Passando all’esame della disciplina della nuova figura, il primo dato rilevante si coglie nell’incipit dell’art. 64-bis, che riserva l’accesso al piano di ristrutturazione soggetto ad omologa al “debitore che si trova in stato di crisi o di insolvenza”; dizione che differisce, sotto il profilo soggettivo, pur nell’identità dell’elemento oggettivo, da quella utilizzata dall’art. 84 per individuare chi può accedere al concordato preventivo. Quest’ultima norma, infatti, parla “dell’imprenditore di cui all’art. 121, che si trova in stato di crisi o di insolvenza”, ove il riferimento all’imprenditore e il richiamo all’art. 121 stanno a significare che può accedere al concordato, sia esso liquidatorio che in continuità, solo l’imprenditore sopra soglia soggetto alla liquidazione giudiziale, come è sempre stato nella previsione dell’art. 1 della legge fallimentare; l’uso del termine debitore (e non imprenditore) e il mancato richiamo dell’art. 121 nell’art. 64-bis fanno intendere che il PRO è a disposizione anche del consumatore, del professionista, dell'imprenditore minore, dell'imprenditore agricolo, delle start-up innovative e di ogni altro debitore non assoggettabile alla liquidazione giudiziale ovvero a liquidazione coatta amministrativa, che si trovi in stato di crisi o insolvenza.
Non si sa se il legislatore voleva effettivamente creare questa differenziazione soggettiva, ma l’interpretazione della norma difficilmente potrà discostarsi da quella offerta. In tal modo il piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione viene ad aggiungersi anche alle ordinarie procedure previste per il sovraindebitato e per l’impresa minore senza alcun coordinamento con la normativa di settore, per cui il consumatore che non può accedere al concordato minore (art. 74, co. 1), potrebbe proporre un piano di ristrutturazione soggetto a votazione e ad omologa, senza l’intervento dell’OCC, presentando la documentazione di cui all’art. 39 e non quella prevista ad esempio dalla ristrutturazione dei debiti del consumatore.
Questo dato soggettivo, rilevabile nella fase iniziale, viene tuttavia completamente dimenticato nel resto della disciplina in quanto, in caso di mancata approvazione del PRO viene richiamato l’art. 111, per il quale il giudice delegato ne riferisce immediatamente al tribunale, che, su ricorso di uno dei soggetti legittimati e accertati i presupposti dell'articolo 121, dichiara con sentenza l'apertura della liquidazione giudiziale, senza nulla dire di cosa accade qualora non sia approvato il PRO proposto da un imprenditore minore non soggetto alla liquidazione giudiziale; egualmente queste figure non sono prese in considerazione nell’art. 64-ter- per eventuali conversioni.
Ad ogni modo, il debitore che si trova in stato di crisi o di insolvenza può presentare la domanda di accesso alla nuova procedura nelle forme dell’articolo 40, depositando, unitamente al ricorso, “la proposta e il piano, con la documentazione di cui all’articolo 39, commi 1 e 2”.
Il richiamo dell’art. 40 conferma che il piano di ristrutturazione soggetto a omologazione rientra nei quadri di ristrutturazione dato che la norma regola appunto la domanda di accesso ai quadri di ristrutturazione preventiva (e alla liquidazione), per cui il procedimento per l'accesso si svolge dinanzi al tribunale in composizione collegiale, il ricorso deve indicare l'ufficio giudiziario, l'oggetto, le ragioni della domanda e le conclusioni, è sottoscritto dal difensore munito di procura e per le società la domanda deve essere approvata e sottoscritta a norma dell'articolo 120-bis; la domanda del debitore è trasmessa al P.M. e, entro il giorno successivo al deposito, è comunicata dal cancelliere al registro delle imprese e l’iscrizione è eseguita entro il giorno seguente e quando la domanda contiene la richiesta di misure protettive il conservatore, nell'eseguire l'iscrizione, ne fa espressa menzione; e così via.
La previsione che il debitore unitamente alla domanda deve depositare la proposta, il piano e la documentazione, che è specificato essere quella di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 39, lascia intendere che l’ipotesi contemplata dall’art. 64-bis sia quella del domanda piena e non con riserva; tuttavia l’art. 44, nel prevedere che il debitore può presentare la domanda di cui all’articolo 40 con la documentazione prevista dall’art. 39, comma 3, riservandosi di presentare la proposta, il piano e gli accordi, precisa nella lett. a) del primo comma che il tribunale fissa un termine entro il quale il debitore deve depositare, tra le altre, “la domanda di omologazione del piano di ristrutturazione di cui all’articolo 64-bis, con la documentazione di cui all’articolo 39, commi 1 e 2”.
Di conseguenza il debitore può presentare anche un piano di ristrutturazione con riserva, a seguito del quale il tribunale, concesso un termine compreso tra trenta e sessanta giorni, prorogabile su istanza del debitore in presenza di giustificati motivi e in assenza di domande per l'apertura della liquidazione giudiziale, fino a ulteriori sessanta giorni, emette gli altri provvedimenti indicati nell'art. 44, tra cui nomina un commissario giudiziale[13], il quale è tenuto a riferire immediatamente al tribunale su ogni atto di frode ai creditori non dichiarato nella domanda ovvero su ogni circostanza o condotta del debitore tali da pregiudicare una soluzione efficace della crisi, con facoltà di accesso alle banche dati che l’art. 49, co.3, lett.f) riserva al curatore. Inoltre il commissario vigila sull’adempimento degli obblighi informativi periodici, anche relativi alla gestione finanziaria dell'impresa e all'attività compiuta ai fini della predisposizione del piano, e può segnalare quei comportamenti che giustificano la revoca del provvedimento di cui al comma 2 dell’art. 44.
Evidentemente il debitore può chiedere anche le misure protettive, dal momento che il secondo comma dell’art. 54 stabilisce che “Se il debitore ne ha fatto richiesta nella domanda di cui all'articolo 40, dalla data della pubblicazione della medesima domanda nel registro delle imprese, i creditori non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa” Il secondo periodo dello stesso comma poi aggiunge che “dalla stessa data le prescrizioni rimangono sospese e le decadenze non si verificano e la sentenza di apertura della liquidazione giudiziale o di accertamento dello stato di insolvenza non può essere pronunciata”.
E non vi è dubbio che questa disposizione si applichi anche al piano di ristrutturazione soggetto a omologa, la cui domanda, come sopra detto, è presentata appunto nelle forme dell’art. 40, nonché nel momento in cui il debitore chiede il termine di cui all’art. 44 per presentare il piano completo dato che anche la richiesta di concessione del termine si propone con la domanda di cui all’art. 40, solo che il debitore si riserva di presentare la proposta, il piano e la documentazione; ossia anche con la domanda di concessione del termine per presentare il piano completo è possibile richiedere le misure protettive, che costituiscono il corredo necessario per approntare la immediata difesa del patrimonio del debitore dalle aggressioni dei creditori in attesa della presentazione della domanda piena (del resto, se così non fosse, anche il concordato con riserva rimarrebbe privo di protezione, mancando una norma che espressamente consenta la richiesta di misure protettive all’atto della domanda di preconcordato).
Se così è, se cioè la legge consente che il debitore possa, con la domanda con cui propone un piano di ristrutturazione soggetto ad omologa con riserva, richiedere le misure protettive che sospendono le azioni esecutive e cautelari fino alla scadenza del termine concesso, riesce difficile conciliare questa possibilità con la previsione di cui al quarto comma dell’art. 54, secondo il quale “Le misure protettive di cui al comma 2, primo e secondo periodo, possono essere richieste dall’imprenditore prima del deposito della domanda di accesso al piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, presentando la domanda di cui agli articoli 12 e 18”.
Secondo questa disposizione, infatti, il debitore che si trova in stato di crisi o di insolvenza, che intende accedere ad un piano di ristrutturazione soggetto a omologa può chiedere le misure protettive anche prima di presentare una domanda di PRO, con riserva o piena, ma per farlo deve accedere alla composizione negoziata della crisi (art. 12) e nell’ambito di questa chiedere le misure protettive (art. 18); ma se questo debitore ha la possibilità di richiedere le misure protettive con la stessa domanda con cui chiede il termine a norma dell’art. 44, non si vede il motivo per cui, per ottenere la protezione del proprio patrimonio, debba accedere alla composizione negoziata, che richiede modalità di ingresso più complesse e ha uno scopo ben diverso, per chiedere poi nel suo ambito le misure protettive.
Per la verità, non solo è inspiegabile perché il debitore che si approccia al piano di ristrutturazione soggetto a omologa debba passare attraverso la composizione negoziata della crisi e chiedere le misure protettive ai sensi dell’art. 18, ma non si capisce la comparsa della procedura di composizione negoziata, che ha lo scopo di risanare l’impresa attraverso l’opera mediatoria di un esperto, nel momento in cui si discute del piano di ristrutturazione preventivo, con cui il debitore chiede il consenso dei creditori alla ristrutturazione dei debiti prospettata, creando una problematica di non poco conto. Delle due, infatti:
a-o si ritiene che i presupposto oggettivi per l’accesso alla composizione negoziata e al piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione siano coincidenti, ed allora non vi è bisogno della disposizione di cui al quarto comma dell’art. 54, dal momento che il debitore può comunque accedere alla composizione negoziata di cui all’art. 12 e chiedere le misure protettive e, in caso di insuccesso, adire, come dispone l’art. 23, ad uno dei quadri di ristrutturazione preventiva, tra cui il piano soggetto ad omologa. In sostanza, se è così, il quarto comma dell’art. 54 è del tutto superfluo;
b-oppure si ritiene, come è molto più verosimile, che detti presupposti siano differenti in quanto l’art. 12 richiede per l’accesso alla composizione negoziata che l’imprenditore si trovi “in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l'insolvenza” nel mentre l’art. 64-bis ammette l’acceso al piano “al debitore che si trova in stato di crisi o di insolvenza”; ed allora si ampliano surrettiziamente le maglie di accesso alla procedura di negoziazione in quanto si permette a qualsiasi imprenditore, anche se si trova in stato di insolvenza in atto, di servirsi della procedura negoziale, con buona pace della tempestività tanto sbandierata.
La situazione di insolvenza non è estranea alla composizione negoziata, ma è prevista come evento eccezionale che emerge nel corso della procedura e non ne impedisce la prosecuzione quando l’esperto rileva che esistono concrete prospettive di risanamento e l’impresa venga gestita nel prevalente interesse dei creditori (art. 21, co. 1); se invece lo stato di insolvenza, anche irreversibile, diventa un presupposto per accedere alla composizione negoziata, il primo comma dell’art. 12 viene snaturato in quanto la composizione negoziata perde la sua principale caratteristica di strumento per il risanamento delle imprese in una situazione di crisi o di insolvenza non ancora in atto In sostanza con la disposizione di cui al quarto comma dell’art. 54 si è detto che la condizione per accedere alla stessa non è lo squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rende probabile la crisi o l'insolvenza, come dispone l’art. 12, ma lo stato di crisi o di insolvenza in atto indicato dall’art. 64-bis, richiamato dal quarto comma dell’art. 54, che ovviamente assorbe il pericolo che questa si manifesti.
La domanda si propone con ricorso al tribunale nel cui circondario il debitore ha il centro degli interessi principali[14]; con la domanda di concessione del termine il debitore deve presentare la documentazione di cui al terzo comma dell’art. 39 e, alla scadenza del termine concesso dal tribunale o unitamente al ricorso, se non è chiesto il termine, deve allegare la documentazione di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 39, nonché la relazione di un professionista indipendente che attesti “la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano”; espressione che riprende quella del terzo comma dell’art. 161 l. fall. ma che differisce da quella di cui al terzo comma dell’art. 87 che per il concordato preventivo richiede che il debitore depositi, con la domanda, “la relazione di un professionista indipendente, che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano e, in caso di continuità aziendale, che il piano è atto a impedire o superare l’insolvenza del debitore, a garantire la sostenibilità economica dell’impresa e a riconoscere a ciascun creditore un trattamento non deteriore rispetto a quello che riceverebbe in caso di liquidazione giudiziale”.
Quest’ultima parte, che riecheggia le previsioni di cui alle lett. a) e b) del secondo comma dell’art. 186-bis l. fall., non è ripresa dall’art. 64-bis, di modo che il debitore che propone un piano di ristrutturazione soggetto a omologazione che preveda la continuazione dell’attività aziendale (e di certo non può avere carattere liquidatorio altrimenti non rientrerebbe nei quadri di ristrutturazione), è tenuto comunque a presentare soltanto l’attestazione della veridicità dei dati e della fattibilità del piano, senza l’appendice prevista dall’art. 87. comma terzo, che non è richiamato dall’art. 64-bis.
Attraverso il richiamo del quinto comma dell’art. 84, unitamente alla relazione di cui si è detto il debitore per soddisfare i creditori prelatizi non integralmente, deve presentare una relazione di un professionista indipendente che attesti che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, possono essere soddisfatti dalla proposta del piano “in misura non inferiore a quella realizzabile in caso di liquidazione dei beni o dei diritti sui quali sussiste la causa di prelazione, al netto del presumibile ammontare delle spese di procedura inerenti al bene o diritto e della quota parte delle spese generali”. Previsione di cui si è già parlato e che nella fattispecie in esame assume un rilievo particolare ai fini del voto in quanto i creditori vanno obbligatoriamente classati e in tutte le classi deve essere raggiunta la maggioranza.
“Alla domanda- precisa l’ultimo periodo del secondo comma dell’art. 64-bis-, si applicano i commi 4 e 5 dell’art. 46”, che regola gli effetti della domanda di accesso al concordato preventivo. Nel primo comma di tale norma si richiede l’autorizzazione del tribunale per gli atti urgenti e di straordinaria amministrazione da compiere nel periodo intercorrente “dal deposito della domanda di accesso, anche ai sensi dell’art. 44, e fino al decreto di apertura di cui all’art. 47”, anche se né l’art. 47, che ha come rubrica “Apertura del concordato preventivo”, né l’art. 64-bis in esame, prevedono un formale provvedimento di apertura della procedura o di ammissione alla stessa, per cui, in entrambi casi, va preso come decreto di apertura quello con cui il tribunale adotta i provvedimenti previsti da ciascuna norma in caso di superamento del vaglio di ammissibilità[15].
Ad ogni modo la norma di cui al primo comma dell’art. 46 va letta in combinato con il terzo comma, per il quale successivamente al decreto di apertura e fino all'omologazione, sull'istanza di autorizzazione provvede il giudice delegato: dal combinato disposto delle due commi si capisce che la portata precettiva della norma non è limitata agli atti compiuti nello spazio temporale indicato nel primo comma, ma il legislatore ha inteso dire che gli atti urgenti e di straordinaria amministrazione compiuti dopo il deposito della domanda e prima del decreto di apertura vanno autorizzati dal tribunale nel mentre quelli compiuti dopo il decreto di apertura vanno autorizzati dal giudice delegato.
Chiarimento indispensabile in particolare per il richiamo del comma quinto dell’art. 46, il quale stabilisce che “i creditori non possono acquisire diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia l'autorizzazione prevista dai commi 1, 2 e 3. Le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione nel registro delle imprese della domanda di accesso sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori”. Se, invero, il campo di applicazione di tale disposizione (anche nel concordato, oltre che nella figura in esame) fosse circoscritto alla fase fino al decreto di apertura, si creerebbe un vuoto perché queste disposizioni non sono ripetute per la fase successiva all’apertura della procedura. Dopo questo momento, infatti, nel concordato preventivo trova applicazione l’art. 94, che riprende ampliandolo l’art. 167 l. fall., ma non ripete la disposizione contenuta nel quinto comma dell’art. 46, che corrisponde a quella di cui al terzo comma dell’art. 168; nel piano di ristrutturazione non è neanche richiamato l’art. 94 in quanto la gestione dell’impresa trova la sua regolamentazione nello stesso art. 64-bis, di modo che se non si estende la portata applicativa della norma di cui al quinto comma dell’art. 46 anche alla fase successiva all’apertura della procedura, sia essa di concordato che di piano di ristrutturazione soggetto a omologazione, i creditori potrebbero acquisire diritti di prelazione efficaci rispetto ai creditori concorrenti anche senza alcuna autorizzazione[16].
Meno rilevante è il problema del perimetro applicativo del comma quarto dell’art. 46, per il quale sono prededucibili “i crediti dei terzi sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore”, perché, quand’anche si ritenesse la norma applicabile alla sola fase fino all’apertura della procedura, per il periodo successivo troverebbe comunque applicazione l’art. 6.
Le nuove regole dettate per la prededuzione da quest’ultima norma rendono, infatti, obsolete le disposizioni del secondo comma dell’art. 111 l. fall. e i criteri della occasionalità e della funzionalità, che hanno ceduto il passo ad ipotesi moto più stringenti, per cui sono da ritenere prededucibili i crediti tali “espressamente qualificati dalla legge” e quelli elencati nell’art. 6, tra i quali quelli di cui alla lett. d) del primo comma dell’art. 6, che attribuisce tale natura ai “crediti legalmente sorti durante le procedure concorsuali per la gestione del patrimonio del debitore e la continuazione dell'esercizio dell'impresa”.
E’ pacifico quindi, che sono prededucibili i crediti di terzi sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore nel periodo che va fino all’apertura della procedura ma anche successivamente fino all’omologa, nonché i crediti professionali sorti in funzione della domanda del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione e per la richiesta delle misure protettive, nei limiti del 75% del credito accertato e a condizione che il piano sia omologati, giusto il disposto della lett. b) del primo comma dell’art. 6 CCII, nonché a tutti gli altri crediti cui gli articoli richiamati espressamente dall’art. 64-bis attribuiscono la prededucibilità nel concordato e negli accordi di ristrutturazione dei debiti, sostituendo a questi istituti quello in esame. Godono, pertanto della prededuzione i finanziamenti autorizzati prima dell’omologazione del piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione (art. 99), quelli effettuati in esecuzione del piano (art. 101), quelli erogati dai soci in qualsiasi forma, inclusa l'emissione di garanzie e controgaranzie, fino all'ottanta per cento del loro ammontare (art. 102, che nel coso contemplato nel secondo comma estende la prededucibilità all’intero credito da finanziamento).
Ovviamente, tutti questi crediti, proprio perché prededucibili, non entrano nel piano di ristrutturazione che riguarda i crediti concorsuali, che, come precisa l’aer.98 (anch’esso richiamato dall’art. 64-bis) vanno “soddisfatti durante la procedura alla scadenza prevista dalla legge o dal contratto”.