Non ci può essere composizione negoziata della crisi (breviter, CNC) senza esperto e non c'è esperto senza CNC: questo dovrebbe essere l'incipit di uno studio sul ruolo dell'esperto, assai meno banale di quanto a prima vista può apparire.
La composizione negoziata nasce come superamento e alternativa alla procedura "assistita" affidata agli OCRI[1] per una ragione di fondo: si è voluto distaccarsi da un modello amministrativo (e burocratico) per affidarsi ad un modello negoziale ma non lasciato alla perfetta autonomia delle parti. Se è vero, infatti, che sono le parti a ricercare possibili soluzioni concordate della crisi, si è ritenuto necessario accompagnare la ricerca della soluzione con la presenza di una figura indipendente in grado di agevolare le trattative, ma anche in grado di interloquire con il tribunale ogni volta che le parti si rivolgono alla autorità giudiziaria per ottenere dei benefici che la sola autonomia delle parti non consentirebbe di raggiungere.
L'idea di fondo della CNC è quella di identificare un "luogo" nel quale le parti si possono incontrare, senza i rischi di un immediato approccio eterotutelante, ma in modo formale e in un clima di reale serietà di intenti. Può darsi che la CNC, poi, per la sua estrema flessibilità[2] possa durare il tempo di un solo incontro o un tempo di ben trecentosessanta giorni, ma resta il fatto che si è voluto costruire la potenzialità di un dialogo che non dovrà, mai, essere velleitario. Può ben darsi che l’esperto quando riceve i dati, non possa esaminarli “senza indugio” ma ben può capitare che vi siano difetti macroscopici immediatamente visibili dai dati presentati dal debitore, che non escludono una rapida l’archiviazione[3].
L'esperto deve assumere, sin da subito, la piena consapevolezza che la sua partecipazione al processo (inteso in senso non tecnico come procedimento giudiziario ma come evoluzione di atti e fatti) deve essere funzionalizzata a due obiettivi paralleli e concorrenti: (i) la CNC assolve alla finalità di assicurare che vi sia un continuità nell'attività d'impresa; (ii) questa continuità non è fine a sé stessa ma deve essere diretta a perseguire l'interesse dei creditori, quanto meno a non pregiudicarli, se la situazione dell'impresa non è già compromessa.
Se questi sono i punti cardinali della CNC, è tutto sommato agevole avvedersi del fatto che l'esperto non deve allarmarsi se l'impresa giunge alla CNC in una condizione di insolvenza, perché ciò che rileva davvero è la possibilità che vi sia un risanamento proprio dell'attività economica[4] e non un risanamento dell'esposizione debitoria[5]. È, dunque, importante che l'esperto non si adagi sulla soluzione proposta diretta a risanare le passività perché l'art. 12 CCII fa esplicito riferimento al risanamento dell'impresa, una formula distante da quella adoperata per il piano attestato di cui all'art. 56 CCII là dove il risanamento è volto alla regolazione dell'esposizione debitoria (anche se pure nel piano attestato il riequilibrio dell'attività economica resta un obiettivo).
Sennonché, l'esperto non può, al rovescio, adagiarsi sulla soluzione della prosecuzione dell'attività se questa non si accompagna alla tutela delle ragioni dei creditori; gli indici normativi che aiutano l'interprete a predicare che nella CNC la posizione dei creditori è di pari rilievo[6] sono diversi: l'art. 21, comma 1, CCII sulla gestione dell'impresa ("Quando, nel corso della composizione negoziata, risulta che l' imprenditore è insolvente ma esistono concrete prospettive di risanamento, lo stesso gestisce l'impresa e individua la soluzione per il superamento della situazione di insolvenza nel prevalente interesse dei creditori"); l'art. 22 CCII in tema di autorizzazioni ("Su richiesta dell'imprenditore il tribunale, verificata la funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori, può..."); l'art. 19, comma 6, CCII in tema di revoca delle misure protettive ("Su istanza dell'imprenditore, di uno o più creditori o su segnalazione dell'esperto, il giudice che ha emesso i provvedimenti di cui al comma 4 o 5 può, in qualunque momento, sentite le parti interessate, e in ogni caso a seguito dell'archiviazione dell'istanza ai sensi dell'articolo 17, commi 5 e 8, revocare le misure protettive e cautelari, o abbreviare la durata, quando esse non soddisfano l'obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiono sproporzionate rispetto al pregiudizio arrecato ai creditori istanti.").
Le coordinate ora rappresentate consentono di sostenere con fermezza che la partecipazione dell'esperto al processo è una condizione indispensabile perché sia possibile un esito positivo della CNC; certo, le parti possono avviare un "tavolo" di negoziazione nell'ambito della loro autonomia ma se, invece, prende forma il percorso[7] della CNC, lì il ruolo dell'esperto diviene fondamentale e imprescindibile (art. 16, comma 2 bis, CCII: " L' esperto dà conto, nei pareri che gli vengono richiesti, dell'attività che ha svolto e che intende svolgere nell'agevolare le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati.") pur quando, come ora l'art. 17, comma 5, CCII consente di fare, la trattativa si svolge direttamente tra le parti interessate senza la presenza dell'esperto ("L'imprenditore partecipa personalmente, può farsi assistere da consulenti e informa l'esperto sullo stato delle trattative che conduce senza la sua presenza.")[8].