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Saggio

Le autorizzazioni del Tribunale nella composizione negoziata della crisi*

Alessandro Nastri, Giudice nel Tribunale di Terni

23 Marzo 2022

*Il saggio è tratto da un contributo redatto in occasione del corso P22001 della Scuola Superiore della Magistratura, destinato alla pubblicazione nei Quaderni della Scuola.
Il saggio è stato altresì sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
L'Autore svolge una puntuale analisi del tema delle autorizzazioni giudiziali nel nuovo istituto della composizione negoziata. 
Riproduzione riservata
1 . Premessa
Il primo comma dell’art. 10 d.l. 118/2021, convertito in l. 147/2021, individua le autorizzazioni che il Tribunale può concedere all’imprenditore nel corso della composizione negoziata della crisi, all’esito di un procedimento attivato dallo stesso imprenditore e disciplinato dal terzo comma del medesimo articolo.
Coerentemente con il contesto in cui si inseriscono, le autorizzazioni del Tribunale operano in un ambito del tutto residuale ed eccezionale, specificamente delimitato ai casi espressamente considerati dalla summenzionata disposizione che, proprio per l’eccezionalità dell’intervento giudiziale, non appare suscettibile di applicazione analogica per atti ulteriori e diversi.[1]
La composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa non è infatti una procedura concorsuale, costituendo piuttosto un percorso riservato e stragiudiziale finalizzato alla soluzione precoce della crisi, al quale l’imprenditore accede unicamente su base volontaria e nel quale le trattative si svolgono direttamente tra l’imprenditore e le parti interessate con l’ausilio e l’intermediazione dell’esperto (che ne facilita la conduzione e verifica l’utilità delle trattative e l’assenza di ingiusto pregiudizio dei creditori), sicché di regola, in tale percorso, non vi è per l’imprenditore l’esigenza di ricorrere al Tribunale[2].
Del resto, durante la composizione negoziata l’imprenditore che vi accede – pur potendo beneficiare delle misure protettive e dei provvedimenti cautelari di cui agli artt. 6 e 7 d.l. 118/2021 – conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa[3], con gli unici limiti dettati dall’art. 9 del medesimo d.l.. Tali limiti si risolvono, di fatto, in una necessaria interlocuzione dell’imprenditore con l’esperto prima del compimento degli atti più significativi e potenzialmente pregiudizievoli per i creditori o idonei ad incidere negativamente sulle trattative o sulle prospettive di risanamento dell’impresa, interlocuzione che, in ogni caso, non può mai impedire il compimento degli atti (incidendo l’eventuale dissenso dell’esperto solo sulla conservazione dei relativi effetti nelle eventuali successive procedure concorsuali indicate nell’art. 12 d.l. 118/2021 e, potenzialmente, sulla persistenza o sulla durata delle misure protettive e cautelari concesse ai sensi degli artt. 6 e 7 del medesimo d.l., che il giudice può revocare o abbreviare ai sensi del comma 6 dello stesso art. 7 su segnalazione dell’esperto dissenziente).
I casi in cui la norma prevede la necessità dell’intervento autorizzativo del Tribunale sono due: a) quello in cui l’imprenditore intenda contrarre (con terzi o con soci) finanziamenti assistiti dalla prededuzione[4]; b) quello in cui l’imprenditore intenda trasferire in qualsiasi forma l’azienda (o uno o più rami di essa) senza gli effetti di cui all’art. 2560, co. 2, c.c.. 
Il motivo per cui il legislatore ha ritenuto opportuno prevedere la necessità dell’autorizzazione giudiziale in questi due casi risiede nella consapevolezza che si tratta di operazioni che sono potenzialmente decisive per la continuità aziendale (diretta o indiretta) ma che, al tempo stesso, hanno un rilevantissimo impatto sui diritti dei creditori, i quali si vedono “scavalcare” dal finanziatore nella graduazione dei crediti nello scenario di un’eventuale procedura concorsuale, o vengono privati della garanzia patrimoniale costituita dall’azienda o da uno o più rami di essa[5].
2 . L’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili
Le lettere a), b) e c) del primo comma dell’art. 10 d.l. 118/2021 prevedono l’intervento autorizzativo del Tribunale laddove l’imprenditore intenda contrarre (sotto qualunque forma: apertura di credito, anticipazione su fatture, mutuo, etc.) finanziamenti prededucibili ai sensi dell’art. 111 l.f.. 
L’attenzione del legislatore verso i finanziamenti viene anticipata ad un momento precedente a quello in cui matura lo stato di crisi o di insolvenza[6], nella consapevolezza che i finanziamenti possono costituire uno strumento decisivo per il successo di una ristrutturazione preventiva, il cui utilizzo può rendersi necessario già quando l’imprenditore si trova ancora nella situazione descritta dall’art. 2, co. 1, d.l. 118/2021 (ossia “in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-funanziario che ne rendano probabile la crisi o l’insolvenza”)[7].
L’autorizzazione non è necessaria per la valida ed efficace stipulazione del contratto di finanziamento, trattandosi di atto di straordinaria amministrazione che l’imprenditore può liberamente ed efficacemente compiere limitandosi ad informare preventivamente l’esperto per iscritto ai sensi dell’art. 9 d.l. 118/2021, ma è indispensabile per attribuire la prededuzione al credito del finanziatore, al fine di incentivare quest’ultimo alla concessione del finanziamento offrendogli una “rassicurazione” sulla prospettiva di conseguire la restituzione anche nell’infausto scenario di un insuccesso della composizione negoziata con conseguente apertura di una procedura concorsuale[8].
La prededuzione è infatti destinata ad operare solo nel caso in cui l’esito delle trattative conduca alla successiva apertura di una procedura concorsuale tra quelle indicate dall’art. 12, co. 1, d.l. 118/2021 (ai sensi del quale “gli atti autorizzati dal tribunale ai sensi dell'articolo 10 conservano i propri effetti se successivamente intervengono un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato, un concordato preventivo omologato, il fallimento, la liquidazione coatta amministrativa, l'amministrazione straordinaria o il concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio di cui all'articolo 18”[9]), mentre l’autorizzazione del Tribunale non incide in alcun modo sull’ordine dei pagamenti nell’ambito della composizione negoziata e della fase attuativa del piano di risanamento, in cui non si realizza alcun concorso tra i creditori poiché, come detto, non si tratta di una procedura concorsuale ma di un percorso negoziale nel quale l’imprenditore rimane in bonis[10].
Il controllo ex ante del Tribunale, avente ad oggetto la funzionalità del finanziamento alla salvaguardia della continuità aziendale e alla miglior realizzazione dell’interesse dei creditori, serve quindi affinché possa poi operare ex post la prededuzione in ambito concorsuale[11].
Si è peraltro evidenziato che, poiché la prededuzione in questione non può essere riconosciuta nelle eventuali procedure esecutive individuali successive alla mancata omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti o del concordato preventivo “a valle” della composizione negoziata, in un simile scenario il creditore finanziatore sarà incentivato a presentare istanza di fallimento nei confronti dell’imprenditore, proprio al fine di conseguire il beneficio della prededuzione[12].
Per quel che concerne il novero dei finanziatori cui può essere attribuita la prededuzione per effetto dell’autorizzazione giudiziale, la lettera b) del comma 1 dell’art. 10 d.l. 118/2021 vi include anche i soci, il che implica, evidentemente, una deroga alla regola della postergazione di cui all’art. 2467 c.c., senza, peraltro, il limite dell’80% dell’ammontare del finanziamento che è invece previsto dall’art. 182-quater, co. 3, l.f. per i finanziamenti erogati dai soci in funzione della presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo o della domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.
Dal confronto con l’art. 182-quater l.f. si evince inoltre che il legislatore ha inteso attribuire alla prededuzione in esame una maggiore stabilità, stante l’automaticità del riconoscimento della stessa, in tutte procedure concorsuali elencate dall’art. 12, co. 1, d.l. 118/2021, per il solo fatto dell’intervenuta autorizzazione ex art. 10 da parte del Tribunale a contrarre il finanziamento, laddove il secondo comma dell’art. 182-quater l.f. prevede invece la necessità di un’espressa conferma in tal senso nel decreto di apertura del concordato o di omologa dell’accordo. D’altra parte, non essendo neppure astrattamente configurabile una consecuzione tra la composizione negoziata della crisi (che, come detto, non è una procedura concorsuale) e successive procedure concorsuali, non avrebbe alcun senso subordinare il riconoscimento della prededuzione in queste ultime ad un vaglio giudiziale sull’identità della crisi o dell’insolvenza e sul nesso di funzionalità con la procedura (vaglio che è sostituito “a monte” della valutazione compiuta dal Tribunale, in sede di autorizzazione, circa la funzionalità dell’atto alla continuità aziendale e alla miglior soddisfazione dei creditori). Deve quindi ritenersi che, nel richiamare l’art. 111 l.f., il legislatore abbia inteso riferirsi alla prima parte del secondo comma di tale disposizione laddove prevede che sono prededucibili i crediti “così qualificati da una specifica disposizione di legge”[13], e che, non potendo intendersi la locuzione “se successivamente intervengono […]” contenuta nell’art. 12, co. 1, d.l. 118/2021 come riferita alla necessità di una consecuzione tra le procedure, la prededuzione operi anche in procedure concorsuali eventualmente aperte ad anni di distanza[14]. 
La “stabilità” della prededuzione è ulteriormente rafforzata dal mancato recepimento nel d.l. 118/2021 della disposizione di cui all’art. 99, co. 6, CCII (secondo cui “in caso di successiva apertura della procedura di liquidazione giudiziale, i finanziamenti autorizzati non beneficiano della prededuzione quando risulta congiuntamente che: a) il ricorso o l'attestazione di cui al comma 3 contengono dati falsi ovvero omettono informazioni rilevanti o comunque quando il debitore ha commesso altri atti in frode ai creditori per ottenere l'autorizzazione; b) il curatore dimostra che i soggetti che hanno erogato i finanziamenti, alla data dell'erogazione, conoscevano le circostanze di cui alla lettera a))”[15], oltre che dallo “scudo” dell’esenzione da revocatoria ordinaria e fallimentare offerto dal finanziatore dall’art. 12, co. 3, d.l. 118/2021 (in forza del quale “gli atti di straordinaria amministrazione e i pagamenti effettuati nel periodo successivo alla accettazione dell'incarico da parte dell'esperto sono in ogni caso soggetti alle azioni di cui agli articoli 66 e 67 del regio decreto n. 267 del 1942, se, in relazione ad essi, l'esperto ha iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese ai sensi dell'articolo 9, comma 4, o se il tribunale ha rigettato la richiesta di autorizzazione presentata ai sensi dell'articolo 10”)[16].
L’unico “rischio” che si potrebbe comunque prospettare per il finanziatore è quello relativo al concorso nella responsabilità dell’imprenditore fatta salva dal comma 4 dell’art. 12 d.l. 118/2021 (secondo cui “nelle ipotesi disciplinate dai commi 1, 2 e 3 resta ferma la responsabilità dell'imprenditore per gli atti compiuti”), ma si tratta di un rischio la cui configurabilità – sotto forma di “concessione abusiva di credito” – in relazione ad un finanziamento autorizzato dal Tribunale ai sensi della disposizione in commento appare (già in astratto) difficilmente sostenibile, tenuto conto anche della previsione contenuta nella lettera b) del primo comma dell’art. 17 della suddetta direttiva secondo cui “i concessori di detti finanziamenti non possono essere ritenuti civilmente, amministrativamente o penalmente responsabili, in base al rilievo che detti finanziamenti sono pregiudizievoli per la massa dei creditori, a meno che non sussistano altre ragioni stabilite dal diritto nazionale”.
3 . L’autorizzazione al trasferimento dell’azienda (o di uno o più suoi rami) senza gli effetti di cui all’art. 2560, co. 2, c.c.
La lettera d) del primo comma dell’art. 10 d.l. 118/2021 subordina all’autorizzazione del Tribunale la possibilità per l’imprenditore di trasferire in qualsiasi forma l’azienda o uno o più rami di essa senza gli effetti di cui all’art. 2560, co. 2, c.c.[17].
Anche in questo caso, l’autorizzazione non condiziona la validità e la piena efficacia del contratto traslativo dell’azienda o di suoi rami (trattandosi, al pari della stipulazione di contratti di finanziamento, di un atto di straordinaria amministrazione soggetto al regime di cui all’art. 9 d.l. 118/2021), ma è necessaria per far conseguire all’acquirente – sia pure nell’ambito di una vendita che resta “privatistica” – il beneficio dell’esenzione dalla responsabilità solidale per i debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, anteriori al trasferimento, che risultino dai libri contabili obbligatori dell’imprenditore cedente (rectius: della limitazione di tale responsabilità allo specifico ambito delineato dall’art. 2112 c.c., relativo ai diritti dei lavoratori, stante l’espressa previsione dell’ultimo inciso della lettera d del comma in esame secondo cui “resta fermo l'articolo 2112 del codice civile”)[18].
Anche per tale beneficio conseguente all’autorizzazione è prevista la stabilità in caso di successiva apertura a carico del cedente di una tra le procedure concorsuali elencate dal primo comma dell’art. 12 d.l. 118/2021, nelle quali, tra l’altro, ai sensi del terzo comma del medesimo articolo, la cessione autorizzata non potrà essere oggetto di azione revocatoria ordinaria o fallimentare[19].
La finalità perseguita è evidentemente quella di incentivare all’immediato acquisto dell’azienda i potenziali interessati, i quali, in mancanza di tale previsione, sarebbero indotti ad attendere l’apertura di una procedura concorsuale per acquistare l’azienda in seno alla stessa proprio al fine di beneficiare dell’effetto “purgativo” della vendita coattiva ai sensi dell’art. 105, co. 4, l.f.[20] (applicabile anche al concordato preventivo in virtù del richiamo operato dall’art. 182, co. 5, l.f.), precludendo in tal modo all’imprenditore la via di una cessione tempestiva dell’azienda, talora indispensabile per evitare – nell’interesse non solo dello stesso imprenditore, ma anche dei suoi creditori – la definitiva dispersione dei valori connessi alla continuità aziendale e/o la maturazione di ulteriori perdite nelle more dell’apertura della procedura concorsuale e nel corso del successivo procedimento competitivo scandito da rigide formalità e lunghe tempistiche.
Quanto all’ambito applicativo, la norma lo individua nel trasferimento dell’azienda o di uno o più suoi rami “in qualunque forma”, sicché, da un lato, vi rientra qualsiasi modalità di traslazione della proprietà, ivi incluso, ad esempio, il conferimento in una newco[21], e, dall’altro, non vi rientrano i contratti di affitto di azienda o con i quali venga comunque trasferito il solo godimento, rispetto ai quali non avrebbe alcun significato la deroga alla previsione di cui all’art. 2560, co. 2, c.c. che pacificamente per essi non opera.
Il tenore letterale della lettera d) del primo comma dell’art. 10 d.l. 118/2021, laddove individua quale oggetto dell’autorizzazione il trasferimento dell’azienda o di uno o più suoi rami “senza gli effetti di cui all'articolo 2560, secondo comma, del codice civile”, induce ad escludere la possibilità – pur ipotizzata in dottrina[22] – di un accoglimento parziale dell’istanza, ossia della concessione di un’autorizzazione alla cessione senza la deroga all’art. 2560, co. 2, c.c.. Una siffatta autorizzazione parziale avrebbe, del resto, il solo effetto di rendere il trasferimento “stabile” ed esente da revocatoria nelle eventuali successive procedure concorsuali di cui all’art. 12, co. 1, d.l. 118/2021, ma tale effetto, come già sottolineato, è sufficiente – ai sensi del comma 3 del medesimo articolo – che l’esperto non abbia iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese ai sensi dell’art. 9, co. 4, d.l. 118/2021.
L’autorizzazione può naturalmente riguardare solo la cessione il cui perfezionamento sia previsto prima della conclusione delle trattative o, al massimo, nell’ambito di una soluzione di risanamento ex art. 11 d.l. 118/2021 (diversa da quelle in cui è previsto il controllo del giudice) che direttamente si riallacci a quelle trattative.
4 . La richiesta dell’imprenditore: limiti temporali
Nel prevedere che il Tribunale possa concedere le autorizzazioni “su richiesta dell’imprenditore”, la norma individua quale primo imprescindibile presupposto l’esistenza di un’espressa richiesta formulata dall’imprenditore, unico soggetto a ciò legittimato. Si tratta di una legittimazione non surrogabile, ragion per cui il Tribunale non può esaminare una richiesta di autorizzazione che eventualmente provenga da altri soggetti come ad esempio uno o più creditori o il potenziale finanziatore o acquirente dell’azienda, ovvero lo stesso esperto[23].
Non vi è dubbio che la richiesta dell’imprenditore debba essere successiva alla presentazione – tramite la piattaforma telematica – dell’istanza di nomina dell’esperto, ma non è chiaro se sia ammissibile la richiesta presentata nelle more della nomina dell’esperto e della pubblicazione nel registro delle imprese della sua accettazione dell’incarico. Nell’unico precedente di merito ad oggi edito in materia[24] si è affermato, a tal proposito, che la nomina dell’esperto non sarebbe “condizione necessaria per dar corso all’autorizzazione ex art. 10 D.L. 118/2021 come può desumersi dalla formulazione dell’art. 7 del D.L. citato che richiede espressamente l’accettazione dell’esperto per la conferma delle misure protettive e cautelari mentre l’art. 10 si limita a prescrive[re] che su richiesta dell’imprenditore il tribunale, verificata la funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla miglior soddisfazione dei creditori, autorizza quest’ultimo a contrarre finanziamenti prededucibili”. In effetti, mentre l’art. 7 d.l. 118/2021 – nel disciplinare il procedimento per la conferma o modifica delle misure protettive e per l’adozione dei provvedimenti cautelari – prevede espressamente che l’avvio debba avvenire con ricorso presentato “lo stesso giorno della pubblicazione dell’istanza e dell’accettazione dell’esperto”, aggiungendo poi al comma 4 che all’udienza il Tribunale deve sentire “le parti e l’esperto” (il che non lascia margini di dubbio circa l’inammissibilità del ricorso ove presentato prima della pubblicazione nel registro delle imprese dell’accettazione dell’incarico da parte dell’esperto), l’art. 10 d.l. 118/2021 si limita a presupporre al comma 1 la “richiesta dell’imprenditore” (senza fare espressa menzione della necessità della previa accettazione dell’incarico da parte dell’esperto), e a stabilire, al comma 3, che il Tribunale decide “sentite le parti interessate e assunte le informazioni necessarie, provvedendo, ove occorre ai sensi dell’art. 68 del codice di procedura civile” (senza prevedere l’imprescindibile partecipazione dell’esperto al procedimento, e con l’aggiunta che il giudice può farsi assistere da un diverso esperto ex art. 68 c.p.c.). In senso contrario all’ammissibilità della richiesta formulata quando l’esperto non sia stato nominato o comunque non abbia ancora accettato l’incarico, si è tuttavia evidenziato che in una tale fase il percorso di composizione negoziata della crisi non può invero neppure ritenersi avviato, e che, d’altra parte, poiché le autorizzazioni hanno ad oggetto atti di straordinaria amministrazione, il relativo compimento presuppone comunque la preventiva comunicazione scritta di cui all’art. 9 d.l. 118/2021 al fine di consentire all’esperto l’espressione del suo eventuale dissenso[25].
Analoghe incertezze non paiono sussistere in merito al termine ultimo entro il quale la richiesta deve essere presentata. Appare infatti indubbio che la stessa debba pervenire al Tribunale, a pena di inammissibilità, prima che si concluda l’incarico dell’esperto con lo spirare del termine di cui all’art. 5, co. 7, d.l. 118/2021[26]. Peraltro, poiché proprio la presentazione della richiesta di autorizzazione può determinare – per espressa previsione del secondo periodo di tale disposizione – la necessità della proroga dell’iniziale termine di centottanta giorni dall’accettazione della nomina dell’esperto, occorrerà valutare, caso per caso (soprattutto laddove pendano istanze per la dichiarazione di fallimento dell’imprenditore), se la formulazione della richiesta proprio a ridosso della scadenza del suddetto termine non possa configurare un utilizzo “abusivo” dello strumento all’esclusivo fine di ottenere la suindicata proroga e, con essa, la proroga delle misure protettive di cui all’art. 6 d.l. 118/2021.
5 . Gli altri presupposti comuni ad entrambe le autorizzazioni
Pur non essendovi una specificazione in tal senso nell’art. 10 d.l. 118/2021, deve poi ritenersi che tra i presupposti di ammissibilità della richiesta di autorizzazione vi sia anche il positivo vaglio da parte del Tribunale circa l’effettiva sussistenza della situazione individuata dall’art. 2, co. 1, d.l. 118/2021 quale condizione per l’accesso al percorso di composizione negoziata, ossia che l’imprenditore si trovi in “condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che ne rendono probabile la crisi o l’insolvenza”[27]. A ben vedere, eccezion fatta per i finanziamenti temporanei e urgenti al fine di evitare un’immediata interruzione della continuità aziendale, le altre autorizzazioni sembrano inevitabilmente presupporre un vaglio giudiziale che, non fermandosi alla constatazione dell’effettiva esistenza di una situazione di “pre-crisi” o di “pre-insolvenza”, deve investire anche la coerenza dell’atto rispetto ad uno specifico progetto di risanamento già delineato o almeno prospettato nei suoi elementi essenziali, risultando altrimenti impossibile o quantomeno difficoltosa la verifica che la norma espressamente richiede al Tribunale, ossia quella sulla funzionalità dell’atto non solo rispetto alla continuità aziendale ma anche rispetto alla migliore soddisfazione dei creditori.
Il presupposto esplicitato dal legislatore è costituito infatti proprio dal positivo esito del vaglio giudiziale sulla “funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori”, laddove l’utilizzo della congiunzione “e” comporta, evidentemente, la necessità che l’atto soddisfi entrambi i requisiti[28].
Si tratta di un vaglio che “abbraccia” un orizzonte temporale che va oltre la composizione negoziata: l’atto non deve necessariamente essere funzionale alla salvaguardia della continuità aziendale e degli interessi dei creditori già durante il percorso composizione negoziata, ma ben può esserlo anche soltanto nel periodo successivo alla conclusione delle trattative e, in particolare, nella fase esecutiva del piano di risanamento delineato o prospettato per il superamento delle condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario dell’imprenditore. Sé è vero, infatti, che il Tribunale è chiamato ad una verifica rigorosa sulla sussistenza del nesso di funzionalità, anche al fine di contrastare eventuali abusi[29], non può non evidenziarsi che in molti casi il buon esito delle trattative potrebbe essere condizionato anche dalla finanza messa a disposizione per l’esecuzione del piano di risanamento, sicché appare ragionevole ritenere che, in una fase in cui la soluzione di superamento della crisi sia già stata almeno in parte delineata, l’autorizzazione possa essere concessa anche in relazione a finanziamenti necessari per assicurare all’impresa il fabbisogno finanziario necessario per il successo del piano di risanamento da attuare dopo la conclusione delle trattative[30].
Va in tal senso sottolineata la differenza di contenuto tra la verifica che – per tutti gli atti di straordinaria amministrazione di cui deve essere preventivamente informato per iscritto dall’imprenditore – l’art. 9, co. 3, d.l. 118/2021 demanda all’esperto, il quale deve valutare se “l’atto può arrecare pregiudizio ai creditori, alle trattative o alle prospettive di risanamento”, con riferimento, quindi, ad un orizzonte ridotto che è proprio quello del percorso di composizione in cui egli svolge le proprie funzioni, e quella – più penetrante e complessa – demandata al giudice delle autorizzazioni di cui all’art. 10, co. 1, d.l. 118/2021, che investe la funzionalità dell’atto non solo alla continuità aziendale ma anche alla migliore soddisfazione dei creditori (e non alla mera assenza di pregiudizio per gli stessi). Il Tribunale, alla stessa stregua di quanto accade nelle fattispecie di cui agli artt. 182-quinquies e 186-bis l.f. dai quali è mutuato il riferimento alla “migliore soddisfazione dei creditori”, è chiamato ad un giudizio prognostico che passa necessariamente attraverso un raffronto con la presumibile soddisfazione dei creditori in tutti gli scenari alternativi possibili, anche di matrice concorsuale, avuto riguardo in particolare allo scenario liquidatorio, raffronto che, nella maggior parte dei casi, presuppone a sua volta un vaglio positivo circa la “fattibilità” del progetto di risanamento (che dovrà essere quindi già stato prospettato, quantomeno nelle sue linee principali) e la sua idoneità a consentire il superamento delle condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario dell’imprenditore[31]. 
Per quel che riguarda specificamente i finanziamenti, un utile ausilio per delineare l’oggetto della verifica giudiziale circa la funzionalità rispetto alla continuità aziendale e alla miglior soddisfazione dei creditori[32] si rinviene nel paragrafo 10 del Protocollo di conduzione della composizione negoziata di cui alla sezione III dell’allegato al decreto dirigenziale del 28 settembre 2021, che individua nel dettaglio le circostanze delle quali l’esperto deve tener conto quando sia chiamato dal Tribunale a rendere il proprio parere[33].
Quanto all’autorizzazione al trasferimento dell’azienda o di suoi rami, la verifica sulla sussistenza della funzionalità dell’operazione traslativa alla miglior soddisfazione dei creditori impone un’attenta valutazione sulle modalità della cessione e, in primis, sul prezzo della stessa, che costituisce un elemento tutt’altro che indifferente per i creditori. Il Tribunale dovrà quindi anzitutto riscontrare che la cessione avvenga ad un corrispettivo non inferiore al valore di mercato (o, quantomeno, a quello conseguibile all’esito di una vendita coattiva nell’ambito di una procedura concorsuale), il che, secondo alcuni, richiederebbe anche l’inevitabilità del ricorso – non necessariamente ad una procedura competitiva “procedimentalizzata”, ma almeno – ad una “apertura” nei confronti del mercato di riferimento[34], finalizzata a sondare gli eventuali interessamenti di potenziali acquirenti diversi da quello individuato dall’imprenditore, ad esempio mediante un’indagine di mercato “deformalizzata” (come quella prevista dall’art. 91 CCII) o mediante una verifica dell’assenza di soluzioni migliori sul mercato (analoga a quella prevista dall’art. 19, co. 2, d.l. 118/2021 per il concordato semplificato), con tempistiche e modalità compatibili con l’urgenza della cessione[35]. 
Resta fermo naturalmente che la cessione dell’azienda o di suoi rami sarà effettuata comunque con strumenti privatistici e non con decreto di trasferimento, a prescindere dal fatto che l’individuazione dell’acquirente sia avvenuta mediante una procedura competitiva più o meno procedimentalizzata.
6 . Le “misure ritenute opportune” che il Tribunale può dettare per il trasferimento di azienda
L’autorizzazione al trasferimento dell’azienda o di uno o più rami di essa senza gli effetti di cui all’ art. 2560, co. 2, c.c. è specificamente caratterizzata dal potere-dovere del giudice di dettare, contestualmente all’autorizzazione, “le misure ritenute opportune, tenuto conto delle istanze delle parti interessate al fine di tutelare gli interessi coinvolti”.
Tra le “parti interessate”, oltre ai creditori, paiono doversi includere non soltanto i dipendenti dell’imprenditore[36], ma anche e soprattutto i “contraenti abituali” dell’imprenditore, interessati prioritariamente a proseguire anche con l’acquirente i rapporti commerciali inerenti all’azienda o al ramo ceduto.
Quanto alle “misure opportune” adottabili dal Tribunale, si è ipotizzato che potrebbero rientrarvi, in via esemplificativa: 1) l’imposizione di una procedura competitiva per la scelta dell’acquirente o almeno di un’adeguata indagine di mercato per verificare la possibilità della presentazione di offerte più convenienti per l’imprenditore e per i suoi creditori (ovvero, laddove sia lo stesso imprenditore richiedente a prevedere l’espletamento di una procedura competitiva, di particolari modalità di svolgimento della stessa, avuto riguardo, in particolare, all’adeguatezza della pubblicità e delle informazioni rese ai potenziali interessati); 2) la condizione della necessaria salvaguardia, da parte dell’acquirente, dei rapporti con i principali partner commerciali (il c.d. “indotto”), ovvero della necessaria prosecuzione dell’attività e/o del mantenimento di determinati livelli occupazionali per un certo periodo di tempo[37]; 3) limitazioni della deroga all’art. 2560 c.c.; 4) vincoli all’utilizzo, da parte dell’imprenditore cedente, del prezzo di cessione, da destinarsi prioritariamente alla soddisfazione dei creditori, previo eventuale deposito su un apposito conto corrente dedicato[38].
7 . Gli aspetti procedimentali
La richiesta dell’imprenditore deve essere presentata al “tribunale competente ai sensi dell'articolo 9 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267”, dinanzi al quale, ai sensi del comma 3 dell’art. 10 d.l. 118/2021, il procedimento di autorizzazione deve svolgersi. Il rinvio all’art. 9 l.f. determina l’irrilevanza del trasferimento della sede principale dell’impresa intervenuto nell’anno precedente la presentazione della richiesta, oltre ad implicare la possibilità – quantomeno in astratto – del superamento della presunzione iuris tantum di coincidenza tra la sede legale e quella effettiva. Peraltro, poiché l’art. 2 d.l. 118/2021 individua quale organismo competente a ricevere l’istanza di nomina dell’esperto il “segretario della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa”, attribuendo in tal modo rilevanza esclusivamente al luogo in cui si formalmente trova la sede legale al momento della presentazione dell’istanza, indipendentemente dall’eventuale ricorrenza di ipotesi in cui il trasferimento in tale luogo sia eventualmente avvenuto nell’anno antecedente o la sede legale dell’impresa non coincida con quella effettiva, in tali ipotesi il Tribunale competente a decidere sulla richiesta di autorizzazione potrebbe essere situato al di fuori dell’ambito territoriale nel quale è stato nominato l’esperto, ben potendo trovarsi in un luogo anche molto lontano da tale ambito territoriale.
Nel procedimento “si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile”, ossia le disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio (il che induce, tra l’altro, a non ritenere necessaria l’assistenza del difensore)[39]. Tra le norme di dubbia compatibilità con il procedimento in esame vi è quella di cui all’art. 742 c.p.c. in base alla quale “i decreti possono essere in ogni tempo modificati o revocati, ma restano salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in forza di convenzioni anteriori alla modificazione o alla revoca”[40].
Sulla richiesta il Tribunale decide in composizione monocratica “sentite le parti interessate e assunte le informazioni necessarie, provvedendo, ove occorre, ai sensi dell'articolo 68 del codice di procedura civile”. Non è quindi espressamente prevista – a differenza che nel procedimento di cui all’art. 7 d.l. 118/2021 – la necessità della fissazione di un’udienza, e del resto il rinvio alle disposizioni comuni ai procedimenti in camera di consiglio lascia ampia libertà al giudice nella scelta delle modalità di espletamento del contraddittorio con le parti interessate, che ben può essere di natura esclusivamente cartolare.
Le “parti interessate” che devono essere sentite saranno individuate di volta in volta in base alle circostanze del caso concreto dal Tribunale, che non potrà non interpellare tutti i creditori le cui posizioni siano suscettibili di essere immediatamente incise o influenzate dalla decisione del giudice sull’istanza di autorizzazione, anche se non ancora convocati dinanzi all’esperto e coinvolti nelle trattative[41]. La sfera dei potenziali interessati, peraltro, non si esaurisce nei creditori, ma abbraccia il più ampio novero dei “portatori di interessi” connessi all’atto da autorizzare, che può includere – oltre ai lavoratori e agli organismi sindacali – anche i principali partner commerciali dell’imprenditore e, in ipotesi, in caso di impresa di particolare rilievo per il territorio, persino i rappresentanti degli Enti locali.
A fornire le “informazioni necessarie” sarà anzitutto l’esperto, il quale, pur non assumendo la veste di ausiliario del giudice, è pur sempre un professionista munito dei requisiti di indipendenza e terzietà ai sensi dell’art. 4 d.l. 118/2021, e conosce senz’altro nel dettaglio – in virtù del proprio compito – la situazione dell’imprenditore ed ogni aspetto legato all’operazione oggetto della richiesta di autorizzazione, avuto riguardo, in particolare, alla natura e alla finalità del finanziamento o alle condizioni e alle modalità del trasferimento dell’azienda[42].
Il Tribunale può poi provvedere, “ove occorre”, alla nomina di altri ausiliari ai sensi dell’art. 68 c.p.c., ed è verosimile che tale necessità possa presentarsi non solo nel caso in cui le informazioni fornite dall’esperto non si rivelino esaustive, ma anche in ragione della particolare complessità delle trattative in corso o dello specifico atto che l’imprenditore chiede di essere autorizzato a compiere e delle valutazioni da effettuarsi circa la sua funzionalità rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori[43].
In caso di diniego dell’autorizzazione, il Tribunale – operando come “giudice del procedimento civile” – è legittimato, ove rilevi l’insolvenza dell’imprenditore, a segnalarla al Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 7 n. 2 l.f.[44].

Note:

[1] 
R. Brogi, Le autorizzazioni e la rideterminazione delle condizioni contrattuali, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, n. 12/2021, pag. 1550.
[2] 
Il carattere residuale dell’intervento dell’autorità giudiziaria nella composizione negoziata è sottolineato anche nel considerando 29 della direttiva UE 2019/1023, in cui si legge che “fatta eccezione per i casi in cui la presente direttiva preveda la partecipazione obbligatoria delle autorità giudiziarie o amministrative, gli Stati membri dovrebbero poter limitare la partecipazione di tali autorità alle situazioni in cui essa sia necessaria e proporzionata, tenendo pur sempre conto, tra l'altro, dell'obiettivo di tutelare i diritti e gli interessi dei debitori e delle parti interessate così come dell'obiettivo di ridurre i ritardi e i costi delle procedure”.
[3] 
Ciò in linea con la summenzionata Direttiva, nel cui considerando 30 si sottolinea che “al fine di evitare costi inutili, di rispecchiare la natura precoce della ristrutturazione preventiva e incoraggiare i debitori a richiedere la ristrutturazione preventiva in una fase precoce delle loro difficoltà finanziarie, è opportuno, in linea di principio, che i debitori mantengano il controllo dei loro attivi e della gestione corrente dell'impresa”.
[4] 
Si tiene qui volutamente in disparte il tema del gruppo di imprese e dell’autorizzazione prevista dalla lettera c) del primo comma della disposizione in commento.
[5] 
L. De Simone, Le autorizzazioni giudiziali, in www.dirittodellacrisi.it.
[6] 
A. Dentamaro, La nuova finanza nella composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa ex D.L. 118/2021, in www.dirittodellacrisi.it.
[7] 
Come sottolineato dal considerando 66 della suindicata direttiva, “il successo del piano di ristrutturazione spesso dipende dal fatto che l'assistenza finanziaria è erogata al debitore per sostenere, in primo luogo, l'operatività dell'impresa durante le trattative di ristrutturazione e, in secondo luogo, l'attuazione del piano di ristrutturazione dopo l'omologazione”.
[8] 
Si tratta di una previsione attuativa dell’art. 17, co. 4, della direttiva UE 2019/1023, in forza del quale “gli Stati membri possono prevedere che i concessori di nuovi finanziamenti o di finanziamenti temporanei abbiano il diritto di ottenere il pagamento in via prioritaria, nell'ambito di successive procedure di insolvenza, rispetto agli altri creditori che altrimenti avrebbero crediti di grado superiore o uguale”, previo controllo giudiziale ex ante ai sensi del comma 2 del medesimo articolo (v. in tal senso anche il considerando n. 68 della direttiva, laddove prevede che “per incoraggiare i nuovi prestatori ad assumere il rischio maggiore di investire in un debitore sano che versa in difficoltà finanziarie, potrebbero essere necessari ulteriori incentivi, ad esempio dare a tali finanziamenti la priorità almeno sui crediti non garantiti nelle successive procedure di insolvenza”).
[9] 
A. Dentamaro, op. cit., secondo cui tra gli accordi di ristrutturazione, in mancanza di qualsivoglia specificazione, devono ritenersi inclusi anche quelli “ad efficacia estesa” ex art. 182-septies l.f.
[10] 
L. De Simone, op. cit.
[11] 
M. Ferro, La composizione negoziata e il riposizionamento delle istituzioni della concorsualità giudiziale dopo il D.L. n. 118/2021, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, n. 12/2021, pag. 1588.
[12] 
R. Brogi, op. cit..
[13] 
G.B. Nardecchia, Il novellato art. 182-septies l.fall., in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, n. 12/2021, pag. 1640.
[14] 
L. De Simone, op. cit.
[15] 
A. Pezzano – M. Ratti, La conservazione degli effetti in caso di insuccesso della composizione negoziata, in www.dirittodellacrisi.it.
[16] 
Anche questa previsione è coerente con quanto stabilito dalla direttiva UE 2019/1023, avuto riguardo, in particolare, all’art. 17, co. 1, lett. a), in base al quale “in caso di successiva insolvenza del debitore, i nuovi finanziamenti e i finanziamenti temporanei non possono essere dichiarati nulli, annullabili o inopponibili”.
[17] 
Effetti che, per consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, non riguardano i debiti connessi alle posizioni contrattuali non ancora definite (nelle quali il cessionario subentra comunque ai sensi dell’art. 2558 c.c.), dei quali lo stesso cessionario risponde a prescindere dalle risultanze contabili del cedente.
[18] 
G. D’Attorre, Il trasferimento dell’azienda nella composizione negoziata, in www.dirittodellacrisi.it.
[19] 
Di tale ultimo “vantaggio” – diversamente che di quello della non applicazione del comma 2 dell’art. 2560 c.c. – il cessionario fruirà anche laddove la cessione venga attuata in mancanza della richiesta di autorizzazione, a condizione che l’esperto non abbia iscritto il proprio dissenso nel registro delle imprese ai sensi dell’art. 9, co. 4, d.l. 118/2021.
[20] 
In tal senso anche L. De Simone, op. cit.
[21] 
R. Brogi, op cit., 1556, la quale osserva come non vi rientri invece il trasferimento attuato mediante operazioni societarie “riorganizzative” come la fusione e la scissione, non essendo prevista la possibilità di derogare agli artt. 2504-bis e 2506-quater, co. 3, c.c..
[22] 
V. la stessa R. Brogi, op cit., 1555.
[23] 
Quest’ultimo, laddove ritenga che la cessione dell’azienda o di suoi rami sia l’unica soluzione perseguibile, deve limitarsi a segnalare all’imprenditore la possibilità di presentare la richiesta di autorizzazione di cui all’art. 10, co. 1, lett. d, d.l. 118/2021: v. in tal senso il paragrafo 9 del Protocollo di conduzione della composizione negoziata di cui alla sezione III dell’allegato al decreto dirigenziale del 28 settembre 2021, secondo cui “quando ritiene che per assicurare la continuità aziendale e il miglior soddisfacimento dei creditori sia prospettabile unicamente la cessione dell’azienda o di rami di essa, l’esperto ricorda alle parti la possibilità di derogare agli effetti dell’articolo 2560, secondo comma, previa autorizzazione del giudice”.
[24] 
Trib. Treviso 22 dicembre 2021, in www.dirittodellacrisi.it.
[25] 
R. Brogi, op. cit., 1551.
[26] 
A norma del quale “l’incarico dell’esperto si considera concluso se, decorsi centottanta giorni dalla accettazione della nomina, le parti non hanno individuato, anche a seguito di sua proposta, una soluzione adeguata per il superamento delle condizioni di cui all’articolo 2, comma 1” e “l’incarico può proseguire per non oltre centottanta giorni quando tutte le parti lo richiedono e l’esperto vi acconsente, oppure quando la prosecuzione dell’incarico è resa necessaria dal ricorso dell’imprenditore al tribunale ai sensi degli articoli 7 e 10”.
[27] 
V. sul tema R. Brogi, I finanziamenti all’impresa in crisi tra legge fallimentare, Codice della crisi e D.L. n. 118 del 2021, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, n. 10/2021, pag. 1296.
[28] 
G. D’Attorre, op. cit..
[29] 
Sul punto, con specifico riferimento ai finanziamenti, viene in rilievo il considerando 68 della direttiva UE 2019/1023, secondo cui “per evitare potenziali abusi, dovrebbero essere protetti solo i finanziamenti che sono ragionevolmente e immediatamente necessari per la continuazione dell'operatività o la sopravvivenza dell'impresa del debitore, o per la preservazione o il miglioramento del valore dell'impresa in attesa dell'omologazione del piano di ristrutturazione”.
[30] 
V. Trib. Treviso 22 dicembre 2021, cit., in cui il giudice ha concluso “per la diretta funzionalità del finanziamento […] alla prosecuzione della stessa attività d’impresa sia nella prospettiva della continuità temporanea (cfr. biennale ex art.11 comma 1 lett. a D.L. 118/2021) che di un risanamento durevole”)”.
[31] 
Sul tema v. ROSSI, Il presupposto oggettivo, tra crisi dell’imprenditore e risanamento dell’impresa, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, n. 12/2021, pag. 1509, secondo il quale “sembra difficile riconoscere una valenza sistemica al requisito della “migliore soddisfazione dei creditori” quale condizione per il rilascio delle autorizzazioni previste dall’art. 10, D.L. n. 118/2021, perché, in assenza di un accordo già (magari solo a grandi linee) definito, se non anche stipulato, sarà estremamente difficile avere un termine di paragone affidabile”.
[32] 
In Trib. Treviso 22 dicembre 2021, cit., il giudice ha dato preliminarmente atto della verifica compiuta dall’ausiliario nominato ai sensi dell’art. 68 c.p.c. circa la “coerenza del piano di risanamento in ordine al superamento della crisi”, per poi motivare sulla funzionalità del finanziamento alla salvaguardia della continuità aziendale in base al rilievo secondo cui la mancata erogazione del prestito ponte avrebbe reso “illiquida la società già nel corrente mese con elevata probabilità di insolvenza nel semestre successivo, per l’interruzione degli approvvigionamenti” (laddove, invece, l’erogazione della finanza ponte avrebbe consentito entro poco più di un anno di “rigenerare il MOL e quindi l’autofinanziamento aziendale”), e affermare la funzionalità del finanziamento al miglior soddisfacimento dei creditori “in relazione al business plan 2021-2026 e alla prospettiva di accordo ex art. 182-bis o 182-septies” e in comparazione con “gli scenari alternativi a quello della continuità diretta, ovvero la cessione del complesso aziendale (continuità indiretta) o la liquidazione atomistica”, concludendo per l’idoneità del finanziamento ponte ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori “anche in caso di mancata definizione e/o omologazione degli accordi di ristrutturazione rispetto all’alternativa della liquidazione atomistica dei beni aziendali”.
[33] 
Di seguito il testo del paragrafo: “10.1. Qualora sia sentito dal tribunale in occasione della richiesta del debitore di autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili da erogare nel corso della composizione negoziata, l’esperto – nella valutazione dell’utilità del finanziamento ad evitare un danno grave ed irreparabile alla continuità aziendale – potrà tener conto delle seguenti circostanze: i) se i finanziamenti siano funzionali al ciclo degli approvvigionamenti; ii) se occorrano per ristabilire la regolarità del pagamento delle imposte e quella del documento unico di regolarità contributiva (DURC) al fine di evitare la sospensione del titolo abilitativo o l’impedimento della partecipazione a gare e la stipula dei relativi contratti. L’esperto dovrà tenere conto inoltre della necessità che il finanziamento non pregiudichi la migliore soddisfazione dei creditori ed in particolare del fatto: a) che ci si attende un margine operativo lordo positivo, al netto delle componenti straordinarie, nel corso della composizione negoziata; b) oppure, in presenza di margine operativo lordo negativo, che esso sia compensato dai vantaggi derivanti ai creditori nel corso della composizione negoziata dalla continuità aziendale (ad esempio, attraverso un miglior realizzo del magazzino o dei crediti, il completamento dei lavori in corso, il maggior valore del valore del compendio aziendale rispetto alla liquidazione atomistica dei suoi beni). 10.2. Se sia richiesta l’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili da erogare in esecuzione di quanto previsto dalle soluzioni di cui all’articolo 11, comma 1 e 2, l’esperto, quando sentito dal tribunale, in aggiunta al precedente punto 10.1 della presente Sezione, potrà tenere anche conto delle utilità derivanti ai creditori dalla soluzione individuata rispetto a quelle che si avrebbero nell’alternativa concretamente praticabile in assenza dei finanziamenti in questione”.
[34] 
Per tale riflessione si veda L. De Simone, op. cit..
[35] 
In tal senso depongono anche i paragrafi 9 e 12 del Protocollo di conduzione della composizione negoziata di cui alla sezione III dell’allegato al decreto dirigenziale del 28 settembre 2021, in cui si legge “per la cessione dell’azienda o di rami di azienda è preferibile dar corso a procedure competitive, anche attraverso il ricorso ad appositi strumenti (ad esempio, data room virtuale e raccolta delle offerte su sezione secretata) previsti dalla Piattaforma Telematica”, che “qualora si intenda procedere alla cessione dell’azienda o di suoi rami, l’esperto avrà cura di far presente all’imprenditore l’utilità e l’opportunità del ricorso a procedure competitive per la selezione dell’acquirente (o in ogni caso prima di escludere possibilità diverse), in modo da sgombrare il campo dal timore di scelte in danno ai creditori”, e che “l’esperto, se sentito dal tribunale nel procedimento autorizzativo ai fini della deroga dell’articolo 2560, secondo comma, del codice civile, potrà essere chiamato ad esprimersi sulle modalità con cui si è arrivati all’individuazione dell’acquirente, sulla congruità del prezzo e su ogni altro elemento ritenuto utile dal tribunale”, essendo egli “chiamato ad informare il tribunale se l’acquirente dell’azienda o di rami di essa sia una parte correlata dell’imprenditore” (oltre che sulle attività che l’imprenditore, in base alle previsioni del medesimo paragrafo, può aver demandato allo stesso esperto per la raccolta e la valutazione di offerte e manifestazioni di interesse).
[36] 
Invero già tutelati dalla previsione in base alla quale “resta fermo l'articolo 2112 del codice civile”, oltre che dalle consultazioni sindacali previste dalla legge o dai contratti collettivi e, in via residuale, dall’art. 4, co. 8, d.l. 118/2021.
[37] 
Vengono in rilievo a tal riguardo anche i considerando 2 e 3 della direttiva UE 2019/1023, secondo cui, tra l’altro, “i quadri di ristrutturazione preventiva […] dovrebbero impedire la perdita di posti di lavoro nonché la perdita di conoscenze e competenze e massimizzare il valore totale” non solo per i creditori e l’imprenditore ma anche “per l'economia nel suo complesso”, e “nei quadri di ristrutturazione i diritti di tutte le parti coinvolte, compresi i lavoratori, dovrebbero essere tutelati in modo equilibrato”, e l’art. 4 della medesima direttiva, secondo vanno favorite le soluzioni “volte a evitare l'insolvenza, così da tutelare i posti di lavoro e preservare l'attività imprenditoriale”.
[38] 
Ma si veda A. Rossi, op. cit., 1509, il quale ha in proposito obiettato che, in mancanza di un vincolo di destinazione già pattuito con i creditori, un potere giudiziale tale da imporre all’imprenditore di impiegare il ricavato della vendita di un ramo di azienda per il pagamento dei creditori anziché per alimentare la residua parte della continuità aziendale appare eccentrico in un contesto negoziale nel quale l’imprenditore è pienamente in bonis, e che, inoltre, in assenza di una formale verifica dei crediti, appare impossibile l’indicazione di un piano di riparto che assicuri il rispetto delle cause legittime di prelazione.
[39] 
Diversamente che nel procedimento per la conferma o modifica delle misure protettive e per l’adozione dei provvedimenti cautelari, che si introduce con ricorso ed è regolato mediante rinvio alle norme di cui agli artt. 669-bis ss. c.p.c. sul c.d. “procedimento cautelare uniforme”.
[40] 
Il dubbio è stato sollevato da R. Brogi, Le autorizzazioni cit., 1560.
[41] 
Ma si veda Trib. Treviso 22 dicembre 2021, cit., in cui si dà atto che il giudice “ha individuato quali parti interessate ex art. 10 comma 3 d.l. 117/2021 i creditori coinvolti nelle trattative […] e comunque i primi 10 creditori per ammontare (v. art. 7 comma 2 lett. c. d.l. 118/2021)”.
[42] 
L. De Simone, op. cit.
[43] 
Si pensi alla necessità di una stima sul valore di mercato dell’azienda o del ramo di azienda che l’imprenditore intende trasferire.
[44] 
V. M. Fabiani - I. Pagni, Introduzione alla composizione negoziata, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, n. 12/2021, pag. 1487, per un’analoga considerazione in relazione al procedimento per la conferma, modifica o revoca delle misure protettive.

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