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Saggio

Il ruolo dell’esperto nelle trattative con i soggetti rilevanti*

Alberto Guiotto, Dottore commercialista in Parma

2 Dicembre 2021

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
La negoziazione con i creditori e con gli altri soggetti interessati è l’elemento centrale di ogni istituto di soluzione della crisi. L’Autore formula approfondite riflessioni su come e a quali condizioni, nell’ambito della composizione negoziata, le trattative siano agevolate dalla presenza dell’esperto e su quali siano le modalità di conduzione delle trattative con i soggetti rilevanti, finalizzate a un’adeguata soluzione per il superamento della crisi dell’impresa.
Riproduzione riservata
1 . La negoziazione quale strumento di soluzione della crisi
L’istituto della composizione negoziata della crisi, con il quale gli imprenditori, i professionisti e i giudici saranno chiamati a confrontarsi nell’immediato futuro, trova quale elemento portante la necessità di facilitare le trattative tra l’imprenditore, i suoi creditori e gli altri soggetti interessati al fine di individuare una soluzione idonea al superamento della crisi o, comunque, un efficace approdo a uno degli istituti richiamati dall’art. 11 del d.l. 118/2021[1]. 
Centrale è, a questo proposito, la figura dell’esperto nominato su richiesta dell’imprenditore ai sensi dell’art. 3, comma 6, a cui la nuova normativa affida compiti non facilmente inquadrabili in figure e funzioni tipiche e già conosciute dall’ordinamento italiano.
Le funzioni dell’esperto descritte nel secondo comma dell’art. 2 sono, infatti, solo apparentemente nitide: è certamente vero che l’esperto è chiamato ad agevolare le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati al fine di individuare una soluzione per il superamento della situazione di crisi o di insolvenza in cui versa l’impresa, ma il novero delle funzioni che gli vengono attribuite dalla lettera della legge è evidentemente riduttivo sol che si consideri, come faremo tra breve, l’ampiezza dei compiti che la legge intende affidargli.
Dando per acquisite le vistose differenze funzionali rispetto al commissario giudiziale nel concordato preventivo e, ancora maggiormente, al curatore fallimentare[2], la figura dell’esperto non coincide neppure con quella del consulente o con quella del professionista attestatore anche se una contaminazione tra i ruoli e i compiti di queste figure professionali riecheggiano più volte nella prima lettura offerta dalla dottrina[3].
Compito principale dell’esperto è, infatti, quello di agevolare le trattative con i soggetti rilevanti per il risanamento dell’impresa, primi tra tutti i creditori aziendali: è un concetto, questo, ribadito anche dal decreto della direzione generale degli affari interni del Ministero della Giustizia del 28 settembre 2021 (“Decreto Dirigenziale”) dove, nel protocollo di conduzione della composizione negoziata, viene ribadito ad abundantiam come l’esperto debba considerarsi terzo rispetto a tutte le parti, imprenditore compreso[4].
L’esperto, dunque, è un soggetto terzo e indipendente, che non assiste l’imprenditore né si sostituisce alle parti nell’esercizio dell’autonomia privata ma ha il compito di facilitare le trattative e stimolare gli accordi[5]. Compito dell’esperto è, inoltre, quello di coadiuvare le parti nella comunicazione, nella comprensione dei problemi e degli interessi di ciascuna[6]. Solo dopo avere inquadrato con sufficiente chiarezza il ruolo dell’esperto e avere tracciato i confini tra il suo operato e quello dei consulenti dell’impresa è possibile formulare alcune considerazioni sulla principale funzione cui egli è preposto, che è quella di agevolare attraverso una sapiente opera di mediazione le trattative tra l’imprenditore (e i suoi advisors) e le controparti rilevanti per superare la situazione di crisi in cui versa l’azienda. 
2 . Lo svolgimento delle trattative e il ruolo dell’esperto
Una volta acquisita contezza della situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa e delle linee guida per il suo risanamento già tracciate dall’imprenditore con i suoi consulenti, l’esperto dovrà aiutare l’imprenditore stesso ad elaborare una strategia negoziale che abbia adeguate caratteristiche di efficacia e di probabilità di successo, per poi attivarsi per attivare le trattative coi principali creditori. 
Già in questo ambito, peraltro, il ruolo dell’esperto inizia ad assumere una coloritura più vivida rispetto a quanto tratteggiato dalla lettera della legge: all’esperto, infatti, viene chiesto dapprima di valutare la strategia e il piano di risanamento tracciati dall’imprenditore e dai suoi consulenti, e quindi di individuare – con l’imprenditore – le parti con cui è opportuno che vengano intraprese le trattative[7]: è, quest’ultimo, un elemento fondamentale nella strategia negoziale nell’ambito della crisi d’impresa posto che l’esperienza pratica insegna come le probabilità di successo delle trattative dipendano in buona misura dalla loro impostazione iniziale. Nell’ambito di istituti risoluzione della crisi diversi dalle procedure concorsuali è fondamentale, infatti, definire quali siano i creditori con cui intraprendere le trattative e quali invece da trascurare, perché portatori di crediti non rilevanti o perché notoriamente indisponibili alla negoziazione. 
Altrettanto importante è l’individuazione della tempistica e della cronologia del coinvolgimento dei creditori, così come l’approccio: se per i creditori commerciali potrà essere preferibile una negoziazione separata e bilaterale, anche per mantenere un adeguato livello di riservatezza, per la negoziazione con i soggetti finanziari la best practice suggerisce un approccio collettivo (il c.d. “tavolo interbancario”), in cui alla trattativa siano invitati contestualmente tutti gli istituti di credito e gli intermediari finanziari con i quali l’imprenditore abbia posizioni debitorie pendenti[8]. Per inciso, la necessità di una negoziazione contestuale e aperta a tutti gli istituti di credito è implicitamente richiesta anche dalla normativa vigente, allorquando l’art. 182-septies l. fall. e l’art. 182-octies l. fall. richiedono, per l’estensione degli effetti degli accordi, che i creditori (e principalmente i creditori finanziari) nei cui confronti si chiede l’estensione siano stati informati dell’avvio delle trattative e siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede.
L’impostazione delle trattative è, pertanto, un elemento di grande rilevanza per le loro prospettive di successo e nella normalità dei casi l’imprenditore viene assistito in questo delicato compito dai suoi consulenti di fiducia: il fatto che la legge (rectius: il Decreto Dirigenziale) ipotizzi di affidare questa attività anche all’esperto è probabilmente funzionale all’agevolazione delle trattative, ma tende a permeare la sua terzietà con elementi e funzioni tipiche della consulenza professionale.
Una volta individuati i creditori con cui intraprendere le trattative, il momento introduttivo alla negoziazione è rappresentato, intuitivamente, dalla richiesta di incontro da parte del debitore. Sotto questo profilo, né la norma di legge né quelle regolamentari prevedono un intervento diretto da parte dell’esperto, ancorché appaia evidente come l’esplicita indicazione della sua presenza, già al momento della convocazione delle parti o della richiesta di incontro, sia assai opportuna al fine di rassicurare i creditori sul percorso intrapreso e sull’intervento di un professionista istituzionalmente preposto alla facilitazione del processo negoziale.
Per quanto concerne le concrete modalità di svolgimento delle negoziazioni, non vi è dubbio che quelle riguardanti i creditori finanziari debbano avvenire attraverso riunioni in presenza o, in alternativa, attraverso strumenti di audio o videoconferenza che consentano un’effettiva partecipazione al dibattito da parte di tutti gli intervenuti. L’incontro in presenza o l’utilizzo di adeguati strumenti di telecomunicazione paiono da preferirsi anche per le trattative bilaterali con singoli creditori, anche se non può escludersi a priori la possibilità che per una moltitudine di creditori di piccolo importo siano trasmesse proposte in via epistolare: quest’ultimo caso, peraltro, andrebbe considerato eccezionale e valutato con grande cautela considerate le limitate tutele in termini di riservatezza e l’oggettiva difficoltà da parte dell’esperto, in questo caso, a raccogliere informazioni e a svolgere le funzioni di facilitatore cui è preposto.
In caso di negoziazioni collettive è opportuno valutare anche l’opportunità della redazione di un sintetico verbale della riunione da parte dell’esperto, previo consenso delle parti[9]: per quanto tale attività non sia richiesta da alcuna norma di legge[10], è da ritenersi che l’annotazione delle date, dei soggetti presenti e del contenuto sommario della riunione possa rivelarsi utile a posteriori per ricostruire la cronologia delle proposte e controproposte e l’effettiva dinamica delle negoziazioni al fine di giungere a una loro migliore conclusione. 
Un ulteriore, rilevante elemento delle negoziazioni che l’esperto è chiamato a influenzare è la loro tempistica: è esperienza comune, infatti, che le negoziazioni con i creditori possano spesso protrarsi per un periodo sostanzialmente più ampio rispetto a quanto pianificato. Anche in considerazione del termine di 180 giorni disposto dall’art. 5, comma 7, per l’individuazione di un’adeguata soluzione della crisi, sarà compito dell’esperto serrare i tempi delle trattative fissando riunioni e incontri ravvicinati tra loro e sollecitando riscontri e controproposte finalizzate al raggiungimento di un tempestivo accordo tra le parti.
3 . I doveri delle parti (e dell’esperto) nella negoziazione
Durante le trattative le parti si dovranno comportare secondo buona fede e correttezza (art. 4, comma 4). Questo principio, trasfuso dalla best practice in una specifica norma di legge, è evidentemente riferibile a tutte le parti coinvolte nella negoziazione. 
Per quanto riguarda l’esperto, ammesso e non concesso che possa essere considerato “parte”, la sua terzietà impone che egli operi in modo professionale riservato, imparziale e indipendente (art. 4, comma 2) mentre all’imprenditore è imposto il dovere di rappresentare in modo completo e trasparente la propria situazione non solo all’esperto, ma anche ai creditori e agli altri soggetti interessati (art. 4, comma 5). Si tratta, questo, di un principio di grande importanza posto che un’adeguata disclosure della reale situazione del debitore è l’elemento di partenza per un flusso informativo efficiente e trasparente tra le parti, che a sua volta è quasi sempre la chiave di volta per un processo decisionale rapido e non condizionato da sospetti e retropensieri. Non va sottaciuto, peraltro, che la diffusa ritrosia da parte degli imprenditori a fornire ai creditori bancari piena e completa evidenza della loro reale situazione sia riconducibile anche al (fondato) rischio di sospensione degli affidamenti e di limitazione degli utilizzi dei conti bancari che spesso ne consegue: sotto questo profilo, la legge prevede ora disposizioni normative ad hoc delle quali si darà brevemente conto nel prosieguo della trattazione.
Per quanto riguarda le controparti dell’imprenditore nelle trattative, il comma 7 dell’art. 4 prevede che queste abbiano il dovere di collaborare lealmente e in modo sollecito con l’imprenditore e con l’esperto, e di non ostacolare le trattative con un comportamento ostruzionistico o rifiutando a priori il contraddittorio sulle proposte del debitore[11]. 
Alle controparti viene inoltre chiesto di mantenere il necessario riserbo sulla situazione dell’imprenditore, sulle iniziative che questi intende intraprendere e, più in generale, sulle informazioni apprese in occasione delle trattative. Il tema della riservatezza è, in effetti, di importanza fondamentale nell’ambito di un processo di risanamento che preveda la prosecuzione dell’attività d’impresa[12] posto che la reputazione dell’impresa sul mercato è un asset di grande valore, potenzialmente pregiudicabile da iniziative di concorrenti che intendano pregiudicare il buon nome dell’impresa sfruttandone la momentanea debolezza e diffondendo maliziosamente informazioni sulla sua situazione di crisi.
Sotto questo profilo, la scelta dello strumento della composizione negoziata della crisi, in assenza di richiesta di misure protettive e della loro pubblicità, è potenzialmente idonea a mantenere un buon livello di riservatezza sulla situazione di crisi dell’impresa e a tutelare la sua reputazione sul mercato. Se, peraltro, la negoziazione con i soli istituti di credito può effettivamente limitare il rischio di “fughe di notizie” ai soli operatori coinvolti non v’è dubbio che, nonostante gli obblighi imposti dalla legge, le probabilità di mantenere un elevato livello di riservatezza siano inversamente proporzionali al numero degli altri creditori coinvolti nelle trattative: appare evidente, infatti, che l’instaurazione di trattative dall’esito fisiologicamente incerto con una moltitudine di creditori – alcuni dei quali probabilmente mal disposti nei confronti del debitore – presenti scarse garanzie di confidenzialità, nonostante gli ammonimenti sull’obbligo di riservatezza che l’esperto possa dispensare nel corso delle negoziazioni.
Una volta identificati e coinvolti i creditori e chiariti i rispettivi obblighi, assume fondamentale importanza la proposta che l’imprenditore intenderà formulare per cercare di raccogliere il maggior numero di consensi. Sebbene appaia evidente che la formulazione della proposta ai creditori spetti all’imprenditore e ai suoi consulenti, è fisiologico che l’esperto, in ragione delle funzioni che gli sono demandate e della sua personale competenza e autorevolezza, contribuisca ad affinare gli elementi della proposta o, in casi particolari, a modificarne la struttura non in forza dell’autorità a lui attribuita ma con un’opera di moral suasion che eviti la formulazione di proposte manifestamente incongrue o inaccettabili. L’opera di facilitazione demandata all’esperto impone, infatti, che le distanze tra le parti siano ridotte il più possibile, sino a far coincidere i rispettivi desiderata, sia attraverso una sapiente negoziazione che tenga conto dei reciproci interessi sia, ancora prima, attraverso la formulazione di proposte ragionevoli, che non abbiano l’esclusivo obiettivo di mantenere uno spazio negoziale per massimizzare l’utilità per il debitore ma, piuttosto, quello di individuare sin da subito i punti di contatto tra le reciproche posizioni, al fine di giungere rapidamente a una sintesi di interessi e alla conclusione delle trattative.
In questa fase l’esperto, oltre a influenzare la proposta iniziale da parte dell’imprenditore, può disporre di numerose leve per indirizzare la negoziazione, in parte derivanti dalla sua imparzialità e dalle funzioni che la legge gli attribuisce, e in parte riconducibili alla migliore conoscenza dell’intera situazione che egli sarà in grado di acquisire grazie alla facoltà, prevista dall’art. 4 comma 2, di chiedere all’imprenditore e ai creditori tutte le informazioni ritenute utili o necessarie per la migliore conduzione e definizione delle negoziazioni. 
La fluidità della trattativa è, inoltre, agevolata dal già citato obbligo delle parti di condurle con lealtà e sollecitudine, accompagnato dal corrispondente obbligo di riscontare sollecitamente e in modo motivato le reciproche proposte e richieste (art. 4, comma 7). È esperienza comune, infatti, che il rallentamento e la macchinosità di talune trattative siano spesso causati proprio dall’insufficiente qualità dei riscontri o persino dalla latitanza di alcuni creditori che rendono estremamente difficoltosa la conduzione delle negoziazioni e improbabile il loro esito positivo.
4 . Le trattative con le banche
Mentre la negoziazione con singoli fornitori è un’evenienza frequente ma non costante nel panorama delle crisi aziendali, la necessità di instaurare trattative con le banche e i creditori finanziari per la ristrutturazione del debito finanziario riguarda invece pressoché la totalità dei tentativi di risanamento per ragioni che possono essere ricondotte alle specifiche caratteristiche del rapporto tra banche e imprese in Italia[13].
La prima ragione è da ricondurre al costante e consistente indebitamento bancario delle imprese italiane, stante la generalizzata sottocapitalizzazione che le caratterizza e, soprattutto, lo scarso ricorso ad altre forme di finanziamento – quali obbligazioni e fondi di debito – che sono invece diffuse in altri Paesi occidentali. La seconda ragione è probabilmente riconducibile al fatto che le banche vengono considerate creditori professionali, dai quali potersi aspettare un’uniformità di comportamento e con i quali intavolare trattative scevre da aspetti emozionali e rivendicativi, anche grazie alla loro solidità patrimoniale che molto raramente rischia di essere pregiudicata dal mancato pagamento del credito in discussione. La terza ragione riguarda la possibilità che le banche creditrici possano essere disposte a erogare nuova finanza, che a sua volta rappresenta spesso un fattore di grande rilevanza per le probabilità di successo e la rapidità del risanamento delle imprese[14] e della quale si farà cenno tra breve.
Conscio dell’importanza di questa tipologia di creditori nelle soluzioni della crisi dell’impresa, il legislatore ha dedicato alle banche e agli intermediari finanziari due specifiche disposizioni, entrambe racchiuse nel sesto comma dell’art. 4.
Viene, innanzi tutto, tenuto conto dell’eventualità, molto frequente nell’ultimo quinquennio, che la banca abbia nel frattempo ceduto il proprio credito ad istituti finanziari specializzati, ovvero che ne abbia affidato la gestione a un mandatario esterno (c.d. credit servicer). Viene quindi previsto che non solo le banche (originariamente) creditrici, ma anche i loro mandatari e cessionari siano tenuti a partecipare alle trattative in modo attivo e informato[15]. È, questo, un obbligo del tutto assimilabile a quello di tempestivo riscontro delle proposte da parte degli altri creditori, con una significativa differenza terminologica che tiene conto dell’effettiva e attiva partecipazione alle trattative da parte dei soggetti finanziatori, non limitata quindi al mero riscontro alle proposte del debitore.
La seconda disposizione, di grande portata, riguarda la circostanza che l’accesso alla composizione negoziata della crisi da parte dell’imprenditore non possa costituire di per sé causa di revoca degli affidamenti bancari concessi all’imprenditore. Non è possibile, in questa sede, approfondire adeguatamente le numerose conseguenze e criticità di ordine giuridico e pratico che tale disposizione comporta: basti, qui, rilevare come questo divieto intenda contrastare il fenomeno, precedentemente illustrato, in cui alla disclosure della situazione di crisi da parte dell’imprenditore corrisponda normalmente, quale prima reazione da parte degli istituti di credito, la riduzione o il congelamento dell’operatività bancaria, finalizzata a limitare il suo rischio di credito ma destinata a peggiorare notevolmente le condizioni di svolgimento del tentativo di risanamento aziendale.
In questa fase, la presenza ai tavoli interbancari dell’esperto può avere indubbiamente un benefico effetto sulla fiducia reciproca tra le parti, grazie alla sua imparzialità e indipendenza e alla possibilità di fornire una rappresentazione veritiera e corretta della reale situazione dell’impresa e delle concrete prospettive di risanamento, offrendo alle banche e all’imprenditore la possibilità di formulare decisioni adeguatamente informate sui rischi e le conseguenze delle possibili soluzioni alternative. 
È possibile immaginare che, nel corso del processo di negoziazione, le banche possano chiedere all’esperto di esprimersi sulla ragionevolezza di talune assunzioni del piano di risanamento o sul mantenimento della continuità aziendale: non si tratta, in questo caso, di una funzione attribuitagli dalla legge quanto, piuttosto, di una parziale assimilazione del suo ruolo a quello del professionista attestatore, al quale vengono talvolta richieste comfort letters interinali sui punti di delicatezza delle trattative[16]. Su queste dinamiche non è, per il momento, possibile esprimere un sicuro giudizio di merito ed è pertanto necessario attendere la formazione di una best practice in materia che possa fornire utili indicazioni al riguardo. 
Appare interessante la previsione, suggerita dal Decreto Dirigenziale, che per favorire la conclusione degli accordi l’esperto proponga la nomina di un chief restructuring officer (“CRO”) con il ruolo di monitorare in futuro l’attuazione del piano di risanamento e il rispetto degli accordi raggiunti[17]. La figura del CRO è ben conosciuta nella prassi dei risanamenti aziendali e delle ristrutturazioni del debito bancario e la sua previsione nell’ambito della composizione negoziata appare senz’altro opportuna; qualche dubbio riguarda, semmai, l’ipotesi che il suo costo sia sostenuto in modo proporzionale dalle parti, posto che nella prassi esso viene normalmente sostenuto integralmente dal debitore: sotto questo profilo, è possibile che la moral suasion dell’esperto possa non essere sufficiente a modificare una prassi da tempo consolidata.
Un accenno specifico merita la possibilità, precedentemente segnalata, che l’imprenditore intenda richiedere nuova finanza prededucibile agli istituti bancari. Rinviando l’approfondimento tecnico ai contributi specifici sul tema[18], in questa sede è opportuno evidenziare come l’esperto possa svolgere un ruolo di grande importanza nell’agevolare l’accesso dell’imprenditore in crisi a nuovi finanziamenti bancari. Sebbene l’art. 10, comma, 1, lett. a) non lo preveda espressamente, è infatti agevole ritenere che il tribunale voglia verificare la funzionalità dei finanziamenti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori anche sentendo, sul punto, l’esperto[19]. Prescindendo dalla formulazione del giudizio richiesto dal tribunale, appare evidente che la negoziazione con il possibile finanziatore - che si tratti di una banca già creditrice o di un istituto che intervenga in quella specifica operazione - possa essere notevolmente facilitata dalla presenza dell’esperto, il quale potrà informare il finanziatore sulla reale situazione dell’impresa e rassicurarlo sulle effettive possibilità di restituzione del finanziamento e, ancora prima, sui benefici che questo possa avere sulle prospettive di risanamento dell’impresa. La terzietà e imparzialità dell’esperto, in questo ambito, potranno così supportare il processo decisionale del futuro finanziatore e rendere più agevole la conduzione delle trattative per l’ottenimento di nuova finanza.
5 . Le trattative riguardanti i rapporti di lavoro subordinato
Un breve accenno merita la possibilità, specificamente prevista dalla legge, che l’imprenditore in crisi che occupi complessivamente più di quindici dipendenti si trovi nella necessità di assumere determinazioni che incidano sui rapporti di lavoro di una pluralità di lavoratori. Qualora non siano previste dalla legge o dai contratti collettivi applicabili diverse procedure di informazione e consultazione, l’art. 4, comma 8 prevede che la consultazione avvenga con specifiche modalità.
In particolare, la consultazione con le rappresentanze sindacali dei dipendenti, che dovrà avvenire prima della adozione delle misure, dovrà essere introdotta con comunicazione scritta che dia facoltà alle rappresentanze sindacali dei lavoratori di chiedere un incontro, al quale parteciperà anche l’esperto.
Questa particolare forma di consultazione, che non fa parte della composizione negoziata vera e propria[20] e di cui la legge traccia soltanto alcuni elementi procedurali, è caratterizzata dall’estrema rapidità di svolgimento dell’intero processo che, idealmente, è destinato a concludersi entro diciotto giorni dall’invio dell’informativa da parte del datore di lavoro. 
Si tratta evidentemente di una negoziazione sui generis, posto che l’intero procedimento potrebbe concludersi anche senza un accordo tra le parti. L’obbligatoria partecipazione dell’esperto, peraltro, può anche in questo caso facilitare la comprensione delle reciproche ragioni attraverso un’imparziale ricognizione delle cause e dello stato della crisi e delle soluzioni ipotizzate dall’imprenditore per superarla. La mediazione dell’esperto, dunque, anche in questo caso potrà assicurare un adeguato e trasparente scambio di informazioni e facilitare il raggiungimento di un consenso tra le parti su una soluzione finale che possa essere accettata, perché considerata equa.
6 . La negoziazione per modificare i contratti in corso
Un’ultima annotazione merita il ruolo dell’esperto nella negoziazione tra le parti riguardante le possibilità di modificare le condizioni dei contratti ad esecuzione continuata o periodica o ad esecuzione differita qualora l prestazione da parte dell’impresa in crisi sia divenuta eccessivamente onerosa a causa degli effetti della pandemia da Covid-19.
L’art. 10, comma 2, offre una dettagliata disciplina dei possibili rimedi giudiziali a questa situazione, per l’esame dei quali si rimanda ai contributi sul tema[21]. Ciò che interessa rilevare, in questa sede, è come la decisione del tribunale rappresenti, sussistendone i presupposti, un’extrema ratio a fronte dell’indisponibilità delle parti a raggiungere in buona fede una soluzione che appaia idonea a consentire la continuità aziendale per il periodo necessario al risanamento. 
Accanto alle fattispecie regolate dalla norma contenuta nel secondo comma dell’art. 10, è agevole immaginare che possano sussistere nella pratica numerose altre situazioni in cui l’eccessiva onerosità del contratto in corso non sia stata causata dalla pandemia o che non impedisca, a stretto rigore, la continuità aziendale ma renda comunque estremamente impervio il percorso di risanamento.
In tutte queste situazioni, l’intervento propositivo dell’esperto può costituire un elemento di fondamentale importanza per impostare e condurre una negoziazione tra l’imprenditore e la sua controparte contrattuale finalizzata alla consensuale modifica del contratto originario: la presenza di un mediatore terzo e la sua imparziale rappresentazione sia dell’effettiva situazione dell’impresa sia del programma di risanamento può, infatti, favorire una negoziazione efficace e trasparente, priva di elementi rivendicativi e finalizzata a individuare consensualmente una soluzione che, attraverso reciproche concessioni, consenta di soddisfare utilmente gli interessi di entrambe le parti.

Note:

[1] 
Per una visione complessiva degli obiettivi della composizione negoziata della crisi cfr. le prime considerazioni di M. Fabiani, La proposta della Commissione Pagni all’esame del Governo: valori obiettivi e strumenti, in dirittodellacrisi.it, 2 agosto 2021 e S. Leuzzi, Una rapida lettura dello schema di D.L. recante misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, in dirittodellacrisi.it, 5 agosto 2021; A. Farolfi, Le novità del D.L. 118/2021: considerazioni sparse “a prima lettura”, in dirittodellacrisi.it, 6 settembre 2021 e, più recentemente, F. Santangeli, Le finalità della composizione negoziata, in dirittodellacrisi.it.
[2] 
Così, con sicurezza, L. Panzani, Il D.L. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del covid, in questa Rivista, 25 agosto 2021.
[3] 
Cfr., ad esempio, A. Farolfi, Le novità del D.L. 118/2021: considerazioni sparse “a prima lettura”, cit. e S. Leuzzi, Allerta e composizione negoziata nel sistema concorsuale ridisegnato dal D.L. n. 18 del 2021, in dirittodellacrisi.it, 28 settembre 2021.
[4] 
Cfr. P. Riva, Ruolo e funzioni dell’esperto “facilitatore”, in Ristrutturazioni aziendali, 30 settembre 2021. 
V. anche Decreto Dirigenziale, sez. III, art. 8.1.
[5] 
Per ulteriori approfondimenti sul ruolo dell’esperto, cfr. anche L. Calcagno, La figura dell’esperto, in dirittodellacrisi.it; L. Panzani, Il D.L. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del covid, cit.; S. Leuzzi, Allerta e composizione negoziata nel sistema concorsuale ridisegnato dal D.L. n. 18 del 2021, cit.; L.A. Bottai, La composizione negoziata di cui al D.L. 118/2021: svolgimento e conclusione delle trattative, in Il Fallimentarista, 4 ottobre 2021.
[6] 
Così, letteralmente, Decreto Dirigenziale, sez. III, art. 8.2.
[7] 
Cfr. Decreto Dirigenziale, sez. III, art. 5.2.
[8] 
Così, Decreto Dirigenziale, sez. III, art. 8.7.
[9] 
Sulla loro sicura utilità, cfr. P. Rinaldi, La struttura del percorso, in questa Rivista, 27 ottobre 2021. Il tema della verbalizzazione è, peraltro, da valutare con grande cautela al fine del mantenimento della riservatezza delle trattative: salvo che il verbale non venga custodito personalmente dall’esperto, è mio parere che la sua redazione e diffusione tra le parti coinvolte debba essere subordinata al preventivo consenso delle parti.
[10] 
Con l’unica eccezione, assai peculiare, del rapporto delle consultazioni con le rappresentanze sindacali previste dall’art. 4, comma 8. In quel caso, peraltro, il verbale sdarà redatto si soli fini della determinazione del compenso dell’esperto.
[11] 
Così L. Panzani, Il D.L. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del covid, cit.
[12] 
Cfr. L.A. Bottai, La composizione negoziata di cui al D.L. 118/2021: svolgimento e conclusione delle trattative, cit.
[13] 
Per considerazioni generali sulle caratteristiche del rapporto tra banche e impresa nel panorama italiano, ci si permette di rimandare a A. Guiotto, Il finanziamento bancario e i rapporti tra banca e impresa, in Il Fallimento, 2021, 1199 ss.
[14] 
Sull’ampio tema della rilevanza e delle caratteristiche dei finanziamenti alle imprese in crisi si rinvia a A. Guiotto, I finanziamenti alle imprese in crisi, in Il Fallimento, 2017, 1063 ss.
[15] 
Cfr. L. Panzani, Il D.L. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del covid, cit.
[16] 
Così, infatti, P. Rinaldi, La struttura del percorso, cit.
[17] 
Cfr. Decreto Dirigenziale, sez. III, art. 9.4.
[18] 
Cfr. in particolare S. Bonfatti, La nuova finanza bancaria, in dirittodellacrisi.it e A. Dentamaro, La nuova finanza nella composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa ex D.L. 118/2021, in questa Rivista, 12 ottobre 2021.
[19] 
Così, infatti, Decreto Dirigenziale, sez. III, art. 10.1.
[20] 
Cfr. L. Panzani, Il D.L. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del covid, cit.
[21] 
Cfr. in particolare G. Romano, La rinegoziazione dei contratti, in questa Rivista e L. Panzani, Il D.L. “Pagni” ovvero la lezione (positiva) del covid, cit.

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Comunicazione e diffusione - I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati, intendendosi con tale termine il darne conoscenza ad uno o più soggetti determinati, dalla Società a terzi per dare attuazione a tutti i necessari adempimenti di legge. In particolare i dati personali dell’interessato potranno essere comunicati a Enti o Uffici Pubblici o autorità di controllo in funzione degli obblighi di legge.

I dati personali dell’interessato potranno essere comunicati nei seguenti termini:

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  • 2. rettifica: correggere/ottenere la correzione dei dati personali se errati o obsoleti e di completarli, se incompleti;
  • 3. cancellazione/oblio: ottenere, in alcuni casi, la cancellazione dei dati personali forniti; questo non è un diritto assoluto, in quanto le Società potrebbero avere motivi legittimi o legali per conservarli;
  • 4. limitazione: i dati saranno archiviati, ma non potranno essere né trattati, né elaborati ulteriormente, nei casi previsti dalla normativa;
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  • 7. revoca del consenso in qualsiasi momento, qualora il trattamento si basi sul consenso.

Ai sensi dell’art. 2-undicies del D.Lgs. 196/2003 l’esercizio dei diritti dell’interessato può essere ritardato, limitato o escluso, con comunicazione motivata e resa senza ritardo, a meno che la comunicazione possa compromettere la finalità della limitazione, per il tempo e nei limiti in cui ciò costituisca una misura necessaria e proporzionata, tenuto conto dei diritti fondamentali e dei legittimi interessi dell’interessato, al fine di salvaguardare gli interessi di cui al comma 1, lettere a) (interessi tutelati in materia di riciclaggio), e) (allo svolgimento delle investigazioni difensive o all’esercizio di un diritto in sede giudiziaria)ed f) (alla riservatezza dell’identità del dipendente che segnala illeciti di cui sia venuto a conoscenza in ragione del proprio ufficio). In tali casi, i diritti dell’interessato possono essere esercitati anche tramite il Garante con le modalità di cui all’articolo 160 dello stesso Decreto. In tale ipotesi, il Garante informerà l’interessato di aver eseguito tutte le verifiche necessarie o di aver svolto un riesame nonché della facoltà dell’interessato di proporre ricorso giurisdizionale.

Per esercitare tali diritti potrà rivolgersi alla nostra Struttura "Titolare del trattamento dei dati personali" all'indirizzo ssdirittodellacrisi@gmail.com oppure inviando una missiva a Società per lo studio del diritto della crisi via Principe Amedeo, 27, 46100 - Mantova (MN). Il Titolare Le risponderà entro 30 giorni dalla ricezione della Sua richiesta formale.

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