Il dibattito sul significato dell’art. 112, comma 2, lett. d) CCII e sulla lettura dell’art. 11 Direttiva (UE) n. 2019/1023
È stato detto (a proposito della Direttiva “Restructuring”), che se un testo normativo contenente settanta “riserve” od “opzioni” non può certo tendere a un’armonizzazione stringente di ventisette ordinamenti di diritto concorsuale [1], nondimeno può rappresentare un primo passo per la costruzione di un repertorio comune di concetti giuridici.
Appartiene a questo repertorio un istituto che sta facendo molto discutere: ci riferiamo al cross-class cram-down, disciplinato nell’art. 11 della Direttiva, tradotto, all’art. 112 CCII, nell’istituto della ristrutturazione trasversale.
Testimonianze di questa discussione, in Italia, sono la sentenza del Tribunale di Bergamo dello scorso 11 aprile [2] , gli scritti che l’hanno commentata [3], ed altri lavori (molti dei quali apparsi in questo portale) che hanno approfondito il tema [4].
Il punto più controverso, com’è noto, è stato l’individuazione delle maggioranze (...o delle minoranze) necessarie (o sufficienti, secondo il punto d’osservazione) per l’omologazione del concordato preventivo in continuità in assenza del voto favorevole di tutte le classi. La questione si è appuntata sulla formulazione dell’art. 112, comma 2, lett. d), dove è prescritto, perché l’omologazione sia concessa, che la proposta sia stata approvata «dalla maggioranza delle classi, purché almeno una sia formata da creditori titolari di diritti di prelazione, oppure, in mancanza, la proposta [sia] stata approvata da almeno una classe di creditori che sarebbero almeno parzialmente soddisfatti rispettando la graduazione delle cause legittime di prelazione anche sul valore eccedente quello di liquidazione». La formulazione della disposizione, nella parte riportata in corsivo, ha dato adito a due interpretazioni.
Secondo la prima, l’assenso della maggioranza delle classi sarebbe sempre indispensabile, mentre l’alternativa evocata dalla norma riguarderebbe la presenza, fra le classi assenzienti, di una di creditori privilegiati oppure di una di creditori in the money, di coloro, cioè, che nell’eventualità di un insuccesso del concordato, sarebbero comunque protetti dall’applicazione della regola di priorità assoluta nell’ambito di un diverso strumento di regolazione della crisi, o di una liquidazione giudiziale [5].
A mente dell’opposto orientamento (fatto proprio dalla pronuncia bergamasca sopra citata), i termini dell’alternativa sarebbero, invece, l’approvazione a maggioranza delle classi da un lato (almeno una delle quali composta da creditori privilegiati), e, dall’altro, l’approvazione da parte di una sola classe (o di una minoranza di classi) formata di creditori in the money [6].
Non è questa la sede per illustrare analiticamente gli argomenti che sono stati portati a sostegno dell’uno o dell’altro orientamento. Basti ricordare, che la prima delle due interpretazioni è stata difesa osservando che la possibilità che si deroghi alla regola della maggioranza delle classi darebbe «vita a un sistema eccezionale, ovvero ad un concordato omologato grazie al voto favorevole di un gruppo di creditori davvero sparuto. Sistema tanto più sorprendente, ove si consideri che la classe favorevole potrebbe essere formata - come chiarito sopra - da creditori che per numero e qualità non sono significativi» [7]. Basti ricordare, d’altro canto, che la seconda proposta interpretativa è stata riccamente argomentata facendo leva, fra l’altro, sull’immanenza (negli artt. 110 e 112 CCII) di un “principio di minoranza”, e sulla circostanza che gli Stati Membri, i quali si sono discostati dal modello di cross-class cram-down proposto dal legislatore eurounitario, esigendo in ogni caso l’approvazione della maggioranza delle classi, l’hanno fatto con disposizioni inequivocabili.
Uno dei primi provvedimenti sul cross-class cram-down nello StaRUG
Fra questi ordinamenti c’è quello tedesco, che disciplina l’approvazione del Restrukturierungsplan (“piano di ristrutturazione” secondo la terminologia eurounitaria) da parte di una maggioranza di classi (gruppenübergreifende Mehrheitsentscheidung) al § 26 dello StaRUG (Gesetz über den Stabilisierungs- und Restrukturierungsrahmen für Unternehmen). È vero che tale legge dà vita a un istituto non pienamente accostabile al nostro concordato in continuità (si fonda su presupposti oggettivi diversi, e presenta una fisionomia più malleabile); ma su queste differenze si può soprassedere [8].
Presentiamo qui, in traduzione, uno dei primi provvedimenti che si è occupato dell’interpretazione del citato § 26 StaRUG, il Beschluss dell’Amtsgericht di Monaco di Baviera del 15 febbraio 2023 [9].
La pronuncia merita segnalazione per tre motivi.
Anzitutto, per la peculiarità del caso. Purtroppo, la pronuncia (un provvedimento interlocutorio ai sensi del § 46 StaRUG reso ad istanza del debitore e diretto a sciogliere questioni preliminari in punto di diritto) manca dell’esposizione dei fatti. Stando alla ricostruzione operata da un commentatore tedesco [10], si era in presenza di un Restrukturierungsplan di una start-up contemplante due sole classi di soci: una classe di soci pronti a finanziare il rilancio dell’impresa, e una di soci “renitenti”. Di là dalla correttezza o meno nella costruzione delle classi (che la pronuncia pure affronta), e di là dall’ammissibilità di un piano diretto esclusivamente a rivedere la struttura del capitale, senza occuparsi della posizione dei creditori (che la pronuncia scioglie, implicitamente, ammette [11]), il problema centrale concerneva, evidentemente, la possibilità che il piano potesse essere approvato soltanto con l’assenso della prima delle due classi. Soluzione che, come vedremo subito, la lettera del § 26 StaRUG parrebbe precludere.
Di qui il secondo motivo d’interesse della pronuncia: essa affronta una questione sotto molti aspetti coincidente a quella che, fin qui, ha perlopiù impegnato i nostri operatori, cioè se sia in ogni caso necessaria, in assenza dell’unanimità delle classi, quanto meno l’approvazione di una maggioranza di esse.
Il § 26 StaRUG, al riguardo, è apparentemente tranchant, poiché dispone che il piano può essere approvato e omologato dal tribunale quando: a) il piano assicura ai dissenzienti un trattamento migliore di quello che potrebbero ricevere in assenza di piano; b) il valore generato dal piano è distribuito nel rispetto delle regole sancite dai §§ 27 e 28 (quella della priorità assoluta, con notevoli temperamenti); c) vi è comunque il voto favorevole della maggioranza delle classi (o di una classe sola, quando il piano ne preveda due sole), alla condizione che queste non siano formate esclusivamente da soci o creditori di rango inferiore (nachrangige Gläubiger).
La maggioranza sembrerebbe pertanto sempre necessaria, salvo che nel caso in cui le classi siano soltanto due, e quella che approva sia composta da soli creditori, e non postergati.
Di qui, la proposta della difesa del debitore di seguire un’interpretazione restrittiva del requisito della maggioranza – richiamando anche l’art. 11, comma 1, lett. b), ii Direttiva (UE) n. 2019/1023 –, motivata dall’assenza, nel caso di specie, del bisogno di realizzarne la ratio: proteggere i creditori “in the money” dissenzienti e di minoranza, dalla formazione di maggioranze di creditori “out of the money”, evidentemente interessati all’approvazione del piano. Assente, nel caso di specie, un simile conflitto (essendo le classi composte di soli soci, per antonomasia “out of the money”), la maggioranza rappresenterebbe un indebito ostacolo al risanamento dell’impresa.
Del resto, la formulazione della norma, è stato fatto osservare in dottrina, non sarebbe così inequivoca: là dove prescrive che le classi appartenenti alla maggioranza assenziente non siano composte esclusivamente da soci o creditori postergati [12], usa il plurale, e pare far riferimento proprio all’ipotesi in cui sia davvero richiesta una maggioranza di classi, e non al diverso caso (come quello in esame), le classi siano solo due, e sia sufficiente l’assenso di una classe sola [13].
L’Amtsgericht, tuttavia, nel respingere questa tesi, ha fatto leva sulla «chiara formulazione» della disposizione, nonché sull’immanenza, nel diritto concorsuale tedesco, di un “principio di maggioranza”.