giudiziale. Questo valore di liquidazione ai fini comparativi comprende non solo il valore di liquidazione degli attivi, ma anche il possibile ricavato tramite azioni di revocatorie e di responsabilità, al netto delle spese[255]. In una seconda fase, è poi da verificare mediante un piano di cassa a dodici mesi (cfr. art. 2, comma 1, lett. a, CCII), assumendo di non pagare le obbligazioni scadute alla data di riferimento, se l’impresa sia in grado di far regolarmente fronte alle proprie obbligazioni correnti non disperdendo risorse in danno di quei creditori a cui è rivolta la proposta di ristrutturazione[256]. In una terza fase, i debiti vanno poi valutati e classificati alla data di riferimento. I rispettivi creditori devono essere identificati e classificati direttamente in classi (o categorie), quali in particolare fornitori, istituti bancari (garantiti e non garantiti), enti fiscali e previdenziali[257]. Successivamente, sulla base di un elenco all’importo di esposizione (dal più elevato al più basso) si deve decidere quali di questi creditori devono essere coinvolti nel progetto di ristrutturazione. La quarta e ultima fase consiste quindi nel formulare la concreta proposta di ristrutturazione da presentare al ceto creditorio[258]. 
Infine, la struttura contenutistica della proposta specifica si basa sulla procedura e sullo “strumento” selezionati. Dovrà quindi soddisfare almeno i requisiti della composizione negoziata. Tuttavia, per quanto riguarda la natura alternativa degli strumenti e la fluidità, è anche vero, come già osservato nella dottrina, che «non importa la scelta del contenitore ristrutturativo, ma del contenuto ristrutturativo, dispiegando il CCII un’oggettiva efficacia educativa e mirando, del tutto correttamente, a prevenire accessi abusivi a strumenti prenotativi con richiesta di misure protettive»[259].
6 . Inquadramenti di sistema e lacune
Le osservazioni precedenti ci permettono di trarre a questo punto una prima conclusione provvisoria. Il sistema italiano dei quadri di ristrutturazione preventiva può essere suddiviso in tre grandi categorie a seguito dell’attuazione della Direttiva 2019/1023, come già correttamente osservato in dottrina[260]. Un primo gruppo di strumenti è costituito dagli accordi di ristrutturazione, ordinari e agevolati, che hanno carattere puramente consensuale[261]. Segue una seconda categoria di strumenti attraverso i quali è possibile vincolare una minoranza di creditori dissenzienti che sono inclusi in classi o categorie di creditori consenzienti. Si tratta degli accordi di ristrutturazione a efficacia estesa e del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione. Infine, una terza categoria di strumenti consente di vincolare una minoranza dissenziente di creditori all’interno di classi consenzienti o di intere classi dissenzienti (“cross-class cram-down”). Ciò è possibile per gli imprenditori commerciali “sopra soglia” nell’ambito del concordato preventivo con continuità aziendale[262] e per tutti gli altri debitori nell’ambito del concordato minore[263].
Queste tre categorie di strumenti sono completate da strumenti che, come si è visto, non sono da classificare come preventive restructuring frameworks ai sensi della Direttiva 2019/1023, ma che tuttavia sono a disposizione del debitore in stato di crisi o di insolvenza nel sistema italiano. Si tratta del piano attestato di risanamento e dello “strumento-ponte” della convenzione di moratoria. Inoltre, la composizione negoziata apre la possibilità di negoziare con i creditori già nello stato di “pre-crisi”, al fine di riconoscere e prevenire la crisi o l’insolvenza il più presto possibile. Contestualmente alla composizione negoziata, è stato introdotto nell’ordinamento italiano un ulteriore “strumento”, il c.d. concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, che concede al debitore all’esito della composizione negoziata in particolare la possibilità di mantenere la continuità aziendale in forma indiretta mediante cessione dell’azienda in esercizio[264].
In questo modo, come è già stato giustamente osservato, il recepimento della Direttiva 2019/1023 ha prodotto un sistema con due “anime slegate”, che rivela in numerosi punti delle contraddizioni difficili da risolvere[265]. La difficoltà di incorporare lo “spirito europeo” emerge a prima vista se si guarda alla genesi del sistema italiano degli ultimi decenni. Dopo il favor debitoris eccessivamente permissivo delle riforme del 2005 e del 2012, il sistema italiano, come noto, si è sempre più orientato verso un rafforzamento dei poteri dell’autorità giudiziaria. Questo orientamento, sostanzialmente mantenuto nel Codice, è in evidente contrasto con i principi fondamentali della Direttiva 2019/1023, che riduce il ruolo del giudice a mero “arbitro”, confidando nel rapporto gestito in autonomia tra le parti[266].
A questo proposito, si riscontra già una contraddizione di fondo con la Direttiva 2019/1023 per quanto riguarda i presupposti oggettivi e la struttura degli strumenti di regolazione della crisi. Secondo l’idea del legislatore europeo, i preventive restructuring frameworks si aprono nello stato di crisi per prevenire l’insolvenza dell’impresa attraverso la ristrutturazione preventiva. La Direttiva 2019/1023 non ha espressamente escluso il presupposto dell’insolvenza nel contesto della ristrutturazione preventiva. Ciononostante, come si è visto nel contesto dell’art. 4 Direttiva 2019/1023, la Direttiva mira chiaramente alla ristrutturazione preventiva «al fine di impedire l’insolvenza e di assicurare la loro sostenibilità economica»[267]. L’accesso a uno strumento in stato di insolvenza si pone in inconciliabile contraddizione con questo: quando il debitore si trova già in stato di insolvenza, quest’ultima non può più essere “prevenuta”[268].
In Italia, tuttavia, nel corso del recepimento è stato mantenuto il sistema consolidato che prevede l’accesso agli strumenti di regolazione della crisi a partire dal 2005 sia per lo stato di crisi che per l’insolvenza. È vero che lo stato di crisi è stato ridefinito come probabilità di insolvenza in sede di recepimento, in conformità alla Direttiva 2019/1023. Tuttavia, è significativo che questo presupposto oggettivo sia stato stabilito dopo che i rispettivi strumenti erano già stati determinati in termini di struttura e procedura. A questo proposito, il nuovo concetto di crisi non si è riflesso in modo significativo nel testo normativo dei rispettivi strumenti.
Alla luce della composizione negoziale introdotta nel codice, accessibile alle imprese «in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza», il sistema italiano appare sempre più diviso in una dicotomia tra “pre-crisi” e stato di crisi/insolvenza. La crisi rischia di diventare in qualche modo insignificante, nella misura in cui i relativi strumenti di regolazione della crisi sono comunque aperti anche al debitore in stato di insolvenza. Sugli ulteriori effetti sistematici di queste decisioni legislative, in particolare per quanto riguarda lo stato di crisi, torneremo più avanti.
IV . Ristrutturazione preventiva tramite il Restrukturierungsplan. Il sistema “binario” tedesco
Passiamo ora al sistema tedesco, che per la prima volta ha introdotto una procedura di pre-insolvenza al di fuori dell’Insolvenzordnung ai fini dell’attuazione della Direttiva 2019/1023, modificando in modo sostanziale le sue fondamenta. L’ordinamento giuridico tedesco prevede oggi un sistema che – in base allo stato del debitore (drohende Zah­lungs­unfä­hig­keit/Zah­lungs­un­fähig­keit o Über­schul­dung) – offre due strumenti (Retruk­tu­rie­rungs­plan e Insolvenzplan) per evitare la liqui­da­zione, che tuttavia sono in gran parte paralleli in termini di contenuto. Dall’altro lato, qualora l’insolvenza si sia già verificata, il sistema tedesco non consente più il ricorso al Restrukturierungsplan di cui al § 29 StaRUG. 
1 . Genesi storica del sistema tedesco fino allo StaRUG
In un’ottica comparativa del diritto concorsuale tedesco, è opportuno dare uno sguardo all’evoluzione storica dei sistemi a partire dal XIX secolo[269]. A differenza del fallimento mercantile di stampo italo-francese, il sistema tedesco è tradizionalmente concepito come un cosiddetto “Jedermanns-Konkurs” (una procedura concorsuale estesa a tutti)[270]. Questo sistema storicamente non prevede soglie specifiche che riservano l’accesso alla procedura fallimentare solo alle imprese più grandi. In Italia, il passaggio a tale sistema tedesco-austriaco è stato discusso più volte, dalla ricezione del Codice di commercio all’introduzione della legge fallimentare del 1942, ma di fatto è sempre stato respinto[271]. 
A metà del XX secolo, il cambiamento radicale del modello economico in Germania, come altrove, portò logicamente alla crisi del concursus tradizionale. Mentre in Italia si osservava “la crisi del fallimento”, in Germania si lamentava il “Konkurs des Konkurses”[272]. Dopo molti anni di tentativi di riforma a partire dagli anni ‘70, l’Insolvenzordnung è stato finalmente promulgato nel 1994 ed è entrato in vigore il 1° gennaio 1999. 
La tanto citata “uniformità” del sistema fallimentare tedesco si esprime nell’ Insolvenzordnung del 1994 non solo nel concetto di debitore, ma anche in un altro aspetto: con l’introduzione dell’Insolvenzordnung, il legislatore ha inteso superare la precedente dualità tra fallimento e procedura di concordato[273]. La procedura di insolvenza è da ora concepita come “procedura uniforme”, in cui le parti coinvolte – secondo l’intenzione del legislatore – possono scegliere in ogni fase della procedura in modo flessibile tra la ristrutturazione mediante un Insolvenzplan (piano di insolvenza) o la liquidazione. La decisione a favore di un tipo di strumento non dovrebbe quindi essere “pregiudicata” dal tipo di procedura scelta[274]. 
Con la decisione a favore dell’“Einheitsverfahren” (procedura unica), il legislatore tedesco ha anche esplicitamente votato contro l’inclusione di procedure di ristrutturazione pre-insolvenza nel 1994. Per molto tempo il legislatore tedesco ha mantenuto la centralità dell’Insolvenzplan ai sensi dei §§ 217 ss. InsO quale unico strumento per evitare la liquidazione attraverso il Regelinsolvenzverfahren. Di fatto, dall’entrata in vigore dell’Insolvenzordnung, a prescindere dal suo orientamento generale come strumento per la “Masseverwirklichung” (“realizzazione delle attività”)[275], nella maggioranza dei casi è stata centrale la finalità di ristrutturazione dell’Insolvenzplan[276]. 
Per molto tempo, parte della letteratura ha invocato una procedura di ristrutturazione preventiva aggiuntiva al di fuori dell’Insolvenzordnung[277]. In pratica, questa critica è stata incentivata dalla fuga occasionale delle imprese tedesche verso, in particolare, l’ordinamento inglese[278]. Nel 2011 il legislatore tedesco ha temporaneamente risposto a queste richieste introducendo il c.d. Schutzschirmverfahren (“procedura dello scudo protettivo”) nell’ambito dell’Eigenverwaltung (“amministrazione in proprio”) ex § 270b InsO[279]. 
In questo contesto, i requisiti della Direttiva 2019/1023 sull’introduzione di preventive restructuring frameworks hanno trovato terreno fertile in Germania[280]. La Direttiva 2019/1023 ha richiesto un’ampia riforma del sistema tedesco di diritto fallimentare ed è stata attuata in particolare con la “Gesetz über den Stabilisierungs- und Restrukturierungsrahmen für Unternehmen” (c.d. StaRUG; “Legge sul quadro di stabilizzazione e ristrutturazione delle imprese”)[281]. Tale procedura di ristrutturazione preventiva è diventata realtà dal 1° gennaio 2021 sotto forma del cosiddetto Restrukturierungsplan ai sensi del §§ 2 ss. StaRUG. 
2 . Singolarità procedurale. Panoramica
Il nuovo Restrukturierungsplan ricorda sotto molti profili l’Insolvenzplan. Le due procedure, tut­ta­via, differiscono in termini di contenuti e, soprattutto, di tempi. Il Restrukturierungsplan e i relativi strumenti ausiliari[282] sono aperti al debitore in stato di drohender Zahlungs­un­fä­hig­­keit (“insolvenza imminente”). Se la Zahlungsunfähigkeit si è già verificata (§ 17 InsO) – o, nel caso di persone giuridiche e ai sensi del § 19 InsO, in stato di Überschul­dung (“sovraindebitamento”) – l’Insolvenzplan rimane di fatto l’unica alternativa alla liquidazione. Le imprese in stato di “drohender Zahlungsunfähigkeit” hanno ora a disposizione due opzioni procedurali distinte: la via del quadro di ristrutturazione ai sensi del § 29 StaRUG o quella dell’insolvenza ai sensi del § 18 InsO[283]. 
2.1 . Accesso al Restrukturierungsplan durante la crisi
Dall’entrata in vigore il 1° gennaio 2021, lo StaRUG ha messo a disposizione dei debitori un’ampia gamma di strumenti per la ristrutturazione aziendale, con l’obiettivo di consentire una ristrutturazione rapida e mirata delle passività finanziarie. All’interfaccia tra la ristrutturazione puramente stragiudiziale di diritto privato e la procedura d’insolvenza, il cosiddetto Restrukturierungsplan è il fulcro dello StaRUG, che consente la ristrutturazione principalmente attraverso la modifica della struttura delle passività e, in quanto procedura semi-collettiva, vincola solo le parti interessate dal piano[284]. 
Il Stabilisierungs- und Restrukturierungsrahmen (“quadro di stabilizzazione e ristrutturazione”) è concepito come un quadro modulare di assistenza procedurale che può essere utilizzato anche singolarmente e indipendentemente l’uno dall’altro[285]. In questo contesto, non è necessario aprire formalmente una procedura per utilizzare le singole forme di assistenza procedurale, come invece nel caso della procedura di insolvenza. Secondo il § 31 StaRUG, l’unico presupposto per l’utilizzo dell’assistenza procedurale è la notifica del Restrukturierungsplan da parte del debitore al tribunale di ristrutturazione competente. Con questa notifica, il debitore deve anche esporre i fatti del caso e gli obiettivi principali della ristrutturazione prevista. Il presupposto fondamentale per accedere a una riorganizzazione ai sensi dello StaRUG è che l’impresa non sia ancora insolvente (§ 17 InsO), ma che vi sia solo un’“insolvenza imminente“ ai sensi del § 18, comma 2, InsO (cfr. § 29, comma 1, StaRUG). Il verificarsi della Zahlungsunfähigkeit (insolvenza) – o, nel caso delle persone giuridiche, dell’Überschuldung (sovraindebi­ta­men­to) secondo il § 19 InsO – rappresenta d’ora in poi la linea di demarcazione tra la riorganizzazione preventiva con l’aiuto dello StaRUG e l’apertura della procedura di insolvenza ai sensi dell’InsO[286]. 
La Direttiva 2019/1023 pone particolare attenzione a rendere più efficaci gli sforzi di ristrutturazione delle PMI[287]. Tuttavia, il legislatore europeo non specifica alcun trattamento differenziato in base alle dimensioni dell’impresa. In questo contesto, non sorprende che nemmeno lo StaRUG, attuando la direttiva, preveda procedure specifiche o semplificazioni procedurali per le PMI[288]. La situazione è diversa per le PMI nel ruolo di creditore, per le quali la legge tedesca prevede diverse tutele[289]. 
Per quanto riguarda il presupposto soggettivo, il § 30, comma 1, StaRUG stabilisce che gli strumenti del c.d. quadro di stabilizzazione e ristrutturazione possono essere utilizzati da «qualsiasi debitore soggetto alla procedura d’insolvenza». Anche le persone fisiche possono avvalersene «nella misura in cui svolgono un’attività imprenditoriale»[290]. Gli altri requisiti formali per lo svolgimento della procedura sono regolati dai quattro diversi tipi di intervento del tribunale di ristrutturazione previsti dal § 29, comma 2, StaRUG, i cosiddetti “Instrumente des Stabilisie­rung- und Restrukturierungsrahmens” (strumenti del quadro di stabilizzazione e ristrutturazione). 
Fra gli interventi procedurali previsti rientra soprattutto il voto dei creditori in merito ad un Restrukturierungsplan nell’ambito del procedimento giudiziario (§§ 45 ss. StaRUG). Con un’istanza, il debitore può inoltre ottenere un esame preliminare del Restrukturierungsplan e del previsto voto da parte del tribunale, ai sensi dei §§ 47 ss. StaRUG, allo scopo di ottenere una consulenza giudiziaria su questioni rilevanti per la successiva omologazione del piano. Di fondamentale importanza nel contesto del piano di ristrutturazione è anche la possibilità di ordinare delle misure protettive e cautelari (la c.d. Stabilisierungsanordnung ai sensi dei §§ 49 ss. StaRUG). Infine, il tribunale di ristrutturazione omologa il piano di ristrutturazione approvato dalle parti interessate dal piano con la maggioranza richiesta ai sensi dei §§ 60 ss. StaRUG. Lo strumento della risoluzione giudiziale del contratto, originariamente previsto dalla procedura legislativa, non è diventato legge a seguito di aspre critiche da parte della dottrina[291]. 
Durante la procedura secondo lo StaRUG, il debitore mantiene generalmente il potere di gestire e disporre dei propri beni. Di norma, tuttavia, deve essere nominato un c.d. Restrukturierungsbeauftragter (professionista della ristrutturazione) che limita il margine di manovra del management nell’ambito della ristrutturazione[292]. Nelle procedure di ristrutturazione in corso, l’obbligo di presentare un’istanza di insolvenza ai sensi del § 15a InsO è sospeso. Tuttavia, il § 42 StaRUG prevede l’obbligo di notificare l’insolvenza o il sovraindebitamento al tribunale di ristrutturazione, che può successivamente revocare la procedura di ristrutturazione ai sensi del § 33, comma 2, n. 1 StaRUG.
2.2 . Ristrutturazione tramite l’Insolvenzplan all’interno della procedura di insolvenza “aperta”
Qualora si verifichi l’insolvenza (§ 17 InsO) o il sovraindebitamento (§ 19 InsO), la procedura di insolvenza prevista dall’Insolvenzordnung sostituisce lo Stabilisierungs- und Restrukturierungsrahmen (“quadro di stabilizzazione e ristrutturazione”) dello StaRUG
In linea di principio, l’Insolvenzordnung non fa distinzioni in base al tipo di debitore. Piuttosto, la procedura d’insolvenza può essere aperta sui beni di “qualsiasi persona fisica e giuridica”, ai sensi del § 11, comma 1, periodo 1, InsO. La legge tedesca non pone quindi la dimensione dell’impresa come requisito per l’accesso, a differenza, ad esempio, dell’art. 2, comma 1, lett. d, CCII. 
Tuttavia, l’ampia cerchia di debitori ammissibili all’insolvenza ai sensi dell’art. 11 InsO dispone solo in linea di principio di una procedura di insolvenza unitaria. Ad esempio, esistono procedure speciali per le successioni[293] e per le persone fisiche, le quali non sono imprenditori o che al massimo hanno gestito una piccola attività (“überschaubares Unternehmen”) che è già terminata al momento della presentazione della domanda[294]. Alla luce di queste esclusioni, la procedura di insolvenza unitaria dell’InsO riguarda quindi solo le insolvenze imprenditoriali[295]. 
Nella fase di apertura della procedura ai sensi dei §§ 11 ss. InsO, il tribunale decide se i requisiti per la procedura sono soddisfatti e può adottare misure protettive e cautelari per preservare la massa. L’apertura della procedura d’insolvenza richiede la presentazione di una domanda scritta al tribunale fallimentare competente ai sensi del § 13 InsO. In linea di principio, sia il debitore che i creditori hanno il diritto di presentare la domanda, fatti salvi gli ulteriori requisiti di cui ai §§ 14 e 15 InsO. La domanda del debitore deve essere accompagnata da un elenco dei creditori e dei loro crediti[296]. 
Lo strumento dell’Insolvenzplan è un tipo speciale di procedura nell’ambito della procedura di insolvenza unitaria. Nella procedura di Insolvenzplan, la maggioranza dei creditori decide una forma di soddisfacimento che si discosta dalla procedura ordinaria prevista dalla legge[297] e che, come nella procedura di liquidazione, può consistere in una liquidazione o in una vendita dell’impresa, ma può anche consistere in continuità aziendale diretta[298]. Secondo il § 218 InsO, il debitore e il curatore fallimentare, il quale può essere incaricato dai creditori, hanno il diritto di presentare una domanda di accesso all’Insolvenzplan. Nell’ambito della riforma del 1994, l’obiettivo principale del legislatore nel creare l’Insolvenzplan era quello di facilitare la ristrutturazione delle imprese di grandi dimensioni[299]. Tuttavia, la procedura non prevede specifiche soglie per l’accesso, la quale è aperta quindi in linea di massima anche per le PMI. Non esistono inoltre disposizioni particolari per la redazione del piano e il voto dei creditori. 
La procedura dell’Insolvenzplan è in gran parte parallela alle disposizioni del Restrukturierungsplan secondo lo StaRUG[300]. Entrambi i piani contengono una parte espositiva e una costitutiva[301], ed entrambi prevedono un requisito di parità di trattamento[302], il best-interest-of-creditors test[303], il voto di classe[304] e il divieto di ostruzionismo a condizioni sostanzialmente identiche[305]. Per l’adozione di un Insolvenzplan è richiesta la maggioranza semplice delle teste e dei totali di ciascuna classe, mentre il consenso di una classe contraria viene considerato fittizio a determinate condizioni[306]. Il piano approvato dalle parti interessate deve poi essere omologato dall’Insolvenzgericht (tribunale fallimentare), che verifica il rispetto delle disposizioni procedurali nonché del best-interest-of-creditors test[307]. 
Più in dettaglio, le regolamentazioni e gli interventi possibili attraverso l’Insolvenzplan vanno al di là di quelli del Restrukturierungsplan,. La procedura in sé è formalistica e può durare diversi mesi. Ciò significa che l’attività aziendale dovrebbe essere in grado di continuare durante la procedura, ossia essere redditizia anche con l’ onere dei costi a partire dall’apertura della procedura. I quorum richiesti per l’approvazione del piano da parte dei creditori ai sensi dei §§ 244 e ss. InsO, ossia la maggioranza semplice dei creditori di ciascuna classe e la possibilità di escludere le classi non consenzienti, sono significativamente inferiori a quelli richiesti per il Restrukturierungsplan
Nella prassi, per lungo tempo la procedura del l’Insolvenzplan non è stata in grado di soddisfare le aspettative legislative[308]. In questo contesto, l’ESUG del 2011 ha mirato in particolare ad ampliare e semplificare la procedura dell’Insolvenzplan[309]. Per quanto riguarda l’Insolvenzplan, infatti, l’ESUG viene generalmente considerato in dottrina come un successo che ha fatto finalmente arrivare l’Insolvenzplan nella prassi[310]. L’esperienza pratica ha dimostrato che l’Insolvenzplan non è limitato alle imprese più grandi, ma è in linea di principio aperto anche alle imprese più piccole[301]. Tuttavia, non si può negare che la procedura dell’Insolvenzplan comporti notevoli costi, che possono avere un effetto proibitivo soprattutto per le imprese più piccole[312]. 
3 . I connotati del Restrukturierungsplan
Il Restrukturierungsplan costituisce il fulcro dei preventive restructuring frameworks introdotti dal legislatore tedesco nel 2021 con lo StaRUG. Il piano permette al debitore di intervenire, con il consenso della maggioranza dei creditori, sulla propria situazione debitoria al fine di ristrutturare le proprie passività. Il piano di ristrutturazione è modellato sull’Insolvenzplan regolato nell’Insolvenzordnung, ma evidenzia importanti differenze rispetto a quest’ultimo. 
3.1 . Presupposti e condizioni per l’accesso
Come già visto, non è necessario che il procedimento sia formalmente aperto per utilizzare i singoli aiuti procedurali dello StaRUG, come nel caso delle procedure di insolvenza. Secondo il § 31 StaRUG, l’unico presupposto per l’utilizzo degli aiuti procedurali è la notifica del Restrukturierungsplan da parte del debitore al Restruk­turie­rungs­gericht (tribunale di ristrutturazione) competente. In genere, il progetto di ristrutturazione deve essere presentato con la notifica del Restrukturierungsplan ai sensi del § 31 StaRUG[313]. Con la notifica del Restrukturierungsplan, la procedura diventa pendente[314]. 
In linea di principio, il Restrukturierungsplan può essere utilizzato da qualsiasi debitore soggetto alla procedura di insolvenza ordinaria. Secondo il § 11 InsO, tutte le persone fisiche e giuridiche sono ammissibili alla procedura di insolvenza[315]. Tuttavia, le persone fisiche possono accedere al Restrukturierungsplan solo se svolgono un’attività imprenditoriale[316]. La disposizione del § 30 StaRUG serve a implementare i requisiti di cui all’art. 1 Direttiva 2019/1023 sul presupposto soggettivo dei preventive restructuring frameworks. L’esclusione dei consumatori dallo StaRUG, prevista dal § 30, comma 1, periodo 2, si basa sull’art. 1, comma 2, lettera h, Direttiva 2019/1023[317]. 
Il presupposto oggettivo per l’accesso a una ristrutturazione ai sensi dello StaRUG è che non si sia ancora verificata l’insolvenza dell’impresa, ma che vi sia solo una “drohende Zahlungsunfähigkeit” (insolvenza imminente) ai sensi del § 18, comma 2, InsO[318]. La drohende Zahlungsunfähigkeit attribuisce al debitore il diritto di presentare istanza di insolvenza (§§ 13, 16 InsO), ma non comporta l’obbligo di presentare istanza di insolvenza (§ 15a, comma 1, InsO). Essa viene valutata secondo gli standard stabiliti nell’ambito della procedura d’insolvenza[319]. Lo stato di “drohende Zahlungsunfähigkeit” deve essere distinto dallo stato di insolvenza (Zahlungsunfähigkeit) ai sensi del § 17 InsO e – se applicabile – dal sovraindebitamento (Überschuldung) secondo il § 19 InsO
Secondo il § 18, comma 2, periodo 1, InsO, un debitore rischia di diventare insolvente «se è probabile che non sia in grado di adempiere ai suoi obblighi di pagamento esistenti alla scadenza». Ai sensi del nuovo § 18, comma 2, periodo 2, InsO, introdotto contemporaneamente allo StaRUG, si deve utilizzare come base un periodo di previsione “generalmente” (“in aller Regel”) di 24 mesi[320]. La flessibilità insita nella norma consente di applicare un periodo di previsione diverso se le circostanze del singolo caso lo richiedono[321]. 
Con la decisione a favore della drohende Zahlungsunfähigkeit come unico presupposto oggettivo, il legislatore tedesco ha intenzionalmente rifiutato l’introduzione nuovi stati di crisi elaborati dalle scienze aziendalistiche, come la «crisi degli stakeholder» o la «crisi strategica» con rischi sufficientemente concreti per tutti i creditori[322]. 
L’insolvenza imminente, ai sensi del § 18, comma 2, InsO, sussiste se il confronto tra le passività che probabilmente saranno sostenute e le entrate previste nell’ambito di un piano finanziario, da redigere dal debitore, mostra che il verificarsi dell’insolvenza in un determinato momento è più probabile della sua prevenzione[323]. La differenza rispetto al sovraindebitamento sta essenzialmente nel periodo di previsione del probabile verificarsi dell’insolvenza: in caso di sovraindebitamento nei prossimi 12 mesi (§ 19, comma 2, periodo 1, InsO), in caso di insolvenza imminente generalmente nei prossimi 24 mesi (§ 18, comma 2, periodo 2, InsO). 
3.2 . Contenuti e finalità del piano di ristrutturazione
Dal punto di vista contenutistico, il Restrukturierungsplan, così come l’Insolvenzplan, è suddiviso in una parte espositiva e una costitutiva. Ai sensi del § 6 StaRUG, la parte espositiva descrive le basi e gli effetti del concreto Restrukturierungsplan e serve quindi per informare i “Planbetroffenen” (parti interessate dal piano)[324] e il tribunale di ristrutturazione. In particolare, deve essere effettuato un calcolo comparativo che mostri la posizione attesa delle parti interessate dal piano nel caso in cui il Restrukturierungsplan venga attuato rispetto alla loro posizione attesa nello scenario alternativo senza il piano[325]. 
La parte costitutiva ai sensi del § 7 StaRUG determina gli effetti legali del Restruk­turie­rungsplan. A seconda del contenuto regolatorio, il piano deve essere accompagnato da vari allegati che servono a fornire informazioni e contengono dichiarazioni supplementari da parte dei soggetti coinvolti[326]. In attuazione dell’art. 8, comma 2, Direttiva 2019/1023, il § 16 StaRUG prevede l’introduzione di una lista di controllo per il Restruk­turie­rungsplan adattata alle esigenze delle PMI[327]. 
In sede di redazione delle disposizioni relative al Restukturierungsplan ai sensi dello StaRUG, il legislatore è stato guidato dalle disposizioni sull’Insolvenzplan, la cui finalità è la soddisfazione di tutti i creditori. Lo scopo dello strumento del Restukturierungsplan, invece, è la ristrutturazione dell’impresa in una fase precoce, ovvero prima del verificarsi dell’effettiva insolvenza, il tutto senza pregiudicare l’operatività della stessa. Per questo motivo, la legge permette al debitore, a differenza dell’Insolvenzplan, di includere solo alcuni creditori o classi di creditori nel Restukturierungsplan, i c.d. Planbetroffenen (parti interessate dal piano). Gli altri creditori o classi di creditori, d’altra parte, non sono interessati dal piano e non partecipano né alla ristrutturazione né alla procedura giudiziale di votazione del piano. 
Allo stesso tempo, lo StaRUG fissa dei chiari limiti per quanto riguarda il contenuto del Restrukturierungsplan. Il piano, infatti, non può impattare sui crediti dei dipendenti comprese le pensioni[328]. Inoltre, crediti derivanti da contratti sinallagmatici possono essere ristrutturati solo se sono sorti per effetto di prestazioni contrattuali già eseguite[329]. È esclusa anche l’interferenza con i diritti di terzi – ad esempio la proprietà di terzi, beni locati o le licenze di diritti di proprietà di terzi –, così come è esclusa la cessazione di rapporti contrattuali non più graditi[330]. In generale, inoltre, nessun creditore deve trovarsi in una situazione peggiorativa per effetto del piano, vale a dire una soddisfazione inferiore, rispetto alla situazione in cui si troverebbe e quindi alla soddisfazione che riceverebbe in assenza di un piano. 
Al di fuori delle esclusioni regolate dal legislatore, il debitore è sostanzialmente libero di scegliere quali creditori intende coinvolgere nel Restrukturierungsplan e in quale modo. È possibile che il piano preveda rinunce – anche parziali – ai crediti, la proroga delle scadenze e anche la modifica dei termini contrattuali[331]. Gli unici limiti sono dati dall’obbligo di prevedere la parità di trattamento all’interno delle classi[332] da un lato e la fattibilità del piano dall’altro lato. Il debitore deve avere la certezza che le misure contenute nel piano siano idonee a garantire il raggiungimento della finalità del piano, ovvero il risanamento dell’azienda, e nel contempo ottenere la maggioranza del 75% dei creditori in tutte le classi previste[333]. 
Il Restrukturierungsplan impatta principalmente sulla struttura finanziaria e sulle garanzie che il debitore ha concesso personalmente o sui suoi beni per garantire le obbligazioni di pagamento. I crediti soggetti a ristrutturazione (le c.d. Restrukturierungsforderungen ai sensi del § 2, comma 1, n. 1, StaRUG) possono, per esempio, essere differiti o anche (parzialmente) rinunciati. Allo stesso tempo, le garanzie concesse dal debitore possono essere modificate o estese in termini di tempo, ovvero ampliate nelle condizioni e nell’oggetto oppure prevedere l’ampliamento dello scopo di garanzia, ad esempio al fine di garantire nuova finanza concessa nell’ambito del piano. Il Restrukturierungsplan può anche convertire le passività in diritti di natura societaria (debt-to-equity swap), liberando così le garanzie originariamente concesse per le passività convertite, il tutto con contestuale compressione dei diritti azionari e dei soci. 
Un’altra novità dello StaRUG è che permette la ristrutturazione di ulteriori condizioni contrattuali. Ciò vale per i rapporti giuridici multilaterali tra il debitore e una pluralità di creditori, per gli strumenti di debito ai sensi del § 2, comma 1, n. 3, Wertpapier­handels­gesetz, per gli accordi a condizioni identiche con una pluralità di creditori nonché per gli accordi tra creditori in materia di esecuzione o sul grado dei crediti soggetti a ristrutturazione e dei relativi diritti di garanzia. Le norme riguardano complesse strutture di finanziamento di qualsiasi forma e permettono di intervenire, per mezzo del piano, su tutte le disposizioni contrattuali, ad esempio cambiando i covenant finanziari, le condizioni generali del contratto, il diritto di risoluzione, le penali ecc. 
Inoltre, il Restrukturierungsplan può intervenire sulle garanzie che sono state concesse ai creditori non dal debitore stesso, ma da una società collegata al debitore (garanzie di terzi infragruppo). Le società collegate possono così essere liberate da garanzie, pegni o altri collateral fornite a favore dei creditori del debitore senza dover essere assoggettate esse stesse ad una procedura di ristrutturazione in qualità di debitori. Questo intervento deve, ovviamente, essere adeguatamente compensato nei confronti del creditore. 
In particolare, le possibilità di ristrutturare singole disposizioni nei rapporti giuridici multilaterali come pure le garanzie concesse infragruppo aprono al debitore nello StaRUG ampie possibilità di riorganizzare in particolare le strutture di finanziamento. Nel fare ciò, la selezione delle parti interessate dal piano deve, ovviamente, essere fatta in modo appropriato. Il debitore non può arbitrariamente ridurre i diritti dei singoli creditori e lasciare gli altri inalterati, posto che diversamente pregiudicherebbe le probabilità di approvazione del piano e l’omologa giudiziaria. 
Questa circostanza fa sì che il debitore debba dettagliatamente esporre nel Restrukturierungsplan la convenienza della proposta posta alla base del piano. L’esposizione del “miglior soddisfacimento dei creditori” costituisce per questo motivo la parte centrale del Restrukturierungsplan che è da includere nella sua parte espositiva[334]. In buona sostanza il debitore deve mettere a confronto, per tutti i Planbetroffenen (parti interessate dal piano), i risultati dello stesso con lo scenario che sarebbe prevedibile senza piano. In questo contesto, il legislatore ha precisato che ove il piano preveda la continuità aziendale, anche lo scenario alternativo deve essere basato sulla continuità aziendale. In questo modo il legislatore intende evitare che il debitore faccia leva sullo scenario liquidatorio tipicamente svantaggioso per i creditori, al fine di ottenere maggiori rinunce dalle parti interessate dal piano[335]. 
Lo StaRUG non chiarisce in quale modo lo scenario alternativo in continuità deve essere accertato, motivo per il quale è necessario fare riferimento alle previsioni nell’art. 2, comma 1, n. 6 Direttiva 2019/1023 che impone «la verifica (...) che nessun creditore dissenziente uscirà dal piano di ristrutturazione svantaggiato rispetto a come uscirebbe in caso di liquidazione se fosse applicato il normale grado di priorità di liquidazione a norma del diritto nazionale (...), oppure nel caso del migliore scenario alternativo possibile se il piano di ristrutturazione non fosse omologato». Pertanto, i risultati del piano di ristrutturazione devono essere confrontati con lo scenario che, sulla base delle circostanze del caso concreto di volta in volta accertate, sarebbe, in alternativa quello più probabile. 
Al fine di convincere i creditori della bontà del piano e per ridurre così il rischio di soccombenza in caso di impugnazione da parte di un creditore dissenziente, il debitore dovrà quindi determinare la possibile alternativa – cioè, la continuità diretta o indiretta senza procedura di ristrutturazione e/o di insolvenza, l’Insolvenzplan oppure la vendita dell’azienda da parte del curatore fallimentare – e valutare la stessa tenendo conto dei valori di mercato. 
In questo contesto si pone il quesito se si renda necessario condurre un test di mercato per la vendita dell’azienda nell’ambito di una c.d. procedura dual track, al fine di determinare un prezzo di vendita realisticamente raggiungibile. Tuttavia, una tale pretesa contrasterebbe con la possibilità prevista dalla legge di gestire il processo di ristrutturazione ai sensi della StaRUG con la minor pubblicità possibile. Inoltre, questo potrebbe comportare ritardi che metterebbero in pericolo l’obiettivo della ristrutturazione e comporterebbe, infine, costi aggiuntivi evitabili. Una valutazione di mercato da parte di un esperto adeguatamente qualificato, idealmente con esperienza in distressed M&A, dovrebbe quindi essere sufficiente a creare la trasparenza necessaria per la possibile alternativa “vendita dell’azienda”[336].
3.3 . Il ruolo dei creditori
Il tribunale di ristrutturazione può, su istanza del debitore e in conformità al § 45 StaRUG, tenere un’udienza di discussione e votazione del Restrukturierungsplan. In alternativa, le trattative con i creditori e la votazione del piano possono essere gestiti sotto la regia esclusiva del debitore[337]. L’intervento del tribunale, infatti, è necessario solo se, e nella misura in cui, il debitore voglia avvalersi degli strumenti previsti nel sistema modulare dello StaRUG, in particolare quando il debitore intenda dare esecuzione ad un piano adottato non all’unanimità, ma solo a maggioranza, pari ad almeno il 75% dei creditori[338].
La votazione avviene per classi, con la necessità di una maggioranza qualificata di tre quarti in ciascuna classe[339]. Inoltre, il § 26 StaRUG prevede a determinate condizioni la possibilità di un cross-class cram-down e serve ad attuare l’art. 11 Direttiva 2019/1023[340]. Ai sensi del § 26, comma 1, n. 2, un’approvazione fittizia della classe dissenziente richiede, tra l’altro, che i membri della classe dissenziente ricevano una “angemessene Beteiligung” (quota adeguata) del valore economico del piano. Il § 27, comma 1, StaRUG specifica ora la caratteristica della “quota adeguata” in linea con il modello del § 245, comma 2, InsO e implementa i requisiti dell’art. 11, comma 1, primo periodo, lett. c) e d) e comma 2, Direttiva 2019/1023[341].
In questo modo, il legislatore segue il principio della regola della priorità assoluta, sancito anche nell’Insolvenzplan dal § 245, comma 1, n. 2, comma 2, InsO, ma consente violazioni selettive alle condizioni del § 28 StaRUG in conformità con la facoltà prevista dall’art. 11, comma 2, secondo periodo, Direttiva 2019/1023. In base alla regola della priorità assoluta, nessun altro creditore interessato dal piano può ricevere più dell’intero importo del suo credito (§ 27, comma 1, n. 1, StaRUG), gli interventi sono consentiti solo se il loro rango ai sensi dell’Insolvenzordnung è preservato (§ 27, comma 1, n. 2, StaRUG) e le altri parti interessate dal piano che hanno lo stesso rango dei creditori della classe non possono ricevere una soddisfazione migliore (§ 27, comma 1, n. 3, StaRUG). Oltre al § 28 StaRUG, anche il § 27, comma 2, StaRUG prevede eccezioni strettamente definite alla regola della priorità assoluta per certi detentori di strumenti di capitale.
È facoltà del debitore sottoporre il Restrukturierungsplan al vaglio del tribunale di ristrutturazione per un esame preliminare ai sensi dei §§ 46 ss. StaRUG, prima che lo stesso venga sottoposto definitivamente al voto delle parti interessate dal piano. La finalità della verifica preliminare è evidentemente quella di ridurre il rischio che il tribunale possa ritenere non “omologabile” ai sensi dei §§ 60 ss. StaRUG. Il tribunale convoca i creditori interessati dalle disposizioni del piano con un preavviso di 7 giorni, precisando che l’udienza si terrà anche in assenza dei creditori convocati. È facoltà del tribunale incaricare il debitore della notifica delle convocazioni.
Ai sensi del § 46, comma 2, StaRUG il tribunale riassume le risultanze della verifica preliminare in un decreto. Detto decreto non ha natura vincolante per il prosieguo della procedura, ma il tribunale è tenuto a informare le parti tempestivamente e a concedere termini per repliche, ove dovesse, in un secondo momento, intendere discostarsi dalle posizioni originariamente assunte. Quindi la verifica preliminare relativa a un piano sufficientemente concretizzato conferisce un ragionevole grado di certezza alle parti coinvolte. Il § 48 StaRUG dispone che i creditori interessati dal piano vengano sentiti nell’ambito dell’esame preliminare. All’esito dell’esame il tribunale redige un decreto che riassume le risultanze, sempre senza natura vincolante. Il § 48, comma 2, StaRUG pone tempi stretti al tribunale e prevede che il decreto venga pubblicato di norma entro due settimane dall’istanza ovvero dall’audizione dei creditori. Tale termine è soggetto a proroga solo ove il Restrukturierungsplan sia particolarmente complesso.
3.4 . Eteronomia giudiziale
Se il Restrukturierungsplan ottiene le maggioranze necessarie, il debitore può fare istanza affinché il tribunale lo omologhi[342]. A differenza dell’Insolvenzplan, che deve essere omologato dal tribunale fallimentare ai sensi del § 248 InsO, il Restrukturierungsplan generalmente non richiede l’omologazione del tribunale. Ciò è una conseguenza del principio del minimo coinvolgimento del tribunale perseguito dalla Direttiva 2019/1023[343]. In questo modo si rafforza ulteriormente l’autonomia delle parti coinvolte rispetto alle disposizioni della procedura di insolvenza che regolano, come visto, in particolare la procedura di omologazione del piano. Le parti coinvolte non solo dovrebbero essere in grado – secondo l’intenzione del legislatore – di decidere il contenuto del piano nell’ambito di un procedimento giudiziario, come nel caso dell’Insolvenzplan, ma dovrebbero anche essere in grado di votare il piano in via extragiudiziale secondo le modalità stabilite dal debitore. 
Lo scopo della domanda di omologazione del Restrukturierungsplan è quello di vincolare tutte le parti interessate dal piano, comprese le parti interessate dal piano che hanno votato contro il piano ma erano in minoranza nella loro classe e quindi non potevano impedire la sua adozione[344], così come le parti interessate dal piano in una classe dissenziente soggetto a un cross-class cram-down ai sensi del § 26 StaRUG[345]. Questo effetto vincolante può essere raggiunto solo tramite l’omologazione del piano da parte del tribunale di ristrutturazione[346]. Da un punto di vista procedurale, l’omologazione del Restrukturierungsplan da parte del tribunale richiede che siano stati rispettati i requisiti di legge relativi al contenuto e alla procedura ai sensi dei §§ 5 ss. StaRUG e che sussista effettivamente il presupposto oggettivo dell’insolvenza imminente[347]. Inoltre, i crediti assegnati alle parti interessate dal piano nella parte costitutiva del piano e i crediti degli altri creditori non interessati dal piano non devono essere manifestamente impossibili da soddisfare[348]. 
L’omologazione del Restrukturierungsplan, che non sia già mancata a causa dei motivi di rifiuto di cui al § 63 StaRUG, può essere impedita da un’istanza ai sensi del § 64 StaRUG. Infatti, tutti i creditori dissenzienti i cui crediti sono interessati dal piano possono impugnare l’omologazione giudiziale del piano contestando la convenienza dello stesso nella misura in cui l’attuazione del piano comporterebbe una situazione peggiorativa, vale a dire una soddisfazione inferiore, rispetto ad una situazione caratterizzata dall’assenza di un piano, § 64 StaRUG[349]. Questa tutela delle minoranze è una delle due giustificazioni rilevanti che possono essere avanzate per giustificare gli interventi del Restrukturierungsplan[350]. Nel caso di un’istanza ai sensi del § 64 StaRUG, il tribunale deve verificare se il Restrukturierungsplan è suscettibile di mettere la parte interessata dal piano in una posizione peggiore rispetto a quella in cui si troverebbe senza il piano (c.d. “Schlechterstellungsverbot”). Poiché il debitore può prevedere solo in misura limitata il voto delle parti interessate dal piano, e in particolare non sa se una parte interessata dal piano presenterà istanza ai sensi del § 64 StaRUG, deve pianificare il Restrukturierungsplan e la sua accettazione fin dall’inizio in modo tale che il piano possa poi essere portato a termine con successo attraverso la procedura di omologazione.
4 . L’accertamento della Zahlungsunfähigkeit (“stato di insolvenza”) come spartiacque tra la ristrutturazione preventiva e la procedura di insolvenza
Qualora il debitore sia insolvente, cioè “zahlungsunfähig”[351] o “überschuldet”[352], la procedura di insolvenza è obbligatoria[353]. Lo StaRUG prevede delle eccezioni solo nei casi di transizione dalla ristrutturazione alla procedura d’insolvenza in cui la maturazione dell’insolvenza avviene in un momento in cui i frutti della ristrutturazione stanno per essere raccolti[354]. In questo caso, lo StaRUG prevale sulla procedura di insolvenza. Inoltre, se è stata emessa una “Stabilisierungsanordnung” (ordine di stabilizzazione) ai sensi del § 33, comma 3 e del § 59, comma 3 StaRUG, la procedura di ristrutturazione può essere mantenuta dal tribunale come procedura cautelare per un periodo massimo di tre settimane, al fine di stabilire un collegamento con la procedura di insolvenza da aprire[355]. 
A differenza delle procedure di ristrutturazione previste dallo StaRUG, che possono riguardare anche solo una parte dei creditori, gli interessi di tutti i creditori sono messi a repentaglio dal momento in cui si verifica l’insolvenza causata dall’illiquidità o dal sovraindebitamento, motivo per cui è necessaria una procedura complessiva per gestire l’insolvenza[356]. I presupposti oggettivi di insolvenza ai sensi del § 17 InsO e per sovraindebitamento secondo il § 19 InsO sono del tutto equivalenti tra loro e non dipendono l’uno dall’altro, in quanto hanno punti di contatto diversi. 
Il sovraindebitamento è legato a una valutazione della situazione finanziaria e del suo sviluppo nel periodo di previsione. Secondo il § 19, comma 2, InsO, il sovraindebitamento sussiste se «il patrimonio del debitore non copre più le passività esistenti, a meno che la continuità aziendale nei dodici mesi successivi in tali circostanze sia prevalentemente probabile»[357]. In termini di tutela dei creditori, si tratta quindi di stabilire se, in base alla pianificazione della futura situazione di liquidità dell’impresa, siano disponibili le risorse finanziarie necessarie per il servizio delle passività dovute in ciascun caso. La prognosi di continuità aziendale si compone dell’intenzione soggettiva di continuare a operare come impresa in attività e di due elementi oggettivi, ossia un piano aziendale e un piano finanziario basato su di esso[358]. 
L’insolvenza, invece, si basa su uno stato di liquidità legato al tempo e al breve periodo di tre settimane[359]. Secondo il § 17, comma 2, InsO, il debitore è insolvente se «non è in grado di adempiere agli obblighi di pagamento dovuti». Di norma, l’insolvenza è data se il debitore ha smesso di effettuare i pagamenti[360]. Nel piano finanziario, le passività rilevanti devono essere confrontate con i fondi liquidi disponibili. In linea di principio, le passività devono essere iscritte al loro valore nominale e le disponibilità liquide al loro valore contabile[361]. In diverse decisioni, il Bundesgerichtshof ha sviluppato criteri per distinguere l’insolvenza da una semplice carenza di liquidità. Lacune di liquidità molto lievi, pari a pochi punti percentuali, non costituiscono un motivo per affermare l’apertura di una procedura d’insolvenza. La giurisprudenza ha stabilito la soglia del 10% o più per un deficit di liquidità che giustifica l’insolvenza, che il debitore non può colmare entro tre settimane, a meno che non si possa prevedere con una probabilità che rasenta la certezza che il deficit di liquidità sarà presto completamente o quasi completamente eliminato e che i creditori possano ragionevolmente aspettare in base alle circostanze particolari del singolo caso[362]. 
Per aprire una procedura d’insolvenza ai sensi del § 18 InsO (drohende Zahlungsunfähigkeit) è necessario che i criteri per l’insolvenza specificati nel § 17, comma 2, InsO siano probabili[363]. I ritardi temporanei nei pagamenti e le lacune di liquidità molto lievi non sono presi in considerazione in questa valutazione. “Voraussichtlich” ai sensi del § 18, comma 2, InsO significa prevalentemente probabile. Si devono prendere in considerazione le circostanze del singolo caso. Il presupposto di Zahlungsunfähigkeit interagisce strettamente con quello di drohende Zahlungsun­fähig­keit, poiché entrambi sono legati a un bilancio di liquidità. Tuttavia, la differenza fondamentale è il periodo di riferimento per determinare l’insolvenza. Mentre è di sole tre settimane nel caso dell’insolvenza, è generalmente di 24 mesi nel caso dell’insolvenza imminente[364]. 
Ciò significa che in caso di insolvenza imminente, il debitore (non i creditori) ha la possibilità di scegliere tra la ristrutturazione preventiva ai sensi dello StaRUG e la riorganizzazione nell’ambito della procedura di insolvenza[365]. Questa facoltà di scelta, tuttavia, termina quando l’impresa è già insolvente o sovraindebitata. La combinazione tattica dell’apertura di una procedura di insolvenza in amministrazione in proprio (Eigenverwaltung) parallelamente a una procedura di ristrutturazione giudiziaria è esclusa a causa del rapporto alternativo. Le procedure di ristrutturazione già in corso devono essere annullate dal tribunale al verificarsi dell’insolvenza o del sovraindebitamento[366]. 
5 . Alternatività tra le procedure di ristrutturazione e di insolvenza in stato di drohende Zahlungsunfähigkeit (“insolvenza imminente”)
In una situazione di “insolvenza imminente”, il legislatore tedesco concede quindi al debitore il diritto di scegliere tra la procedura prevista dallo StaRUG e quella dell’InsO. A questo punto, entrambi gli strumenti normativi sono equiparati. In questo contesto, l’introduzione dello StaRUG e la scelta che esso apre ha sostanzialmente abbandonato l’idea del cosiddetto “Einheitsverfahren” (procedimento unitario)[367]. Nel sistema dualistico, i debitori possono ora scegliere autonomamente quale strada seguire a determinate condizioni. Come si è visto, la procedura d’insolvenza può essere utilizzata dal debitore anche come procedura di ristrutturazione, principalmente sotto forma di amministrazione in proprio[368] abbinata a un Insolvenzplan[369].
Nel creare la nuova procedura, il legislatore non ha manifestato alcuna preferenza per il risanamento nell’ambito dell’uno o dell’altro regime normativo[370]. Di contro, la concezione ampiamente parallela del Restrukturierungsplan e dell’Insolvenzplan mira a garantire che la scelta tra la procedura dell’Insolvenzplan e il Restrukturierungsplan sia influenzata da differenze nella concezione che non possono essere attribuite a «ragioni oggettive impellenti»[371]. A differenza della definizione oggettiva di cui al § 29, comma 1, StaRUG, che pone l’accento sull’interesse del debitore alla riduzione del debito, la procedura di insolvenza non persegue lo scopo primario o prevalente di preservare un’impresa gestita dal debitore. § 1 InsO, che pone l’accento sull’interesse del creditore al miglior soddisfacimento possibile, continua ad applicarsi nonostante la mutata situazione sistematica a seguito dell’introduzione dello StaRUG[372].
La scelta della procedura alternativa è lasciata alla decisione autonoma del debitore, così come spetta alla decisione autonoma della maggioranza dei creditori di seguire o meno la strada prescelta. A questo proposito, il legislatore ritiene che le strutture basate sul mercato dovrebbero portare al miglior risultato economico complessivo[373]. Nella scelta tra le due alternative procedurali, il debitore deve soppesare gli obiettivi che persegue e la misura in cui gli strumenti ne favoriscono l’attuazione.
Il Restrukturierungsplan previsto dallo StaRUG è stato concepito per essere particolarmente adatto alla ristrutturazione finanziaria precoce[374]. Il debitore mantiene il controllo della gestione operativa, nonché della procedura, il che offre al management un ulteriore incentivo a segnalare la questione della ristrutturazione in una fase precoce. L’impresa debitrice può mantenere le proprie attività operative durante la procedura nel miglior modo possibile, ad esempio escludendo clienti e fornitori e concentrando la ristrutturazione sui creditori finanziari. Il Restrukturierungsplan può essere utilizzato per ristrutturare non solo i crediti, ma anche i termini contrattuali dei rapporti giuridici multilaterali, il che offre al debitore ulteriori opportunità per organizzare la continuazione delle attività. Oltre alla riorganizzazione finanziaria, la procedura di ristrutturazione può essere utilizzata anche per risolvere le controversie tra i soci nell’interesse della conservazione dell’impresa debitrice[375].
Per quanto riguarda la selezione delle parti interessate dal piano e la progettazione del Restrukturierungsplan, il debitore dispone della massima flessibilità[376]. Un Restrukturierungsplan è quindi particolarmente adatto ai casi in cui il debitore può essere sicuro del consenso della maggioranza dei creditori da includere senza che la continuazione dell’attività sia significativamente compromessa dalle parti dissenzienti. Inoltre, è possibile ottenere un cross-class cram-down nel contesto della votazione, per mezzo del quale le singole parti che impediscono l’accordo possono essere sottoposte al Restrukturierungsplan[377]. Il danno alla reputazione del debitore, inoltre, può essere ridotto al minimo nella procedura secondo lo StaRUG, con la prospettiva di uscirne rafforzati come partner solvibile[378].
Ciononostante, deve anche essere chiaro che la cassetta degli attrezzi della nuova legge non comprende alcuni strumenti di ristrutturazione disponibili soltanto nella procedura di insolvenza. Così, ad esempio, l’amministrazione in proprio (Eigenverwaltung) all’interno della procedura dell’Insolvenzplan sarà regolarmente la prima scelta per i debitori che, oltre alla ristrutturazione finanziaria, cercano anche di riorganizzare le loro operazioni commerciali e che per questo processo fanno affidamento su una stabilizzazione efficace[379]. La procedura di insolvenza, infatti, è caratterizzata da meccanismi di protezione forti e indeterminati che intervengono automaticamente a favore del debitore fin dall’apertura della procedura.
Il Restrukturierungsplan non sarà generalmente lo strumento di scelta quando si tratta di ristrutturazione operativa. In questo caso, la procedura d’insolvenza è spesso l’opzione migliore, a maggior ragione se è necessario intervenire a livello operativo, anche perché l’Insolvenzordnung consente di intervenire sui contratti pendenti tramite i §§ 103 ss. InsO e facilita le misure relative ad eventuali dipendenti. In questo modo, i contratti economicamente sfavorevoli possono essere risolti, il che per molti debitori sarà un vantaggio decisivo rispetto al Restrukturierungsplan perché, se è prevedibile che le nuove passività in misura considerevole derivanti da contratti svantaggiosi renderanno di conseguenza impossibile l’obiettivo di una ristrutturazione sostenibile, quest’ultima non sarà di regola possibile[380]. 
6 . Esperienza pratica. Inquadramenti di sistema e lacune
La legge sul Stabilisierungs- und Restrukturierungsrahmen für Unternehmen (StaRUG), che ha introdotto il Restrukturierungsplan, ha fatto il suo ingresso nel panorama giuridico tedesco in un momento assai difficile. La nuova procedura, infatti, ha visto la luce nel pieno di un’economia indebolita dalla pandemia di Covid-19: per evitare un’ondata di insolvenze, il legislatore è intervenuto ampiamente con alcune misure di politica economica. In primo luogo, è stato sospeso l’obbligo di presentare istanza di insolvenza ai sensi del § 15a InsO e del § 42, comma 2, BGB[381]. Ciononostante, l’economia non è riuscita a riprendersi una volta che la pandemia si è attenuata. Al contrario, anche la guerra in Ucraina ha avuto il suo ben noto impatto sull’economia tedesca. Dal punto di vista italiano, si possono ricordare le riforme dal 2005 al 2007 con un’introduzione altrettanto difficile, quando il nuovo sistema fu sottoposta al primo stress test durante la crisi finanziaria iniziata nel 2008.
Alla luce di ciò, forse non è del tutto sorprendente che la nuova procedura non sia ancora riuscita ad attecchire nei tribunali tedeschi a più di tre anni dalla sua introduzione. Così come nel primo anno sono stati presentati solo 22 progetti StaRUG (di cui solo quattro conclusi con un Restrukturierungsplan), anche nel secondo anno si sono registrati dati simili[382]. Che lo StaRUG sia l’unica legge che ha più commenti giuridici che casi di applicazione pratica è ormai un detto comune (anche se non più valido). Per gli anni 2023 e 2024 non sono ancora disponibili statistiche affidabili. Tuttavia, il fatto che le statistiche complessive sull’insolvenza siano tornate al (o abbiano superato il) livello pre-Covid suggerisce che anche la procedura di ristrutturazione prevista dallo StaRUG viene utilizzata sempre più spesso[383]. Parimenti, la maggioranza delle voci in dottrina e le ultime pronunce dei tribunali di ristrutturazione indicano un costante aumento dell’importanza del Restrukturierungsplan [384]. 
In relazione alle (poche) pronunce pubblicate sul Restrukturierungsplan, lo strumento viene spesso descritto come efficace e praticabile[385]. Tuttavia, il fatto che il Restrukturie­rungs­plan non sia ancora arrivato nella pratica è attribuito anche a carenze nel suo contenuto. In primo luogo, viene sempre menzionata la mancanza di un’opzione di risoluzione del contratto nello StaRUG paragonabile ai §§ 103 ss. InsO, a causa della quale molte ristrutturazioni continuerebbero a svolgersi nell’ambito dell’Insolvenz­ordnung[386]. Come noto, il legislatore tedesco aveva esplicitamente previsto tale possibilità di risoluzione del contratto all’inizio del processo legislativo[387]. A causa di dubbi sulla praticabilità della disposizione («non ammissibile ... se (la risoluzione del contratto) non è manifestamente adeguata»), la possibilità di risoluzione non è stata infine introdotta[388]. Un modo per rispondere a queste preoccupazioni riformando lo StaRUG potrebbe essere quello di affidare ai creditori interessati la decisione sull’opportunità di risolvere il contratto[389]. 
Una valutazione affidabile dell’idoneità del Restrukturierungsplan nella pratica sarà probabilmente possibile solo nel prossimo futuro, una volta superate le difficoltà iniziali. Tuttavia, non si può escludere che il legislatore colga la cauta accoglienza nella pratica come un’opportunità per intervenire sul contenuto dello strumento. Una parte della dottrina teme inoltre che la mancanza di opzioni di risoluzione per i contratti ai sensi dello StaRUG possa pregiudicare la Germania come destinazione per ristrutturazioni[390]. 
Nel valutare la praticabilità dello StaRUG e del suo fulcro, il Restrukturierungsplan, occorre prestare particolare attenzione alle PMI. È noto, infatti, che le piccole[391] e medie imprese costituiscono il settore economico più grande di ogni economia, sia nei Paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo, e svolgono un ruolo significativo a livello mondiale[392]. Ciò vale in particolare per il sistema economico tedesco, in cui il settore del “gewerblicher Mittelstand” è tradizionalmente considerato il “motore della crescita”[393]. Il termine generico delle “micro, piccole e medie imprese (PMI)”, secondo la legislazione europea, comprende aziende che caratterizzano la realtà economica in modi molto diversi. La gamma della definizione è ovviamente ampia: dalle microimprese con un massimo di 9 dipendenti e un fatturato annuo di 2 milioni di euro, alle piccole imprese con un massimo di 49 dipendenti e un fatturato annuo di 10 milioni di euro, alle medie imprese con un massimo di 249 dipendenti e un fatturato annuo di 50 milioni di euro[394]. 
Sulla base di questa definizione europea, nel 2021 la stragrande maggioranza (99,3%) delle imprese tedesche era costituita da PMI[395], poco meno di 3,2 milioni, secondo l’ultima analisi dello Statistisches Bundesamt. Di queste, 2,6 milioni sono considerate microimprese, mentre sono state contate circa 20.800 grandi aziende. Le statistiche 2021 dell’Ufficio federale di statistica mostrano inoltre che il 56% dei 38,4 milioni di dipendenti lavorava in piccole e medie imprese. Circa il 19% delle persone era impiegato in microimprese, il 21% in piccole aziende e un ulteriore 17% in aziende di medie dimensioni. In termini di fatturato, tuttavia, dominano le grandi imprese. Le piccole e medie imprese sono state produttrici solo del 29% del fatturato nel 2021.
Questo rapporto numerico tra PMI e grandi aziende si riflette anche nelle statistiche tedesche sull’insolvenza. La maggior parte delle insolvenze aziendali è rappresentata da microimprese come definite dall’Unione Europea. Per classe di dimensione dei dipendenti[396], questa quota era dell’85,8% nel 2023, mentre le grandi aziende con più di 250 dipendenti rappresentavano solo lo 0,5% delle insolvenze nello stesso periodo[397]. Alla luce di queste statistiche, che trovano conferma in tutta l’Unione Europea[398], non sorprende che le PMI siano sempre più al centro dell’attenzione dei legislatori, sia a livello nazionale che internazionale. Non da ultimo, nel contesto della Direttiva 2019/1023, il legislatore europeo ha pensato in particolare alle PMI, per le quali le procedure di ristrutturazione «a basso costo» dovevano essere rese accessibili in tutta l’Unione Europea[399]. 
Come visto, il sistema concorsuale tedesco è tradizionalmente aperto a tutti i debitori (c.d. “Jedermanns-Konkurs”), senza prevedere soglie specifiche per l’accesso alla procedura[400]. La Direttiva 2019/1023 ha prestato particolare attenzione alle piccole e medie imprese, le quali, secondo il legislatore, «specialmente quando versano in difficoltà finanziarie, spesso non dispongono delle risorse necessarie per sostenere gli alti costi di ristrutturazione e beneficiare delle procedure di ristrutturazione più efficienti disponibili solo in alcuni stati membri»[401]. Conseguentemente, fino ad ora le PMI sono state liquidate piuttosto che ristrutturate, dovendo sostenere costi sproporzionatamente più elevati rispetto alle imprese più grandi. L’armonizzazione della legislazione mira a rimuovere questi ostacoli all’esercizio della libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei capitali. Inoltre, la Direttiva 2019/1023 prevede la creazione di sistemi specifici di early warning che avvertano i debitori quando è necessario intervenire con urgenza, «tenendo conto delle risorse limitate a disposizione delle PMI per l’assunzione di esperti»[402]. 
Non sono ancora disponibili statistiche sufficientemente affidabili per rispondere alla domanda empirico-giuridica se il Stabilisierungs- und Restruk­tu­rierungs­rahmen sia effettivamente utilizzato dalle PMI nella misura sperata. È noto che lo StaRUG, entrato in vigore in un contesto economico complesso, non è stato in grado di soddisfare le grandi aspettative nei primi anni[403]. Alla domanda tecnico-giuridica se gli strumenti del Stabilisierungs- und Restruk­tu­rierungs­rahmen siano in linea di principio accessibili alle PMI va data una risposta affermativa. Secondo la relazione introduttiva alla legge, infatti, il legislatore ha addirittura pensato esplicitamente alle PMI quando ha concepito il Abstimmungsverfahren (la procedura di voto) giudiziario e il ruolo del Restruk­turie­rungsbeauftragten[404]. Ciononostante, il Stabilisierungs- und Restruk­tu­rierungs­rahmen è stato criticato in dottrina come troppo complesso per le PMI, in particolare per quanto riguarda la presentazione della domanda di apertura e lo svolgimento dei procedimenti[405]. 
Nell’ambito del Restrukturierungsplan, il legislatore tedesco non ha quindi previsto alcuna agevolazione per le PMI in termini di contenuti, sebbene la Direttiva abbia più volte concesso un margine di manovra[406]. Il risultato è un Restrukturierungsplan che stabilisce già requisiti elevati per l’accesso alla procedura e, in relazione a ciò, crea una notevole necessità di consulenza. Si può dubitare che l’auspicata semplificazione della procedura per le PMI, ottenuta esclusivamente attraverso la checklist e il coordinamento del voto da parte del tribunale, sia in grado di superare questi ostacoli all’accesso, anche alla luce dell’esperienza maturata nelle procedure dell’Insolvenzplan[407].
1 . I preventive restructuring frameworks tra autonomia negoziale e concorsualità
Quanto fino a ora esposto ha dimostrato che i sistemi italiano e tedesco sono in parte armonizzati a seguito dell’attuazione dei preventive restructuring frameworks, ma continuano a presentare numerose differenze, sia in termini di sistema che di contenuto. Le differenze iniziano già in partenza, nella misura in cui il legislatore tedesco si è espresso a favore dell’introduzione di un unico, nuovo strumento, mentre il legislatore italiano lo ha ampiamente attuato nell’ambito della pluralità strumentale esistente, soprattutto nel concordato preventivo in continuità aziendale. Procediamo dunque a ricapitolare le analogie e le differenze che sono emerse.
1.1 . Rapporto di genere a specie o dicotomia? Il binomio crisi-insolvenza tra tradizione e armonizzazione
Una differenza fondamentale tra l’ordinamento tedesco e quello italiano si coglie fin dal momento dell’apertura dei preventive restructuring frameworks in questione: mentre un ordinamento (quello tedesco) consente la ristrutturazione preventiva solo in caso di insolvenza imminente e, se l’insolvenza si è già verificata, può essere avviata solo una procedura concorsuale ordinaria, l’altro ordinamento (quello italiano) ha sottoposto tutti i preventive restructuring frameworks a presupposti alternativi dello stato di crisi o di insolvenza. Come si vedrà meglio in seguito, gli effetti sistematici di queste rispettive decisioni sono notevoli, sia per quanto riguarda i rispettivi strumenti, sia per quanto riguarda la struttura complessiva del sistema concorsuale. 
La Direttiva 2019/1023, che rappresenta il punto di partenza di questi diversi orientamenti sistematici, ha lasciato la definizione di “likelihood of insolvency” e di “insolvency” al diritto nazionale[408]. Per quanto riguarda la definizione di “crisi” e “drohende Zahlungsunfähigkeit”, prima facie si osserva una decisione tanto fondamentale quanto differente dei due legislatori. Fino all’introduzione dello SanInsFoG nel 2020[409], infatti, la durata del periodo di previsione della drohende Zahlungsunfähigkeit era molto controversa[410]. Con la nuova disposizione del § 18, comma 2, periodo 2, InsO il periodo di previsione rilevante è ora fissato a 24 mesi. Il legislatore italiano, di contro, dopo lunghi dibattiti sulla riforma, ha determinato un periodo di previsione della crisi pari alla metà di quello tedesco, cioè 12 mesi[411]. 
Questa decisione, che a prima vista sembra essere fondamentalmente diversa (12 o 24 mesi), a un esame più attento necessita di essere relativizzata. Se, infatti, tutti i quadri di ristrutturazione preventiva sono aperti indefinitamente e indistintamente sia in uno stato di crisi che di insolvenza già verificatasi, lo stato di crisi perde inevitabilmente la sua indipendenza e il suo significato[412]. La sovrapposizione di stato di crisi e stato di insolvenza non è peraltro nelle intenzioni del legislatore europeo. Il Leitmotiv inequivocabile della Direttiva è che i preventive restructuring frameworks devono essere accessibili in uno stato di “likelihood of insolvency” per consentire la ristrutturazione “al fine di impedire l’insolvenza”[413]. L’apertura degli strumenti di regolazione della crisi dell’ordinamento italiano anche in stato di insolvenza già verificatosi comporta evidentemente una sgradevole rottura sistematica con la Direttiva 2019/1023 già in partenza. Al contrario, la suddivisione tedesca in ristrutturazione preventiva nello stato di “drohende Zahlungsunfähigkeit” (insolvenza imminente) e procedura concorsuale ordinaria nello stato di insolvenza ha un indubbio vantaggio sistematico. 
Un’analisi più approfondita rivela che l’attuazione della direttiva in questo contesto oggettivo non ha provocato alcuna riforma radicale né in Italia né in Germania, ma ha piuttosto mantenuto i principi e le strutture precedenti. Così, nel creare il Restrukturierungsplan, il legislatore tedesco ha potuto fare affidamento sullo stato di insolvenza imminente, introdotto nel panorama giuridico tedesco con la redazione dell’Insolvenzordnung 1994. Obiettivo del legislatore tedesco era quello di consentire al debitore di adottare le contromisure procedurali prima dell’insorgere dell’insolvenza[414]. Le speranze politiche di anticipare l’apertura della procedura d’insolvenza, però, sono state realizzate solo in parte. Il presupposto oggettivo della drohende Zahlungsunfähigkeit non si è affermato come sperato nelle procedure ordinarie[415]. Ciononostante, lo stato di insolvenza imminente è riuscito a prendere piede e a diventare più importante, in particolare nello Schutzschirmverfahren (“procedure dello scudo protettivo”)[416]. Nell’ambito dell’attuazione della Direttiva 2019/1023, era quindi opportuno ricorrere allo stato di drohende Zahlungsunfähigkeit come presupposto oggettivo per l’apertura di un preventive restructuring framework, nella misura in cui la delimitazione temporale dall’insolvenza ai sensi della Direttiva era già insita in esso. 
Con lo StaRUG, il legislatore tedesco ha quindi espressamente colmato il divario che esisteva prima tra il risanamento strettamente consensuale basato sui principi del diritto civile, da un lato, e le procedure di insolvenza, in particolare la procedure dell’Insolvenzplan in regime di Eigenverwaltung (“amministrazione in proprio”), dall’altro[417]. Laddove la ristrutturazione stragiudiziale fallisce a causa delle insormontabili posizioni di blocco dei c.d. Akkordstörer[418], lo StaRUG offre ora la possibilità di far valere le decisioni della maggioranza (§§ 25 ss. StaRUG) contro la resistenza di singoli creditori dissenzienti – senza lo stigma dell’insolvenza per il debitore[419]. Il legislatore ha quindi aperto una via di mezzo facoltativa, che accompagna la ristrutturazione consensuale con un insieme di regole procedurali, ma offre anche un sostegno giudiziario fino a garantire una procedura di ristrutturazione condotta interamente in tribunale. 
Al contrario, al momento dell’attuazione della Direttiva 2019/1023, il legislatore italiano si è trovato di fronte a un sistema che apriva gli strumenti esistenti sia in stato di crisi che di insolvenza. Sullo sfondo dell’esperienza pratica consolidata all’interno di questi strumenti, la continuità in questo senso può apparire comprensibile. Ciò che difficilmente si comprende, invece, è che la trasformazione dello stato di crisi sulle orme della Direttiva 2019/1023, uno dei cambiamenti più rivoluzionari nel sistema concorsuali degli ultimi anni, sia apparentemente passata senza alcun adeguamento strutturale degli strumenti di regolazione della crisi[420]. Il precedente rapporto di genere a specie tra i due concetti, che si basava sull’equiparazione giuridica degli stati nel 2005, ossia, tra crisi e insolvenza è stato stravolto a seguito dell’attuazione della Direttiva 2019/1023. Il nuovo binomio crisi-insolvenza del Codice mostra una netta discontinuità con il regime precedente, in quanto la crisi si presenta ora come una situazione di difficoltà dell’impresa, che corrisponde a una circonferenza più ampia dello stato di insolvenza. Quando si può ipotizzare una crisi, non necessariamente c’è anche un’insolvenza, mentre se si è verificata un’insolvenza, c’è anche una crisi. 
Al nuovo stato di crisi sembrano sovrapporsi, nel loro significato, sia le “condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rendono probabile la crisi o l’insolvenza” sia lo “stato di insolvenza”. Questa circostanza è evidentemente in contraddizione con lo spirito della Direttiva 2019/1023, che attribuisce un’importanza centrale alla “likelihood of insolvency” e ne ha fatto il presupposto oggettivo dei quadri di ristrutturazione preventiva. Tuttavia, la mancata armonizzazione sistematica del binomio crisi-insolvenza nel Codice non è dubbia soltanto in relazione alla Direttiva. Ha anche un impatto fondamentale sul complesso sistema concorsuale italiano, come vedremo di seguito più in dettaglio.
1.2 . Il favor per la continuità aziendale. I lineamenti degli strumenti nazionali
Come si è visto all’inizio, la Direttiva 2019/1023 prevede che il debitore possa ricorrere a una progressiva “tutela a fasi” nel passaggio dalle soluzioni stragiudiziali al percorso giudiziario nell’ordinamento nazionale, all’interno del quale una transizione fluida dovrebbe consentire la migliore efficacia possibile. Come già acutamente osservato in dottrina, queste fasi possono essere classificate in cinque snodi in ordine di invasività crescente[421]. Nella prima fase, è prevista una mera esenzione dalla revocatoria delle «operazioni che sono ragionevoli e immediatamente necessarie per le trattative sul piano di ristrutturazione»[422]. A ciò segue, in una seconda fase, la sospensione delle azioni esecutive individuali da parte di tutti i creditori o di alcuni di essi «al fine di agevolare le trattative sul piano di ristrutturazione nel contesto di un quadro di ristrutturazione preventiva» e, nella terza fase, la tutela dei nuovi finanziamenti e i finanziamenti temporanei in esecuzione della ristrutturazione, nonché l’eventuale prededuzione di tali finanziamenti[423]. Infine, una maggiore intensità di intervento è prevista al quarto livello nel contesto del coordinamento e dell’attuazione di un restructuring plan del vincolo per i creditori dissenzienti di una stessa classe[424]. La massima intensità di intervento si raggiunge al quinto livello, dove è previsto il vincolo per intere classi di creditori e per i soci della società in ristrutturazione nell’ambito del cross-class cram-down[425].
Le analisi precedenti hanno dimostrato che queste cinque fasi di tutela del debitore nel passaggio dalle soluzioni stragiudiziali al percorso giudiziario si ritrovano in forme diverse sia nell’ordinamento italiano che in quello tedesco. Il legislatore tedesco ha concepito il Restrukturierungsplan come il fulcro della nuova procedura di ristrutturazione dello StaRUG. Esso presenta, come visto, tratti che per molti versi lo avvicinano agli accordi di ristrutturazione ai sensi degli artt. 57 ss. CCII con, tuttavia, alcune analogie anche al concordato preventivo in continuità aziendale.
In particolare, degli accordi di ristrutturazione condivide il carattere stragiudiziale della procedura che viene gestita in maniera del tutto autonoma dal debitore e viene portata solo in un secondo momento, quello relativo alla fase di omologazione, all’attenzione del tribunale. Anche il legislatore italiano ha peraltro previsto nell’ipotesi degli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa ai sensi dell’art. 61 CCII che, proprio come il Restrukturierungplan, mira, attraverso l’omologazione, a vincolare anche i creditori dissenzienti[426]. In caso degli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa, così come per il Restrukturierungplan, è richiesto il consenso del 75% dei creditori appartenenti ad una classe omogenea. A meno che l’accordo non sia concluso con banche ed intermediari finanziari, esso deve prevedere la prosecuzione dell’attività di impresa in forma diretta o indiretta (art. 61, comma 2, lett. b, comma 5, CCII). Per l’accordo di ristrutturazione ordinario occorre, invece, il consenso di almeno il 60% dei crediti[427]. Ancora inferiore la percentuale di consenso richiesto per gli accordi di ristrutturazione agevolati, per i quali è prevista una soglia del solo 30% dei crediti[428].
Del concordato preventivo il Restrukturierungsplan condivide la possibilità di suddividere i creditori per classi, ma a differenza di quanto accade per il Restruktu­rie­rungs­plan, il concordato preventivo non ha una fase di trattativa stragiudiziale gestita in proprio dal debitore, ma vede l’immediato coinvolgimento del tribunale e la nomina di un organo di controllo, ovvero il commissario giudiziale con il quale il debitore è tenuto ad interfacciarsi e che vigila sull’attività dello stesso. Sia il concordato preventivo in continuità aziendale che il Restrukturierungsplan prevedono la tutela del debitore nell’ambito dell’omologazione secondo il quarto e il quinto livello di intervento sopra definiti[429].
Sia il Restrukturierungsplan che gli strumenti italiani di regolazione della crisi mirano più o meno intensamente alla continuità aziendale, sia in forma diretta che indiretta. Nel nuovo concordato preventivo, la distinzione tra i due tipi di continuità si trova ora anche nell’art. 84 CCII all’interno delle finalità dello strumento. Lo StaRUG prevede la distinzione tra i tipi di continuità in un punto meno evidente. Nel caso di continuità indiretta ai fini dell’esenzione da revocatoria degli atti compiuti in esecuzione di un Restrukturierungsplan, infatti, il § 90, comma 2, StaRUG richiede che «i creditori non interessati dal piano siano soddisfatti in via prioritaria rispetto a quelli interessati dal piano dal valore della cessione». Oltre a tale forma di continuità indiretta tramite un “Übertragungsplan”, i “Fortführungspläne”, ossia di continuità diretta, rappresentano la forma più frequente. Naturalmente sono ammissibili anche forme miste. Anche se la legge non lo menziona espressamente e ciò non corrisponde strettamente allo spirito dei preventive restructuring frameworks, è concepibile anche una soluzione liquidatoria nell’ambito del Restrukturierungsplan[430].
Sebbene il legislatore tedesco ponga un’enfasi relativamente minore sulla natura esatta del piano, in un altro punto attribuisce una notevole importanza a un altro Leitmotiv della Direttiva 2019/1023. Si tratta della tanto citata “viability” dell’impresa per accedere ai preventive restructuring frameworks, che viene sottolineata dal legislatore europeo in numerosi punti della Direttiva[431]. Il legislatore tedesco ha ripreso questo Leitmotiv in particolare nel §14 StaRUG. In base ad esso, il Restrukturierungsplan deve essere accompagnato da una dichiarazione motivata sulle prospettive che il piano consenta di superare l’insolvenza imminente del debitore e di garantire o ripristinare la “Bestandsfähigkeit” (sostenibilità economica) del debitore. Sebbene lo StaRUG abbia introdotto il nuovo concetto giuridico di “Bestandsfähigkeit”, né la legge, né la relazione introduttiva spiegano cosa si intenda per sostenibilità economica. In dottrina, la sosteni­bilità economica è intesa prevalentemente nel senso della già nota “Sanierungsfähigkeit” secondo la giurisprudenza del Bundesgerichtshof[432]. Secondo quest’ultima, la Sanierungsfähigkeit presuppone generalmente il ripristino della redditività dell’attività aziendale al termine del periodo di risanamento[433]. La durata del periodo di risanamento dipende dalle circostanze specifiche, in particolare dalle misure di risanamento ancora da attuare ed è in gran parte determinata dal “Sanierungskonzept” (progetto di risanamento).
Al contrario, il legislatore italiano non ha espressamente incluso questo concetto di redditività nel testo normativo, né vi è alcun riferimento corrispondente nella relazione introduttiva alla legge. Tale circostanza, di per sé, non significa che gli strumenti di regolazione della crisi non siano conformi alla Direttiva. Tuttavia, è un elemento sintomatico del già citato ampio accesso agli strumenti di regolazione della crisi, che, contrariamente alle intenzioni della Direttiva 2019/1023, sono ancora accessibili anche in uno stato di insolvenza già verificatosi[434].
Un’altra differenza fondamentale tra il sistema tedesco e quello italiano è, come abbiamo visto, il requisito soggettivo di accesso. La procedura di ristrutturazione tedesca è aperta a «qualsiasi debitore soggetto alla procedura d’insolvenza»[435]. Anche le persone fisiche possono avvalersene «nella misura in cui svolgono un’attività imprenditoriale»[436]. A prima vista, l’esclusione dei soli consumatori può far pensare che ciò offra alle PMI, in particolare, una procedura di ristrutturazione efficace. Guardando più nel dettaglio, tuttavia, emerge che il Restrukturierungsplan è spesso troppo complesso per le piccole imprese per molti aspetti. La complessità della procedura, infatti, richiede un elevato livello di consulenza esterna, che comporta costi altrettanto alti. Essi sono probabilmente proibitivi per molte PMI e, di fatto, negano loro l’accesso al piano di ristrutturazione. 
Da questo punto di vista, il sistema italiano, suddiviso anche in termini soggettivi, appare molto più in linea con la Direttiva 2019/1023 che, come noto, sottolinea in più punti l’impor­tanza delle PMI e del loro accesso alle procedure di ristrutturazione. In ogni caso, visto il testo normativo, il sistema del Codice per le PMI appare quindi decisamente più favorevole alle ristrut­tu­razioni, considerando in primo luogo il concordato minore[437]. Nei prossimi anni sarà possibile capire se queste misure legislative avranno effettivamente avuto il successo sperato nella prassi italiana. 
2 . Il ruolo dei creditori nella ristrutturazione preventiva
Nel passaggio da soluzioni di risanamento puramente consensuali di diritto privato a soluzioni di ristrutturazione nell’ambito di un procedimento giudiziario, il ruolo dei creditori, e soprattutto i meccanismi di tutela dei loro diritti, svolgono un ruolo fondamentale. I capitoli precedenti hanno anche mostrato le differenze e le analogie tra i due sistemi in Italia e in Germania per quanto riguarda il ruolo dei creditori. 
2.1 . Considerazioni generali
Una prima analogia si nota subito all’inizio dei rispettivi quadri di ristrutturazione preventiva. Mentre la direttiva prevedeva la possibilità di dare anche ai creditori e/o ai rappresentanti dei lavoratori il diritto di avviare la ristrutturazione, né il legislatore tedesco né quello italiano si sono avvalsi di questa possibilità. In entrambi i sistemi, l’apertura dei quadri di ristrutturazione preventiva è di esclusiva competenza del debitore[438]. I creditori hanno quindi solo la possibilità di avviare la liquidazione giudiziale (art. 37, comma 2, CCII) ovvero la procedura di insolvenza (§ 13, comma 1, periodo 2, InsO). 
Seguendo le orme del legislatore europeo, entrambi gli ordinamenti prevedono la determinazione delle “parti interessate” al progetto di ristrutturazione e, viceversa, l’esclusione dal voto delle parti non interessate. Sia il diritto tedesco che quello italiano riconoscono meccanismi di ristrutturazione trasversale a seguito dell’attuazione della Direttiva 2019/1023. In tempi in cui il controllo dei creditori si sta spostando sempre più da una dimensione individuale a una dimensione collettiva, la suddivisione dei creditori in classi è di fondamentale importanza. Entrambi gli ordinamenti hanno potuto fare affidamento su strutture consolidate nel contesto dell’attuazione della Direttiva in materia di categorizzazione delle classi, nel diritto tedesco per quanto riguarda l’Insolvenzplan e nel diritto italiano relativamente agli strumenti di regolazione della crisi già esistenti. 
Nell’introdurre il Restrukturierungsplan, il legislatore tedesco ha esplicitamente voluto creare uno strumento il più flessibile possibile, al fine di rafforzare ulteriormente l’autonomia delle parti coinvolte rispetto ai modelli previsti dall’Insolvenzordnung[439]. Le parti interessate non solo dovrebbero essere in grado di decidere il contenuto del piano, come avviene nella procedura dell’Insolvenzplan, ma dovrebbero anche avere la possibilità di eseguire il voto sul piano in via stragiudiziale secondo le modalità stabilite dal debitore. Nell’opinione del legislatore, l’unica cosa da garantire è che tutte le parti interessate siano a conoscenza del contenuto del piano e possano decidere con consapevolezza se approvarlo o bloccarlo. Tuttavia, la determinazione delle modalità del procedimento di voto e, soprattutto, la sua attuazione possono, in linea di principio, essere lasciate al debitore, che deve avvalersi di queste possibilità sotto la propria responsabilità[440]. 
È evidente che la posizione del debitore è estremamente forte in un sistema così flessibile[441]. Va ricordato che nel procedimento di voto extragiudiziale non esiste alcun meccanismo di controllo giudiziario[442]. I meccanismi di tutela previsti dallo stesso StaRUG intervengono solo quando è coinvolto il tribunale. Tuttavia, l’efficacia di questi meccanismi di protezione nella pratica è limitata nella misura in cui il presupposto oggettivo della drohende Zahlungsunfähigkeit deve essere esaminata se mai solo come condizione negativa nel contesto della domanda di accesso[443]. Appare evidente il notevole potenziale di abuso insito in questo sistema, in quanto il debitore può dichiarare il presupposto oggettivo dell’insolvenza imminente senza che sia previsto un controllo giudiziario immediato[444]. 
Considerando questa posizione relativamente debole dei creditori nella procedura di ristrutturazione tedesca ai sensi dello StaRUG, nell’analisi giuridica comparata emerge un altro istituto del diritto italiano. Come noto, il legislatore italiano ha introdotto nel 2015 le cosiddette proposte concorrenti all’art. 163 l. fall. sulla scia dell’esperienza statunitense del Chapter 11[445]. L’istituto è volto a consentire ai creditori di presentare una controproposta ed evitare così comportamenti opportunistici del debitore. Sebbene le proposte concorrenti siano state trasferite anche nel Codice (art. 90 CCII), è risaputo che l’istituto non ha ottenuto nella pratica il successo sperato[446]. In questo contesto, in dottrina si sostiene già che – da un punto di vista funzionale – le proposte concorrenti (almeno per quanto riguarda le società) sono state sostituite nel Codice dal limite introdotto nel valore riservato ai soci[447]. 
2.2 . Le regole di distribuzione del valore tra absolute e relative priority rule
Queste osservazioni portano a un altro punto centrale di qualsiasi preventive restructuring framework. La Direttiva, infatti, prevede all’art. 11, comma 1, lett. c, che «gli stati membri provvedono affinché il piano di ristrutturazione che non è approvato da tutte le parti interessate» possa essere omologato dall’autorità giudiziaria su proposta del debitore o con l’accordo del debitore, se il piano «assicura che le classi di voto dissenzienti di creditori interessati ricevano un trattamento almeno tanto favorevole quanto quello delle altre classi dello stesso rango e più favorevole di quello delle classi inferiori». Allo stesso tempo, il legislatore europeo ha concesso agli stati membri la possibilità di prevedere il rispetto della absolute priority rule[448]. 
Anche in questo caso il legislatore tedesco e quello italiano hanno scelto soluzioni contrastanti. In Italia, come noto, l’attuazione della regola della priorità relativa europea è stata introdotta nell’ambito del concordato in continuità aziendale, di cui agli artt. 84, comma 6 e 112, comma 2, lett. b, CCII nonché – con riferimento ai soci – nell’ambito degli artt. 120-ter e 120-quater CCII. Di conseguenza, l’art. 84, comma 6 CCII prevede (di seguito al d.lgs. 136/2024) che «per il valore eccedente quello di liquidazione, ai fini del giudizio di omologazione, è sufficiente che i crediti inseriti in una classe ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore». Il comma 7 del medesimo art. 84 CCII precisa poi che «i crediti assistiti dal privilegio di cui all’articolo 2751-bis, n. 1, del codice civile sono soddisfatti, nel concordato in continuità aziendale, nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione sul valore di liquidazione di cui all’articolo 87, comma 1, lettera c), e sul valore eccedente il valore di liquidazione». Nell’art. 112, comma 2, lett. b, CCII viene ripresa questa norma, secondo cui nel concordato in continuità aziendale il tribunale, su richiesta del debitore o con il consenso del debitore in caso di proposte concorrenti, omologa il concordato se, tra l’altro, è soddisfatta la condizione che «il valore eccedente quello di liquidazione è distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore fermo restando quanto previsto dall’articolo 84, comma 7». 
In questo contesto, nell’ambito dei concordati in continuità aziendale, il valore di liquidazione del patrimonio, alla data della domanda di concordato, viene ripartito tra i creditori in base alla absolute priority rule. Solo il valore eccedente quello di liquidazione, invece, può essere distribuito sulla base della relative priority rule. Per quanto riguarda questa regola di distribuzione relativa, è sufficiente che i creditori suddivisi in una classe ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore. Per i soli crediti assistiti dal privilegio di cui all’art. 2751-bis, n. 1, c.c., invece, va rispettata la absolute priority rule anche sul valore eccedente quello di liquidazione. Nel suo orientamento di fondo, la relative priority rule secondo gli artt. 84 comma 6 e 112 comma 2 lett. b, CCII appare largamente coincidente con la previsione dell’art. 11, comma 1, lett. c, Direttiva 2019/1023, che, come è noto, si differenzia dalle precedenti forme di relative priority rule discusse nel contesto internazionale in termini di ampiezza e flessibilità[449]. Tuttavia, la limitazione della relative priority rule nel diritto italiano alla sola distribuzione del valore eccedente quello di liquidazione non ha un equivalente nell’art. 11, comma 1, lett. c, Direttiva 2019/1023[450]. 
Diversa, invece, è stata la decisione del legislatore tedesco nel corso dell’attuazione della Direttiva, che ha optato per il mantenimento della absolute priority rule. Tale regola, contenuta nel § 27, comma 1, n. 2, StaRUG, si ispira al § 245, comma 2, n. 2, InsO, secondo il quale la absolute priority rule è sancita anche nell’Insolvenzplan. In base a ciò, una classe di creditori partecipa adeguatamente al valore del piano solo se – tra le altre condizioni – «né un creditore interessato dal piano, che dovrebbe essere soddisfatto senza un piano in una procedura di insolvenza con subordinazione ai creditori del gruppo, né il debitore o una persona che detiene un interesse nel debitore ricevono un valore economico che non è completamente compensato da un pagamento nel patrimonio del debitore». Inoltre, nessun creditore interessato dal piano, che sarebbe soddisfatto in una procedura di insolvenza in condizioni di parità con i creditori del gruppo, può essere posto in una posizione migliore rispetto a questi ultimi (§ 27, comma 1, n. 3, StaRUG). 
Allo stesso tempo, il legislatore si è avvalso della possibilità, prevista dall’art. 11, comma 2, periodo 2, Direttiva 2019/1023, di seguire absolute priority rule in linea di principio, ma di superarla in singoli casi. Tali casi sono stati separati nel § 28 StaRUG. In questo modo, il legislatore ha concepito un sistema di eccezioni che – almeno nelle intenzioni del legislatore – preserva la logica della regola di priorità e le sue intrinseche finalità incentivanti, riconoscendo al contempo i limiti della regola di priorità e tenendone conto[451]. 
Ai sensi del § 28, comma 1, StaRUG, la priorità assoluta può essere superata se «una disposizione in deroga al § 27, comma 1, n. 3 appare adeguata in considerazione della natura delle difficoltà economiche da superare e delle circostanze». Secondo l’intenzione del legislatore, una disposizione che si discosti dal § 27, comma 1, n. 3, StaRUG non dovrebbe essere “sachgerecht” (adeguata) se la classe messa in minoranza rappresenta più della metà dei diritti di voto dei creditori della classe di rango interessata (§ 28, comma 1, periodo 2, StaRUG) [452]. La disposizione del § 28 StaRUG mira a dare spazio a soluzioni flessibili e a proteggere il debitore dall’essere costretto a prendere decisioni rigide sull’inclusione o meno di alcuni creditori[453]. Inoltre, ai sensi dell’articolo 28, comma 2, dello StaRUG, non è preclusa un’adeguata partecipazione di un gruppo di creditori se il debitore o un azionista mantiene un interesse nel patrimonio della società, a condizione del § 28, comma 2, nn. 1 e 2, StaRUG che la loro partecipazione sia essenziale per la continuazione della società, o che l’interferenza con i diritti dei creditori sia “geringfügig” (minore)[454]. 
La soluzione italiana e quella tedesca per l’attuazione della Direttiva 2019/1023 hanno in comune il fatto di non seguire pienamente la regola di distribuzione della relative priority rule prevista dalla Direttiva nell’ambito dei preventive restructuring frameworks (art. 11, comma 1, lett. c, Direttiva 2019/1023). Negli artt. 84, comma 6 e 112, comma 2, lett. b, CCII, il legislatore italiano ha previsto una regola temperata, la quale si applica solo al plusvalore di continuità e non a tutto il valore nascente dal preventive restructuring framework. La legge tedesca sceglie una via di mezzo, per così dire, in cui è stato creato un rapporto regola-eccezione, in base al quale è possibile deviare dalla priorità assoluta se ciò appare “adeguato” in base alla natura delle difficoltà economiche da superare e alle circostanze. L’obiettivo è quello di dare alle parti coinvolte la flessibilità necessaria per trovare la migliore soluzione di ristrutturazione possibile in ogni singolo caso. 
3 . Quale eteronomia giudiziale nella ristrutturazione preventiva?
Per quanto riguarda l’eteronomia giudiziale nel contesto dei preventive restructuring frameworks, la Direttiva 2019/1023, come visto, ha concepito un ruolo complessi­vamente limitato del tribunale, che dovrebbe solo supervisionare gli organi centrali della ristrutturazione[455]. Inoltre, la Direttiva ha previsto l’esistenza di un “professionista nel campo della ristrutturazione”, che viene nominato dall’autorità giudiziaria e “assiste” il debitore e i creditori nella negoziazione del piano di ristrutturazione (art. 2, comma 1, n. 12, Direttiva 2019/1023)[456]. Tuttavia, quando il diritto del singolo creditore viene limitato allo scopo di far rispettare la decisione della maggioranza, deve essere previsto secondo la Direttiva un corrispondente controllo da parte del tribunale, anche al fine di prevenire gli abusi. 
Come emerge dalle analisi precedenti, l’approccio del legislatore italiano e di quello tedesco è stato diverso già in partenza. Il legislatore italiano, infatti, ai fini dell’attuazione della Direttiva 2019/1023, è tornato in larga misura al sistema preesistente e ha effettuato solo interventi puntuali (anche se di ampia portata). Tuttavia, è inequivocabile che il sistema italiano – dopo il favor debitoris eccessivamente permissivo delle riforme del 2005 e del 2012 – si sia sempre più orientato a partire dal 2015 verso un rafforzamento dei poteri dell’autorità giudiziaria. In questo senso, lo spirito della Direttiva 2019/1023 è andato in direzione opposta, motivo per cui, come osservato in dottrina, essa agisce come un «chiodo d’acciaio» piantato nel cemento della CCII[457]. Per quanto riguarda le crepe nel cemento del CCII che qui vengono alla luce, basta ricordare le diverse modalità di omologazione nel contesto dell’art. 112 CCII. Nel concordato con continuità aziendale, così come nel piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, ogni creditore è legittimato a opporsi all’omologazione eccependo il difetto di convenienza della proposta rispetto al valore di liquidazione, come definito dall’art. 87, comma 1, lett. c, CCII[458]. Al contrario, nel contesto del concordato liquidatorio, è rimasto il vecchio criterio della legittimazione dei soli creditori appartenenti a una classe dissenziente ovvero che rappresentano il 20 per cento dei crediti ammessi al voto[459]. 
Per quanto riguarda il cross-class cram-down prescritto dalla Direttiva, il legislatore italiano ha disciplinato i dettagli del meccanismo già noto prima della riforma nella sua essenza all’art. 112, comma 2, CCII[460]. A seguito delle più recenti modifiche apportate al testo normativo con il d.lgs. 136/2024, il tribunale nel concordato in continuità aziendale, nel caso di una o più classi dissenzienti, dispone la liquidazione omologa se (i) il valore di liquidazione (art. 87, comma 1, lett. c, CCII), è distribuito nel rispetto della graduazione delle cause legittime di prelazione (lett. a), (ii) il valore eccedente quello di liquidazione è distribuito in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore (lett. b), (iii) nessun creditore riceve più dell’importo del proprio credito (lett. c) nonché (iv) se «la proposta è approvata dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza dell’approvazione a maggioranza delle classi, la proposta è approvata da almeno una classe di creditori: 1) ai quali è offerto un importo non integrale del credito; 2) che sarebbero soddisfatti in tutto o in parte qualora si applicasse l’ordine delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione» (lett. d). 
A questo proposito, le disposizioni della Direttiva 2019/1023 sulla ristrutturazione trasversale dei crediti sono ampiamente riflesse nel nuovo diritto italiano. Lo stesso vale in larga misura per l’attuazione tedesca del meccanismo di ristrutturazione trasversale dei debiti ex art. 11 Direttiva 2019/1023. Sebbene vi siano differenze non trascurabili nel contenuto delle regole di distribuzione in Italia e in Germania, il meccanismo del cross-class cram-down funziona in parallelo. Il meccanismo dello StaRUG è mutuato dal § 245 InsO, che prevedeva il cosiddetto Obstruktionsverbot (“divieto di ostruzione”) già prima dell’attuazione della Direttiva[461]. Ai sensi del § 26, comma 1, StaRUG, una “gruppen­übergreifende Mehrheitsentscheidung” (decisione a maggioranza trasversale) richiede che (i) i membri di questa classe non siano suscettibili di subire, a seguito del Restrukturierungsplan, un pregiudizio superiore a quello che subirebbero in assenza di un piano (n. 1), (ii) i membri di questa classe partecipino in modo adeguato al valore economico spettante alle parti interessate sulla base del piano (n. 2) e (iii) la maggioranza delle classi votante abbia approvato il piano con le maggioranze richieste (n. 3)[462]. 
Il meccanismo del cross-class cram-down rappresenta una questione pratica particolarmente rilevante dell’intervento giudiziario, che svolge un ruolo importante nella maggior parte delle ristrutturazioni. A parte tale omologazione giudiziaria, lo StaRUG prevede una procedura in gran parte snella, piuttosto non giudiziaria, in attuazione del rapido svolgimento dei procedimenti richiesto dalla Direttiva 2019/1023 e della promozione dell’autonomia privata. Tuttavia, in molti casi, anche a causa dell’enorme rilevanza pratica della ristrutturazione trasversale, è dubbio se i debitori ne faranno effettivamente uso nella pratica o cercheranno di non correre rischi e richiederanno l’omologazione del piano da parte del tribunale[463]. In altre parole, il legislatore tedesco ha ideato un sistema di ristrutturazione preventiva piuttosto distante dai tribunali, soprattutto se paragonato al sistema italiano. Tuttavia, se questo sistema sarà effettivamente così lontano dai tribunali nella prassi dovrà essere valutato sulla base dell’esperienza pratica.
1 . Race to the top? Prospettive future della ristrutturazione preventiva nell’Unione Europea
Giunti al termine dell’indagine, è ora possibile tornare alle questioni sollevate inizialmente. Per quanto riguarda la concorrenza normativa tra ordinamenti, abbiamo visto che la Direttiva 2019/1023, in una qualche misura, la limita, anche se non la impedisce del tutto, trattandosi di un’armonizzazione di natura minima. Al contrario, la Direttiva ha focalizzato l’attenzione di molti legislatori, per la prima volta, sulla ristrutturazione pre-insolvenza, che in precedenza non era regolamentata in molti stati membri. In termini procedurali, la Direttiva chiarisce che il riconoscimento della procedura di ristrutturazione deve avvenire attraverso l’inclusione nell’Allegato A del Regolamento 2015/848[464]. In base al Regolamento 2021/2260[465], per quanto riguarda i preventive restructuring frameworks qui di interesse, è stata inserita per la Germania la “öffentliche Restrukturierungssache” nell’Allegato A e il “Restrukturie­rungs­beauf­trag­te” nell’Allegato B del Regolamento 2015/848. Per quanto riguarda l’ordinamento italiano, l’Allegato A include ora, in particolare, anche il concordato minore ex artt. 74 ss. CCII, mentre il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione ex art. 64-bis ss. CCII non è ancora elencato. 
Come abbiamo visto, entrambi gli ordinamenti presentano luci e ombre a seguito dell’attuazione della Direttiva 2019/1023. In Italia, va considerata anzitutto la complessità dell’attuale sistema, a causa della quale da anni si chiede pressoché unanimemente una profonda semplificazione. L’opportunità di semplificare il sistema, tuttavia, non è stata colta nell’ambito dell’attuazione della Direttiva 2019/1023. Al contrario, il sistema appare oggi ancora più complesso e, in parte, frutto di due anime[466]. Non si può escludere che le cose sarebbero andate diversamente se ci fosse stato almeno un minimo intervallo di tempo tra l’adozione della Direttiva 2019/1023 e l’inizio dei lavori di riforma del nuovo Codice. Nella concorrenza tra ordinamenti, la pluralità di strumenti paralleli e la complessità sistematica rischiano di essere poco attraenti sia per i debitori sia per i potenziali creditori che si accingono a prendere una decisione di investimento. 
Da un punto di vista sistematico, l’ordinamento tedesco appare significativamente più semplice rispetto a quello italiano a seguito del recepimento della Direttiva 2019/1023. Ciò è dovuto principalmente alla distinzione – come previsto dalla Direttiva – tra “likelihood of insolvency” e insolvenza già verificatasi. Di conseguenza, debitori e creditori hanno un punto di partenza chiaro, in base al quale nello stato di insolvenza già verificatosi sono possibili solo procedure concorsuali ordinarie, con un’eteronomia giudiziale più forte e una maggiore tutela dei creditori rispetto alla ristrutturazione preventiva. Tuttavia, è evidente che la netta distinzione tra la mera insolvenza “imminente” e l’insolvenza già verificatasi è in pratica sempre frutto di interpretazione, che apre anche spazi ad abusi da parte del debitore[467]. 
Inoltre, oltre alla mancata riflessione sulle PMI[468], la dottrina tedesca critica il Restrukturierungsplan anche per carenze sostanziali. Soprattutto la mancanza di un’opzione di risoluzione dei contratti viene criticata come un difetto strutturale, motivo per cui l’unica opzione rimasta a questo proposito è spesso l’Insolvenzordnung[469]. Le voci critiche della dottrina hanno finora trovato conferma nella limitata rilevanza pratica dello StaRUG. Tuttavia, la questione se questo sia uno svantaggio per la Germania in concorrenza con altri ordinamenti deve essere considerata con cautela. In ogni caso, il temuto esodo di imprese tedesche[470] non si è ancora concretizzato. Inoltre, l’aumento (seppur lento) del numero di casi e i risultati ottenuti nei procedimenti fanno sperare che lo StaRUG sia in grado di raggiungere i suoi obiettivi nel lungo periodo[471]. 
Alla luce di queste esperienze in Italia e in Germania, si può affermare che nel race to the top citata nel contesto del possibile forum shopping, nessuno dei due legislatori può pensare di essere già arrivato in cima. In entrambi i Paesi, infatti, sono ancora presenti un potenziale e una necessità di ottimizzazione. In questo contesto si inserisce l’ultima Proposta di Direttiva del 7.12.2022 che armonizza taluni aspetti del diritto in materia di insolvenza[472]. Come è noto, la proposta non riguarda la ristrutturazione preventiva in sé, ma piuttosto aree originarie del diritto dell’insolvenza come, in particolare, la revocatoria e la procedura di pre-pack. Tuttavia, le implicazioni della proposta per l’intera disciplina sono evidenti[473]. Se, ed eventualmente con quale contenuto, la Direttiva Insolvency III sarà effettivamente introdotta non è al momento prevedibile. L’iter legislativo finora ha già rivelato un notevole potenziale di discussione. 
La procedura di valutazione dell’attuazione della Direttiva 2019/1023 previsto dall’Unione Europea dovrebbe essere completato e pubblicato, come stabilito, nel 2025. Sulla base di questa e dell’esperienza pratica con i preventive restructuring frameworks che sarà ulteriormente stata acquisita per allora nei vari stati membri, sarà possibile trarre una prima conclusione provvisoria a livello europeo. Tuttavia, è già prevedibile che l’Unione Europea continuerà a perseguire la strada intrapresa nei prossimi anni. In questo contesto, è auspicabile che il sistema italiano, in particolare, possa raggiungere un’ulteriore armonizzazione[474]. 
2 . Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem. Possibili insegnamenti dall’esperienza italo-tedesca dopo il recepimento della Direttiva 2019/1023
Dall’analisi comparata della legislazione italiana e tedesca in seguito all’attuazione della Direttiva 2019/1023 emerge immediatamente una delle principali differenze tra i preventive restructuring frameworks dei due Paesi. Mentre il legislatore tedesco ha introdotto un unico strumento a tal fine, il Restrukturierungsplan, il sistema italiano prevede un gran numero di strumenti di regolazione della crisi, alcuni dei quali sono suddivisi in ulteriori sottotipi. Un tale allontanamento di due ordinamenti storicamente affini, promosso anche da una comune impostazione europea, è sor­pren­dente e induce a chiedersi quali siano le ragioni di questa evoluzione. Da un punto di vista metodologico, tra l’altro, ci si domanda, seguendo il principio della novacula Occami, quanti strumenti e tipi di procedura possano essere “necessari” per raggiungere l’obiettivo di un’efficace ristrutturazione preventiva, e dove ci possa essere un potenziale di semplificazione. 
La presente ricerca ha dimostrato che le basi dell’odierna singolarità e pluralità non sono direttamente collegate alla Direttiva 2019/1023 né in Italia né in Germania. Al contrario, le ragioni delle rispettive decisioni legislative nel contesto del recepimento della Direttiva sono da ricercare rispettivamente nel 1994 e nel 2005. In questi due anni, infatti, il sistema tedesco (1994) e quello italiano (2005) hanno compiuto i primi passi legislativi allontanandosi dal tradizionale fallimento verso le alternative liquidatorie di tipo anglo-americano. Questa circostanza è di particolare interesse perché, come si è visto, il percorso intrapreso all’epoca continua ad avere un forte impatto anche oggi. 
Nel 1994 il legislatore tedesco ha introdotto il presupposto oggettivo dell’“insolvenza imminente”. Inizialmente questo non ha avuto l’effetto desiderato di incoraggiare i debitori ad accedere tempestivamente alle procedure di insolvenza. A posteriori, tuttavia, il legislatore del 1994 ha gettato le basi per l’introduzione dello StaRUG nel 2021, poiché lo stato di “insolvenza imminente” ha potuto consolidarsi nel diritto tedesco per quasi due decenni. Allora come oggi, l’insolvenza imminente deve essere vista come uno stato differente rispetto all’insolvenza. Se l’insolvenza si è già verificata, non può più essere “imminente”. Ciò corrisponde alla visione odierna della “likelihood of insolvency” ed è in linea con la Direttiva 2019/1023. Inoltre, nel creare il Restrukturierungsplan secondo lo StaRUG, il legislatore ha approfittato del fatto che in Germania non era ancora stata introdotta una procedura di pre-insolvenza al di fuori dell’Insolvenzordnung, nonostante la dottrina e la prassi lo richiedessero con insistenza da molti anni. In questa posizione di partenza, il legislatore sembra aver creato una procedura rigorosa che si distingue nettamente dalla procedura di insolvenza prevista dall’Insolvenzordnung, bloccando la strada al Restrukturierungsplan se l’insolvenza si è già verificata. 
Con lo StaRUG, il legislatore ha voluto espressamente colmare il divario che esisteva in precedenza tra il risanamento consensuale, basato sulle norme generali del diritto civile, da un lato, e le procedure di insolvenza, in particolare le procedure dell’In­solvenz­plan in regime di Eigenverwaltung (“amministrazione in proprio”), dall’altro. Nei casi in cui la ristrutturazione stragiudiziale fallisca a causa di posizioni di blocco insuperabili di singoli creditori, lo StaRUG offre ora la possibilità di far rispettare le decisioni della maggioranza contro la resistenza di singoli creditori o classi dissenziente. Il legislatore ha optato deliberatamente per questa interfaccia tra la ristrutturazione stragiudiziale di diritto privato e la procedura d’insolvenza strettamente formale. I rischi e gli svantaggi della ristrutturazione stragiudiziale devono quindi essere contrastati in una fase precedente rispetto a quando l’insolvenza si è già verificata. Il legislatore intende la necessità di tutelare i creditori come un crescendo che si sviluppa parallelamente al passaggio da “insolvenza imminente” a “insolvenza”. Solo quando l’insolvenza si verifica effettivamente, i creditori necessitano della piena protezione tradizionalmente insita nel diritto fallimentare. 
Nello stato di “insolvenza imminente”, tuttavia, questa elevata esigenza di protezione non è ancora raggiunta, ma risulta ancora ridotta. In questa fase, non è ancora certo che il debitore diventi effettivamente insolvente e che riunisca i suoi creditori nella tanto citata Schicksalsgemeinschaft (“comunità di destino”). Questa circostanza crea la necessaria flessibilità procedurale, secondo l’intenzione del legislatore tedesco, che le parti coinvolte possono utilizzare per trovare la soluzione più efficace possibile nel quadro del Restrukturierungsplan. Quanto inferiore è la necessità di protezione dei creditori, tanto maggiore è la flessibilità che può essere concessa alle parti coinvolte. Questa flessibilità deve essere limitata solo da alcuni capisaldi. In particolare, ciò è necessario se la decisione di un singolo viene scavalcata dalla decisione della maggioranza (cram down). Di conseguenza, il sistema tedesco è concepito in modo tale che una restrizione dell’accesso dal punto di vista oggettivo (esclusione dell’insolvenza) possa facilitare la semplificazione dal punto di vista procedurale. 
Al contrario, una delle principali ragioni per cui il sistema italiano è oggi così diviso, a mio avviso, va ricercata nel 2005, quando il legislatore ha introdotto lo stato di crisi all’art. 160, comma 1, l. fall. Non solo quest’ultimo non è stato definito dalla legge, ma anzi – e, secondo me, ciò è ben più rilevante nella prospettiva odierna – nell’art. 160, comma 3, l. fall. lo “stato di crisi” è stato equiparato allo “stato di insolvenza” («ai fini di cui al primo comma per stato di crisi si intende anche lo stato di insolvenza»). Lo stato di crisi è stato definito nel Codice, ma è significativo che tale definizione abbia ricevuto la sua versione definitiva solo con il d.l. 83/2022, quando il sistema aveva già trovato le sue fondamenta. La trasformazione del binomio crisi-insolvenza nel contesto della più recente riforma è stata correttamente considerata dalla dottrina come uno dei cambiamenti più fondamentali della disciplina concorsuale nel recente passato. Da una prospettiva europea, è sorprendente che questo cambiamento si rifletta praticamente solo nella definizione stessa, ma non nel complesso del testo normativo. 
L’interazione tra “crisi” e “insolvenza”, tuttavia, e il fatto che entrambi i presupposti oggettivi aprono la strada agli strumenti di regolazione della crisi non sono rilevanti solo per quanto riguarda il contrapposto spirito europeo. Anzi, secondo il parere di chi scrive, determinano una parte centrale dell’impianto del sistema attuale. Ciò è dovuto al fatto che, dall’introduzione dello “stato di crisi” senza una definizione autonoma dello stesso, tutti gli strumenti di regolazione della crisi sono stati introdotti e sviluppati sulla base di questo. L’accesso a questi nuovi strumenti introdotti nel corso degli ultimi due decenni è sempre stato possibile sia in stato di crisi che in stato di insolvenza. A mio avviso, non è tanto importante che questi strumenti siano in contraddizione con lo spirito della Direttiva 2019/1023, quanto piuttosto che il binomio crisi-insolvenza abbia contribuito alla costante moltiplicazione degli strumenti, o anzi l’abbia causata. Infatti, su ogni strumento di nuova introduzione ha sempre gravato fin dall’inizio lo stato di insolvenza, il quale comporta l’applicazione di una serie di principi. Questa ampia apertura della procedura in termini oggettivi (in contrasto con la limitazione oggettiva del Restrukturierungsplan) ha fatto sì che il successivo percorso procedurale degli strumenti sia soggetto a catene più strette e che gli strumenti non siano in grado di fornire una flessibilità comparabile al Restrukturierungsplan. L’esempio più recente è il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, che può derogare alle rigide regole di distribuzione in caso di unanimità. Tuttavia, come giustamente osservato in dottrina, non è stato possibile incorporare queste finalità nell’ambito del concordato preventivo (accessibile ancora in stato di insolvenza), perché altrimenti le fondamenta del concordato sarebbero state troppo scosse. 
Così come ogni strumento può unire solo un numero limitato di principi e regole senza perdere omogeneità, ogni sistema, a mio avviso, può unire solo un numero limitato di strumenti con finalità comparabili senza perdere omogeneità. Vista la complessità largamente lamentata dell’attuale sistema italiano, si spera che in futuro si possano trovare soluzioni per semplificazioni sistematiche. 
Uno sguardo al nuovo sistema tedesco, però, dimostra che la semplificazione procedurale non può essere fine a se stessa, ma che l’obiettivo prioritario dell’efficacia deve sempre essere tenuto presente. Come abbiamo visto, il legislatore tedesco ha limitato l’accesso allo StaRUG in termini oggettivi all’insolvenza imminente, ma in termini soggettivi ha aperto l’accesso a tutti i debitori (escludendo praticamente solo i consumatori). A prima vista, ciò può apparire sistematicamente rigoroso, fornendo un unico strumento per la ristrutturazione preventiva. Tuttavia, ancora una volta, per ricordare il principio di Guglielmo di Occam, ci si chiede cosa sia veramente “necessario”. 
Come visto, le PMI hanno tradizionalmente svolto un ruolo chiave nell’economia tedesca come “motore di crescita”. Tuttavia, e questo deve sorprendere, non esiste ancora un approccio normativo uniforme nella legislazione tedesca in caso di crisi o di insolvenza delle PMI. Questa inattività legislativa può essere dovuta al fatto che la singola piccola impresa in crisi, generalmente, esce dal mercato senza effetti collaterali e i debiti del piccolo imprenditore vengono assorbiti dall’insolvenza civile. Tuttavia, si sta facendo sempre più strada l’opinione che ciò consumi risorse che potrebbero essere conservate con un approccio di ristrutturazione più efficace e che l’attuale approccio comporti svantaggi macroeconomici evitabili[475]. 
Il diritto tedesco non limita la portata degli strumenti di ristrutturazione messi a disposizione in caso di crisi e insolvenza alle imprese di maggiori dimensioni. Tuttavia, il problema centrale di tutte queste soluzioni è sempre la questione dei costi. Le microimprese in crisi non hanno quasi mai risorse con cui pagare i consulenti necessari. Troppo spesso l’unica via d’uscita da questo dilemma è la liquidazione. In questo contesto, nella dottrina tedesca si sono recentemente moltiplicate le voci che chiedono un trattamento speciale per le PMI in crisi e insolvenza[476]. Le proposte concrete di soluzione sono generalmente rivolte al problema dell’onere dei costi, che dovrebbe essere superato, ad esempio, attraverso procedure standardizzate e a basso costo di consulenza[477]. A questo proposito, la legge italiana sembra già essere un passo avanti, aprendo alternative procedurali a seconda delle dimensioni dell’impresa. Strumenti come il concordato minore consentono di adottare specifiche disposizioni sostanziali a seconda del presupposto soggettivo. Non si può escludere che in un futuro non troppo lontano il sistema tedesco abbandoni la rigida singolarità del Restrukturierungsplan e crei una procedura di ristrutturazione speciale per le PMI.
3 . “Diritto delle ristrutturazioni” e “diritto dell’insolvenza”? Per un riordinamento del “sistema planetario”
Le considerazioni sopra esposte sulle possibili semplificazioni del complesso sistema italiano portano a una riflessione conclusiva. Se si conclude che la pluralità degli strumenti è – almeno in parte – dovuta al fatto che essi sono accessibili sia in stato di crisi che in stato di insolvenza e devono quindi rispettare molteplici principi, ci si pone la questione in quale direzione il sistema potrebbe svilupparsi nel prossimo futuro. 
Come visto, la ristrutturazione preventiva va inquadrata nell’area intermedia tra la ristrutturazione stragiudiziale e la procedura concorsuale giudiziaria. È comprensibile che la sensibilità per questo settore si sia sviluppata a partire dal diritto fallimentare e dai suoi operatori – e non principalmente dal diritto privato –, poiché la necessità di un’efficace ristrutturazione preventiva emerge in primis quando le tradizionali procedure concorsuali non risultano sufficientemente efficaci e non quando l’impresa è ancora sana. Le soluzioni di ristrutturazione sviluppate sulla scia anglo-americana all’inizio del millennio, perciò, sono state inizialmente implementate direttamente nel diritto fallimentare in Italia, come altrove. 
Il sistema italiano ne è un esempio calzante, in quanto gli strumenti di regolazione della crisi sono sempre stati caricati (e, a mio avviso, talvolta sovraccaricati) dallo stato di insolvenza e dai suoi principi rigorosi. Tale sovraccarico di principi significa che all’interno dei rispettivi strumenti rimane poca flessibilità. Una pluralità di strumenti è quindi in parte inevitabile per poter orientare gli strumenti, ciascuno dei quali ricco di principi, in determinate direzioni di contenuto (si abbia riguardo alla recente introduzione del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione e il suo rapporto con il concordato preventivo). Potrebbe quindi essere giunto il momento di liberare alcuni strumenti (vecchi o di nuova creazione) dal peso dei principi dell’insolvenza e limitarsi a sovrapporli a quelli più “leggeri” della crisi. 
In questo contesto, ritengo che da un punto di vista dogmatico sia da preferire una netta distinzione delle aree, come già sostenuto dalla dottrina italiana e tedesca[478]. In considerazione del fatto che i principi cardine del diritto di insolvenza non risultano applicabili in pieno nella ristrutturazione pre-insolvenza, è condivisibile valutare la possibilità di dividere rigorosamente le aree del “diritto delle ristrutturazioni” e del “diritto di insolvenza”[479]. 
Riprendendo ancora una volta la metafora della Corte di Cassazione[480], la ristrutturazione preventiva potrebbe essere allontanata dall’orbita del fallimento e vista come un pianeta a sé stante. In questo modo, si potrebbe restituire al sistema un certo grado di rigore interno e suddividere limpidamente i principi applicabili. 
Alla luce dei recenti sviluppi, non appare certo se il sistema italiano saprebbe compiere questo passo in un prossimo futuro. Il sistema sembra, anzi, essere sempre più diviso in una dicotomia tra pre-crisi e insolvenza. Lo stato di crisi non ha ancora ottenuto sufficiente autonomia e rischia di essere schiacciato da entrambe i lati. Tuttavia, il sistema continuerà ad essere soggetto a continui cambiamenti in futuro, così come è sempre avvenuto in questo settore del diritto[481]. In quest’ottica, si ricordano in conclusione le parole di Renouard, noto fallimentarista francesce, che già a metà del Ottocento osservava: «Or on impute facilement à la loi les maux qui dérivent de la nécessité à laquelle la loi doit obéir; et, comme, dans aucun temps ni dans aucun pays du monde, une loi n’empêchera que toute faillite ne soit une fort mauvaise affaire, il est à présumer que partout et toujours on se plaindra des législations sur les faillites»[482].

Note:

[1] 
La portata della “crisi del fallimento” generalmente ipotizzata – come pendant del “Konkurs des Konkurses” tedesco (cfr. J. Kilger, Der Konkurs des Konkurses, in KTS, 1975, pp. 142 ss.) – si può evincere in modo evidente dall’esame delle statistiche. La crisi è inizialmente meno evidente nei dati sulla mancanza di attivi, che negli anni ‘60 e ‘70 in Germania e in Francia, ad esempio, ha fatto sì che fino al 70% di tutte le procedure non venissero nemmeno aperte o venissero successivamente revocate. In Italia, il numero di chiusure per insussistenza di attivo è rimasto relativamente costante tra il 1958 e il 1972, con una media di circa 1580 casi a fronte di circa 6900 dichiarazioni di fallimento all’anno; cfr. I. Scalera, Consuntivi e proiezioni delle procedure concorsuali, 1980, p. 18. Così come in Germania, dove il fallimento del fallimento si è riflesso anche nel dimezzamento dei concordati dal 14% del 1966 al 7% del 1974, anche in Italia il numero di concordati fallimentari è sceso da circa il 13% del 1958 a solo il 6,6% del 1972; cfr. H. Hanisch, Entwicklungstendenzen des gegenwärtigen Insolvenzrechts in rechtsvergleichender Sicht, in JBl, 1977, pp. 237 ss. e I. Scalera, Consuntivi e proiezioni delle procedure concorsuali, 1980, p. 36. Infine, paralleli tra la Germania e l’Italia si possono riscontrare anche per quanto riguarda le percentuali medie di crediti non privilegiati, che in Germania negli anni ‘70 erano comprese tra il 3 e il 5% e in Italia poco più del 4%. La “crisi del fallimento” diventa ancora più evidente se confrontata con il concordato preventivo e l’amministrazione controllata; cfr. I. Scalera, Consuntivi e proiezioni delle procedure concorsuali, 1980, pp. 85 ss. 
[2] 
Cfr. nel contesto del diritto comunitario considerando 2 Direttiva 2019/1023 («I quadri di ristrutturazione preventiva dovrebbero innanzitutto permettere ai debitori di ristrutturarsi efficacemente in una fase precoce e prevenire l’insolvenza e quindi evitare la liquidazione di imprese sane»); vd. infra capitolo II, 3.1. 
[3] 
In merito al rapporto tra ristrutturazione preventiva e procedure liquidatorie, cfr. le considerazioni di G. Covino-L. Jeantet-P. Vallino, La scelta dello strumento ristrutturativo in un sistema concorsuale a geometria variabile, in Dirittobancario.it, 10 maggio 2023, secondo cui «il tentativo di ristrutturazione non deve mai condurre all’accanimento e, soprattutto, non deve mai far perdere di vista il fatto che un buon fallimento (anzi, una buona liquidazione giudiziale) è assai meglio di una brutta ristrutturazione, anche considerata la possibilità d’impiegare il concordato fallimentare non solo come mezzo di chiusura della procedura, ma come strumento di investimento a beneficio di fondi, domestici ed internazionali». Inoltre, nel determinare il corretto rapporto tra ristrutturazione preventiva e procedure liquidatorie, si deve tenere conto del fatto che nel sistema italiano, in termini statistici, la liquidazione giudiziale rappresenta ancora la procedura “regina”; cfr. M. Fabiani, Intrecci rovesciati e consecuzione anomala tra composizione negoziata e strumenti di regolazione della crisi, in Dirittodellacrisi.it, 23 febbraio 2024, p. 2. 
[4] 
Tale formula, di per sé semplice, è valida anche al di là dei confini nazionali, cfr. E. Altman-E. Hotchkiss-W. Wang, Corporate Financial Distress, Restructuring, and Bankruptcy, 4. ed., 2019, p. 11, i quali, su questo sfondo, giungono alla conclusione: «In the end, the efficiency of any bankruptcy system can be judged by its ability to appropriately identify and provide for the restructuring of firms that arguably should be able to survive». 
[5] 
Cfr. M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, pp. 177 s. 
[6] 
Vd. L. Klöhn-J. Franke, Grund- und Gegenwartsfragen des Sanierungsrechts – Ein Beitrag zu der europäischen Restrukturierungsrichtlinie und dem deutschen SanInsFoG, in ZEuP, 2022, p. 56. 
[7] 
Cfr. O. Spiekermann, Rechtliche Varianten der Unternehmenssanierung – Alternativen, Chancen, Risiken, in NJW, 2022, p. 1775; Klöhn-J. Franke, Grund- und Gegenwartsfragen des Sanierungs­rechts – Ein Beitrag zu der europäischen Restrukturierungsrichtlinie und dem deutschen SanInsFoG, in ZEuP, 2022, pp. 56 s. In questo contesto, cfr. anche le osservazioni di M. Fabiani, Autonomia ed eteronomia nella risoluzione dei conflitti nel nuovo diritto concorsuale, in Fallimento, 2008, pp. 1098 ss., che, a seguito delle riforme del 2005-2007, analizza lo spostamento del baricentro fra giurisdizione e autonomia e, in particolare, giunge alla conclusione che «l’autoregolamentazione dei conflitti è efficiente se i protagonisti oggettivizzano la loro condotta. Se ciò non accadrà, è facile prevedere che tornerà a prevalere l’eteronomia, o con un implicito rafforzamento dei giudizi di omologazione (nei concordati) e di quelli di reclamo (ex artt. 26 e 36 L. fall. nel fallimento), ovvero ancora con l’apertura di nuove brecce sulla dorsale della tutela risarcitoria». 
[8] 
Cfr. infra capitolo III, 3.1. 
[9] 
In argomento cfr., ex multis, M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, pp. 177 s. 
[10] 
Da un punto di vista funzionale nel nuovo Codice, cfr. in particolare l’istituto della convenzione di moratoria ex art. 62 CCII e l’accesso “con riserva” al procedimento unitario ai sensi dell’art. 44 CCII; cfr. infra capitolo III, 2. e 3.1. 
[11] 
Cfr. in questo contesto dalla letteratura italiana, ex multis, M. Libertini, Concorrenza fra imprese e concorrenza fra stati, Relazione presentata al XXVIII Convegno di studio su Unione europea: concorrenza tra imprese e concorrenza tra Stati, Courmayeur, 19-20 settembre 2014 (consultabile su www.cndps.it); G.B. Portale, «Armonizzazione» e «concorrenza» tra ordinamenti nel diritto societario europeo, in Corr. giur., 2003, pp. 95 ss. (ora anche in A. Zoppini (a cura di), La concorrenza tra ordinamenti giuridici, 2004, pp. 98 ss.); A. Zoppini, La concorrenza tra gli ordinamenti giuridici, in A. Zoppini (a cura di), La concorrenza tra ordinamenti giuridici, 2004, pp. 55 ss. Dalla letteratura tedesca si rinvia, ex multis, a L. Klöhn, Supranationale Rechtsformen und vertikaler Wettbewerb der Gesetzgeber im europäischen Gesellschaftsrecht: Plädoyer für ein marktimitierendes Rechtsformangebot der EU, in RabelsZ, 2012, pp. 276 ss.; H. Fleischer, in H. Fleischer-W. Goette (Hrsg.), Münchener Kommentar zum GmbH-Gesetz, vol. I, 4. ed., 2022, Einleitung, Rn. 233 ss. con ulteriori riferimenti. 
[12] 
Per un’accurata ricostruzione del dibattito sulla concorrenza fra ordinamenti nell’ambito concorsuale vd. A. Abu Awwad, Concorrenza fra ordinamenti e diritto della crisi di impresa, in F. Bordiga-H. Wais (a cura di), Contenuto e limiti dell’autonomia privata in Germania e in Italia, 2021, pp. 215 ss. (ora anche: Ead., Competizione fra ordinamenti e diritto della crisi di impresa, in Riv. dir. comm., 2022, pp. 225 ss.). Nella dottrina italiana, vd. anche F. Barachini, Il piano di ristrutturazione soggetto a omologa e le nuove regole di distribuzione del valore dell’impresa in crisi, in Nuove leggi civ. comm., 2024, p. 304, il quale sottolinea che «la disciplina concorsuale costituisce uno dei terreni in cui maggiormente si avverte l’esigenza di assicurare obiettivi di competitività e attrattività: e non potendosi pertanto ammettere (o comunque risultando troppo rischioso) che quel corpo di regole si chiuda in se stesso, finendo così per rendersi impermeabile rispetto alle istanze emergenti (e riconosciute) in altri ordinamenti». 
[13] 
Vd. considerando 5 Direttiva 2019/1023 («L’inefficacia dei quadri in materia di esdebitazione e di interdizione induce gli imprenditori a trasferirsi in altre giurisdizioni per poter ripartire in tempi ragionevoli, con considerevoli costi aggiuntivi sia per i creditori sia per gli stessi imprenditori»), 9 («Parimenti, dovrebbero essere ridotti i costi aggiuntivi per gli imprenditori conseguenti alla necessità di trasferirsi in un altro Stato membro per poter beneficiare dell’esdebitazione») e considerando 72 Direttiva 2019/1023 («Le diversità tra gli stati membri relative alla seconda opportunità possono incentivare gli imprenditori sovraindebitati o insolventi a trasferirsi in uno Stato membro diverso dallo Stato membro in cui sono stabiliti per trarre vantaggio da tempi di esdebitazione più brevi o condizioni di esdebitazione più interessanti, con un conseguente aumento dell’incertezza giuridica e dei costi di recupero crediti per i creditori»); cfr. infra capitolo II, 1. 
[14] 
Cfr. i risultati empirici in H. Eidenmüller-T. Frobenius-W. Prusko, Regulierungs­wettbewerb im Unternehmensinsolvenzrecht: Ergebnisse einer empirischen Untersuchung, in NZI, 2010, pp. 545 ss.; in argomento vd. anche M. Brinkmann, in K. Schmidt (Hrsg.), Insolvenzordnung, 20. ed., 2023, VO (EU) 2015/848, Art. 3, Rn. 16 s. 
[15] 
A tal proposito, vd. con indicazioni dalla pratica W.-G. Ringe, Forum Shopping under the EU Insolvency Regulation, in EBOR, 2008, pp. 603 ss.
[16] 
Si tratta dei c.d. “COMI-covenants”, cfr. in argomento, ex multis, H. Eidenmüller, Wettbewerb der Insolvenzrechte?, in ZGR, 2006, p. 479; W-G. Ringe, Forum Shopping under the EU Insolvency Regulation, in EBOR, 2008, pp. 602 ss.; C. Kranz, Die Rescue Culture in Großbritannien, 2017, p. 248; cfr. anche J. Armour, Abuse of European Insolvency Law? A Discussion, in R. de la Feria-S. Vogenauer (ed. by), Prohibition of Abuse of Law. A New General Principle of EU Law?, 2011, pp. 164 s. 
[17] 
H. Eidenmüller, Contracting for a European Insolvency Regime, in EBOR, 2017, p. 294; Id., The Rise and Fall of Regulatory Competition in Corporate Insolvency Law in the European Union, in EBOR, 2019, p. 560. 
[18] 
Regolamento (CE) 2000/1346 del Consiglio del 29 maggio 2000 relativo alle procedure di insolvenza, G.U. del 30 giugno 2000, L 160/1 (in vigore dal 31 maggio 2002). 
[19] 
Proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che armonizza taluni aspetti del diritto in materia di insolvenza, 7 dicembre 2022, COM(2022) 702 final. 
[20] 
Partendo dalla tradizione francese nel Codice di com­mer­cio del 1865 e del 1882, il diritto fallimentare italiano si è aperto in più punti alle conce­zio­ni tedesco-austriache nel processo di riforma che ha portato poi all’introduzione della Legge fallimentare, pur andando a formare una dottrina giuscommercialistica nuova e autonoma; cfr. J. Heck, Krisen des fallimento, 2021, passim, in particolare pp. 105-123. Per quanto riguarda la comparazione italo-tedesca nell’ambito fallimentare in tempi recenti, cfr. nella recente letteratura italiana, soprattutto nel contesto del diritto societario, V. Pinto, Concordato preventivo e organizzazione sociale, in Riv. soc., 2017, pp. 100 ss.; L. Benedetti, La posizione dei soci nel risanamento della società in crisi: dal potere di veto al dovere di sacrificarsi (o di sopportare) (Aufopferungs- o Duldungspflicht), in Riv. dir. soc., 2017, pp. 725 ss. (già in L. Calvosa [a cura di], Crisi di impresa e insolvenza, Pisa, 2017, pp. 325 ss.); F. Pacileo, Cram Down e salvaguardie per i soci nel concordato preventivo con proposte concorrenti, in Riv. dir. comm., 2018, I, pp. 65 ss.; a proposito della proposta di Direttiva del 22 novembre 2016, vd. G. Ferri jr, Il ruolo dei soci nella ristrutturazione finanziaria dell’impresa alla luce di una recente proposta di direttiva europea, in Dir. fall., 2018, I, p. 531, pp. 539 ss. (ora anche in AA.VV., Crisi e insolvenza. Scritti in ricordo di M. Sandulli, p. 330, pp. 336 ss.); id., Ristrutturazioni societarie e competenze organizzative, in Riv. soc., 2019, p. 233, p. 238; A. Santoni, Gli azionisti e i detentori di strumenti di capitale nella proposta di direttiva in materia di crisi d’impresa, in Riv. dir. comm., 2018, I, p. 335. Da ultimi, nella letteratura tedesca, senza pretese di completezza, vd. A. Piekenbrock, Das neue italienische Insolvenzrecht – ein rechtsvergleichender Überblick, in ZZPInt, XI, 2006, pp. 3 ss.; L. Busch, Zer­schla­gungsabwendende Verfahren im deutschen und italienischen Insolvenzrecht, 2009; C. Niemeyer, Gläu­bi­ger­be­teiligung im Regel­insol­venz­verfahren. Eine rechts­vergleichende Untersuchung zum deutschen und italienischen Recht, 2009; G.E. Graeber, Die Steuerungsfunktion der Geschäftsführerhaftung in der Krise der GmbH. Ein deutsch-italie­n­ischer Rechts­ver­gleich, 2019; F. Bitzer, Systemfragen der Insol­venz­anfechtung – ein deutsch-italie­ni­scher Rechtsvergleich vor dem Hintergrund des europäischen internationalen Insol­venz­rechts, 2020; J. Heck, Krisen des fallimento, 2021. 
[21] 
Mi permetto di rinviare a J. Heck, Krisen des fallimento, 2021, passim. Sotto un profilo metodologico, occorre prestare particolare attenzione anche agli svi­lup­pi dei rispettivi istituti nella prassi. Lo sguardo deve quindi spaziare oltre che sul mero dato let­terale della legge e indirizzarsi anche verso la giurisprudenza pertinente, nella misura in cui questa è già disponibile in merito agli istituti in questione. A titolo di esempio, è opportuno ricordare l’esperienza del noto concordato “in bianco” in Italia e lo Schutzschirm­verfahren in Germania ai sensi del § 270b InsO. I due istituti sono stati introdotti a breve distanza temporale l’uno dall’altro ed entrambi sono stati apparente­mente ispirati dalla legislazione statuni­ten­se. Mentre l’istituto tedesco finora non ha mai occupato un ruolo significativo nella pra­tica, il concordato “in bianco”, invece, ha trovato la sua posizione nel panorama giuridico italiano, nonostante l’immediata “controriforma” del decreto n. 69/2013 (c.d. “decreto del fare”); per la Germania cfr. le statistiche pubblicate dalla Boston Consulting Group, in R. Moldenhauer-R. Wolf (Hrsg.), Sechs Jahre ESUG. Durchbruch erreicht?, s.l., 2018, p. 10; per l’Italia cfr. le statistiche (pre-pandemiche) in Cerved, Osservatorio sui fallimenti e chiusure di imprese, Settembre 2019, n. 39, p. 7. Vd. anche A. Jorio, Orizzonti prevedibili e orizzonti improbabili del diritto concorsuale, in S. Ambrosini (a cura di), Fallimento, soluzioni negoziate della crisi e disciplina bancaria dopo le riforme del 2015 e 2016, 2017, p. 32; J. Heck, Krisen des fallimento, 2021, p. 213. 
[22] 
Per tutti, vd., M. Sbriccoli, Storia del diritto e storia della società. Questioni di metodo e problemi di ricerca, in P. Grossi (a cura di), Storia sociale e dimensione giuridica, 1986, p. 127, p. 141. Vd. anche F. Migliorino, Profilo storico delle procedure concorsuali, in Studi in onore di Giuseppe Ragusa Maggiore, vol. II, 1997, p. 785, p. 789. In generale, sull’interdisciplinarità nel diritto commerciale, recentemente, F. Vella, Il pericolo di un’unica storia: il diritto (commerciale) e le nuove frontiere dell’in­ter­disciplinarità, in Orizzonti del Diritto Commerciale, 2021, pp. 723 ss.; Id., Il diritto commerciale nel dialogo interdisciplinare, in Orizzonti del Diritto Commerciale, 2022, p. 355; G. Scognamiglio, Sulla dialettica fra tendenze generaliste e specialismi di settore e sull’apertura all’interdiscipli­na­ri­tà: spunti per il dibattito sui confini del diritto commerciale, in Orizzonti del Diritto Commerciale, 2022, p. 293. 
[23] 
Vd. N. Rondinone, Il mito della conservazione dell’impresa in crisi e le ragioni della “commercialità”, 2012, pp. 135-139. 
[24] 
Regolamento (CE) 2000/1346 del Consiglio del 29 maggio 2000 relativo alle procedure di insolvenza, G.U. del 30 giugno 2000, L 160/1 (in vigore dal 31 maggio 2002); cfr. B. Hess-P. Oberhammer-T. Pfeiffer (ed.), European Insolvency Law, The Heidelberg-Luxembourg-Vienna Report, 2013, passim e in particolare B. Hess, ibidem, pp. 64 s., secondo cui l’inclusione delle procedure pre-insolvenza dovrebbe essere uno dei principali obiettivi della riforma. Inoltre, nel 2012 la Commissione ha condotto una consultazione pubblica via Internet; cfr. la relazione sull’applicazione del regolamento (CE) n. 1346/2000 del 12 dicembre 2012, COM(2012) 743 definitivo, p. 3. 
[25] 
Regolamento (UE) 2015/848 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015 relativo alle procedure di insolvenza (rifusione), G.U. del 5 giugno 2015, L 141/19 (in vigore dal 26 giugno 2017). 
[26] 
In merito all’effetto indiretto sull’armonizzazione del diritto sostanziale del Regolamento 2015/848, incentrato principalmente su giurisdizione, legge applicabile e riconoscimento, si veda P. De Cesari, Il Regolamento 2015/848 e il nuovo approccio europeo alla crisi dell’impresa, in Fallimento, 2015, p. 1028, secondo la quale il riconoscimento automatico influisce sull’armonizzazione degli ordinamenti giuridici nazionali e dei loro principi guida. Vd. anche M.A. Lupoi, in A. Maffei Alberti, Commentario breve alle leggi su crisi d’impresa ed insolvenza, 7. ed., 2023, art. 1 reg. 848/2015, n. 7, con ulteriori riferimenti in merito. 
[27] 
Cfr. M.A. Lupoi, in A. Maffei Alberti, Commentario breve alle leggi su crisi d’impresa ed insolvenza, 7. ed., 2023, art. 1 reg. 848/2015, n. 7. 
[28] 
Cfr. Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Piano di azione per la creazione dell’Unione dei mercati dei capitali del 30 settembre 2015, COM(2015) 468 final. 
[29] 
L’art. 1, comma 2, L. n. 155/2017 prevedeva il dovere del Governo italiano nell’esercizio della delega legislativa di tener conto della normativa dell’Unione europea, nonché dei princìpi della model law UNCITRAL. La legge modello UNCITRAL sull’insolvenza transfrontaliera (1997), a cui nel 2013 è stata aggiunta una Guida alla promulgazione e all’interpretazione riveduta, è stata adottata da 46 Stati ed è disponibile all’indirizzo: <https://uncitral.un.org/en/texts/insolvency/modellaw/cross-border_ insolvency>. L’art. 1 par. 2 l. d. n. 155/2017 non fa riferimento esplicito, invece, alla Guida legislativa UNCITRAL sul diritto dell’insolvenza del 2004, il secondo pilastro del cosiddetto ICR Standard (Insolvency and Creditor Rights Standard), ovvero i cosiddetti WB Principles (World Bank Principles of Effective Insolvency and Creditor Rights Systems) del 2001, rivisti da ultimo nel 2016, e il WB Natural Persons Insolvency Report del 2014. Per una panoramica di questa soft law internazionale avviata dal Financial Stability Forum (FSF), cfr. A. Mazzoni, The social aspects of MSME insolvencies: a global view and a new approach for law reform, in Dir. comm. internaz., 2016, p. 361; Id., Procedure concorsuali e standards internazionali: norme e principi di fonte Uncitral e Banca Mondiale, in Giur. comm., 2018, I, p. 43. 
[30] 
Si veda anche M. Vitali, Sistemi di allerta e crisi di gruppo nel nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza prime riflessioni (anche) alla luce delle recenti tendenze europee, in Dir. fall., 2019, I, p. 555, p. 561; P. De Cesari, Riforma Rordorf e sollecitazioni europee: le parallele cominciano a convergere, in Fallimento, 2016, p. 1143 e, da ultimo, V. Minervini, Dalla legge fallimentare alla Direttiva Insolvency. Il diritto della crisi come strumento per la costruzione e il corretto funzionamento del mercato interno, Giur. comm., 2023, I, pp. 502 ss., che osserva che «l’enunciazione, nella Direttiva, di tali princìpi e finalità non è affatto – come taluno pur potrebbe credere – una mera formula di stile, destinata a rimanere priva di effetti: mi sembra evidente, al contrario, che un simile incipit incarna ed esprime l’essenza della lunga elaborazione concettuale e normativa che la Direttiva innesta negli ordinamenti degli stati membri, non solo nel suo contenuto immediatamente precettivo, ma anche ad un più alto livello, ermeneutico, funzionale, culturale e valoriale» (ibidem, p. 507).  
[31] 
Cfr. Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che armonizza taluni aspetti del diritto in materia di insolvenza, COM(2022) 702 final. L’elaborazione di una nuova proposta in materia di insolvenza era già prevista nel piano di azione “A Capital Markets Union for people and businesses” del 2020, COM(2020) 590 final. In argomento, vd. A. Stein-G. Corno, Verso una maggiore armonizzazione a livello europeo, in Dirittodellacrisi.it, 8 febbraio 2022. 
[32] 
Cfr. in merito, tra gli altri, L. Panzani, Osservazioni ragionate sulla proposta di una nuova Direttiva di armonizzazione delle leggi sull’insolvenza, in Dirittodellacrisi.it, 10 gennaio 2023; G. Corno, Prime riflessioni sulla proposta della Commissione europea di armonizzazione di alcuni profili della disciplina delle azioni revocatorie nelle procedure di insolvenza e sul possibile impatto sulla normativa italiana, in Dirittodellacrisi.it, 30 Gennaio 2023; L. De Bernardin, Non l’abbiamo vista arrivare: brevi riflessioni sulle ripercussioni della nuova proposta di direttiva in materia di insolvenza sulle procedure liquidatorie in Italia, in Dirittodellacrisi.it, 19 Aprile 2023. 
[33] 
Cfr. considerando 1 e 8 nonché Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, Piano di azione per la creazione dell’Unione dei mercati dei capitali (vd. n. 28), COM(2015) 468 final, 27 s. 
[34] 
Cfr. considerando 8 Direttiva 2019/1023. 
[35] 
Cfr. considerando 5, 6, 7 e 9 Direttiva 2019/1023. 
[36] 
Vd. supra capitolo I, 3. 
[37] 
Cfr. considerando 5, 9 e 72 Direttiva 2019/1023. 
[38] 
Cfr. considerando 17 Direttiva 2019/1023. In argomento, vd. anche H. Eidenmüller, Contracting for a European Insolvency Regime, in EBOR, 2017, p. 294. 
[39] 
Vd. art. 1, comma 1, lett. a, Direttiva 2019/1023. 
[40] 
Cfr. considerando 3 Direttiva 2019/1023. 
[41] 
Cfr. considerando 2 Direttiva 2019/1023. 
[42] 
Cfr. considerando 2 Direttiva 2019/1023. 
[43] 
Vd. art. 2, comma 2, lett. b, Direttiva 2019/1023. 
[44] 
Considerando 28 Direttiva 2019/1023. 
[45] 
Cfr. F. Garcimartin, in C. Paulus-R. Dammann (ed.), European Preventive Restructuring, München, 2021, Art. 4, Rn. 18. 
[46] 
Cfr. art. 6, comma 1, Direttiva 2019/1023. 
[47] 
Vd. art. 10, comma 2, Direttiva 2019/1023. Cfr. in merito, tra gli altri, F. Garcimartin, in C. Paulus-R. Dammann (ed.), European Preventive Restructuring, München, 2021, Art. 4 n. 19, il quale evidenzia, in particolare, i vantaggi di un controllo ex post per non rallentare la ristrutturazione. 
[48] 
Art. 5, comma 1, Direttiva 2019/1023. 
 
[49] 
Cfr. art. 5, comma 2, periodo 3, Direttiva 2019/1023. 
[50] 
Cfr. art. 5, comma 3, lett. a e b, Direttiva 2019/1023. 
[51] 
Art. 5, comma 3, lett. c), Direttiva 2019/1023. 
[52] 
Cfr. art. 6 Direttiva 2019/1023. 
[53] 
Cfr. M. Veder, in C. Paulus-R. Dammann (ed.), European Preventive Restructuring, cit., Art. 8 n. 4. 
[54] 
Vd. considerando 42 Direttiva 2019/1023. 
[55] 
Art. 8, comma 1, lett. f, Direttiva 2019/1023. 
[56] 
Art. 9, comma 4, Direttiva 2019/1023. 
[57] 
Vd. anche considerando 42 Direttiva 2019/1023. 
[58] 
Art. 8, comma 1, lett. d Direttiva 2019/1023. 
[59] 
Vd. L. Stanghellini, Il codice della crisi dopo il d.lgs. 83/2022: la tormentata attuazione della direttiva europea in materia di “quadri di ristrutturazione preventiva”, in Ristrutturazioni Aziendali, 21 luglio 2022, passim; P. Vella, I quadri di ristrutturazione preventiva nella Direttiva UE 2019/1023 e nel diritto nazionale, in Fallimento, 2020, pp. 1033 s. 
[60] 
L’inclusione della “vendita dell’impresa in regime di continuità aziendale” nella definizione di ristrutturazione è stata proposta dalla delegazione italiana; vd. P. Vella, I quadri di ristrutturazione preventiva nella Direttiva UE 2019/1023 e nel diritto nazionale, in Fallimento, 2020, p. 1034. In Italia, il concetto di risanamento oggettivo sotteso alla continuità indiretta era, come noto, già previsto dalla legge delega n. 155/2017; cfr. L. Stanghellini, Il codice della crisi dopo il d.lgs. 83/2022: la tormentata attuazione della direttiva europea in materia di “quadri di ristrutturazione preventiva”, in Ristrutturazioni Aziendali, 21 luglio 2022, p. 4. Per l’attuazione della continuità diretta e indiretta nell’ordinamento italiano, cfr. infra capitolo III, 4.2. 
[61] 
La motivazione delle disposizioni differenziate dell’art. 9 Direttiva 2019/1023 si trova nei considerando 43-47. Il legislatore ha suddiviso l’art. 9 in sette commi. Il primo stabilisce chi può presentare il piano di ristrutturazione. I commi 2 e 3 individuano le parti con diritto di voto. I commi 4 e 5 dell’articolo 9 stabiliscono le regole per la formazione delle classi ai fini del voto e il controllo da parte di un’autorità giudiziaria o amministrativa. Il comma 6 pone le linee guida per il tipo di regole di maggioranza da applicare in ciascuna classe. Infine, l’art. 9, comma 7, Direttiva 2019/1023 prevede una modalità alternativa di adozione del piano basata su un accordo con la maggioranza piuttosto che su una votazione formale. 
[62] 
Cfr. art. 9, comma 6, Direttiva 2019/1023; vd. R. Dammann, in C. Paulus-R. Dammann (ed.), European Preventive Restructuring, cit., Art. 9, Rn. 1. 
[63] 
Cfr., ex aliis e da ultimo, V. Pinto-R. Sacchi, Diritti e garanzie comuni dei dissenzienti nel concordato preventivo, negli ADR e nel PRO, in Nuove leggi civ. comm., 2024, pp. 476 ss. 
[64] 
In questo contesto, l’art. 15, par. 1 della direttiva prevede che gli stati membri devono garantire che i piani di ristrutturazione, omologati dall’autorità giudiziaria o amministrativa, siano vincolanti per le parti interessate denominati conformemente ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. c, Direttiva 2019/1023. 
[65] 
Vd. art. 2, comma 1, n. 6, Direttiva 2019/1023. 
[66] 
Per inciso, ciò viene già indicato nel considerando 3 Direttiva 2019/1023: «Nel contempo, le imprese non sane che non hanno prospettive di sopravvivenza dovrebbero essere liquidate il più presto possibile. Se un debitore che versa in difficoltà finanziarie non è sano o non può tornare a esserlo in tempi rapidi, gli sforzi di ristruttu­ra­zione potrebbero comportare un’accelerazione e un accumulo delle perdite a danno dei creditori, dei lavoratori e di altri portatori di interessi, come anche dell’economia nel suo complesso». Vd. anche art. 4, comma 3 e comma 6 Direttiva 2019/1023. 
[67] 
L’obiettivo di un trattamento efficiente è rilevante, in quanto già il Regolamento 2015/848 è dedicato a questo obiettivo (cfr. considerando 3 Regolamento 2015/848). La differenza è che il più restrittivo art. 10, comma 4, Direttiva 2019/1023 riguarda solo la rapida elaborazione della decisione di omologazione, mentre il considerando 3 del Regolamento 2015/848 riguarda le procedure di insolvenza transfrontaliere in generale. 
[68] 
Vd. art. 11, comma 1, lett. a, e art. 10, comma 2, lett. d, Direttiva 2019/1023. 
[69] 
Art. 11, comma 1, lett. c, Direttiva 2019/1023. 
[70] 
Vd. art. 11, comma 2, Direttiva 2019/1023. Per un’analisi della “priorità relativa” e la “ristrutturazione trasversale” nella Direttiva 2019/1023 rispetto alle loro origini nel panorama internazionale si rinvia a M. Perrino, “Relative priority rule” e diritti dei soci nel concordato preventivo in continuità, in Dirittodellacrisi.it, 12 dicembre 2022, passim. In argomento, cfr. anche, ex multis, G. Ballerini, La distribuzione del (plus)valore ricavabile dal piano di ristrutturazione nella Direttiva (UE) 2019/1023 e l’alternativa fra absolute priority rule e relative priority rule, in Riv. dir. comm., 2021, pp. 367 ss.; D. Galletti, Portata e razionalità economica dell’Absolute Priority Rule, in D. Vattermoli (a cura di), La questione distributiva nel diritto della crisi e dell’insolvenza, 2023, pp. 41 ss., spec. p. 51. 
[71] 
Cfr. considerando 13 Direttiva 2019/1023. 
[72] 
Cfr. con ulteriori riferimenti L. Stanghellini, Il codice della crisi dopo il d.lgs. 83/2022: la tormentata attuazione della direttiva europea in materia di “quadri di ristrutturazione preventiva”, in Ristrutturazioni Aziendali, 21 luglio 2022, p. 10: «Le scelte di fondo sopra descritte stavano in relazione inversa fra innovatività e complessità: il recepimento della Direttiva mediante l’adozione di uno strumento di nuova creazione avrebbe avuto un impatto significativo sul sistema vigente (anche per la necessità di coordinarlo con tutti quelli esistenti e rimasti in vigore), ma sarebbe stato relativamente agevole; all’estremo opposto, invece, attuare la Direttiva mediante più strumenti di ristrutturazione già esistenti avrebbe avuto un minore impatto sistematico, ma sarebbe stato complesso dal punto di vista tecnico, in quanto gli adeguamenti avrebbero dovuto essere coordinati in un quadro unitario, anche al fine di assicurare la fluidità e modularità della ristrutturazione delle quali si è detto». 
[73] 
M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, p. 279, che sottolinea che «L’art. 64 bis risponde a questo interrogativo: il debitore che incontri il consenso di tutte le classi, sia pure con le regole di maggioranza ad esse interne, non deve rispettare i vincoli distributivi dell’art. 84, comma 6, CCII, ma è libero di distribuire il valore in deroga non solo agli artt. 2740 e 2741 c.c. ma anche agli artt. 2777 ss. c.c., perché, diversamente da quanto accade in qualunque forma di esecuzione forzata, individuale o concorsuale, in caso di unanimità non deve rispettare il principio della parità di trattamento e l’ordine delle prelazioni» (vd. già M. Fabiani - I. Pagni, Il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, in Fallimento, 2022, p. 1030). 
[74] 
Vd. per tutti Consiglio di Stato, parere n. 832 del 13 maggio 2022, pp. 113 ss. («(...) In definitiva, si sollecita una riflessione sia sugli evidenziati profili di discontinuità con i principi della direttiva sia sui possibili profili di illegittimità costituzionale dell’articolo 64-bis, comma 1, in relazione all’articolo 76 della Costituzione per eccesso di delega, oltre che sui possibili profili di violazione del divieto di gold plating (...)»). Contra M. Fabiani - I. Pagni, Il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, in Fallimento, 2022, p. 1025, pp. 1029 s. 
[75] 
Vd., in tema, Trib. Vicenza, 17 febbraio 2023, in Dirittodellacrisi.it, 2023; Trib. Udine, 9 marzo 2023, in Dirittodellacrisi.it, 2023. Cfr. G. Lener-L.A. Bottai, Prime applicazioni del PRO: la realtà supera le attese, in Dirittodellacrisi.it, 28 marzo 2023, passim.
[76] 
L’istituto è stato introdotto dall’art. 2, comma 1, lett. a) D.L. n. 35/2005. Sulla sua ratio e sulle intenzioni del legislatore (“scommessa”), per tutti, vd. G. Guerrieri, Il controllo giudiziale sui piani attestati, in Giur. comm. 2012, I, p. 385, p. 389, con ulteriori riferimenti, che inoltre illustra lo sviluppo del nuovo istituto fino al 2012, cioè fino all’introduzione dell’art. 217 bis L. fall. (ibidem, pp. 394 s.), nonché la nuova versione dell’art. 67, comma 3, lett. d, l. fall. del 2012 (ibidem, pp. 406 s.). 
[77] 
L’art. 182 bis L. fall. è stato introdotto dall’art. 2, comma 1, lett. l), D.L. n. 35/2005. Sull’introduzione degli accordi, cfr. almeno G. Falcone, La “gestione privatistica dell’insolvenza” tra accordi di ristrutturazione e piani di risanamento, in: S. Bonfatti-G. Falcone (a cura di), La nuova legge fallimentare “rivista e corretta”, 2008, pp. 267 ss., con ampia ricognizione bibliografica, che evidenzia in particolare le modifiche apportate dall’art. 16, comma 4, del decreto correttivo (ibidem, p. 299). 
[78] 
In merito all’introduzione del concordato preventivo da parte della legge n. 197/1903 e al suo ulteriore sviluppo, mi permetto di rinviare a J. Heck, Krisen des fallimento, 2021, passim, in particolare pp. 68-73, 84-86, 257-263. 
[79] 
Cfr. J. Heck, Krisen des fallimento, 2021, pp. 228 ss. con ulteriori indicazioni di dottrina e giurisprudenza. 
[80] 
Cass., sez. I civ., sentenza del 12 aprile 2018, n. 9087, in Fallimento, 2018, p. 984 (ora anche in Dir. fall., 2019, p. 444): «Tale approdo appare in effetti più lineare e coerente di quanto il dibattito dottrinario che lo ha preceduto e accompagnato farebbe ritenere (forse per una tralatizia adesione allo spirito, più che al testo, della prima riforma del 2005) ed anzi risulta ormai difficilmente confutabile se solo si considerano – anche al di là del dato formale (pur eclatante) della collocazione topografica degli accordi di ristrutturazione fra le maglie della disciplina del concordato preventivo, nonché del dato normativo (pur inequivocabile) che fa riferimento agli accordi di ristrutturazione dei debiti come vere e proprie “procedure concorsuali” (...) – due aspetti basilari: per un verso, l’evoluzione normativa dell’istituto, sempre più strettamente intrecciato a quello del concordato preventivo grazie ad una lunga serie di rinvii normativi che hanno finito per delinearli come strumenti di regolazione della crisi di impresa non solo alternativi ma anche (specie dal 2012) biunivocamente interscambiabili in itinere (cfr. art. 161, comma 6 e art. 182 bis, comma 8, L. fall.), tanto da suggerire in dottrina l’icastica descrizione del fenomeno in termini di “passerella”». Per un inquadramento della sentenza, cfr. per tutti, S. Bonfatti, I “cerchi concentrici” della concorsualità e la prededuzione dei crediti (“dentro o fuori”?), in ilcaso.it, 25 giugno 2018. 
[81] 
Cfr. supra capitolo II, 4. 
[82] 
Cfr. L. Stanghellini, Il codice della crisi dopo il d.lgs. 83/2022: la tormentata attuazione della direttiva europea in materia di “quadri di ristrutturazione preventiva”, in Ristrutturazioni Aziendali, 21 luglio 2022, pp. 7 ss. Vd. anche J. Heck, Krisen des fallimento, 2021, pp. 270 ss. con ulteriori riferimenti.
[83] 
Art. 65, comma 2, CCII. 
[84] 
M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, p. 8 s.; M. Spiotta, É necessaria o inutile una definizione di procedura concorsuale (o di procedura di regolazione della crisi o di quadro di ristrutturazione)? Quando le categorie generali possono conservare funzionalità, in Dirittodellacrisi.it, 22 Aprile 2022, passim
[85] 
G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, 2. ed., 2022, p. 5; vd. anche M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, p. 8. 
[86] 
Per quanto riguarda lo stato attuale degli orientamenti in giurisprudenza e dottrina sulla qualificazione delle procedure concorsuali cfr., ex multis, M. Spiotta, É necessaria o inutile una definizione di procedura concorsuale (o di procedura di regolazione della crisi o di quadro di ristrutturazione)? Quando le categorie generali possono conservare funzionalità, in Dirittodellacrisi.it, 22 Aprile 2022, pp. 7 ss. 
[87] 
Vd. supra capitolo III, 1. 
[88] 
G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, 2. ed., 2022, p. 6. Cfr. in merito anche M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, p. 8, che colloca il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione “vicino alle procedure concorsuali”. 
[89] 
Vd., tra gli altri, S. Ambrosini, Accordi di ristrutturazione dei debiti e finanziamenti alle imprese in crisi. Dalla “miniriforma” del 2005 alla l. 7 agosto 2012, n. 134, 2012, pp. 107 ss.; S. Santangeli, Il piano attestato di risanamento ex art. 56 D.Lgs. n. 14/2019 a seguito del correttivo, in in Dirittodellacrisi.it, 31 dicembre 2020, p. 2; M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, p. 94. 
[90] 
Cfr. G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, 2. ed., 2022, p. 6. 
[91] 
Vd., per esempio, artt. 6, 288 e 360 CCII nonché art. 2499 c.c. 
[92] 
Cfr. M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, p. 9; Id., Il concorso dei creditori dopo il codice della crisi, in Fallimento, 2023, pp. 1017 ss.; G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, 2. ed., 2022, p. 5. 
[93] 
In merito al concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio all’esito della composizione ex art. 25 sexies CCII cfr., ex aliis e da ultimo, G. Bozza, Il concordato semplificato introdotto dal D.L. n. 118 del 2021, convertito, con modifiche dalla l. n. 147 del 2021, in Dirittodellacrisi.it, 9 novembre 2021; G. D’Attorre, Il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, in Fallimento, 2021, pp. 1603 ss.; S. Pacchi, Gli sbocchi della composizione negoziata e, in particolare, il concordato semplificato, in Quaderni di Ristrutturazioni Aziendali, 17 gennaio 2023; EAD., Il concordato semplificato: un epilogo ragionevole della composizione negoziata, in Ristrutturazioni Aziendali, 23 ottobre 2023; EAD., Finalità e funzione del concordato semplificato, in Dir. fall., 2024, pp. 58 ss.; S. Leuzzi, Analisi differenziale fra concordati: concordato semplificato vs ordinario, in Dirittodellacrisi.it, 9 novembre 2021; ID., Il concordato semplificato nel prisma delle prime applicazioni, in Dirittodellacrisi.it, 19 maggio 2023; A. Rossi, Le condizioni di ammissibilità del concordato semplificato, in Fallimento, 2022, pp. 745 ss.; P. F. Censoni, Il concordato «semplificato» nel Codice della crisi e dell’insolvenza: un istituto enigmatico, in Giur. comm., 2023, I, pp. 187 ss. 
[94] 
Cfr. art. 4, paragrafo 1, Direttiva 2019/1023. 
[95] 
Art. 62 CCII; cfr. in argomento, ex multis, M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, p. 85, che sottolinea come lo strumento di natura sia strettamente privatistico e non richieda alcuna omologazione. Per questo motivo, la sua collocazione sistematica di seguito agli accordi di ristrutturazione dei debiti è discutibile. 
[96] 
Cfr. Art. 182 septies l. fall.; introdotto con D.L. 27 giugno 2015 n. 83, conv. in L. 6 agosto 2015 n. 132. 
[97] 
Nel codice è stata estesa, infatti, la platea dei creditori che possono risultarne coinvolti, in precedenza limitata alle banche e agli intermediari. Cfr. in argomento, ex multis, P. Russolillo, Le soluzioni negoziali della crisi nuovo Codice della Crisi e le convenzioni di moratoria, in Dirittodellacrisi.it, 21 aprile 2021, p. 15 con ulteriori riferimenti. 
[98] 
Per quanto riguarda il contenuto, la disposizione dell’art. 62 CCII stabilisce che la convenzione di moratoria può avere per oggetto «la dilazione delle scadenze dei crediti, la rinuncia agli atti o la sospensione delle azioni esecutive e conservative e ogni altra misura che non comporti rinuncia al credito». Il possibile contenuto di una clausola di moratoria può essere suddiviso in due categorie. Da un lato ci sono i pacta de non petendo, dall’altro lato ci sono le clausole ai fini del mantenimento della vigenza di contratti in essere, specie di locazioni finanziarie relative a beni aziendali, come anche di standstill, volte cioè al mantenimento di linee di credito preesistenti entro i limiti del livello di utilizzo esistente alla data di apertura del tavolo delle trattative. Cfr. P. Russolillo, Le soluzioni negoziali della crisi nuovo Codice della Crisi e le convenzioni di moratoria, in Dirittodellacrisi.it, 21 aprile 2021, p. 13. 
[99] 
M. Fabiani, L’ avvio del codice della crisi, in Dirittodellacrisi.it, 5 maggio 2022, p. 9.
[100] 
In argomento cfr., ex multis, G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, 2. ed., 2022, pp. 29 ss.; M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, pp. 73 ss.; ID., Intrecci rovesciati e consecuzione anomala tra composizione negoziata e strumenti di regolazione della crisi, in Dirittodellacrisi.it, 23 febbraio 2024; V. Minervini, Composizione negoziata, norme unionali e (nuovo) Codice della crisi, in Dirittodellacrisi.it, 30 marzo 2022, passim, con ulteriori riferimenti. 
[101] 
Cfr. supra capitolo III, 1. 
[102] 
Vd. relazione introduttiva, in Guida dir. 2006, Dossier mensile n. 4. Riguardo a questa innovazione radicale, cfr. F. Di Marzio, Autonomia negoziale e nuove regole sulla crisi e sulla insolvenza dell’impresa, in S. Bonfatti-G. Falcone (a cura di), La nuova legge fallimentare “rivista e corretta”, p. 250. 
[103] 
Vd. Art. 182 bis L. fall. 2007 (ora artt. 57 ss. CCII; cfr. infra capitolo III, 3.2.). Per tutti, essendovi già amplissima bibliografia, G. Falcone, La “gestione privatistica dell’insolvenza” tra accordi di ristrutturazione e piani di risanamento, in S. Bonfatti-G. Falcone (a cura di), La nuova legge fallimentare “rivista e corretta”, 2008, pp. 267 ss. con ulteriori riferimenti, che in particolare segnala anche le modifiche al decreto correttivo nell’art. 16, comma 4 (ibidem, p. 299). 
[104] 
Cfr. supra capitolo III, 2. 
[105] 
In tal senso M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, p. 94; S. Santangeli, Il piano attestato di risanamento ex art. 56 D.Lgs. n. 14/2019 a seguito del correttivo, in Dirittodellacrisi.it, 31 dicembre 2020, pp. 3 s. Contra G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, 2. ed., 2022, p. 62, il quale sostiene che l’istituto può essere applicato solo agli imprenditori soggetti a liquidazione giudiziale a causa delle esenzioni da revocatoria e sanzioni penali. Per una presentazione esaustiva delle posizioni rappresentate in dottrina, si veda Carrioli, L., in A. Maffei Alberti, Commentario breve alle leggi su crisi d’impresa ed insolvenza, 7. ed., 2023, art. 56, n. 2 con ulteriori riferimenti. 
[106] 
Secondo la definizione legislativa, per stato di crisi si intende «lo stato del debitore che rende probabile l’insolvenza e che si manifesta con l’inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte alle obbligazioni nei successivi dodici mesi». Lo stato di insolvenza, invece, segna «lo stato del debitore che si manifesta con inadempimenti od altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni». 
[107] 
S. Santangeli, Il piano attestato di risanamento ex art. 56 D.Lgs. n. 14/2019 a seguito del correttivo, in Dirittodellacrisi.it, 31 dicembre 2020, pp. 3 s. 
[108] 
Vd. in merito M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, p. 93; M.V. Zammitti, Gli strumenti di regolazione della crisi. Il piano attestato di risanamento e la convenzione di moratoria, in M. Irrera-F. Pasquariello-M. Perrino (a cura di), Lineamenti di diritto della crisi e dell’insolvenza, 2023, pp. 137 s. 
[109] 
Cfr. art. 63 CCII per gli accordi di ristrutturazione dei debiti e art. 88 CCII per il concordato preventivo. 
[110] 
Art. 54 CCII. 
[111] 
Vd. supra a nt. 22 con ulteriori riferimenti. 
[112] 
Cfr. Guernelli M., La riforma delle procedure concorsuali in Francia e in Italia, in Dir. fall., 2008, I, p. 296. Sull’evoluzione delle statistiche cfr. A. Danovi-S. Giacomelli-P. Riva-G. Rodano, Strumenti negoziali per la soluzione delle crisi d’impresa: il concordato preventivo, in Questioni di Economia e Finanza, numero 430, marzo 2018, p. 11. 
[113] 
In argomento, cfr. A. Jorio, Introduzione generale alla disciplina delle crisi d’impresa, in A. Jorio-B. Sassani (a cura di), Trattato delle procedure concorsuali, vol. I, 2014, pp. 84 s. 
[114] 
Sull’evoluzione della qualificazione dell’Insolvenzplan tra contratto sostanziale, contratto processuale e contratto con “Doppelnatur” o sulla sua qualificazione come istituto giuridico sui generis, vd., in particolare, H. Eidenmüller, in R. Stürner-H. Eidenmüller-H. Schoppmeyer (Hrsg.), Münchener Kommentar zur Insolvenzordnung, vol. III, 4. ed., 2020, § 217, Rn. 9 ss., che sottolinea, inoltre, la limitata trasferibilità delle teorie sviluppate nell’ambito di uno specifico istituto nazionale ai fini della comparazione (ibidem, Rn. 6). 
[115] 
Cfr., ex multis, L. Balestra, Accordi di ristrutturazione dei debiti con le banche e normativa civilistica: peculiarità, deroghe e ambiguità, in Corr. giur., 2016, pp. 451 ss. con ulteriori riferimenti. Vd. anche M. Perrino, La “crisi” delle procedure di rimedio al sovraindebitamento (e degli accordi di ristrutturazione dei debiti), in Giust. civ., 2014, pp. 453 s. (ora anche in V. Di Cataldo-V. Meli-R. Pennisi (a cura di), Impresa e mercato, Studi dedicati a Mario Libertini, vol. III, 2015, pp. 1468 s.). 
[116] 
Prima della riforma del 2015, cfr. ex aliis E. Frascaroli Santi, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti. Un nuovo procedimento concorsuale, 2009, passim, spec. pp. 5 s. Dopo la riforma, cfr. ex multis, G. Terranova, Concordati senza consenso: la posizione dei creditori privi di voto, in Riv. dir. comm., 2016, I, pp. 195 s.(= Id., L’autonomia del diritto concorsuale, p. 111), che si è discostato dalla sua visione originaria quando l’istituto è stato introdotto nel 2005. 
[117] 
Cfr. M. Perrino, Gli accordi di ristrutturazione con banche e intermediari finanziari e le convenzioni di moratoria, in Dir. fall., 2016, I, pp. 1450 s. 
[118] 
M. Perrino, Gli accordi di ristrutturazione con banche e intermediari finanziari e le convenzioni di moratoria, in Dir. fall., 2016, I, pp. 1450 s.; C. Trentini, Accordi di ristrutturazione e piano attestato, le soluzioni alternative al declino del concordato preventivo, in Fallimento, 2016, p. 1096; G. Terranova, Concordati senza consenso: la posizione dei creditori privi di voto, in Riv. dir. comm., 2016, I, p. 196. Contra, M. Arato, Il nuovo accordo di ristrutturazione dei debiti bancari vs concordato preventivo, in S. Ambrosini (a cura di), Fallimento, soluzioni negoziate della crisi e disciplina bancaria dopo le riforme del 2015 e 2016, pp. 740 s., che riteneva ancora numerosi i vantaggi del concordato preventivo, in particolare per quanto riguarda la più semplice e rapida omologazione. 
[119] 
Art. 182 bis, comma 3, L. fall. In argomento cfr. G. Terranova, Concordati senza consenso: la posizione dei creditori privi di voto, in Riv. dir. comm., 2016, I, pp. 195 s. 
[120] 
Condivisibile M. Arato, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti tra la giurisprudenza della Cassazione e il codice della crisi e dell’insolvenza, in Il caso, 9 ottobre 2018, pp. 4 s., che sottolinea la mancanza dei criteri classici di una procedura concorsuale e anche in questo senso parla solo di un cambiamento ideologico. Contra G. Falcone, La nuova disciplina delle “convenzioni di moratoria” e l’intervento del professionista attestatore, in Dir fall., 2015, I, pp. 566 s., che riconosce un carattere esclusivamente privatistico dell’istituto anche dopo la riforma. Critico anche D. Vattermoli, Accordi di ristrutturazione e convenzioni di moratoria, in Dir. banc. merc. fin., 2015, II, p. 65, il quale continua a ipotizzare un carattere contrattuale che è stato solo “contaminato“ da caratteristiche fallimentari a seguito della riforma. 
[121] 
Vgl. F. Di Marzio, La riforma delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza, 2018, p. 59. 
[122] 
Cass., sez. I civ., sentenza del 18 gennaio 2018, n. 1182, in Fallimento, 2018, p. 285; Cass., sez. I civ., sentenza del 12 aprile 2018, n. 9087, in Fallimento, 2018, p. 984; Cass., sez. I civ., sentenza del 21 giugno 2018, n. 16347, p. 9. 
[123] 
Cass., sez. I civ., sentenza del 12 aprile 2018, n. 9087, in Fallimento, 2018, p. 986. Critico al riguardo M. Fabiani, Dal codice della crisi d’impresa agli accordi di ristrutturazione senza passare da saturno, in Il caso, 14 ottobre 2018, p. 8, secondo cui la decisione della Corte di Cassazione non è riuscita a dissipare i dubbi e le difficoltà interpretative sottostanti. Si veda da ultimo C. Trentini, “Saturno contro”: sugli accordi di ristrutturazione dei debiti si rinfocola il contrasto tra legittimità e merito (e non solo), in Fallimento, 2019, p. 1336, che esamina e critica la più recente giurisprudenza in merito. 
[124] 
A. Nigro, Osservazioni sul codice della crisi, in Riv. dir. comm., 2018, I, p. 451; M. Fabiani, La par condicio creditorum al tempo del codice della crisi, in Questione Giustizia, 2019, pp. 211 s. 
[125] 
Cfr. art. 61 CCII. In questo senso anche C. Trentini, “Saturno contro”: sugli accordi di ristrutturazione dei debiti si rinfocola il contrasto tra legittimità e merito (e non solo), in Fallimento, 2019, p. 1344, che differenzia gli accordi di ristrutturazione dei debiti dal concordato preventivo e vede nella ricerca della maggioranza e nella tutela della minoranza i punti di riferimento centrali per la classificazione degli accordi come procedure concorsuali. Cfr. in argomento anche E. Frascaroli Santi, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 57 CCII): una procedura concorsuale, tra vecchie certezze e nuove incertezze normative, in Dir. fall., 2021, pp. 924 ss. Critico M. Fabiani, Dal codice della crisi d’impresa agli accordi di ristrutturazione senza passare da saturno, in Il caso, 14 ottobre 2018, p. 6; Id., La par condicio creditorum al tempo del codice della crisi, in Questione Giustizia, 2019, pp. 211 s., che critica la perdurante mancanza di una norma distributiva e sottolinea le importanti conseguenze pratiche di questa disputa di opinioni in merito all’applicabilità degli accordi di ristrutturazione dei debiti. Così anche A. Nigro, Osservazioni sul codice della crisi, in Riv. dir. comm., 2018, I, p. 451. 
[126] 
In merito dell’apertura dell’istituto anche per gli imprenditori agricoli vd. art. 23, comma 43, d.l. del 6 luglio 2011, n. 98, conv. in l. del 15 luglio 2011, n. 111. 
[127] 
M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, p. 181. 
[128] 
Per quanto riguarda il possibile contenuto degli accordi, la legge rinvia alla disciplina del piano attestato di risanamento di cui all’art. 56 CCII. In particolare, il contenuto degli accordi può comprendere la moratoria dei crediti, la modifica dei termini di pagamento, la cancellazione parziale, l’apporto di nuovi finanziamenti, misure patrimoniali, la costituzione di nuove garanzie. Cfr. M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, pp. 181 ss. che sottolinea in particolare l’importanza centrale dell’erogazione di nuove risorse finanziarie per il successo di un piano. 
[129] 
In merito ai debiti fiscali il d.lgs. n. 136/2024 ha apportato ulteriori modifiche all’art. 63, comma 5, CCII che ora prevede esplicitamente che: «Il tribunale omologa gli accordi di ristrutturazione anche in mancanza di adesione, che comprende il voto contrario, da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza, assistenza e assicurazioni obbligatorie quando, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista indipendente, l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui agli articoli 57, comma 1, e 60, comma 1, e ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni, oggetto di specifica valutazione da parte del tribunale: a) l’accordo non ha carattere liquidatorio; b) il credito complessivo vantato dagli altri creditori aderenti agli accordi di ristrutturazione è pari ad almeno un quarto dell’importo complessivo dei crediti; c) il soddisfacimento dell’amministrazione finanziaria o dei predetti enti è non deteriore rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale alla data della proposta; d) il soddisfacimento dei crediti dell’amministrazione finanziaria e degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è almeno pari al 60 per cento dell’ammontare dei crediti di ciascun ente creditore, esclusi sanzioni e interessi, fermo restando il pagamento degli interessi di dilazione al tasso legale vigente nel corso di tale periodo». 
[130] 
Art. 60, comma 1, CCII. 
[131] 
Cfr. art. 61, comma 4, CCII. Non è, invece, da considerare nuova prestazione la prosecuzione della concessione del godimento di beni oggetto di contratti di locazione finanziaria già stipulati. 
[132] 
Cfr. supra capitolo III, 1., con ulteriori riferimenti. 
[133] 
Art. 64 ter CCII. 
[134] 
M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, p. 279. 
[135] 
Vd. Art. 64 bis, comma 1, CCII. 
[136] 
M. Fabiani - I. Pagni, Il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, in Fallimento, 2022, pp. 1031 s. 
[137] 
V. art. 64 bis, comma 9, CCII. 
[138] 
Art. 64 bis, comma 3, CCII. 
[139] 
Cfr. art. 64 bis, comma 7, CCII che richiama gli artt. 107 e 108 CCII. 
[140] 
Cfr. art. 9, comma 2, Direttiva 2019/1023. 
[141] 
Nel caso di crediti assistiti dal privilegio di cui all’articolo 2751-bis, n. 1, c.c., tale termine è di trenta giorni; v. art. 64-bis, comma 7, CCII. 
[142] 
V. art. 64 bis, comma 9, CCII che richiama l’art. 48, commi 1, 2 e 3 CCII. 
[143] 
Art. 64 bis, comma 8, CCII. 
[144] 
V. art. 64 bis, comma 8, CCII.; cfr., per tutti, M. Fabiani - I. Pagni, Il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione, in Fallimento, 2022, p. 1034. 
[145] 
G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, 2. ed., 2022, p. 173; M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, p. 286, che si riferisce in particolare alla possibilità di scioglimento dei contratti (art. 97 CCII) e all’inopponibilità degli atti (art. 145 CCII) per quanto riguarda la prossimità al concordato preventivo. 
[146] 
G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, 2. ed., 2022, p. 173. 
[147] 
Sulla necessità del nuovo strumento, soprattutto in vista del concordato preventivo, cfr. supra capitolo III, 1. 
[148] 
Vd., in tema, Trib. Vicenza, 17 febbraio 2023, in Dirittodellacrisi.it, 2023; Trib. Udine, 9 marzo 2023, in Dirittodellacrisi.it, 2023. Cfr. G. Lener-L.A. Bottai, Prime applicazioni del PRO: la realtà supera le attese, in Dirittodellacrisi.it, 28 marzo 2023, passim
[149] 
Art. 33, comma 1, lett. b, n. 4, d.l. del 22 giugno 2012, n. 83. 
[150] 
Art. 82 D.L. 21 giugno 2013, n. 69, conv. con modifiche in legge del 9 agosto 2013, n. 98. Il contesto della controriforma era che, partendo da una media di 200-300 domande a trimestre per un “normale” concordato preventivo, dal terzo trimestre 2012 al secondo trimestre 2013 si è osservato un rapido aumento fino a 1.400 domande a trimestre per i concordati “in bianco”; vd. Cerved, Osservatorio sui fallimenti e chiusure di imprese, Settembre 2019, n. 39, p. 7 (consultabile su: < https://know.cerved. com/archivio-pubblicazioni > ). 
[151] 
Cfr. S. Ambrosini, Il nuovo concordato preventivo: “finalità”, “presupposti” e controllo sulla fattibilità del piano, in Il caso, 25 febbraio 2019, p. 18; G. Bozza, L’enigma del concordato con riserva nella bozza del codice della crisi e dell’impresa, in Il caso, 30 luglio 2018, p. 16 («un recupero di sovranità giudiziaria»). In tal senso anche A. Jorio, La riforma della legge fallimentare tra utopia e realtà, in Dir. fall., 2019, I, p. 309 (ora anche in AA.VV., La nuova disciplina delle procedure concorsuali. Scritti in ricordo di Michele Sandulli, 2019, pp. 413 ss.), secondo cui il concordato preventivo rischia di ritornare al suo significato precedente alla riforma del 2005. Dubbi sono sollevati anche da R. Santagata, Concordato preventivo “meramente dilatorio” e nuovo “codice della crisi e dell’insolvenza”: verso il tramonto dell’abuso di diritto (o del processo)?, in Dir. fall. 2019, I, pp. 352 ss. (ora anche in AA.VV., La nuova disciplina delle procedure concorsuali. Scritti in ricordo di Michele Sandulli, 2019, pp. 598 ss.), che loda la più efficace repressione dell’abuso della procedura, ma descrive il risultato come troppo deterrente (ibidem, p. 362). Sull’evoluzione del trattamento giuridico dell’“abuso del concordato” fino al nuovo codice, si veda R. Rordorf, Il diritto esorbitante: abuso del diritto, abuso del processo, abuso del concordato, in Fallimento, 2020, p. 1207. 
[152] 
Vd. per tutti L. Stanghellini, Il codice della crisi dopo il d.lgs. 83/2022: la tormentata attuazione della direttiva europea in materia di “quadri di ristrutturazione preventiva”, in Ristrutturazioni Aziendali, 21 luglio 2022, pp. 11 s.; S. Leuzzi, Appunti sul Concordato Preventivo ridisegnato, in Dirittodellacrisi.it, 5 maggio 2022, passim
[153] 
Vd. art. 36 d.lgs. 270/1999; cfr. in argomento M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, pp. 207 s.; G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, 2. ed., 2022, p. 98. 
[154] 
Art. 84, comma 1, CCII. 
[155] 
Vd. art. 37, comma 1, CCII. 
[156] 
Così art. 6, comma 1, lett. b, D.L. C 3671-bis; vgl. A. Jorio, in: S. Ambrosini (a cura di), Fallimento, soluzioni negoziate della crisi e disciplina bancaria dopo le riforme del 2015 e 2016, pp. 33 s. 
[157] 
G. Lo Cascio, Il codice della crisi di impresa e dell’insolvenza: considerazioni a prima lettura, in Fallimento, 2019, p. 273, secondo cui il concordato preventivo dell’imprenditore onesto ma sfortunato non esiste più. In questo senso anche A. Jorio, La riforma della legge fallimentare tra utopia e realtà, in Dir. fall., 2019, I, p. 303 (ora anche in AA.VV., La nuova disciplina delle procedure concorsuali. Scritti in ricordo di Michele Sandulli, 2019, pp. 413 ss.). Sul nuovo concordato preventivo nel codice della crisi v. in generale, tra gli altri, S. Ambrosini, Il nuovo concordato preventivo: “finalità”, “presupposti” e controllo sulla fattibilità del piano, in Il caso, 25 febbraio 2019, p. 18; Id., Finalità del concordato preventivo e tipologie di piano: gli interessi protetti e lo “statuto” della continuità aziendale, in Ristrutturazioni Aziendali, 10 marzo 2024; M. Arato, Il concordato con continuità nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Fallimento, 2019, pp. 855 ss.; F. D’Angelo, Il concordato preventivo con continuità aziendale nel nuovo codice della crisi e dell’insolvenza, in Dir. fall., 2020, pp. 27 ss.; M. Fabiani, Il concordato con piano di continuità dopo il codice della crisi, in Foro it., 2020, V, 45; V. Pinto, La fattispecie di continuità aziendale nel concordato nel Codice della crisi, in Giur. comm., 2020, I, 396; R. Brogi, Concordato con continuità e liquidazione dei beni: prevalenza qualitativa, prevalenza quantitativa o combinazione?, in Fallimento, 2020, pp. 480 ss.; A. Zorzi, Concordato con continuità e concordato liquidatorio: oltre le etichette, in Dir. fall., 2020, pp. 58 ss.; A. Zuliani, Continuità diretta e continuità indiretta: presupposti, regole, criticità, in Dirittodellacrisi.it, 2 marzo 2022, passim; M. Spiotta, Evoluzione del diritto concorsuale e modello concordatario: unitarietà o pluralità?, in Fallimento, 2023, pp. 869 ss.; E. Ricciardiello, I lineamenti del nuovo concordato preventivo, in Dir. fall., 2022, p. 1127. 
[158] 
Sulla funzionalizzazione del nuovo concordato preventivo S. Ambrosini, in Il caso, 25 febbraio 2019, passim; anche L. Panzani, Le finalità del concordato preventivo, in Dirittodellacrisi.it, 10 ottobre 2022, passim
[159] 
Un’analisi empirica fino al 2015 ha mostrato che nei casi analizzati circa il 30% dei concordati preventivi prevedeva la continuazione dell’impresa, di cui quasi due terzi avveniva in forma indiretta, cioè tramite un terzo; cfr. A. Danovi-S. Giacomelli-P. Riva-G. Rodano, Strumenti negoziali per la soluzione delle crisi d’impresa: il concordato preventivo, in Questioni di Economia e Finanza, numero 430, marzo 2018, pp. 16 s., 31. Critico sui nuovi requisiti del concordato in continuità riformato ai sensi dell’art. 84 CCII in particolare V. Pinto, Le fattispecie di continuità aziendale nel concordato nel Codice della Crisi, in Giur. comm., 2020, I, p. 387.
[160] 
La legge riconosce ora esplicitamente il caso dell’affitto d’azienda come forma di continuità indiretta. Così facendo, il legislatore conferma la giurisprudenza della Corte di Cassazione, che si era pronunciata in tal senso in una prima sentenza sull’art. 186-bis l. fall.; cfr. Cass., sez. I civ., sentenza del 19 novembre 2018, n. 29742, in Foro it. 2019, I, p. 145. Critico sul criterio di funzionalità degli accordi F. D’Angelo, Il concordato preventivo con continuità aziendale nel nuovo codice della crisi e dell’insolvenza, in Dir. fall. 2020, I, p. 37, in particolare n. 21, secondo cui si sarebbe creata una nuova incertezza. 
[161] 
Art. 85, comma 1, CCII. 
[162] 
Art. 2, comma 1, lett. r, CCII. 
[163] 
Art. 85, comma 3, CCII. 
[164] 
Art. 85, comma 2, CCII. 
[165] 
Cfr. art. 100 CCII. Sulla sua possibile interpretazione e sull’impatto sulla par condicio cfr. M. Fabiani, La par condicio creditorum al tempo del codice della crisi, in Questione Giustizia, 2019, p. 223. 
[166] 
Art. 109, comma 1, CCII. Sulle modalità del voto cfr., per tutti, G. B. Nardecchia, Il voto nel concordato preventivo, in Dirittodellacrisi.it, 25 ottobre 2022, passim
[167] 
Art. 109, comma 1, CCII. 
[168] 
Cfr. in merito, per tutti, S. Leuzzi, L’omologazione del concordato preventivo in continuità, in Dirittodellacrisi.it, 16 febbraio 2023, passim; M. Fabiani, L’omologazione del nuovo concordato preventivo, in Fallimento, 2020, 10, p. 1314; G. Nuzzo, Profili problematici del giudizio di omologazione del concordato preventivo nella disciplina del codice della crisi, in Dir. fall., 2020, pp. 84 ss. 
[169] 
Tra questi la regolarità della procedura, l’esito della votazione, l’ammissibilità della proposta, la corretta formazione delle classi, la parità di trattamento dei creditori all’interno di ciascuna classe, in caso di concordato in continuità aziendale, che tutte le classi abbiano votato favorevolmente, che il piano non sia privo di ragionevoli prospettive di impedire o superare l’insolvenza e che eventuali nuovi finanziamenti siano necessari per l’attuazione del piano e non pregiudichino ingiustamente gli interessi dei creditori nonché in ogni altro caso, la fattibilità del piano, intesa come non manifesta inattitudine a raggiungere gli obiettivi prefissati (art. 112, comma 1, CCII). 
[170] 
Cfr. S. Leuzzi, L’omologazione del concordato preventivo in continuità, in Dirittodellacrisi.it, 16 febbraio 2023, pp. 24 s.; L. De Bernardin, Ristrutturazione trasversale e transazione fiscale: non ce lo chiede il legislatore…e neanche l’Europa, in Dirittodellacrisi.it, 29 gennaio 2024, passim; G. D’Attorre, Classi “interessate” e classi “maltrattate” nella ristrutturazione trasversale, in Dirittodellacrisi.it, 24 maggio 2023, passim
[171] 
Fermo restando quanto previsto per i crediti da lavoro dall’art. 84, comma 7, CCII. 
[172] 
Cfr. art. 11, comma 1, lett. d, Direttiva 2019/1023. 
[173] 
Cfr. infra capitolo III, 4.4. 
[174] 
L. Stanghellini, Il codice della crisi dopo il d.lgs. 83/2022: la tormentata attuazione della direttiva europea in materia di “quadri di ristrutturazione preventiva”, in Ristrutturazioni Aziendali, 21 luglio 2022, p. 13. 
[175] 
Cfr. in argomento, ex multis, A. Crivelli, Concordato minore e concordato preventivo, in Dirittodellacrisi.it, 21 dicembre 2022, passim; M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, pp. 628 ss.; G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, 2. ed., 2022, pp. 408 ss. Sull’evoluzione della disciplina in tema di sovraindebitamento e, in particolare, sugli ex “accordi di ristrutturazione” v. N. Soldati, Il concordato minore nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza quale evoluzione dell’ accordo con i creditori, 5 novembre 2021, passim; vd. anche L. D’Orazio, Il rapporto tra liquidazione controllata e concordato minore, in Fallimento, 2022, pp. 1306 ss. 
[176] 
M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, pp. 628 s.; G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, 2. ed., 2022, pp. 408 s. 
[177] 
M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, p. 629. 
[178] 
Art. 74, comma 1, CCII. 
[179] 
Questo può avvenire sotto forma di cessione, usufrutto, affitto o conferimento; cfr. A. Crivelli, Concordato minore e concordato preventivo, in Dirittodellacrisi.it, 21 dicembre 2022, pp. 8 s.; G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, 2. ed., 2022, p. 408. 
[180] 
Art. 74, comma 2, CCII. 
[181] 
Art. 79, comma 1, CCII. 
[182] 
Art. 79, comma 1, e art. 109 CCII; cfr. in argomento, ex multis, M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, p. 630. 
[183] 
Art. 80, comma 1, CCII. 
[184] 
Art. 80, comma 3, CCII. 
[185] 
M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, p. 631, che si riferisce anche all’irrisolto rapporto del concordato minore con il procedimento unitario. Cfr. anche D. Vattermoli, Ristrutturazione trasversale dei debiti, in Giur. comm., 2023, pp. 823 ss. 
[186] 
Cons. 24 Dir.; cfr. supra capitolo II, 3.1. 
[187] 
Ciò vale anche per il concordato minore sopra descritto, nella misura in cui il sovraindebitamento di cui all’art. 2, lett. c, CCII è definito come «stato di crisi o di insolvenza del consumatore, del professionista, dell’imprenditore minore, dell’imprenditore agricolo, delle start-up innovative di cui al decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa o ad altre procedure liquidatorie previste dal codice civile o da leggi speciali per il caso di crisi o insolvenza». 
[188] 
Art. 2, comma 1, d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni dalla legge 14 maggio 2005, n. 80. 
[189] 
Per una critica a questa tecnica legislativa cfr., ex multis, G. Pellegrino, La riforma della legge fallimentare, in Dir. fall., 2006, I, pp. 354 ss. Contra S. Pacchi, in A. Didone (a cura di), Le riforme della legge fallimentare, vol. II, p. 1769, che vede in questa circostanza lo sforzo legislativo di liberare la procedura da qualsiasi ostacolo oggettivo, al fine di ottenere una procedura il più efficace possibile per evitare la liquidazione. 
[190] 
Introdotto con art. 36 D.L. n. 30 dicembre 2005, n. 273. 
[191] 
Cfr., ex multis, M.C. Cardarelli, Insolvenza e stato di crisi tra scienza giuridica e aziendalistica, in Dir. fall., 2019, I, p. 19 (ora anche in AA.VV., La nuova disciplina delle procedure concorsuali. Scritti in ricordo di M. Sandulli, p. 157); A. Jorio, La riforma della legge fallimentare tra utopia e realtà, in Dir. fall., 2019, I, p. 310 (ora anche in AA.VV., La nuova disciplina delle procedure concorsuali. Scritti in ricordo di Michele Sandulli, 2019, pp. 413 ss.); S. Ambrosini, Crisi e insolvenza nel passaggio fra vecchio e nuovo assetto ordinamentale: considerazioni problematiche, in Il caso, 14 gennaio 2019, p. 28 (ora anche in AA.VV., La nuova disciplina delle procedure concorsuali. Scritti in ricordo di Michele Sandulli, 2019, pp. 47 ss.); M. Fabiani, Il codice della crisi di impresa e dell’insolvenza tra definizioni, principî generali e qualche omissione, in Foro it., 2019, I, 163. 
[192] 
Nella relazione illustrativa al d.lgs. 83/2022, questa scelta viene giustificata come segue: «la definizione di “crisi” di cui alla lettera a), d stata sostituita con una definizione che tiene conto anche della modifica dell’articolo 3 sugli assetti organizzativi. Essa ricomprende situazioni di squilibrio economico-finanziario e patrimoniale che inquadra in una prospettiva temporale più ampia di quella presente nella disciplina degli indicatori della crisi originariamente dettata dal Codice e modificata con il presente schema di decreto legislativo, prospettiva ritenuta maggiormente idonea ad intercettare le situazioni di squilibrio che richiedono la pronta attivazione da parte dell’imprenditore». 
[193] 
M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, pp. 67 s. («Il concetto di crisi adottato nel codice è associato a quello di probabilità di rischio di insolvenza, con la conseguenza che la nozione di crisi risulta schiacciata in avanti sulla nozione di insolvenza. Ed infatti per crisi si intende, proprio, la probabilità di insolvenza che si manifesta quando i flussi prospettici non appaiono adeguati a soddisfare i debiti nei successivi dodici mesi, ovverosia quello stesso arco temporale preso in considerazione dai principi di bilancio sulla continuità aziendale; si tratta di una scelta che ha una matrice aziendalistica»). 
[194] 
Per una panoramica dell’evoluzione della giurisprudenza e della letteratura cfr., ex multis, S. Ambrosini, Crisi e insolvenza nel passaggio fra vecchio e nuovo assetto ordinamentale: considerazioni problematiche, in Il caso, 14 gennaio 2019, passim (ora anche in AA.VV., La nuova disciplina delle procedure concorsuali. Scritti in ricordo di M. Sandulli, 2019, pp. 47 ss.). 
[195] 
Cfr. da ultimo Cass. civ., sentenza del 20 novembre 2018, n. 29913, in Il caso, Sez. Giurisprudenza, n. 21103 del 22 gennaio 2019. In dottrina, cfr., ex multis, A. Rossi, Dalla crisi tipica ex CCII alla resilienza della twilight zone, in Fallimento, 2019, p. 293, che segnala la vicinanza alla definizione di crisi ex art. 2, comma 1, lett. a, CCII 2019. Analogamente S. Ambrosini, Crisi e insolvenza nel passaggio fra vecchio e nuovo assetto ordinamentale: considerazioni problematiche, in Il caso, 14 gennaio 2019, p. 11 (ora anche in AA.VV., La nuova disciplina delle procedure concorsuali. Scritti in ricordo di Michele Sandulli, 2019, pp. 47 ss.), secondo cui la decisione conferma l’evoluzione giurisprudenziale. Sulla legge delega, cfr. già F. Di Marzio, La riforma delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza, pp. 15 ss. 
[196] 
Cfr. M. Fabiani, Il codice della crisi di impresa e dell’insolvenza tra definizioni, principî generali e qualche omissione, in Foro it., 2019, I, p. 163. 
[197] 
In argomento cfr., ex multis, G. Terranova, Stato di crisi, stato d’insolvenza, incapienza patrimoniale, in Dir. fall., 2006, I, pp. 569 ss.; Id., Insolvenza, stato di crisi, sovraindebitamento, 2013, passim; G. Presti, Stato di crisi e stato di insolvenza, in O. Cagnasso-L. Panzani (a cura di), Crisi d’impresa e procedure concorsuali, I, Milano, 2016, pp. 400 ss.; S. Ambrosini, Crisi e insolvenza nel passaggio fra vecchio e nuovo assetto ordinamentale: considerazioni problematiche, in Dir. fall., 2020, pp. 1 ss. (pubblicato anche, con integrazioni e aggiornamenti, in Diritto dell’impresa in crisi, 2022, pp. 1 ss.); S. Fortunato, Insolvenza, crisi e continuità aziendale nella riforma delle procedure concorsuali: ovvero la commedia degli equivoci, in Dir. fall., 2021, I, pp. 3 ss.; B. Inzitari, Crisi, insolvenza, insolvenza prospettica, allerta: nuovi confini della diligenza del debitore, obblighi di segnalazione e sistema sanzionatorio nel quadro delle misure di prevenzione e risoluzione, in AA.VV., Le crisi d’impresa e del consumatore dopo il d.l. 118/2021. Liber amicorum per Alberto Jorio, pp. 72 ss.; S. Ambrosini, Il Codice della Crisi dopo il D.Lgs. 83/2022: brevi appunti su nuovi istituti, nozione di crisi, gestione dell’impresa e concordato preventivo (con una notazione di fondo), in Dir. fall., 2022, I, p. 837 (= in Ristrutturazioni Aziendali, 17 luglio 2022). 
[198] 
S. Ambrosini, Il Codice della Crisi dopo il D.Lgs. 83/2022: brevi appunti su nuovi istituti, nozione di crisi, gestione dell’impresa e concordato preventivo (con una notazione di fondo), in Dir. fall., 2022, I, p. 837 (= in Ristrutturazioni Aziendali, 17 luglio 2022). 
[199] 
Cfr. relazione illustrativa al D.Lgs. 83/2022, p. 5. In merito al nuovo procedimento unitario cfr., ex multis, I. Pagni, L’alternativa tra la liquidazione giudiziale e gli strumenti di regolazione della crisi, in Fallimento, 2022, pp. 1195 ss.; Ead, La trattazione unitaria dell’alternativa tra la liquidazione giudiziale e gli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza nell’art. 7 CCII, in Dirittodellacrisi.it, 16 ottobre 2023, passim; G. Rana, Le regole del procedimento unitario della crisi d’impresa dopo il D.Lgs. n. 83/2022, in Fallimento, 2023, pp. 153 ss.; L. Galanti, L’unitarietà del procedimento e la flessibilità degli strumenti nel nuovo codice della crisi e dell’insolvenza, in Dir. fall., 2023, pp. 281 ss.; M. Centonze, Acceso agli strumenti alternativi, doveri di lealtà del creditore e proroga del termine ex art. 44 CCI, in Dir. fall., 2023, pp. 534 ss.; F. De Santis, Il processo c.d. unitario per la regolazione della crisi o dell’insolvenza: effetti virtuosi ed aporie sistematiche, in Fallimento, 2020, pp. 157 ss.; Id., Procedimento unitario e decreto correttivo: proposte minime waiting for Godot, in Dirittodellacrisi.it, 3 aprile 2024, passim
[200] 
Il modello del procedimento unitario è stabilito in art. 2, comma 1, lett. d, l. 19 ottobre 2017, n. 155. 
[201] 
Cfr. supra capitolo III, 2. 
[202] 
Sui principi fondamentali cfr. per tutti M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, p. 118: «Al netto di queste criticità, nel sistema sono stati calati alcuni principi fondamentali: (i) il procedimento, qualunque sia il tipo di domanda, si introduce con ricorso (art. 40 CCII); (ii) il tribunale competente è, sempre, quello identificabile con il criterio di collegamento del COMI (art. 27 CCII); (iii) il tribunale giudica in composizione collegiale; (iv) se sono presentate più domande contrapposte queste devono essere convogliate nel medesimo processo e in ogni caso vanno riunite (artt.. 7 e 40 CCII); (v) l’ordine di esame delle domande è stabilito per legge (art. 7 CCII); (vi) le decisioni sono assunte con sentenza (salvo il caso di cui all’art. 50 CCII); (vii) i mezzi di impugnazione sono gli stessi (artt. 51 e 53 CCII); (viii) nei procedimenti possono essere applicate misure protettive e richieste misure cautelari». 
[203] 
M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, p. 118. 
[204] 
Vd. M. Centonze, Acceso agli strumenti alternativi, doveri di lealtà del creditore e proroga del termine ex art. 44 CCI, in Dir. fall., 2023, I, pp. 534 ss. 
[205] 
Sugli effetti di questa scelta legislativa, in particolare in merito alle imprese in forma societaria, cfr. L. Stanghellini, Il codice della crisi dopo il d.lgs. 83/2022: la tormentata attuazione della direttiva europea in materia di “quadri di ristrutturazione preventiva”, in Ristrutturazioni Aziendali, 21 luglio 2022, p. 12. In merito vd. anche R. Fava, L’iniziativa dei creditori nella ristrutturazione dell’impresa in crisi fra passato, presente e futuro, in Dir. fall., 2022, I, pp. 33 ss. 
[206] 
Cfr. art. 54 CCII. 
[207] 
Cfr. in merito al nuovo sistema di misure cautelari e protettive, ex multis, L. Baccaglini-L. Calcagno, Le misure protettive e cautelari nel CCII, in Dirittodellacrisi.it, 11 ottobre 2022, passim, con ulteriori riferimenti; P. Russolillo, Misure protettive negli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza alternativi alla liquidazione giudiziale e procedure esecutive individuali, in Dirittodellacrisi.it, 6 giugno 2023, passim
[208] 
Cfr., per tutti, L. De Simone, L’accesso “con riserva” al procedimento unitario, in Dirittodellacrisi.it, 7 ottobre 2022, passim
[209] 
Per un esame della nuova disciplina si rinvia a L. Baccaglini-L. Calcagno, Le misure protettive e cautelari nel CCII, in Dirittodellacrisi.it, 11 ottobre 2022, pp. 6 ss. 
[210] 
Vd. L. De Simone, L’accesso “con riserva” al procedimento unitario, in Dirittodellacrisi.it, 7 ottobre 2022, p. 22. Cfr. anche M. Aiello, La protezione del debitore nel codice della crisi: un approccio sistematico, in Dir. fall., 2023, I, p. 326 s. 
[211] 
Vd. L. Stanghellini, Il codice della crisi dopo il d.lgs. 83/2022: la tormentata attuazione della direttiva europea in materia di “quadri di ristrutturazione preventiva”, in Ristrutturazioni Aziendali, 21 luglio 2022, p. 14. 
[212] 
Vd. già art. 2, comma 1, lett. g, L. 19 ottobre 2017, n. 155, che ha elevato a principio di sistema «dare priorità di trattazione, fatti salvi i casi di abuso, alle proposte che comportino il superamento della crisi assicurando la continuità aziendale, anche tramite un diverso imprenditore, purché’ funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori e purché’ la valutazione di convenienza sia illustrata nel piano, riservando la liquidazione giudiziale ai casi nei quali non sia proposta un’idonea soluzione alternativa». 
[213] 
Cfr., ex aliis e da ultimo, S. Leuzzi, L’evoluzione del valore della continuità nelle procedure concorsuali, in Nuove leggi civ. comm., 2022, pp. 479 ss., p. 500. 
[214] 
Vd. Appendix, Fig. 2.2. 
[215] 
Cfr. Appendix, Fig. 2.2. Vd. già A. Danovi-S. Giacomelli-P. Riva-G. Rodano, Strumenti negoziali per la soluzione delle crisi d’impresa: il concordato preventivo, in Questioni di Economia e Finanza, numero 430, marzo 2018, p. 11 e A. Danovi-I. Donati-I. Forestieri-T. Orlando-A. Zorzi, La continuità aziendale nella crisi d’impresa: una ricerca empirica sull’andamento di accordi di ristrutturazione del debito e concordati preventivi, 2009-2016, in Dir. fall., 2021, I, p. 1162. 
[216] 
Cfr. Appendix, Fig. 2.6. Vd. A. Danovi-I. Donati-I. Forestieri-T. Orlando-A. Zorzi, La continuità aziendale nella crisi d’impresa: una ricerca empirica sull’andamento di accordi di ristrutturazione del debito e concordati preventivi, 2009-2016, in Dir. fall., 2021, I, pp. 1164 s. 
[217] 
Cfr. Appendix, Fig. 2.5. Vd. A. Danovi-I. Donati-I. Forestieri-T. Orlando-A. Zorzi, La continuità aziendale nella crisi d’impresa: una ricerca empirica sull’andamento di accordi di ristrutturazione del debito e concordati preventivi, 2009-2016, in Dir. fall., 2021, I, pp. 1163. 
[218] 
Cfr. Appendix, Fig. 2.5. Vd. A. Danovi-I. Donati-I. Forestieri-T. Orlando-A. Zorzi, ibidem, i quali evidenziano anche la frequenza delle misure specifiche previsti nei piani degli accordi di ristrutturazione dei debiti. Tra queste, in primo luogo, la vendita di asset, la dilazione dei debiti nonché gli interventi relativi alla gestione e strategia dell’impresa. 
[219] 
Cfr. Appendix, Fig. 2.3. Vd. già A. Danovi-S. Giacomelli-P. Riva-G. Rodano, Strumenti negoziali per la soluzione delle crisi d’impresa: il concordato preventivo, in Questioni di Economia e Finanza, numero 430, marzo 2018, pp. 16 s. e A. Danovi-I. Donati-I. Forestieri-T. Orlando-A. Zorzi, La continuità aziendale nella crisi d’impresa: una ricerca empirica sull’andamento di accordi di ristrutturazione del debito e concordati preventivi, 2009-2016, in Dir. fall., 2021, I, p. 1161. 
[220] 
La distinzione formale tra continuità diretta e indiretta in ambito concordatario è stata introdotta solo nel 2012. La corrispondente categorizzazione dei procedimenti precedenti a tale data è stata effettuata nell’ambito del citato studio empirico sulla base della valutazione presente nella relazione del commissario giudiziario ai sensi degli artt. 172, 173 L. fall. 
[221] 
A. Danovi-I. Donati-I. Forestieri-T. Orlando-A. Zorzi, La continuità aziendale nella crisi d’impresa: una ricerca empirica sull’andamento di accordi di ristrutturazione del debito e concordati preventivi, 2009-2016, in Dir. fall., 2021, I, p. 1186. 
[222] 
In tal senso vd. già S. Leuzzi, L’evoluzione del valore della continuità nelle procedure concorsuali, in Nuove leggi civ. comm., 2022, p. 500. 
[223] 
Art. 74, comma 1, CCII. 
[224] 
Cfr. supra capitolo III, 3.5. 
[225] 
In argomento cfr., ex multis, e con particolare riguardo alla Direttiva 2019/1023, E. Frascaroli Santi, Note critiche sui piani attestati tra nuove opportunità, Direttiva UE 2019/1023 e inadeguatezza del Codice della crisi, in Dir. fall., 2020, I, pp. 990 ss. 
[226] 
Cfr. supra capitolo III, 3.1. 
[227] 
M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, p. 280. 
[228] 
Cfr. supra capitolo III, 3.3. 
[229] 
Artt. 57 ss. CCII; cfr. supra capitolo III, 3.2. Vd. V. Pinto-R. Sacchi, Diritti e garanzie comuni dei dissenzienti nel concordato preventivo, negli ADR e nel PRO, in Nuove leggi civ. comm., 2024, p. 478; P. Vella, I quadri di ristrutturazione preventiva nella Direttiva UE 2019/1023 e nel diritto nazionale, in Fallimento, 2020, pp. 1040 s. 
[230] 
Artt. 107 ss. e artt. 64 bis, comma 7, CCII; cfr. supra capitolo III, 3.3. e 3.5. 
[231] 
V. Pinto-R. Sacchi, Diritti e garanzie comuni dei dissenzienti nel concordato preventivo, negli ADR e nel PRO, in Nuove leggi civ. comm., 2024, p. 478. In merito ai profili sistematici vd. già G. D’Attorre, Dal principio di maggioranza al principio di minoranza, in Fallimento, 2023, pp. 301 ss.; D. Vattermoli, Ristrutturazione trasversale dei debiti, in La questione distributiva nel diritto della crisi e dell’insolvenza, 2023, p. 97 (= in Giur. comm., 2023, pp. 807 ss.). 
[232] 
Cfr. supra capitolo II, 3.1. In argomento vd. già G. Lener, Considerazioni intorno al plusvalore da continuità e alla “distribuzione” del patrimonio (tra regole di priorità assoluta e regole di priorità relativa), in Dirittodellacrisi.it, 25 febbraio 2022, passim
[233] 
Art. 109, comma 5, CCII e art. 64-bis, comma 7, CCII. 
[234] 
V. Pinto-R. Sacchi, Diritti e garanzie comuni dei dissenzienti nel concordato preventivo, negli ADR e nel PRO, in Nuove leggi civ. comm., 2024, pp. 487 s. Per una visione funzionale di classe e categoria, si veda anche N. Abriani, Gli accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa, in Dirittodellacrisi.it, 13 maggio 2021, passim, spec. p. 15 («La nuova disciplina degli accordi di ristrutturazione pone le premesse per avvicinare sensibilmente sia i quozienti di “adesione effettiva” all’accordo alla maggioranza richiesta per l’approvazione del concordato preventivo, sia la forza espansiva della volontà maggioritaria (per quanto qui rafforzata) a categorie di creditori omogenei assimilabili alle classi concordatarie»). 
[235] 
Cfr. art. 61, comma 2, lett. d e comma 3 CCII; vd. supra capitolo III, 3.2. Sull’orientamento originario degli accordi di ristrutturazione con efficacia estesa e la sua trasformazione nel contesto delle recenti riforme cfr. V. Pinto-R. Sacchi, Diritti e garanzie comuni dei dissenzienti nel concordato preventivo, negli ADR e nel PRO, in Nuove leggi civ. comm., 2024, passim, spec. pp. 488 s. 
[236] 
Artt. 64 bis, comma 8, CCII; cfr. supra capitolo III, 3.3. 
[237] 
Art. 112, comma 2, CCII; cfr. supra capitolo III, 3.4. Per un esame dei profili procidimentali nei concordati cfr. G.B. Nardecchia, L’omologazione dei Concordati, in Fallimento, 2022, pp. 1235 ss. 
[238] 
Cfr. in argomento M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, p. 276. 
[239] 
Vd. art. 177, comma 1, L. fall. relativo all’approvazione del concordato preventive stabilendo che: «Il concordato è approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto. Ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato è approvato se tale maggioranza si verifica inoltre nel maggior numero di classi». Cfr. in argomento, ex multis, D. Vattermoli, Ristrutturazione trasversale dei debiti, in Giur. comm., 2023, p. 808. 
[240] 
Per una compiuta disamina della disciplina vd. D. Vattermoli, Ristrutturazione trasversale dei debiti, in Giur. comm., 2023, pp. 807 ss.; G. D’Attorre, Dal principio di maggioranza al principio di minoranza, in Fallimento, 2023, pp. 301 ss. 
[241] 
In precedenza disciplinato dall’art. 182 ter L. fall. 
[242] 
In argomento cfr., ex multis, G. Andreani, Transazione Fiscale: Come cambia a seguito del Codice della Crisi e della Direttiva Insolvency, in Dirittodellacrisi.it, 6 febbraio 2023, passim; G. D’Attorre, La ristrutturazione “coattiva” dei debiti fiscali e contributivi negli adr e nel concordato preventivo, in Fallimento, 2021, pp. 153 ss. 
[243] 
Art. 80, comma 1, CCII; cfr. supra capitolo III, 3.5. 
[244] 
Cfr. per tutti G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, 2. ed., 2022, p. 5. 
[245] 
Cfr. supra capitolo III, 3.5.; vd. M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, p. 631. 
[246] 
Cfr. artt. 56, 57, 64 bis, 84 CCII. Il concordato minore dell’imprenditore “sotto soglia” ai sensi dell’art. 74 (cfr. supra capitolo III, 3.5.) presuppone, come è noto, lo “stato di sovraindebitamento”, che però, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. c, CCII, va inteso come “stato di crisi o di insolvenza”. 
[247] 
Cfr. supra capitolo III, 3.1. 
[248] 
Cfr. supra capitolo III, 3.2. 
[249] 
Cfr. supra capitolo III, 3.3. 
[250] 
Cfr. supra capitolo III, 3.4. 
[251] 
In merito ai possibili sbocchi cfr., ex multis, L. Panzani, Gli esiti possibili delle trattative e gli effetti in caso di insuccesso, in Fallimento, 2021, pp. 1593; M. Arato, La scelta dell’istituto più adeguato per superare la crisi d’impresa, in Ristrutturazioni Aziendali, 8 ottobre 2021, passim; V. Zanichelli, Gli esiti possibili della composizione negoziata, in Dirittodellacrisi.it, 26 ottobre 2021, passim; S. Bonfatti, Profili della composizione negoziata della crisi d’impresa- Esito della procedura: il “contratto biennale” e la Convenzione di moratoria, in Dirittodellacrisi.it, 1° marzo 2022, passim; S. Pacchi, Gli sbocchi della composizione negoziata e, in particolare, il concordato semplificato, in Ristrutturazioni Aziendali, 17 gennaio 2023, passim
[252] 
Vd. L. De Simone, L’accesso “con riserva” al procedimento unitario, in Dirittodellacrisi.it, 7 ottobre 2022, p. 22: «La fase interinale prima riservata al concordato preventivo in bianco è divenuta nel Codice un corridoio protetto utilizzabile in relazione a tutti gli strumenti di regolazione della crisi. La crisi è una situazione fisiologica che esige di d’essere affrontata sia selezionando al meglio i contenuti del progetto di ristrutturazione, sia travasandoli nello strumento nel caso concreto più adeguato. È quindi fisiologica ed essenziale la previsione di un tempo in cui l’imprenditore possa lavorare con i suoi professionisti, in tranquillità alla scelta e nell’elaborazione di una soluzione negoziale, al riparo delle iniziative dei creditori che potrebbero pregiudicare la predisposizione del piano». 
[253] 
Cfr. supra capitolo III, 4.3. e 4.4. 
[254] 
Cfr. G. Covino-L. Jeantet-P. Vallino, La scelta dello strumento ristrutturativo in un sistema concorsuale a geometria variabile, in Dirittobancario.it, 10 maggio 2023. In questo senso anche S. Pacchi, La scelta dello strumento di regolazione della crisi, in Ristrutturazioni Aziendali, 4 marzo 2024. 
[255] 
In argomento, vd. R. Bonivento, Gli advisor di fronte alla scelta dello strumento di soluzione della crisi: opportunità e criticità, in Ristrutturazioni Aziendali, 15 febbraio 2023, pp. 8 s., che sottolinea in particolare l’importanza del punto di riferimento temporale (ibidem, pp. 9 s.). Vd. anche A. Turchi, Il valore di liquidazione alla luce delle prime pronunce di merito, in Dirittodellacrisi.it, 11 dicembre 2023, passim; M. Greggio-M. Razzino, Il valore di liquidazione dei beni: brevi considerazioni basate su osservazioni empiriche, in Dirittodellacrisi.it, 23 aprile 2024, passim
[256] 
G. Covino-L. Jeantet-P. Vallino, La scelta dello strumento ristrutturativo in un sistema concorsuale a geometria variabile, in Dirittobancario.it, 10 maggio 2023, sottolineano come in questo contesto sia da verificare l’opportunità «di accedere a forme di finanziamento del circolante che, pur ad un maggior costo rispetto a quello ordinario bancario, consentano di invertire il ciclo tempo di pagamento fornitura/tempo di incasso dal cliente». Vd. anche S. Pacchi, La scelta dello strumento di regolazione della crisi, in Ristrutturazioni Aziendali, 4 marzo 2024, p. 17. 
[257] 
Sull’importanza dei debiti erariali e previdenziali per la scelta dello strumento giusto in vista del cram down fiscale, vd. R. Bonivento, Gli advisor di fronte alla scelta dello strumento di soluzione della crisi: opportunità e criticità, in Ristrutturazioni Aziendali, 15 febbraio 2023, pp. 4 ss. 
[258] 
Cfr. G. Covino-L. Jeantet-P. Vallino, La scelta dello strumento ristrutturativo in un sistema concorsuale a geometria variabile, in Dirittobancario.it, 10 maggio 2023; così anche S. Pacchi, La scelta dello strumento di regolazione della crisi, in Ristrutturazioni Aziendali, 4 marzo 2024, p. 18. 
[259] 
G. Covino-L. Jeantet-P. Vallino, La scelta dello strumento ristrutturativo in un sistema concorsuale a geometria variabile, in Dirittobancario.it, 10 maggio 2023. 
[260] 
L. Stanghellini, Il codice della crisi dopo il D.Lgs. n. 83/2022: la tormentata attuazione della direttiva europea in materia di “quadri di ristrutturazione preventiva”, in Ristrutturazioni Aziendali, 21 luglio 2022, pp. 12 s. 
[261] 
Vd. artt. 57 e 60 CCII; cfr. supra capitolo III, 3.2. 
[262] 
Artt. 84 ss. CCII. 
[263] 
Artt. 74 ss. CCII. 
[264] 
Vd. artt. 25 sexies e 25 septies CCII; cfr. supra capitolo III, 2. 
[265] 
In argomento cfr., ex multis, L. Stanghellini, Il codice della crisi dopo il d.lgs. 83/2022: la tormentata attuazione della direttiva europea in materia di “quadri di ristrutturazione preventiva”, in Ristrutturazioni Aziendali, 21 luglio 2022, passim, spec. pp. 14 s.; V. Minervini, Dalla legge fallimentare alla Direttiva Insolvency. Il diritto della crisi come strumento per la costruzione e il corretto funzionamento del mercato interno, Giur. comm., 2023, I, pp. 499 ss.; A. Jorio, Codice della crisi: le categorie del disagio e la responsabilizzazione dell’imprenditore (un’introduzione), in Ristrutturazioni Aziendali, 21 settembre 2022, passim; A. Nigro, La nuova disciplina degli strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza delle società, in Ristrutturazioni Aziendali, 11 ottobre 2022, passim
[266] 
Cfr. supra capitolo II, 3.4.; vd. in tal senso anche L. Stanghellini, Il codice della crisi dopo il d.lgs. 83/2022: la tormentata attuazione della direttiva europea in materia di “quadri di ristrutturazione preventiva”, in Ristrutturazioni Aziendali, 21 luglio 2022, p. 15: «La Direttiva, con la fiducia nell’auto­de­termi­na­zione delle parti e la riconduzione dei poteri del giudice – almeno quando si tratta di una ristrutturazione in continuità aziendale – al ruolo di arbitro e non di valutatore, appare una sorta di “chiodo d’acciaio” piantato nel cemento del CCII: e purtroppo le crepe si vedono». 
[267] 
Da un punto di vista terminologico, l’abbreviazione della Direttiva 2019/1023 come “Direttva Insolvency“ non è solo fuorviante, ma errata. Tuttavia, alla luce della specifica attuazione in Italia, non sorprende che questo termine si sia affermato in dottrina. Cfr. in argomento D. Vattermoli, Ristrutturazione trasversale dei debiti, in Giur. comm., 2023, p. 831: «Si è più volte sottolineato come il legislatore domestico abbia elevato il concordato preventivo in continuità a “quadro di ristrutturazione preventiva”, di cui all’appena richiamata direttiva insolvency, che, in realtà, di “insolvency” non ha proprio nulla, atteso che le procedure ed i meccanismi da essa considerati hanno quale presupposto di applicazione il fatto che l’impresa debitrice non versi, appunto, in una situazione di insolvenza, bensì, e al più, di pre-insolvenza. Ciò che spiega molte norme di quel testo; quelle stesse norme, tuttavia, se calate in una procedura (anche) di insolvenza, com’è appunto il nostro concordato preventivo, non hanno il benché minimo senso». 
[268] 
In merito al requisito di “impresa sana” previsto nella Direttiva 2019/1023, cfr. C. Amatucci, Sul recepimento italiano della Direttiva Insolvency e sulla pretermissione del requisito di “impresa sana”, in Giur. comm., 2023, I, pp. 47 ss. 
[269] 
In particolare, nell’analisi e nell’interpretazione delle statistiche sulle procedure concorsuali, occorre tenere conto delle peculiarità dei rispettivi sistemi giuridici ed economici nazionali. Nel contesto del diritto fallimentare comparato italo-tedesco, ciò significa, tra l’altro, prendere in considerazione fin dall’inizio il rapporto tra l’esecuzione individuale e le procedure concorsuali. Infatti, mentre in Italia, secondo la tradizione francese, la par condicio creditorum trova espressione anche nell’esecuzione forzata individuale attraverso il pignoramento ai sensi degli artt. 499, 500, 510 Abs. 2 Codice di procedura civile, nel diritto tedesco, di contro, non sono previste disposizioni analoghe. 
[270] 
Il concetto del fallimento mercantile si trova già nella maggior parte degli statuti italiani; si veda U. Santarelli, Per la storia del fallimento nelle legislazioni italiane dell’età intermedia, Padova, 1964, pp. 80 ss. Sull’evoluzione della procedura fallimentare tedesca, si veda per tutti J. Kohler, Lehrbuch des Konkursrechts, 1891, p. 72 ss. 
[271] 
A questo punto sia consentito il rinvio a J. Heck, Krisen des fallimento, 2021, pp. 33 ss. con ulteriori riferimenti. 
[272] 
Cfr. supra Capitolo I, 1., nota 1. 
[273] 
Inoltre, l’Insolvenzordnung, entrata in vigore nel 1999, mirava a eliminare la precedente coesistenza di leggi della Germania dell’Est e dell’Ovest a seguito alla riunificazione tedesca. Cfr. I. Pape, in H. Hirte-H.Vallender (Hrsg.), Uhlenbruck, Insolvenzordnung, vol. I, 15. ed., 2019, § 1, Rn. 4; S. Madaus, in A. Fridgen-A. Geiwitz-B. Göpfert (Hrsg.), BeckOK Insolvenzrecht, 36. ed., 2024, InsO, § 1 Rn. 42. 
[274] 
Cfr. Bundestags-Drucksache 12/2443, p. 77 s., p. 82 s., wonach der Gesetzgeber diese Wahl wie folgt weiter begründet: «Nur ein solches einheitliches Verfahren wird der Forderung nach Marktkonformität gerecht. Es stellt den Beteiligten alle Verwertungsarten gleichrangig zur Verfügung. Für die einvernehmliche, privat­autonome Insolvenzabwicklung besteht der größtmögliche Spielraum (...)». 
[275] 
Cfr. Bundestagsdrucksache, 12/2443, p. 83, pp. 90 s. 
[276] 
Cfr. H. Eidenmüller, in R. Stürner - H. Eidenmüller - H. Schoppmeyer (a cura di), Münchener Kommen­­tar zur Insolvenzordnung, vol. III, 4. ed., 2020, vor §§ 217 bis 269, n. 11. 
[277] 
Cfr. M. Jaffé-A. Friedrich, Verbesserung der Wettbewerbsfähigkeit des Insolvenzstandortes Deutschland, in ZIP, 2008, 1849, 1856; F. Jacoby, Vorinsolvenzliches Sanierungsverfahren, in ZGR, 2010, 359; R. Bork, Grundfragen des Restrukturierungsrechts, in ZIP, 31, 2010, pp. 397 ss.; Id., Vorinsolvenzliches Sanierungsverfahren: Schuldverschreibungsgesetz analog?, in ZIP, 2011, 2035; B. Brunke - J. Klein - K.-J. Kraus - C. Seagon - W. Topp - R. Voß, Ansätze für ein Moderationsverfahren, in Wertpapiermitteilungen, 2010, pp. 1345 ss.; C. Paulus, Deutschlands langer Weg in die insolvenzrechtliche Moderne – Auf der Suche nach einer Sanierungskultur (Rescue Culture), in Wertpapiermitteilungen, 2011, pp. 2205 ss.; V. Beissenhirtz, Plädoyer für ein Gesetz zur vorinsolvenzlichen Sanierung von Unternehmen, in ZInsO, 2011, pp. 57 ss.; C. Geldmacher, Das präventive Sanierungsverfahren als Teil eines reformierten Insolvenz- und Sanierungsrechts in Deutschland, Köln, 2012, pp. 155 ss.; A. Braun, Die vorinsol­venz­liche Sanierung von Unternehmen, Baden-Baden, 2015, pp. 22 ss.; contra H. Eidenmüller, Reformperspektiven im Restrukturierungsrecht, in ZIP, 2010, pp. 649. 
[278] 
Le imprese tedesche hanno inizialmente cercato soluzioni di ristrutturazione nell’ambito del Company Voluntary Arrangement (cfr. Schefenacker AG; Deutsche Nickel AG), poi nello Scheme of Arrangement (cfr. Telecolumbus GmbH; Rodenstock GmbH; PrimaCom Holding GmbH; APCOA Parking Holding GmbH). Vd. S. Madaus, in A. Fridgen-A. Geiwitz-B. Göpfert (Hrsg.), BeckOK Insolvenzrecht, 36. ed., 2024, § 1, Rn. 44. Con l’introduzione dello Schutzschirmverfahren (procedura di scudo protettivo; ora § 270d InsO), il legislatore ha nuovamente respinto questi tentativi nell’ambito della riforma dell’ESUG nel 2011; cfr. C. Kern, in R. Stürner-H. Eidenmüller-H. Schoppmeyer (Hrsg.), Münchener Kommentar zur Insolvenzordnung, vol. III, 4. ed., 2020, § 270b, Rn. 15. 
[279] 
Al fine di promuovere la presentazione anticipata della domanda di insolvenza, il legislatore ha creato con l’ESUG il c.d. Schutzschirmverfahren (procedura di scudo protettivo) per la Eigenverwaltung (amministrazione in proprio; §§ 270 ss. InsO). La disposizione del § 270b, comma 1, InsO prevede che la domanda venga presentata in caso di insolvenza imminente o di sovraindebitamento. Ai sensi del § 270b, comma 1, periodo 3, deve essere presentato un certificato che attesti che la società non è insolvente e che la riorganizzazione prevista non è manifestamente senza speranza. È stato introdotto dal Gesetz zur weiteren Erleichterung der Sanierung von Unternehmen (“ESUG”) del 7 dicembre 2011, BGBl. I, p. 2582. Cfr. C. Kern, in R. Stürner - H. Eidenmüller - H. Schoppmeyer (a cura di), Münchener Kommentar zur Insolvenzordnung, vol. III, 4. ed., 2020, § 270b n. 15. Per una prospettiva compa­ra­tiva del concordato “in bianco”, mi permetto di rinviare a J. Heck, Krisen des falli­men­to, 2021, pp. 209 ss., con ulteriori rinvii alla letteratura. 
[280] 
Cfr. S. Madaus, Vorinsolvenzliche Sanierungsverfahren – Perspektiven einer europäisch geprägten Rechts­entwicklung, in KSzW, 2015, pp. 188 ss. con ulteriori riferimenti. 
[281] 
Lo StaRUG, entrato in vigore il 1° gennaio 2021, è stato introdotto dall’art. 1 del Gesetz zur Fortentwicklung des Sanierungs- und Insolvenzrechts (Sanierungs- und Insolvenz­rechts­fort­entwicklungsgesetz – “SanInsFoG”) del 22 dicembre 2020, Bundesgesetzblatt I, p. 3256. Per i successivi interventi legislativi nello StaRUG, si veda C. Morgen-A. Schinkel, Die aktuellen gesetzlichen Änderungen des StaRUG, in NZI-Beilage, 2023, pp. 4 ss. 
[282] 
Vd. § 29 StaRUG
[283] 
In argomento cfr., ex multis, S. Madaus, in A. Fridgen-A. Geiwitz-B. Göpfert (Hrsg.), BeckOK Insolvenzrecht, 36. ed., 2024, § 1, Rn. 44, che giustamente sottolinea come l’idea di una procedura unica sia stata sostanzialmente abbandonata. 
[284] 
Per le specifiche opzioni di ristrutturazione del Restrukturierungsplan, cfr. i §§ 2-4 StaRUG
[285] 
In merito all’intenzione del legislatore vd. Bundestags-Drucksache 19/24181, p. 93. 
[286] 
Sulle prime esperienze pratiche nelle procedure dello StaRUG cfr. S. Fiebig, StaRUG – eine Auswertung der ersten praktischen Fälle, in ZRI, 2021, 561, 564. Vgl. bereits J. Drukarczyk, in R. Stürner-H. Eidenmüller-H. Schoppmeyer (Hrsg.), Münchener Kommentar zur Insolvenz­ordnung, vol. I, 4. ed., München, 2019, InsO, § 18, Rn. 79 ss. 
[287] 
Cfr. considerando 17 Direttiva 2019/1023. Per quanto riguarda la semplificazione procedurale, il legislatore sottolinea che «Al fine di aiutare tali debitori a ristrutturarsi a basso costo, dovrebbero essere altresì elaborate a livello nazionale e rese disponibili online liste di controllo particolareggiate per i piani di ristrutturazione, adeguate alle esigenze e alle specificità delle PMI». Vd. art. 8, comma 2, Direttiva 2019/1023. 
[288] 
Gli sforzi politici per introdurre una procedura di ristrutturazione semplificata per le PMI non sono stati approvati nel processo legislativo; cfr. la mozione del gruppo parlamentare Bündnis 90/Die Grünen, “Corona­bedingte Insolvenzen vermeiden – Ein vereinfachtes Restrukturierungsverfahren für kleine und mittlere Unter­nehmen”, Bundestags-Drucksache 19/24379, p. 4; cfr. M. Rottmann, Einleitung, in ZInsO, 2020, 2701. In tal contesto vd. anche H. Hirte-H. Vallender-H. Zipperer, in H. Hirte-H.Vallender (Hrsg.), Uhlenbruck, Insol­venz­ordnung, vol. II, 16. ed., München, 2023, Vorbemerkungen zum StaRUG, Rn. 22, secondo cui non era più possibile realizzare la semplificazione delle procedure per le PMI, più volte richiesta, a causa della pressione temporale del processo legislativo. 
[289] 
§ 8, periodo 2, n. 2, StaRUG stabilisce che la selezione delle cosiddette “parti interessate dal piano” è adeguata se «die in der Auswahl angelegte Differenzierung nach der Art der zu bewältigenden wirtschaftlichen Schwierigkeiten des Schuldners und den Umständen angemessen erscheint, insbesondere, wenn (...) die Forderungen von Kleingläubigern, insbesondere Verbrauchern, Klein- und Kleinstunternehmen oder mittleren Unternehmen, unberührt bleiben». Questa disposizione è integrata dal § 31, comma 2, periodo 2, StaRUG, secondo il quale il debitore deve indicare se i diritti delle PMI saranno pregiudicati al momento della notifica del Restrukturierungsplan al tribunale di ristrutturazione. In questo caso, il tribunale deve anche nominare d’ufficio un Restrukturierungs­beauf­trag­ter (ufficiale di ristrutturazione), altrimenti facoltativo (§ 73 Abs. 1 S. 1 Nr. 1 StaRUG). In argomento, cfr. anche M. Müller, Kleine und mittlere Unternehmen im Privatrecht. Auf dem Weg zu einem Sonderprivatrecht?, Baden-Baden, 2021, pp. 594 s. (= Id., Kleine und mittlere Unternehmen im Insolvenzrecht. Zum Statuts quo eines Sonderinsolvenzrechts für KMU, in ZInsO, 2019, pp. 125 ss.). 
[290] 
Vd. § 30, comma 1, periodo 2, StaRUG
[291] 
Secondo i §§ 49 ss. del progetto di legge, il tribunale di ristrutturazione sarebbe stato in grado di risolvere i contratti reciproci che non sono stati completamente eseguiti da entrambe le parti su richiesta del debitore. Si veda in particolare R. Bork, Erstreckung der §§ 103 ff. InsO auf die präventive Restrukturierung?, in ZRI, 2020, pp. 457 ss.; C. Thole, Der Entwurf des Unternehmensstabilisierungs- und restrukturierungsgesetzes (StaRuG-RefE), in ZIP, 2020, pp. 1994 ss.; vd. anche Verband Insolvenzverwalter Deutschlands, Stellungnahme des Verbandes Insolvenz­verwalter Deutschlands (VID) zum Referentenentwurf eines Gesetzes zur Fortentwicklung des Sanierungs- und Insolvenzrechts (SanInsFoG) (consultabile su <https://www.vid.de>): «Die Möglichkeit eines hoheitlichen Ein­griffs in Vertragsbeziehungen ohne materielle Insolvenz ist ein abzulehnender Paradig­men­wechsel (...). Das bloße Erfordernis eines Restrukturierungsplans mit weiteren Maßnahmen ist eine viel zu niedrige Hürde (...)». 
[292] 
§§ 73 ss. StaRUG. In merito al ruolo del Restrukturierungsbeauftragter cfr. O. Spiekermann, Rechtliche Varianten der Unternehmenssanierung – Alternativen, Chancen, Risiken, in NJW, 2022, pp. 1777 ss. («In der Praxis werden der Restrukturierungsbeauftragte sowie das -gericht fast immer eingebunden sein. Dies nimmt der Unternehmensleitung Handlungsspielräume und kann das Verfahren formalistisch und zudem teuer machen»). 
[293] 
§§ 315 ss. InsO
[294] 
Vd. §§ 304 ss. InsO. Inoltre, ai sensi del § 304, comma 1, periodo 2 InsO, non possono esistere crediti derivanti da rapporti di lavoro nei confronti del debitore. Ai sensi del § 304, comma 2, InsO, attività imprenditoriale cessata “überschaubar” può essere ipotizzata, indipendentemente dall’importo del credito, solo se il debitore ha un massimo di 19 creditori al momento della presentazione della domanda. Tuttavia, se la struttura del debito si rivela atipica per un consumatore, in quanto la portata, la struttura e l’aspetto generale sono più simili a quelli di una procedura di insolvenza ordinaria o se le circostanze finanziarie non risultano “überschaubar” per altri motivi, deve essere applicata la procedura di insolvenza ordinaria nonostante il numero di creditori sia inferiore a 20 (cfr. Bundesgerichtshof, in NZI, 2003, p. 647; Bundesgerichtshof, in ZInsO 2008, p. 1324; Bundesgerichtshof, in NZI 2009, p. 384). 
[295] 
Cfr. S. Madaus, in A. Fridgen-A. Geiwitz-B. Göpfert (Hrsg.), BeckOK Insolvenzrecht, 36. ed., 2024, InsO, § 1, Rn. 46; M. Müller, Kleine und mittlere Unternehmen im Privatrecht. Auf dem Weg zu einem Sonderprivatrecht?, Baden-Baden, 2021, p. 575 (= Id., Kleine und mittlere Unternehmen im Insolvenzrecht. Zum Statuts quo eines Sonderinsolvenzrechts für KMU, in ZInsO, 2019, p. 125 s.). 
[296] 
Vd. § 13, comma 1, periodo 1, InsO
[297] 
Cfr. §§ 217 ss. InsO
[298] 
Cfr. H. Eidenmüller, in in R. Stürner - H. Eidenmüller - H. Schoppmeyer (Hrsg.), Münchener Kommentar zur Insolvenzordnung, vol. III, 4. ed., München, 2020, Vorbemerkungen vor §§ 217 bis 269, Rn. 11, il quale sottolinea che, da un punto di vista giuridico e fattuale, dall’entrata in vigore dell’InsO, lo scopo di ristrutturazione è stato in primo piano nella stragrande maggioranza delle procedure di piano fino ad oggi (ibidem, Rn. 11 con ulteriori riferimenti). 
[299] 
Cfr. Bundestags-Drucksache 12/2443, pp. 90 ss. Sull’introduzione della procedura dell’Insolvenzplan nell’ambito dell’InsO, cfr., ex multis, H.J. Lüer-G. Streit, in H. Hirte-H.Vallender (Hrsg.), Uhlenbruck, Insolvenzordnung, vol. I, 15. ed., München, 2019, Vorbemerkung zu §§ 217–269, Rn. 13 ss.; H. Eidenmüller, in R. Stürner-H. Eidenmüller-H. Schoppmeyer (Hrsg.), Münchener Kommentar zur Insolvenzordnung, vol. III, 4. ed., München, 2020, Vorbemerkungen vor §§ 217 bis 269, Rn. 3 ss. 
[300] 
Vd. supra capitolo IV, 2.1. 
[301] 
§§ 6 s. StaRUG e §§ 219 ss. InsO. Dall’entrata in vigore dell’ESUG, l’intervento sulla posizione giuridica dei soci è possibile anche nelle procedure di Insolvenzplan (§ 217, comma 2, § 225a InsO); cfr. H. Eidenmüller, in R. Stürner-H. Eidenmüller-H. Schoppmeyer (Hrsg.), Münchener Kommentar zur Insolvenzordnung, vol. III, 4. ed., München, 2020, Vorbemerkungen vor §§ 217 bis 269, Rn. 13 ss. 
[302] 
Cfr. § 10 StaRUG e § 226 InsO
[303] 
Cfr. § 64 StaRUG e § 251, comma 1, InsO
[304] 
Cfr. §§ 9, 25 StaRUG e §§ 222, 244 InsO
[305] 
Cfr. §§ 26 ff. StaRUG e §§ 245 ss. InsO
[306] 
Vd. §§ 244, 245 InsO. Analogamente, il consenso del debitore che si oppone al piano ai sensi del § 247, comma 2, InsO può essere fittizio a determinate condizioni. 
[307] 
Cfr. §§ 248, comma 1, § 250, § 251, comma 1, InsO
[308] 
P. Kranzusch, Sanierungen insolventer Unternehmen mittels Insolvenzplanverfahren, in ZInsO, 2007, pp. 804 s., sottolinea che tra il 1999 e il 2005, meno dell’1% di tutte le domande di apertura di una procedura di insolvenza ha cercato di ristrutturare una società attraverso un Insolvenzplan
[309] 
Vd. supra
[310] 
In argomento vd. F. Jacoby-S. Madaus-D. Sack-H. Schmidt-C. Thole, ESUG-Evaluierung. Forschungs­bericht zur Evaluierung des Gesetzes zur weiteren Erleichterung der Sanie­rung von Unternehmen (ESUG) vom 7. Dezember 2011, Köln, 2019, p. 301. 
[311] 
Cfr. P P. Kranzusch, Eigenverwaltungen und Insolvenzpläne – zur Lage vor der Einführung des ESUG, ZInsO, 2012, p. 686; P. Kranzusch-A.Icks, Die Nutzung insol­venzrechtlicher Sanierungswege durch kleine und mittlere Unternehmen: Das Beispiel der Eigenverwaltung, in IfM Daten und Fakten, Nr. 19, 2018, pp. 15 ss. (abrufbar unter <https://www.ifm-bonn.org/fileadmin/data/redaktion/ publikationen/daten_und_fakten/dokumente/Daten-und-Fakten-19_2018.pdf>); M. Müller, Kleine und mittlere Unternehmen im Privatrecht. Auf dem Weg zu einem Sonderprivatrecht?, Baden-Baden, 2021, p. 582 (= Id., Kleine und mittlere Unternehmen im Insolvenzrecht. Zum Statuts quo eines Sonderinsolvenzrechts für KMU, in ZInsO, 2019, p. 130); T. Paul-S. Rudow, Eigenverwaltung und Insolvenzplan bei KMUs, in NZI, 2016, p. 391. 
[312] 
In tal senso anche M. Müller, Kleine und mittlere Unternehmen im Privatrecht. Auf dem Weg zu einem Sonderprivatrecht?, Baden-Baden, 2021, p. 582 (= Id., Kleine und mittlere Unternehmen im Insolvenzrecht. Zum Statuts quo eines Sonderinsolvenzrechts für KMU, in ZInsO, 2019, p. 130). 
[313] 
Il § 31, comma 2, periodo 1, n. 1, StaRUG prevede un’eccezione a questo proposito se, in base allo stato del progetto notificato, non è ancora possibile elaborare e negoziare un progetto di questo tipo. In questo caso, deve essere presentato un progetto di ristrutturazione che descriva l’obiettivo della ristrutturazione e le misure da attuare sulla base di una descrizione del tipo, della portata e delle cause della crisi. 
[314] 
Cfr. § 31, comma 3, StaRUG. Vd. per tutti H. Balthasar, Allgemeine Zugangsvoraussetzungen zu den Restrukturierungsinstrumenten, in NZI-Beilage, 2021, pp. 18 ss. con ulteriori riferimenti. Sulla questione del riconoscimento del Restrukturierungsplan in caso di ristrutturazioni transfrontaliere cfr. C. Schlöder-J. Parzinger-L. Knebel, Der Restrukturierungsplan nach dem StaRUG im Lichte grenzüberschreitender Restrukturierungen – praxistaugliches Anerkennungsregime oder ein Fall für die obersten Gerichte?, in ZIP, 2021, pp. 1041 ss. 
[315] 
Per le differenze in particolare rispetto al diritto italiano, che tradizionalmente sottopone le procedure concorsuali a ulteriori soglie soggettive di accesso, cfr. supra capitolo III, 4.1. 
[316] 
Vd. § 30 StaRUG
[317] 
Cfr. D. Haffa-M. Schuster, in E. Braun (Hrsg.), StaRUG, 2021, § 30 Rn. 4; A. Kramer, in D. Skauradszun-A. Fridgen (Hrsg.), BeckOK StaRUG, 13. ed., 2024, § 30 Rn. 12. Per quanto riguarda il contenuto ammissibile del piano, nel caso delle imprese individuali si deve tenere conto della disposizione di cui al § 30, comma 1, periodo 2, § 4, periodo 2, StaRUG, secondo cui le passività private non possono essere incluse in un Re­strukturierungsplan. Questo concetto normativo corrisponde in linea di principio alla possibilità prevista dall’art. 24, comma 2, Direttiva 2019/1023 di separare le procedure per le passività private e professionali distinguibili (cfr. anche considerando 21, 84 Direttiva 2019/1023). Tuttavia, il coordinamento dei procedimenti tra le procedure di ristrutturazione e le procedure di insolvenza dei consumatori richiesto dal legislatore europeo non è stato attuato nel diritto tedesco. Lo svolgimento di una procedura di insolvenza individuale relativa alle passività private in parallelo a una procedura di ristrutturazione in corso relativa a debiti professionali è escluso ai sensi del § 33, comma 1, n. 1, StaRUG. In questo contesto, il § 30, comma 1, periodo 2 e § 4, periodo 2, StaRUG sono probabilmente contrari alla Direttiva e rappresentano inoltre un ostacolo non trascurabile all’accesso al preventive restructuring framework per le imprese individuali. Vd S. Smid, in K. Pannen-S. Riedemann-S. Smid (Hrsg.), Unternehmensstabilisierungs- und -restrukturierungsgesetz (StaRUG), München, 2021, Einleitung, Teil 3, Rn. 20 ss. (= Id., Zugang von KMU zum StaRUG?, in NZI-Beilage, 2021, p. 65); S. Riedemann, in K. Pannen-S. Riedemann-S. Smid (Hrsg.), Unterneh­mens­stabilisierungs- und -restrukturierungsgesetz (StaRUG), München, 2021, StaRUG, § 4, Rn. 33 s.; K. Pannen, in K. Pannen-S. Riedemann-S. Smid (Hrsg.), Unternehmensstabilisierungs- und -restrukturierungsgesetz (StaRUG), München, 2021, StaRUG, § 30, Rn. 12 ss.; H. Kamin, Der Zugang von natürlichen Personen zum Restrukturierungs­rahmen, in ZVI, 2022, p. 92. Contra A. Schluck-Amend, in F. Jacoby-C. Thole (Hrsg.), Unternehmensstabilisierungs- und -restrukturierungsgesetz, 2023, StaRUG, § 30, Rn. 4. 
[318] 
Vd. § 29, comma 1, StaRUG. Sull’attuazione dello stato di “likelihood of insolvency” ai sensi dell’art. 4, comma 1, Direttiva 2019/1023 attraverso la “drohende Zahlungsunfähigkeit” cfr. D. Haffa-M. Schuster, in E. Braun (Hrsg.), StaRUG, 2021, § 29 Rn. 19 s. In merito vd. anche la sentenza del Amtsgericht Hannover in NZI, 2023, p. 417, Rn. 31; nella dottrina, tra gli altri, A. Schluck-Amend, in F. Jacoby-C. Thole (Hrsg.), Unternehmensstabilisierungs- und -restrukturierungsgesetz, 2023, StaRUG, § 29, Rn. 14. 
[319] 
Vd. S. Fiebig, StaRUG – eine Auswertung der ersten praktischen Fälle, in ZRI 2021, pp. 561 ss.; A. Kramer, in D. Skauradszun-A. Fridgen (Hrsg.), BeckOK StaRUG, 13. ed., 2024, § 29 Rn. 8. 
[320] 
In merito alle incertezze ad oggi nell’ambito della previsione dell’insolvenza imminente cfr, ex aliis, C. Salm-Hoogstraeten, in E. Braun (Hrsg.), Insolvenzordnung, 10. ed. 2024, InsO § 18 Rn. 8 con ulteriori riferimenti. 
[321] 
Cfr., ex multis, D. Haffa-M. Schuster, in E. Braun (Hrsg.), StaRUG, 2021, § 29 Rn. 13 con ulteriori riferimenti. 
[322] 
Cfr. relazione Bundestags-Drucksache 19/24181, p. 90 «Insbesondere ist zu bezweifeln, dass gängige betriebswirtschaftliche Umschreibungen früher Krisenstadien wie zum Beispiel eine Stakeholder- oder Strategiekrise mit hinreichend konkreten Gefahren für die Gläubigerinteressen einhergehen, welche eine Rechtfertigung für die im präventiven Rahmen erwirkbaren Eingriffe in Gläubigerrechte in sich tragen. Derartige Krisenfrühstadien zeichnen sich dadurch aus, dass sich ihnen typischerweise mit rein betriebswirtschaftlichen Maßnahmen begegnen lässt, in deren Rahmen die bestehenden Rechtsbeziehungen und deren Erfüllung nicht in Frage stehen. Demgegenüber beschreibt zwar der dem abgelösten Eigenkapitalersatzrecht entnommene Begriff der Krise im Sinne des früheren § 32a Absatz 1 GmbHG fortgeschrittene Krisenstadien, er ist aber auch in der Auslegung einer langjährigen höchstrichterlichen Rechtsprechung derart unbestimmt und konturenlos geblieben, dass er sich für eine verfahrensrechtliche Anknüpfung nicht eignet. Vor diesem Hintergrund belässt es der Entwurf bei einer Anknüpfung an die drohende Zahlungsunfähigkeit». 
[323] 
Vd., per tutti, G. Pape, in H. Prütting-R. Bork-F. Jacoby (Hrsg.), KPB - Kommentar zur Insolvenzordnung, Köln, 98. Lieferung, dicembre 2023, § 18 InsO, Rn. 5 ss. con ulteriori riferimenti. 
[324] 
Il § 7, comma 1, StaRUG definisce le parti interessate dal piano come «creditori, titolari di garanzie concesse dal debitore personalmente o sui suoi beni a garanzia delle obbligazioni (Absonderungs­anwartschaften), titolari di garanzie di terzi infragruppo e detentori di strumenti di capitale». 
[325] 
Vd. § 6, comma 2, StaRUG. In argomento cfr., ex multis, V. Böhm, in E. Braun (Hrsg.), Unternehmens­stabilisierungs- und -restrukturierungsgesetz (StaRUG), München, 2021, § 6, Rn. 9 ss. con ulteriori riferimenti. 
[326] 
Cfr. § 14, 15 StaRUG
[327] 
Considerando 17 Direttiva 2019/1023. La checklist è disponibile sul sito web del Ministero della Giustizia all’indirizzo: <https://www.bmj.de/DE/themen/wirtschaft_finanzen/schulden_insolvenz/ checkliste_16_StaRUG/Checkliste_StaRUG_node.html>. 
[328] 
Vd. § 4 StaRUG; a tal proposito cfr., trag li altri, D. Benkert, Präventives Sanierungsverfahren und arbeitsrechtliche Aspekte, in NJW-Spezial, 2021, p. 178 e W. Prusko, in R. Stürner- H. Eidenmüller- H. Schoppmeyer-S. Madaus (Hrsg.), Münchener Kommentar zum StaRUG, 2023, § 4, Rn. 8 ss. Altre esclusioni riguardano le passività risultanti da atti illeciti nonché pene pecuniarie, multe e sanzioni. 
[329] 
Cfr. § 3, comma 2, StaRUG
[330] 
Al contrario, i partner contrattuali del debitore in una procedura d’insolvenza sono soggetti ad ampi diritti del curatore fallimentare ai sensi dei §§ 103 e segg. InsO, che possono essere utilizzati come strumenti di una ristrutturazione aziendale. Nell’iter legislativo dello StaRUG, il legislatore aveva inizialmente previsto una normativa analoga sulla risoluzione dei contratti come parte del Restrukturierungsplan, ma ha di seguito rinunciato ad un tale meccanismo; cfr. M. Hofmann, in F. Jacoby-C. Thole (Hrsg.), Unternehmensstabilisierungs- und -restrukturierungsgesetz, 2023, StaRUG, § 3, Rn. 7 con ulteriori riferimenti. 
[331] 
Vd. § 8 StaRUG. È inoltre facoltà del debitore di formare classi di creditori omogenei (§ 9 StaRUG). Sui requisiti per la suddivisione dei creditori in classi, si veda l’istruttiva decisione del Tribunale di Amburgo del 17 gennaio 2022, in NZI, 2022, p. 434. 
[332] 
Vd. § 10 StaRUG
[333] 
Le maggioranze sono regolate nel § 25 StaRUG, fatta salva la possibilità di un cross-class cram-down ai sensi del § 26 StaRUG. 
[334] 
Cfr. § 6, comma 2, StaRUG
[335] 
Vd. in merito Amtsgericht Berlin-Charlottenburg, provvedimento del 4 gennaio 2024 (36s RES 6525/23), in NZI, 2024, p. 225: «Aufgrund der eingereichten Unterlagen hält es das Insolvenzgericht für wahrscheinlicher, dass die Planbetroffenen der Gruppe 3 mit dem Plan nicht schlechter gestellt sind als sie ohne Plan stünden. Der Plan sieht eine Fortführung des Unternehmens vor. Grundsätzlich wäre für die Ermittlung der Befriedigungsaussichten ohne Plan zu unterstellen, dass das Unternehmen fortgeführt wird, vgl. § 6 II 2 StaRUG. Im vorliegenden Fall greift jedoch die Ausnahmevorschrift des § 6 II 3 StaRUG. Die Schuldnerin hat zur Überzeugung des Gerichts dargelegt, dass ein Verkauf des Unternehmens oder eine anderweitige Fortführung ohne Plan aussichtslos ist». Cfr. M. Madaus, Der Funken des StaRUG zündet – die Restrukturierung ausländischer Forderungen in Deutschland bei Spark Networks. Zugleich Besprechung von AG Berlin-Charlottenburg NZI 2024, 225, in NZI 2024, p. 193. 
[336] 
Cfr. G. Streit-F. Bürk, in H. Hirte-H. Vallender (Hrsg.), Uhlenbruck Insolvenzordnung, vol. II, 16. ed., 2023, § 6, Rn. 111: «Bei Restrukturierungsverfahren, die ja gerade außerinsolvenzlich statt­finden, ist es uE auch in Groß­verfahren regelmäßig nicht erforderlich, potentielle Investoren ein­zu­laden, sich an einem Bieterprozess zu beteiligen (ebenso Morgen/Knapp/Wilde StaRUG, 2. Aufl. 2022, § 6 Rn. 19; vgl. zu den Möglich­keiten, welche ein M&A-Verfahren bietet Bea SanB 2021, 51 (55)). Anders als im eröffneten Insol­venz­verfahren könnte damit ein Rufschaden verbunden sein, der mit der Wahl der außerinsolvenzlichen Restrukturierung gemäß StaRUG gerade vermieden werden soll». 
[337] 
Vd. §§ 17 ss. e §§ 45 ss. StaRUG. Si tratta di un’altra differenza significativa rispetto all’Insolvenzplan, che può essere concluso solo tramite il tribunale. 
[338] 
Vd. § 25 StaRUG
[339] 
§ 25, comma 1, StaRUG. In argomento cfr., ex multis, A. Spahlinger, Gruppen, Stimmrechte und erforderliche Mehrheiten, in NZI-Beilage, 2021, pp. 32 ss. 
[340] 
Cfr. Bundestags-Drucksache 19/24181, pp. 127 s.: «Im Unterschied zu § 245 Absatz 2 Nummer 2 InsO lässt Artikel 11 Absatz 1 Unterabsatz 1 Buchstabe c der Richtlinie eine Planbestätigung gegen das Votum einer Gruppe von Gläubigern auch dann zu, wenn eine im Verhältnis zu dieser Gruppe nachrangige Gruppe von Gläubigern unter dem Plan einen Wert erhält, sofern nur die ablehnende Gruppe bessergestellt wird als die ihr nachrangige Gruppe (sogenannte relative Prioritätsregel). Allerdings können die Mitgliedstaaten nach Artikel 11 Absatz 2 der Richtlinie auch den von § 245 Absatz 2 Nummer 2 InsO-E beschrittenen Weg gehen und eine Planbestätigung gegen das Votum einer ablehnenden Gruppe ausschließen, sobald einer nachrangigen Gruppe ein Wert zugewiesen wird (sogenannte absolute Prioritätsregel). Es ist schließlich auch möglich, der absoluten Prioritätsregel zu folgen und diese punktuell zu durchbrechen (Artikel 11 Absatz 2 Unterabsatz 2 der Richtlinie). Den zuletzt genannten Weg verfolgt der Entwurf. Er legt nach dem Vorbild des § 245 Absatz 2 Nummer 2 InsO-E die absolute Prioritätsregel zugrunde (§ 29) und durchbricht diese punktuell (§ 30). Einer gruppenübergreifenden Mehrheitsentscheidung zulasten einer Gruppe von Gläubigern soll es hiernach nicht entgegenstehen, wenn der Schuldner oder ein an ihm beteiligte geschäftsführende Anteilsinhaber sich zur Mitwirkung bei der Planumsetzung verpflichtet hat. Unschädlich soll es auch sein, wenn die Eingriffe in die Rechte der dissentierenden Gläubigergruppe geringfügig sind, insbesondere wenn sie sich auf eine Fälligkeitsverschiebung beschränken. Schließlich sollen auch Gruppen gleichen Ranges unterschiedlich behandelt werden können, sofern sich diese Ungleichbehandlung als angemessen erweist». 
[341] 
Per la determinazione dei criteri di comparazione nel contesto del cross-class cram-down, si veda in particolare la decisione dell’Amtsgericht di Amburgo del 12 aprile 2021 (61 a RES 1/21), in NZI, 2021, pag. 544.: «Die Planbetroffenen der Gruppe 2 werden durch den Restrukturierungsplan auch nicht schlechter gestellt als ohne diesen Plan. Dabei kann als Vergleichsmaßstab zwar nicht automatisch ein Insolvenzverfahren mit einem Liquidationsszenario als Vergleichsmaßstab herangezogen werden, sondern es ist vielmehr grundsätzlich auf das nächstbeste Alternativszenario abzustellen (Braun/Herzig, StaRUG, 2021, § 26 Rn. 5). Sofern sich aber kein konkretes und verlässliches Alternativszenario unter Ansatz von Fortführungswerten darstellen lässt – ein solches wird weder von der Schuldnerin noch den Planbetroffenen, die den Restrukturierungsplan abgelehnt haben, dargelegt – ist die Insolvenz des Schuldners Vergleichsmaßstab». Cfr. relativamente ai requisiti per il giudizio di omologazione Amtsgericht Berlin-Charlottenburg, provvedimento del 4 gennaio 2024 (36s RES 6525/23), in NZI, 2024, p. 225 e M. Madaus, Der Funken des StaRUG zündet – die Restrukturierung ausländischer Forderungen in Deutschland bei Spark Networks. Zugleich Besprechung von AG Berlin-Charlottenburg NZI 2024, 225, in NZI 2024, p. 193. 
[342] 
Vd. §§ 60 ss. StaRUG
[343] 
Cfr. art. 4, comma 6, Dir.; vd. supra capitolo II, 3.4. 
[344] 
Tale omologazione giudiziale è necessaria affinché il piano sia vincolante anche nei confronti dei creditori dissenzienti (espressamente oppure anche implicitamente non partecipando alla votazione). Cfr. § 17 Abs. 1 S. 1; R. Fendel, E. Braun (Hrsg.), StaRUG, Vor §§ 60–66, Rn. 6; D. Skauradszun, in BeckOK StaRUG, 13. ed., 2024, StaRUG § 60 Rn. 3. 
[345] 
Sulla questione della conformità del “Schlechterstellungsverbot” della classe di cui al § 26, comma 1, n. 1, StaRUG cfr. recentemente M. Kaul, Das gruppenbezogene Schlechterstellungsverbot im StaRUG – Kriterium des Gläubigerinteresses oder zusätzliche nationale Voraussetzung? – Zur Richtlinien­kon­formi­tät des § 26 I Nr. 1 StaRUG, in NZI, 2024, pp. 521 ss., che in definitiva presuppone che la norma sia conforme alla Direttiva: «Der unterschiedliche personelle Anknüpfungspunkt des unionsrechtlichen Kriteriums des Gläubigerinteresses und des § 26 I Nr. 1 StaRUG spricht jedoch dafür, das Schlechterstellungsverbot des § 26 I Nr. 1 StaRUG entgegen dem bisherigen Verständnis nicht als richtlinienwidrige Umsetzung des Kriteriums des Gläubigerinteresses zu begreifen, sondern vielmehr als eine – vom Umsetzungsspielraum der Mitgliedstaaten umfasste – zusätzliche Anforderung an den Restrukturierungsplan, die über die Mindestvoraussetzungen des Art. 11 I Restruk­tu­rie­rungsrichtlinie hinausgeht. Als solche steht sie neben dem individuellen Minderheiten­schutz des § 64 StaRUG» (ibidem, p. 524). 
[346] 
§ 67 StaRUG
[347] 
Vd. § 63, comma 1, n. 1 e n. 2, StaRUG
[348] 
Cfr. § 63, comma 1, n. 3 StaRUG, che attua art. 10 comma 3 Direttiva 2019/1023. 
[349] 
Sui requisiti per l’impugnazione dell’ordinanza di omologazione del Restrukturierungsplan da parte del tribunale, ai sensi § 66 dello StaRUG, si veda. Landgericht Nürnberg-Fürth, provvedimento del 17 luglio 2023 (4 T 3814/23), in NZI, 2023, p. 966. 
[350] 
Cfr. in argomento, ex multis, D. Skauradszun, in KTS 2021, pp. 52 ss. 
[351] 
Cfr. § 17 comma 2 InsO
[352] 
§ 19 InsO
[353] 
Vd. la relazione introduttiva RegE SanInsFoG, in Bundestags-Drucksache 19/24181, 90: «Der Entwurf knüpft für den Zugang zu den Instrumentarien des präventiven Rahmens im Kern an die drohende Zahlungsunfähigkeit im Sinne des § 18 InsO an. Unternehmen, die bereits zahlungsunfähig oder überschuldet sind, bleibt die Inanspruchnahme der Instrumente des Stabilisierungs- und Restrukturierungsrahmens verwehrt. Denn im Fall einer Insolvenzreife sind die Interessen aller Gläubiger tangiert und es bedarf eines Gesamtverfahrens zur Bewältigung der eingetretenen Insolvenz. Verfahren, die – wie die Verfahrenshilfen des Stabilisierungs- und Restrukturierungsrahmens – lediglich eine Teilmenge der Gläubiger einbeziehen, eignen sich für diese Aufgabe nicht. Mit der Anknüpfung an die drohende Zahlungsunfähigkeit, die nach § 18 InsO auch Insolvenzeröffnungsgrund ist, verkennt der Entwurf nicht, dass es wünschenswert ist, die Verfahrenshilfen des Stabilisierungs- und Restruktu­rierungsrahmens so früh wie möglich zur Verfügung zu stellen, um die Voraussetzungen dafür zu schaffen, dass Gegenmaßnahmen bereits in einer Frühphase der Krise ergriffen werden, in der in aller Regel bessere Aussichten auf eine erfolgreiche Krisenbewältigung bestehen. Allerdings bedürfen die im präventiven Rahmen erwirkbaren Eingriffe in die Rechte der Gläubiger einer sachlichen Rechtfertigung. Diese liegt auch vom Standpunkt der Richtlinie in einer Gefährdung der vollständigen Befriedigung der Gläubigeransprüche. Denn Eingriffe in die Rechte dissentierender Gläubiger sind an die Voraussetzung gebunden, dass die Gläubiger durch den Restrukturierungsplan nicht schlechter gestellt werden als ohne Plan (Artikel 10 Absatz 2 Buchstabe d und Artikel 11 Absatz 1 Buchstabe a in Verbindung mit Artikel 2 Absatz 1 Nummer 6 der Richtlinie). Letzteres ist bei einem Plan, der Eingriffe in die Rechte der Gläubiger vorsieht, denknotwendig nur dann möglich, wenn die vollständige Befriedigung der Gläubiger auch ohne Plan gefährdet wäre». 
[354] 
Cfr. § 33, comma 2, n. 1 StaRUG. Vd. in merito Amtsgericht Dresden, ordinanza del 7 giugno 2021 (574 RES 2/21), in NZI, 2021, p. 893: «Das Gericht hat gemäß § 33 Abs. 2 Nr. 1 StaRUG nach Anzeige der Zahlungsunfähigkeit von der Aufhebung des Restrukturierungsverfahrens Abstand genommen, da die Eröffnung eines Insolvenzverfahrens mit Blick auf den erreichten Stand in der Restrukturierungssache offensichtlich nicht im Interesse der Gesamtheit der Gläubiger lag. Nach Durchführung des Vorprüftermins und weiterer Verhandlungen der Beteiligten waren die streitigen Fragen im Wesentlichen ausgeräumt. Zudem wurde die Zahlungsunfähigkeit durch eine Forderung hervorgerufen, die der Plangestaltung unterworfen wurde, nämlich eine fällige Darlehensforderung des Planbetroffenen der Gruppe 5, auf die der Gläubiger im Plan verzichtet. Die Vorschrift des § 33 Abs. 2 Nr. 1 StaRUG würde ins Leere laufen, wenn zwar der Erörterungs- und Abstimmungstermin durchgeführt werden könnte, jedoch die Bestätigung des Restrukturierungsplanes zu versagen wäre». Cfr. in questo senso anche Amtsgericht Hannover, provvedimento del 14 marzo 2023 (951 RES 1/23), in NZI 2023, p. 417. 
[355] 
In argomento, ex multis, A. Piekenbrock, in ZVglRWiss, vol. 121, 2022, p. 251: «Auf §§ 17, 19 InsO gestützte Gläubigeranträge sind im Übrigen auch während der Rechtshängigkeit einer Restruktu­rie­rungs­sache zulässig und führen im Erfolgsfall – wie ein Eigenantrag des Schuldners – notwendig zur Aufhebung der Restrukturierungssache (§ 33 Abs. 1 Nr. 1 StaRUG). Allerdings hat das Insolvenzgericht das Eröffnungsverfahren bei Gläubigeranträgen während der Dauer einer Stabilisierungsanordnung (§ 49 Abs. 1 StaRUG) auszusetzen (§ 58 StaRUG). Diese Regelung ist sinnvoll, weil auch das Insolvenzverfahren eine Maßnahme der Zwangsvollstreckung darstellt; unionsrechtlich zwingend ist sie bei § 17 InsO allerdings nicht». 
[356] 
Cfr. la relazione introduttiva Regierungsentwurf SanInsFoG, in Bundestags-Drucksache 19/24181, p. 90. 
[357] 
Sulla distinzione tra drohender Zahlungsunfähigkeit e Überschuldung, si veda in particolare M. Pluta, Insolvenzgründe im Kontext von StaRUG und InsO, in NZI-Beilage, 2021, pp. 22 ss. Sull’importanza della prognosi di continuità aziendale, cfr. M. Schönfelder, Die Bedeutung der Fortführungsprognose für das StaRUG-Verfahren – auf tosenden Wellen zwischen Skylla und Charybdis?, in NZI, 2022, pp. 49 ss. 
[358] 
Vd., tra gli altri Bundesgerichtshof, provvedimento del 9 ottobre 2006 (II ZR 305/05), in NZI, 2007, p. 44. Cfr. in dottrina H. G. Ganter, Die Anforderungen der höchstrichterlichen Rechtsprechung an eine zuverlässige Fortführungsprognose bei der Sanierungsprüfung, in NZI, 2014, p. 673 e M. Harz-M.Bornmann-G. Conrad-T. Ecker, Zahlungsunfähigkeit, drohende Zahlungsunfähigkeit und Überschuldung – eine Betrachtung aus wirtschaftsforensischer Praxis –, in NZI 2015, p. 737. 
[359] 
Per l’evoluzione storica del presupposto oggettivo per l’apertura della procedura d’insolvenza e la sua caratterizzazione nella giurisprudenza, cfr. S. Mock, in W. Uhlenbruck (Hrsg.), Insolvenzordnung, 15. ed., 2019, InsO § 17 Rn. 3 ss.; vd. anche K. Schmidt-Herchen, in K. Schmidt, InsO, 20. ed., 2023, § 17 Rn. 4 ss. 
[360] 
§ 17, comma 2, periodo 2 InsO
[361] 
Tuttavia, nella rilevazione delle disponibilità liquide e dei mezzi equivalenti, sono decisivi i proventi effettivi che saranno generati entro il periodo di tre settimane, cosicché il valore contabile deve spesso essere corretto; cfr. S. Mock, in W. Uhlenbruck (Hrsg.), Insolvenzordnung, 15. ed., 2019, InsO § 17 Rn. 65 ss. 
[362] 
Cfr. per tutti Bundesgerichtshof, sentenza del 24 maggio 2005 (IX ZR 123/04), in ZInsO 2005, p. 807. 
[363] 
L’opinione prevalente nella giurisprudenza e nella letteratura si limita a proiettare nel futuro i limiti temporali e di liquidità su cui si basa § 17 InsO nell’applicazione del §18 InsO. Critica il trasferimento delle caratteristiche del § 17, comma 2, InsO alla previsione dell’insolvenza imminente K. Schmidt, in K. Schmidt (Hrsg.), Insolvenzordnung, 20. ed., 2023, InsO § 18 Rn. 12; S. Mock, in W. Uhlenbruck (Hrsg.), Insolvenzordnung, 15. ed., 2019, InsO § 18 Rn. 18 s. 
[364] 
Vd. § 18, comma 2, periodo 2, InsO. Per un modello di presentazione della metodologia di verifica per l’insolvenza imminente cfr. M. Harz-S. Comtesse-G. Conrad, Drohende Zahlungsunfähigkeit. Prüfungsmethodik in der gutachterlichen Praxis, in ZInsO, 2019, pp. 2241 ss. Vd. anche T. Gutmann, Grundsätze ordnungsgemäßer Planungsrechnungen in Restrukturierung und Insolvenz, in NZI, 2022, pp. 457 ss. 
[365] 
Sul problema dell’affermazione abusiva dell’insolvenza imminente del debitore per poter accedere al Restrukturierungsplan, cfr. A. Kramer, in D. Skauradszun-A. Fridgen (Hrsg.), BeckOK StaRUG, 13. ed., 2024, § 29 Rn. 28 ss. con ulteriori riferimenti. Vd. anche A. Doerbert-H.Krüger, Die strategische Gestaltung von Restrukturierungsplänen. Zugleich erste Erfahrungen aus der StaRUG-Praxis, in NZI, 2021, pp. 614 ss. 
[366] 
Vd. § 33 comma 1 n. 1 e comma 2 n. 1. Cfr. in merito anche D. Haffa-M. Schuster, in E. Braun (Hrsg.), StaRUG, 2021, § 29 Rn. 15. 
[367] 
Condivisibile le osservazioni di S. Madaus, in A. Fridgen-A. Geiwitz-B. Göpfert (Hrsg.), BeckOK Insolvenzrecht, 36. ed., 2024, InsO, § 1, Rn. 44. 
[368] 
Vd. §§ 270 ss. InsO
[369] 
Vd. §§ 217 ss. InsO; cfr. supra capitolo III, 2.2. 
[370] 
Bundestags-Drucksache 19/24181, p. 85: «Ob der Sanierungsweg einzuschlagen ist oder nicht, soll auch weiterhin in erster Linie von denjenigen zu entscheiden sein, welche die Sanierung über ihre Beiträge mitfinanzieren, namentlich von den Gläubigern und sonstigen Beteiligten (BT-Drucksache 12/2443, S. 77 ff.; 17/5712, S. 25). Die Beteiligtenautonomie und die über sie abgesicherte Marktkonformität der Verfahrensergebnisse bleiben damit die wesensprägenden Säulen, auf denen die Sanierungsoptionen des Insolvenzrechts beruhen. Dies soll auch für die Sanierungsoptionen gelten, die in Umsetzung der Vorgaben der Richtlinie zu einem präventiven Restrukturierungsrahmen zu schaffen sind». 
[371] 
Cfr. Bundestags-Drucksache 19/24181, p. 109. 
[372] 
Vd. relazione Bundestags-Drucksache 19/24181, p. 85: «Auch weiterhin soll es nicht Aufgabe des Insolvenzrechts sein, ein Fortbestands- oder Sanierungsinteresse des Schuldners oder dessen Anteilsinhabern gegen die Interessen der Gläubiger durchzusetzen (BT-Drucksache 12/2443, S. 77). Die Sanierung bleibt ein Instrument zur Verwirklichung der auf die Befriedigung der Gläubiger gerichteten Ziele des Insolvenzrechts». Dalla dottrina cfr., ex multis, D. Skauradszun, Grundfragen zum StaRUG – Ziele, Rechtsnatur, Rechtfertigung, Schutzinstrumente, in KTS, 2021, p. 4. 
[373] 
Bundestags-Drucksache 19/24181, p. 86. 
[374] 
Per i criteri di selezione, si veda in particolare W. Marotzke, StaRUG oder InsO? Checkliste für sanierungswilligte Schuldner, in ZInsO, 2022, pp. 192 ss; M. Wollring-F. Quitzau, Die Initiierung der präventiven Restrukturierung in der Praxis – Grundlagen, Besonderheiten und Stolpersteine, in ZRI, 2021, p. 786; O. Spiekermann, Rechtliche Varianten der Unternehmenssanierung – Alternativen, Chancen, Risiken, in NJW, 2022, pp. 1775 ss. 
[375] 
Vd. A. Doerbert-H. Krüger, Die strategische Gestaltung von Restrukturierungsplänen. Zugleich erste Erfahrungen aus der StaRUG-Praxis, in NZI, 2021, p. 619 con ulteriori riferimenti. Per quanto riguarda il trasferimento di quote societarie nell’ambito di un Insolvenzplan o di un Restrukturierungsplan ai sensi dei § 217, comma 1, periodo 2, §225a InsO, § 7, comma 4, StaRUG, si veda anche C. Thole, M&A-Transaktionen und ihre Bezüge zum Insolvenz- und Restrukturierungsrecht – ein Update, in NZG, 2023, p. 1391; M. Mulert-J.-M. Steiner, Gesellschaftsrechtlich zulässige Regelungen im Insolvenz- und Restrukturierungsplan, in NZG, 2021, pp. 673 ss. 
[376] 
Cfr. supra a capitolo IV, 3.2. Vd anche J. D. Spliedt, in K. Schmidt (Hrsg.), Insolvenzordnung, 20. ed., 2023, Einführung zu den §§ 217 f. InsO, Rn. 23. 
[377] 
Cfr. supra capitolo IV, 3.4. 
[378] 
Vd. B. de Bruyn- D. C. Ehmke, StaRUG & InsO: Sanierungswerkzeuge des Restrukturierungs- und Insolvenzverfahrens, in NZG, 2021, p. 661. 
[379] 
Cfr. J. D. Spliedt, in K. Schmidt (Hrsg.), Insolvenzordnung, 20. ed., 2023, Einführung zu den §§ 217 f. InsO, Rn. 23. Vd. anche R. Bork, Instrumente des Stabilisierungs- und Restrukturierungsrahmens nach § 29 StaRUG, in NZI-Beilage, 2021, p. 40; L. Klöhn-J. Franke, Grund- und Gegenwartsfragen des Sanierungsrechts – Ein Beitrag zu der europäischen Restrukturierungsrichtlinie und dem deutschen SanInsFoG –, in ZEuP, 2022, pp. 79 ss.; A.P. Knobloch-N. Schneele, Sanierung in Eigenregie: ein Vergleich zwischen InsO und StaRUG (Teil II), in DStR, 2024, pp. 956 s. 
[380] 
Cfr. W. Marotzke, StaRUG oder InsO? Checkliste für sanierungswilligte Schuldner, in ZInsO, 2022, pp. 192 ss; M. Wollring-F. Quitzau, Die Initiierung der präventiven Restrukturierung in der Praxis – Grundlagen, Besonderheiten und Stolpersteine, in ZRI, 2021, p. 786; F.-B. Herding-P. Zehlicke, Die Vertragsbeendigung von laufenden Verträgen in Restrukturierungsverfahren, in NZI, 2023, pp. 855. 
[381] 
La legge “Gesetz zur vorübergehenden Aussetzung der Insolvenzantragspflicht und zur Begrenzung der Organhaftung bei einer durch die COVID-19-Pandemie bedingten Insolvenz” sulla sospensione temporanea dell’obbligo di dichiarazione di insolvenza e sulla limitazione della responsabilità degli amministratori è stata adottata con l’art. 1 del “Gesetz zur Abmilderung der Folgen der COVID-19-Pandemie im Zivil-, Insolvenz- und Strafverfahrensrecht” del 27 marzo 2020, in BGBl. 2020 I 569 e segg. Sulla legislazione tedesca in materia di diritto fallimentare durante la pandemia della corona cfr. per tutti M. Hermanns in A. Buth-M. Hermanns (Hrsg.), Restrukturierung, Sanierung, Insolvenz, 5. ed., 2022, § 27 Rn. 63 ss.; U. Haas, in P. Gottwald-U. Haas (Hrsg.), Insolvenzrechts-Handbuch, 6. ed., 2020, § 89, Rn. 73 ss. con ulteriori riferimenti. 
[382] 
Cfr. Appendix, Fig. 1.3. L’applicazione limitata nella pratica riguarda anche la Sanierungsmoderation ai sensi del § 94 StaRUG. Secondo una valutazione dell’INDat, nel 2021 sono state avviate solo 6 Sanierungsmoderationen e nel 2022 solo 3; cfr. in INDat Report, 2022, 1, pp. 74 ss. und INDat Report, 2023, pp. 52 ss.; in argomento cfr. anche S. Madaus Ein Jahr StaRUG – Ein Zwischenfazit, in NZG, 2022, p. 385; P. Ehret-J.Erbe, Sanierungsmoderation – (Noch) mehr Conciliation wagen?, in INDat Report, 2023, 8, 11 ss., che ritengono che una migliore informazione per le persone soggette alla regolamentazione e un maggiore livello di consapevolezza siano particolarmente importanti per il successo della Sanierungsmoderation
[383] 
Si parla molto di una “ondata di insolvenze” a partire dal 2023; cfr. le statistiche più in dettaglio infra Appendix, Fig. 2.1. 
[384] 
Cfr. per tutti S. Madaus, Der Funken des StaRUG zündet – die Restrukturierung ausländischer Forderungen in Deutschland bei Spark Networks. Zugleich Besprechung von AG Berlin-Charlottenburg, in NZI, 2024, pp. 225 ss. 
[385] 
Cfr. J. Grau-U. Pohlmann-I. Radunz, Erste Praxiserfahrungen mit dem StaRUG. Zugleich Besprechung von AG Hamburg, NZI 2021, 544, in NZI, p. 527 («Wie das geschilderte Restrukturierungsverfahren vor dem AG Hamburg deutlich gezeigt hat, lässt sich der Wille des Gesetzgebers, mit dem präventiven Restrukturierungsrahmen des StaRUG schnelle und geräuschlose Sanierungen unter vollständigem Arbeitsplatzerhalt und ohne Störung des Marktumfeldes des in die Krise geratenen Unternehmens zu ermöglichen, in geeigneten Fällen sehr gut verwirklichen.»); vd. anche S. Madaus, Der Funken des StaRUG zündet – die Restrukturierung ausländischer Forderungen in Deutschland bei Spark Networks. Zugleich Besprechung von AG Berlin-Charlottenburg, in NZI, 2024, p. 195. 
[386] 
Cfr. F.B. Herding-P. Zehlicke, Die Vertragsbeendigung von laufenden Verträgen in Restrukturierungsverfahren, in NZI, 2023, p. 863; A. Schluck-Amend, Die fehlende praktische Relevanz des StaRUG: Empfehlungen an den Gesetzgeber, in NZI-Beilage, 2023, p. 11, che sottonlinea in particolare la possibilità di adeguare la definizione di sovraindebitamento di cui al § 19 InsO
[387] 
Vd. § 51 StaRUG del Regierungsentwurf, in Bundestags-Drucksache 19/24181, p. 31:
«(1) Auf Antrag des Schuldners beendet das Restrukturierungsgericht einen gegenseitigen, nicht beiderseitig vollständig erfüllten Vertrag, an dem der Schuldner beteiligt ist, wenn der andere Teil einem Anpassungs- oder Beendigungsverlangen des Schuldners nicht nachkommt und der Schuldner drohend zahlungsunfähig ist. Der Antrag nach Satz 1 kann nur gleichzeitig mit einem Antrag auf Bestätigung eines Restrukturierungsplans gestellt werden, der weitere Restrukturierungsmaßnahmen vorsieht.
 
(2) Eine Vertragsbeendigung nach Absatz 1 ist nicht statthaft, wenn sie unter Berücksichtigung des Restrukturierungskonzepts, das dem Restrukturierungsplan zugrunde liegt, offensichtlich nicht sachgerecht ist. 
(3) Einer Vertragsbeendigung nach Absatz 1 sind vorbehaltlich der in Absatz 4 genannten Ausnahmen Verträge zugänglich, bei denen in einem Insolvenzverfahren nach § 103 Absatz 1 der Insolvenzordnung eine Erfüllungsverweigerung möglich wäre, oder die nach Maßgabe des § 109 der Insolvenzordnung kündbar wären. 
(4) Einer Vertragsbeendigung nach dieser Vorschrift sind unzugänglich: 
1. Geschäfte, die den Gegenstand einer Vereinbarung über das Liquidationsnetting nach § 104 Absatz 3 und 4 der Insolvenzordnung bilden können, Vereinbarungen über das Liquidationsnetting nach § 104 Absatz 3 und 4 der Insolvenzordnung, Finanzsicherheiten im Sinne von § 1 Absatz 17 des Kreditwesengesetzes und Geschäfte, die im Rahmen eines Systems im Sinne des § 1 Absatz 16 des Kreditwesengesetzes einer Verrechnung von Zahlungen und Leistungen unterliegen, und 
2. sofern es sich bei dem Schuldner um eine natürliche Person handelt, Verträge, die mit seiner unternehmerischen Tätigkeit in keinem Zusammenhang stehen.» 
[388] 
Per una critica cfr., ex multis, M. Hofmann, Vertragsbeendigung nach §§ 49 ff. StaRUG-E – praktisches Sanierungstool oder untaugliches Ungetüm?, in NZI, 2020, pp. 871 ss.; S. Proske-G. Streit, Rettende Restrukturierung durch Rechtsrahmen? Lob und Kritik zum Regierungsentwurf des StaRUG, in NZI, 2020, pp. 973 ss. 
[389] 
In tal senso S. Proske-G. Streit, Rettende Restrukturierung durch Rechtsrahmen? Lob und Kritik zum Regierungsentwurf des StaRUG, in NZI, 2020, pp. 973 ss.; A. Schluck-Amend, Die fehlende praktische Relevanz des StaRUG: Empfehlungen an den Gesetzgeber, in NZI-Beilage, 2023, pp. 11 ss. 
[390] 
Cfr. F.B. Herding-P. Zehlicke, Die Vertragsbeendigung von laufenden Verträgen in Restrukturierungsverfahren, in NZI, 2023, pp. 863 ss. 
[391] 
Nel seguito, “piccole” imprese sarà utilizzato anche come termine generico per le microimprese, a meno che non sia esplicitamente differenziato. 
[392] 
In argomento, cfr., ex multis, R. Davis-S. Madaus-A. Mazzoni et al., Micro, Small, and Medium Enterprise Insolvency. A Modular Approach, 2018, pp. 10 s. con ulteriori riferimenti: «While it has proven difficult to arrive at consistent definitions for MSMEs, there is no denying their immense significance to the global economy. They are a major source of jobs, economic growth, and dynamism in the economy, not least through their potential for utilizing new technologies. The European Economic Area alone has approximately 23 million MSMEs, generating 3.9 trillion euro in value annually and employing 50 million people. In the US, SMEs make up 99% of all firms, employ over 50% of private sector employees, and generate 65% of net new private sector jobs». 
[393] 
Sull’importanza delle PMI nell’economia tedesca, cfr. R. Söllner, Die wirtschaftliche Bedeutung kleiner und mittlerer Unternehmen in Deutschland, in WiSta, 2014, pp. 40 ss. con ulteriori riferimenti. Sulla distinzione tra PMI e “gewerblicher Mittelstand” cfr. M. Müller, Kleine und mittlere Unternehmen im Privatrecht. Auf dem Weg zu einem Sonderprivatrecht?, Baden-Baden, 2021, p. 372 s. (= Id., Kleine und mittlere Unternehmen im Insolvenzrecht. Zum Statuts quo eines Sonder­insol­venz­rechts für KMU, in ZInsO, 2019, p. 125). 
[394] 
Vd. Raccomandazione della Commissione 2003/361 del 6 maggio 2003 relativa alla definizione di micro, piccole e medie imprese. Tale raccomandazione della Commissione europea stabilisce che, in alternativa al fatturato, il totale di bilancio può essere utilizzato come criterio di demarcazione quantitativa. Il totale di bilancio non deve superare la soglia di 43 milioni di euro perché un’azienda possa essere classificata come PMI. Oltre alle caratteristiche puramente quantitative, la definizione dell’UE tiene conto anche di aspetti qualitativi come le relazioni e le strutture proprietarie con altre imprese. La definizione di PMI si è poi consolidata nell’UE, come afferma anche la più recente valutazione della Commissione europea, cfr. Commissione europea, SWD(2021) 280 final. Per un confronto delle definizioni globali di PMI, si veda R. Davis-S. Madaus-A. Mazzoni et al., Micro, Small, and Medium Enterprise Insolvency. A Modular Approach, 2018, pp. 6 ss. 
[395] 
Consultabile su https://www.destatis.de/DE/Themen/Branchen-Unternehmen/Unternehmen/Kleine-Unterneh­men-Mittlere-Unternehmen/_inhalt.html#233754. Sono state analizzate le aziende del settore manifatturiero, della fornitura di energia e acqua, del commercio, dell’ospitalità e di altri settori di servizi (tra cui servizi finanziari e assicurativi, educazione e insegnamento, sanità e assistenza sociale, così come arte e intrattenimento). 
[396] 
Nelle sue statistiche, Creditreform ha recentemente classificato le classi dimensionali in modo analogo alle classi secondo il § 267 HGB. Per quanto riguarda il numero di dipendenti, si tratta di una definizione parallela a quella europea ai sensi dell’art. 2 della Raccomandazione 2003/361, mentre vi sono differenze per quanto riguarda i totali del fatturato. Cfr. Creditreform, Insolvenzen in Deutschland, 2023 (disponibile all’indirizzo: https://www.creditreform.de/fileadmin/user_upload/central_files/News/ News_Wirtschaftsforschung/2023/Insolvenzen_in_Deutschland/2023-12-04_AY_OE_analyse_UE-2023.pdf). Per un confronto tra le classi dimensionali secondo il § 267 HGB e l’art. 2 della Raccomandazione 2003/361, si veda M. Müller, Kleine und mittlere Unternehmen im Privatrecht. Auf dem Weg zu einem Sonderprivatrecht?, Baden-Baden, 2021, pp. 372 s. (= Id., Kleine und mittlere Unternehmen im Insolvenzrecht. Zum Statuts quo eines Sonderinsolvenzrechts für KMU, in ZInsO, 2019, p. 125). 
[397] 
Creditreform, Insolvenzen in Deutschland, 2023, p. 7 (consultabile su: https://www.creditreform.de/ fileadmin/user_upload/central_files/News/News_Wirtschaftsforschung/2023/Insolvenzen_in_Deutschland/2023-12-04_ AY_OE_analyse_UE-2023.pdf). 
[398] 
Cfr. considerando 17 Direttiva 2019/1023. Vd. anche R. Davis-S. Madaus-A. Mazzoni et al., Micro, Small, and Medium Enterprise Insolvency. A Modular Approach, 2018, pp. 13 ss. 
[399] 
Considerando 17 Direttiva 2019/1023. La definizione di PMI va cercato nel diritto nazionale, vd. art. 2, comma 2, lett. c e considerando 18 Direttiva 2019/1023. 
[400] 
Dal punto di vista italiano, vale la pena di ripercorrere brevemente lo sviluppo storico del sistema tedesco di diritto fallimentare. A differenza del fallimento mercantile di stampo italo-francese, il sistema tedesco è tradizionalmente concepito come un cosiddetto “Jedermanns-Konkurs” (una procedura fallimentare aperta a tutti i debitori). Il concetto di fallimento mercantile si trova già nella maggior parte degli statuti italiani; si veda U. Santarelli, Per la storia del fallimento nelle legislazioni italiane dell’età intermedia, 1964, pp. 80 ss. Sull’evoluzione della procedura fallimentare tedesca, rinvio a J. Kohler, Lehrbuch des Konkursrechts, 1891, p. 72 ss. Questo sistema tradizionalmente non prevede soglie specifiche che avrebbero riservato l’accesso alla procedura fallimentare solo alle imprese più grandi. In Italia, il passaggio al sistema tedesco-austriaco di fallimento è stato discusso più volte, a partire dalla recezione del Codice di commercio fino all’introduzione della Legge fallimentare del 1942, ma alla fine è sempre stato respinto. A tal proposito rinvio al mio Krisen des fallimento, Tübingen, 2021, pp. 33 ss. con ulteriori riferimenti. 
[401] 
Considerando 17 Direttiva 2019/1023. Per quanto riguarda la semplificazione procedurale, il legislatore afferma: «Al fine di aiutare tali debitori a ristrutturarsi a basso costo, dovrebbero essere altresì elaborate a livello nazionale e rese disponibili online liste di controllo particolareggiate per i piani di ristrutturazione, adeguate alle esigenze e alle specificità delle PMI». Vd. art. 8, comma 2, Direttiva 2019/1023 e supra capitolo II, 3.2. 
[402] 
Considerando 17 Dir.; cfr., ex multis, C. Paulus, Frühwarnsysteme, in NZI, 2020, pp. 659 ss. 
[403] 
In argomento cfr., ex multis, S. Madaus, Ein Jahr StaRUG – Ein Zwischenfazit, in NZG, 2022, pp. 385 ss.; A. Schluck-Amend, Die fehlende praktische Relevanz des StaRUG: Empfehlungen an den Gesetzgeber, in NZI-Beilage, 2023, pp. 7 ss. con ulteriori riferimenti. Da ultimo vd. S. Madaus, Der Fun­ken des StaRUG zündet – die Restrukturierung ausländischer Forderungen in Deutschland bei Spark Net­works. Zugleich Besprechung von AG Berlin-Charlottenburg NZI 2024, 225, in NZI, 2024, pp. 193 ss. 
[404] 
Cfr. Bundestags-Drucksache 19/24181, p. 92: «Zweitens können insbesondere kleine oder Kleinst­unter­nehmen als Schuldner mit dem Prozess der eigenverantwortlichen Gestaltung eines solchen mitunter komple­xen Prozesses überfordert sein. Daher muss es solchen Unternehmen möglich sein, für die Durchführung eines gerichtlichen Abstimmungsverfahrens zu votieren, das sich an den Regelungen zur Planabstimmung im Insol­venzplanverfahren orientiert. Zudem sollte es möglich sein, die Planabstimmung in die Hände eines gerichtlich bestellten Restrukturierungsbeauftragten zu legen, der über die erforderliche Qualifikation und Erfahrungen für die Durchführung solcher Abstimmungen verfügt». 
[405] 
Cfr. O. Spiekermann, Rechtliche Varianten der Unternehmenssanierung – Alternativen, Chancen, Risiken, in NJW, 2022, p. 1777; ebenso H. Hirte-H. Vallender-H. Zipperer, in H. Hirte-H.Vallender (Hrsg.), Uhlenbruck, Insol­venz­ordnung, vol. II, 16. ed., 2023, Vorbemerkungen zum StaRUG, Rn. 32; per quanto riguarda i liberi professionisti vd. A. Schinkel, StaRUG - viele Lärm um nichts oder das Beste aus beiden Welten, in ZVI, 2021, 373 ss.; R. Fendel, in E. Braun (Hrsg.), Unternehmensstabilisierungs- und -restrukturierungsgesetz (StaRUG), 2021, § 63, Rn. 19 con ulteriori riferimenti. 
[406] 
In particolare, il legislatore tedesco non si è avvalso della facoltà prevista dall’art. 9, comma 4, terzo periodo, della Direttiva 2019/1023 (cfr. anche considerando 45 Direttiva) di prescrivere una suddivisione in classi meramente facoltativa per le PMI al momento della redazione del piano, data la loro struttura patrimoniale spesso relativamente semplice. Cfr. la relazione introduttiva in Bundestags-Drucksache 19/24181, p. 118: «Von der Möglichkeit, gemäß Artikel 9 Absatz 4 Unterabsatz 3 der Richtlinie kleine und mittlere Unternehmen von der Verpflichtung zur Bildung von Gruppen generell auszunehmen, wird kein Gebrauch gemacht, weil sich aus der Bildung der von Absatz 1 vorgegebenen Pflichtgruppen keine besonderen Schwierigkeiten ergeben und die Unterscheidung wenigstens der dort genannten Pflichtgruppen im Interesse der transparenten Darstellung der unterschied­lichen wirtschaftlichen Situation der betroffenen Gläubiger und Anteilsinhaber auch bei solchen Schuldnern geboten ist». Cfr. a tal proposito O. Spiekermann, Rechtliche Varianten der Unternehmenssanierung – Alternativen, Chancen, Risiken, in NJW, 2022, p. 1777; H. Hirte-H. Vallender-H. Zipperer, in H. Hirte-H.Vallender (Hrsg.), Uhlenbruck, Insol­venz­ordnung, vol. II, 16. ed., 2023, Vorbemerkungen zum StaRUG, Rn. 32; H. Kamin, Der Zugang von natürlichen Personen zum Restrukturierungs­rahmen, in ZVI, 2022, 93; già sul progetto di legge G. Deppenkemper, Ziel erreicht? Außergerichtliche Sanierung bereits ab dem 1.1.2021!, in ZIP, 2020, p. 2435, che auspica una standardizzazione per le PMI che vada oltre la lista di controllo ai sensi del § 16 StaRUG, nel senso di un piano modello con un sistema modulare. 
[407] 
Cfr. infra capitolo V, 1.1. 
[408] 
Vd. art. 2, comma 2, lett. a e b, Direttiva 2019/1023; cfr. supra capitolo II, 3.1. 
[409] 
Vd. supra capitolo IV, nota 8. 
[410] 
Il periodo di previsione è stato differentemente individuato in dottrina, variando da pochi mesi a diversi anni. Per una sintesi delle differenti posizioni in letteratura, si veda C.G. Salm-Hoogstraeten, in E. Braun (Hrsg.), Insolvenzordnung, 10. ed., München, 2024, § 18 Rn. 9, con ricognizione bibliografica. Infatti, non è stato possibile determinare un periodo di previsione uniforme e ci si è dovuti basare su una decisione caso per caso; cfr. J. Drukarczyk, in R. Stürner - H. Eidenmüller - H. Schoppmeyer (Hrsg.), Münchener Kom­­men­tar zur Insolvenzordnung, vol. I, 4. ed., München, 2019, § 18, Rn. 57 ss. 
[411] 
Cfr. art. 2, comma 1, lit. a CCII. 
[412] 
M. Fabiani, Sistema, principi e regole del diritto della crisi d’impresa, 2023, p. 67, il quale sottolinea che «il concetto di crisi adottato nel codice è associato a quello di probabilità di rischio di insolvenza, con la conseguenza che la nozione di crisi risulta schiacciata in avanti sulla nozione di insolvenza. Ed infatti per crisi si intende, proprio, la probabilità di insolvenza che si manifesta quando i flussi prospettici non appaiono adeguati a soddisfare i debiti nei successivi dodici mesi, ovverosia quello stesso arco temporale preso in considerazione dai principi di bilancio sulla continuità aziendale; si tratta di una scelta che ha una matrice aziendalistica». 
[413] 
Vd. art. 4, comma 1, Direttiva 2019/1023; cfr. supra capitolo II, 3.1. 
[414] 
Così espressamente relazione Regierungsentwurf InsO, in Bundestags-Drucksache 12/2443, pp. 114 s.: «Entsprechend einem Vorschlag der Kommission für Insolvenzrecht wird die drohende Zahlungsunfähigkeit als neuer Grund für die Eröffnung des Insolvenzverfahrens eingeführt. Er schafft die Möglichkeit, bei einer sich deutlich abzeichnenden Insolvenz bereits vor ihrem Eintritt verfahrensrechtliche Gegenmaßnahmen einzuleiten. (...) Das Wort „voraussichtlich“ in Absatz 2 ist so zu verstehen, daß der Eintritt der Zahlungsunfähigkeit wahrscheinlicher sein muß als deren Vermeidung. Sobald diese Voraussetzung vorliegt, ist die Befriedigung der Gläubiger so stark gefährdet, daß die Eröffnung eines Insolvenzverfahrens gerechtfertigt erscheint». 
[415] 
Le ragioni della mancata accettazione sono molteplici. Non è raro che nel corso del procedimento venga accertato che l’insolvenza (§ 17 InsO) o il sovraindebitamento (§ 19 InsO) esistevano già al momento della presentazione della domanda. S. Mock, in H. Hirte-H. Vallender (Hrsg.), Uhlenbruck, Insolvenzordnung, 15. ed., 2019, InsO, § 18, Rn. 5-7. 
[416] 
H. Zipperer, in H. Hirte-H. Vallender (Hrsg.), Uhlenbruck, Insolvenzordnung, 15. ed., 2019, InsO § 270b, Rn. 24. 
[417] 
Cfr. Bundestags-Drucksache 19/24181, pp. 84 ss. 
[418] 
Si tratta del problema dei cosiddetti “holdout”; in argomento cfr. D. Skauradszun, Grundfragen zum StaRUG – Ziele, Rechtsnatur, Rechtfertigung, Schutzinstrumente, in KTS, 2021, p. 7; in merito alla giurisprudenza vd. Bundesgerichtshof, NJW 1992, pp. 968 s.; Bundesgerichtshof, NJW 2010, p. 67. 
[419] 
U. Krystek-D. Evertz, Betriebswirtschaftliche Aspekte der präventiven Restrukturierung, in DB 2020, p. 2365; C. Brünkmans, Geschäftsleiterpflichten und Geschäftsleiterhaftung nach dem StaRUG und SanInsFoG, in ZInsO, 2021, pp. 1 s.; A. Ziegenhagen, Referentenentwurf des BMJV zur Fortentwicklung des Sanierungs- und Insolvenzrecht – “Sanierungsrechtsfortentwicklungsgesetz - SansInsFoG“, in ZInsO, 2020, p. 2090; H. Vallender, Das Sanierungs- und Insolvenz­rechts­fortentwick­lungs­gesetz (SanIns-FoG), in MDR, 2021, pp. 201 s. 
[420] 
Cfr. supra capitolo III, 3.1 con ulteriori riferimenti. 
[421] 
L. Stanghellini, Il codice della crisi dopo il d.lgs. 83/2022: la tormentata attuazione della direttiva europea in materia di “quadri di ristrutturazione preventiva”, in Ristrutturazioni Aziendali, 21 luglio 2022, p. 6. 
[422] 
Vd. art. 18 Direttiva 2019/1023. 
[423] 
Cfr. artt. 6 e 17 Direttiva 2019/1023. 
[424] 
Vd. art. 9, comma 6, e art. 10 Direttiva 2019/1023; cfr. supra capitolo II, 3.3. 
[425] 
Vd. art. 11 e art. 12 Direttiva 2019/1023; cfr. supra capitolo II, 3.4. 
[426] 
Oltre che a garantire al debitore che vi accede una serie di benefici, quali la protezione da azioni esecutive o cautelari, l’esenzione dagli obblighi in caso di perdite di capitale, l’esenzione da revocatoria in caso di successiva soggezione a liquidazione giudiziale; cfr. supra capitolo III, 3.2. 
[427] 
Come visto, l’accordo deve essere idoneo ad assicurare il pagamento integrale dei creditori estranei entro 120 giorni dall’omologazione ovvero dalla scadenza, a seconda che si tratti di crediti scaduti o meno alla data dell’omologazione; cfr. supra capitolo III, 3.4. 
[428] 
Per accedere agli accordi di ristrutturazione agevolati è richiesto ai sensi dell’art. 60 CCII che a) il debitore non proponga alcuna moratoria per i creditori che rimangono estranei all’accordo, i quali devono essere pertanto pagati per intero alle scadenze previste; e b) il debitore non abbia richiesto e rinunci a richiedere misure protettive di cui all’art 54 CCII; cfr. supra capitolo III, 3.4. 
[429] 
In merito al cross-class cram-down, si veda più avanti al Capitolo V, 3. 
[430] 
L’ammissibilità di un piano liquidatorio puro deriva dal § 6, comma 2, periodo 2, StaRUG («Se il piano prevede la continuità aziendale»). Cfr. in questo senso già, ex multis, A. Fridgen, in D. Skauradszun-A. Fridgen (Hrsg.), BeckOK StaRUG, 13. ed., 2024, § 6 Rn. 62 s.; contra G. Streit-F. Bürk, in H. Hirte-H. Vallender (Hrsg.), Uhlenbruck Insolvenzordnung, vol. II, 16. ed., 2023, § 6, Rn. 132. 
[431] 
Vd. considerando 1 («by ensuring that viable enterprises and entrepreneurs that are in financial difficulties have access to effective national preventive restructuring frameworks»), considerando 2 («limiting the unnecessary liquidation of viable enterprises»), considerando 3 («non-viable businesses with no prospect of survival should be liquidated as quickly as possible»), considerando 12 («which promote the rescue of economically viable debtors»), considerando 15 («the early restructuring of viable debtors in financial difficulties») nonché considerando 16 («effective preventive restructuring of viable debtors in financial difficulties»). Cfr., ex aliis e da ultimo, C. Amatucci, Sul recepimento italiano della Direttiva Insolvency e sulla pretermissione del requisito di “impresa sana”, in Giur. comm., 2023, I, pp. 56 ss. 
[432] 
B. Steffan-J. Oberg- S. Poppe, SanInsFoG: Vom Grobkonzept zum Vollkonzept - Anforderungen an die betriebswirtschaftlichen Konzepte in Restrukturierungsplan, Eigenverwaltungsplanung und Insolvenzplan, in ZIP, 2021, p. 619 con ulteriori riferimenti. 
[433] 
Bundesgerichtshof, in NZI, 2016, p. 636 Rn. 36. 
[434] 
In argomento, vd. anche le considerazioni di C. Amatucci, Sul recepimento italiano della Direttiva Insolvency e sulla pretermissione del requisito di “impresa sana”, in Giur. comm., 2023, I, p. 60: « La questione di fondo è che non appare coerente con gli obiettivi della Direttiva Insolvency — che ritengo abbia assunto sul punto una posizione ben diversa da quella del legislatore italiano degli ultimi quindici anni — l’indiscriminata apertura dei quadri di ristrutturazione ad ogni impresa. Non credo che sia conforme al suo spirito l’accesso alla ristrutturazione da parte di imprese che non risultino “sane” le quali, seppur in crisi o insolventi, non rientrino in un perimetro che ai singoli stati membri compete delineare. Costituisce, pertanto, un sicuro passo falso del legislatore italiano aver trascurato di fissare quel discrimen, così preciso e ripetuto nella Direttiva, tra imprese per le quali debba valere l’impegno al risanamento e imprese per le quali tale sforzo possa rivelarsi sconveniente nell’interesse generale, perché contrario a principi di logica e razionalità economica. Di tutto ciò non c’è, incomprensibilmente, alcuna traccia nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza e, dunque, almeno per tale pretermissione ritengo che il recepimento italiano della Direttiva Insolvency presenti un grave profilo di illegittimità». 
[435] 
§ 30, comma 1, periodo 1, StaRUG; cfr. supra Capitolo IV, 2.1. 
[436] 
Vd. § 30, comma 1, periodo 2, StaRUG
[437] 
Cfr. supra capitolo III, 3.5. 
[438] 
Cfr. supra capitolo III, 4.1 e capitolo IV, 3.1. 
[439] 
Vd. Bundestags-Drucksache 19/24181, p. 92. 
[440] 
In questo senso espressamente Bundestags-Drucksache 19/24181, p. 92: «Die damit ermöglichte Flexibilität bedarf Einschränkungen allein unter drei Gesichtspunkten. Erstens müssen Mindestanforderungen statuiert werden, deren Beachtung sicherstellen soll, dass alle Gläubiger, von denen Sanierungsbeiträge eingeholt werden sollen, angemessen am Plan­ab­stimmungs­prozess beteiligt werden. Insbesondere müssen ihnen die für die Beurteilung des Planvorhabens erforderlichen Informationen rechtzeitig übermittelt werden, und es muss ihnen eine Gelegenheit zur Teilnahme an der Erörterung und Abstimmung über den Plan gegeben werden. Diese Mindest­anforderungen bilden zugleich als Prüfungsmaßstab die Schnittstelle zum gerichtlichen Planbe­stä­tigung­s­verfahren, in dessen Rahmen das Gericht zu prüfen hat, ob die Mindestanforderungen an das Verfahren eingehalten wurden.» 
[441] 
In argomento, cfr. A. Doebert-H. Krüger, Die strategische Gestaltung von Restruk­tu­rierungs­­plä­nen. Zugleich erste Erfahrungen aus der StaRUG-Praxis, in NZI, 2021, p. 619; J. Kümpel, Schutz vor nicht marktkonformen Gestaltungen im (gerichtsfreien) Stabilisierungs- und Restrukturierungsrahmen, in KTS, 2022, pp. 341 ss. Sullo spostamento dell’equilibrio di potere tra creditori e debitori vd. C.G. Paulus, Der Wandel von einem gläubigerzentrierten zum einem schuldnerzentrierten Sanie­rungs­ansatz unter dem StaRUG, in NZI-Beilage, 2021, pp. 9 ss. 
[442] 
Vd. §§ 17 ff. StaRUG; cfr. supra capitolo IV, 3.4. 
[443] 
Nel procedimento giudiziario (§§ 29 ss.), l’insolvenza imminente non è un presupposto formale per il voto in tribunale (comma 2 n. 1) e per la verifica preliminare (comma 2 n. 2); al contrario è possibile richiedere l’esame preliminare per far sì che il tribunale determini l’esistenza di un’insolvenza imminente. Nel caso della Stabilisierungsanordnung (comma 2 n. 3) e dell’omologazione del piano (comma 2 n. 4), è necessaria solo una verifica negativa per determinare se l’insolvenza imminente non esiste (ancora) (§ 51, comma 1, n. 3, § 63, comma 1, n. 1 StaRUG), per cui la sua esistenza è inizialmente presunta e il debitore è esonerato dall’onere di dimostrare l’esistenza positiva dell’insolvenza imminente. Cfr. in argomento, ex multis, A. Kramer, in D. Skauradszun-A. Fridgen (Hrsg.), BeckOK StaRUG, 13. ed., 2024, § 29, Rn. 28 ss. con ulteriori riferimenti. 
[444] 
Cfr. J. Kümpel, Schutz vor nicht marktkonformen Gestaltungen im (gerichtsfreien) Stabilisierungs- und Restrukturierungsrahmen, in KTS, 2022, pp. 361 ss. 
[445] 
Introdotto con il d.l. 27 giugno 2015 n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015 n. 132. Per tutti, essendovi già amplissima bibliografia, R. Ranalli, Gli ostacoli, normativi e culturali alle proposte concorrenti nel concordato preventivo in continuità, in Fallimento, 2021, pp. 5 ss.; N. Abriani, Sulla legittimazione alla presentazione della proposta concorrente di concordato preventivo, in Dirittodellacrisi.it, 14 giugno 2021, passim; G. Bozza, Il sistema delle votazioni nei concordati tra presente e futuro, in Dirittodellacrisi.it, 4 marzo 2022, passim
[446] 
In argomento si rinvia a R. Ranalli, Gli ostacoli, normativi e culturali alle proposte concorrenti nel concordato preventivo in continuità, in Fallimento, 2021, pp. 5 ss. 
[447] 
Cfr. R. Ranalli, Con il Codice della crisi il risanamento è con i creditori e non vi è più spazio per chi li pregiudica, in Dirittodellacrisi.it, 18 luglio 2023, p. 7. 
[448] 
Vd. art. 11, comma 2, Direttiva 2019/1023; cfr. supra capitolo II, 3.3. 
[449] 
M. Perrino, “Relative priority rule” e diritti dei soci nel concordato preventivo in continuità, in Dirittodellacrisi.it, 12 dicembre 2022, passim, spec. p. 22. 
[450] 
In tal senso vd. già G. D’Attorre, Relative Priority Rule(s), in D. Vattermoli (a cura di), La questione distributiva nel diritto della crisi e dell’insolvenza, 2023, p. 74 nonché M. Perrino, “Relative priority rule” e diritti dei soci nel concordato preventivo in continuità, in Dirittodellacrisi.it, 12 dicembre 2022, p. 22 che osserva correttamente che «una delimitazione che appare anch’essa fonte di possibili difficoltà e incertezze applicative e che non si ritrova testualmente nell’art. 11 della Direttiva, la quale appare invece riferirsi, nel porre le relative regole di distribuzione, all’intero valore nascente dal piano di ristrutturazione, cui applicare l’alternativa fra la RPR di cui al par. 1 lett. c) e la APR di cui al comma 2. In questo senso può forse parlarsi della priorità relativa del CCII come di una RPR “temperata”, nella misura in cui si applica solo al plusvalore di continuità». 
[451] 
Sull’attuazione della Direttiva 2019/1023 in Germania cfr. la relazione in Bundestags-Drucksache 19/24181, pp. 129 ss. Dalla vasta letteratura cfr., ex aliis, con ampi riferimenti bibliografici C. Herweg, in R. Stürner- H. Eidenmüller- H. Schoppmeyer-S. Madaus (Hrsg.), Münchener Kommentar zum StaRUG, 2023, § 27, Rn. 11 ss. 
[452] 
Critico dal punto di vista dei diritti fondamentali, in particolare, B. Tilgner, Grundrechtliche Fallstricke im StaRUG, in NZI, 2022, p. 764: «Das ablehnende Votum von Gläubigern mit Stimmrechtsanteil von mehr als der Hälfte kann also nicht übergangen werden. Die gruppenübergreifende Mehrheitsentscheidung dürfte damit faktisch gegenüber Finanzkreditgläubigern unanwendbar sein. Sie bekommen dadurch eine mächtige Position. Das Ziel der Restrukturierungsrichtlinie, grundlose Obstruktion überwindbar zu machen, wird insofern konterkariert». 
[453] 
Vd. relazione in Bundestags-Drucksache 19/24181, pp. 129 s.: «Um der Praxis Raum für flexible Lösungen zu geben und sie vor dem Zwang zu bewahren, rigide Entscheidungen über die Einbeziehung oder Nichteinbeziehung bestimmter Gläubiger zu treffen, wird die Möglichkeit geschaffen, das Erfordernis der strikten Gleichbehandlung zwischen Gläubigern dort zu relativieren, wo dies angesichts der konkreten Restrukturierungsaufgabe und den Umständen angemessen erscheint. So kann es im Einzelfall sachgerecht sein, neben Finanzgläubigern auch solche Gläubiger einzubeziehen, deren Forderungen aus dem operativen Betrieb resultieren. Satz 1 erlaubt es, unter Rückgriff auf dieselben Kriterien, nach denen gemäß § 10 Nummer 2 das Auswahlermessen des Schuldners auszuüben ist, Gläubiger nur teilweise einzubeziehen oder anderen Regelungen zu unterwerfen als andere Gläubiger». 
[454] 
Vd. § 28, comma 2, n. 2, StaRUG. Sulle finalità e sulla giustificazione delle eccezioni cfr., ex multis, C. Herweg, in R. Stürner- H. Eidenmüller- H. Schoppmeyer-S. Madaus (Hrsg.), Münchener Kommentar zum StaRUG, 2023, § 28, Rn. 1 ss. 
[455] 
Cfr. supra II.3. Vd. anche L. Stanghellini, Il codice della crisi dopo il d.lgs. 83/2022: la tormentata attuazione della direttiva europea in materia di “quadri di ristrutturazione preventiva”, in Ristrutturazioni Aziendali, 21 luglio 2022, p. 7. 
[456] 
Vd. considerando 31: «Allo scopo di assistere le parti nel negoziare e redigere un piano di ristrutturazione, gli stati membri dovrebbero prevedere la nomina obbligatoria di un professionista qualora un’autorità giudiziaria o amministrativa conceda al debitore una sospensione generale delle azio­ni esecutive individuali, purché in tal caso un professionista sia necessario per tutelare gli interessi delle parti, il piano di ristrutturazione debba essere omologato da un’autorità giudiziaria o ammi­ni­stra­ti­va mediante ristrutturazione trasversale dei debiti, la nomina sia stata richiesta dal debitore o sia ri­chies­ta da una maggioranza di creditori, purché i creditori coprano i costi e gli onorari del profes­sio­nista». 
[457] 
L. Stanghellini, Il codice della crisi dopo il d.lgs. 83/2022: la tormentata attuazione della direttiva europea in materia di “quadri di ristrutturazione preventiva”, in Ristrutturazioni Aziendali, 21 luglio 2022, p. 15. 
[458] 
Cfr. art. 112, comma 3, e art. 64-bis, comma 8, CCII. 
[459] 
Vd. art. 11 Direttiva 2019/1023; cfr. supra capitolo II, 3.4. 
[460] 
Vd. art. 11 Direttiva 2019/1023; cfr. supra capitolo II, 3.4. 
[461] 
Tuttavia, mentre il § 245, comma 1, n. 3, InsO richiede il consenso della maggioranza delle classe, ai sensi dell’art. 11, comma 1, periodo 1, lett. b, alt. ii, Direttiva 2019/1023, è sufficiente che almeno una classe i cui membri siano titolari di crediti, tenendo conto dello scenario alternativo, abbia dato il proprio consenso; cfr. relazione in Bundestags-Drucksache 19/24181, pp. 127 s. Sulla genesi del cross-class cram-down nel contesto del Restrukturierungsplan ai sensi dello StaRUG, cfr. ex aliis, C. Herweg, in R. Stürner- H. Eidenmüller- H. Schoppmeyer-S. Madaus (Hrsg.), Münchener Kommentar zum StaRUG, 2023, § 26, Rn. 13 ss.; D. Herzig, in E. Braun (Hrsg.), StaRUG, 1. ed., 2021, § 26, Rn. 1 ss. 
[462] 
Se sono stati formati solo due classi, è sufficiente il consenso dell’altra classe. Tuttavia, i gruppi consenzienti non possono essere formati esclusivamente da soci o da creditori subordinati per la ristrutturazione (§ 26, comma 1, n. 3, StaRUG). 
[463] 
In argomento, cfr. R. Fendel, in E. Braun (Hrsg.), StaRUG, 1. ed., 2021, § 60, Rn. 7; C. Herweg, in R. Stürner- H. Eidenmüller- H. Schoppmeyer-S. Madaus (Hrsg.), Münchener Kommentar zum StaRUG, 2023, § 26, Rn. 1 ss. 
[464] 
Vd. considerando 13 Direttiva 2019/1023, che chiarisce che «Sebbene la presente direttiva non imponga che le procedure rientranti nel suo ambito di applicazione soddisfino tutte le condizioni per la notifica ai sensi di tale allegato A, essa mira a facilitare il riconoscimento transfrontaliero di tali procedure e il riconoscimento ed esecutività delle sentenze». 
[465] 
È il Regolamento (UE) 2021/2260 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 2021 «recante modifica del regolamento (UE) 2015/848 relativo alle procedure di insolvenza allo scopo di sostituirne gli allegati A e B». 
[466] 
A tal proposito cfr., ex multis, S. Ambrosini, Il Codice della Crisi dopo il D.Lgs. 83/2022: brevi appunti su nuovi istituti, nozione di crisi, gestione dell’impresa e concordato preventivo (con una notazione di fondo), in Dir. fall., 2022, I, p. 858 (= in Ristrutturazioni Aziendali, 17 luglio 2022) («un’occasione mancata, che oltre tutto potrebbe non ripresentarsi a breve»); L. Stanghellini, Il codice della crisi dopo il d.lgs. 83/2022: la tormentata attuazione della direttiva europea in materia di “quadri di ristrutturazione preventiva”, in Ristrutturazioni Aziendali, 21 luglio 2022, p. 14, che afferma che «si è perduta l’occasione di una semplificazione; forse, tuttavia, questa occasione già non c’era più: essa si era perduta, a mio avviso, quando nel 2015 si avviò un processo di irrigidimento della normativa e di rafforzamento dei poteri dell’autorità giudiziaria, processo che è proseguito tetragono nonostante l’avvio dei lavori per la Direttiva e la pubblicazione della proposta di Direttiva nel novembre 2016»; V. Minervini, Dalla legge fallimentare alla Direttiva Insolvency. Il diritto della crisi come strumento per la costruzione e il corretto funzionamento del mercato interno, in Giur. comm., 2023, I, p. 500; P. Vella, La spinta innovativa dei quadri di ristrutturazione preventiva europei sull’istituto del concordato preventivo in continuità aziendale, in Ristrutturazioni Aziendali, 1° gennaio 2022, p. 26. 
[467] 
Cfr. supra capitolo IV, 4. 
[468] 
Cfr. supra capitolo IV, 6 e vd. infra capitolo VI, 2. 
[469] 
Per tutti, essendovi già amplissima bibliografia, cfr. A. Schluck-Amend, Die fehlende praktische Relevanz des StaRUG: Empfehlungen an den Gesetzgeber, in NZI-Beilage, 2023, p. 11, che considera l’introduzione del meccanismo di risoluzione dei contratti per aumentare l’attrattività della procedura. 
[470] 
In tal senso F.-B. Herding-P. Zehlicke, Die Vertragsbeendigung von laufenden Verträgen in Restrukturierungsverfahren, in NZI, 2023, p. 863, i quali ipotizzano che «die deutsche Lösung – soweit Schuldner auf eine Vertragsbeendigung angewiesen sind – zu Fluchtbewegungen ins Ausland führen». In argomento, cfr. anche L. Klöhn-J. Franke, Grund- und Gegenwartsfragen des Sanierungsrechts – Ein Beitrag zu der europäischen Restrukturierungsrichtlinie und dem deutschen SanInsFoG, in ZEuP, 2022, p. 80 («Der Wettbewerbsdruck auf den Sanierungsstandort Deutschland dürfte aufgrund der Umsetzung der Restrukturierungsrichtlinie in anderen Mitgliedstaaten eher steigen. Konkurrenz ist vor allem aus den Niederlanden zu erwarten»). 
[471] 
In argomento, cfr. S. Madaus, Der Funken des StaRUG zündet – die Restrukturierung ausländischer Forderungen in Deutschland bei Spark Networks, NZI 2024, p. 195, il quale, con riferimento alla decisione di omologazione del piano di ristrutturazione nel procedimento dinanzi al Tribunale di Berlino-Charlottenburg del 4 gennaio 2024 (36s RES 6525/23), ipotizza che «die Entscheidung wie das gesamte Verfahren einen kaum zu unterschätzenden Beitrag zur Verankerung der StaRUG-Restruk­tu­rierung im internationalen Restrukturierungsmarkt leistet. Es geht voran». 
[472] 
Proposta di Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che armonizza taluni aspetti del diritto in materia di insolvenza, 7 dicembre 2022, COM(2022) 702 final. In argomento cfr. nella dottrina italiana, ex multis, L. Panzani, Osservazioni ragionate sulla proposta di una nuova Direttiva di armonizzazione delle leggi sull’insolvenza, in Dirittodellacrisi.it, 13 gennaio 2023; G. Corno, Prime riflessioni sulla proposta della Commissione europea di armonizzazione di alcuni profili della disciplina delle azioni revocatorie nelle procedure di insolvenza e sul possibile impatto sulla normativa italiana, in Dirittodellacrisi.it, 30 gennaio 2023; A. Stein-G. Corno, Verso una maggiore armonizzazione a livello europeo, in Dirittodellacrisi.it, 8 febbraio 2022; P. De Cesari, La Proposta di direttiva sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto dell’insolvenza, riflessi sul Codice della crisi, in Fallimento, 2023, pp. 581 ss. Nella letteratura tedesca, la proposta è stata accolta in modo estremamente critico, soprattutto per quanto riguarda le preoccupazioni relative alla “procedura di liquidazione semplificata” previste dall’art. 39 della proposta di Direttiva, cfr. in particolare F. Frind, Das (verwalterlose) vereinfachte Liquidationsverfahren nach dem EU-Richtlinienvorschlag zur „Harmonisierung bestimmter Aspekte des Insolvenzrechtes“ aus insol­venz­gerichtlicher Praxissicht, in ZInsO, 2023, pp. 425 s.; S. Lissner, Die Harmonisierung europäischen Insolvenzrechts - oder doch Dantes Inferno?, in ZInsO, 2023, p. 1069; H. Sämisch, Die neue Harmonisierungs­richt­linie – verwalterloses Verfahren als Risiko, in ZRI, 2023, pp. 93 ss.; S. Smid-S.Wehdeking, Vereinfachte Liquidationsverfahren über Microunternehmen im Richtlinienentwurf der EU zur Harmonisierung mitglieds­staat­licher Insolvenzrechte, in ZInsO, 2023, pp. 198 ss.; C. Thole, Der Kommissionsvorschlag für eine Richtlinie zur Harmonisierung bestimmter Aspekte des Insolvenzrechts, COM(2022) 702, in ZIP, 2023, pp. 389 ss.; J. Weitzmann, EU-Richtlinienvorschlag erinnert an einen Geisterfahrer ohne Fahrer­laub­nis, in ZInsO, 2023, pp. 757 ss. 
[473] 
In questo contesto, cfr. tra i motivi e obiettivi della Proposta di Direttiva, COM(2022) 702 final, secondo cui «le misure a livello dell’UE garantirebbero condizioni di parità ed eviterebbero distorsioni delle decisioni sugli investimenti transfrontalieri causate dalle differenze tra le discipline e dalla mancanza di informazioni sulla loro concezione. Ciò contribuirebbe ad agevolare gli investimenti transfrontalieri e la concorrenza, tutelando nel contempo il corretto funzionamento del mercato unico. Poiché le divergenze nelle discipline in materia di insolvenza costituiscono un ostacolo fondamentale per gli investimenti transfrontalieri, affrontare tale ostacolo è fondamentale per realizzare un mercato unico dei capitali nell’UE». 
[474] 
In tal senso anche V. Minervini, Dalla legge fallimentare alla Direttiva Insolvency. Il diritto della crisi come strumento per la costruzione e il corretto funzionamento del mercato interno, in Giur. comm., 2023, I, pp. 531 s., che sostiene che «il recepimento della Direttiva e il suo innesto all’interno del nuovo Codice, nonostante i problemi di cui s’è detto, rappresenti un’occasione storica, che necessariamente richiede un arricchimento dei paradigmi concettuali sin qui propri della tradizione domestica; e che a maggior ragione di fronte a una nuova, imminente tappa di ulteriore e più estesa armonizzazione del diritto della crisi a livello unionale, sembra doveroso auspicare che le modifiche normative sin qui operate nei vari diritti nazionali possano andare di pari passo con quel “cambio di passo e di cultura” necessario a coglierne le effettive implicazioni e a realizzare i benefici attesi». 
[475] 
In argomento, cfr., ex multis, S. Madaus, Thinking Small First. Eine juristische Bewertung ausgewählter Vorschläge zur Verbesserung des Insolvenz- und Restrukturierungsrechts im Kontext der COVID-19 Pandemie in Deutschland, 25 agosto 2021 (consultabile su <https://www.sach­ver­staen­di­gen­rat-wirtschaft.de/fileadmin/dateiablage/Arbeitspapiere/Arbeits­­papier_03_2021.pdf>). 
[476] 
Così S. Madaus, in A. Fridgen-A. Geiwitz-B. Göpfert (Hrsg.), BeckOK Insolvenzrecht, 36. ed., 2024, § 1, Rn. 48: «Schließlich erscheint ein Einheitsverfahren für Unternehmen auch insofern ineffizient, als es gleiche Regeln und vor allem Anforderungen für die Insolvenz von großen wie von kleinen Unternehmen aufstellt. Gerade in den letzten zwei Jahrzehnten haben sich Finanzstruktur und Cor­porate Governance bei größeren Unternehmen ganz erheblich von der Realität kleiner Unternehmen (zum Teil auch als KMU oder SME bezeichnet) und noch viel mehr von der in Kleinstunternehmen (MSE) entfernt». Vgl. auch S. Madaus, Die Paradigmen der Insolvenzordnung – in wesentlichen Aspekten veraltet?, in NZI, 2024, p. 7; H. Hirte-H. Vallender-H. Zipperer, Vorbemerkungen zum StaRUG, Rn. 32; ebenso bereits C. Paulus, NZI 2015, pp. 1004 ss.. 
[477] 
Cfr., tra gli altri, G. Deppenkemper, Ziel erreicht? Außergerichtliche Sanierung bereits ab dem 1.1.2021!, in ZIP, 2020, p. 2432, che propone una standardizzazione per le PMI nel senso di un modello di piano con un “sistema modulare”. Vd. anche C. Thole, Stellungnahme als Sachverständiger zur öffentlichen Anhörung am 25.11.2020 im Ausschuss für Recht und Verbraucherschutz des Deutschen Bundestags zu dem Gesetzentwurf des SanInsFoG (BR-Drucks. 619/20) und dem Antrag der FDP-Fraktion (BT-Drucks. 19/20560) sowie zum Antrag der Fraktion BÜNDNIS 90/DIE GRÜNEN (BT-Drucks. 19/24379), consultabile su <https://www.bundestag.de/resource/blob/807272/ 56e4f277fcfd5bb33b01d7b954e5793d/ thole-data.pdf>. Non si può escludere che i primi passi verso una legge speciale sull’insolvenza per le PMI possano essere compiuti nel prossimo futuro. Se la Proposta di Direttiva del 7 dicembre 2022 dovesse diventare legge nella sua forma attuale, si dovrebbe creare una procedura di liquidazione semplificata per le microimprese in particolare, che coprirebbe una parte significativa delle insolvenze. Tale procedura consentirebbe di affrontare il problema – assai frequente in Germania – delle procedure prive di attivo; cfr., ex multis, S. Madaus, Der Richtlinienentwurf eines Liquidationsverfahrens für insolvente Kleinst­unternehmen, in NZI, 2023, pp. 849 ss. 
[478] 
Nel senso di una divisione tra il “diritto delle liquidazioni” e di un “diritto delle ristrutturazioni”, vd. già M. Fabiani, Effetti dell’autonomia del diritto della crisi tra un breve catalogo dei principi e delle clausole generali e il nuovo lessico del Codice, in Dirittodellacrisi.it, 5 ottobre 2023, il quale ritiene che «sia ragionevole (come è stato suggerito) discutere nel diritto della crisi di un diritto delle liquidazioni e di un diritto delle ristrutturazioni. Nelle prime i principi sono più saldi perché si fondano sulla tradizione secolare della Legge fallimentare e sui diritti prevalenti/prioritari dei creditori: lì la scala dei valori è disegnata con sufficiente nettezza e i principi della garanzia patrimoniale e della tutela del credito scolpiscono decisivamente la vocazione pubblicistica/processuale del diritto dell’insolvenza». In questo contesto, cfr. anche F. Di Marzio, Appunti sul nuovo diritto dell’insolvenza, in Giustizia civile, 2023, pp. 521 ss. Dalla dottrina tedesca vd. S. Madaus, in A. Fridgen-A. Geiwitz-B. Göpfert (Hrsg.), BeckOK Insolvenzrecht, 36. ed., 2024, § 1, Rn. 11. 
[479] 
Vd. S. Madaus, in A. Fridgen-A. Geiwitz-B. Göpfert (Hrsg.), BeckOK Insolvenzrecht, 36. ed., 2024, § 1, Rn. 11: «Sie fügen sich insofern in ein dogmatisches Grundkonzept ein, das Restrukturierungen als privatautonome Anpassung von Rechtsverhältnissen begreift, den im Kern vertragsrechtlichen Mechanismen (Änderungsverträge, Kündigungen und andere Gestaltungsrechte) und Grundsätzen (Privatautonomie) folgt und unabhängig von der Solvenz oder Insolvenz des Rechtsträgers möglich ist und sinnvoll sein kann. Der Gesetzgeber kann solche Anpassungen fördern, indem er Gestaltungsrechte schafft (etwa Sonderkündigungs- oder Anpassungsrechte) oder die zu schließenden Änderungsverträge erleichtert (etwa durch Kontrahierungszwänge oder Haftungserleichterungen). Die Summe solcher Regeln bildet das Gebiet des Restrukturierungsrechts; sie waren in Deutschland bislang primär in der InsO, aber auch im Schuldverschreibungsgesetz zu finden. Seit 2021 ergänzt das StaRUG diesen Kanon. Hervorzuheben ist die Erkenntnis, dass das Restrukturierungsrecht keine Domäne oder auch nur ein Teilbereich des Insolvenzrechts ist und dessen Prinzipien unterliegt. Es kommt vielmehr ab Eintritt der materiellen Insolvenz zu Überlagerungen». 
[480] 
Cfr. supra capitolo III, 1. 
[481] 
In questo contesto, si vedano le recenti riflessioni di C. Paulus, Kann das Insolvenzrecht mit Krisen umgehen?, in ZRI, 2023, pp. 741 ss. 
[482] 
A.-C. Renouard, Traité des faillites et banqueroutes, vol. I, 3. ed., 1857, p. 175, che in questo contesto sostiene che «le régime des faillites était imparfait sous l’ordonnance de 1673; il l’était sous le Code de 1808; il le sera sous la loi de 1838; et, surtout, il sera accusé de l’être. Ni les enseignements de la pratique la plus expérimentée, ni les recherches de la science la plus vaste, ni les ressources de l’esprit le plus délié, ni les combinaisons de la prévoyance la plus sagace, ne supprimeront jamais, en cette matière, les difficultés qui tiennent à sa nature, et qui mêlent leurs inévitables inconvénients à toutes les imperfections du législateur. Tout le monde perd dans une faillite; la sagesse consiste, non à empêcher ou à prévenir des sacrifices forcés, mais à les mesurer et les coordonner. Or on impute facilement à la loi les maux qui dérivent de la nécessité à laquelle la loi doit obéir; et, comme, dans aucun temps ni dans aucun pays du monde, une loi n’empêchera que toute faillite ne soit une fort mauvaise affaire, il est à présumer que partout et toujours on se plaindra des législations sur les faillites».