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Saggio

Il (non)senso di una norma: l’art. 110, primo comma, L. fall. dopo la sua ultima riforma*

Giuseppe Bozza, già Presidente del Tribunale di Vicenza

18 Marzo 2021

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
L’Autore passa in rassegna la parte del primo comma dell’art. 110 L. Fall. introdotta nel 2016, raffigurando, in primo luogo, la situazione precedente, per poi passare all’esame della nuova normativa, composta da due periodi, scrutati distintamente nei risvolti più profondi, evidenziandone pregi (pochi) e difetti (tanti), per poi cercare una composizione unitaria, in cui fa sommessamente capolino anche qualche proposta correttiva. Il meccanismo introdotto ha una sua attualità anche in ottica futura in quanto è stato pari pari riprodotto nel CCII.
Riproduzione riservata
1 . Introduzione
Il 3 luglio 2016 è entrata in vigore la legge 30 giugno 2016, n. 119 di conversione del D.L. 3 maggio 2016, n. 59, che ha apportato significative modifiche all’art. 110 L. fall. introducendo due nuovi periodi alla fine del primo comma e altrettanti alla fine del quarto comma, al dichiarato scopo di velocizzare la procedura di riparto attraverso il superamento degli ostacoli rappresentati dalle impugnazioni allo stato passivo e, così, accelerare l’iter di chiusura dei fallimenti.
Immediatamente [1] sono emersi i problemi  di comprendere il significato delle nuove norme, di valutare la compatibilità del loro innesto nel tessuto preesistente, di sondare il rapporto con l’art. 113 L. fall., e di controllare se lo scopo che il legislatore si prefiggeva è stato raggiunto, ed è quello che il presente scritto si propone di fare; tuttavia, una verifica del genere richiede una preliminare indagine  circa il rapporto tra riparti e impugnazioni dello stato passivo antecedentemente all’entrata in vigore della modifica citata, per meglio capire il presente e anche il futuro, posto che le innovazioni del 2016 sono state riprese dall’art. 220 CCII.
Tale rapporto riguarda tutte le impugnazioni dello stato passivo di cui all’art. 98 (opposizione, impugnazione in senso stretto, revocazione) ma, anche per semplicità espositiva, si farà riferimento alle opposizioni, fermo restando che quanto viene detto va applicato, con i dovuti adattamenti, anche alle altre forme di impugnazione dello stato passivo.
2 . La partecipazione ai riparti dei creditori opponenti prima dell’intervento legislativo del 2016
Stante il rapporto di vincolatività che lega il riparto alle risultanze dello stato passivo, secondo cui possono partecipare alla ripartizione soltanto i creditori che risultano dallo stato passivo dichiarato esecutivo, era pacifico, prima dell’intervento del 2016, che non partecipavano ai riparti i creditori esclusi dal passivo, benché avessero proposto opposizione.
Non contrastava con questa conclusione la previsione del secondo comma dell’art. 110 L. fall., per il quale la comunicazione del deposito del progetto di ripartizione in cancelleria e l’invio di copia del medesimo va fatta a tutti i creditori, “compresi quelli per i quali è in corso uno dei giudizi di cui all'articolo 98”. Benché la norma faccia riferimento a tutti i giudizi di cui all'articolo 98”,  è chiaro che il tema della comunicazione e trasmissione del progetto di riparto riguarda prevalentemente, se non esclusivamente, le opposizioni allo stato passivo, sia perché questa è l’ipotesi di impugnazione dello stato passivo più ricorrente,  sia perché è quella che, sotto il profilo in esame, presenta aspetti di criticità, giacché i creditori oggetto di impugnazione o di revocazione, in quanto inseriti nello stato passivo, hanno un interesse attuale a contestare il progetto di riparto ove lo ritengano lesivo della propria posizione, cui è finalizzata la comunicazione del deposito del progetto.
Gli opponenti, invece, sono esclusi (totalmente o parzialmente), dallo stato passivo e la comunicazione a costoro dell’avvenuto deposito del progetto di riparto, al quale non hanno diritto a partecipare (per la parte esclusa), si giustificava in quanto essi erano comunque interessati a proporre reclamo contro il progetto di riparto nell’ottica dell’accoglimento della loro opposizione[2]. In sostanza la comunicazione ai creditori opponenti di cui al secondo comma dell’art. 110 era funzionale alla presentazione di reclami al progetto stesso, cui erano e sono legittimati tutti i creditori che possono avervi interesse, e tra i quali sicuramente rientrano gli opponenti per la possibilità che la loro impugnazione sia accolta, anche se, al momento, quei creditori non partecipano o non possono partecipare al riparto reclamato.
Né la partecipazione ai riparti dei creditori opponenti poteva farsi discendere dalla previsione dell’art. 113 giacché questa norma, non toccata dalla mini riforma del 2016, prende sì in considerazione anche gli opponenti tra coloro che possono partecipare ai riparti seppur con accantonamenti, ma non prevede accantonamenti in favore di tutti coloro che abbiano proposto opposizione allo stato passivo, bensì solo in favore dei creditori opponenti che abbiano ottenuto misure cautelari e degli opponenti che abbiano ottenuto “sentenza”[3] favorevole non passata in giudicato.
In proposito, è appena il caso di ricordare che, a norma dell’art. 113 L. fall. - anche questo ripreso integralmente nel nuovo codice della crisi e dell’impresa, all’art. 227- le ripartizioni parziali non possono superare l’80% delle somme da ripartire, e tale percentuale indica, per differenza, l’accantonamento minimo, vincolante per gli organi del Fallimento, i quali nel fissare la somma da distribuire possono, quindi, prudentemente accantonare una quota superiore a quella minima del 20%, ma non possono scendere al di sotto della stessa; di contro, non è ravvisabile un diritto dei creditori ad ottenere la riduzione della somma ripartibile superiore al minimo  o un incremento della correlativa somma minima da accantonare. Questo è il c.d. accantonamento generico che consiste, non in un deposito della somma a favore di determinati soggetti, ma nel divieto di ripartizione di una somma corrispondente alla percentuale minima indicata o a quella maggiore scelta dal curatore al fine di assicurare il pagamento delle spese future, intese nel senso più ampio.
Diversi da questo generico accantonamento, sono quelli in favore delle quattro categorie di creditori elencate nello stesso articolo, perché questi sono accantonamenti specifici in favore di singoli creditori che sono compresi nel riparto ma hanno una posizione creditoria ancora non definitivamente acclarata; in attesa che ciò avvenga,  costoro hanno diritto, non  al pagamento della somma che loro spetterebbe, ma all’accantonamento per l’importo corrispondente, su cui, quindi, si crea un vincolo di destinazione in favore dei creditori beneficiari, che ne potranno ottenere il pagamento al momento del venir meno dell’impedimento che non ne aveva consentito il pagamento al momento del riparto[4]. Attraverso questa operazione- mediante la quale determinate somme, benché ripartibili, non vengono distribuite in quanto l’attribuzione è posticipata ad un momento successivo-, si garantisce, in attesa della definizione della posizione dei creditori interessati, quel pagamento cui il creditore avrebbe diritto in sede fallimentare, senza contestualmente bloccare il riparto in favore degli altri creditori aventi diritto, così attuando un giusto bilanciamento delle due opposte esigenze.
Le categorie di creditori aventi diritto all’accantonamento specifico sono quelle quattro indicate al primo comma dell’art. 113, tra cui sono compresi, come già accennato, non tutti i creditori che abbiano proposto opposizione allo stato passivo, bensì soltanto quelli a favore dei quali sono state disposte misure cautelari (n. 2) e quelli “la cui domanda è stata accolta quando la sentenza non è passata in giudicato” (n. 3). Non interessa in questa sede ricercare il significato di queste previsioni, quanto sottolineare che sono queste due situazioni- circoscritte alle ipotesi in cui il creditore opponente abbia già ottenuto un provvedimento positivo, sebbene non ancora definitivo, o comunque il suo credito sia stato valutato, seppur sotto il profilo del fumus - a giustificare la partecipazione di costoro ai riparti, seppur la somma ad essi spettante viene accantonata[5], per cui da tale previsione non poteva, né può, trarsi una regola generale valida per tutti gli opponenti
Secondo la normativa dell’epoca, quindi, non vi era coincidenza tra i creditori che potevano proporre reclamo avverso il progetto di riparto- e allo scopo, avevano diritto alla comunicazione del deposito del progetto e alla trasmissione dello stesso- e i creditori che avevano diritto a partecipare a questo. 
I soggetti che potevano partecipare ai riparti, a causa del già accennato rapporto di vincolatività che lega il riparto alle risultanze dello stato passivo, erano i creditori concorrenti, ossia i creditori che risultano dallo stato passivo dichiarato esecutivo, nel mentre non potevano parteciparvi i creditori esclusi dal passivo, benché avessero proposto opposizione, con le eccezioni di cui ai nn. 2 e 3 dell’art. 113. Legittimati a proporre reclamo avverso il progetto di riparto erano, invece, anche gli opponenti, senza limitazioni, tanto che questi erano destinatari della comunicazione e dell’invio del progetto di riparto per il fatto che potevano avere interesse al riparto nella prospettiva che la loro impugnazione fosse accolta, anche se, al momento, quei creditori non partecipavano o non potevano partecipare al riparto reclamato.
In sostanza, pur dopo la riforma del 2006/2007 e fino all’intervento del 2016, poteva ritenersi ancora valido il precedente orientamento della S.C.  secondo cui il creditore non ammesso al passivo, “pur potendo, come ogni altro interessato, presentare osservazioni al piano di riparto (facoltà all’epoca prevista) e potendo giovarsi dell'accantonamento generico e di quegli altri che il giudice delegato può disporre prudenzialmente nei casi previsti dall’art. 113, non ha tuttavia diritto ad un accantonamento specifico, né è consentita, per il carattere tassativo delle sue previsioni, un'applicazione dell'art. 113 L. Fall. che, in analogia, estenda la previsione di accantonamento ai crediti non ammessi”[6]. Ed è significativo in queste decisioni il riferimento alla possibilità per l’opponente di giovarsi dell’accantonamento generico, giacché richiama una prassi diffusa, secondo la quale i curatori utilizzavano la discrezionalità loro lasciata di determinare l’ammontare dell’accantonamento generico oltre il minimo per non bloccare le ripartizione delle liquidità disponibili e contestualmente garantire i creditori opponenti in caso di vittoria.
Non vi è dubbio che, in questo sistema, i creditori opponenti- diversi da quelli aventi diritto all’accantonamento specifico- fossero fortemente penalizzati in quanto potevano sì proporre reclamo avverso il progetto di reclamo, ma di fatto, come è stato correttamente sottolineato[7], potevano fare esclusivamente affidamento sulla discrezionalità del curatore nella determinazione dell'accantonamento generico, senza alcuna possibilità di difesa ove il curatore non avesse tenuto conto delle loro pretese nella determinazione delle somme non distribuibili in mancanza di un diritto a pretendere un adeguato accantonamento a propria tutela, con conseguente inutilizzabilità del reclamo ex art. 36 L. Fall. proponibile solo per violazione di legge; sicché, in assenza di un adeguato accantonamento generico, il credito dell’opponente riconosciuto dal giudice dell’opposizione avrebbero potuto trovare capienza solo sull’attivo residuato dopo i riparti nel frattempo eseguiti, essendo intoccabili le attribuzioni già effettuate in favore degli altri creditori a norma dell’art. 114 L. fall.. Ed, infatti, si ammetteva la possibilità della chiusura del Fallimento in pendenza del giudizio di opposizione, con diversa interpretazione circa la sorte di quest’ultimo, se improcedibile[8] o riassumibile (dopo la interruzione) nei confronti del debitore tornato in bonis, o da lui proseguito, al fine di giungere all'accertamento giudiziale sull'esistenza[9].
Tra i destinatari della comunicazione e della trasmissione del progetto di riparto, l’art. 110 non considera i creditori tardivi, la domanda dei quali non sia stata ancora esaminata dal giudice delegato, con la relativa conseguenza della mancanza di legittimazione di costoro (a differenza degli opponenti) ad impugnare il progetto di riparto nel quale non sono inclusi; il creditore tardivo, la cui domanda  sia stata, invece, esaminata e ammessa al passivo, rientra tra i destinatari di cui all’art. 110 e quello tardivo, la cui domanda  sia stata esaminata e respinta, rientra tra i destinatari di cui all’art. 110 qualora abbia proposto opposizione allo stato passivo.
E’ stata sottolineata[10] la discrasia che si è creata non prevedendosi, da un lato, la comunicazione a chi ha presentato una domanda di insinuazione tardiva, sebbene non ancora esaminata, che non è tra i destinatari dell’avviso di cui al comma 2 dell’art. 110 e non è, quindi, legittimato al reclamo, e disponendosi, dall’altro, la comunicazione ai creditori opponenti, per i quali non solo manca una pronuncia che riconosca i loro diritti (come per i tardivi), ma vi è stato anzi un accertamento negativo. Tanto ha indotto alcuni Autori a ritenere che comunque la comunicazione dell’avvenuto deposito e la trasmissione di copia del progetto vadano fatte anche ai creditori tardivi facendo leva sul richiamo del comma 2 dell’art. 101 anche all’art. 98 L. fall.[11], o su ragioni di equità e coerenza sistematica[12].
Non è questa  la sede per vagliare queste considerazioni intendendo, in questo momento, solo rappresentare la situazione preesistente alla mini riforma del 2016;  mi limito, pertanto,  a prendere atto che il legislatore ha limitato la legittimazione all’impugnazione dei progetti di riparto ai soli creditori sulle domande dei quali- sia essa presentata in via tempestiva che tardiva- il giudice abbia preso una decisione e che, ove il provvedimento del giudice sia stato negativo, i creditori abbiano proposto opposizione allo stato passivo, ritenendo, evidentemente, che soltanto chi è stato già ammesso al passivo o può conseguire, con l’accoglimento del gravame, una collocazione anteriormente negatagli o una collocazione migliore rispetto a quella precedentemente attribuitagli, possa essere considerato interessato alle risultanze del rimedio avverso il progetto di riparto, al punto da consentirgli di reclamare il progetto per lui lesivo, nel mentre il creditore tardivo, la cui domanda non sia stata ancora esaminata, è equiparabile al creditore non ancora insinuato.
L’art. 110 non prende in considerazione neanche i crediti prededucibili in quanto questi, se sorti nel corso del. Fallimento e se sono liquidi, esigibili e non contestati per collocazione e per ammontare, vanno soddisfatti ai di fuori del procedimento di riparto, previa autorizzazione del comitato dei creditori o del giudice delegato e  sempre che l'attivo sia  presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i titolari di tali crediti (art. 111-bis L. fall.), nel mentre, ove siano contestati, sono soggetti ad accertamento (tranne quelli sorti a seguito di provvedimenti di liquidazione di compensi) e, quindi, vanno soddisfatti tramite ripartizione secondo le regole ordinarie applicabili ai crediti concorsuali.
3 . La partecipazione ai riparti dei creditori opponenti dopo l’intervento legislativo del 2016. Aspetti positivi
Quella sommariamente descritta era la situazione normativa quando è intervenuta la legge n. 119 del 2016, che ha introdotto nel primo comma dell’art. 110 due periodi, che vanno esaminati distintamente, per poi essere conclusivamente ricomposti.
Il primo è del seguente tenore: “Nel caso in cui siano in corso giudizi di cui all’art. 98, il curatore, nel progetto di ripartizione di cui al presente comma indica, per ciascun creditore, le somme immediatamente ripartibili nonché le somme ripartibili previo rilascio in favore della procedura di una fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, rilasciata da uno dei soggetti di cui all’art. 574, primo comma, secondo periodo, del codice di procedura civile, idonea a garantire la restituzione alla procedura di somme che risultino ripartite in eccesso, anche in forza di provvedimenti provvisoriamente esecutivi resi nell’ambito dei giudizi di cui all’art. 98, oltre interessi, al tasso applicato dalla Banca Centrale Europea alle sue più recenti operazioni di rifinanziamento principali, a decorrere dal pagamento e sino all’effettiva restituzione”. 
Come si vede la nuova fattispecie normativa è estesa anch’essa a tutte le ipotesi di impugnazione dello stato passivo, anche se, come già detto, il campo di elezione naturale e quasi esclusivo è quello delle opposizioni, cui si continuerà, pertanto a fare riferimento. Orbene nell’ipotesi in cui sia in corso un giudizio di opposizione allo stato passivo,  la norma precisa che il curatore, nel progetto di ripartizione “indica, per ciascun creditore, le somme immediatamente ripartibili nonché le somme ripartibili previo rilascio” di una fideiussione che abbia le caratteristiche sopra riportate; espressione non felice, ma che verosimilmente vuol dire che, qualora al momento del riparto siano pendenti cause di opposizione allo stato passivo, il curatore, oltre ad assegnare le somme disponibili ai creditori ammessi e che ne hanno diritto, (le somme, cioè, immediatamente ripartibili per ciascun creditore), può inserire nel riparto, a differenza di quanto accadeva in precedenza, anche i creditori opponenti, purché rilascino una fideiussione avente le caratteristiche indicate, che offrono sufficienti garanzie di recupero della somma corrisposta in caso di rigetto dell’opposizione.
La nuova norma contribuisce a rendere più coerente l’obbligo di comunicazione e trasmissione di cui al primo comma dell’art. 110 L. fall. anche ai creditori opponenti, posto che, come già accennato, in passato, la comunicazione anche a questa categoria di creditori dell’avvenuto deposito del progetto, era finalizzata alla sola presentazione di reclami nell’ottica dell’esito favorevole del giudizio di opposizione; la modifica dell’art. 110 L. Fall. nel 2016, consentendo la partecipazione dei creditori opponenti al riparto, seppur previo rilascio di fideiussione, riconosce tangibilmente l’interesse del creditore la cui posizione non è ancora definita. 
Inoltre la nuova norma ben si concilia con le previsioni di cui ai nn. 2 e 3 dell’art. 113 L. fall. sugli accantonamenti, nel senso che, quando ricorrono le condizioni per gli accantonamenti, il curatore deve provvedere a farli, ma, in alternativa, potrebbe corrispondere immediatamente la somma dovuta, evitando l’accantonamento, ove il creditore rilasci la fideiussione. Egualmente si concilia con il n. 4 dell’art 113 L. fall. per il caso che il credito ammesso sia oggetto di impugnazione o revocazione, dato che anche in questo caso, l’accantonamento potrebbe essere sostituito dalla fideiussione[13]. 
Non vi è, quindi, incompatibilità tra il nuovo art. 110 e l’art. 113, ma, al contrario, si attua un doppio rafforzamento della tutela degli opponenti. Questi, infatti, come detto, prima della innovazione legislativa di cui si sta parlando, non partecipavano ai riparti, a meno che non ricorressero le condizioni di cui ai nn. 2 e 3 dell’art. 113, con il rischio di non trovare capienza, all’esito del giudizio di opposizione favorevole, sull’attivo residuo, vigendo il principio della intangibilità delle ripartizioni già effettuate sancito dall’art. 114; ora invece tutti i creditori opponenti possono partecipare ai riparti rilasciando la fideiussione. 
Rafforza, altresì, la posizione anche dei creditori opponenti per i quali sia stato o possa essere disposto l’accantonamento specifico, i quali, rilasciando la fideiussione, possono ottenere l’immediata percezione della somma spettante anziché attendere l’esito del giudizio di opposizione, in quanto l’accantonamento e il rilascio della fideiussione operano in posizione di alternatività, come, peraltro, espressamente riconosciuta dal legislatore della mini riforma, lì dove si dice che la fideiussione deve essere “idonea a garantire la restituzione alla procedura di somme che risultino ripartite in eccesso, anche in forza di provvedimenti provvisoriamente esecutivi resi nell’ambito dei giudizi di cui all’art. 98, oltre interessi…”, che è appunto la fattispecie per la quale il n. 3 del primo comma dell’art. 113 prevede l’accantonamento. E’ evidente che, se il creditore opponente che abbia ottenuto un decreto di ammissione non ancora definitivo, non potesse, in alternativa all’accantonamento previsto dall’art. 113, essere pagato rilasciando una fideiussione che abbia le caratteristiche indicate, sarebbe priva di senso la previsione che la garanzia deve essere idonea a garantire la restituzione di tutte le somme ripartite in eccesso “anche in forza di provvedimenti provvisoriamente esecutivi resi nell’ambito dei giudizi di cui all’art. 98”.
Posto che, come detto, nel progetto di riparto possono essere utilmente collocati anche i creditori opponenti ex art. 98, a condizione che rilascino la fideiussione con le caratteristiche precisate dalla norma, questa avrebbe dovuto indicare l’iter procedurale da seguire per pervenire al rilascio di tale fideiussione, nel mentre la norma tace completamente su un punto di capitale importanza, che già di per sé, rischia di vanificare la spinta propulsiva della innovazione. 
Invero, non potendo il creditore opponente sapere quando verrà predisposto un progetto di riparto, si deve immaginare che sia il curatore, in vista di un riparto, a dover chiedere ai creditori opponenti se intendano rilasciare la fideiussione con le caratteristiche indicata dalla norma in esame e, in caso di risposta affermativa, attendere i tempi necessari per il rilascio della fideiussione, il cui ottenimento non è, evidentemente, immediato ed è anche oneroso; probabilmente il curatore potrà porre un termine congruo, secondo la prassi bancaria, per il rilascio della fideiussione, avvertendo che, in mancanza della consegna della garanzia  nel termine indicato, procederà alla presentazione del progetto di riparto, altrimenti si penalizzano gli altri creditori. Ovviamente, data la carenza normativa sul punto, non è prevista neanche una specifica sanzione in caso di mancato interpello, ma, posto che per legge il creditore opponente può partecipare al riparto previo rilascio di fideiussione, è logico presumere che questi possa proporre reclamo avverso il progetto di riparto ove non sia stato messo in condizione di fornire la garanzia per mancato interpello o per la concessione di un termine non congruo. In ogni caso questo sistema non aiuta certo la celerità dell’andamento del procedimento di ripartizione e dell’intera procedura di liquidazione giudiziale.
Fatto l’interpello, il quadro ricostruibile alla luce della prima parte della nuova norma è il seguente: in caso di risposta positiva e di rilascio della fideiussione, il creditore opponente viene incluso nel riparto e percepisce quanto gli compete, essendo la restituzione garantita[14]; in caso di risposta negativa, il curatore procede alla presentazione del progetto di riparto, senza includervi il creditore opponente che ha rifiutato il rilascio della fideiussione, a meno che non sia un creditore che abbia diritto ad accantonamento, ai sensi dei nn. 2 e 3 dell’art. 113, nel qual caso come detto, il creditore ha diritto a partecipare al concorso sostanziale, ma non riceve la somma attribuitagli, che viene accantonata.
In questo modo, a parte le carenze operative accennate, si potrebbe dire che la nuova norma, per la parte fin qui esaminata, avrebbe raggiunto il pregevole risultato: 
a - di tutelare i creditori opponenti non aventi diritto all’accantonamento permettendo loro di partecipare al riparto, senza dover attendere i tempi del giudizio di opposizione e senza bisogno di affidarsi alla discrezionalità del curatore di garantirli attraverso l’ampliamento dell’accantonamento generico;
b - di ridurre le immobilizzazioni per accantonamenti specifici in favore dei creditori opponenti che ne hanno diritto ai sensi dei nn. 2 e 3 dell’art.113, potendo sostituire gli stessi con il rilascio di una fideiussione; 
c - di liberare il curatore dall’imbarazzo di procedere al riparto in pendenza di una opposizione che potrebbe incidere pesantemente sulla distribuzione, in quanto, se il creditore rilascia la fideiussione, questa garantisce la restituzione nel caso di esisto negativo del giudizio di opposizione, e se il creditore non rilascia la fideiussione, non può lamentarsi se il curatore procede al riparto dovendo ascrivere a sé l’eventuale impossibilità di soddisfarsi in caso di esito favorevole dell’opposizione, 
d - di venire incontro all’interesse degli altri creditori che hanno diritto di partecipare al riparto in quanto il curatore, liberato dal peso dell’esito del giudizio di opposizione, sia o non rilasciata da parte del creditore opponente la fideiussione richiesta, può procedere a predisporre i riparti parziali.
4 . La partecipazione ai riparti dei creditori opponenti dopo l’intervento legislativo del 2016. Aspetti negativi e tentativi di rimedi
Ai tanti aspetti positivi appena enunciati si contrappone, tuttavia, un dato negativo di non poca entità e, cioè, che il meccanismo ideato ha in sé il germe della disparità di trattamento, che è facile da identificare nel caso di più creditori opponenti di identica collocazione, dei quali uno solo, in presenza di un attivo insufficiente a soddisfarli tutti, rilasci la fideiussione; in tal caso, infatti, chi ha rilasciato la fideiussione  partecipa al riparto ricevendo quanto dovuto, che dovrà restituire solo in caso di insuccesso nel giudizio di opposizione e che, invece, tratterrà definitivamente, per effetto della stabilità dei riparti fissata dall’art. 114 L. Fall., in  caso di vittoria, riducendo l’attivo disponibile per gli altri creditori opponenti collocati nella stessa posizione, nel caso che anch’essi vedano accolta la propria opposizione[15].
Per ovviare a questa disparità il Tribunale di Modena[16] ha ritenuto che il legislatore del 2016 abbia voluto introdurre un obbligo di accantonamento generico in favore di coloro che abbiano anche soltanto un giudizio di opposizione in corso in primo grado e ciò a prescindere da ogni delibazione circa la fondatezza o meno della loro pretesa. Secondo il Tribunale modenese, infatti, “il creditore opponente non è più titolare di un'aspettativa di mero fatto, ma di un vero e proprio diritto all'accantonamento, seppure nelle forme attenuate della capienza dell'accantonamento meramente contabile o generico (che, per inciso, diversamente da quello specifico di cui al n. 3) dell'art. 113 L. Fall. deve essere distribuito in caso di riparto finale - cfr. art. 117 commi 1 e 2 L. fall.)”. 
Tentativo apprezzabile, ma poco riuscito perché la soluzione proposta:
a - non trova alcun sostegno normativo. Il Tribunale modenese deduce tale obbligo dalla seconda parte della norma, di cui si dirà in prosieguo, sulla base di una conseguenzialità abbastanza oscura. E’ vero, infatti, che “i creditori concorrenti che sarebbero postergati rispetto a quelli opponenti (non solo gli opponenti con diritto all'accantonamento specifico, ma anche agli opponenti tout court, qualora le somme da ripartire non fossero sufficienti a pagare sia loro che gli opponenti), non avrebbero diritto al pagamento e potrebbero ottenerlo solo prestando la fideiussione per la restituzione (evidentemente a favore degli opponenti qualora questi risultassero definitivamente vittoriosi)”, ma non si vede perché “se così è, si deve allora ritenere che il legislatore (non si sa quanto consapevolmente, dato il mancato coordinamento con l'art. 113 L. fall.) abbia voluto introdurre un obbligo di accantonamento….”.
Il fatto è che il primo comma dell’art. 113, pur dopo la mini riforma del 2016, continua a prevedere che le ripartizioni parziali non possono superare l’80% delle somme da ripartire mantenendo come obbligatorio solo l’accantonamento minimo del 20% e né il primo periodo- che al momento si sta esaminando- né il secondo- di cui si dirà- del nuovo testo del primo comma dell’art. 110 interferiscono sui limiti dell’accantonamento obbligatorio dettato dall’art. 113 estendendone l’obbligatorietà ad un livello superiore o comunque tale da garantire la utile partecipazione ai riparti dei creditori opponenti. Le nuove previsioni, innestate in questo sistema che attribuisce al curatore la facoltà discrezionale di procedere ad un accantonamento superiore al minimo, che, come detto, veniva utilizzato anche per tutelare i creditori opponenti in attesa della definizione del giudizio, hanno introdotto un diverso mezzo di tutela di tali creditori, proprio per raggiungere lo stesso risultato senza immobilizzazione delle liquidità, per cui non si vede come quella facoltà discrezionale, invece di ridursi, venga addirittura trasformata in obbligo. E, in mancanza della prova di un obbligo all’accantonamento, perde consistenza l’affermazione che oggi il creditore opponente non è più titolare di un'aspettativa di mero fatto, ma di un vero e proprio diritto all'accantonamento.
b  - Finisce per disapplicare la disposizione legislativa che, a favore dei creditori opponenti, ha previsto, non l’incremento dell’accantonamento generico (fattibile anche prima della modifica del 2016), ma il rilascio di una fideiussione con caratteristiche ben definite, che dà diritto a costoro di partecipare al riparto e percepire il relativo importo attribuito in attesa dell’esito del giudizio di opposizione. Ed, infatti, nella fattispecie esaminata dal Tribunale modenese è stata completamente disapplicata la nuova normativa di cui all’art. 110 L. Fall. dal momento che al creditore opponente che chiedeva il riconoscimento della prededuzione al credito ammesso con il privilegio ex art 2751 bis n. 2 c.c. e che aveva rilasciata la fideiussione di legge, è stato negato il diritto di percepire l’intero importo del credito in quanto la somma dovuta a costui andava accantonata a tutela anche di altri creditori opponenti di pari grado (altri professionisti ammessi col medesimo privilegio e che rivendicavano anch’essi la prededuzione), ma che non avevano rilasciato la fideiussione; di conseguenza, nel provvedimento di cui si parla, si dispone che al creditore opponente che aveva rilasciato la fideiussione di legge  “potrà essere esclusivamente assegnata nel riparto de quo una somma calcolata su quanto ripartibile …. in proporzione al proprio credito e tenuto conto dei diritti dei creditori nella medesima situazione giuridica e non tutelati da accantonamenti già previsti”.
In tal modo si produce un duplice effetto contrastante con la nuova normativa:
b.1 - si equipara, sia quanto a tutela che ad entità del pagamento, gli opponenti che hanno dato fideiussione a quelli che hanno preferito non rilasciarla, in dispregio delle nuove disposizioni. Esclusa, invece, l’esistenza di un obbligo di accantonamento  in favore degli altri opponenti restii a dare la garanzia, il creditore opponente che rilascia la fideiussione ha diritto, alla luce della innovazione di cui si sta parlando, a partecipare al riparto per l’intero suo credito, di cui ha garantito la restituzione, e ad ottenerne il pagamento in base alle disponibilità che l’attivo consente in relazione ai concorrenti partecipanti[17]; il legislatore, infatti, si è preoccupato esclusivamente di  tutelare gli altri creditori per il caso che l’opponente non abbia diritto a trattenere la somma ricevuta a causa dell’esito negativo del giudizio. Certo rimane ancora la facoltà (non l’obbligo) del curatore di ampliare la quota dell’accantonamento generico, ma diventa più arduo giustificarlo con la necessità di tutelare gli altri creditori, come in passato, proprio perché il legislatore ha introdotto un diverso mezzo di tutela di tali creditori, che è la fideiussione.
b.2 - Si vanifica il rilascio della fideiussione. Se, infatti, diventa obbligatorio l’accantonamento per soddisfare i creditori opponenti, nessun creditore opponente ha interesse a rilasciare la fideiussione dal momento che quelli tra essi che non l’hanno rilasciata vengono tutelati allo stesso modo di chi ha sopportato la spesa per ottenere la garanzia; a questo punto, il creditore opponente che sa di percepire lo stesso importo che percepirebbe anche senza rilasciare la fideiussione[18], si sobbarca al rischio di reperire una fideiussione con le caratteristiche indicate solo se ha necessità urgente di disporre di liquidità, snaturando la finalità della legge. La funzione della nuova norma è  sì quella di anticipare la distribuzione delle liquidità fallimentari, ma allo scopo di favorire la distribuzione della somme disponibili e accelerare la chiusura delle procedure fallimentari; in questa ottica è stato consentito ai creditori opponenti di anticipare la partecipazione ai riparti senza dover attendere fino all’esito del giudizio, previo rilascio, a garanzia della restituzione in caso di esito negativo dell’opposizione, di una fideiussione con le caratteristiche richieste, e non al fine di offrire a costoro uno strumento di finanziamento, più facilmente ottenibile secondo le tradizionali trafile bancarie, per sopperire ad esigenze di liquidità[19].
E’ chiaro che il sistema ideato dal legislatore va incontro al rischio della disparità di trattamento, ma per ovviare a questo disagio l’interprete  non può fare ricorso ad una interpretazione abrogans in quanto non ricorre una irriducibile contraddizione fra due norme (al contrario, come visto, ben si concilia il periodo nuovo in esame con l’art. 113), ma si registra un inconveniente, di cui, probabilmente il legislatore non si è reso conto, ma che potrebbe anche aver  considerato; nel senso che, quando ha sostituito alla funzione svolta nella prassi dal meccanismo dell’accantonamento generico a tutela dei creditori opponenti, il rilascio di una  fideiussione, ha lasciato alla libertà dei creditori opponenti (e degli altri indicati dalla norma) ricorrere a tale mezzo, per cui il creditore opponente che offre la garanzia di legge ha diritto a partecipare al riparto e quello che sceglie di non farlo non può avere eguale diritto, sapendo che è tutelato relativamente dai futuri sviluppi dei giudizi di opposizione in corso. 
Né, inoltre, per cercare di ricondurre a sintesi le diverse esigenze che sottostanno a questo affrettato intervento legislativo, si potrebbe sostenere che quando la legge parla di  fideiussione “idonea a garantire la restituzione alla procedura delle somme che risultino ripartite in eccesso”, tra queste “ripartite in eccesso” siano da intendere non solo le somme che il beneficiario non avrebbe diritto a trattenere in base all’esito del giudizio di opposizione, ma anche quelle la cui definitiva acquisizione in ragione della vittoria nel giudizio di opposizione altererebbe la parità di trattamento con altri creditori.
L’equità di una tale lettura della norma si scontra, in primo luogo,  con la chiara finalità della stessa, diretta a tutelare i creditori opponenti in attesa dell’esito dell’opposizione, per cui l’eccessività della ripartizione non può che essere collegata all’esito del gravame; come, del resto, chiaramente esplicitato, nel nuovo secondo periodo, ove  si tratta della fideiussione dei creditori (non opponenti) che avrebbero diritto alla ripartizione delle somme in caso di  insussistenza, in tutto o in parte,  del credito oggetto di controversia a norma dell’art. 98, che riguarda appunto (anche) i creditori opponenti che possono rilasciare la fideiussione di cui al primo periodo. Inoltre una tale lettura si porrebbe in netto contrasto con il principio della immutabilità o della stabilità dei riparti affermato, in modo quanto mai inequivoco, nell’art. 114 L. Fall., che esclude la ripetizione dei pagamenti avvenuti in esecuzione dei riparti, con l’unica eccezione che il credito soddisfatto sia stato espunto dallo stato passivo a seguito dell'accoglimento di domanda di revocazione. Neanche questa norma è stata modificata dalla mini riforma del 2016 e, senza l’introduzione legislativa di altra eccezione al principio della stabilità, il curatore non può chiedere il rilascio di una fideiussione con le caratteristiche indicate a garanzia della restituzione di quanto ricevuto per il caso che il pagamento già effettuato determini una alterazione della par condicio con altri creditori.
Altro tentativo di limitazione del campo di applicazione della norma è stato fatto dal Tribunale di Civitavecchia[20], per il quale “La disposizione di cui al novellato art. 110 comma 1, penultimo periodo L. Fall. si applica unicamente ai crediti esclusi dal passivo fallimentare e oggetto di giudizio ex art. 98 L. Fall. di primo ­grado e non può “essere analogicamente estesa all'ipotesi di pendenza di giudizio in cassazione ex art. 99 L. Fall., posto il carattere eccezionale della norma (in rapporto al principio di tassatività delle ipotesi di accantonamento) e l'assenza di eadem ratio (in quanto nel caso del creditore ricorrente per cassazione, differentemente dal creditore opponente ex art. 98, l'esistenza del credito è già stata esclusa con pronuncia resa dal Tribunale all'esito di giudizio a cognizione piena) e constatato che nessuna altra norma impone un accantonamento in favore di coloro i quali, risultati soccombenti nel giudizio ex art. 98 L. Fall.., abbiano introdotto il giudizio di cassazione ai sensi dell'art. 99, comma 12, L. Fall.”.
Per la verità neanche questo tentativo mi sembra riuscito in quanto si basa su una lettura estremamente formalistica della norma lì dove attribuisce all’espressione “nel caso in cui siano in corso giudizi di cui all’art. 98” il significato di voler limitare l’applicazione della norma alla sola ipotesi della pendenza del giudizio di opposizione di primo grado. In realtà, anche quando  è pendente il ricorso in cassazione avverso il decreto del tribunale che ha respinto l’opposizione è ancora in corso un giudizio di cui all’art. 98; il fatto che sia già intervenuta una decisione del tribunale che abbia rigettato l’opposizione è del tutto irrilevante, visto che la stessa, essendo stata impugnata in cassazione, non è passata in giudicato, così come è irrilevante il fatto che il ricorso in cassazione sia previsto dall’art. 99 e non dall’art. 98 cui fa riferimento la nuova norma, dato che l’art. 98 elenca e descrive gli strumenti di impugnazione dello stato passivo e l’art. 99 regola il procedimento degli stessi, disponendo, tra l’altro, che il tribunale provvede con decreto, che va comunicato dalla cancelleria alle parti che, nei successivi trenta giorni, possono proporre ricorso per cassazione.
Come è noto l’art. 99 L. fall. non chiarisce se il decreto del tribunale sia immediatamente esecutivo oppure no, ma considerato che si tratta di un provvedimento emesso in camera di consiglio, dovrebbe trovare applicazione l’art. 741 c.p.c. - che contiene una disposizione applicabile anche ai decreti camerali di secondo grado soggetti ad impugnazione- per cui essi producono effetto dalla data dell'inutile spirare del termine indicato dalla norma specifica di cui all’art. 99 per il ricorso in cassazione avverso di esso. Depone in tal senso anche la previsione dell’art.113, co. 1, n. 3, che dispone l’accantonamento, nei riparti parziali, in favore dei creditori opponenti la cui domanda sia stata accolta ma “la sentenza non è passata in giudicato” e che, evidentemente, sarebbe inutile ove la “sentenza”, rectius decreto, fosse immediatamente esecutiva dato che la norma è dettata a tutela del creditore il cui diritto a partecipare al riparto è stato già riconosciuto. In tal caso, poiché il provvedimento che accoglie l’opposizione non è definitivo, il creditore interessato non avrebbe diritto a partecipare al concorso e viene tutelato mediante l’accantonamento della somma che gli sarebbe assegna (e che può sostituire con la fideiussione); di contro, in applicazione dello stesso principio della non definitività del provvedimento del tribunale che rigetta l’opposizione, il creditore soccombente, fin quando il decreto del tribunale non è definitivo- e non lo è se propone ricorso in cassazione - è ancora creditore opponente essendo ancora in corso un giudizio di cui all’art. 98, con conseguente applicazione della nuova norma, senza necessità di dover ricorrere all’analogia.
5 . La partecipazione al riparto degli aventi diritto in caso di pendenza di opposizioni allo stato passivo
Al di là delle negatività di cui si è detto, la linearità della norma finora esaminata deve, altresì, confrontarsi con l’ulteriore previsione dell’ultima parte del nuovo primo comma dell’art. 110 L. fall., a mente del quale “Le disposizioni del periodo precedente si applicano anche ai creditori che avrebbero diritto alla ripartizione delle somme ricavate nel caso in cui risulti insussistente, in tutto o in parte, il credito avente diritto all’accantonamento ovvero oggetto di controversia a norma dell’articolo 98”. 
Come si vede, la norma ripropone lo stesso meccanismo del pagamento previo rilascio di fideiussione, avente le descritte caratteristiche, anche in favore dei creditori (diversi dagli opponenti) che hanno diritto al riparto in base alla loro collocazione al passivo, ma la cui soddisfazione, in tutto o in parte, è condizionata dalla soluzione della controversia dell’opponente che non ha rilasciato la  fideiussione; di conseguenza, il curatore, dopo l’interpello rimasto senza esito ai creditori opponenti, deve rivolgere lo stesso interpello agli altri creditori concorrenti in posizione paritetica o subordinata rispetto a quella dell’opponente (che non partecipa al riparto perché non ha rilasciato la richiesta fideiussione), sempre che, ovviamente, le somme da ripartire non siano sufficienti alla soddisfazione di tutti. 
E’ probabile- come è stato detto[21]- che l’intento del legislatore fosse quello di “evitare quelle situazioni di impasse in cui il curatore, in presenza di un creditore privilegiato ma escluso con pendente opposizione, soprassedeva ai riparti in favore anche dei creditore con collocazione successiva rispetto all’opponente poiché non disponeva di somme tali da poter soddisfare quest’ultimo laddove vittorioso”, sottraendo contestualmente l’opponente al rischio di non essere soddisfatto per incapienza nei casi in cui non avesse rilasciato la fideiussione. E così, per evitare lo stallo e sopperire al pericolo che l'opponente in posizione prioritaria non sia soddisfatto per incapienza, è stata prevista la possibilità di procedere egualmente al riparto, previo rilascio di una fideiussione da parte dei creditori concorrenti che sarebbero postergati rispetto agli opponenti vittoriosi, in modo da garantire la restituzione di quanto ricevuto in caso di vittoria del creditore prioritario opponente; rilascio della fideiussione da parte di costoro che, quindi, diventa una condizione imprescindibile per partecipare al riparto ed ottenere il pagamento spettante. 
Se questi erano gli scopi che il legislatore si prefiggeva, bisogna dire che questi non sono stati affatto realizzati, né potevano essere raggiunti perché il contorto meccanismo introdotto è di difficile o impossibile applicazione, è imprecisamente e genericamente delineato e implica disparità di trattamento. 
In primo luogo, infatti, è di palmare evidenza che lo strumento in esame può essere utilizzato solo in quei limitati casi in cui siano pochi i creditori condizionati dalla partecipazione o meno al passivo del creditore opponente (es. le liquidità disponibili sono tali da consentire il pagamento o del creditore opponente, che ad esempio rivendica un privilegio negatogli,  o di altro che segue nell’ordine), nel mentre, quando i creditori condizionati sono numerosi, diventa impossibile richiedere il rilascio di fideiussioni a tutti coloro che potrebbero essere coinvolti. Si pensi all’ipotesi in cui il credito in contestazione oggetto dell’opposizione sia di rilevante entità e si collochi  in prededuzione o nelle prime posizioni dei privilegiati; in questo caso l’accoglimento della opposizione  potrebbe escludere dal riparto tutti i creditori di grado successivo  e i chirografari, o comunque permetterne il pagamento in misura inferiore, sicché la distribuzione nel frattempo della somma disponibile agli aventi diritto richiederebbe il rilascio di un numero notevole di fideiussioni. Ed anche un credito chirografario, escluso dal passivo, con conseguente opposizione, porterebbe le stesse conseguenze perché l’accoglimento dell’opposizione determinerebbe una riduzione della quota che potrebbe essere assegnata agli altri creditori, che dovrebbero, anche se l’importo restituibile è ridotto, rilasciare una fideiussione, e così via. E questo con riferimento ad un solo creditore opponente, perché, se si prende in considerazione l’ipotesi più comune in cui le opposizioni siano più di una, le possibilità di condizionare il pagamento dei creditori non opponenti che potrebbero partecipare ai riparti si moltiplicano[22]. 
L’evidente difficoltà di cercare ed ottenere un numero rilevante di fideiussioni, tutte con le caratteristiche indicate dalla norma- che si traduce in impossibilità nelle procedure di più ampie dimensioni con elevato numero di creditori concorrenti e di opponenti- chiaramente rallenta, e non snellisce le operazioni del riparto, come invece era nelle intenzioni del legislatore.
La norma in esame è, inoltre, imprecisa nel delineare i confini del suo campo operativo. Essa, infatti dispone che il pagamento anticipato previo rilascio di fideiussione può essere effettuato in favore dei “creditori che avrebbero diritto alla ripartizione delle somme ricavate nel caso in cui risulti insussistente, in tutto o in parte, il credito avente diritto all’accantonamento ovvero oggetto di controversia a norma dell’articolo 98”, ove il riferimento alla insussistenza del credito avente diritto all’accantonamento non è agevolmente identificabile.
La norma tratta inequivocabilmente dei i creditori concorrenti che avrebbero diritto di partecipare al riparto, ma il loro pagamento è condizionato dall’esistenza di creditori di grado potiore, la cui posizione è ancora non definita per una ragione qualunque. La fattispecie assume contorni chiari quando l’incertezza del credito condizionante deriva dalla pendenza di una opposizione (o di altro giudizio di impugnazione dello stato passivo) nel senso che esiste una somma da distribuire che può servire a soddisfare o  i creditori che ne hanno diritto in base alle risultanze dello stato passivo o il creditore opponente (che non ha rilasciato fideiussione), nel caso l’opposizione fosse accolta, per cui il legislatore, pensando di evitare lo stallo derivante da un eccessivo accantonamento generico che avrebbe sterilizzato le liquidità, ha spinto il curatore a predisporre egualmente il riparto in favore degli aventi diritto, previo rilascio della fideiussione per garantirne la restituzione nel caso dovesse essere soddisfatto primariamente il creditore che aveva promosso l’opposizione. 
Il ricorso alla fideiussione richiede, quindi, che esista una somma da distribuire ai creditori e che questa sia insufficiente a soddisfare quelli che ne hanno diritto e quelli che potrebbero avervi diritto, essendo ovvio che, se entrambe le categorie possono essere pagate, il rilascio della fideiussione diventa superfluo[23].
Orbene, quando il diritto dei creditori concorrenti che possono partecipare al riparto è condizionato dalla insussistenza, in tutto o in parte, del credito avente diritto all’accantonamento, viene meno il presupposto di base  che giustifica il rilascio della fideiussione, ossia la necessità di tutelare creditori in una situazione ancora incerta, dato che i creditori aventi diritto all’accantonamento sono già garantiti appunto dall’accantonamento (sia esso in favore dei creditori ammessi con riserva che degli altri elencati nel primo comma dell’art. 113), che limita le risorse disponibili per gli altri creditori che hanno diritto di partecipare al riparto[24].
La norma in esame si limita, altresì, ad indicare le condizioni in cui i creditori aventi diritto al riparto sono tenuti al rilascio della fideiussione per parteciparvi, nel caso cioè, in cui la loro soddisfazione dipenda dalla insussistenza, in tutto o in parte, del credito oggetto di opposizione da altri creditori proposta. E qui alla carenza procedurale già evidenziata, si aggiunge una carenza di regolamentazione degli effetti, sia nel caso che il diritto oggetto della controversia ex art. 98 venga riconosciuto sussistente che insussistente (per usare il lessico normativo).
Nel primo caso (vittoria dell’opponente), coloro che hanno partecipato al riparto  rilasciando la fideiussione devono restituire quanto loro non compete alla luce della nuova ammissione al passivo[25] e, qualora siano state più categorie di creditori a consegnare la fideiussione, è presumibile che il curatore debba iniziare il recupero dal quella posizionata più in basso nella graduatoria e via via risalire, fino a reperire una disponibilità tale da assicurare la soddisfazione del creditore opponente vittorioso[26].
Nel secondo caso (soccombenza dell’opponente), i creditori che hanno partecipato al riparto hanno diritto a trattenere quanto ricevuto, in quanto la fideiussione per la restituzione era stata data per garantire il creditore opponente in caso di vittoria, ma non per tutelare gli altri creditori non opponenti che non hanno partecipato al riparto per non aver ritenuto di offrire la garanzia di legge[27].
Si crea, in tal modo, su una platea ancor più amplificata, quella disparità di trattamento tra creditori che hanno rilasciato la fideiussione e quelli che non lo hanno fatto, il che pone il problema se possa egualmente procedersi al riparto ove solo alcuni degli aventi diritto al riparto rilascino la fideiussione richiesta. 
La risposta, a mio avviso, non può che essere affermativa in quanto la nuova norma non pone, quale condizione per eseguire il riparto parziale, che tutti i creditori aventi diritto a parteciparvi e che siano condizionati dalla sorte delle opposizioni rilascino la fideiussione[28]. La norma prevede soltanto che i creditori concorrenti condizionati hanno diritto a partecipare al  riparto a patto che rilascino la fideiussione, per cui solo quelli che soddisfano tale condizione hanno diritto di concorrere e di concorrere per il credito risultate dal passivo; di contro il curatore, se ha chiesto la fideiussione e alcuni soltanto l’hanno data affrontando la relativa spesa, non può poi  rinunciare al presentare il riparto (o ritirarlo se già presentato) per il fatto che non tutti i creditori  aventi diritto a parteciparvi  hanno dato eguale fideiussione ed, ovviamente, nel predisporre il riparto, deve includervi  soltanto i creditori che hanno rilasciato la fideiussione. Di conseguenza, una volta appurato che l’opposizione che condizionava il riparto è stata respinta, i creditori che hanno partecipato al riparto per aver dato la garanzia trattengono quanto ricevuto e a quelli ammessi al passivo in una posizione prioritaria o nella medesima posizione, ma che non hanno partecipato al riparto per non aver rilasciato la fideiussione, può essere attribuito solo l’eventuale residuo attivo. 
Anche sotto questa angolazione, quindi, si crea una ancor più vistosa (rispetto a quella vista in precedenza) disparità di trattamento tra creditori, che non verrebbe eliminata dalla soluzione prospettata dal Tribunale di Modena, di cui si è parlato, in quanto, in questo caso,  l’obbligatorietà dell’accantonamento generale dovrebbe essere  finalizzato  a tutelare non i creditori opponenti che non hanno rilasciato la fideiussione rispetto all’opponete di pari condizione che l’abbia dato la garanzia, ma l’intera categoria dei creditori  aventi diritto al riparto la cui soddisfazione è condizionata dall’esito della o delle opposizioni pendenti, snaturando la funzione stessa dell’accantonamento generale, diretto  a far fronte alle spese future della procedura[29].
Ancora una volta non vi è altro da pensare che il legislatore (sempre ammesso che si sia reso conto del problema) abbia preferito spingere verso l’accelerazione dei riparti riversando sui creditori, e alla loro libertà di scelta, il rischio del rilascio o non della garanzia. Questa soluzione, tuttavia, se può in qualche modo giustificarsi per l’opponente che deve decidere se aderire alla richiesta di rilascio della fideiussione perché questi conosce la causa in cui è coinvolto, dispone della documentazione che può presentare e sa le prove che può introdurre, per cui può rendersi conto delle probabilità di vittoria, è davvero ingiustificata per i creditori ora in esame che, essendo estranei al giudizio di opposizione, devono operare la loro scelta- se rilasciare o non la fideiussione- all’oscuro degli sviluppi del giudizio di opposizione condizionante le loro probabilità di un definitivo pagamento, e basata, quindi, unicamente sulla necessità di disporre immediatamente di una somma di danaro; e, come detto, lo scopo della  mini riforma del 2016 non era certo quello di assicurare liquidità immediata in cambio di una garanzia per la restituzione, ma, per la parte della norma in esame, velocizzare i riparti in favore di chi ne ha diritto contestualmente tutelando i creditori opponenti in attesa dell’esito del giudizio.
6 . Conclusioni
Cercando di analizzare in un quadro di insieme i risultati dell’esame condotto sulle due parti della nuova disposizione, si vede chiaramente che il legislatore si è preoccupato, con la prima parte, di tutelare il creditore opponente consentendogli di partecipare al riparto, previo rilascio della fideiussione, benché il suo credito sia ancora in contestazione e, poi, per consentire all’organo fallimentare di procedere alla ripartizione in favore dei creditori di grado successivo anche qualora l’opponente non abbia rilasciato fideiussione senza che questi fosse penalizzato in caso di vittoria dal principio della irripetibilità dei riparti di cui all’art. 114 L. fall., ha introdotto anche la seconda parte, ponendo, in tal modo, in atto una tutela eccessivamente sbilanciata in favore dei creditori opponenti a discapito dei creditori con graduazione successiva che, per partecipare al riparto, come sarebbe loro  diritto in base alle risultanze dello stato passivo, devono sottostare all’onere di rilasciare la fideiussione per garantire la restituzione delle somme eventualmente percepite medio tempore
Questo sbilanciamento ha determinato un conflitto interno alla norma. Se, infatti, i creditori ammessi al passivo, per  partecipare al riparto nei casi in cui la loro soddisfazione è condizionata dalla soluzione di una o più cause di  opposizione, devono rilasciare una adeguata fideiussione, è chiaro che i creditori opponenti non hanno alcun interesse a rilasciare essi una fideiussione per ottenere il pagamento, dato che sanno che, comunque, le somme disponibili, la cui distribuzione potrebbe pregiudicarli, non possono essere ripartite se non in favore dei creditori che rilascino una fideiussione, per cui saranno questi a sostenere le spese della fideiussione ed accollarsi il rischio dell’esito del giudizio di opposizione. 
In sostanza, l’aver, nei casi di rischio, subordinato- come fa il secondo periodo della nuova norma- il pagamento di chi ne ha diritto (in base allo stato passivo) al rilascio della fideiussione, vanifica la portata innovativa della prima parte della norma, per cui la facoltà del rilascio della fideiussione o si attribuiva ai creditori opponenti o agli altri creditori aventi diritto in base allo stato passivo, ma non ad entrambi. 
A mio avviso, volendo seguire la strada (impervia e che non porta lontano) del rilascio della fideiussione in funzione di sblocco dei riparti, il problema che avrebbe dovuto risolvere il legislatore non era tanto quello di  consentire ai creditori opponenti di partecipare ai riparti, ma quello di garantire la loro partecipazione in caso di vittoria, per cui sarebbe stato più semplice e logico non forzare la partecipazione ai riparti di soggetti che non ne hanno ancora diritto (come previsto nella prima parte della innovazione)  e consentire la  partecipazione ai riparti dei creditori concorrenti aventi diritto, previo rilascio di una fideiussione, dalle caratteristiche descritte dalla legge, idonea a garantire la restituzione non solo nel caso di sussistenza del credito prioritario oggetto di controversia  a norma dell’art. 98, ma anche, in parziale deroga dell’art. 114, nel caso di alterazione della parità di trattamento tra creditori. 
Non tutti i problemi sarebbero risolti, perché, rimane improbabile che qualcuno degli altri creditori concorrenti condizionati dall’esito del giudizio di opposizione sostenga un esborso per ottenere subito ciò che potrebbero dover restituire all’esito del o dei giudizi di opposizione che interessano, ma almeno si darebbe una qualche coerenza al tentativo di velocizzare i riparti, cercando di venire incontro a chi ha diritto a parteciparvi e non a chi non ne ha ancora il diritto, e si eviterebbero le disparito evidenziate. Rimarrebbe ancora il problema delle evidenziate difficoltà pratiche a reperire le fideiussioni, ma qui si potrebbe intervenire con una regolamentazione dei comportamenti del curatore, salvo prendere atto che, in alcuni casi, è impossibile seguire questa via.
Il fatto è che l’attuale legislazione non ha affatto realizzato lo scopo che si prefiggeva in quanto determina inevitabilmente la medesima pregressa situazione di stallo, come è dimostrato dalla scarsa presenza di provvedimenti noti in materia nonostante siano decorsi circa quattro anni e mezzo dall’entrata in vigore della mini riforma dell’art. 110 L. fall.[30]; anzi l’ha aggravata. E’ chiaro, infatti, ora come in passato,  il curatore, in presenza di opposizioni condizionanti,  non può fare altro che temporeggiare nel predisporre una ripartizione, in attesa di conoscere l’esito dei giudizi di opposizione, con l’effetto opposto all'intenzione del legislatore che voleva fosse ripartita quanta più liquidità possibile appena possibile; tuttavia, il meccanismo legalizzato delle doppie fideiussioni  consente al curatore che non procede ad alcun riparto di essere in linea con la previsione dell’ultima parte del comma decimo dell’art. 104-ter L. Fall.- aggiunto dal D.L. 3 maggio 2016, n. 59, convertito nella l. 30 giugno 2016, n.119-  che sanziona con la revoca del curatore  la mancata distribuzione delle somme disponibili per la ripartizione nel quadrimestre da quando ha tale disponibilità, in quanto il curatore che ritarda a distribuire le somme disponibili può trincerarsi dietro il mancato rilascio delle fideiussioni.
Per questo motivo il titolo del presente scritto è incentrato sul “non senso” della innovazione introdotta nel 2016, che per insipiente eccesso di zelo si è autosterilizzata; e, purtroppo, l’operazione è stata ripetuta, esattamente negli stessi termini, nel nuovo codice della crisi, ove ai due periodi esaminati è stata data la dignità di un comma autonomo (il secondo dell’art. 220) ed è stato riprodotto nell’art. 227 il contenuto dell’attuale art. 113 L. fall.. Peccato, perché sarebbero bastati pochi correttivi- a cominciare da una più puntuale regolamentazione dei compiti del curatore in vista dei riparti parziali per finire a concentrare l’attenzione sui creditori aventi diritto al riparto, meglio e più compiutamente delineando il contenuto della garanzia- per rendere più efficiente un meccanismo destinato, così come è ora strutturato, a non funzionare, come non ha finora funzionato.

Note:

[1] 
Anche perché, trattandosi di disposizioni di chiaro stampo processuale, le stesse- in assenza di una specifica norma transitoria che ne differisca l’entrata in vigore o che riferisca l’efficacia solo alle procedure aperte successivamente- sono immediatamente applicabili a tutti i progetti di riparto presentati dopo la data indicata, indipendentemente dall’epoca della dichiarazione di fallimento, in forza del principio tempus regit actum
[2] 
Cass. 18 dicembre 1978, n. 6043 in Il Fall., 1979, 410; Foro it., 1979, I, 2920; mai contraddetta, anzi confermata da altre successive, cfr. Cass. 1 ottobre 1997, n. 9580, in Il Fall., 1998, 1225 e ripresa da Cass. 23 gennaio 2013, n. 1523. 
[3] 
Il riferimento alla sentenza è chiaramente frutto di un errore dato che, ai sensi dell’undicesimo comma dell’art. 99 il tribunale decide sull’opposizione allo stato passivo con decreto motivato a seguito di procedimento camerale. 
[4] 
MONTANARI, Della ripartizione dell'attivo, in Tedeschi G.U. (a cura di) Le leggi commentate. Le procedure concorsuali, II, Torino 1996, 1090; ZOPPELLARI, Commento agli artt. 110-117 L. Fall., in Il nuovo Fallimento, a cura di Santangeli, Milano, 2006, 561; MIELE, Sub art. 110-113, in M. Ferro (a cura di), La Legge fallimentare, Padova, 2008910. 
[5] 
Così come previsto per gli altri creditori elencati nel primo comma dell’art. 113, e cioè per i creditori ammessi con riserva (n. 1) e per quelli nei cui confronti siano stati proposti giudizi di impugnazione o di revocazione (n. 4). 
[6] 
Cass. 24 maggio 2004, n.  9901, in Foro it. 2005, I, 2487; Cass. 27 aprile 1998, n. 4259 in Il Fall., 1999, 590; Cass. 24 marzo 1993. n. 3500; ecc..  
[7] 
Trib. Modena 3 aprile 2017, in ilcaso.it; ilfallimentarista.it.. 
[8] 
Cass. 9 agosto 2017, n.19752.
[9] 
Cass. 29 maggio 2013, n.13337; Trib. Bari 1 marzo 2016, n.1135 in Dejure
[10] 
RIEDI, La ripartizione delle somme, in Il diritto processuale del fallimento, Torino, 2008, 298. 
[11] 
VIGOTTI, La ripartizione dell’attivo fallimentare, in Schiano di Pepe (a cura di), Il diritto fallimentare riformato, Appendice di aggiornamento, Padova, 2007, 463 .
[12] 
RIEDI, op. cit., 298; FORGILLO, La ripartizione dell’attivo, in Fallimento e concordati, a cura di Forgillo-Celentano, Torino, 2008, 971; IANNICELLI, I profili processuali della distribuzione del ricavato e il rendimento del conto del curatore, in Trattato di diritto fallimentare, diretto da Buonocore - Bassi, III, Padova, 2011,  470; SILVESTRINI, La ripartizione dell’attivo dopo la riforma della legge fallimentare, in Fallimento 2006, 1478; ID.,  Commento art. 110 L. Fall., in A. Nigro - M. Sandulli (a cura di), La riforma della legge fallimentare, II, Torino 2006, 674; edizione 2010, 1548.
[13] 
Scelta questa strada, c’è da chiedersi perché lo stesso principio non sia stato esteso alle ipotesi di ammissione con riserva, di cui al n.1 del primo comma dell’art. 113; anche qui,  in attesa di sapere se la riserva possa essere sciolta in via favorevole o non al creditore, al posto dell’accantonamento, si potrebbe procedere al pagamento garantito da fideiussione, come, appunto, per i creditori opponenti e per quelli oggetto di impugnazione e revocazione, tanto più che, il comma quarto dell’art. 110 espressamente prevede la possibilità di sostituire  il rilascio di una fideiussione all’accantonamento richiesto per la dichiarazione di esecutività del riparto in presenza di reclamo.
[14] 
La restituzione che la fideiussione deve garantire comprende, oltre alla somma ricevuta, gli “interessi, al tasso applicato dalla Banca Centrale Europea alle sue più recenti operazioni di rifinanziamento principali, a decorrere dal pagamento e sino all’effettiva restituzione”. Come è noto, al termine della prima riunione di ogni mese, il direttorio della BCE emette un comunicato in cui esprime le decisioni in materia di politica monetaria tramite l’imposizione di tre tassi: tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali; tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento marginale; tassi di interesse sui depositi presso la banca centrale. I tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali rappresentano il primario parametro per il costo del denaro nell’eurozona in quanto sono quelli applicati alla maggior parte delle operazioni con la quale la BCE fornisce liquidità all’intera eurozona e in particolare alle banche, per cui questo tasso regola il costo dell’euro e dei finanziamenti in tutta l’area della moneta unica. 
[15] 
Un esempio chiarisce meglio il concetto.  Si ipotizzi: attivo 150 e tre creditori A, B e C, per 100 ciascuno, che abbiano proposto opposizione allo stato passivo per ottenere l’ammissione in chirografo, esclusa dal giudice delegato, dei quali solo il primo, in vista di un riparto parziale, abbia rilasciato la fideiussione di legge. Orbene A ha diritto di partecipare al riparto in quanto la fideiussione garantisce la restituzione della somma in caso di soccombenza nel giudizio di opposizione, nel mentre B e C non vi partecipano non avendo dato eguale garanzia, sicché A viene soddisfatto per l’intero suo credito di 100, posto che l’attivo disponibile lo consente. Se A risulterà soccombente nel giudizio di opposizione, B e C, esclusi dal riparto per non  aver rilasciato la fideiussione, non ricevono alcun pregiudizio in quanto le 100 pagate ritorneranno all’attivo fallimentare eventualmente azionando la garanzia ove la restituzione non sia spontanea; qualora, invece, A risulterà vittorioso, egli avrà diritto a trattenere quanto ricevuto dal riparto ed a trattenerlo definitivamente a norma dell’art. 114 L. Fall., per cui l’attivo a disposizione degli altri creditori opponenti ed anch’essi vittoriosi (si può anche pensare al caso che le opposizioni fossero basate sulla medesima questione giuridica) si riduce a 50; ossia, in mancanza di fideiussione, i tre opponenti vittoriosi avrebbero diviso 150 per tre ricevendo 50 a testa, con il rilascio della fideiussione di uno solo, A riceve 100, e B e C 25 ciascuno, pur essendo tutti chirografari (o posizionati nello stesso grado di privilegio, se si vuole spostare l’esempio in questo campo).
Problema che non ricorre qualora i creditori non abbiano la medesima collocazione, perché se A è un creditore di primo grado e B e C di secondo (il riferimento, qui come in seguito, ai numeri naturali ordinali  è fatto al solo scopo di indicare le priorità e le successioni, indipendentemente dal contenuto dei privilegi ad essi corrispondenti) è chiaro che questi ultimi non ricevono alcun pregiudizio dalla vittoria di A e dal trattenimento definitivo della somma a questi attribuita con il riparto. L’ipotesi che siano B o C a rilasciare la fideiussione si vedrà in prosieguo, nell’esame del secondo periodo introdotto dalla modifica del 2016. 
[16] 
Trib. Modena 3 aprile 2017, cit
[17] 
Ritornando all’esempio di cui in precedenza, A, che è l’unico dei tre creditori opponenti che può partecipare al riparto avendo dato la fideiussione, ha diritto a percepire ciò che l’attivo consente secondo le regole ordinaria, ossia 100 e non 50. 
[18] 
Posto che la fattispecie presuppone che l’attivo sia insufficiente alla soddisfazione di tutti gli opponenti collocati nella stessa posizione, l’accantonamento in favore degli altri non consentirebbe il pagamento integrale del credito di chi ha rilasciato la fideiussione, ma solo in proporzione del proprio credito. Ritornando ancora all’esempio di cui in precedenza, se deve essere fatto un accantonamento generale per tutelare B e C, vuol dire che 100 non possono essere distribuite, per cui ad A, che ha rilasciato la fideiussione, potrebbero essere corrisposte 50 e non 100, che è lo stesso importo che percepirebbe anche senza rilasciare la fideiussione. 
[19] 
Peraltro, al di là delle capacità economiche del creditore opponente di sopportare le spese di una tale garanzia, che limita la richiesta ai casi in cui egli sia fondatamente convinto di risultare vittorioso nel giudizio di opposizione, va anche considerato che una banca, per rilasciare una fideiussione autonoma, irrevocabile e a prima richiesta, o è in grado di fare la stessa valutazione dell’interessato cica i rischi legati all’escussione della fideiussione oppure riceve dal richiedente altre garanzie (generiche o specifiche), che evidentemente escludono l’impellenza per costui di ottenere la somma dal fallimento.
[20] 
Trib. Civitavecchia, 8 Gennaio 2019, in ilcaso.it., che, peraltro, si ispira al precedente modenese lì dove riconosce il diritto di accantonamento ex art. 110, comma 1, penultimo periodo, L. Fall. "in favore di coloro che abbiano anche sol tanto un giudizio di opposizione in corso in primo grado", con conseguente esclusione di coloro che abbiano proposto ricorso in cassazione ex art. 99, comma 12, L. Fall.. 
[21] 
MORRI e GIOVANNARDI, Procedimento di ripartizione: l’interpretazione offerta dal Tribunale di Modena al comma 1 dell’art. 110 L. Fall., in ilfallimentarista.it,19 Marzo 2019. 
[22] 
Qualora vi siano creditori aventi diritto al riparto, perché, ad esempio, ammessi in chirografo, e abbiano proposto opposizione per il riconoscimento di un privilegio, costoro, per partecipare al riparto in cui siano coinvolti i privilegiati cui aspira ad equipararsi, deve presentare la fideiussione in base alla prima parte della norma e, per partecipare al riparto per i chirografari, deve presentare la fideiussione di cui alla seconda parte, qualora vi siano altri creditori opponenti. 
[23] 
Anche in questo caso un esempio può essere utile. Si ipotizzi: attivo 150 e tre creditori A, B e C, per 100 ciascuno, dei quali A è stato escluso dal passivo ed ha proposto opposizione per ottenere il riconoscimento del credito e del privilegio di primo grado e B e C sono stati ammessi al passivo col privilegio di secondo grado.  Il curatore può distribuire le 150 di cui dispone a B e C, previo rilascio della fideiussione che garantiscano la restituzione per il caso che A risulti vittorioso nella causa di opposizione, non essendovi altro attivo su cui costui possa soddisfarsi. E’ evidente che se l’attivo di cui dispone il curatore è 300, può pagare B e C senza bisogno della fideiussione, in quanto comunque rimangono 100 per soddisfare A nella accennata eventualità. 
[24] 
Se, riprendendo l’esempio precedente, A è un creditore di primo grado ammesso al passivo con riserva, al momento del riparto il curatore dovrà accantonare 100 in suo favore, per cui rimangono 50 da distribuire a B e C, senza bisogno di fideiussione perché A è già tutelato dall’accantonamento che gli sarà definitivamente assegnato al momento dello scioglimento della riserva. 
[25] 
L’obbligo restitutorio non contrasta con la stabilità dei riparti, dato che la partecipazione allo stesso era condizionata proprio all’esito del giudizio di opposizione. 
[26] 
A, creditore opponente che rivendica un privilegio di primo grado, B creditore ammesso come richiesto con privilegio di secondo grado, C, creditore ammesso come richiesto con privilegio di terzo grado.  A non ha rilasciato fideiussione, per cui non ha partecipato al riparo col quale è stata distribuita la l’intera liquidità disponibile a B e C, che hanno dato fideiussione. Nel caso venga riconosciuto il privilegio di A, il primo a dover restituire quanto ricevuto è C e, se la somma ricuperata è insufficiente a soddisfare A, si passa a B.
[27] 
Gli esempi potrebbero essere molteplici, ma riprendendo l’esempio di cui alla nota precedente, se a rilasciare la fideiussione è solo C, questo è l’unico creditore che partecipa al riparto; all’esito del giudizio di opposizione, negativo per A, questi non vanta alcun diritto, ma B, privilegiato di secondo grado, potrebbe non essere pagato perché le disponibilità esistenti sono state assegnate a C, privilegiato di terzo grado, che non ha obbligo di restituirle quanto ricevuto sia per il principio di stabilità ex art. 114 L. Fall. sia perché la fideiussione rilasciata garantiva la restituzione solo in caso di vittoria del creditore opponente.
[28] 
Peraltro, se così fosse, la norma non sarebbe in grado di produrre effetti giacché basterebbe il rifiuto di un creditore a bloccare il riparto. 
[29] 
In alcune massimazioni del provvedimento modenese si legge che "Il quarto periodo del citato primo comma, ove prescrive che ai creditori “che avrebbero diritto alla ripartizione delle somme ricavate nel caso in cui risulti insussistente, in tutto o in parte, il credito avente diritto all’accantonamento ovvero oggetto di controversia a norma dell’art. 98”, si applichi la disposizione di cui al periodo precedente, deve, invece, essere interpretato nel senso che il legislatore abbia voluto introdurre un obbligo di accantonamento in favore di coloro che abbiano anche soltanto un giudizio di opposizione in corso in primo grado e ciò a prescindere da ogni delibazione circa la fondatezza o meno della pretesa”. In realtà il quarto periodo del primo comma è considerato, come spiegato in precedenza, solo quale criterio interpretativo per dedurre l’obbligo dell’accantonamento generale in favore dei creditori opponenti che non hanno presentato fideiussione per tutelarsi rispetto ai creditori opponenti che l’hanno presentata. 
[30] 
Gli unici rinvenuti sono quelli citati del Tribunale di Modena e del Tribunale di Civitavecchia. 

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