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Saggio

Le regole di distribuzione*

Antonio Pezzano, Avvocato in Firenze
Massimiliano Ratti, Avvocato in La Spezia

6 Settembre 2022

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
*Lo scritto è destinato, con eventuali variazioni, allo Speciale di Diritto della crisi, di prossima pubblicazione, dal titolo “Studi sull’avvio del Codice della crisi” a cura di Laura De Simone, Massimo Fabiani e Salvo Leuzzi.
La questione distributiva nel rivoluzionato concordato preventivo in continuità ha finito di espiare la propria pena, trovando oggi una compiuta regolamentazione nel corpo del Codice della Crisi. Gli Autori, partendo dai principi della responsabilità patrimoniale e della par condicio creditorum nonché dall’evoluzione normativa e giurisprudenziale del concetto di Absolute Priority Rule e Relative Priority Rule, offrono un primo spaccato dell’istituto nella sua attuale conformazione giuridica e pratica.  
Riproduzione riservata
1 . Premesse di carattere generale
Il tema delle regole della distribuzione è stato oggetto di un ampio dibattito dottrinale e giurisprudenziale, con particolare riferimento al plusvalore generato dai piani sottesi ai concordati in continuità aziendale, sia nell’ambito della previgente disciplina concorsuale[1] che a cavallo dello stagnante periodo di transizione precedente il D.Lgs. n. 83/2022, [2], attuativo della Direttiva Insolvency 2019/1023/UE[3].
Nel fallimento, al di là di qualche incertezza interpretativa in merito alla ripartizione dell’attivo[4] e sul “conflitto” distributivo (ad onor del vero, più apparente che reale) tra prededuzioni e titolari di diritti reali di garanzia, sulla scorta del combinato disposto di cui agli artt. 111 bis e 111 ter L. fall.[5], non si è mai posto il problema di allocazione del ricavato dalla liquidazione del patrimonio, ove, in termini assoluti e imperativi, governano da sempre i principi della responsabilità patrimoniale e del concorso dei creditori, recepiti rispettivamente dagli artt. 2740 e 2741 c.c., codificati oggi nella liquidazione giudiziale nell’attuale art. 221 CCII (e nell’art. 237 CCII rispetto ai beni futuri di utilità, salvo l’eventuale previa esdebitazione).
Così, per inferenza necessaria, nei quadri di ristrutturazione innovati dal Codice della crisi definitivamente affrancato anche con il Parere n. 832 del Consiglio di Stato emesso il 13 maggio 2022[6], le regole di distribuzione sono state ipotatticamente plasmate sui capisaldi della liquidazione giudiziale che, seppur relegata quasi alla profondità del “piano inclinato” delle procedure concorsuali (per come figurativamente strutturato dal Legislatore), resta, comunque, il paradigma di riferimento[7]. 
Ne consegue che la spinta propulsiva del prognostico valore del patrimonio in ipotesi di liquidazione giudiziale, quale parametro di riferimento nella comparazione distributiva, permea ogni quadro di ristrutturazione: rispetto ad essa e, quanto meno, in sede di omologazione (fatta salva l’unanimità delle classi e, comunque, fermo restando l’interesse generale degli stakeholder - diritti dei lavoratori, in primis), ogni piano di ristrutturazione deve prevedere per i creditori, oltreché una specifica utilità[8], un trattamento economico, anche minimale[9], ma comunque non inferiore[10] o più conveniente, evitando di arrecare un pregiudizio[11] (irreparabile) al loro miglior soddisfacimento[12].
I suddetti concetti viaggiano di pari passo con le regole distributive, poiché laddove c’è attestazione di convenienza oppure di un maggior o non inferiore trattamento per i creditori rispetto alla liquidazione giudiziale, c’è, quale naturale corollario, plusvalore. 
L’influenza del sedime segregativo e “concorsualizzato” della liquidazione giudiziale viene principalmente avvertita dal primo dei quadri di ristrutturazione toponomasticamente confinante, ovverosia il concordato preventivo, governato dalle (assolute) regole distributive, che si affievoliscono, nell’ideale percorso di risalita dal piano inclinato, sino a divenire estremamente flessibili (relative)[13], a seconda dello strumento di risanamento prescelto, per poi condurre, a determinate condizioni, persino all’integrale deroga dell’ordine delle cause di prelazione e della par condicio[14]. 
Per i creditori dello stesso rango, non ci addentriamo più di tanto nella problematica della distribuzione orizzontale dell’eccedenza concordataria[15], non essendo stata integralmente recepita dall’ordinamento la regola comunitaria (art. 11 della Direttiva) di non discriminazione (cd. no unfair discrimination rule) ed essendo, peraltro, espressamente previsto il trattamento differenziato delle classi (anche omogenee, tra chirografari, ad esempio, le imprese minori).
Il principio di non discriminazione è rimasto circoscritto alle regole di distribuzione verticale, poiché, come vedremo (Par. 4), ogni creditore può opporsi, in termini di non deteriorità del trattamento ai sensi dell’art. 112, comma 3, CCII, per rivendicare “solo” il proprio “diritto al valore di liquidazione” [16].  
Per la verità, sensibili tracce della regola di non discriminazione si rinvengono, indirettamente, nell’art. 112, comma 2, lett. b), c) e d) CCII, laddove, in presenza di classi dissenzienti, nel giudizio di omologa del concordato in continuità, il Tribunale procede a verificare che:  i) il valore eccedente la liquidazione venga distribuito “in modo tale che i crediti inclusi nelle classi dissenzienti ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore”; ii) nessun creditore riceva “più dell’importo del proprio credito”; iii) almeno una delle classi che hanno condotto al raggiungimento delle maggioranze “sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione”, oppure, in mancanza, sia costituita da creditori “che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione.”   
Altri riflessi della regola di non discriminazione sono rinvenibili nell’art. 120 quater, comma 1, CCII (“Condizioni di omologazione del concordato con attribuzione ai soci”)[17], ove, in caso di dissenso di una o più classi, il concordato viene, comunque, omologato “se il trattamento proposto a ciascuna delle classi dissenzienti sarebbe almeno altrettanto favorevole rispetto a quello proposto alle classi del medesimo rango e più favorevole di quello proposto alle classi di rango inferiore, anche se a tali classi venisse destinato il valore complessivamente riservato ai soci. Se non vi sono classi di creditori di rango pari o inferiore a quella dissenziente, il concordato può essere omologato solo quando il valore destinato al soddisfacimento dei creditori appartenenti alla classe dissenziente è superiore a quello complessivamente riservato ai soci”.
2 . Limitazioni della Responsabilità patrimoniale e deroghe alla par condicio: in particolare l’art. 84 co. 5 CCII
L’art. 2740 c.c. sancisce il diritto del creditore all’attuazione della garanzia patrimoniale, anche sui beni futuri, in caso di difetto di cooperazione del debitore, mentre l’art. 2741 c.c. esprime, in caso di pluralità di pretese e di patologico inadempimento (oltreché di presumibile insufficienza patrimoniale), i principi regolamentari del concorso[18], che si realizzano nella procedura espropriativa e in quella collettiva per eccellenza[19], rappresentata, appunto, dalla liquidazione giudiziale[20] (oltreché dal concordato preventivo)[21]. 
In queste ultime procedure si parla, però, di concorsualità dinamica sul patrimonio del debitore, caratterizzato quest’ultimo da un’organizzazione d’impresa funzionalizzata al soddisfacimento dei creditori, che, per esigenze di politica economica, può subire deficitarie contrazioni in ragione dell’interesse generale alla continuità dell’attività di impresa e la conservazione dei livelli occupazionali[22].
Le infiltrazioni al principio della responsabilità patrimoniale e al fenomeno del concorso[23], che si sono succedute nel tempo, hanno provocato una falla nell’aspettativa di riparto dei creditori che, ad onor del vero, è da sempre rimasta ancorata più a dogmatismo che al pragmatismo del loro effettivo soddisfacimento.
Senza la necessità di dover scomodare particolari dati statistici, l’incapienza di un’impresa insolvente è fisiologica tanto che, una volta ingerita all’interno del rigido impianto espropriativo, si accentua sensibilmente, in difetto di tempestivi interventi volti a rimettere nel sistema produttivo l’attivo di un’impresa che ancora “pulsa”, nei confronti del quale la riforma si è mostrata provvidamente più sensibile (ma non abbastanza coraggiosa, così come invece lo è stata nel concordato preventivo con l’introduzione dell’art. 94, comma 6, CCII[24]), con l’innesto delle disposizioni di cui agli artt. 211 e 212, comma 1, CCII.
Ed è in questa logica che devono essere lette talune deroghe, più o meno invasive, alla responsabilità patrimoniale[25] e alla par condicio.
La deroga di più immediata percezione è rappresentata dalle prededuzioni[26], ovverosia dalla possibilità che talune obbligazioni, funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori o contratte nell’ambito protetto della procedura concorsuale, sopravanzino (o elevino) le cause legittime di prelazione: eppure la prededuzione non viene neppure contemplata dall’art. 2741 c.c. che si limita a considerare ipoteca, pegno e privilegio come uniche cause di prelazione che possono derogare  alla par conditio creditorum , mentre già gli artt. 111, 111 bis e 111 ter L. fall. prevedevano un ben diverso regime, amplificato, nel codice della crisi, attraverso la trasposizione delle suddette norme (artt. 221, 222 e 223 CCII) e con la stabilizzazione della (sostanzialistica) prededuzione, “anche nell’ambito delle successive procedure esecutive o concorsuali”, ai sensi dell’art. 6, comma 2, CCII[27].
Il concordato in continuità aziendale costituisce un’altra deroga al regime della responsabilità patrimoniale[28], perché viene consentito all’imprenditore (o ai soci della impresa insolvente, i cd. residual claimants[29]) di mantenere la titolarità di residui attivi, anche all’esito del processo di risanamento[30]. Secondo autorevole dottrina, nei concordati liquidatori, risulta persino ammissibile una cessione anche solo parziale dei beni, perché un conto è parlare di limitazione della responsabilità patrimoniale, altro discorso riguarda invece la limitazione dell’obbligazione, quale diretta conseguenza della rimodulazione del debito avvenuta con l’omologazione[31].  
Risulta eccezionale anche la previsione di pagamento, grazie ai flussi della continuità, dei crediti “strategici” (chirografari, in deroga alla graduazione, purché essenziali e funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori), così come, ancora, la stessa suddivisione di gruppi di creditori omogenei in classi con trattamenti differenziati e secondo criteri asimettrici[32]: più in generale, è lo stesso principio di miglior soddisfacimento dei creditori che limita l’operatività degli artt. 2740 e 2741 c.c.[33].
2.1 . L’art. 84 comma 5 CCII
La deroga legislativa (ex art. 2740, comma 2, c.c.) più significativa di segregazione del patrimonio del debitore, cristallizzato al momento della presentazione del concordato, ai sensi degli artt. 87, comma 1, lett. c) e 96/145 CCII è, tuttavia, rappresentata dall’attuale art. 84, comma 5, CCII [34] che, salvo qualche marginale differenza, riproduce pressoché testualmente l’art. 160, comma 2 L. fall.[35] (quest’ultimo, invece, testualmente riprodotto, nell’art. 88, comma 1, CCII, in merito ai debiti erariali)[36]. 
La norma in esame è stata sempre[37] caratterizzata da una immanente valenza espansiva nel processo concordatario: oggi, con ancora più enfasi, la relativa attestazione è inserita tra i presupposti di ammissibilità e legittimità della domanda di concordato[38], propaga la propria intensità sulla strutturazione della proposta - nella valutazione di (in)capienza - e sulla sua approvazione, sino a condizionare, nella fase di perfezionamento giurisdizionale dell’accordo, il giudizio di convenienza di ogni quadro di ristrutturazione (in caso di cd. cross class cram down), anche nell’eventuale processo di conversione, quando non vi sia stata l’unanime approvazione da parte di tutte le classi.
Il “filtro” di ammissibilità, con riguardo alla degradazione dei crediti privilegiati per incapienza e alla relazione giurata di trattamento non deteriore rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale, ha così condotto ad una scomposizione astratta del patrimonio in un “prima” (il patrimonio secondo il valore di liquidazione giudiziale) e in un “dopo” (il c.d. “surplus da continuità” o “eccedenza”), rispetto all’attuazione del piano di risanamento[39]. 
A parere degli scriventi (e non solo)[40], nei concordati in continuità aziendale il divieto di alterazione della graduazione è stato costantemente proiettato con riferimento al patrimonio esistente al momento della presentazione della domanda di concordato (attuale art. 87, comma 1, lett. c CCII), per come cristallizzato con l’apertura del concorso[41] e poi perimetrato sino alla definitività dell’omologa (i.e., chiusura del processo espropriativo[42]), ai sensi, come poc’anzi anticipato, anche dell’attuale art. 145 CCII (già art. 45 L. fall.) e 54 CCII (già art. 168 L. fall.). 
In punto di legittimità e ritualità, quindi, con la relazione ai sensi dell’attuale art. 84, comma 5, CCII (così come già del previgente art. 160, comma 2, L. fall.), si procede alla stima delle attività in chiave di liquidazione, simulando poi, in termini di raffronto, una prognosi di riparto per rappresentare al ceto creditorio come si configura la relativa aspettativa[43] di soddisfacimento, nel più rigoroso rispetto della graduazione: a cascata, in ossequio al principio del best interest of creditor test, ogni creditore deve percepire dal concordato quanto meno ciò che gli riserverebbe, appunto, la liquidazione giudiziale[44], a pena di avvio d’un negativo giudizio di convenienza[45] (o meglio di non pregiudizio[46]), per appurare l’alternativa effettività del miglior (o meglio del non deteriore) soddisfacimento (possibile) dei creditori[47], sulla scorta di quanto previsto all’art. 10, comma 2, lett. d), in combinato disposto con l’art. 2, comma 1, n. 6 della Direttiva Insolvency.
In termini estremamente pratici, al fine di determinare l’entità del soddisfacimento derivante dallo scenario alternativo indicato dall’art. 84, comma 5, CCII, l’attestatore dovrà affrancarsi da quello concordatario e dai benefici evidenziati nel relativo piano in continuità (con le relative azioni strategiche volte ad apportare un aumento dei ricavi, riduzione dei costi, risultati positivi di esercizio e, in generale, una maggior valorizzazione delle poste attive nella loro “dinamicità” e nell’ottica di prosecuzione dei rapporti commerciali, grazie anche all’intervento di soci o nuovi finanziatori)[48], calandosi invece nel ruolo di Curatore della relativa liquidazione giudiziale, aperta alla medesima data di presentazione del concordato.
Fatta salva la ipotetica ed estremamente residuale percorribilità dell’esercizio provvisorio[49], seppur rivitalizzato nella liquidazione giudiziale dalla non automatica cessazione dell’attività di impresa ai sensi dell’art. 211 CCII[50], tutte le componenti attive (immobilizzazioni e circolante) andranno stimate alla stregua di criteri estremamente prudenziali, ovverosia di pronto realizzo. 
Anche le azioni risarcitorie e recuperatorie devono essere oggetto di stima, quanto meno in termini di potenziale successo e realizzo[51], sulla scorta di quanto statuito dall’art. 87, comma 1, lett. h) CCII, seppur la loro quantificazione risulti non agevole se non talvolta pressoché “impossibile”[52].
La virtuale[53] distribuzione di quell’attivo “liquidatorio” dovrà così avvenire alla stregua dell’ordine verticale[54] previsto dall’art. 221 (e 151) CCII nel rispetto del principio della priorità assoluta (cfr. § 4), “per cui una classe di grado inferiore non può ricevere alcun soddisfacimento se quella di grado poziore non sia stata integralmente soddisfatta”.[55]
3 . L’evoluzione giurisprudenziale e normativa delle regole di distribuzione nel concordato preventivo in continuità aziendale: il surplus, la “nuova” finanza e le risorse esterne nel concordato in continuità
La prassi ci ha consegnato un’infinità di concordati in continuità aziendale[56] ove la questione distributiva diveniva centrale a fronte dell’attestata incapienza del patrimonio “fotografato” alla data di formazione del concorso.
Le risorse aggiuntive esterne non hanno mai suscitato particolari perplessità in termini allocativi, stante la loro obiettiva estraneità al regime della responsabilità patrimoniale[57], se non con riferimento al noto orientamento della Suprema Corte, la quale (all’origine con riferimento al solo concordato liquidatorio[58]), ha affermato che la libera ripartizione dell’apporto del terzo presuppone la sua neutralità “rispetto allo stato patrimoniale della società, non comportando né un incremento dell'attivo patrimoniale della società debitrice, sul quale i crediti privilegiati dovrebbero in ogni caso essere collocati secondo il loro grado, né un aggravio del passivo della medesima, con il riconoscimento di ragioni di credito a favore del terzo, indipendentemente dalla circostanza che tale credito sia stato postergato o no[59]. 
Il rigoroso approccio nomofilattico, in forza del quale anche gli apporti esterni sarebbero stati assoggettati ai principi di priorità assoluta (che era stato esteso, in talune pronunce di merito, anche ai concordati in continuità), è parso sin da subito in palese contraddizione con diverse norme concordatarie: nell’istituto delle proposte concorrenti (attuale art. 90, comma 6, CCII, già art. 163 bis, comma 5, L. fall., specificamente nell’aumento di capitale riservato all’intervento di terzi[60]), così come nel pagamento dei cd. creditori strategici (attuale art. 100, comma 1, CCII, già art. 182 quinquies, comma 5, L. fall.[61]) o ancora nei finanziamenti prededucibili dei soci (attuale art. 102 CCII, già art. 182 quater, comma 3, L. fall.), tutte situazioni in cui è pacificamente ammesso l’apporto di finanza esogena nell’attivo patrimoniale del debitore[62], senza con ciò dover necessariamente sottostare al regime inderogabile della graduazione e con vincoli distributivi. 
Non è un caso che, con il Codice della crisi, la definizione nomofilattica di risorse esterne viene espressamente ripresa con esclusivo riferimento al solo concordato liquidatorio disciplinato dall’art. 84, comma 4, CCII: “si considerano esterne le risorse apportate a qualunque titolo dai soci (e, a maggior ragione, da terzi soggetti) senza obbligo di restituzione o con vincolo di postergazione, di cui il piano ne prevede la diretta destinazione a vantaggio dei creditori concorsuali” e, in quanto tali, allocabili anche in deroga agli artt. 2740 e 2741 c.c. (una volta comunque rispettata la soglia minima del 20% a favore dei chirografari, anche divenuti tali per l’attestata incapienza, e fermo il necessario apporto esterno pari ad “almeno il 10 per cento l’attivo disponibile al momento della presentazione domanda). 
In tale procedura, pertanto, l’apporto esterno può perfezionarsi sotto forma di adempimento del terzo[63] ma anche attraverso un incremento dell’attivo, individuato e direttamente deputato a favore dei creditori.
Per quanto riguarda, invece, il concordato in continuità aziendale, al di là dei principi dell’Absolute Priority Rule (“APR”) e Relative Priority Rule (“RPR”), su cui ci soffermeremo nel paragrafo successivo, non c’è la benché minima traccia di definizione di risorse esterne, né del loro regime allocativo (se non, in termini estremamente generali, all’art. 87, comma 1, lett. g CCII). 
L’apporto esterno, nei concordati in continuità, può dunque concretizzarsi nelle forme più disparate (quali la concessione di garanzie esterne a beneficio d’un finanziamento concesso al debitore concordatario, o l’erogazione d’un finanziamento prededuttivo con rinuncia al rimborso subordinata all’omologa o ancora, semplicemente, finanziamenti o conferimenti da parte dei soci) e, anche se transita nel patrimonio del debitore, può essere deputato al mantenimento dell’operatività e contribuire a generare o incrementare la redditività dei flussi di cassa (cd. finanza endogena dinamica[64]).
D’altra parte, nonostante la portata invasiva dell’arresto della Suprema Corte, nel regime previgente, in sede di merito si era già comunque prepotentemente affermato[65] e poi sedimentato[66] un orientamento assai più “liberale”, secondo cui il surplus concordatario, prodotto grazie all’interazione di fattori endogeni dinamici e/o esogeni, non dovesse rimanere saldato al principio dell’APR[67], potendo invece essere trattenuto per implementare l’attività aziendale[68] e distribuito tra i crediti incapienti[69], quale diretta conseguenza degli effetti esdebitativi[70], nonché costitutivi[71] (e probabilmente anche novativi[72]) dell’omologa.
Con la chiusura della fase procedimentale-concorsuale (art. 113 CCI), infatti, la società concordataria recupera un proprio “nuovo” equilibrio patrimoniale e finanziario e adempie alle obbligazioni concordatarie non più sulla base della loro originaria graduazione, ma secondo la loro fisiologica esigibilità[73] (tanto che, non a caso, l’art. 98 CCII ora prevede che i crediti prededucibili endoconcordatari vengano “soddisfatti durante la procedura alla scadenza prevista dalla legge o dal contratto”).
In questa logica ricostruzione veniva meno anche l’obiezione fondata sull’attrazione dei frutti “futuri” al patrimonio, sulla scorta del tenore letterale dell’art. 2740, comma 2, c.c., perché l’omologa crea una frattura rispetto alla fase concorsuale e patrimoniale anteriore, integrando quella “separazione” che, ai sensi dell’art. 820, comma 2, c.c., li svincola dal patrimonio (così come del resto la chiusura del procedimento “espropriativo” priva il creditore ipotecario del diritto di fruirne ai sensi dell’art. 2865 c.c.[74]).
Obiettivamente, nei concordati in continuità aziendale, diveniva difficile imporre sempre l’apporto di risorse esterne in caso di incapienza del patrimonio di liquidazione, a fronte, poi, d’un impianto legislativo che, a tal riguardo, nulla imponeva né tanto meno prevedeva tra i presupposti di ammissione[75]. 
Recentemente la Suprema Corte[76] è finalmente tornata ad affrontare il tema (sulla base, ovviamente, della legislazione previgente), sdoganando, in termini generali, la distribuzione del surplus o plusvalore da continuità e, con specifico riferimento al trattamento dei crediti previdenziali ed erariali, prevedendo “in luogo della c.d. absolute priority rule, la c.d. relative priority rule[77], sia pure in forma diversa e più favorevole rispetto a quella successivamente declinata come regola di default nell’art. 11, par. 1, lett. c), della direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, che infatti consente solo un trattamento “più favorevole” delle classi di rango poziore, laddove l’art. 182 ter L. fall., come visto, consente anche un trattamento semplicemente pari a quello della classe di rango inferiore.”
Nell’arresto viene inoltre affermato che “invero l’art. 160, comma 2, L. fall., laddove impone che «il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione», viene tradizionalmente interpretato come norma traspositiva, già in fase di ammissione del concordato preventivo, del criterio di matrice nordamericana della c.d. absolute priority rule, per cui una classe di grado inferiore non può ricevere alcun soddisfacimento se quella di grado poziore non sia stata integralmente soddisfatta; regola per vero non sempre applicata nel diritto interno fino alle sue estreme conseguenze nei riguardi dei soci, ai fini della loro “permanenza” nel capitale sociale (al di là del loro possibile ruolo di creditori postergati di cui si sono occupate ad esempio Cass. 16348/2018 e 20649/2019, con riguardo al rimborso dei finanziamenti ex art. 2467 c.c.). 
Al riguardo, questa Corte ha già avuto occasione di osservare come la predetta regola non esclude tout court la coesistenza di un soddisfacimento parziale dei crediti chirografari e di quelli muniti di privilegio generale, sottolineando che una simile evenienza è possibile non solo a fronte dell’apporto di c.d. finanza esterna (sia pure in condizione di “neutralità”: v. Cass. 9373/2012, 12864/2019, 13391/2019), ma anche quando, ad esempio, i creditori chirografari «abbiano la possibilità di concorrere su beni immobili» (Cass. 10884/2020), evidentemente nei limiti in cui la massa attiva immobiliare non sia assorbita da altri titoli di prelazione.
Sino giungere ad affermare che “chiaramente, lo spettro di tali possibilità sarà più ampio in presenza di un concordato preventivo c.d. in continuità aziendale, nella misura in cui la prosecuzione dell’attività imprenditoriale generi risorse aggiuntive rispetto al valore di liquidazione dei beni (c.d. surplus o plusvalore da continuità), al netto delle diverse interpretazioni circa il perimetro di applicabilità del principio per cui «il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri» (art. 2740 c.c.).” 
Anche la più recente giurisprudenza di merito si è nel tempo assestata sulle medesime posizioni, ribadendo che il concordato in continuità pone di per sé un limite alla regola della responsabilità patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c., che continua ad operare esclusivamente sull’attivo esistente al momento dell’avvio della procedura: di conseguenza, il plusvalore generato con la prosecuzione dell’attività di impresa, insussistente nell’alternativo epilogo, non è assoggettabile al regime dell’APR[78]. 
La virata in termini più liberali dell’allocazione del surplus concordatario ha risentito dell’incipit unionale, decisamente orientato nel salvataggio dell’impresa (“anche solo le unità ancora sane” – Cons. 4 Direttiva) e nel suo (ritenuto) corollario logico, ovverosia il miglior soddisfacimento (possibile) dei creditori (attestato, ai sensi dell’art. 87, comma 3, CCII, in termini di non deteriorità rispetto a quello che riceverebbero in caso di liquidazione giudiziale), a discapito anche di dogmi, prima d’ora mai così autoritariamente intaccati[79].
4 . Le regole di distribuzione nei quadri di ristrutturazione preventiva, in particolare nel concordato preventivo, in particolare nel concordato preventivo: assolute, relative e in deroga alla graduazione
Con il codice della crisi non si pone, pertanto, più alcun problema distintivo né allocativo della finanza esterna e della finanza “nuova” generata dalla prosecuzione diretta o indiretta dell’attività di impresa (i.e. surplus o finanza endogena dinamica o free cash flow), essendo entrambe, come vedremo, assoggettabili al regime della priorità relativa: il favor per la continuità ha posto prepotentemente al centro della scena il tema delle regole di distribuzione del patrimonio dell’impresa in crisi, o meglio del (plus)valore della continuità, in primo luogo tra creditori (concorsuali)[80] e nel rapporto che tra loro intercorre anche con i soci, in relazione all’ipotetica restituzione dell’apporto di capitale di rischio[81].
Certo è che, oggi, le regole di distribuzione poggiano in maniera più stabile e codificata sulla medesima prognosi estimativa del ricavato dal realizzo del patrimonio in caso di liquidazione giudiziale (i.e. Relazione ex art. 84, comma 5, CCII), temporalmente ancorata alla data di presentazione di ogni quadro di ristrutturazione (con esclusione, quindi, della composizione negoziata della crisi[82]): solo ed esclusivamente all’interno di detta perimetrazione vigono i principi assoluti di priorità, enucleati dagli artt. 2740 e 2741 c.c., su cui concorrono i creditori prededuttivi e concorsuali nel rispetto della graduazione (verticale, ex art. 221 CCII) delle cause legittime di prelazione (art. 112, comma 2, lett a, CCII, cd. Absolute Priority Rule - “APR”).
Per quanto riguarda, “il valore eccedente” rispetto a detta empirica valorizzazione delle poste attive, invece, la distribuzione può avvenire in modo tale che “i crediti inseriti in una classe ricevano complessivamente un trattamento almeno pari a quello delle classi dello stesso grado e più favorevole rispetto a quello delle classi di grado inferiore” (art. 84, comma 6, CCII[83] e art. 112, comma 2, lett. b, CCII, cd. Relative Priority Rule – “RPR”).[84]
La cartina di tornasole della netta demarcazione tra il patrimonio “liquidatorio” a beneficio dell’APR e del patrimonio fruibile (seppur in via attenuata) a beneficio del RPR si annida nella deroga prevista dall’art. 84, comma 7, ove, eccezionalmente, la distribuzione del valore eccedente la liquidazione rientra di nuovo nei canoni dell’APR, a tutela dell’integrale soddisfacimento dei crediti esigibili ex art. 2751 bis n. 1 c.c. (fatta salva la moratoria semestrale di cui all’art. 86 CCII), quale conseguenza della modifica oppure dell’interruzione del rapporto di lavoro (ferma, comunque, restando la loro subordinazione, anche temporale, alle prededuzioni di cui agli artt. 6 e 98 CCII). 
Nei concordati in continuità indiretta, invece, dovranno essere sottoscritti accordi individuali, in sede “protetta”, ai sensi degli artt. 410 e 411 c.p.c., al fine di perfezionare accolli liberatori per la procedura da parte del subentrante (affittuario, conferitario e/o cessionario dell’azienda). 
La spiccata vocazione protettiva del suddetto ceto creditorio, sia con riferimento al credito che alla preservazione del posto di lavoro[85], è diretta conseguenza dell’indirizzo comunitario[86]: ciò, tuttavia, non esclude la predilezione legislativa per la redditività dell’attività di impresa[87], tanto che i livelli occupazionali possono essere mantenuti “nella misura possibile”, ex art. 84, comma 2, CCII, tenendo quindi conto dell’incidenza dei relativi costi (ivi inclusi quelli di cui all’art. 87, comma 1, lett. f, CCII, necessari ad assicurare il rispetto della normativa in materia di sicurezza del lavoro) nello sviluppo del piano economico finanziario, pur sempre finalizzato al miglior soddisfacimento dei creditori[88] e al loro interesse generale[89] (e dei lavoratori, ricavabile dall’art. 53, comma 5 bis, CCII).
Una volta appurato, pertanto, il valore del patrimonio in ipotesi di liquidazione giudiziale e costituita così la base attiva su cui poggia la priorità assoluta, la proposta di concordato dovrà specificamente indicare, ai sensi del secondo comma dell’art. 87 CCII, le ragioni di convenienza per i creditori, attestate nel successivo terzo comma, quanto meno in termini di non deteriorità rispetto all’alternativo epilogo liquidatorio, anche per i crediti previdenziali e tributari, ai sensi dell’art. 88, comma 2, CCII[90] (a tale specifico ultimo riguardo, vale la pena rammentare che una peculiare applicazione del principio distributivo del RPR era già codificata nel previgente art. 182-ter l.fall., tanto da essere addirittura recepita dagli enti interessati nella circolare n. 34/E del 29 dicembre 2020[91]).  
Il surplus endogeno, generato così (anche esclusivamente)[92] con la continuità d’impresa (che, ovviamente impinge sulla convenienza), diviene passibile di una calibrata quanto “relativa” distribuzione, a beneficio dei creditori risultanti prognosticamente incapienti in relazione al patrimonio segregato ai sensi dell’art. 84, comma 5, CCII: ciò deve, in ogni caso, avvenire nel rispetto del sistema delle priorità della legge che ne impone una articolata suddivisione in classi con previsione di trattamenti differenziati e più favorevoli a seconda del grado dell’originaria posizione prelatizia, potendo persino prevedere attribuzioni ai soci[93] (art. 120 quater CCII)[94]. 
Di natura differente è l’eccedenza, pur sempre endogena, che si viene viceversa a formare in conseguenza d’un processo inerziale, quale può essere la vendita competitiva d’un cespite non funzionale[95]: stante l’identità del realizzo anche in caso di liquidazione giudiziale[96], lo stesso rimarrà governato dall’APR, senza che possa influire l’eccedenza del ricavato rispetto alle stime dell’attestatore[97]. 
Speculari considerazioni sono estensibili all’ipotesi di concordato in continuità indiretta, in relazione all’incasso dei canoni dell’azienda affittata[98].
Per quanto riguarda le risorse esterne, i relativi apporti dovranno essere indicati, ai sensi dell’art. 87, comma 1, lett. g), CCII, con esposizione delle ragioni per cui sono necessari per l’attuazione del piano. 
In tali casi, nei concordati in continuità, fermo restando e pacificamente ammesso il pagamento diretto da parte di terzi, anche in deroga alla RPR e, temporalmente, alla APR (con inserimento, nel qual caso, del creditore in apposita classe), quando la finanza esterna transita all’interno del patrimonio del debitore concordatario (contribuendo ad incrementare e a fondersi con la finanza endogena, ovverosia i flussi di cassa futuri che in difetto di quell’apporto non esisterebbero[99]) non potrà comunque essere distribuita in deroga alla RPR[100] (mentre invece nel concordato liquidatorio è altresì possibile derogare anche agli artt. 2740 e 2741 c.c., limitatamente all’incremento all’attivo concordatario dato dalle risorse esterne per la percentuale di almeno il 10%). 
A differenza anche di quanto avviene nel Piano di Ristrutturazione soggetto ad omologazione (per cui infra), nel concordato in continuità le regole distributive mantengono inalterata la loro configurazione, a prescindere dalla prospettiva in cui esse vengono visualizzate, sia sotto il profilo della disponibilità del diritto e dell’autonomia negoziale, sia spostando il baricentro della questione nell’ambito dell’eteronimia[101].
La formulazione di un’offerta ai creditori in aperta violazione delle regole distributive (sia dell’APR che del RPR), infatti, è preclusa poiché la deroga alla graduazione (interdetta, in modo assoluto, dall’art. 84, commi 5 e 7 e, in modo relativo, all’art. 84, comma 6, CCII) integra un presupposto di (il)legittimità, rilevabile d’ufficio che condurrebbe all’inammissibilità del concordato, sia in sede di apertura che di omologazione (ai sensi dell’art. 112, comma 1, CCII, anche in caso di unanimi adesioni da parte delle classi e pure in difetto di opposizioni sulla convenienza). 
In presenza di dissenso di una o più classi, il Tribunale potrà procedere all’omologazione tramite ristrutturazione trasversale, solo alle condizioni di cui all’art. 112, comma 2, lett. a), b), c) e d) CCII, mentre, in caso di opposizione sulla convenienza da parte d’un creditore, alle condizioni di cui all’art. 112, comma 3, CCII. 
Ciò significa che, innanzitutto, ogni creditore ha diritto a vedersi soddisfatto quanto meno in proporzione alla propria quota sul valore di liquidazione della sua pretesa e, in difetto di ciò, a prescindere dall’essere incluso in una classe assenziente, può individualmente opporsi all’omologazione, per contestare non solo l’illegittimità del trattamento ad esso riservato ma anche la convenienza, se all’interno di quel valore non sono state rispettate le regole della priorità assoluta: in tal caso, il Giudice dovrà procedere ai sensi dell’art. 112, comma 3, CCII, per valutare, appunto, che il credito risulti soddisfatto in misura non inferiore a quello di liquidazione. 
Negli stessi termini il creditore potrà opporsi anche qualora, nel patrimonio valorizzato con la continuità, ovverosia l’eccedenza su cui si parametra la RPR: i) non venga rispettato il principio di priorità legale nelle prelazioni; ii) allo stesso non venga riservato un trattamento quanto meno equivalente ad un’omogenea pretesa creditoria, non tanto per contestare la convenienza (sussistente rispetto alla liquidazione giudiziale e non prevista per la RPR, ai sensi dell’art. 112, comma 3, CCII), ma per stimolare l’intervento giudiziale officioso, in merito alla correttezza della formazione delle classi (art. 112, comma 1, lett. d, CCII), la parità di trattamento in seno ad esse (art. 112, comma 1, lett. e, CCII) e il rispetto dell’originaria priorità legale nella distribuzione dell’eccedenza (art. 84, comma 6, CCII e art. 112, comma 2, lett. b, CCII).
Nell’ambito dei concordati di gruppo[102], il regime distributivo non è dissimile, trovando applicazione, in sede di omologa e in termini comparativi con la liquidazione, l’art. 112, comma 2, CCII, in forza del rinvio da parte dell’art. 285, comma 2, CCII, ragion per cui, per i concordati liquidatori varranno le regole di cui all’art. 84, comma 4, CCII, mentre per i concordati in continuità aziendale quelle di cui all’art. 84, commi 6 e 7 CCII.
Partendo pertanto dall’indelebile autonomia delle rispettive masse attive e passive delle società  appartenenti al gruppo, nella proposta devono essere illustrate le ragioni di maggiore convenienza e miglior soddisfacimento per i creditori del piano unitario, rispetto a quello autonomo per ogni singola società o a quelli collegati e interferenti: in ogni caso, sono ammessi trasferimenti di risorse infragruppo[103], purché venga attestato che favoriscano la continuità e siano funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori di tutte le imprese del gruppo, tenuto anche conto dei vantaggi compensativi.  
Ne consegue che il plusvalore generato con detto travaso di risorse e con la continuazione da parte delle imprese del gruppo dell’attività (che, ai fini dell’attuazione della normativa di cui all’art. 84, comma 6, CCII, deve prevalere, in caso di disomogeneità del piano unitario, rispetto ai flussi complessivi derivanti dalla mera liquidazione di attivi di alcune imprese) potrà essere distribuito nel rispetto dei principi dell’APR e del RPR, con riferimento ad ogni singola massa[104]. 
Nel concordato con attribuzione delle attività ad un assuntore, a fronte dell’accollo cumulativo o liberatorio dei debiti dell’impresa per come risultanti all’esito del processo di ristrutturazione (così come in altri concordati atipici, quali quelli con garanzia o con emissione di strumenti partecipativi[105]), parrebbero valere, in linea puramente teorica, le regole dell’uno o dell’altro tipo di concordato, a seconda della struttura del piano di concordato[106], tenuto conto della interposizione soggettiva (e del “sostanziale” fenomeno successorio) d’un terzo[107]. In realtà il condizionale è d’obbligo visto che il codice della crisi, nella formulazione dell’art. 84, comma 2 e 112, comma 5, CCII, è piuttosto manicheo nell’affermare rispettivamente la loro specificità e l’applicazione, in sede di omologa, della medesima disciplina regolamentare prevista per i concordati liquidatori: detto accorpamento, pertanto, lascia propendere per un’estensione applicativa delle norme relative ai suddetti concordati (e non quella dei concordati in continuità), “in quanto applicabili”.[108] 
Nel concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio[109], ai sensi dell’art. 25 sexies CCII, vige il principio dell’APR, non potendo essere arrecato alcun pregiudizio rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale, con la precisazione, tuttavia, che eventuali apporti esterni potranno essere distribuiti per i creditori prelatizi incapienti anche in deroga agli artt. 2740 e 2741 c.c., non vigendo neppure i limiti del concordato liquidatorio ex art. 84, comma 4, CCII[110].
La deroga alla graduazione è consentita nel Piano di Ristrutturazione soggetto ad omologazione, disciplinato dall’art. 64 bis CCII[111], nella distribuzione del valore generato dalla continuità, purché, vi sia in ogni caso l’unanimità delle adesioni, poiché, in difetto, si dovrà virare nel concordato preventivo, ai sensi dell’art. 64 quater CCII, rimodulando nuovamente l’offerta ai creditori nel rispetto della priorità, assoluta e relativa.
Negli accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento ai sensi dell’art. 56 CCII e in quelli di ristrutturazione[112] (anche ad efficacia estesa), disciplinati dagli artt. 59-64 CCII[113], non si pone alcun problema di carattere allocativo dell’eccedenza del piano.
Discorso a parte deve essere fatto nell’ipotesi in cui negli Accordi di ristrutturazione sia contenuta anche una proposta di transazione su crediti tributari e contributivi, con particolare riferimento alla loro omologazione[114].
In tal caso, a prescindere dall’adesione o meno da parte degli enti previdenziali e tributari[115], ai sensi dell’art. 63, comma 2 bis CCII, sarà possibile avvalersi del cd. cram down fiscale[116] e imporre così l’adesione coattiva dell’Erario[117] (quando questa risulti determinante ai fini del raggiungimento del quorum di maggioranze), esclusivamente laddove venga attestata la convenienza del trattamento proposto rispetto alla liquidazione giudiziale relativamente ai crediti tributari[118].
In termini generali, analoghe considerazioni, in punto di convenienza e cram down, sono ovviamente estensibili, ai sensi dell’art. 88, comma 2, CCII, al concordato preventivo[119], mentre, specificamente per il concordato in continuità, viene richiesta l’attestazione anche in merito alla “sussistenza di un trattamento non deteriore”. 
L’amministrazione finanziaria, pertanto, dispone di una “discrezionalità per così dire ‘vincolata’ al maggior soddisfacimento e alla convenienza tra i due termini di comparazione”[120], da cui deriva, a seconda del contenuto della proposta di transazione e dello stato del contribuente che la formula, non una libertà di scelta, ma l’obbligo dell’Amministrazione finanziaria di respingere tale proposta, quando essa non è conveniente, e di accettarla quando invece lo è[121].
A cascata, sul piano distributivo, il trattamento dei creditori erariali e previdenziali dovrà essere sempre governato dai principi di APR e RPR enucleati nell’art. 85, comma 6, CCII, laddove il piano contempli la prosecuzione dell’attività di impresa, mentre i piani meramente liquidatori saranno assoggettati esclusivamente al principio dell’APR (fermo restando, per il concordato liquidatorio, l’ulteriore incremento del 10% di finanza esterna e della soglia minima del 20%).
5 . Conclusioni
Per quanto fin qui osservato, non è revocabile in dubbio che, attraverso il Codice della Crisi e il suo finale adeguamento alla Direttiva Insolvency, sia stato intrapreso un percorso, reso virtuoso grazie (anche) alla valorizzazione delle cd. regole distributive, “affinché, qualora sussista una probabilità di insolvenza, il debitore abbia accesso a un quadro di ristrutturazione preventiva che gli consenta la ristrutturazione, al fine di impedire l'insolvenza e di assicurare la loro sostenibilità economica, fatte salve altre soluzioni volte a evitare l'insolvenza, così da tutelare i posti di lavoro e preservare l'attività imprenditoriale”[122].
Il tutto in un quadro che ben tratteggia, rispetto all’appena passato, un diverso scenario allorché seriamente si miri, ai fini della tematica indagata, alla salvaguardia della continuità aziendale e con essa il massimo salvataggio possibile di posti di lavoro.
Le regole distributive di nuovo conio consentono, pertanto, pacificamente e favoriscono la presentazione di concordati in continuità aziendale anche in caso di incapienza sul patrimonio dei prelatizi, senza dover necessariamente ricorrere alla finanza “effettivamente” esterna[123].
L’allocazione delle risorse endogene generate (pure solo) con la continuità, dovrà, infatti, soggiacere alla relativa gerarchia delle prelazioni, ma potrà discostarsi dalla priorità assoluta ed essere quindi modulata in modo tale da intercettare il maggior numero di consensi tra i creditori[124]. 
Anche l’attestazione della maggiore “convenienza” del piano posto a base della procedura negoziale con continuità aziendale (di cui all’art. 186-bis, co. 2, lett. b, l.fall. con il suo “miglior soddisfacimento dei creditori”) si è ridotta ad una verifica di “non inferiorità”, nel senso che “nessun creditore dissenziente uscirà dal piano di ristrutturazione svantaggiato rispetto a come uscirebbe in caso di liquidazione se fosse applicato il normale grado di priorità di liquidazione a norma del diritto nazionale, sia essa una liquidazione per settori o una vendita dell'impresa in regime di continuità aziendale, oppure nel caso del migliore scenario alternativo possibile se il piano di ristrutturazione non fosse omologato.”[125] 
Dunque, siamo davvero innanzi ad un cambio di prospettiva, quasi “culturale”, che non potrà non avere le sue ricadute sul generale approccio esegetico alla crisi d’impresa, per tempo affrontata,  a partire dal percorso della composizione negoziata, anzi, ancor di più, dall’adozione di efficienti assetti organizzativi, amministrativi e contabili “ai sensi dell'articolo 2086 del codice civile, ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell'assunzione di idonee iniziative”(art. 3, co. 2, CCII).
Ai creditori viene richiesto un salto di qualità, o meglio una loro maggiore partecipazione attiva nelle crisi di impresa miranti alla salvaguardia della “continuità”,  se è vero, come è vero, che la verifica di “non inferiorità” del loro trattamento non avverrà d’ufficio ad opera del Tribunale, bensì solo in caso di contestazione da parte  del singolo  creditore dissenziente[126] (il quale, come già visto,  vedrà risarcite le proprie ragioni, ma non impedito il salvataggio d’impresa, ove, in caso di successo del reclamo contro l’avvenuta omologazione, risulti comunque prevalente il congiunto neo interesse “generale” di creditori e lavoratori; art. 53, co. 5-bis, CCII[127]).
Il che, peraltro, potrebbe ingenerare anche il dubbio - facendosi espressamente riferimento, da parte della sovraordinata normativa unionale,  al comparativo valore di liquidazione  “se fosse applicato il normale grado di priorità di liquidazione a norma del diritto nazionale” -  che solo in caso di opposizione all’omologazione del concordato preventivo, e quindi non già durante la primordiale fase di ammissione (in cui i presupposti sono ovviamente da verificarsi d’ufficio ad opera del Giudice) debba effettuarsi lo screening anche circa il rispetto dell’art. 2741 c.c.  Dubbio che, tuttavia, il Legislatore domestico ha da subito fugato, prevedendo, come obbligatorio corredo ab initio alla proposta di concordato, l’attestazione di degrado (rispetto ai valori di liquidazione), di cui al quinto comma dell’art. 84 CCII, nonché con l’incipit del successivo sesto e quindi con l’APR, ribadito in via “rinforzata” al settimo comma. 
D’altra parte, fermo restando il pregiudiziale rilievo d’ufficio circa il rispetto    dell’APR (anche con riferimento alle sue possibili “espansioni” temporali finalmente consentite dal combinato disposto degli artt. 86 e 109 CCII), allorché si passi al collegato scenario[128] della verifica comparativa della “non inferiorità” rispetto al valore di liquidazione giudiziale[129], è ogni singolo creditore ad essere onerato di interporre opposizione.
Ciò avviene, senz’altro, in caso di Piani di Ristrutturazione soggetti ad omologazione (art. 64-bis,co. 8, CCII), mentre non sempre in ipotesi di concordato preventivo, in cui l’opposizione è richiesta solo rispetto ad alcuni creditori (art. 112, co. 3, CCII),[130] ma non da parte di altri (quelli erariali di cui all’art. 88, co. 2-bis, CCII), per i quali opera l’avvio  d’ufficio del cram down fiscale. Analogamente nel caso di transazione erariale in sede di Accordi di Ristrutturazione (art. 63, co. 2-bis,CCII), come anche negli Accordi di Ristrutturazione ad efficacia estesa (art. 61, co. 2, lett. d, CCII), in cui il Tribunale può sempre valutare d’ufficio la (in)sussistenza del requisito di assenza di pregiudizio rispetto alla liquidazione giudiziale (tale aporia era stata, da subito, rilevata dal Consiglio di Stato nel deputato parere[131], ma la relativa indicazione non è stata recepita nel corpo del codice[132]). 
Del resto non tutte le discipline previste per i tanti[133] strumenti dei regolazione della crisi d’impresa appaiono di semplice adozione (si pensi solo alla normativa in materia di “strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza delle società” di cui agli artt. 120-bis/120-quinquies CCII), ma, di certo, la sfida che ci attende è stimolante e ricca di elementi di supporto per il salvataggio delle imprese in crisi, ove la continuità aziendale viene definitivamente elevata a strumento capace di aumentare il tasso di recovery dei creditori, sia pure in concomitanza con la tutela degli altri stakeholders[134].

Note:

[1] 
Cfr. M. Fabiani, Appunti sulla responsabilità patrimoniale “dinamica” e sulla de-concorsualizzazione del concordato preventivo, in AA.VV., Fallimento, soluzioni negoziate della crisi e disciplina bancaria, diretto da S. Ambrosini, Zanichelli, 2017, 41-53, in www.ilcaso.it, 9 dicembre 2016; G. D’Attorre, Ricchezza del risanamento imprenditoriale e sua destinazione, in Il Fall., 2017, 1015 e La finanza esterna tra vincoli all’utilizzo e diritto di voto dei creditori, in www.ilcaso.it, 20 maggio 2014; S. Ambrosini, Appunti in tema di concordato con continuità aziendale, in www.ilcaso.it, 4 agosto 2013; L. Stanghellini, Il concordato con continuità aziendale, in Il Fall., 2013, 1227 e ss.; A. Rossi, Il migliore soddisfacimento dei creditori (quattro tesi), in Il Fall., 2017, 637 e ss; D. Vattermoli, Concordato con continuità aziendale. Absolute priority rule e new value exception, in Riv. Dir. Comm., 2014, II, 342 e ss.; G. Bozza, L’utilizzo di nuova finanza nel concordato preventivo e la partecipazione al voto dei creditori preferenziali incapienti, in Il Fall., 2009, 1439; S. Bonfatti, Il sostegno finanziario dell’impresa nelle procedure di composizione negoziale della crisi, in Diritto della Banca e del mercato finanziario, I, 2010, 603-621; Caso.it, G.B. Nardecchia, Le classi e la tutela dei creditori nel concordato preventivo, in Giur. Comm. 2011, 80; F. Di Marzio, Finanza esterna e concordato preventivo, in IlFallimentarista.it, 4 marzo 2013; Terenghi, “Finanza esterna”, ordine delle cause di prelazione e flussi di cassa nel concordato con continuità, in Fall., 2019, pp. 380-388; M. Greggio e G. Vidal, Continuità aziendale e finanza esterna nel concordato preventivo, in www.fallimentiesocieta.it, 5 luglio 2019. Sia consentito un rinvio anche a A. Pezzano e M. Ratti, La finanza “terza” e “nuova” nella prospettiva riformatrice, in www.osservatorio-oci.org, 13 dicembre 2017.
[2] 
G.P. Macagno, La distribuzione di valore tra regole di priorità assoluta e relativa. Il plusvalore da continuità, in www.dirittodellacrisi.it, 6 aprile 2022; M. Fabiani, L’avvio del codice della crisi, in www.dirittodellacrisi.it, 5 maggio 2022; A. Zuliani, Continuità diretta e continuità indiretta. Presupposti, regole e criticità, in www.dirittodellacrisi.it, 2 marzo 2022; P. Vella, La spinta innovativa dei quadri di ristrutturazione preventiva europei sull’istituto del concordato preventivo in continuità aziendale, in www.dirittodellacrisi.it, 18 febbraio 2022; S. Leuzzi, Appunti sul concordato preventivo ridisegnato, in www.dirittodellacrisi.it, 5 maggio 2022; G. Ballerini, Art. 160, comma 2°, L. fall. (art. 85 CCII), surplus concordatario e soddisfazione dei creditori privilegiati nel concordato preventivo, in Nuove Leggi Civ. Comm., 2021, 625; G. Acciaro e A. Turchi, Le regole di distribuzione del patrimonio tra passato e futuro, in Ristrutturazioni Aziendali, 16 aprile 2022; G. Lener, Considerazioni intorno al plusvalore da continuità e alla distribuzione del patrimonio (tra regole di priorità assoluta e regole di priorità relativa), in www.dirittodellacrisi.it, 25 febbraio 2022; D. Galletti, Regole di priorità e distribuzione del plusvalore concordatario, due passi indietro ed un’occasione importante perduta, in www.ilfallimentarista.it, 6 aprile 2022.
[3] 
Sul tema si rinvia a P. Vella, L’impatto della Direttiva UE 2019/1023 sull’ordinamento concorsuale interno, in Fall., 2020, 747 ss.; L. Stanghellini, Il Codice della crisi dopo il d.lgs. 83/2022: la tormentata attuazione della direttiva europea in materia di "quadri di ristrutturazione preventiva", 21 luglio 2022, in Ilcaso.it
[4] 
G. Bozza, Il (non) senso di una norma; l’art. 110, primo comma, L. fall., dopo la sua ultima riforma, in www.dirittodellacrisi.it,18 marzo 2021.
[5] 
Cass., Sez. I, 10 giugno 2022, n. 18882, secondo cui “L’art. 111-ter, comma 3 L. fall. non è una norma di natura meramente “contabile”, ma una fondamentale disposizione diretta a comporre l’apparente antinomia generata dagli artt. 111 e 111 bis L. fall.; essa regola infatti il concorso tra crediti prededucibili e crediti assistiti da prelazione, prevedendo l’imputazione al ricavato dalla vendita dei singoli beni sui quali si esercita la prelazione (maggiorato delle «entrate») delle «uscite di carattere specifico» – ossia delle spese prededucibili sostenute per la conservazione, amministrazione e liquidazione di ciascun bene - oltre che di una quota proporzionale delle uscite «di carattere generale» della procedura, in quanto sostenute nell'interesse di tutti i creditori”. E “che questa sia la corretta interpretazione di sistema è testimoniato non solo dalla diffusa applicazione, nella prassi, dei criteri sopra divisati (cfr., ex plurimis, Trib. Milano 11 aprile 2022, Trib. Bari 3 giugno 2021, Trib. Como 8 dicembre 2019) ma anche dalla migliore esplicitazione contenuta nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di prossima applicazione (d.lgs. 12 gennaio 2019 n. 14 e successive modifiche), il cui art. 222, comma 2, nel ripetere le disposizioni dell’attuale art. 111-bis, comma 2, L. fall., aggiunge provvidamente «salvo il disposto dell’articolo 223» (corrispondente al vigente art. 111-ter L. fall.), rendendo indiscutibile che i creditori ipotecari e pignoratizi sono gravati da tutte le spese prededucibili specifiche, oltre che da un’aliquota di quelle generali”. In dottrina, M. Spadaro, La prededucibilità dei crediti professionali sorti in funzione di una procedura minore nel fallimento consecutivo: tra adeguatezza funzionale e utilità per i creditori, in Il Fall., 2014, 540.
[6] 
Consiglio di Stato, parere n. 832 del 13 maggio 2022, in ICodiciDellaConcorsualità, (a cura di) Bortolotti, Pezzano e Ratti, in IlCodicedeiConcordati.it.

[7] 
M. Fabiani, L’avvio del codice della crisi, op. cit.; I. Pagni e M. Fabiani, La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata (e viceversa), in www.dirittodellacrisi.it, 2 novembre 2021.
[8] 
M. Fabiani, I nuovi vincoli alla proposta di concordato preventivo visti dal prisma di una lettura difensiva, in questa Fall., 2016, 569.
[9] 
Cass. Sez. I, 8 febbraio 2019, n. 3863, in DirittoBancario.it.
[10] 
Secondo S. Ambrosini, in Brevi appunti sulla nuova “sintassi” del concordato preventivo, , IlCaso.it, 9 giugno 2022, è stato introdotto nella disciplina concordataria un nuovo principio che può essere definito in termini di equivalenza o non deteriorità del trattamento, ciò che coincide per l’appunto con la mancanza di effetti pregiudizievoli per i creditori.
[11] 
P. Vella, La spinta innovativa dei quadri di ristrutturazione, op. cit. parla di test di non pregiudizio anziché di convenienza in sede di giudizio di omologa.
[12] 
Trib. Firenze, 2 novembre 2016, IlCaso.it, secondo cui “Nel concordato preventivo con continuità aziendale, la migliore soddisfazione dei creditori non deve essere intesa in senso assoluto come migliore soddisfazione astrattamente possibile, con conseguente devoluzione ai creditori di ogni utilità e profitto conseguiti dall’imprenditore in continuità, bensì come trattamento più favorevole attraverso un giudizio di comparazione tra il risultato economico prospettato dalla proposta in continuità e quello ricavabile da uno scenario alternativo caratterizzato dalla discontinuità e, quindi, dalla liquidazione dell’impresa”. In argomento, si rimanda a A. Patti, Il miglior soddisfacimento dei creditori: una clausola generale per il concordato preventivo?, in Fall., 2013, 1099 ss.; A. Rossi, Il migliore soddisfacimento, op. cit.; Galletti, Il miglior soddisfacimento dei creditori: brevi note sui principi generali e sugli interessi tutelati, 28 febbraio 2019, in mementopiu.it.
[13] 
G. Bozza, Il Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, in www.dirittodellacrisi.it, 7 giugno 2022, 5, sostiene che anche la RPR pone una regola di priorità per la quale è ammessa la falcidia (e non l’integrale pagamento) del credito di grado poziore e il pagamento parziale del credito di rango più basso, a condizione che al primo sia assicurato un trattamento più favorevole rispetto a quello riservato al secondo, per cui è comunque necessario destinare alle classi antergate un qualcosa in più rispetto a quelle postergate.
[14] 
Giustamente G. D’Attorre, La finanza esterna tra vincoli all’utilizzo, op. cit, chiarisce che l’ordine delle cause di prelazione disciplina la distribuzione tra creditori di rango diverso; la par condicio creditorum, invece, disciplina il modo in cui le risorse vengono distribuite tra i creditori dello stesso rango (anche se, per evitare equivoci linguistici, sarebbe preferibile discorrere di principio di proporzionalità nel soddisfacimento di creditori dello stesso rango). 
[15] 
Per cui si rimanda alle stimolanti ed esaustive considerazioni di G. Ballerini, Le ricadute di diritto italiano della regola di non discriminazione nella Direttiva Restructuring, in Giur. comm., 2021, 987 e ss. 
[16] 
Id., op. cit., 2021, 987 e ss. 
[17] 
Sull’argomento si rinvia a M. Spadaro, Il concordato delle società, in DirittodellaCrisi.it.
[18] 
Per una lettura estremamente gradevole sul tema, si rinvia a M. Fabiani, La par condicio creditorum al tempo del codice della crisi, in QuestioneGiustizia.it 
[19] 
Perché è con la sentenza di fallimento che si apre il processo esecutivo, Cass., sez. I, 28 maggio 2012, n. 8432, in Fall., 2013, 28. Dello stesso avviso M. Fabiani, in La par condicio creditorum, op. cit. ove parla di “concentrazione esecutiva per dire che: 1) il fallimento apre un’espropriazione generale sui beni del debitore assorbendo le iniziative dei singoli (art. 150 CCII); 2) gli effetti sostanziali del pignoramento si realizzano con la sentenza dichiarativa (e col vantaggio per il creditore di non doversi, per forza, munire di un titolo esecutivo), sì che un unico atto pone tutti i vincoli di indisponibilità; 3) il patrimonio aggredibile è potenzialmente più esteso di quello sottoponibile a esecuzione singolare per effetto dell’applicazione delle regole della concorsualità dinamica; 4) la concorsualità si estende ai rapporti giuridici, ai diritti, alle aspettative e cioè a tutte le posizioni giuridiche soggettive (attive e passive) riconducibili al debitore”.
[20] 
Cass., SS.UU., 16 luglio 2008, n. 19506, in Foro.it., 2008, I, 3149; Cass., sez. I, 30 luglio 2015, n. 1615, in Foro.it., rep. 2015, voce Fallimento, n. 298; Cass., sez. I, 22 dicembre 2015, n. 25802, in Foro.it., rep. 2015, n. 431.
[21] 
L’attuale art. 145 CCII (già art. 45 L. fall.), per come richiamato dall’art. 96 CCII, assorbe tutti i precetti dell’espropriazione forzata, di cui agli artt. 2912 e ss. c.c.; in argomento si rimanda a M. Fabiani, La rimodulazione del dogma della responsabilità patrimoniale e la de-concorsualizzazione del concordato preventivo, in IlCaso.it, 9 dicembre 2016. Contra, G. Ferri jr, Il trattamento dei creditori nel concordato tra competenze collettive e interessi individuali, in Osservatorio del diritto civile e commerciale, 2015, 376 e ss.
[22] 
L. Stanghellini, Il Codice della crisi e dell’insolvenza: una primissima lettura (con qualche critica), in Corr. giur., 2019, p. 449. 
[23] 
Sul rapporto di strumentalità tra responsabilità patrimoniale e obbligazione, cfr. V. Roppo, La responsabilità patrimoniale del debitore, in Rescigno, II, Torino, 1998, 493.
[24] 
Ove la competitività si infrange a fronte dell’urgenza della vendita o affitto dell’azienda nell’interesse del primario soddisfacimento dei creditori. 
[25] 
Nel diritto societario, una deroga agli artt. 2740 e 2741 c.c., costituita dal principio della segregazione patrimoniale (e della relativa riserva dei beni destinati ad una categoria di creditori, sotto forma di salvaguardia della loro posizione giuridica), si ricava anche dal corpus di norme che disciplinano l’istituto dei patrimoni destinati ad uno specifico affare (artt. 2447 bis e ss. c.c.), oppure nella normativa del trust (così come nei patrimoni destinati alla protezione di interessi meritevoli di tutela ex art. 2645 ter c.c.) e delle società fiduciarie. Altri esempi comuni nel diritto civile sono il fondo patrimoniale e l’accettazione di eredità con beneficio di inventario.
[26] 
Cass. Sez. I, 20 maggio 2022, n. 16441, in www.dirittodellacrisi.it, parla di vera e propria deroga ai principi generali di cui agli artt. 2740 e 2741 c.c.
[27] 
Cfr. al riguardo le considerazioni del PG della Suprema Corte rispetto a Cass. Sez. Un., 31 dicembre 2021, n. 42093, nel commento di L.A. Bottai e A. Pezzano, Gli effetti della sentenza a SS.UU. n. 42093/2021 sulle prestazioni professionali a favore dell'impresa in crisi: non è solo una questione di prededuzione, in IlFallimentarista.it, 30 marzo 2022. 
[28] 
Ad avviso di L. Panzani, Sorte della partecipazione dei vecchi soci in caso di ristrutturazione di società insolventi, in Soc., 2014, 92 e ss., la disciplina di cui all’art. 186-bis L. fall. è una conferma ulteriore della deroga all’art. 2740 c.c., già, di per sé, attuata con il concordato per effetto del meccanismo eccezionale della falcidia.
[29] 
Sull’equilibrio tra attuazione della responsabilità patrimoniale e sua massimizzazione, cfr. L. Stanghellini, Le crisi di impresa fra diritto ed economia. Le procedure di insolvenza (pp. 371) Il Mulino, Bologna 2007, 50 e ss., secondo cui è necessario trovare un compromesso con i soci per evitare che possano ostacolare il percorso di ristrutturazione se ritenessero non tutelata la loro pretesa residuale sul patrimonio della società insolvente. 
[30] 
cfr. G. D’Attorre, Ricchezza del risanamento, op. cit., 1015; principio indirettamente confermato da Cass. Civ. Sez. I, 17 ottobre 2018, n. 26005, con nota di L. Benedetti, Il concordato con cessione parziale dei beni nell’ambito del gruppo in crisi fra passato e futuro, in Il Fall., 4/2019, 489 e ss.
[31] 
A. Zanardo, Il concordato con cessione (parziale) dei beni: ammissibilità e disciplina, in Dir. Fall., 2017, II, 1364 e ss; G. D’Attorre, Concordato preventivo e responsabilità patrimoniale del debitore, in Riv. Dir. Comm., 2014, II, 378 e ss.; R. Santagata, Sulla ristrutturazione del gruppo mediante costituzione di una società in nome collettivo funzionale al concordato preventivo, in Dir. Fall., 2015, II, 646 e ss. 
[32] 
Cfr. D. Vattermoli, Concordato con continuità aziendale, op. cit., 341, il rispetto dell’ordine verticale di distribuzione del patrimonio del debitore costituisce un limite implicito posto dall’ordinamento; l’ordine orizzontale, ovverosia la regola della proporzionalità, sarebbe invece derogabile per mezzo dell’istituto delle classi. D’Orazio, in Interesse economico omogeneo nella formazione delle classi tra autonomia negoziale e controllo di merito, in Giur. mer., 2009, 982; M. Fabiani, Brevi riflessioni su omogeneità degli interessi ed obbligatorietà delle classi nei concordati, in Fall., 2009, 437.
[33] 
Quale clausola generale applicabile a tutti i concordati, Cass. 19 febbraio 2016, n. 3324, in Fall., 2016, 791; negli stessi termini, ancor prima, Trib. Prato, 8 ottobre 2015, in IlCaso.it.
[34] 
Art. 84, comma 5 CCII: “I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, possono essere soddisfatti anche non integralmente, purché in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione dei beni o dei diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, al netto del presumibile ammontare delle spese di procedura inerenti al bene o diritto e della quota parte delle spese generali, attestato da professionista indipendente. La quota residua del credito è trattata come credito chirografario”.
[35] 
Sulla natura imperativa del vincolo costituito dall’ordine delle cause legittime di prelazione ex art. 160 L. fall., cfr. Trib. Milano, 16 marzo 2013 in Riv. Dott. Comm., 2013, 419; Trib. Padova, 16 maggio 2011, in Banca Borsa, tit. credito, 2012, II, 222. In dottrina, si rinvia a M. Fabiani in Diritto fallimentare, 616; G. D’Attorre, La finanza esterna, op. cit.
[36] 
È scomparso il riferimento all’ “avuto riguardo al valore di mercato “, per il rischio di incompatibilità con quello di liquidazione, anche se viene riprodotto, probabilmente per una dimenticanza, nell’art. 88, comma 1, CCII, in riferimento al trattamento dei crediti tributari e contributivi nel concordato preventivo: del resto non potrebbe che derivare semplicemente da un mero difetto di coordinamento il mancato inserimento nell’art. 88 cit. del consequenziale inciso “al netto del presumibile ammontare delle spese di procedura inerenti al bene o diritto e della quota parte delle spese generali”, contenuto invece nell’ “aggiornato” art. 84, comma 5, CCII. Peraltro l’auspicabile coordinamento dovrebbe riguardare anche le analoghe previsioni in tema di concordato minore di cui agli art. 67, comma 4, e art. 75, comma 2, CCII.
[37] 
L’art. 160 L. fall. è sempre stata la porta di accesso, nel processo concordatario, delle modalità di trattamento dei creditori prelatizi, anche erariali e previdenziali (e anche, perché no, dei chirografari che altro non sono che gli ultimi “privilegiati generali” sul patrimonio del debitore), non solo nel rispetto della graduazione, ma anche per la loro ammissione al voto, in termini di capienza ed esistenza del bene (Cass. Sez. I, 6 novembre 2013, n. 24970 in IlCodicedeiconcordati.it) e di tempistica del soddisfacimento (Cass. Sez. I, 26 settembre 2014, n. 20388 in Ilcaso.it; Cass. sez. I, 9 maggio 2014, n. 10112; in termini lievemente dissimili, cfr. Cass., Sez. I, 31 ottobre 2016, n. 22045 in IlCodicedeiconcordati.it).
[38] 
Cfr. Cass., Sez. I, 8 giugno 2012, n. 9373, in Fall. 12/2012, p. 1409-1416, secondo cui la distinzione tra presupposti di legittimità della proposta concordataria, e valutazione della convenienza della proposta è assai chiara nell'impostazione della disciplina del concordato preventivo. “I primi sono indicati nell'art. 160, sono disciplinati dalla legge e inderogabili dalla volontà delle parti (debitore da un lato e massa dei creditori dall'altro), sono verificati d'ufficio dal tribunale, che in mancanza di essi dichiara la proposta inammissibile (art. 162) senza sottoporla all'approvazione della maggioranza dei creditori. La convenienza della proposta, invece, deve incontrare il favore della maggioranza dei creditori, e, se divisi in classi, della maggioranza delle classi che votano separatamente. La distinzione dei due piani, di legittimità della proposta concordataria, quale condizione della sua ammissibilità, e di convenienza della medesima, condizione della sua validità ed efficacia, corrisponde alla volontà del legislatore, che nella scansione delle fasi del procedimento ha previsto l'esame preliminare della sua ammissibilità e quello successivo dell'approvazione della maggioranza dei creditori. La mens legis è stata del resto esplicitamente confermata dalla sostituzione della parola "presupposti" a quella precedente "condizioni", nella rubrica dell'art. 160, disposta con il decreto correttivo (D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, art. 12, comma 1)”.
[39] 
In questi specifici termini, G. Lener, Considerazioni intorno al plusvalore da continuità e alla distribuzione del patrimonio, op. cit.
[40] 
M. Fabiani, Appunti sulla responsabilità patrimoniale, op. cit. 41 e ss.; G. D’Attorre, Ricchezza del risanamento imprenditoriale, op cit. 1017; A. Rossi, Il migliore soddisfacimento dei creditori, op. cit., 639.
[41] 
Trib. Milano 8 novembre 2016, in IlCaso.it e 5 dicembre 2018, in Fall., 2019, 1087, secondo cui “Va, anzi, detto che proprio la presenza nella disciplina del concordato della previsione di cui all’art. 160, comma 2, L. fall. – e cioè la valutazione di capienza dei beni gravati dai vari tipi privilegio rispetto ai privilegi medesimi – lascia intendere che: 1) la valutazione comparativa rispetto alla prospettiva fallimentare debba essere ancorata al momento di apertura della procedura, e cioè tenendo conto della massa attiva esistente in quel momento; 2) conseguentemente, anche la verifica del rispetto delle cause di prelazione debba operarsi con riferimento a tale momento, nel senso che debba contemplare il patrimonio esistente, integrato dai flussi attivi che esso sia in grado di generare, restando invece esclusi i flussi che a tale patrimonio non siano riconducibili, derivando invece da risorse esterne. Questi ultimi flussi resteranno vincolati ad un solo parametro, e cioè quel miglior soddisfacimento dei creditori che l’art. 186 bis pone come condizione di ammissibilità della continuità. Ciò significa che una parte di essi – si ripete per chiarezza: flussi generati esclusivamente per effetto dell’apporto esterno – dovrà indubbiamente essere destinata ai creditori concordatari per assicurare loro il miglior soddisfacimento, ma, una volta rispettato tale parametro, resteranno liberamente distribuibili.”
[42] 
Trib. Perugia, 16 novembre 2017, in IlCaso.it, che, a seguito della definizione della procedura con intervenuta omologa, ha condivisibilmente disposto la cancellazione della menzione “in concordato preventivo” dal certificato camerale.
[43] 
Aspettativa che, dopo l’omologa, diviene diritto a percepire quanto assicurato con la proposta concordataria.
[44] 
Già prima la liquidazione fallimentare era individuata come l’unica alternativa praticabile v. Cass. Sez. I, 23 giugno 2011, n. 13817 in Fdoc. 8/2011, 935 rigo 1-5; in materia di concordato fallimentare, Cass., Sez. I, 12 febbraio 2010, n. 3327, secondo cui la causa giuridica, che giustifica la preferenza accordata alla proposta di concordato rispetto alla liquidazione nell'ambito della procedura fallimentare dei beni del fallito, è la maggior convenienza per i creditori della proposta di concordato. In dottrina, cfr. R. Bellè, Convenienza e legittimità delle soluzioni concordatarie, in Fall. 5/2012, 511-521.
[45] 
Per una compiuta disamina dell’istituto del procedimento di omologazione, cfr. M. Fabiani, L’omologazione del nuovo concordato preventivo, in Fall., 2020, 1314 e ss.
[46] 
In argomento si rinvia a P. Vella, La spinta innovativa dei quadri di ristrutturazione preventiva, op. cit.; I. Donati, Crisi d’impresa e diritto di proprietà. Dalla responsabilità patrimoniale all’assenza di pregiudizio, in Riv. soc., 2020, 189 e ss.
[47] 
Essendo sufficiente che il creditore dissenziente non risulti “svantaggiato rispetto a come uscirebbe in caso di liquidazione”, così Ambrosini, Brevi appunti, op. cit.
[48] 
A. Guiotto, Destinazione dei flussi di cassa e gestione dei conflitti d’interessi nel concordato preventivo con continuità aziendale”, in Fall., n. 8-9/2019, 110-114.
[49] 
Con tutti i limiti che esso presuppone, soprattutto in termini di temporaneità, volta ad evitare un aggravamento del pregiudizio o una più profittevole alienazione dei cespiti, visto che nella liquidazione giudiziale il fine è, pur sempre, la liquidazione dei beni (così, nel regime previgente, App. Venezia, 19 luglio 2019, Ilcaso.it). Negli stessi termini, G. Lener, Considerazioni intorno al plusvalore da continuità e alla distribuzione del patrimonio, op. cit.
[50] 
Per un’approfondita disamina dell’istituto, si rinvia a S. Leuzzi, L’esercizio (non più provvisorio) dell’impresa del debitore nel quadro del codice della crisi e dell’insolvenza, in www.dirittodellacrisi.it, 31 marzo 2019.
[51] 
Trib. Verona, 22 gennaio 2021, in Unijuris.it.
[52] 
Cfr. Cass., Sez. I, 10 febbraio 2011, n. 3274, in Dir. fall., 2011, 423, emessa in materia di concordato fallimentare, secondo cui “è del tutto impossibile stabilire se ed in che misura la cessione delle azioni di massa incida sull’ammontare della somma complessivamente messa a disposizione dal proponente e nessun parametro valutativo sul punto è indicato dal legislatore non può che concludersi che la cessione delle azioni di massa in favore di soggetti diversi dal debitore è sempre consentita in quanto si presume iuris et de iure che la stessa favorisca il concordato e quindi, allo stesso tempo, la soluzione della crisi (che è interesse pubblico) e il miglior soddisfacimento dei creditori i quali, giova ricordarlo, sono comunque arbitri dell’accettazione della proposta che possono dunque non approvare se ritengono che il sacrificio che comporta la rinuncia ai proventi sperati delle azioni già autorizzate non sia sufficientemente compensato dal grado di soddisfacimento prospettato”. 
[53] 
Proprio perché anche i beni di cui si è prognosticato il valore di realizzo possono essere mantenuti nella titolarità e sfruttati dall’impresa nel corso del processo di ristrutturazione. Giustamente, infatti, S. Ambrosini, Appunti in tema di concordato con continuità aziendale, in Ilcaso.it, 4 agosto 2013, afferma che “ogniqualvolta si sia chiamati a raffrontare lo scenario concordatario con quello fallimentare (com’è previsto dall’art. 160, comma 2, L. fall. per il caso di falcidia del privilegio e come accade, almeno di regola, quando i creditori procedono a valutare la convenienza della proposta), dovranno essere tenuti in considerazione tutti i beni ipoteticamente liquidabili dal curatore, inclusi quelli dei quali non si preveda la cessione in ambito concordatario”.
[54] 
Secondo M. Fabiani, Appunti sulla responsabilità patrimoniale, op. cit., 51 ss., l’ordine verticale di distribuzione del patrimonio vale esclusivamente sul patrimonio liquidabile nel fallimento e non al surplus concordatario. Cfr. sul tema dei creditori subordinati nel concorso, D. Vattermoli, Crediti subordinati e concorso tra creditori, Giuffrè, 2012, p. 398.
[55] 
Cass., Sez. I, 26 maggio 2022, n. 17155 in IlCodicedeiConcordati.it.
[56] 
Sul tema, L. Stanghellini, Il concordato con continuità aziendale, op. cit., 1227 e ss.
[57] 
G. D’Attorre, La finanza esterna tra vincoli all’utilizzo e diritto di voto dei creditori, in Ilcaso.it, 20 maggio 2014; M. Fabiani, Diritto Fallimentare, Torino 2011, 616.
[58] 
Cass., Sez. I, 8 giugno 2012, n. 9373, cit.
[59] 
L’indirizzo è stato confermato in sede di legittimità a più riprese, Cass, Sez. I, 14 maggio 2019, n. 12864, Cass., Sez. I, 17 maggio 2019, n. 13391; Cass., Sez. I, 8 giugno 2020, n. 10884, in IlCodicedeiconcordati.it.
[60] 
Sulla tematica si rimanda a N. Abriani, Proposte concorrenti, operazioni straordinarie e dovere della società di adempiere agli obblighi concordatari, in Giust. civ., 2016, 365 e ss.; A. Nigro e D. Vattermoli, Le proposte concorrenti nel concordato preventivo, in Dir. banca e merc. fin., 2015, II, pp. 93 e ss.
[61] 
Norma alla stregua del cui tenore viene legittimata l’alterazione (quantomeno temporale) della graduazione (ovverosia il pagamento di creditori concorsuali anche chirografari prima dei prelatizi) allorché vi sia l’apporto di risorse esterne da parte d’un terzo, senza obbligo di restituzione o, alternativamente, quando detto pagamento, oltre ad essere essenziale per l’attività d’impresa, “è funzionale ad assicurare la miglior soddisfazione dei creditori”. Le risorse estranee ed i flussi di cassa generati nel corso della prosecuzione della continuità (giocoforza “attestata” come funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori) vengono così perfettamente assimilate, sia in termini di effetti che di allocazione e non è un caso che l’attestazione di cui all’art. 182 quinquies, comma 5, L. fall. fosse assolutamente speculare a quella prevista nell’art. 186 bis, comma 2, lett. b) L. fall.
[62] 
F. Lamanna, Le insidie logiche della finanza esterna in caso di prelazioni incapienti, in IlFallimentarista.it, 20 gennaio 2014, ove viene ammesso un “transito” all’interno del patrimonio del debitore successivamente alla presentazione della domanda di concordato.
[63] 
M. Fabiani, Diritto fallimentare, op. cit., 617.
[64] 
M. Fabiani, Appunti sulla responsabilità patrimoniale “dinamica”, op. cit., 42. Sulla equivalenza del concetto di finanza terza “dinamica” e dell'apporto esogeno di finanza proveniente da un terzo soggetto, cfr. Trib. Perugia, 4 giugno 2019, in Ilcaso.it.
[65] 
Cfr. Trib. La Spezia, 8 febbraio 2011 in Fall. 2012, 731; App. Venezia, 17 luglio 2010, in Osservatorio-oci.org; Trib. Salerno, 9 novembre 2010, in Unijuris.it; cfr. in particolare Trib. Monza, 22 dicembre 2011, in Ilcaso.it, secondo cui, rispetto all’attività di assemblaggio di semilavorati esistenti al tempo della cristallizzazione del patrimonio “sussiste una quota del realizzo che non risulta destinata ai creditori privilegiati poiché, al di fuori della forma concordataria, liberamente accettata dai creditori ed altrimenti non realizzabile, non sarebbe mai sorta”.
[66] 
Sulla libertà di allocazione della finanza generata nel corso dell’attività di impresa, con acuto riferimento analogico all’art. 182 quinquies, comma 5, cfr. Trib. Prato, 25 marzo 2015, in Osservatoriooci.org e in Unijuris.it; negli stessi termini Trib. Massa, 2 febbraio 2016, in Ilcaso.it. Sulla libera distribuibilità del plusvalore concordatario rispetto alla liquidazione fallimentare, cfr. Trib. Milano, 8 novembre 2016 in Ilcaso.it; App. Venezia 19 luglio 2019, Ilcaso.it; Trib. Siracusa, 31 ottobre 2017, inedita; Trib. Palermo 3 giugno 2014 in Ilcaso.it; Trib. Rovereto, 13 ottobre 2014 in Ilcaso.it; contra Trib. Milano 25 febbraio 2021, in Ilcaso.it; Trib. Padova 24 gennaio 2019, in Dir. Fall. 2020, 865.
[67] 
G. D’Attorre, La distribuzione del patrimonio del debitore tra absolute priority rule e relative priority rule, in Fall. 2020, 1079, secondo cui il c.d. “plusvalore” da concordato oltre ad essere sottratto all’osservanza dell’ordine delle cause di prelazione, può essere liberamente allocato tra i creditori e persino a favore del debitore. Negli stessi termini D. Vattermoli, Concordato con continuità aziendale. Absolute priority rule, op. cit., 344; A. Pezzano e M. Ratti in “La finanza “terza” e “nuova”, op. cit.  
[68] 
Vale la pena rimandare sul tema nella previgente disciplina a L. Stanghellini, Il concordato con continuità aziendale, op. cit., 1229.
[69] 
S. Ambrosini, Il concordato preventivo, in Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, (a cura di F. Vassalli, F.P. Luiso e E. Gabrielli), IV, Giappichelli, Torino, 2014, 178 e ss., secondo cui “nulla sembra vietare che la differenza tra l'attivo concordatario e quello fallimentare sia utilizzata per soddisfare i chirografari (inclusa la quota di privilegiati scaduta al chirografo), senza necessità di un quid pluris esterno”; M. Fabiani, La rimodulazione del dogma della responsabilità patrimoniale, op. cit., 9. 
[70] 
Cfr. sull’inderogabilità del dettame e dei vincoli di cui all’art. 184 L fall., ex plurimis Cass., Sez. I, 4 novembre 2011, n. 22931 in Ilcaso.it. Cfr. anche Cass., Sez. V, 6 giugno 2022, n. 18124, in www.dirittodellacrisi.it, secondo cui “solo col concorso di presupposti rigidi, l’esdebitazione vale, in effetti, ad assicurare il superamento della regola “ordinaria” della responsabilità perpetua del debitore, di cui all’art. 2740 c.c., norma-cardine a tenore della quale il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri (salvi appunto i soli casi stabiliti dalla legge)”.
[71] 
Nel concordato con assunzione, l’omologa produce effetti costitutivi del trasferimento della proprietà, allo stesso modo di un contratto di compravendita o della sentenza di esecuzione in forma specifica pronunziata ex art. 2932 c.c. (cfr. Cass., Sez. I, 1 marzo 2010 n. 4863 in Dejure.it).
[72] 
Novazione implicitamente ammessa nel cd. fallimento omisso medio, oggi smentito dall’art. 119, comma 7, CCII, in Cass., SS. UU., 14 febbraio 2022, n. 4696, in Unijuris.it; conf. Cass., Sez. I, 17 luglio 2017, n. 17703 in IlCodicedeiconcordati.it, secondo cui l’omologa conduce ad una “nuova” obbligazione al pari delle obbligazioni sopravvenute, generando un “nuovo” passivo concorsuale che porta, in caso di insolvenza, ad un “nuovo” fallimento. Contra, in relazione agli effetti novativi dell’omologa, Cass. 14 marzo 2001, n. 3670, in Dir. fall., 2002, II, 50. Sul tema, in dottrina, cfr. M. Fabiani e G. Caramellino, Il concordato preventivo, in Le riforme delle procedure concorsuali, (a cura di) A. Didone, Milano, 2016, 1840.
[73] 
Sul concorso tra debitori anteriori e debitori posteriori cfr. G. D’Attorre, Ricchezza del risanamento imprenditoriale, op. cit. 
[74] 
Sull’assimilazione degli effetti in sede fallimentare, Cass. 9 maggio 2013, n. 11025.; contra Trib. Pordenone, 13 ottobre 2015, in Fallimentiesocietà.it. In dottrina, v. R. Bogoni e E. Artuso, Sull’ancor poco esplorata applicabilità, nel concordato preventivo, dell’estensione della prelazione ai frutti del bene ipotecato, in IlFallimentarista.it; F. Rasile e C. Passerini, Destinazione dei flussi derivanti dalla continuità aziendale e dei frutti dell’immobile gravato da ipoteca, in IlFallimentarista.it, 12 agosto 2020. 
[75] 
Cass., Sez. I, 12 marzo 2018, n. 5906, in IlCaso.it, pur aderendo all’indirizzo di Cass. n. 9373/2012, così si esprime: “Né si può ragionevolmente affermare che la falcidia dei creditori privilegiati di grado anteriore, potrebbe essere ammessa nel concordato preventivo accompagnato da transazione fiscale, solo attraverso l’intervento di finanza esterna al proponente, che assicuri integralmente il pagamento del credito IVA e di quello per ritenute non versate, per la decisiva considerazione che l’apporto economico del terzo, se consente di derogare in melius rispetto alla disciplina fissata dalla legge, accrescendo cioè la percentuale di soddisfacimento complessivo del ceto creditorio, pure arrecando un vulnus all’ordine legittimo delle cause di prelazione (si veda Cass. n. 9373 del 2012, cit.), non può essere imposto come soluzione sempre necessitata per rispettare il dettato normativo e rendere, in definitiva, ammissibile la proposta concordataria, come se si trattasse di uno dei presupposti previsti dagli artt. 160, primo e secondo co., e 161 fall.”.
[76] 
Cass., Sez. I, 26 maggio 2022 n. 17155, op. cit
[77] 
Per una più completa disamina dei profili attinenti alle tesi della priorità assoluta e relativa, soprattutto con riferimento ai debiti tributari, si rinvia al contributo di G. Andreani, “La transazione fiscale deroga alla regola della priorità assoluta”, in IlCaso.it, 14 marzo 2021.
[78] 
App. Milano, 28 aprile 2022, in Ristrutturazioni Aziendali. Negli stessi termini, Trib. Verona, 22 gennaio 2021, in Fallimentiesocietà.it
[79] 
P. Vella, I quadri di ristrutturazione preventiva nella Direttiva UE 2019/1023 e nel diritto nazionale, in Fall., 2020, pp. 1033-1044; G.P. Macagno, La distribuzione di valore, op. cit., p. 5 e ss. 
[80] 
Per un’ampia trattazione della questione distributiva, si rimanda a G. Lener, Considerazioni intorno al plusvalore da continuità, op. cit.
[81] 
D. Vattermoli, La posizione dei soci nelle ristrutturazioni. Dal principio di neutralità organizzativa alla residual owner doctrine?, in Riv. soc., 2018, 864 e ss.; M. Fabiani, L’avvio del codice, op. cit., sub § 6 Soci e gruppi, ovvero degli “ex sconosciuti”, secondo cui se il ruolo dei soci viene valorizzato da una parte, per altro verso viene anche decimato perché sia nelle ristrutturazioni che nella liquidazione giudiziale, il valore della partecipazione può essere messo al servizio della ristrutturazione attraverso il compimento di operazioni straordinarie che si risolvono nell’azzeramento del valore e nella esclusione del diritto di opzione.
[82] 
Che non rientra tra i quadri di ristrutturazione, come si desume chiaramente anche dall’art. 2, lett. m bis, CCII. 
[83] 
Secondo la Relazione Illustrativa D.Lgs. n. 83/2022, la regola di distribuzione contenuta nel comma 6 dell’articolo 84 detta due principi distinti da osservare nella ripartizione dell’attivo concordatario e che dipendono dalla natura delle risorse distribuite. Essa prevede, in particolare, che il valore di liquidazione dell’impresa sia distribuito nel pieno rispetto delle cause legittime di prelazione e cioè secondo la regola della priorità assoluta (che impedisce la soddisfazione del creditore di rango inferiore se non vi è stata la piena soddisfazione del credito di grado superiore) mentre il valore ricavato dalla prosecuzione dell’impresa, il c.d. plusvalore da continuità, può essere distribuito osservando il criterio della priorità relativa (secondo il quale è sufficiente che i crediti di una classe siano pagati in ugual misura rispetto alle classi di pari grado e in misura maggiore rispetto alla classe di rango inferiore). Per un approfondimento, cfr. S. Leuzzi, Appunti sul concordato preventivo, op. cit.; G.P. Macagno, La distribuzione di valore, op. cit.
[84] 
L’opzione della Relative priority rule, come esplicitato nel Considerando 56 della Direttiva Insolvency, “consente di predisporre piani con maggior flessibilità, che possono lasciare spazio ad una parziale tutela degli interessi degli azionisti o di talune categorie di creditori strategici altrimenti destinati a nulla ricevere”. L. Panzani, Il preventive restructuring framework nella Direttiva 2019/1023 del 20 giugno 2019 ed il codice della crisi. Assonanze e dissonanze, in Diritto bancario, 14 ottobre 2019.
[85] 
Cfr. art. 87 lett. o) CCII, relativo alle “modalità di informazione e consultazione dei lavoratori nonché gli effetti della ristrutturazione sui rapporti di lavoro, sulla loro organizzazione o sulle modalità di svolgimento delle prestazioni” e art. 4, comma 3, CCII in relazione all’informativa alle rappresentanze sindacali in presenza di un’occupazione superiore ai 15 dipendenti.
[86] 
Cfr. per una panoramica ad ampio respiro, F. Aprile, Note sparse in tema di interesse dei creditori e tutela dei posti di lavoro nel concordato preventivo in continuità, in www.dirittodellacrisi.it, 28 luglio 2022. V. anche R. Bellè e O. Russo, Lavoro e procedure concorsuali, in Il Fall., 2021, 575 e ss.
[87] 
Con riferimento al testo anteriore al correttivo, cfr. R. Brogi, Il concordato con continuità aziendale nel codice della crisi in Il Fall., 2019, in corso di pubblicazione; L. Stanghellini, Il Codice della crisi e dell’insolvenza: una primissima lettura (con qualche critica), in Corr. giur., 2019, 449.
[88] 
Nelle sue più disparate declinazioni nel corpo del codice, agli artt. 94, comma 3, 99, comma 1, 100, comma 1, 123, comma 1 lett. f, 274, comma 3, 284, comma 5, 285, comma 2 e 287, comma 1, CCII.
[89] 
Per un’approfondita trattazione del tema, Cfr. S. Ambrosini, Concordato preventivo e soggetti protetti nel codice della crisi dopo la Direttiva Insolvency: i creditori e i lavoratori, in Ristrutturazioni Aziendali, 1 giugno 2022. 
[90] 
Sulle intersezioni dell’istituto della cd. transazione fiscale con la distribuzione del plusvalore da continuità, si rinvia a G. Andreani e A. Tubelli, Transazione fiscale e utilizzo dei flussi di cassa generati dalla continuità aziendale nella giurisprudenza della Suprema Corte e nel Codice della Crisi, in www.dirittodellacrisi.it, 28 giugno 2022.
[91] 
Ove al par. 3.5, in assoluta controtendenza rispetto a quanto indicato nella Circolare n. 16/E del 23 luglio 2018, viene espressamente previsto che i flussi di cassa generati dalla continuità aziendale – per quanto non vadano computati, ai fini del raffronto con l’alternativa liquidatoria, nel calcolo della consistenza del patrimonio aziendale esistente alla data di presentazione della domanda di concordato preventivo – non sono qualificabili come “finanza esterna” in senso tecnico, in quanto ricavi riconducibili comunque al patrimonio del debitore, ma possono essere distribuiti senza alterazione delle cause di prelazione. Per una disamina della questione distributiva nell’ambito dell’istituto dell’art. 182 ter L. fall., si rimanda a G. Andreani, Transazione fiscale e flussi di cassa gestionali dopo (e nonostante) la Circolare n. 34/E/2020, in www.dirittobancario.it; C. Trentini, I concordati preventivi, 2014, 168.
[92] 
Per un’ampia trattazione del tema, in particolare sulla distinzione tra finanza “nuova” e risorse esterne nei concordati in continuità, si rinvia a A. Zuliani, Continuità diretta e continuità indiretta, Par. 2., op. cit.
[93] 
Sul tema si rinvia alle argomentazioni di L. Stanghellini, Verso uno statuto dei diritti dei soci di società in crisi, in RdS, 2020, p. 295 e ss., spec. 301 e ss.; cfr. anche sul punto, G. Ferri jr., Il ruolo dei soci nella ristrutturazione finanziaria dell’impresa alla luce di una recente proposta di direttiva europea, in Dir. fall., 2018, 533. Condivisibilmente A. Zuliani, Continuità diretta e continuità indiretta, Par. 2., op. cit., sostiene che, siccome l’imprenditore che propone ai creditori un concordato con continuità diretta deve offrire pagamenti in esatte percentuali sull’ammontare dei loro crediti, qualora i risultati della continuità siano superiori alle aspettative di piano, gli utili eccedenti rispetto a quanto necessario per adempiere al concordato resteranno all’imprenditore e, una volta adempiuti integralmente gli obblighi concordatari, potranno anche essere distribuiti ai soci anche senza avere pagato integralmente i creditori: ciò in quanto l’omologazione del concordato ha trasformato gli originari diritti dei creditori (con il loro consenso espresso nelle forme di legge) in quelli corrispondenti alla proposta del debitore, sicché la distribuzione degli utili ai soci avviene dopo che sono stati integralmente pagati i debiti, quali risultanti all’esito dell’omologazione del concordato.
[94] 
Per i cui riflessi in termini distributivi si rinvia a M. Spadaro, Il concordato delle società, op. cit.
[95] 
Fatto salvo il concordato con garanzia (Cass., Sez. I, 14 marzo 2014, n. 6022), quel quid pluris trova la sua “piena” ragion d’essere nel patrimonio del debitore concordatario e ad esso è perfettamente consustanziale, formandosi per effetto della dismissione ancorata al valore statico del bene staggito, al pari di quanto avviene nell’ambito di qualsivoglia procedimento espropriativo. 
[96] 
Cass., Sez. I, 9 settembre 2016, n. 17911, in Ilcodicedeiconcordati.it, ove viene espressamente ammesso che “le procedure di concordato liquidatorio consistono in un sostanziale fallimento dell’impresa, con i vantaggi della realizzazione di una liquidazione concordata”.
[97] 
Trib. Milano 20 luglio 2011, in Ilfallimentarista.it.
[98] 
Trib. Milano, 22 dicembre 2020, in Il Fall., 2021, 279. 
[99] 
App. Torino, 31 agosto 2018, in Il Fall., 2019, 380; negli stessi termini, Trib. Milano, 5 dicembre 2018, in Il Fall., 2019, 1087. 
[100] 
Nella previgente disciplina cfr. G. Terranova, Problemi di diritto concorsuale, Torino, 2011, secondo cui le risorse esterne non possono portare a stravolgere le scale di valori imposte dalla legge; negli stessi termini, L.A. Bottai, Trattamento dei creditori privilegiati, nuova finanza e rapporto fra classi e privilegi, in Il Fall., 2010, 87.
[101] 
S. Ambrosini, Autonomia negoziale e controllo giudiziale nel concordato preventivo, in F. Di Marzio e F. Macario (a cura di), Autonomia negoziale e crisi d’impresa, Giuffrè, Milano, 2010, p. 542; R. Sacchi, Concordato preventivo, conflitti di interessi fra creditori e sindacato dell’Autorità giudiziaria, in Il Fall. 2009, p. 30.
[102] 
In argomento si rinvia M. Sabbioni, Il concordato di gruppo tra prassi e Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Giur. comm., 2019, II, 1036 e ss.; G. D’Attorre, I concordati di gruppo nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in Il Fall., 2019, 277; G. Scognamiglio, I gruppi di imprese nel CCII fra unità e pluralità, in Soc., 2019, 413.
[103] 
Cfr. R. Sacchi, Sui trasferimenti di risorse nell’ambito del concordato di gruppo nel CCII, in La riforma delle procedure concorsuali. Milano, 2021, 292 e ss. 
[104] 
Sull’inammissibilità d’un concordato di gruppo liquidatorio che, in violazione dell’art. 2740 c.c. e 1977 c.c., prevedeva che una parte del realizzo dei beni di alcune società del gruppo fosse dirottato a beneficio di altre società incapienti, cfr. Cass., Sez. I, 2 luglio 2018, n. 26005, in Unijuris.it.
[105] 
L. Salvato, Questioni in tema di conversione del credito in capitale di rischio nel concordato preventivo, in Il Fall., 2015, pp. 62 e ss. 
[106] 
Cfr. Trib. Alessandria, 18 gennaio 2016, in Ilcaso.it. 
[107] 
V. Trib. Milano 15 giugno 2017, in Osservatoriooci.org, secondo cui l’assuntore non si limita ad acquistare il patrimonio ad un determinato corrispettivo, ma diviene il successore e sostituto del debitore liberato, assumendone, quindi, non solo la posizione attiva ma anche quella passiva.
[108] 
Ad esempio, non dovrebbe esserlo l’eccezionale disposto dell’art. 84, comma 4, CCII in tema di obbligo distributivo di un apporto minimo di finanza esterna del 10% e del limite del 20% pro chirografari, che anche intuitivamente non può che riguardare l’autonoma scelta del debitore di liquidare il proprio patrimonio, piuttosto che quella del terzo di accollarsi tutti i relativi debiti da proposta.
[109] 
In merito alla cui trattazione ci si permette di rinviare a G. Bozza, Il concordato semplificato introdotto dal D.L. n. 118 del 2021, convertito, con modifiche, dalla L. n. 147 del 2021, in Fallimentiesocieta.it, 2022; A. Pezzano e M. Ratti, Il Concordato preventivo semplificato: un’innovazione solo per i debitori meritevoli, funzionale al migliore soddisfacimento dei creditori (ed a qualche salvataggio d’impresa), in www.dirittodellacrisi.it, 19 ottobre 2021. 
[110] 
S. Leuzzi, Analisi differenziale fra concordati: concordato semplificato vs. ordinario, in www.dirittodellacrisi.it.
[111] 
Per un’ampia illustrazione dell’istituto, si rinvia a G. Bozza, Il Piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, op. cit.
[112] 
Per la disciplina degli istituti si rimanda a A. Zorzi, Piani di risanamento e accordi di ristrutturazione nel codice della crisi, in Il Fall., 2019, pp. 993-1005; E. Frascaroli Santi, Gli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 57 CCII): una procedura concorsuale, tra vecchie certezze e nuove incertezze normative, in Dir. Fall. 2021, 5.
[113] 
Alla luce dell’evoluzione della relativa disciplina e del regolamento 848 del 2015 UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 maggio 2015, la procedura di accordo di ristrutturazione dei debiti deve considerarsi dotata di quei requisiti minimi che ne denotano la concorsualità. In tali termini, Trib. Milano, 4 dicembre 2019. Sulla natura concorsuale della procedura di cui all’art. 182 bis L. fall., cfr. Cass., Sez. I, 24 maggio 2018, n. 12965, in Ilcaso.it.
[114] 
Ove già gli artt. 180, comma 4, e 182 bis L. fall., modificati dalla L. 159/2020, prevedono che “Il Tribunale omologa il concordato preventivo anche in mancanza di voto da parte dell’Amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando (…) la proposta di soddisfacimento della predetta Amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria” e “Il Tribunale omologa l’accordo anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie quando (…), la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria.” Tale principio di comparazione, immanente alla legge fallimentare, risulta espresso anche nella disciplina del concordato semplificato, di cui alla L. 118/2021 e nella formulazione dell’art. 80 CCII. In Dottrina, cfr. S. Ambrosini, Concordato preventivo con continuità aziendale: problemi aperti in tema di perimetro applicativo e di miglior soddisfacimento dei creditori, in Ilcaso.it, 25 aprile 2018. 
[115] 
I quali, nel caso in cui venga espresso un giudizio di palese inattendibilità od insostenibilità della proposta di transazione fiscale, gli Uffici sono tenuti a fornire una puntuale e adeguata motivazione del proprio diniego, portando a conoscenza del contribuente gli esiti delle proprie valutazioni, in modo da consentire una tempestiva interlocuzione tra le parti finalizzata ad esaminare gli elementi di criticità rilevati, così Circolare n. 34/E del 29 dicembre 2020 dell’Agenzia delle Entrate. In detta circolare, l’Agenzia delle entrate si è altresì impegnata ad “assicurare che i procedimenti siano conclusi nel minor tempo possibile, tutelando al contempo gli interessi erariali, la continuità aziendale e i connessi livelli occupazionali”. 
[116] 
Per cui si rimanda a M. Monteleone, Il nuovo “cram down” del tribunale nella transazione fiscale, in Ilcaso.it, 9 febbraio 2021 e G. D'Attorre, La ristrutturazione ‘coattiva' dei debiti fiscali e contributivi negli adr e nel concordato preventivo, in Il fallimento le e altre procedure concorsuali, 2021, n. 2, 155.
[117] 
V. Ficari, Mancata transazione fiscale, “interesse” pretensivo del contribuente e poteri giudiziali, in Il Fall., 2022, 597 e ss. 
[118] 
Ad avviso di G. Andreani, Transazione fiscale negli a.d.r. e ruolo dei creditori estranei, 10 agosto 2021, Ilcaso.it, in considerazione della distinzione operata nell’ambito dell’art. 182 bis L. fall. tra creditori aderenti e creditori estranei, è pacifico che questi ultimi devono restare assolutamente irrilevanti ai fini del confronto tra il trattamento offerto ai crediti tributari e i trattamenti "offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore".
[119] 
Trib. Spezia, 14 gennaio 2021, con nota di G. Andreani e F. Cesare, Il voto espressamente negativo come presupposto del cram down fiscale, in Ilcaso.it, 2 marzo 2021. Negli stessi termini, ex multis, Trib. Venezia, 22 settembre 2021, con nota di M. Greggio e F. Greggio, Much ado about nothing: il cram down fiscale dopo la novella del D.L. 118/21 (Brevi considerazioni in nota a Tribunale di Venezia del 22 settembre 2021), in Ilcaso.it, 22 ottobre 2021. Ancora Trib. Rovigo 12 febbraio 2021, in Ilcaso.it; Trib. Pisa, 19 febbraio 2021, in www.dirittodellacrisi.it; Trib. Napoli 9 aprile 2021, in Dejure.it.
[120] 
Cass., Sez. Un., 25 marzo 2021, n. 8504, in www.dirittodellacrisi.it.
[121] 
Del medesimo avviso Trib. Pisa, 18 giugno 2021, cit e Trib. Milano 3 giugno 2021, Ilcaso.it.
[122] 
Art. 4, comma 1, Dir. Insolvency, tanto che il derivato art. 47, comma 1, lett. b), CCII “colloca l’obiettivo della conservazione dei valori aziendali, con un’espressione che inevitabilmente rimanda all’art. 1, d. lgs. n. 270/1999, dove si parla di “finalità conservative del patrimonio produttivo” ma non anche – e non pour cause – di soddisfazione dei creditori.” (S. Ambrosini, Brevi appunti sulla nuova “sintassi”, op. cit.).
[123] 
Così come anche negli Accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa, governati “dal maggioritario del 60%” - all’esito delle composizioni negoziate ex art. 23, comma 2, lett. b CCII, è ammissibile una libera distribuzione, a prescindere dai precetti di cui agli artt. 2740 e 2741 (oltre che degli artt. 1372 e 1411 c.c.), anche a carico del residuo “40%” non aderente, ove pure prelatizio (ovviamente ferma sempre restando la verifica di “non inferiorità” di cui all’art. 61, comma 2, lett. d) CCII).
[124] 
G. Ballerini, Le ricadute di diritto italiano della regola di non discriminazione, op. cit., 987 e ss., secondo cui il surplus da ristrutturazione è lo strumento per adeguare il piano alle esigenze e alle preferenze delle varie collettività di interessi. 
[125] 
Art. 2, comma 1, n. 6, Dir. Insolvency. 
[126] 
Art. 112, comma 3, CCII, emanato in ossequio all’art. 10 Dir. Insolvency:“ d) nel caso vi siano creditori dissenzienti, il piano di ristrutturazione superi la verifica del migliore soddisfacimento dei creditori. Il rispetto del primo comma, lettera d), è esaminato da un'autorità giudiziaria o amministrativa solo se il piano di ristrutturazione è stato contestato per tale motivo...”
[127] 
Norma, peculiare della sola fase di gravame, che introduce, di fatto, una nuova regola distributiva: quella ope iudicis o, semplicemente, “ridistributiva”, attraverso la finanza terza o i flussi della salvaguardata continuità. Sulle questioni processuali, cfr. R. D’Alonzo, La disciplina del procedimento unitario in sede di appello, in www.dirittodellacrisi.it, 23 giugno 2022, § 4. 
[128] 
Le RPR di cui agli artt. 84 e 88 CCII potranno coltivarsi in quanto risulti attestato “un trattamento non deteriore” ai sensi dell’art. 87, comma 3, CCII, articolo che peraltro forse va in qualche modo oltre, quasi ponendo un contrasto al proprio interno, allorché al secondo comma richiede che il debitore indichi “le ragioni per cui la proposta concordataria è preferibile rispetto alla liquidazione giudiziale”, non distinguendo, peraltro, tra diverse tipologie di concordato.
[129] 
Quantunque, anche al riguardo il nostro legislatore sia stato lessicalmente poliedrico, atteso che, mentre in taluni casi di quadri di ristrutturazioni “in continuità” ha, correttamente, parlato di “assenza di pregiudizio per i creditori”(art. 7 CCII, contrapponendo tale requisito con la necessità di quello della “convenienza per i creditori” al ricorrere delle altre tipologie di concordati preventivi) ovvero di “misura non inferiore rispetto alla liquidazione giudiziale”( art. 61 CCII ed analogamente art. 112 CCII) o ancora “trattamento non deteriore rispetto a quello che riceverebbe in caso di liquidazione giudiziale” (art. 87 CCII ed analogamente art. 88 CCII, in quest’ultimo caso ribadendo che in caso di altre tipologie di concordati non “in continuità” è richiesta sempre la “sussistenza della convenienza”), invece nell’art. 63, in tema sempre di transazione erariale negli ADR, viene ancora richiesta la verifica che il piano sia “conveniente rispetto all’alternativa liquidatoria”, quindi ove anche si tratti di un ADR in continuità aziendale. Deve anche aggiungersi che il requisito della “convenienza”, previsto ovunque per i concordati preventivi non in continuità aziendale, degrada a mera verifica della “non inferiorità” rispetto alla liquidazione giudiziale nel caso di opposizione all’omologazione di cui all’art. 112, comma 5, CCII (come invero già avviene nell’ipotesi di concordato semplificato di cui all’art. 25 sexies, comma 5, CCII).
[130] 
Tra l’altro, da parte di qualunque creditore dissenziente, ove pura appartenga ad una classe consenziente, mentre, nei concordati non in continuità, è sempre necessaria l’appartenenza ad una classe dissenziente o la titolarità pari ad almeno il 20% dei crediti ammessi al voto (art. 112, comma 5, CCII). 
[131] 
La relazione precisa che le disposizioni contenute nell’attuale comma 5 dell’art. 48, che consente l’omologazione degli accordi di ristrutturazione e del concordato preventivo anche in mancanza di adesione da parte dell’amministrazione finanziaria e degli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria, sono state eliminate dall’articolo 48 “per essere trasposte in due separate disposizioni: nell’articolo 63, comma 2-bis per gli accordi di ristrutturazione e nell’articolo 88, 2-bis, per il concordato preventivo”. Si segnala che la scelta di mantenere il c.d. test di convenienza d’ufficio, in ipotesi di mancata adesione determinante dei creditori fiscali e previdenziali, effettuata con entrambe tali ultime disposizioni (al cui testo è qui sufficiente fare rinvio), non appare in linea con la previsione dell’art. 10, § 2, comma 1, lett. d) e comma 2 della direttiva (che stabiliscono che il rispetto della verifica del “migliore soddisfacimento dei creditori” dissenzienti, è esaminato dall’autorità giudiziaria “solo se il piano di ristrutturazione è stato contestato per tale motivo”). Sebbene si comprendano le ragioni di tutela dei creditori pubblici sottese a tale scelta, il rispetto della direttiva impone di privilegiare soluzioni alternative alla verifica d’ufficio.” (Consiglio di Stato, parere n. 832 del 13 maggio 2022, cit.) in ICodiciDellaConcorsualità cit.
[132] 
Sul punto va ribadita la compatibilità del comma 2-bis rispetto alla direttiva, come anticipato in relazione all’articolo 63. Il dubbio sollevato dal Consiglio di Stato e dalla Commissione XIV della Camera riguarda il giudizio di convenienza che, secondo tale norma, il tribunale può compiere d’ufficio e che, secondo i predetti organi consultivi, sarebbe in contrasto con le disposizioni della direttiva sulla ristrutturazione trasversale che consentono l’opposizione solo per difetto di convenienza a determinate condizioni non consentendo il sindacato del giudice in assenza di domanda del creditore interessato. Il possibile contrasto sottolineato non sussiste in quanto l’incipit del comma 1 dell’articolo 88 chiarisce che la norma in questione contiene disposizioni applicabili ai concordati diversi da quello in continuità aziendale, per il quale valgono le regole di voto e di omologazione che possono sfociare nella ristrutturazione trasversale e nel giudizio di convenienza su domanda del creditore” (Relazione legis al D.Lgs. n. 83/2022), pur se può nutrirsi qualche dubbio su una tale ricostruzione, visto che l’incipit citato del comma 1 richiama il solo comma 2 - ma non anche l’unico pertinente in proposito e cioè il comma 3 - dell’art. 112 CCII.
[133] 
Così teme anche S. Ambrosini, Il codice della crisi dopo il Dlgs. n. 83 /2022. La nozione di crisi, la gestione dell'impresa e il concordato preventivo, in DirittoFallimentareSocieta.it, 14 luglio 2022; M. Fabiani, La nomenclatura delle procedure concorsuali e le operazioni di ristrutturazione, in Il Fall., 2018, 296 e ss.
[134] 
In questi specifici termini, P. Vella, La spinta innovativa dei quadri di ristrutturazione preventiva op. cit., 7, secondo cui risulta evidente il processo di osmosi tra le procedure di ristrutturazione dove la continuità è “un valore-mezzo” e quelle in cui è “un valore-fine”. Cfr. anche L. De Simone, Le autorizzazioni giudiziali, in www.dirittodellacrisi.it, 9 dicembre 2021, 14, secondo cui la continuità dell’attività di impresa non potrà mai essere avulsa dalla tutela del credito tanto che i due piani devono essere oggetto di coordinamento giudiziale. 

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Modalità del trattamento - Ai sensi e per gli effetti degli artt. 12 e ss. del GDPR, i dati personali degli interessati saranno registrati, trattati e conservati presso gli archivi elettronici delle Società, adottando misure tecniche e organizzative volte alla tutela dei dati stessi. Il trattamento dei dati personali degli interessati può consistere in qualunque operazione o complesso di operazioni tra quelle indicate all' art. 4, comma 1, punto 2 del GDPR.

Comunicazione e diffusione - I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati, intendendosi con tale termine il darne conoscenza ad uno o più soggetti determinati, dalla Società a terzi per dare attuazione a tutti i necessari adempimenti di legge. In particolare i dati personali dell’interessato potranno essere comunicati a Enti o Uffici Pubblici o autorità di controllo in funzione degli obblighi di legge.

I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati nei seguenti termini:

  • - a soggetti che possono accedere ai dati in forza di disposizione di legge, di regolamento o di normativa comunitaria, nei limiti previsti da tali norme;
  • - a soggetti che hanno necessità di accedere ai dati per finalità ausiliare al rapporto che intercorre tra l’interessato e la Società, nei limiti strettamente necessari per svolgere i compiti ausiliari.

Diritti dell’interessato - Ai sensi degli artt. 15 e ss GDPR, l’interessato potrà esercitare i seguenti diritti:

  • 1. accesso: conferma o meno che sia in corso un trattamento dei dati personali dell’interessato e diritto di accesso agli stessi; non è possibile rispondere a richieste manifestamente infondate, eccessive o ripetitive;
  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
  • 5. portabilità: spostare, copiare o trasferire i dati dai database delle Società a terzi. Questo vale solo per i dati forniti dall’interessato per l’esecuzione di un contratto o per i quali è stato fornito consenso e espresso e il trattamento viene eseguito con mezzi automatizzati;
  • 6. opposizione al marketing diretto;
  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

Dati di contatto - Società per lo studio del diritto della crisi con sede in via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN); email: ssdirittodellacrisi@gmail.com.

Responsabile della protezione dei dati - Il Responsabile della protezione dei dati non è stato nominato perché non ricorrono i presupposti di cui all’art 37 del Regolamento (UE) 2016/679.

Il TITOLARE

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Società per lo studio del diritto della crisi

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