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Non l’abbiamo vista arrivare: brevi riflessioni sulle ripercussioni della nuova proposta di direttiva in materia di insolvenza sulle procedure liquidatorie in Italia

Lucia De Bernardin, Giudice nel Tribunale di Catania

19 Aprile 2023

Visualizza: Proposta della Commissione Europea per una Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio finalizzata all’armonizzazione di taluni aspetti delle discipline dell’insolvenza – Bruxelles, 7 dicembre 2022

L’A. si sofferma sulle previsioni contenute nella nuova proposta di Direttiva, con particolare riguardo alla liquidazione semplificata per le microimprese.
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1 . Una gestazione in sordina
La nuova direttiva sull’insolvenza[1] non sta suscitando fra gli operatori un interesse analogo a quello riscontrato dalla direttiva Insolvency la quale -probabilmente sospinta dalle riflessioni sul codice della crisi- ha occupato e affaticato gli studiosi del cd. diritto societario della crisi a partire dall’originaria formulazione nella proposta della commissione[2], passando per il testo poi adottato a livello europeo[3] e sino alla sua attuazione a livello nazionale[4].
Le energie dei professionisti e degli studiosi della materia dell’insolvenza sono ora concentrate nello studio e nella metabolizzazione vuoi del nuovo approccio alla crisi di impresa -e quindi nell’approfondimento degli strumenti della composizione negoziata e di regolazione della crisi-, vuoi nella formazione per l’iscrizione all’albo dei gestori della crisi.
Salvo errori si registrano solo un paio di interventi di riflessione sulla nuova proposta di direttiva[5], proposta che -tuttavia- detta una disciplina molto puntuale, astrattamente in grado di impattare in maniera importante non solo sul (non ancora stabilizzato) assetto del codice della crisi, ma anche -e soprattutto- potenzialmente in grado di rivoluzionare profondamente la gestione della maggior parte delle procedure che si troveranno ad essere pendenti negli uffici giudiziari.
Tralasciando in questa sede considerazioni in ordine all’ (attuale) tenore assai puntuale della proposta che parrebbe circoscrivere più che nella direttiva Insolvency il margine di discrezionalità lasciato agli Stati membri per l’attuazione, deve nondimeno rilevarsi come se le disposizioni in materia di revocatoria implicheranno (ragionevolmente)  l’esigenza di apportare lievi modifiche alle previsioni del codice della crisi, se le disposizioni sul prepack in qualsiasi modo saranno attuate comunque non se ne può (tendenzialmente) prevedere un impiego su larga scala, se le disposizioni sugli obblighi degli amministratori e sul comitato dei creditori trovano (quasi certamente) già attuazione nel codice della crisi, se (verosimilmente) le disposizioni sull’interconnessione delle banche dati per la ricerca dei beni potrebbe (finalmente) dare lo sprint finale per l’attuazione delle disposizioni sull’interoperabilità delle banche dati che dal 2015 galleggia inattuata nel nostro ordinamento,  le disposizioni sulla liquidazione semplificata delle microimprese sono destinate (certamente) a rivoluzionare il modo di lavorare di tutti i soggetti che si interfacciano con la crisi di impresa, dal tribunale ai professionisti, passando dal ceto creditorio.
2 . La liquidazione semplificata per le microimprese: ambito di applicazione
La proposta di direttiva punta il faro sulla circostanza che le microimprese sono quelle esposte con una maggiore frequenza all’insolvenza e ciò a causa del fatto che si trovano spesso ad affrontare problemi di liquidità e sono maggiormente esposte a flessioni di liquidità legate alla perdita di un partner commerciale o ai ritardi nei pagamenti da parte dei clienti. Esse, inoltre: “devono anche far fronte alla scarsità di capitale circolante, a tassi di interesse più elevati e a maggiori requisiti in materia di garanzie reali, il che rende difficile se non impossibile reperire finanziamenti, soprattutto in situazioni di difficoltà finanziarie” (cons. 34).
Prendendo atto che le norme nazionali in materia di insolvenza non sono sempre adatte a trattare le microimprese insolventi in modo adeguato e proporzionato, la proposta considera che: “è opportuno riconoscere in particolare la necessità di procedure più rapide, semplici e accessibili e sviluppare procedure di insolvenza separate a livello nazionale conformemente alle disposizioni della presente direttiva” (cons.35).
Dal tenore complessivo della proposta sembra intendersi che le procedure di liquidazione semplificata non siano una mera opzione, trattandosi -piuttosto- di una procedura obbligatoria per tutte le microimprese, essendo rimessa agli Stati membro solo l’eventuale scelta di estendere la procedura semplificata anche alle piccole e medie imprese (cons.35).
A questa obbligatorietà della procedura per le microimprese si aggiunge un altro elemento di vincolo per il legislatore nazionale in sede di attuazione. 
Infatti, mentre la direttiva Insolvency lasciava gli Stati membro liberi di determinare ai sensi del loro diritto nazionale i concetti di micro, piccole e medie imprese (art.2 § 2), per l’individuazione delle microimprese la nuova proposta di direttiva sull’insolvenza impone di ricorrere alle definizioni della raccomandazione della Commissione europea del 06 maggio 2003 (art.2 § 1 lett.j), la quale dispone che sia considerata microimpresa quella che occupa meno di dieci persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a due milioni di euro (art. 2, comma 3)[6]. 
Questo significa che nel catalogo delle procedure di insolvenza italiane dovrà essere necessariamente “ritagliata” una nuova categoria di imprese da assoggettare alla procedura di liquidazione semplificata che conterrà al suo interno tanto imprese attualmente assoggettabili alla liquidazione controllata, quanto imprese assoggettabili alla liquidazione giudiziale, categoria da delimitare non soltanto in relazione al volume di affari -come avviene nel nostro diritto nazionale-, bensì su un criterio composito misto di elementi economici e di forza lavoro .  
E la riflessione, a questo punto, si sposta -inevitabilmente- sull’impatto che questa nuova procedura di liquidazione avrà sulla gestione della crisi di impresa.
L’ISTAT nel 2019 stimava la percentuale di imprese annoverabili quali microimprese rispetto alla quantità complessiva di imprese iscritte nelle nostre camere di commercio nell’ordine del 94%[7]: dato che -pur essendo risalente di quale anno-è ragionevolmente in grado di fornire un ordine di grandezza attendibile.
La quantità di microimprese presenti nel tessuto economico italiano è talmente elevata che l’attuazione della direttiva nei suoi attuali termini porterà (se non ad un sostanzialmente azzeramento) ad un drastico ridimensionamento delle procedure di liquidazione controllata e di liquidazione giudiziale.
3 . Segue. La mancanza di spossessamento
L’impatto della direttiva sulla gestione della crisi nella sua attuale formulazione appare dirompente non solo perché imporrà l’ideazione e lo studio di una nuova procedura di insolvenza che finirà col soppiantare -nella stragrande maggioranza dei casi- le attuali procedure note agli operatori, ma anche perché si tratta di una procedura ideata su un pilastro esattamente opposto a quello su cui si fondano le procedure liquidatorie interne, ossia lo spossessamento dell’imprenditore insolvente.
La proposta di direttiva assume infatti una semplicità dell’attività commerciale tale da rendere sufficiente la vigilanza sulla liquidazione semplificata da parte di una “autorità competente” lasciando al debitore il controllo dei beni e la gestione dell’impresa (cons. 40). La nomina di un amministratore della procedura è non solo subordinata alla duplice condizione della richiesta e della presenza di fondi (nella massa o messi a disposizione dal creditore) per far fronte al suo pagamento (art.39), ma anche alla ricorrenza di una situazione eccezionale con una: “valutazione caso per caso alla luce di tutti gli elementi di diritto e di fatto pertinenti” (art.43 §3). 
Nella logica della liquidazione semplificata, peraltro, il debitore non solo mantiene la gestione dei beni e dell’impresa (art.43), ma è anche -nell’ipotesi di mancata nomina di un amministratore della procedura- l’unica fonte di informazioni per la ricostruzione dell’attivo da liquidare (art.41 §4 lett.c e 48). 
Questa impostazione rischia di creare importanti problemi di gestione pratica delle procedure italiane sotto molteplici aspetti.
- In primo luogo, è esperienza abbastanza diffusa sul territorio nazionale quella dell’imprenditore irreperibile.
La direttiva non prevede l’eventualità che il debitore si disinteressi della gestione sua insolvenza, ma -tant’è- trattasi di realtà molto frequente nel nostro Paese e non è ben chiaro quale dovrebbe essere la sorte della liquidazione di una microimpresa che non abbia fondi al momento della sua apertura (come non lo sono quasi mai le procedure liquidatorie) e in cui l’imprenditore sia irreperibile.
Allo stato, la proposta sembra inderogabile nella parte in cui consente la nomina di un amministratore “solo se sono soddisfatte entrambe le condizioni” (art.39) innanzi descritte, di tal che non sembrerebbe possibile prevedere per gli Stati membro che la procedura si apra e l’amministratore possa essere comunque nominato con costo a carico dell’erario, come attualmente avviene per il nostrano curatore. 
Potrebbe sempre immaginarsi che in simili situazioni si apra una procedura di insolvenza ordinaria, ma appare distonico rispetto allo scopo che si prefigge il legislatore europeo -quello di garantire certezza nella tempistica della liquidazione del patrimonio del debitore insolvente nell’ottica di un migliore funzionamento del mercato interno (cons.1 e 3)- immaginare che in circa la metà delle procedure debba avviarsi una procedura maggiormente dispendiosa in termini di costi e di durata e ciò per la mera determinazione dell’imprenditore non collaborante.
- Esperienza parimenti diffusa è quella per cui l’imprenditore insolvente, lungi dal fornire: “informazioni affidabili e complete sulla sua situazione finanziaria e commerciale” (cons. 40) perché la liquidazione possa essere espletata in modo efficace ed efficiente, tiene invece un atteggiamento reticente o, comunque, scarsamente collaborativo, come dimostra la risibile percentuale di casi in cui l’imprenditore consegna al curatore una documentazione contabile completa ed esaustiva. 
Innanzi a questa situazione nostra nazionale, c’è da chiedersi quale reale efficacia potrà aversi nell’attività di ricostruzione dell’attivo, segnatamente con riferimento all’apprensione di valore tramite azioni posto che queste necessitano non solo (o non soltanto) della documentazione, ma anche di una comprensione completa delle vicende societarie, raramente ottenibile grazie alle informazioni fornite dall’imprenditore.
Sempre in tema di collaborazione alla procedura da parte dell’imprenditore, deve poi osservarsi come non si sia previsto un puntuale obbligo in capo al debitore di gestire l’impresa e i beni oggetto di liquidazione nell’interesse del ceto creditorio (come per esempio imposto all’imprenditore durante la composizione negoziata, art.21 CCII) né -a maggior ragione una sanzione- di tal che appare ancor più difficile pensare che una procedura così strutturata possa portare utilità economica ai creditori essendo -ancora una volta l’esperienza a insegnare- assai ricorrente l’evenienza di “furti particolarmente strani” nei capannoni delle imprese fallite, piuttosto che quella delle autovetture apprese formalmente, ma mai rinvenute materialmente perché inspiegabilmente “sparite” senza lasciare traccia.
- Ulteriore fronte di criticità è quello legato alla vigilanza da parte di un’autorità amministrativa o giudiziaria, con una scelta rimessa agli Stati membro nell’ottica di garantire l’efficienza in termini di costo e di rapidità delle procedure (cons.36).
Il nostro Paese ha tradizionalmente affidato alla supervisione dell’autorità giudiziaria il monitoraggio e il controllo sulle procedure di insolvenza, ma tale controllo era sempre legato alla circostanza che vi era un soggetto nominato dall’ufficio che apprendeva i beni dell’imprenditore e offriva gli elementi per effettuare le valutazioni e compiere le scelte necessarie. 
In un contesto in cui il Giudice non ha se non quello che gli viene prospettato dal debitore appare ben arduo immaginare la consapevolezza delle scelte, anche fosse solo la determinazione delle modalità vendita di un bene che -magari- non è nelle “ottime condizioni” prospettate.
4 . Segue. La ricostruzione dell’attivo
Fronte meno critico dal punto di vista della gestione, ma ugualmente impattante rispetto alle modalità con cui sono impostate le procedure di liquidazione in Italia è quello che riguarda la ricostruzione dell’attivo.
Anche qui, la realtà insegna che l’attività di impresa è sempre meno svolta con beni di proprietà dell’imprenditore perché sempre più spesso questa viene realizzata grazie a contratti che accordano la disponibilità di beni di terzi (specialmente: locazione e leasing) che, ovviamente, non possono essere oggetto liquidazione strictu sensu. A ciò aggiungasi che raramente all’avvio delle procedure liquidatorie si rinvengono beni di valore apprezzabile essendosi -a quel tempo- il valore aziendale spesso già ampiamente consumato. 
Innanzi a situazioni di scarsità o dispersione dei beni, nella stragrande maggioranza delle procedure l’attivo offerto ai creditori deriva dalle azioni di massa o di pertinenza della massa.
In ordine alle azioni -al netto delle problematiche già descritte legate all’acquisizione di un quadro completo ed attendibile delle vicende dell’impresa- colpisce che la proposta concentri il fuoco delle azioni atte a ripristinare le garanzie dei creditori sulle azioni revocatorie. Sono, infatti, non solo le uniche azioni compiutamente e dettagliatamente disciplinate nella proposta (titolo II), ma anche le uniche che -almeno stando all’attuale testo- sono astrattamente idonee a consentire la “conversione” della procedura di liquidazione semplificata in una procedura di liquidazione ordinaria, ove ciò sia giustificato dal valore della massa o dalla durata prevista (art.47 lett.c), subordinatamente ad una valutazione di utilità per la massa (cons.43).
È noto -tuttavia- a tutti coloro che operano nell’ambito della crisi di impresa che buona parte delle vicende giuridiche legate alla ricostruzione dell’attivo nel nostro Paese non ruota attorno alla rimozione degli effetti di atti dispositivi leciti (quale appunto la revocatoria), quanto piuttosto all’avvio di azioni risarcitorie per attività illecite dall’imprenditore (quali le azioni di responsabilità).
Innanzi a un quadro in cui: da un lato, sembrerebbe intendersi che azioni eccessivamente “importanti” dal punto di vista economico ed in termini di complessità, oltre che di durata, non siano compatibili la procedura di liquidazione semplificata; dall’altro, non sembrerebbe possibile effettuare la conversione in procedura liquidatoria ordinaria se non a fronte di azioni revocatorie, vi è da chiedersi quali utilità economiche potranno effettivamente essere portate a beneficio dei creditori all’esito della procedura.
5 . Definitivo tramonto di un’epoca?
I giudici delegati e i curatori nati all’ombra della legge fallimentare del 1942 erano abituati a procedure infinitamente lunghe pur di recuperare anche poche lire, quelli cresciuti dopo la novella del 2006-2007 hanno iniziato a confrontarsi con un legislatore che imponeva una programmazione della liquidazione, quelli piombati nella stagione delle riforme 2012-2016 hanno imparato che le procedure troppo lunghe patiscono le azioni con la legge Pinto e che pertanto occorre chiuderle, quelli che hanno elaborato le buone prassi ora compendiate nelle linee guida del CSM del luglio 2022 hanno cercato di elaborare strategie per contemperare il valore delle attività messe in cantiere dalle procedure col beneficio concretamente ottenibile dai creditori, i giovani che hanno visto solo il Codice della crisi conoscono un testo che impone rigide scansioni per il loro operato, oltre che una rigorosa valutazione dei costi/benefici di qualsiasi attività. 
La legislazione italiana in tema di insolvenza ha seguito una linea che si è andata progressivamente spostando verso un traguardo di efficacia e di rapidità delle procedure di insolvenza. La strada per tagliare il nostro era forse ancora lunga, ma la direzione era ed è ben chiara a tutti gli operatori.
La liquidazione semplificata ci impone un improvviso balzo in avanti verso la direzione della rapidità con un (probabile) sacrificio dell’efficacia. Ma tant’è “ce lo chiede l’Europa” e, forse, sarebbe il caso di vedere che sta arrivando e procurarci il trampolino per farlo, questo salto, o chissà, meglio ancora, capire come farlo consapevolmente 

Note:

[1] 
Proposta di direttiva del parlamento europeo e del consiglio che armonizza taluni aspetti del diritto in materia di insolvenza reperibile su: https://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:8adadc6c-76e9-11ed-9887-01aa75ed71a1.0018.02/DOC_1&format=PDF 
[2] 
Proposta di direttiva del parlamento europeo e del consiglio riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, la seconda opportunità e misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza e liberazione dai debiti, e che modifica la direttiva 2012/30/UE reperibile su: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52016PC0723&from=IT 
[3] 
Direttiva (UE) 2019/1023 del parlamento europeo e del consiglio del 20 giugno 2019, reperibile su: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32019L1023&from=IT 
[4] 
Decreto legislativo 17 giugno 2022, n. 83 Modifiche al codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14, in attuazione della direttiva (UE) 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l'esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull'insolvenza): https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2022/07/01/22G00090/sg 
[5] 
L. Panzani, Osservazioni ragionate sulla proposta di una nuova Direttiva di armonizzazione delle leggi sull’insolvenza, 10 gennaio 2023, in Dirittodellacrisi.it e K. Silvestri, La proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto dell'insolvenza, 17 gennaio 2023, in Dirittodellacrisi.it 
[6] 
Raccomandazione della commissione del 6 maggio 2003 relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese, reperibile al link: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32003H0361&from=IT
[7] 
https://www.istat.it/storage/ASI/2021/capitoli/C14.pdf