Il valore di liquidazione nel CCII è anche assunto, al pari della legge fallimentare, quale parametro per il degrado dei crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca, in caso di incapienza dei beni stessi.
Invero l’articolo 84, comma 5, del CCII contiene disposizioni in parte sovrapponibili a quelle già previste dall’articolo 160, comma 2, L. fall.; sembrano però essere proprio le differenze fra tali disposizioni a meritare alcune considerazioni e approfondimenti.
Già l’articolo 160 L. Fall. considerava infatti ammissibile una proposta di concordato che non comportasse il pagamento in termini integrali dei crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca, a condizione che il piano ne prevedesse “la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione”.[7]
L’articolo 84, comma 5, ripropone la possibilità che i creditori privilegiati possano essere soddisfatti anche non integralmente “purché in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione dei beni o dei dritti sui quali sussiste la causa di prelazione, al netto del presumibile ammontare delle spese di procedura inerenti al bene o al diritto e della quota parte di spese generali”.
Dal confronto fra le due disposizioni ora richiamate si nota quanto segue:
a) è presente nell’articolo 84, comma 5, un riferimento alle “spese di procedura”, specifiche e generali, che induce a ritenere che il parametro di confronto delineato da tale norma (sulla base del quale individuare il quantum del degrado ammissibile), non possa che essere quel valore che si realizzerebbe in una procedura di liquidazione giudiziale, tenuto conto degli oneri di procedura che verrebbero imputati al valore stesso;
b) rispetto al testo dell’articolo 160, comma 2, L. fall. non è più presente nella nuova norma alcun riferimento al “valore di mercato” dei beni sui quali sussista il diritto di prelazione o insista comunque il privilegio (oggetto di degrado).[8]
È interessante notare che lo stesso articolo 84 comma 5 CCII, nelle sue versioni in vigore fino all’ultima modifica del codice della crisi ad opera del D.Lgs n. 83 del 17 giugno 2022, manteneva comunque la previsione secondo cui il ricavato della vendita del bene su cui insisteva la prelazione dovesse essere stimato “…avuto riguardo al loro valore di mercato…”.
Tale inciso non è più presente, come visto, nell’ultima versione della disposizione attualmente in vigore, circostanza questa che ha indotto la dottrina a sottolineare in senso positivo tale “assenza” (e quindi modifica del testo originario),[9] potendosi derivare da tale scelta legislativa un riconoscimento del fatto che:
(i) il valore ottenibile dalla vendita di un bene nell’ambito di una procedura di liquidazione giudiziale ha delle caratteristiche sue proprie;
(ii) le previsioni inerenti tale valore non devono necessariamente fare riferimento specifico o esclusivo al valore di mercato del bene stesso.
L’esperto indipendente dunque redigerà la relazione di stima, e recepirà i relativi risultati in un’ipotesi/previsione di riparto nell’ambito di una procedura alternativa di liquidazione giudiziale, da cui emergeranno le percentuali di soddisfazione prevedibile per i creditori privilegiati in tale eventualità (e dunque i limiti di degrado dei medesimi creditori privilegiati nell’ambito di una diversa procedura di ristrutturazione) [10]. È ragionevole peraltro ipotizzare che l’esperto indipendente, in caso di necessità di valutare beni immobili, aziende, o comunque beni di rilevante valore, si avvarrà a sua volta dell’attività di un perito esperto nel settore di riferimento dello specifico bene oggetto di stima, quale un architetto o ingegnere in caso di stima di beni immobili o un aziendalista nel caso di stima del valore di aziende.
Tornando alla peculiarità del valore la cui individuazione è richiesta dall’articolo 84, comma 5, CCII, il contesto previsionale in cui dovrà essere collocata tale valutazione sarà quello tipico delle vendite nelle liquidazioni giudiziali, le quali si possono considerare così caratterizzate:
· ove possibile il Curatore deve dare priorità alla vendita dell’intero complesso aziendale (cd valore dinamico), o di suoi rami, anche non necessariamente in funzionamento, e solo quando questa non sia possibile può procedere alla vendita dei singoli cespiti;[11]
· le vendite, sia di beni in blocco che singolarmente considerate, devono necessariamente avvenire secondo criteri di massima pubblicità e competitività, con l’evidente obbiettivo di far partecipare alle aste il maggior numero possibile di soggetti interessati;[12]
· ulteriori elementi volti ad agevolare la vendita possono essere individuati nella dettagliata regolamentazione prevista dal comma 2 dell’articolo 216 CCII con riferimento alla liberazione degli immobili posti in vendita, del tutto de-formalizzata ed affidata completamente al Curatore, tenuto ad osservare esclusivamente le disposizioni sul punto del Giudice Delegato (che verosimilmente saranno improntate ad una massima celerità della liberazione stessa, ed alla garanzia di accessibilità all’immobile da parte di tutti gli interessati all’acquisto);[13]
· anche le disposizioni del comma 4 dell’articolo 216 CCII, volte a configurare un regime ordinario delle vendite giudiziali in forma esclusivamente telematica, possono essere lette, al pari di quelle sopra richiamate, nel quadro di un intento legislativo di creazione di un clima di affidamento e interesse da parte del pubblico, alle vendite promosse in ambito giudiziale;[14]
· un ruolo significativo nella creazione di un contesto favorevole alla massimizzazione del valore della vendita giudiziale è svolto anche da quei “soggetti specializzati” citati dal comma 2 dell’articolo 216: si tratta di operatori che in alcuni casi hanno assunto dimensioni e operatività su tutto il territorio nazionale, e sono in grado di offrire alle Curatele non solo servizi concernenti la gestione delle vendite telematiche su piattaforme proprietarie, ma anche di marketing specializzato e mirato in rapporto alle caratteristiche degli specifici beni da alienare, oltre che di assistenza nella visione dei beni stessi da parte degli interessati ed alla fase di consegna. Peraltro alcuni di tali soggetti svolgono anche la funzione di “gestore delle vendite telematiche” (ove nominati dai Giudici dell’esecuzione in quanto iscritti all’apposito elenco ministeriale di cui all’articolo 26 D.M. 26 febbraio 2015 n. 32), ed hanno dunque accesso ad informazioni specifiche e oggettive sulle statistiche di vendita di numerosi Tribunali italiani.[15]
Tutte tali considerazioni sembrano dunque delineare un contesto delle vendite giudiziali per molti aspetti innovativo e volto alla ottimizzazione delle stesse, da cui sarebbe lecito attendersi una tendenziale convergenza del valore medio delle vendite giudiziali rispetto ai valori di mercato,[16] valutati secondo i metodi estimativi richiamati dagli standard internazionali.[17]
Ma è proprio così?