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Saggio

Ruolo, funzioni e responsabilità dell'Esperto nella Composizione negoziata*

Massimo Fabiani, Ordinario di diritto commerciale nell’Università del Molise

19 Novembre 2024

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Il saggio si propone di analizzare, con una visione trasversale, i diversi momenti nei quali l’esperto partecipa al percorso della composizione negoziata, mettendo in luce le caratteristiche dell’incarico e la sua peculiarità, rilevante in un confronto con altre figure e ai fini delle sue eventuali responsabilità. 
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1 . CNC ed Esperto un connubio indispensabile
Non ci può essere composizione negoziata della crisi (breviter, CNC) senza esperto e non c'è esperto senza CNC: questo dovrebbe essere l'incipit di uno studio sul ruolo dell'esperto, assai meno banale di quanto a prima vista può apparire. 
La composizione negoziata nasce come superamento e alternativa alla procedura "assistita" affidata agli OCRI[1] per una ragione di fondo: si è voluto distaccarsi da un modello amministrativo (e burocratico) per affidarsi ad un modello negoziale ma non lasciato alla perfetta autonomia delle parti. Se è vero, infatti, che sono le parti a ricercare possibili soluzioni concordate della crisi, si è ritenuto necessario accompagnare la ricerca della soluzione con la presenza di una figura indipendente in grado di agevolare le trattative, ma anche in grado di interloquire con il tribunale ogni volta che le parti si rivolgono alla autorità giudiziaria per ottenere dei benefici che la sola autonomia delle parti non consentirebbe di raggiungere. 
L'idea di fondo della CNC è quella di identificare un "luogo" nel quale le parti si possono incontrare, senza i rischi di un immediato approccio eterotutelante, ma in modo formale e in un clima di reale serietà di intenti. Può darsi che la CNC, poi, per la sua estrema flessibilità[2] possa durare il tempo di un solo incontro o un tempo di ben trecentosessanta giorni, ma resta il fatto che si è voluto costruire la potenzialità di un dialogo che non dovrà, mai, essere velleitario. Può ben darsi che l’esperto quando riceve i dati, non possa esaminarli “senza indugio” ma ben può capitare che vi siano difetti macroscopici immediatamente visibili dai dati presentati dal debitore, che non escludono una rapida l’archiviazione[3]. 
L'esperto deve assumere, sin da subito, la piena consapevolezza che la sua partecipazione al processo (inteso in senso non tecnico come procedimento giudiziario ma come evoluzione di atti e fatti) deve essere funzionalizzata a due obiettivi paralleli e concorrenti: (i) la CNC assolve alla finalità di assicurare che vi sia un continuità nell'attività d'impresa; (ii) questa continuità non è fine a sé stessa ma deve essere diretta a perseguire l'interesse dei creditori, quanto meno a non pregiudicarli, se la situazione dell'impresa non è già compromessa. 
Se questi sono i punti cardinali della CNC, è tutto sommato agevole avvedersi del fatto che l'esperto non deve allarmarsi se l'impresa giunge alla CNC in una condizione di insolvenza, perché ciò che rileva davvero è la possibilità che vi sia un risanamento proprio dell'attività economica[4] e non un risanamento dell'esposizione debitoria[5]. È, dunque, importante che l'esperto non si adagi sulla soluzione proposta diretta a risanare le passività perché l'art. 12 CCII fa esplicito riferimento al risanamento dell'impresa, una formula distante da quella adoperata per il piano attestato di cui all'art. 56 CCII là dove il risanamento è volto alla regolazione dell'esposizione debitoria (anche se pure nel piano attestato il riequilibrio dell'attività economica resta un obiettivo). 
Sennonché, l'esperto non può, al rovescio, adagiarsi sulla soluzione della prosecuzione dell'attività se questa non si accompagna alla tutela delle ragioni dei creditori; gli indici normativi che aiutano l'interprete a predicare che nella CNC la posizione dei creditori è di pari rilievo[6] sono diversi: l'art. 21, comma 1, CCII sulla gestione dell'impresa ("Quando, nel corso della composizione negoziata, risulta che l' imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l'impresa e individua la soluzione per il superamento della situazione di insolvenza nel prevalente interesse dei creditori"); l'art. 22 CCII in tema di autorizzazioni ("Su richiesta dell'imprenditore il tribunale, verificata la funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori, può..."); l'art. 19, comma 6, CCII in tema di revoca delle misure protettive ("Su istanza dell'imprenditore, di uno o più creditori o su segnalazione dell'esperto, il giudice che ha emesso i provvedimenti di cui al comma 4 o 5 può, in qualunque momento, sentite le parti interessate, e in ogni caso a seguito dell'archiviazione dell'istanza ai sensi dell'articolo 17, commi 5 e 8, revocare le misure protettive e cautelari,  o abbreviare la durata, quando esse non soddisfano l'obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiono sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti."). 
Le coordinate ora rappresentate consentono di sostenere con fermezza che la partecipazione dell'esperto al processo è una condizione indispensabile perché sia possibile un esito positivo della CNC; certo, le parti possono avviare un "tavolo" di negoziazione nell'ambito della loro autonomia ma se, invece, prende forma il percorso[7] della CNC, lì il ruolo dell'esperto diviene fondamentale e imprescindibile (art. 16, comma 2 bis, CCII: " L' esperto dà conto, nei pareri che gli vengono richiesti, dell'attività che ha svolto e che intende svolgere nell'agevolare le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati.") pur quando, come ora l'art. 17, comma 5, CCII consente di fare, la trattativa si svolge direttamente tra le parti interessate senza la presenza dell'esperto ("L'imprenditore partecipa personalmente, può farsi assistere da consulenti e informa l'esperto sullo stato delle trattative che conduce senza la sua presenza.")[8].
2 . La posizione di indipendenza e di terzietà
L'esperto è per espressa definizione normativa (art. 2 bis CCII) il soggetto terzo e indipendente, iscritto nell'elenco di cui all'art. 13, comma 3, e nominato dalla commissione di cui al comma 6 del medesimo articolo 13, che facilita le trattative nell'ambito della composizione negoziata. 
Le soluzioni possibili per selezionare un soggetto che partecipasse, agevolandole, alle trattative potevano essere diverse[9] e nei lavori ministeriali se ne è ampiamente discusso, per poi giungere alla scelta di affidare la nomina ad un organo collegiale, di composizione variegata, in grado, almeno idealmente, di intercettare diverse esigenze. 
Indipendenza e terzietà dell’esperto andrebbero intesi come termini che non esprimono una endiadi ma due concezioni distinte. 
L’indipendenza è un requisito, prevalentemente formale, agganciato alla mancata ricorrenza di alcune possibili incompatibilità date da rapporti di carattere personale o professionale pregressi con i possibili attori del processo[10], non solo il debitore, ma anche i creditori ed eventuali soggetti terzi (quali gli investitori) interessati al processo di risanamento. L’esperto deve valutare con grande attenzione la sussistenza di eventuali profili di incompatibilità, quand’anche remoti, e ciò al fine di rappresentarli alle parti, perché ciò che non può essere tollerata è la reticenza. Le parti hanno la possibilità di discutere questi aspetti ed è quindi corretto da parte dell’esperto metterle nelle condizioni di svolgere le loro valutazioni. 
Discorso diverso è quello che attiene al requisito di terzietà che va inteso in modo più sostanziale: l’esperto nella conduzione delle trattative e nelle modalità di condotta deve essere, ma anche apparire, equidistante dalle parti[11] e qui il tema si pone con maggiore delicatezza perché la neutralità, assolutamente necessaria, non deve “scadere” nella indifferenza rispetto ai risultati attesi e non deve impedire all’esperto di rappresentare alle parti quali sono le soluzioni che giudica percorribili. 
Il crinale è assai sottile: se si vuole che l’esperto reciti una parte e non si ponga dal lato dello spettatore è importante che si “spenda”, ma al contempo l’esperto non è il risolutore della negoziazione ma solo il facilitatore[12]/intermediatore[13], sì che il suo interventismo deve arrestarsi ove dovesse essere interpretato come la presa di posizione di una parte (e non delle altre). 
Come è facile intuire, di là dalle competenze attese – l’esperto è un professionista delle crisi come auspicato dal legislatore unionale[14] -, ed è stato opportunamente ricordato, è fondamentale creare un clima di empatia che consenta di avviare il processo di recupero di un clima di sfiducia che anche il solo accesso alla CNC può avere minato[15], e l’esperto deve giuocare le sue carte proprio per favorire la ripresa di un dialogo e rimuovere le diffidenze[16]. 
Questo è il significato più profondo della terzietà che le parti si aspettano dall’esperto.
3 . La leale collaborazione con le parti interessate
Il codice della crisi ha elevato tra i principi fondamentali il dovere di buona fede e correttezza che deve investire tutti i protagonisti interessati al processo di risanamento/ristrutturazione. 
 In questo ambito, tutti i soggetti coinvolti debbono prestare una leale collaborazione anche nella composizione negoziata[17]. L’esperto deve attendersi una relazione collaborativa da parte del debitore, dei creditori e dei soggetti terzi interessati, ma deve parimenti impegnarsi nella stessa direzione facendo sì che costoro si attendano, a loro volta, la leale collaborazione dell’esperto[18]; l’art. 16, comma 6, CCII stabilisce espressamente che tutte le parti coinvolte nelle trattative hanno il dovere di collaborare lealmente e in modo sollecito con l'imprenditore e con l'esperto e rispettano l'obbligo di riservatezza sulla situazione dell'imprenditore, sulle iniziative da questi assunte o programmate. 
Per agevolare questo scambio è utile rammentare che, in linea di principio, la conduzione delle trattative dovrebbe avvenire in una cornice di riservatezza e, dunque, leale collaborazione significa anche utilizzo prudente delle informazioni che vengono raccolte. 
Allo stesso modo, quando l’esperto si avvale degli strumenti informativi che la legge gli pone a disposizione (v., art. 14, commi 1 e 2, CCII, in tema di accesso alle banche-dati) è importante che ne dia conto nella conduzione delle trattative in misura direttamente proporzionale alla funzionalità di queste informazioni rispetto al successo dell’operazione.
4 . I compiti dell'esperto e le interlocuzioni con gli altri protagonisti
L’avvio del percorso decolla dalla verifica dell’esito del test pratico[19] che consente di misurare il grado di difficoltà del percorso che l’imprenditore dovrà affrontare per il risanamento e in che misura il successo dell’operazione dipende dall’adozione di iniziative in discontinuità rispetto al passato. La valutazione della complessità del risanamento è svolta attraverso il rapporto tra l’entità del debito che deve essere ristrutturato e quella dei flussi finanziari liberi che possono essere posti annualmente al suo servizio. L’esperto deve prendere cognizione: (i) del livello dell’organizzazione dell’impresa; (ii) della rilevazione della situazione contabile e dell’andamento corrente; (iii) dell’individuazione delle strategie di intervento atte a rimuovere le cause della crisi; (iv) delle proiezioni dei flussi finanziari tenuto conto che è imprescindibile la continuità dell’attività d’impresa; (v) delle modalità di risanamento del debito. Presa contezza di tali elementi di valutazione, l’esperto convoca senza indugio l’imprenditore per valutare la perseguibilità del risanamento dell’impresa sulla base della richiesta e delle informazioni assunte anche presso l’organo di controllo ed il revisore legale, quando in carica, informandolo della cornice della CNC e ciò affinché il debitore assuma delle condotte consapevoli, nell’interesse suo e di quello dei creditori[20].  
Quando l’esperto ravvisa, diversamente dall’imprenditore, anche a seguito dei primi confronti con i creditori, la presenza di uno stato di insolvenza, questo non necessariamente gli impedisce di avviare la composizione negoziata[21]. Occorre, però, che l’esperto reputi che vi siano concrete prospettive di risanamento che richiedano una sostanziale discontinuità, da perseguire anche in via indiretta attraverso la cessione dell’azienda o di rami di essa, nel quale caso dovrà tenere conto delle concrete manifestazioni di interesse eventualmente ricevute dall’imprenditore o da terzi. Diversamente, ogni volta che appaia velleitario l’accesso alla CNC è decisamente preferibile che l’esperto proceda con l’archiviazione[22], senza che sia necessaria una vera e propria dannosità della prosecuzione delle trattative[23]. 
Si discute a chi spetti selezionare le parti con cui avviare il percorso negoziale, ma risulta difficile immaginare che non sia lo stesso debitore a dover individuare le parti con cui trattare; certo, l’esperto valuterà se l’individuazione delle parti è coerente con le prospettive di successo della CNC ma il compito di decidere con chi trattare resta affidato nelle mani del debitore.
5 . La conduzione delle trattative
L’esperto agevola le trattative tra l’imprenditore, i creditori e gli altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento dello squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa, in funzione di consentire all’impresa di rimanere sul mercato. Fin dal primo incontro con le parti interessate, l’esperto ricorda a ciascuna di esse i doveri di cui agli artt. 4 e 16, commi 5 e 6, CCII. La conduzione delle trattative deve avvenire con le modalità più acconce al caso specifico: possono essere opportuni incontri con sistemi di videoconferenza, oppure con diretta partecipazione; può essere utile (o forse necessario) che l’esperto prenda “confidenza” con i luoghi ove l’impresa si svolge (specie se si tratta di un organismo produttivo o commerciale) per cogliere quei fattori di rilevanza del fattore umano che una situazione di crisi genera. Di certo e per vari profili, tutta l’attività diretta dall’esperto deve essere “rendicontabile”[24] nel senso che durante gli incontri con l’imprenditore e le parti interessate dovrà essere redatto un verbale, contenente anche l’elenco (non il contenuto) della documentazione trasmessa in vista della riunione o successivamente ad essa, ma il verbale potrebbe (forse preferibilmente) essere accompagnato da una audio o video registrazione (che, però, presuppone il previo consenso delle parti all’audio o video registrazione. 
Non è necessario che tutti gli incontri tra le parti interessate avvengano alla presenza dell’esperto, ma di ogni incontro deve essere informato. In ogni caso, tutte le comunicazioni rilevanti debbono avvenire con mezzi tracciabili e preferibilmente con trasmissione di messaggi di posta elettronica certificata. 
Le tecniche di facilitazione/intermediazione vanno calibrate rispetto alla specifica situazione dell’impresa e tuttavia è ragionevolmente preferibile che l’avvicinamento tra le parti debba avvenire, a cura dell’esperto, secondo una negoziazione “circolare” che tenda a collettivizzare le criticità in luogo di una ricerca di intese duali[25], il che non comporta che gli incontri debbano essere bilaterali o multilaterali ma semplicemente che la tecnica va calibrata caso per caso[26].
6 . I rapporti con il debitore
L’esperto è un facilitatore e per assolvere a questo delicato compito deve rappresentare al debitore quale è il suo ruolo, come si atteggerà nel prosieguo del percorso, come si rapporterà con gli altri protagonisti del proscenio della crisi. Come accennato, deve informare il debitore di quali sono gli effetti che la legge prevede in merito alla gestione dell’impresa (art. 21 CCII)[27], quali sono le potenzialità che la legge offre (artt. 18, 19 e 22 CCII), quali possono essere le condotte attese dei creditori e, in particolare, degli istituti di credito. Ma soprattutto l’esperto deve far comprendere al debitore che la soluzione di uscita dalla composizione negoziata è un esito differente da quelli che si possono raggiungere con l’accesso ad uno strumento di regolazione della crisi e deve rappresentargli gli effetti in base ad una analisi differenziale, fermo restando che la scelta compete all’imprenditore e ai suoi professionisti. Tuttavia, la sua posizione di terzietà e indipendenza dovrebbe anche conferirgli un ruolo autorevole e tale da agevolare la comprensione di scenari cui il debitore non è abituato. 
L’esperto deve immediatamente informare il debitore della propria intenzione di richiedere l’archiviazione della pratica (motivandone le ragioni) e deve, preferibilmente, ascoltarlo prima di procedere in modo da assicurare un contraddittorio informale.
7 . I rapporti con i creditori e altri interessati
La presentazione dell’istanza di accesso alla CNC è un fatto che può spezzare un equilibrio di rapporti con i creditori; in verità, un approccio tempestivo alla CNC dovrebbe rappresentare, invece, proprio la modalità elettiva per conservare le relazioni con i creditori, ma è ben noto che l’esperienza insegna come tutto venga vissuto come un segnale di allarme quasi irreversibile. L’esperto, sin dai primi contatti con i creditori, quando ritiene che il risanamento sia perseguibile deve cercare di favorire la ricostituzione di un clima di fiducia tra debitore e creditori[28], illustrando quali possono essere le soluzioni a valle della CNC, sia tenuto conto del progetto del debitore, sia delle concrete prospettive che la situazione, vista in modo oggettivo, può presentare. 
Nell’ambito dell’obiettivo della CNC – il ragionevole perseguimento del risanamento dell’impresa (art. 12 CCII)[29] – l’esperto deve agevolare il tavolo delle trattative avendo, però, anche un ulteriore punto di riferimento e cioè la preservazione dei posti di lavoro. Tuttavia, l’inciso (“nella misura possibile”) fa subito comprendere come la conservazione dei livelli occupazionali sia un elemento di ponderazione del programma di risanamento ma non è l’orizzonte principale il che si traduce in una considerazione cristallina: la prosecuzione dell’attività non può mai essere fine a sé stessa ma deve essere orientata a risolvere la situazione di crisi in relazione al superamento dell’esposizione debitoria. Da questo punto di vista la CNC resta istituto fortemente distante dall’amministrazione straordinaria. 
In tale contesto, però, non v’è dubbio che un interlocutore fondamentale dell’esperto siano i rappresentanti dei lavoratori[30] e ciò anche quando non vi siano esposizioni debitorie nei loro confronti; il criterio della preservazione dei posti di lavoro può divenire un elemento di valutazione decisivo laddove nel corso delle trattative si palesino più soluzioni possibili, equivalenti in termini di tutela dei creditori, perché in tal caso l’esperto dovrebbe ritenere preferibile, laddove ne sia chiesto il parere, quella che meglio garantisce i livelli occupazionali. 
Lo scenario di crisi ma anche di volontà di assicurare la continuità dell’impresa include parti ulteriori: da un lato, è essenziale che l’esperto verifichi se la clientela sia disponibile a proseguire le relazioni commerciali, dall’altro lato deve valutare quale sia la posizione dell’impresa sul mercato, quali profili concorrenziali possano porsi, quale può essere l’interesse di eventuali investitori ad acquisire quote di partecipazione della società debitrice. A tal proposito, l’esperto “può invitare le parti a rideterminare, secondo buona fede, il contenuto dei contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita se la prestazione è divenuta eccessivamente onerosa o se è alterato l’equilibrio del rapporto in ragione di circostanze sopravvenute”, con l’ulteriore corollario che le parti “sono tenute a collaborare tra loro per rideterminare il contenuto del contratto o adeguare le prestazioni alle mutate condizioni”. Non vi è la soluzione imposta di una rinegoziazione forzata affidata al giudice[31] ma la scelta di attribuire all’esperto il compito, sempre nell’ottica della facilitazione, di verificare se nuove condizioni contrattuali siano sopportabili dalle parti[32] - esercitando il ruolo di riequilibratore[33] - e ciò assuma un rilievo di funzionalità con la continuità d’impresa in un clima cui non dovrebbe restare estraneo un principio di solidarietà[34]. 
Poiché, almeno in linea astratta e di auspicio, l’impresa risanata dovrebbe conservare valore, deve essere attentamente valutata la posizione dei soci[35], i quali, pure, sono tenuti a comportarsi secondo correttezza e buona fede; i soci si possono attendere da un’uscita virtuosa dalla CNC di essere ancor ai protagonisti dell’impresa ma tale attesa non deve tracimare in comportamenti ostruzionistici o, all’opposto, latamente ricattatorii. 
La collettivizzazione delle indagini e delle informazioni si rivela, allora, una trave portante dell’attività dell’esperto.
8 . Il rapporto con il tribunale
L’esperto non è un organo della procedura per una semplice ragione: la CNC non è una procedura in sé, a prescindere dalla sua concorsualità comunque esclusa dal tenore dell’art. 2 CCII[36]. Più precisamente, nella CNC non vi sono organi cui siano attribuite funzioni e, in ogni caso, l’esperto è nominato dalla Commissione costituita presso la CCIAA e non dal tribunale che, invece, può designare, di volta in volta, un ausiliario cui affidare l’espressione di pareri ed eventuali altre attività ricognitive. 
Ciò nondimeno, esistono più occasioni nelle quali è previsto un dialogo tra l’esperto ed il tribunale sì che il ruolo dell’esperto va catalogato come quello di un “informatore”. È ben noto che nei procedimenti in camera di consiglio ed in quelli cautelari il giudice può assumere informazioni e l’esperto assume, proprio, tale ruolo[37]. Nella prassi si è, però, già delineata una modalità di interlocuzione informale tra l’esperto e il tribunale – quasi fisiologica – nella quale l’esperto colloquia con il giudice nella prospettiva di vigilare sull’andamento della CNC le quante volte esista un ruolo “permanente” del tribunale. Infatti, se la CNC non è un procedimento, una procedura o un processo; tuttavia, è un percorso all’interno del quale si possono innestare “incidenti” (o parentesi)[38] giurisdizionali[39], talora limitati ad interventi occasionali (si vedano le autorizzazioni di cui all’art. 22 CCII), ma talora a spettro temporale più esteso perché le misure protettive non solo vanno confermate ma in una serie di circostanza possono essere, anche, revocate. Da questo punto di vista esiste, allora, un tribunale che sebbene in modo indiretto sorveglia l’andamento della CNC e, dunque, non è eterodosso che si crei un dialogo tra l’esperto e il giudice. L’intervento del giudice è voluto ogni volta che un certo effetto che il debitore vuole che si produca mette a rischio i diritti dei creditori ed allora sorge il bisogno di assicurare una forma di eterotutela.[40]
9 . L'esperto e la valutazione degli atti di straordinaria amministrazione
Una delle “cifre” portanti della CNC è costituita dalla assoluta permanenza della gestione dell’impresa in capo al debitore (art. 21 CCII) al quale è affidata la responsabilità nella conduzione dell’attività, ma una conduzione che è, in verità, tutt’altro che priva di lacci e lacciuoli quando la gestione, in particolare, deve porre al centro delle decisioni la tutela del preminente interesse dei creditori, ciò che accade nelle situazioni di insolvenza. Qui, però, più che altro preme ribadire che tanto gli atti di straordinaria amministrazione che i pagamenti non coerenti con l’esercizio dell’impresa e potenzialmente dannosi per i creditori debbono essere sottoposti all’esame dell’esperto. L’esperto non ha il compito di autorizzarli (o non autorizzarli) il che comporterebbe un minimo spossessamento (non ricorrente)[41] – né tanto meno può impedirli -[42], ma deve valutarli in funzione di verificarne la coerenza al piano di risanamento che il debitore ha programmato. Non appone un visto di conformità, ma semmai informa il debitore dei rischi connessi al compimento di quegli atti e sottopone all’imprenditore l’opportunità di non porli in essere in una sorta di moral suasion[43] che può trovare un canale di condivisione da parte dell’organo di controllo (quando nominato) che pure deve essere informato. Sennonché, ove nella sua libertà di azione il debitore intenda coltivare l’iniziativa, l’esperto valuterà se la dissonante condotta del debitore meriti di essere segnalata affinché gli altri interlocutori ne possano prendere atto per avviare eventuali iniziative di tutela, ovvero se ciò non sia (persino) dovuto quando sussiste un rischio di pregiudizio per i creditori. Nella prassi accade che il debitore chieda una sorta di comfort opinion da parte dell’esperto ma questi non è tenuto a rilasciarla. Si pone, piuttosto, il dubbio in quali termini, e ciò soprattutto ai fini della stabilità degli atti (art. 24 CCII), debba essere manifestata la posizione dell’esperto che spesso viene “compulsato” ad horas
Nel caso in cui l’imprenditore non abbia dato l’informativa preventiva prevista dall’articolo 21, comma 2, CCII l’esperto, venuto a conoscenza dell’atto o del pagamento, può esprimere in ogni momento il proprio dissenso, se ne sussistono i presupposti, attraverso l’iscrizione nel registro delle imprese. Se, invece, ne è stato informato, il dissenso dovrebbe essere iscritto non oltre dieci giorni dal ricevimento formale della comunicazione con cui il debitore manifesta la volontà di compiere l’atto; l’iscrizione del dissenso “libera” il principio della conservazione dell’efficacia degli atti (art. 24 CCII)[44] e l’esenzione dall’azione revocatoria per i cc.dd. “atti normali” (art. 166, comma 2, CCII)[45]. Non solo, l’esperto quando esprime il dissenso deve darne altresì comunicazione al tribunale, se sono state concesse le misure protettive, e ciò affinché il giudice valuti se sia necessario revocarle (art. 19, comma 6, CCII)[46]. 
La valutazione che compete all’esperto andrà, sempre, misurata avendo come benchmark la situazione di difficoltà dell’impresa, posto che quando il patrimonio responsabile appare adeguato sì da non intaccare le aspettative dei creditori, la valutazione sugli atti va resa coerente con i principi di continuità e in questo senso si può auspicare una conduzione dell’impresa prudente ma non ingessata.[47] L’iscrizione del dissenso rende manifesta una inadeguatezza della gestione dell’impresa nell’ottica del risanamento ed assume, dunque, un rilievo informativo[48] per creditori e terzi che potranno orientarsi nella scelta se proseguire o interrompere le trattative con il debitore.
10 . I pareri dell'esperto nel dialogo col tribunale
Come si è accennato supra, l’esperto non è un organo del tribunale ma il tribunale dall’esperto attinge informazioni utili ad assumere le decisioni di cui agli art. 18, 19 e 21 CCII. 
L’esperto deve rappresentare al tribunale – con le indicazioni specifiche di cui ai §§ seguenti – il complessivo andamento della composizione, esporre quali iniziative ha assunto per la conduzione delle trattative, quali esiti vi sono stati in relazione al dialogo tra le parti, quali sono le prospettive di exit. L’esperto non deve prendere posizione sulla risanabilità del complesso aziendale in quanto tale, ma sulla capacità delle intese che possono derivare dalle trattative di consentire il risanamento. È la negoziazione il focus su cui si deve cimentare l’esperto, fermo restando che, come prima enunciato, la “sanatoria” dell’esposizione debitoria è solo uno dei presupposti del successo della CNC. 
10.1 . Il parere sulle misure protettive
L’art. 19, comma 4, CCII stabilisce che all'udienza fissata per la conferma delle misure protettive il tribunale sente le parti e chiama l'esperto a esprimere il proprio parere sulla funzionalità delle misure richieste ad assicurare il buon esito delle trattative e a rappresentare l’attività che intende svolgere ai sensi dell’articolo 12, comma 2, CCII. L’esperto deve redigere un motivato parere, che per vero potrebbe essere reso anche a verbale in occasione dell’udienza qualora il giudice nel fissare l’udienza non indichi anche il termine per provvedere al deposito telematico del parere, che deve concentrarsi sulla coerenza e funzionalità delle misure protettive alla buona riuscita della CNC. L’esperto deve illustrare al giudice se la persistenza delle misure protettive è adeguata alla prosecuzione delle trattative, il che significa che se le trattative non sono state avviate e che se non ci sono prospettive di dialogo, il parere dell’esperto non può essere positivo. Le misure possono risultare adeguate quando esistono le disponibilità finanziarie e la copertura del fabbisogno finanziario occorrente per l’esecuzione dei pagamenti dovuti e quando la selettività delle misure può apparire decisiva per assicurare la continuità degli approvvigionamenti. Ma l’esperto, e ciò al fine di responsabilizzarlo nel suo ruolo di facilitatore effettivo, deve anche esporre al giudice quali attività ha già realizzato e quale percorso intende seguire per il prosieguo in modo da consentire al tribunale di valutare la relazione tra misure protettive e prosecuzione della CNC. L’importanza del parere dell’esperto la si coglie anche là dove l’art. 19, comma 4 ultimo periodo, prevede che il parere dell’esperto debba essere valutato ai fini di un eventuale contenimento delle misure sul piano soggettivo, limitandole ad alcuni creditori soltanto o ad alcune categorie di creditori e ciò senza che risulti decisiva la richiesta del debitore. Ma se si vuole, il parere dell’esperto assume ancor maggiore rilievo in occasione della richiesta di proroga delle misure[49] perché l’avanzamento del percorso della CNC rientra esattamente nelle prerogative dell’esperto. Mentre all’inizio del percorso gli scenari possono essere legittimamente opachi, nelle fasi successive le conoscenze dell’esperto si moltiplicano ed è proprio l’occasione della proroga che giustifica un intervento dell’esperto ancor più circostanziato. Il parere dell’esperto è di sicuro conforto per il tribunale ma non assume, mai, un effetto vincolante[50]. 
L’art. 19 CCII chiama l’esperto a pronunciarsi sulla adeguatezza della protezione ma assieme alla richiesta delle misure protettive il debitore può formulare la richiesta di rilascio di misure cautelari e il tribunale, al fine di assumere un quadro informativo più intenso, ben può richiedere all’esperto non già una valutazione sui presupposti per la concessione ma un dettaglio informativo sulle condotte tenute dalle parti, tali da giustificare o impedire l’adozione di cautele. 
La CNC è un percorso destinato ad evoluzione o involuzione ed è questa la ragione per cui l’esperto deve segnalare al tribunale ogni elemento rilevante per la revoca delle misure protettive o per l’abbreviazione della loro durata quando ritiene che esse non soddisfino più l’obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o siano sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori[51].
10.2 . Il parere sui finanziamenti
Si è già precisato che il debitore resta il soggetto che deve gestire l’impresa anche con riguardo al compimento di atti eccedenti l’ordinaria amministrazione. Tuttavia, quando il debitore vuole conseguire determinati effetti che la sola autonomia privata non può raggiungere, occorre un pronunciamento autorizzatorio del tribunale. Quando il debitore decide di contrarre un finanziamento pone in essere un atto di straordinaria amministrazione di cui deve informare l’esperto, ma nulla gli impedisce di concludere l’operazione di finanziamento. Ciò che, però, l’autonomia negoziale non consente di conseguire è l’attribuzione al credito da finanziamento del beneficio della prededuzione, beneficio che diverrà attuale qualora si dovesse aprire un concorso tra creditori, dovendosi intendere il concorso come una distribuzione del valore secondo regole legali e non secondo regole convenzionali. 
Orbene, quando il debitore si preoccupa di proteggere il credito del finanziatore mina le aspettative di soddisfacimento degli altri creditori ed è quindi coerente che la valutazione del rischio che si ribalta sui creditori altri sia assunta dal tribunale. Ecco, allora, che il tribunale deve valutare se l’attribuzione del rango prededucibile del credito sia un ostacolo al soddisfacimento degli altri creditori. L’art. 22 CCII dispone che debba essere ponderata la funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori. Detto altrimenti, il finanziamento deve essere coerente con il piano di risanamento che il debitore ha maturato sino a quel momento e l’attribuzione della prededuzione non deve sottrarre ricchezza agli altri creditori. L’esperto quando è chiamato ad esprimere un parere[52] – nella valutazione dell’utilità del finanziamento ad evitare un danno grave ed irreparabile alla continuità aziendale – potrà tener conto delle seguenti circostanze: (i) se i finanziamenti sono funzionali al ciclo degli approvvigionamenti; (ii) se occorrono per ristabilire la regolarità del pagamento delle imposte e quella del documento unico di regolarità contributiva (DURC) al fine di evitare la sospensione del titolo abilitativo o l’impedimento della partecipazione a gare e la stipula dei relativi contratti. Poiché l’attribuzione della prededuzione non deve pregiudicare la migliore soddisfazione dei creditori è necessario che l’esperto valuti che (i) dall’operazione ci si attende un margine operativo lordo positivo, o, quanto meno che (ii) in presenza di margine operativo lordo negativo, questo sia compensato dai vantaggi derivanti ai creditori nel corso della composizione negoziata dalla continuità aziendale. 
Sennonché, poiché la prededuzione si conquista effettivamente solo quando si apre un successivo concorso tra i creditori, l’esperto deve valutare l’impatto della prededuzione sulle aspettative dei creditori diversi dal finanziatore.
10.3 . Il parere sulla cessione dei complessi aziendali
Il debitore può compiere tutti gli atti di gestione dell’impresa e fra questi anche la cessione dell’azienda o di un ramo aziendale, sottoponendo l’operazione all’esperto. In questo caso, la cessione ha pieno effetto tra le parti ma l’acquirente risponde dei debiti correlati all’azienda ceduta in via solidale con il cedente. Nel contesto delle procedure concorsuali vi sono norme di favore per la circolazione dell’azienda che consentono al cessionario di non rispondere dei debiti dell’azienda ceduta: prima la legge fallimentare ed ora il codice della crisi stabiliscono che la vendita dell’azienda disposta nel concordato preventivo (art. 114 CCII) e nella liquidazione giudiziale (art. 214, comma 4, CCII) non determina la responsabilità del cessionario per i debiti pregressi. 
Tale normativa è coerente con la natura di vendita forzata delle vendite nella liquidazione giudiziale e, con qualche adattamento, delle vendite concordatarie. Tutt’affatto diverso è il discorso per ciò che riguarda le vendite nella composizione negoziata, là dove gli atti di liquidazione non sono mai atti di attuazione della responsabilità patrimoniale[53]. Tuttavia, poiché il fine della CNC è la salvaguardia dell’organismo produttivo (ma in parallelo con la tutela del credito), al fine di favorire e assicurare la circolazione dei complessi produttivi, si è ritenuto di prevedere l’esonero da responsabilità per i debiti preesistenti quando la cessione è autorizzata dal tribunale; l’esonero, però, non si estende ai diritti dei lavoratori garantiti dall’art. 2112 c.c. 
Si è posto il quesito se l’esonero si applichi anche ai debiti erariali e nell’incertezza della soluzione è intervenuto il D.Lgs. 14 giugno 2024, n. 87 che all’art. 3 inserisce disposizioni di modifica all'articolo 14, comma 5 bis del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, stabilendo che la disposizione  di estensione della responsabilità per i debiti erariali non trova applicazione quando la cessione avviene nell'ambito della composizione negoziata della crisi[54] a condizione che:
a) la cessione sia autorizzata dall'autorità giudiziaria ovvero sia prevista in un piano omologato dalla medesima autorità; b) sia funzionale al risanamento dell'impresa o del soggetto controllante la società cedente o al soddisfacimento dei creditori di tali soggetti. 
Ed allora, la cessione può essere autorizzata quando l’operazione è finalizzata alla continuità aziendale in modo, però, da realizzare la migliore soddisfazione dei creditori.[55] 
Se questi sono i presupposti, è agevole comprendere quale può essere l’oggetto del parere che il tribunale può richiedere all’esperto (v., art. 22, comma 2, CCII) nel contesto del procedimento di cui agli artt. 737 e 738 c.c.[56]: (i) se la cessione assicura la continuità dell’attività d’impresa; (ii) se la cessione porta ad un risultato economico che accresce il valore per i creditori; (iii) quale dovrebbe essere il perimetro dell’azienda, o di rami di essa per conformarsi all’obiettivo di ottenere il miglior realizzo; (iv) se l’imprenditore è in grado di organizzare una data room informativa da utilizzare per la raccolta delle manifestazioni di interesse; (v) quali possono essere le modalità per assicurare che il prezzo della cessione non venga distratto dall’obiettivo allegato. 
In particolare, l’esperto deve prendere posizione sul fatto che l’operazione sia coerente con gli interessi dei creditori e ciò potrà dipendere sia dalla verifica che il mercato abbia offerto la migliore soluzione possibile (in virtù di un procedimento competitivo, benché deformalizzato[57]), sia dal fatto che il prezzo possa essere destinato in misura coerente con il piano per soddisfare i creditori. 
Il rilascio della autorizzazione produce, anche, effetti ultrattivi perché la cessione non può, poi, essere revocata in caso di posteriore liquidazione giudiziale[58].
10.4 . Il parere sulla proposta di concordato semplificato
La CNC può avere vari sbocchi, sia positivi che negativi e può risolversi in una soluzione regolatoria della crisi che è esclusiva di questo istituto: il concordato semplificato. Il concordato semplificato è un procedimento puramente liquidatorio non officioso, rimesso inizialmente alla volontà del debitore e oggetto di controllo, pervasivo, del tribunale. Il concordato semplificato è una via di uscita dalla CNC quando le soluzioni previste nell’art. 23, commi 1 e 2, non sono concretamente praticabili ma nel corso delle trattative si è fatto tutto il possibile per giungere ad una soluzione concordata, talché non dovrebbe essere accessibile quando sin dall’inizio il risanamento fosse apparso del tutto velleitario[59]. Non è, di per sé, un istituto premiale[60] ma assolve allo scopo di rendere più agile il percorso di liquidazione del patrimonio perché tutta la fase delle trattative ha permesso di verificare che non vi sono migliori alternative e che tutto quanto è nella disponibilità del debitore è rimesso ai creditori per attuare la responsabilità patrimoniale[61]. 
Questo modo di uscita dalla CNC presenta, comunque, degli indubbi vantaggi rispetto al concordato preventivo liquidatorio là dove i creditori debbono ricevere una soddisfazione minima e lo stesso debitore deve contribuire a questa soddisfazione incrementando il patrimonio disponibile[62]. I vantaggi sono “meritati” alla specifica condizione che da parte del debitore vi sia stato un comportamento improntato a buona fede e correttezza e di questo l’esperto deve farsi carico nel predisporre la relazione finale della CNC[63], una relazione nella quale la valutazione della condotta del debitore deve essere analiticamente enunciata e ciò senza che sia necessariamente correlata alla soluzione del concordato semplificato[64]. 
La relazione dell’esperto si forma su una rappresentazione retrospettiva di ciò che è stato, quando deve rappresentare che non sono risultate praticabili le soluzioni di cui all’art. 23 CCII[65], sia disegnate nel comma 1 che nel comma 2[66]; il parere che il tribunale chiede all’esperto (art. 25 sexies, comma 3, CCII) è, invece, proiettato sul futuro e cioè sulla individuazione dei presumibili risultati della liquidazione. L’esperto già durante la conduzione delle trattative, anche in funzione di esporre alle parti i possibili scenari, deve valutare quale potrebbe essere un risultato liquidatorio qualora non fosse possibile giungere al risanamento[67] e può all’uopo proporre alle parti la nomina congiunta di un soggetto di fiducia di tutte, che proceda alle valutazioni necessarie, con costi ripartiti tra di esse. La stima consente alle parti con le quali sono in essere le trattative di valutare le utilità che deriverebbero dalla liquidazione. Il risultato liquidatorio di cui all’art. 25 sexies è quello della liquidazione giudiziale perché è la procedura comparabile rispetto alla quale i creditori dovranno valutare la convenienza, non per esprimere il voto (non previsto), ma per poter decidere se proporre l’opposizione alla omologazione tenuto conto che il requisito della convenienza può essere oggetto di sindacato da parte di ciascun creditore[68]. Mentre il parere dell’esperto è richiesto espressamente dal tribunale durante la pendenza del procedimento, la relazione, costituendo un presupposto essenziale dell’accesso, dovrebbe essere inclusa tra i documenti al cui deposito è onerato il debitore[69], ma altrimenti dovrà essere acquisita d’ufficio dal tribunale.
10.5 . Il parere sull'accordo per il trattamento dei debiti erariali
Sin dalla sua entrata in vigore, la CNC ha fatto discutere per la mancata previsione, diversamente dal concordato preventivo e dagli accordi di ristrutturazione della c.d. “transazione fiscale”. La ragione dell’assenza della transazione fiscale nella CNC era abbastanza evidente perché la transazione di cui agli artt. 63 e 88 CCII è funzionale a pervenire alla omologazione del concordato o degli accordi anche senza il consenso dei creditori erariali e previdenziali. Poiché nella CNC non vi è nulla da omologare, traslare il meccanismo degli artt. 63 e 88 CCII non avrebbe avuto alcun significato. Si aggiunga che la presenza di un corposo debito erariale e previdenziale può anche far legittimamente dubitare della meritevolezza del debitore, concetto non proprio estraneo alla CNC. 
Tuttavia, per altro verso, si era anche fatto rilevare che la presenza di debiti nei confronti dei creditori pubblici spesso ostacola una soluzione virtuosa quando coloro che devono esprimere la volontà dell’ente, pur consapevoli della convenienza della soluzione offerta dal debitore, tendono ad assumere un atteggiamento di sfavore nel timore di incorrere nella responsabilità contabile. 
La soluzione individuata dal legislatore (art. 23, comma 2 bis, CCII) è un tentativo di ricercare una regolazione del debito pubblico senza, però, forzare l’ente. Pertanto, nella composizione negoziata, il trattamento dei crediti tributari (ma non quelli di derivazione unionale né quelli previdenziali) può avvenire solo su base volontaria; poiché i crediti tributari sono considerati “indisponibili”, l’accordo presuppone che vi sia una sorta di validazione da parte del tribunale e ciò al fine di esonerare da responsabilità contabile i funzionari statali. Il debitore può formulare, dunque, una proposta di pagamento, parziale o dilazionato, del debito e dei relativi accessori, allegando la relazione di un professionista indipendente che ne attesta la convenienza rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale per il creditore pubblico cui la proposta è rivolta e una relazione sulla completezza e veridicità dei dati aziendali redatta dal soggetto incaricato della revisione legale. L’eventuale accordo è sottoscritto dalle parti e comunicato all’esperto e produce effetti con il suo deposito presso il tribunale competente ai sensi dell’articolo 27 CCII. Il giudice, verificata la regolarità della documentazione allegata e dell’accordo, ne autorizza l’esecuzione con decreto o, in alternativa, dichiara che l’accordo è privo di effetti. La disposizione prevede che l’accordo debba essere comunicato all’esperto e nulla di più[70]. Tuttavia, poiché il tribunale deve verificare il rispetto delle regole è ben possibile che si rivolga all’esperto per chiedere un parere sulla regolarità della documentazione, questa dovendosi intendere come completezza della documentazione messa a disposizione del creditore pubblico. Il tribunale deve valutare, infatti, che l’accordo tra il debitore e lo Stato sia raggiunto in virtù di una corretta rappresentazione dei fatti; questo accade quando la proposta del debitore è corredata dalla relazione del professionista indipendente e del revisore legale ma è indubbio che la conoscenza della corretta rappresentazione dei documenti può essere più facilmente ascritta all’esperto ed è in questa direzione che è ben probabile che il tribunale intenda raccogliere il parere. 
L’accordo con l’Erario ha, almeno in parte, una finalità transattiva, di talché l’atto va qualificato come eccedente l’ordinaria amministrazione, con la conseguenza che l’esperto non solo ne è informato, ma è anche chiamato a valutare se l’atto non sia in dissonanza con il risanamento o non sia pregiudizievole per i creditori; in questo senso, l’esperto che non condivide l’accordo (cui rimane del tutto estraneo) potrebbe far iscrivere il proprio dissenso[71], a prescindere dalla decisione del tribunale.
11 . La cessazione dall'incarico
La CNC ha uno spettro temporale flessibile[72]: può durare centottanta giorni, può proseguire per identico periodo, ma può arrestarsi anche nell’immediatezza quando l’esperto non “vede” la possibilità del risanamento; ovviamente, la cessazione può dipendere da un qualunque evento che sopravviene durante il percorso. La durata può superare i centottanta giorni quando vi è un consenso del debitore e delle parti interessate che partecipano alle trattative[73] ma solo se anche l’esperto ritiene che il percorso sia meritevole di prosecuzione, nel qual caso la proroga va comunicata al debitore, alle parti interessate che partecipano alle trattative, al tribunale che ha confermato le misure protettive e prende corpo con l’iscrizione sulla piattaforma telematica. 
L’archiviazione è, invece, l’atto con cui l’esperto chiede che sia parimenti inserita nella piattaforma la cessazione della CNC e iscritta nel registro delle imprese quando sono state confermate le misure protettive. L’archiviazione conclude il percorso della CNC e si accompagna alla predisposizione da parte dell’esperto di una relazione conclusiva nella quale si deve dare atto: (i) dell’attività espletata con riepilogo delle riunioni svolte; (ii) delle posizioni assunte dagli interlocutori; (iii) delle soluzioni proposte; (iv) della condotta tenuta dal debitore, dai creditori e dagli altri interessati che sono stati coinvolti; (v) delle possibili soluzioni in uscita; (vi) della soluzione in concreto proposta; (vii) dell’accordo raggiunto, se ciò è accaduto. 
Con l’archiviazione si riespandono tutti i diritti e i poteri contrapposti: da un lato il debitore non è soggetto alle prescrizioni di cui all’art. 21 CCII e dall’altro i creditori e il pubblico ministero possono pretendere l’apertura della liquidazione giudiziale[74].
12 . La partecipazione dell'esperto alle soluzioni di uscita dalla CNC
La CNC si può arrestare, come detto, dopo un solo incontro, può svilupparsi per un arco temporale molto ampio e può terminare con soluzioni unilaterali (il piano attestato di cui all’art. 56 CCII) o, più verosimilmente con soluzioni concordate, quelle meno strutturate previste nell’art. 23, comma 1, CCII o quelle più tradizionali incluse nel comma 2. In ogni caso, il ruolo dell’esperto è decisivo perché la relazione finale o la diretta partecipazione all’accordo sono il presupposto affinché si producano una serie di effetti[75]. Deve essere chiaro che la formulazione della proposta di soluzione è rimessa alla disponibilità del debitore e dei suoi consulenti; tuttavia, l’esperto ben può pronunciarsi su di essa e può formulare suggerimenti atti a conseguire un risultato per effetto di idonei affinamenti[76]. 
La relazione finale deve confermare che, se le parti concludono l’accordo ai sensi dell’art. 23, comma 1 lett. a), CCII, la continuità dell’impresa può essere assicurata per un biennio almeno. In questo caso l’accordo serve, proprio, a salvaguardare la continuità dell’impresa (cioè, il valore che costituisce il punto cardinale della CNC) nel contesto di un quadro di obbligazioni che il debitore si assume nei confronti dei creditori. Pertanto, è direttamente la relazione finale che “chiude” il cerchio della CNC con un exit virtuoso[77], ma la relazione non è una attestazione né una certificazione[78] in quanto nella sua relazione l’esperto deve dare atto che il contratto stipulato (o i contratti se sono più di uno) contiene delle previsioni in forza delle quali l’attività d’impresa può proseguire per almeno un biennio in uno scenario di superamento delle difficoltà; la prognosi non è, ovviamente, agevole[79]. 
Quando l’epilogo della CNC è un accordo di ristrutturazione, la relazione deve contenere una valutazione di coerenza tra le trattative condotte durante la CNC e il risultato della stipulazione dell’accordo e ciò al fine di conseguire il beneficio della riduzione della soglia delle adesioni necessarie, categoria per categoria, per l’accordo ad efficacia estesa di cui all’art. 61 CCII. 
Al termine dell’incarico, se il debitore prospetta all’esperto l’intenzione di accedere al concordato preventivo, nella relazione si dovrebbe dare atto del rapporto di coerenza e adeguatezza tra CNC e proposta concordataria e ciò al fine di abbassare la soglia di blocco (dal 30% al 20%) per le proposte concorrenti. 
La decisività del ruolo dell’esperto risalta, però, nel caso dell’accordo stipulato ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett. c) CCII, perché, qui, l’esperto partecipa direttamente alla formalizzazione dell’accordo in quanto la sua sottoscrizione produce gli effetti “esonerativi” di cui all’art. 166 e 324 CCII, paralleli a quelli conseguibili con il piano attestato di cui all’art. 56 CCII. 
L’esperto sottoscrive l’accordo – cui devono partecipare quanti creditori servono affinché la loro partecipazione generi il superamento della crisi[80] -  senza dover assumere la posizione dell’attestatore: non deve certificare né la veridicità dei dati, né la fattibilità economica del piano di risanamento[81], ma deve validare l’idoneità dell’accordo a regolare la crisi o l’insolvenza (una volta ponderata la complessiva coerenza delle informazioni acquisite)[82] garantendo, però, la continuità dell’impresa, posto che come già enunciato, non è praticabile un esito puramente liquidatorio della CNC. Ciò che rileva più di ogni altro profilo è l’adeguatezza dell’accordo (e la sua derivazione dalle trattative) a superare lo stallo della crisi, una valutazione questa che è distante da quella che compete al professionista attestatore. La circostanza che l’esperto non è chiamato ad attestare i dati[83] può rendere opportuno che vi sia una attestazione volontaria – sempre di un soggetto terzo e indipendente – quando lo richiedono i creditori. 
La sottoscrizione dell’accordo può intervenire anche dopo la scadenza del termine massimo della CNC (e può intervenire anche dopo che sono trascorsi i trecentosessanta giorni dall’avvio) generando una forma di (breve) ultrattività del ruolo dell’esperto, ma alla condizione che l’accordo sia diretta derivazione delle trattative condotte.
13 . Gli effetti degli atti dell'esperto sulle involuzioni della crisi
Una volta concluso il percorso della CNC l’esperto esce di scena, ma le determinazioni assunte restano pienamente efficaci e divengono decisive sulla sorte degli atti compiuti quando alla CNC fa seguito l’apertura della liquidazione giudiziale. 
L’art. 24 CCII si occupa degli effetti che si possono conservare nelle successive procedure: (i) non sono soggetti a revocatoria concorsuale gli atti compiuti dall’imprenditore, i pagamenti eseguiti e le garanzie concesse, se coerenti con l’andamento delle trattative e le prospettive di risanamento; (ii) l’esenzione, però, ricorre per i c.d. “atti normali”, ovvero quelli indicati nell’art. 166, comma 2, CCII (esenzione che si cumula con quelle di cui al comma 3 della disposizione, come ad esempio per i pagamenti nei termini d’uso); (iii) il beneficio della esenzione dall’azione revocatoria di cui agli artt. 165 e 166 CCII non opera per gli atti di straordinaria amministrazione e per i pagamenti per i quali l’esperto abbia manifestato il proprio dissenso, iscrivendolo nel registro delle imprese (o quando il tribunale abbia rigettato la richiesta di autorizzazione)[84]
Tuttavia, il giudice della revocatoria è libero di valutare se i pagamenti non siano coerenti con l’andamento delle trattative o con le prospettive di risanamento anche se l’esperto non abbia iscritto il proprio dissenso. 
Da ciò si ricava che la manifestazione di dissenso esternata dall’esperto e iscritta nel registro delle imprese diviene un perno essenziale della tutela dei creditori e del rispetto della par condicio creditorum perché le ipotesi di esenzione dall’azione revocatoria concorsuale vengono divelte. Il dissenso dell’esperto incide, quindi, sulla conservazione dell’efficacia degli atti compiuti dal debitore.
14 . Ruolo dell'esperto e analisi comparativa
Le superiori considerazioni dimostrano l’assoluta peculiarità[85] del ruolo dell’esperto rispetto ad altri professionisti che si muovono nell’ambiente delle crisi d’impresa. Ciò posto, appare utile una succinta valutazione comparativa rispetto altri organi o ausiliari del giudice, sulla premessa che (i) l’esperto non è un pubblico ufficiale[86] (né incaricato di pubblico servizio)[87], (ii) non è un attestatore[88] e non è un consulente delle parti[89], né del giudice. Alcuni effetti derivanti dall’attività dell’esperto possono equivalere a quelli derivanti dalla relazione dell’attestatore, ma i presupposti degli effetti non sono tra loro assimilabili perché l’esperto non è tenuto a svolgere analisi quali sono quelle che competono al professionista indipendente.
14.1 . Esperto vs. commissario giudiziale
Il commissario giudiziale nominato nel concordato preventivo, nel piano di ristrutturazione soggetto ad omologazione e negli accordi di ristrutturazione (quando occorre) è un organo di una procedura. 
Il commissario giudiziale è qualificato espressamente pubblico ufficiale (art. 92 CCII), e gli spettano compiti di varia natura: (a) vigilanza sulla gestione dell’impresa che viene proseguita dal debitore; (b) impulso rispetto agli adempimenti del debitore ed agli incombenti processuali; (c) partecipazione alle attività formali come l’inventario e il procedimento di voto dei creditori; (d) redazione di atti quali le relazioni ex artt. 105, 110, 111 CCII, oltre alla segnalazione ai sensi dell’art. 106 CCII; (e) sorveglianza sull’adempimento del concordato post omologa (art. 118 CCII). 
I poteri commissariali sono quindi ridotti (rispetto a quelli del curatore) in quanto manca nel concordato lo spossessamento del debitore e dunque si esternano in attività di controllo, consultive e di iniziativa. Così, compito del commissario è quello di verificare il compimento di atti non autorizzati (potere di controllo), ma senza potersi intromettere nel compimento degli stessi, sebbene un potere sostitutivo gli sia concesso là dove il debitore non esegua la propria proposta o quella presentata da un terzo (art. 118 CCII). Contro gli atti - commissivi e soprattutto omissivi - del commissario contrari a specifiche disposizioni di legge (visto il limite per il quale il reclamo è ammesso solo per violazione di legge) è ammesso reclamo ex art. 133 CCII. 
Nulla di tutto ciò si attaglia alla figura dell’esperto[90], ma, al contrario, è il commissario giudiziale che ha assunto un ruolo più vicino a quello dell’esperto nei concordati che si fondano su un piano in continuità; infatti, il commissario giudiziale giuoca un ruolo più marcato perché oltre al consueto compito di sorveglianza assume anche quello di (possibile) affiancamento del debitore e dei creditori nella negoziazione del piano e ciò anche ai fini di eventuali modifiche (art. 92 CCII). Il commissario giudiziale mutua dall’esperto il ruolo di possibile negoziatore[91] per la ricerca di una soluzione migliore, fermo restando che ovviamente il patto di concordato si forma tra le parti e solo tra esse.
14.2 . Esperto vs. curatore
È agevole rilevare con estrema immediatezza che l’esperto è figura lontanissima da quella del curatore se solo si rammenta che il curatore assume l’amministrazione del patrimonio compreso nella liquidazione giudiziale (art. 128 CCII) per effetto dello spossessamento del debitore. 
L’evidente distanza tra i due ruoli consente di non indugiare sulle differenze strutturali delle rispettive attribuzioni. Sennonché, qualche considerazione va spesa per esporre che non solo i compiti sono fortemente differenziati (quasi neppure comparabili) ma è la stessa metodologia di approccio alla situazione di crisi che deve essere nettamente distinta: l’esperto non solo non è un curatore, ma soprattutto non deve comportarsi come tale perché il fine della CNC non ha alcuna corrispondenza con il fine della liquidazione giudiziale. Se è innegabile che la tutela del diritto di credito è orizzonte comune, non può essere messo in discussione il fatto che la tutela delle ragioni dei creditori nella CNC presuppone il parallelo obiettivo della continuità dell’impresa, obiettivo assente nella procedura liquidatoria. 
14.3 . Esperto vs. liquidatore giudiziale
Le considerazioni appena svolte sono facilmente esportabili per la figura del liquidatore giudiziale tanto del concordato preventivo che del concordato semplificato. Il liquidatore è investito del compito di liquidare il patrimonio, attività che resta completamente estranea al perimetro delle attribuzioni affidate all’esperto che di liquidazione si deve occupare al solo scopo di rappresentare al tribunale e ai creditori i presumibili risultati della liquidazione in occasione della redazione del parere sul concordato semplificato proposto dal debitore.
14.4 . Esperto vs. ausiliario
Meno nette appaiono le relazioni tra quanto deve fare l’esperto e quanto deve fare l’ausiliario, mentre resta cristallina la differenza derivante dall’investitura. L’ausiliario è nominato dal giudice quando il tribunale è chiamato a confermare le misure protettive (art. 19, comma 4, CCII); l’ausiliario, richiamato l’art. 68 c.p.c., è quel soggetto, esperto in una determinata arte o professione, che coadiuva il giudice per il compimento di atti che egli non è in grado di compiere da sé solo. Occorre, quindi, cercare di capire quali attività possono essere demandate all’ausiliario al lume di quanto, già, deve fare l’esperto. Se l’esperto nel parere deve misurare la funzionalità delle misure protettive con il progetto di risanamento, all’ausiliario possono essere affidate altre richieste di informazioni, ad esempio in tema di completezza dell’elenco dei creditori, in tema di adeguatezza della documentazione fornita dal debitore, in tema di non manifesta implausibilità della soluzione di uscita prefigurata dal debitore e ciò in tendenziale armonia con quanto prescritto nella disposizione generale di cui all’art. 7 CCII. 
Parimenti, l’ausiliario può essere nominato per esprimere un parere sulle richieste di autorizzazioni degli atti di cui all’art. 22 CCII ed in questo caso l’oggetto del parere può essere più articolato e abbracciare tutti i profili valutativi che il tribunale deve esaminare per concedere o rifiutare l’autorizzazione. 
Infine, l’ausiliario è nominato (e non solo “può essere nominato”) nel corso del procedimento del concordato semplificato ma qui il suo ruolo è nitidamente distinto da quello dell’esperto perché all’ausiliario è richiesto di esprimere tutte le valutazioni tecniche che, poi, dovranno essere verificate dal tribunale in occasione dell’omologazione. Qui l’ausiliario riveste un ruolo assai prossimo a quello del commissario giudiziale con la conseguenza che il ruolo dell’esperto e dell’ausiliario non si sovrappongono, fermo restando che i presumibili risultati della liquidazione, impattando sul giudizio di convenienza, possono essere indagati anche dall’ausiliario.
15 . La responsabilità dell'esperto: una valutazione "ideologica"
L’esperto come si è visto nei precedenti §§ assume connotazioni assai peculiari e tali da rendere non agevole l’individuazione di suoi profili di responsabilità. 
La responsabilità va valutata in relazione a due distinte ipotesi: (i) una responsabilità per fatto proprio e (ii) una responsabilità in concorso[92] con qualcuno degli altri protagonisti della CNC (il debitore, più probabilmente, o i creditori). 
Sin dall’inizio nel vigore del D.L. n. 118/2021 si è agitato come tema da dibattere quello della responsabilità e questo non ha agevolato la comprensione della figura allarmando, anche, i potenziali incaricati. Nessuno deve mettere in ombra la circostanza che l’esperto, quale professionista, non debba osservare scrupolosamente i canoni della diligenza, perizia e prudenza professionale ma deve essere ben chiaro che i rischi connessi all’incarico non debbono venire branditi come armi di pressione o di condizionamento. 
Vanno certamente escluse le fattispecie di responsabilità previste per il curatore e per il liquidatore giudiziale, ma anche quelle connesse ai rari casi di responsabilità connessa allo svolgimento dell’incarico di commissario giudiziale, vista la nitida distinzione di ruoli. 
I doveri cui l’esperto deve attenersi sono molteplici, taluni pertengono al modo in cui viene svolta l’attività, altri al modo in cui l’esperto deve comportarsi a prescindere dalla conduzione delle trattative. 
Un dovere specifico dell’esperto è quello della riservatezza, come pure quello del mantenere una condotta allineata agli scopi della CNC. La violazione di questi doveri se cagiona un danno può divenire fonte di responsabilità[93]. 
Ma, come detto, la responsabilità può derivare dall’aver concorso con il debitore o con i creditori a compiere atti che abbiano recato un pregiudizio. 
In ambedue i casi, responsabilità per fatto proprio e responsabilità da concorso, è imprescindibile la dimostrazione del nesso di causalità tra la condotta (omissiva o commissiva) dell’esperto e il pregiudizio da taluno lamentato. La posizione dell’esperto quale facilitatore delle trattative induce a ritenere che non sia agevole provare la sussistenza di un nesso causale tra il comportamento dell’esperto e l’ipotizzato danno, ma questa obiettiva difficoltà non esclude che una responsabilità possa essere accertata: si immagini il caso dell’esperto che abbia consapevolezza del rischio di pregiudizio ai creditori correlato al compimento di un atto di straordinaria amministrazione e nonostante l’avvertimento del rischio ometta di esprimere e iscrivere il dissenso, così cagionando un danno commisurato alla successiva non impugnabilità dell’atto (visto l’art. 24 CCII). 
Si immagini, ancora, che l’esperto informi una impresa concorrente dell’accesso alla CNC di un certo imprenditore quando non vi è richiesta di misure protettive e la composizione deve viaggiare sul binario della riservatezza. 
Nelle considerazioni che seguono non saranno esaminati profili di responsabilità penale[94] o disciplinare.
15.1 . La responsabilità verso il debitore
L’incarico dell’esperto germina dalla nomina della Commissione ma occorre chiedersi se si stabilisca una relazione negoziale tra l’esperto e il debitore anche al lume del fatto che in base all’art. 25 ter CCII il compenso dovrebbe essere, preferibilmente, concordato tra le parti. Ci si deve interrogare sul fatto se l’accordo sul compenso generi una relazione negoziale tra esperto e debitore, tale che, ove si debba poi affrontare il tema della responsabilità, questa sia destinata ad essere qualificata come responsabilità contrattuale. 
Benché il dubbio sia più che legittimo, è preferibile evitare di costruire un rapporto negoziale tra l’esperto e il debitore per confermare quella posizione di indipendenza e di terzietà che caratterizzano la funzione[95]. I doveri che l’esperto assume con l’accettazione dell’incarico derivano dalla legge, non dalla circostanza (comunque eventuale) che esperto e debitore si accordino sulla misura del compenso. 
Tuttavia, è ben noto che i doveri che derivano dalla legge si distinguono dal principio generale del neminem laedere e dunque gli effetti sono considerati equipollenti a quelli della responsabilità da contratto. Da quando si è sviluppata l’idea della responsabilità da contatto sociale si è costantemente affermato che ciò accade quando si configura un danno che deriva dalla violazione di regole di condotta imposte dalla legge per tutelare terzi esposti ai rischi potenziali dell'attività svolta, anche in assenza di un vincolo contrattuale tra danneggiante e danneggiato [96]. Tuttavia, perché sia configurabile in concreto, occorre che pur in assenza d'un vincolo negoziale tra danneggiante e danneggiato (come a dire tra esperto e debitore), è configurabile non in ogni ipotesi in cui taluno, nell'eseguire un incarico conferitogli da altri, nuoccia a terzi, come conseguenza riflessa dell'attività così espletata, ma soltanto quando il danno sia derivato dalla violazione di una precisa regola di condotta, imposta dalla legge allo specifico fine di tutelare i terzi potenzialmente esposti ai rischi dell'attività svolta dal danneggiante, tanto più ove il fondamento normativo della responsabilità si individui nel riferimento dell' art. 1173 c.c. agli altri atti o fatti idonei a produrre obbligazioni in conformità dell'ordinamento giuridico[97]. Questa responsabilità non è estranea al campo degli incarichi professionali rispetto ai soggetti che non lo hanno direttamente conferito[98] ed è ricorrente per una figura, quella del mediatore commerciale, che seppure con grande approssimazione può essere accostata a quella dell’esperto.[99] 
Orbene, una volta riconosciuta la sussistenza di un vincolo[100], scatta la forma di responsabilità di cui all’art. 1176, comma 2, c.c. perchè è indubbio che l’esperto sia un professionista qualificato e dunque la condotta deve essere valutata secondo i canoni corrispondenti alla natura dell’incarico; non per caso l’esperto può assumerlo solo dopo avere concluso uno specifico processo di formazione[101]. In tale ottica, l’osservanza dei principi codificati nel Decreto dirigenziale costituisce un adeguato parametro di valutazione nella diligenza nell’espletamento dell’incarico.[102] 
La peculiarità delle funzioni induce a ritenere che all’esperto possa essere applicato il disposto di cui all’art. 2236 c.c., con la conseguenza che la responsabilità sussisterebbe solo in caso di dolo o colpa grave[103].
15.2 . La responsabilità verso i creditori
Le considerazioni svolte nel § precedente vanno replicate per ciò che attiene alla responsabilità verso i creditori e ciò in quanto i doveri specifici che l’esperto deve osservare, derivanti dalla legge, sono sicuramente indirizzati anche nei confronti dei creditori. 
Fra i possibili fronti della responsabilità non vi è dubbio che l’assunzione di una posizione in merito al compimento di atti di straordinaria amministrazione o di pagamenti eccentrici rispetto alla CNC sia il fatto che potenzialmente espone l’esperto ai rischi di una iniziativa promossa nei suoi confronti. Va, però, precisato che la mancata espressione del dissenso, quando invece sarebbe stato dovuto, non rende in ogni caso l’atto legittimo e neutrale rispetto alla successiva liquidazione giudiziale (art. 24 CCII) perché è l’iscrizione del dissenso che elide l’esonero dalla revocatoria, mentre la mancata iscrizione non impedisce che a posteriori il giudice, nell’ambito di una causa revocatoria, rilevai la disfunzionalità dell’atto rispetto agli obiettivi della CNC, il che si traduce nella difficoltà di mettere in luce il nesso causale[104] tra condotta negligente dell’esperto e pregiudizio per i creditori, visto che il curatore non perde la chance dell’azione.
15.3 . La responsabilità verso i terzi
Anche terzi, diversi dal debitore e dai creditori possono essere danneggiati dalla condotta dell’esperto ma in questo caso, salvo che i terzi non abbiano partecipato al processo di risanamento e non siano stati coinvolti nelle trattative, la responsabilità andrebbe vista sotto la lente di cui all’art. 2043 c.c., quindi come responsabilità extracontrattuale; occorre, però, molta prudenza nella selezione dei terzi che possono risultare danneggiati perché è necessario che vi sia un ingiusto sacrificio di una posizione giuridica soggettiva rilevante[105].
16 . Impugnabilità degli atti dell’esperto
Nei superiori §§ si è disegnato un quadrilatero: (i) la CNC non è una procedura concorsuale; (ii) l’esperto non è un organo della procedura; (iii) l’esperto non è una parte; (iv) la CNC non è un processo. 
Fissato il perimetro resta, però, il fatto che ogni atto dell’esperto, si tratti di un parere, del dissenso, o di una decisione definitoria della CNC (la richiesta di archiviazione) producono effetti verso il debitore, i creditori e i terzi, talché v’è da chiedersi se costoro, ove si ritengano pregiudicati dall’atto dell’esperto, possano impugnarlo. 
Il tema si trova solo vagamente accennato in letteratura ma non può venire ignorato. Poiché l’esperto non riveste il ruolo di organo di una procedura (che non c’è) devono escludersi tutti i rimedi tipici che accompagnano l’esercizio delle funzioni degli organi quali il curatore e il commissario giudiziale: non v’è alcuno spazio per solo poter immaginare che l’atto dell’esperto venga reclamato ai sensi degli artt. 133 o 93 bis CCII. 
Ma l’esperto, pur nominato dalla Commissione costituita presso la CCIAA, non è neppure un organo della pubblica amministrazione, sì che non è configurabile un ricorso amministrativo, giurisdizionale o in via di autotutela. 
Tuttavia, l’esperto non si può ritenere libero di agire senza avere consapevolezza delle conseguenze del suo operato: queste conseguenze, però, non sono soltanto quelle risarcitorie di cui ai precedenti §§, ma attingono anche ad un principio di funzionalizzazione della CNC al percorso del risanamento. Se il valore-fine è quello della continuità imprenditoriale in coerenza con la protezione degli interessi dei creditori, tutti gli atti dell’esperto che contraddicono questi obiettivi devono poter essere rimossi per il tramite della disapplicazione[106]. 
Le parti, debitore e creditori, ogni volta che un determinato atto dell’esperto produce un effetto “esterno” hanno il diritto di sindacare l’erroneità dell’atto chiedendo che, nelle occasioni di incrocio con il giudice, questi non tenga conto dell’atto dell’esperto se viziato. Ad esempio, se l’esperto archivia la CNC pur in presenza di fattive trattative, ha diritto di presentare una nuova istanza di accesso ai sensi dell’art. 12 CCII e può chiedere al tribunale la conferma delle misure protettive chiedendo la disapplicazione del divieto di una nuova CNC prima del decorso del termine annuale. Se l’esperto sottoscrive l’accordo di cui all’art. 23, comma 1, lett. c) CCII, anche in assenza di un accordo tra le parti, il curatore della liquidazione giudiziale successiva potrà agire con l’azione revocatoria chiedendo la disapplicazione dell’esenzione di cui agli artt. 24 e 166 CCII. 
Pertanto, pur in assenza di rimedi specifici di matrice impugnatoria e in disparte la tutela rimediale risarcitoria, ci sono soluzioni adeguate a rimediare ai vizi di attività dell’esperto.
17 . Conclusioni
L’incipit di questo contributo era condensato nella frase “non ci può essere composizione negoziata della crisi senza esperto e non c'è esperto senza CNC” cui segue questa chiosa di sintesi: “quando l’esperto ‘funziona’ un risultato positivo viene conseguito”. È importante che l’esperto sia dotato di un bagaglio di adeguata professionalità, ma il successo dell’operazione gestita con la CNC presuppone un coinvolgimento dell’esperto che sia in grado di trasmettere empatia alle parti, mostrandosi come la ‘spalla’ dei protagonisti attori che sono sempre il debitore e i creditori. L’esperto non deve divenire il regista[107] dell’operazione ma deve, quanto meno, provare con autorevolezza a comporre tutte le tessere del mosaico che altro non sono che i contenuti delle trattative.

Note:

[1] 
Per una retrospettiva v. M. Fabiani-I. Pagni, Introduzione alla composizione negoziata, in Il Fall., 2021, 1480; U. Corea, sub art. 12, in Il codice della crisi e dell’insolvenza, a cura di F. Santangeli, Milano, 2023, 77; G. Meo, La difficile via normativa al risanamento d’impresa, in Riv. dir. comm., 2018, I, 611; M.C. di Martino, La crisi della composizione negoziata, in Nuove leggi civ.comm., 2024, 710. 
[2] 
R. Ranalli, Il comportamento dell’imprenditore ed il ruolo dell’esperto anche alla luce del decreto dirigenziale, in Il Fall., 2021, 1521.
[3] 
In termini più possibilistici v., però, G. Meo, La responsabilità nella composizione negoziata della crisi, in Dir.fall., 2023, 9; V. Minervini, Composizione negoziata, norme unionali e (nuovo) Codice della crisi, in Dirittodellacrisi.it, 9. 
[4] 
S. Rossetti, Presupposti e condizioni per l’accesso alla composizione negoziata. Il valore perseguibile: il risanamento dell’impresa, in Dirittodellacrisi.it, 6; V. Minervini, Composizione negoziata, norme unionali e (nuovo) Codice della crisi, cit., 7. 
[5] 
A. Nigro-D. Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, Bologna, 2023, 95M.L. Guarnieri, sub art. 16-17, in Il codice della crisi e dell’insolvenza, a cura di F. Santangeli, Milano, 2023, 113; F.S. Damiani, La composizione negoziata della crisi d’impresa, in Diritto della crisi d’impresa, a cura di G. Trisorio Liuzzi, Bari, 2023, 54. 
[6] 
In senso parzialmente diverso v., M. Spiotta, Il percorso (“liquido” ma “solido”) della CNC: solo andata o anche ritorno?, in Giur.comm., 2024, I, 598, secondo la quale la CNC sarebbe il mezzo per conseguire lo scopo della migliore soddisfazione dei creditori.
[7] 
In luogo di molti F. Di Marzio, Diritto dell’insolvenza, Milano, 2023, 463. 
[8] 
La normativa da prendere in considerazione risiede nel Codice della crisi e dell’insolvenza, nonché nel Decreto ministeriale 21 marzo 2023, che recepisce l'aggiornamento del documento predisposto nell'ambito dei lavori della Commissione di studio istituita con decreto del 22 aprile 2021. Nello specifico, è stato integrato il decreto dirigenziale del 28 settembre 2021, relativo al contenuto della piattaforma telematica nazionale ex art. 13 CCII, alla lista di controllo particolareggiata ex art. 5 bis CCII, alle indicazioni per la redazione del piano di risanamento e alle modalità di esecuzione del test pratico, nonché alla specifica formazione al possesso della quale è subordinata l’iscrizione degli esperti indipendenti. 
[9] 
A. Jorio, Alcune riflessioni sulle misure urgenti: un forte vento di maestrale soffia sulla riforma!, in Dirittodellacrisi.it, 6.  
[10] 
G. Fauceglia, L’esperto nella composizione negoziata della crisi: prospettive di sistema e responsabilità, in Dir.fall., 2024, 226; C. Tedeschi, La responsabilità dell’esperto nella composizione negoziata come responsabilità precontrattuale, per lesione dell’affidamento oggettivamente fondato, in Riv. dir. comm., 2022, I, 629. 
[11] 
N. Nisio, sub art. 16, in Il codice della crisi. Commentario, a cura di P. Valensise-G. Di Cecco-D. Spagnuolo, Torino, 2024, 101; U. Corea, sub art. 12, cit., 85. 
[12] 
P. Riva, Ruolo e funzioni dell’esperto facilitatore, in Ristrutturazioniaziendali.it, 4; M. Ceschin-M. Panelli, La responsabilità in capo all’Esperto nella composizione negoziata della crisi, in Dirittodellacrisi.it, 9; A.I. Baratta, I nuovi strumenti disciplinati dal d.l. n. 118/2021: le mutate esigenze a seguito della pandemia, in La nuova composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, a cura di G. Sancetta- A.I. Baratta-C. Ravazzin, Milano, 2022, 24; G. Fauceglia, L’esperto nella composizione negoziata della crisi: prospettive di sistema e responsabilità, cit., 223, il quale contrasta la tesi di chi vede nell’esperto una sorta di mandatario; ed infatti, per R. Russo,  Il giano bifronte della composizione negoziata: la circolazione dell’azienda tra nuovo dato legislativo e problemi irrisolti, in Ristrutturazioniaziendali.it, 3, è assimilabile al conciliatore delle procedure francesi; v., anche F. Macario, La composizione negoziata della crisi e dell’insolvenza del debitore, in Contratti, 2022, 5. 
[13] 
P. Vella, Le finalità della composizione negoziata e la struttura del percorso. Confronto col CCII, in Il Fall., 2021, 1496. 
[14] 
P. Vella, Le finalità della composizione negoziata e la struttura del percorso. Confronto col CCII, cit., 1496. 
[15] 
G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, 2022, 34. 
[16] 
R. Ranalli, Il comportamento dell’imprenditore ed il ruolo dell’esperto anche alla luce del decreto dirigenziale, cit., 1515. 
[17] 
A. Jorio, Il diritto della crisi e dell’insolvenza, Torino, 2023, 122; D. Lenzi, I doveri dei creditori nella crisi d’impresa, Milano, 2022, 252; G. Fauceglia, L’esperto nella composizione negoziata della crisi: prospettive di sistema e responsabilità, cit., 234. 
[18] 
V. Sollazzo, L’impatto della composizione negoziata della crisi su erogazione e qualità del credito, in Dirittodellacrisi.it, 27. 
[19] 
F.S. Damiani, La composizione negoziata della crisi d’impresa, in Diritto della crisi d’impresa, a cura di G. Trisorio Liuzzi, Bari, 2023, 54. 
[20] 
I. Pollastro, La composizione negoziata della crisi, in Lineamenti di diritto della crisi e dell’insolvenza, a cura di M. Irrera-F. Pasquariello-M. Perrino, Bologna, 2023, 81. 
[21] 
Tribunale di Bologna, 8 novembre 2022, in Il Fall., 2023, 242; Trib. Lecco 2 gennaio 2023, in Dirittodellacrisi.it; Trib. Salerno 7 febbraio 2023, in Ilcaso.it; Trib. Ravenna 17 marzo 2023, in Ilcaso.it; Trib. Avellino 5 dicembre 2022, in Dirittodellacrisi.it; App. Potenza 27 dicembre 2022, in Dirittodellacrisi.it; L. Panzani, L’imprenditore insolvente nella composizione negoziata, in Il Fall., 2023, 258; A. Rossi, Il presupposto oggettivo, tra crisi dell’imprenditore e risanamento dell’impresa, in Il Fall., 2021, 1504; M. Fabiani - I. Pagni, Introduzione alla composizione negoziata, in Il Fall., 2021, 1483; I. Pagni, L’impresa collettiva tra squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, crisi e insolvenza: opportunità e criticità della composizione negoziata, in Società, 2024, 233; G. Fauceglia, L’esperto nella composizione negoziata della crisi: prospettive di sistema e responsabilità, cit., 231. 
[22] 
M. Ceschin-M. Panelli, La responsabilità in capo all’Esperto nella composizione negoziata della crisi, cit., 8; G. Lener, sub art. 17, in Il codice della crisi. Commentario, a cura di P. Valensise-G. Di Cecco-D. Spagnuolo, Torino, 2024, 115; V. Zanichelli, Gli esiti possibili della composizione negoziata, in Dirittodellacrisi.it, 3. 
[23] 
Così, invece, P.G. Cecchini, Solo esperto o anche sentinella?, in Ius (Dejure), 2022, 8. 
[24] 
I. Pollastro, La composizione negoziata della crisi, cit., 2023, 77; F.S. Damiani, La composizione negoziata della crisi d’impresa, cit., 57; A. Guiotto, Il ruolo dell’esperto nelle trattative con i soggetti rilevanti, in Dirittodellacrisi.it, 4. 
[25] 
G. Lener, sub art. 17, cit., 116; I. Pollastro, La composizione negoziata della crisi, cit., 84. 
[26] 
I. Pollastro, La composizione negoziata della crisi, cit., 83; F. Santangeli, Le finalità della composizione negoziata per le soluzioni della crisi d’impresa, in Dirittodellacrisi.it, 5. A. Guiotto, Il ruolo dell’esperto nelle trattative con i soggetti rilevanti, cit. 4, segnala che rispetto al ceto bancario è più consueta l’apertura di un “tavolo bancario” cumulativo. 
[27] 
R. Ranalli, Il comportamento dell’imprenditore ed il ruolo dell’esperto anche alla luce del decreto dirigenziale, cit., 1523. 
[28] 
L’esperto deve rafforzare, se lo ritiene, la “credibilità” dell’impresa, v., M.Guarnieri, sub art. 16-17, cit., 109; C. Ravazzin-D. Liberato Lo Conte, L’accesso alla composizione negoziata. Nomina e funzioni dell’esperto, in La nuova composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, a cura di G. Sancetta-A.I. Baratta-C. Ravazzin, Milano, 2022, 72. 
[29] 
F. Di Marzio, Diritto dell’insolvenza, cit., 467. 
[30] 
A. Guiotto, Il ruolo dell’esperto nelle trattative con i soggetti rilevanti, cit., 10. 
[31] 
E. Gabrielli, Sopravvenienza e rinegoziazione, in Riv.trim.dir.proc.civ., 2024, 31; G. Lener, L’obbligazione di partecipare alle trattative nella composizione negoziata, in Riv. soc., 2022, 1179; I Pagni, Autonomia contrattuale, rinegoziazione, solidarietà nei rapporti contrattuali: gli spazi dell’intervento del giudice, in Riv.trim.dir.proc.civ., 2021, 371. 
[32] 
G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 35. 
[33] 
G. Fauceglia, L’esperto nella composizione negoziata della crisi: prospettive di sistema e responsabilità, cit., 236. 
[34] 
M. Fabiani, Il valore della solidarietà nell’approccio e nella gestione delle crisi d’impresa, in Il Fall., 2022, 5; N. Nisio, sub art. 16, cit., 99. 
[35] 
G. Meo, La responsabilità nella composizione negoziata della crisi, cit., 838. 
[36] 
S. Ambrosini, La composizione negoziata compie un anno: breve itinerario fra le prime applicazioni, in Giur.it., 2023, 1699; I. Pollastro, La composizione negoziata della crisi, cit., 68; ma, in senso diverso, v., R. Russo, Il giano bifronte della composizione negoziata: la circolazione dell’azienda tra nuovo dato legislativo e problemi irrisolti, in Ristrutturazioniaziendali.it, 33. 
[37] 
S. Pacchi, Il giudice nella composizione negoziata e nel concordato semplificato, in Ristrutturazioniaziendali.it., 12. 
[38] 
F. Di Marzio, Diritto dell’insolvenza, cit., 458; R. Brogi, Le autorizzazioni e la rideterminazione delle condizioni contrattuali, in Il Fall., 2021, 1548; M.C. di Martino, La crisi della composizione negoziata, cit., 723. 
[39] 
A. Jorio, Il diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 118. 
[40] 
F. Di Marzio, Diritto dell’insolvenza, cit., 475; A. Nastri, Le autorizzazioni del Tribunale nella composizione negoziata della crisi, in Dirittodellacrisi.it, 3; M.C. di Martino, La crisi della composizione negoziata, cit., 726. 
[41] 
M.C. di Martino, La crisi della composizione negoziata, cit., 729; M. Spiotta, Il percorso (“liquido” ma “solido”) della CNC: solo andata o anche ritorno?, cit., 596; U. Corea, sub art. 21, in Il codice della crisi e dell’insolvenza, a cura di F. Santangeli, Milano, 2023, 138; A. Nigro-D. Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, cit., 103.
[42] 
S. Pacchi, Il giudice nella composizione negoziata e nel concordato semplificato, cit., 8; A. Jorio, Il diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 130; I. Pollastro, La composizione negoziata della crisi, cit., 88.
[43] 
P. Vella, Le finalità della composizione negoziata e la struttura del percorso. Confronto col CCII, cit., 1492; F. Michelotti, La gestione dell’impresa e il ruolo dell’esperto, in Il Fall., 2021, 1569. 
[44] 
F. Michelotti, La gestione dell’impresa e il ruolo dell’esperto, cit., 1570. 
[45] 
F.S. Damiani, La composizione negoziata della crisi d’impresa, cit., 68. 
[46] 
A. Caiafa, sub art. 21, in Il codice della crisi. Commentario, a cura di P. Valensise-G. Di Cecco-D. Spagnuolo, Torino, 2024, 134. 
[47] 
F. Di Marzio, Diritto dell’insolvenza, cit., 474; U. Corea, sub art. 21, in Il codice della crisi e dell’insolvenza, a cura di F. Santangeli, Milano, 2023, 140. 
[48] 
F. Michelotti, La gestione dell’impresa e il ruolo dell’esperto, cit., 1570. 
[49] 
F. De Santis, sub art. 18-19, in Il codice della crisi e dell’insolvenza, a cura di F. Santangeli, Milano, 2023, 133.
[50] 
G. Fauceglia, L’esperto nella composizione negoziata della crisi: prospettive di sistema e responsabilità, cit., 237.
[51] 
F. De Santis, sub art. 18-19, cit., 136.
[52] 
Nella prassi accade normalmente, v., M. Ceschin-M. Panelli, La responsabilità in capo all’Esperto nella composizione negoziata della crisi, cit., 10. 
[53] 
A. Nastri, Le autorizzazioni del Tribunale nella composizione negoziata della crisi, cit., 6; L. De Simone, Le autorizzazioni giudiziali, in Dirittodellacrisi.it, 9; R. Russo, Il giano bifronte della composizione negoziata: la circolazione dell’azienda tra nuovo dato legislativo e problemi irrisolti, cit., 23, il quale di riflesso nega che a seguito dell’incasso del prezzo, possa essere imposto al debitore di eseguire un riparto ai creditori. 
[54] 
Già in questo senso v., M. Arato, La cessione d’azienda nella composizione negoziata, in Dirittodellacrisi.it., 4. 
[55] 
Sulla pariteticità dei valori v., M. Arato, La cessione d’azienda nella composizione negoziata, cit., 5; G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 41; F. Di Marzio, Diritto dell’insolvenza, cit., 476; A. Nastri, Le autorizzazioni del Tribunale nella composizione negoziata della crisi, cit., 10; S. Ambrosini, La composizione negoziata compie un anno: breve itinerario fra le prime applicazioni, cit., 1600; Trib. Milano 12 agosto 2023, in Dirittodellacrisi.it.  
[56] 
A. Nastri, Le autorizzazioni del Tribunale nella composizione negoziata della crisi, cit., 14; G. D’Attorre, Il trasferimento dell’azienda nella composizione negoziata, in Dirittodellacrisi.it, 4; v., L. De Simone, Le autorizzazioni giudiziali, cit., 12, per la quale l’esperto e l’ausiliario sono tra loro autonomi, non sono chiamati a collaborare, da un lato l’esperto fornirà tutte le informative di cui è a conoscenza acquisite nel corso della negoziazione di cui è protagonista e dall’altro l’ausiliario elaborerà le informazioni acquisite nel corso della sommaria istruttoria disposta e costituirà il supporto tecnico del tribunale necessario per le valutazioni allo stesso emendate. Le informazioni possono essere assunte anche da terzi, ma è innegabile che la fonte di informazioni privilegiata resta quella dell’espetto, v., G. Fauceglia, L’esperto nella composizione negoziata della crisi: prospettive di sistema e responsabilità, cit., 741. 
[57] 
G. Ivone, Misure protettive e cautelari, autorizzazioni del tribunale e rinegoziazione dei contratti nelle nuove regole sulla crisi di impresa, in La nuova composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, a cura di G. Sancetta- A.I. Baratta-C. Ravazzin, Milano, 2022, 126; F. Carnevali-M. Tarabusi, Composizione negoziata della crisi: la stima della liquidazione del patrimonio, in dirittodellacrisi.it, 10; A. Nastri, Le autorizzazioni del Tribunale nella composizione negoziata della crisi, cit., 11; L. De Simone, Le autorizzazioni giudiziali, cit., 12; R. Russo,  Il giano bifronte della composizione negoziata: la circolazione dell’azienda tra nuovo dato legislativo e problemi irrisolti, cit., 26; G. D’Attorre, Il trasferimento dell’azienda nella composizione negoziata, cit., 7. 
[58] 
R. Russo, Il giano bifronte della composizione negoziata: la circolazione dell’azienda tra nuovo dato legislativo e problemi irrisolti, cit., 20; G. D’Attorre, Il trasferimento dell’azienda nella composizione negoziata, cit., 11. 
[59] 
F. Innocenti, Il concordato semplificato tra liquidazione del patrimonio e “continuità indiretta”. il nodo gordiano delle prospettive di risanamento dell’impresa, in Dir.fall., 2024, 525. 
[60] 
M. Spiotta, Il percorso (“liquido” ma “solido”) della CNC: solo andata o anche ritorno?, cit., 611.
[61] 
C. Costa, Il concordato semplificato liquidatorio, in La crisi d’impresa nel nuovo codice: problemi e prospettive, a cura di F. Barachini, Torino, 2024, 154.
[62] 
G. Fichera, sub art. 25-sexies, in Il codice della crisi e dell’insolvenza, a cura di F. Santangeli, Milano, 2023, 209.
[63] 
S. Pacchi, Il giudice nella composizione negoziata e nel concordato semplificato, cit., 15; D. Bonaccorsi di Patti, sub art. 12, in Il codice della crisi. Commentario, a cura di P. Valensise-G. Di Cecco-D. Spagnuolo, Torino, 2024, 85. 
[64] 
S. Pacchi, Il giudice nella composizione negoziata e nel concordato semplificato, cit., 16; in senso critico sul ruolo dell’esperto, v.  S. Ambrosini, Concordato semplificato: la giurisdizione come antidoto alla “coattività” dello strumento e alla “tirannia” dell’esperto, in Quadernidiristrutturazioniaziendali.it. 
[65] 
F. Innocenti, Il concordato semplificato tra liquidazione del patrimonio e “continuità indiretta”. Il nodo gordiano delle prospettive di risanamento dell’impresa, cit., 512 usa il termine “attesta” che, però, pare improprio perché quella dell’esperto resta, solo, una valutazione.
[66] 
F. Innocenti, Il concordato semplificato tra liquidazione del patrimonio e “continuità indiretta”. il nodo gordiano delle prospettive di risanamento dell’impresa, cit., 520.
[67] 
G. Lener, sub art. 17, cit., 119; F. Carnevali-M. Tarabusi, Composizione negoziata della crisi: la stima della liquidazione del patrimonio, cit., 10; G. Fauceglia, L’esperto nella composizione negoziata della crisi: prospettive di sistema e responsabilità, cit., 233.
[68] 
G. Fichera, sub art. 25-sexies, cit., 218. 
[69] 
G. Fichera, sub art. 25-sexies, cit., 210. 
[70] 
R. D’Alonzo, La composizione negoziata nell’era del secondo Correttivo, in Dirittodellacrisi.it, 10. 
[71] 
G. Andreani, L’introduzione della “transazione fiscale” nella composizione negoziata della crisi, in Dirittodellacrisi.it., 10. 
[72] 
M. Spiotta, Il percorso (“liquido” ma “solido”) della CNC: solo andata o anche ritorno?, cit., 600. 
[73] 
R. D’Alonzo, La composizione negoziata nell’era del secondo Correttivo, cit., 20; T. Nigro, La proroga della composizione negoziata e delle connesse misure protettive: due strade che (non sempre) si incontrano, in dirittodellacrisi.it, 8; Trib. Bologna 30 gennaio 2024, in Dirittodellacrisi.it
[74] 
M.L. Guarnieri, sub art. 16-17, cit., 113; M. Montanari, I rapporti della composizione negoziata della crisi con i procedimenti concorsuali, in Dirittodellacrisi.it, 11. 
[75] 
A. Nigro-D. Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, cit., 102. 
[76] 
A. Guiotto, Il ruolo dell’esperto nelle trattative con i soggetti rilevanti, cit., 6.
[77] 
A. Caiafa, sub art. 23, in Il codice della crisi. Commentario, a cura di P. Valensise-G. Di Cecco-D. Spagnuolo, Torino, 2024, 144.
[78] 
L. Panzani, Gli esiti possibili delle trattative e gli effetti in caso di insuccesso, in Il Fall., 2021, 1594; ma in senso opposto v., V. Zanichelli, Gli esiti possibili della composizione negoziata, in Dirittodellacrisi.it, 7; M. Spadaro, sub art. 23, in Il codice della crisi e dell’insolvenza, a cura di F. Santangeli, Milano, 2023, 149; L. Gratteri, La conclusione delle trattative e il nuovo strumento del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, in La nuova composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, a cura di G. Sancetta- A.I. Baratta-C. Ravazzin, Milano, 2022, 313. 
[79] 
S. Pacchi, Gli sbocchi della composizione negoziata e, in particolare, il concordato semplificato, in Ristrutturazioniaziendali.it, 7.
[80] 
M. Spadaro, sub art. 23, cit., 152; L. Gratteri, La conclusione delle trattative e il nuovo strumento del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, cit., 323. 
[81] 
In senso diverso, G. D’Attorre, Manuale di diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 43; S. Pacchi, Gli sbocchi della composizione negoziata e, in particolare, il concordato semplificato, cit., 10. 
[82] 
N. Nisio, sub art. 16, cit., 104. 
[83] 
M. Spadaro, sub art. 23, cit., 153; A. Jorio, Il diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 132; G. Fauceglia, L’esperto nella composizione negoziata della crisi: prospettive di sistema e responsabilità, cit., 247.
[84] 
D. Bonaccorsi di Patti, sub art. 24, in Il codice della crisi. Commentario, a cura di P. Valensise-G. Di Cecco-D. Spagnuolo, Torino, 2024, 150. 
[85] 
M. Ceschin-M. Panelli, La responsabilità in capo all’Esperto nella composizione negoziata della crisi, cit., 15. 
[86] 
M. Ceschin-M. Panelli, La responsabilità in capo all’Esperto nella composizione negoziata della crisi, cit., 11.
[87] 
C. Ravazzin-D. Liberato Lo Conte, L’accesso alla composizione negoziata. Nomina e funzioni dell’esperto, cit., 96.
[88] 
G. Fauceglia, L’esperto nella composizione negoziata della crisi: prospettive di sistema e responsabilità, cit., 228; A. Jorio, Il diritto della crisi e dell’insolvenza, cit., 120; M. Ceschin-M. Panelli, La responsabilità in capo all’Esperto nella composizione negoziata della crisi, cit., 12; A. Guiotto, Il ruolo dell’esperto nelle trattative con i soggetti rilevanti, cit., 2, in sintonia con quanto esposto nel testo esclude che l’esperto possa essere assimilato a qualunque delle figure di seguito individuate. 
[89] 
M. Ceschin-M. Panelli, La responsabilità in capo all’Esperto nella composizione negoziata della crisi, cit., 13. 
[90] 
In senso conforme, M. Ceschin-M. Panelli, La responsabilità in capo all’Esperto nella composizione negoziata della crisi, cit., 12. In senso diverso, S. Pacchi, Il giudice nella composizione negoziata e nel concordato semplificato, cit., 4 postula che all’esperto competerebbero poteri di vigilanza. 
[91] 
In termini identici v., I. Pagni, L’impresa collettiva tra squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, crisi e insolvenza: opportunità e criticità della composizione negoziata, cit., 234. 
[92] 
M. Ceschin-M. Panelli, La responsabilità in capo all’Esperto nella composizione negoziata della crisi, cit., 17. 
[93] 
Sulla responsabilità in generale senza specifiche formulazioni v., A. Nigro-D. Vattermoli, Diritto della crisi delle imprese, cit., 98. 
[94] 
C. Ferriani-A. Viglione, Quali rischi penali in capo all’esperto della “Composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa”?, in Giurispriudenzapenale.com, 1 ss. 
[95] 
Situazione ben diversa da quella riferita alla responsabilità del curatore fallimentare, v., Cass., 2 luglio 2020, n. 13597, per la quale l'azione di responsabilità contro il curatore prevista dall' art. 38 L. fall. ha natura contrattuale, in ragione della peculiare natura del rapporto (riconducibile lato sensu al mandato) e del suo ricollegarsi alla violazione degli obblighi gravanti ex lege sull'organo gestorio. 
[96] 
Cass., 18 luglio 2024, n.19849; Cass., 13 ottobre 2017, n. 24071. 
[97] 
Cass., 29 dicembre 2020, n. 29711; Cass., 11 luglio 2012, n. 11642. 
[98] 
Per il caso del notaio v., Cass., 12 giugno 2020, n. 11296; Cass., 8 aprile 2020, n. 7746. 
[99] 
Per Cass., 14 luglio 2009, n. 16382, la mediazione tipica di cui all'art. 1754 c.c. comporta che il mediatore, senza vincoli e quindi in posizione di imparzialità, ponga in essere un'attività giuridica in senso stretto di messa in relazione tra due o più parti, idonea a favorire la conclusione di un affare. La stessa è incompatibile con un sottostante rapporto di mandato tra il cosiddetto mediatore e una delle parti che ha interesse alla conclusione dell'affare stesso, nel qual caso il cosiddetto mediatore-mandatario non ha più diritto alla provvigione da ciascuna delle parti ma solo dal mandante. Nella mediazione tipica la responsabilità del mediatore, con specifico riferimento agli obblighi di correttezza e di informazione, si configura come responsabilità da contatto sociale. Nel caso in cui il mediatore agisca, invece, come mandatario, assume su di sé i relativi obblighi e, qualora si comporti illecitamente recando danni a terzi, è tenuto a favore di questi ultimi al risarcimento dei danni ex art. 2043 c.c. (non escludendosi in proposito un'eventuale corresponsabilità del mandante). 
[100] 
In sintonia con questa lettura v., M. Ceschin-M. Panelli, La responsabilità in capo all’Esperto nella composizione negoziata della crisi, cit., 18; M. Monteleone, I profili di Responsabilità dell’Esperto compositore, in ODEC, Milano, 2023, 2; C. Ravazzin-D. Liberato Lo Conte, L’accesso alla composizione negoziata. Nomina e funzioni dell’esperto, cit., 96; C. Tedeschi, La responsabilità dell’esperto nella composizione negoziata, cit., 616; G. Fauceglia, L’esperto nella composizione negoziata della crisi: prospettive di sistema e responsabilità, cit., 247.
[101] 
N. Nisio, sub art. 16, cit., 103. 
[102] 
M. Ceschin-M. Panelli, La responsabilità in capo all’Esperto nella composizione negoziata della crisi, cit., 20; C. Ravazzin-D. Liberato Lo Conte, L’accesso alla composizione negoziata. Nomina e funzioni dell’esperto, cit., 95; M.L. Guarnieri, sub art. 13-15, in Il codice della crisi e dell’insolvenza, a cura di F. Santangeli, Milano, 2023, 97, sulla rilevanza del protocollo di cui al decreto dirigenziale. 
[103] 
In senso opposto, M. Ceschin-M. Panelli, La responsabilità in capo all’Esperto nella composizione negoziata della crisi, cit., 20. 
[104] 
U. Corea, sub art. 21, cit., 142.
[105] 
G. Fauceglia, L’esperto nella composizione negoziata della crisi: prospettive di sistema e responsabilità, cit., 249. 
[106] 
Sui valori-mezzo e i valori-obiettivo v., V. Minervini, Dalla legge fallimentare alla Direttiva Insolvency. Il diritto della crisi come strumento per la costruzione e il corretto funzionamento del mercato interno, in Giur.comm., 2023, I, 521. 
[107] 
P. Riva-G. Rocca, L’esito dell’intervento dell’esperto e il contenuto della relazione finale, in Quaderni SAF, Milano, 2022, 231. Così, invece, lo appella M. Spiotta, Il percorso (“liquido” ma “solido”) della CNC: solo andata o anche ritorno?, cit., 601.

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