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Saggio

La responsabilità in capo all’Esperto nella composizione negoziata della crisi*

Matteo Ceschin, Avvocato in Milano
Matteo Panelli, Membro Commissione di Studio "Composizione Negoziata" del CNDCEC

10 Aprile 2024

*Il saggio è stato sottoposto in forma anonima alla valutazione di un referee.
Il contributo si propone di indagare quali possano essere le responsabilità dell’esperto nell’espletamento del suo incarico, avendo riguardo alle operazioni e ai consigli da lui forniti, qualora questi ultimi, sebbene inizialmente ritenuti formalmente leciti e coerenti con il suo intervento, fossero in seguito rivalutati, in caso d’insuccesso della manovra di risanamento aziendale attuata dall’imprenditore con il conseguente assoggettamento della debitrice alla procedura di liquidazione giudiziale. 
Gli autori ripercorrono i requisiti che l’esperto è tenuto a rispettare e le attività che egli deve svolgere al fine di offrire una riflessione sul suo inquadramento. All’esito di questa disamina e in un contesto avido di pronunce giurisprudenziali, il saggio entra nel merito dei possibili profili di responsabilità, proponendo una visione d’insieme delle fattispecie civili e penali. 
Riproduzione riservata
1 . Premessa
Con l’istituzione della Composizione Negoziata della Crisi (“CNC”), il legislatore ha voluto introdurre uno strumento stragiudiziale volontario di regolazione della crisi che favorisse le dinamiche di cooperazione tra il debitore e i suoi creditori, al fine di perseguire l’obiettivo della continuità aziendale. 
La relazione al D.L. n. 118/2021 (“Relazione”), che ha introdotto per la prima volta nell’Ordinamento questo strumento (successivamente confermato e integrato[1], con alcune modifiche, nel Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza di cui al D.Lgs. del 12 gennaio 2019, n. 14 divenuto efficace il 15 luglio 2022, con la pubblicazione del D.Lgs. n. 83/2022 – “CCII” o “Codice”), recitava, infatti, che fosse necessario intervenire nell’assetto normativo “fornendo, nel contempo, agli imprenditori in difficoltà ulteriori strumenti, efficaci e meno onerosi, per il risanamento delle attività che rischiano di uscire dal mercato”. 
Nel perseguire questo obiettivo, il legislatore ha – di fatto – coniato una nuova figura professionale specializzata, nota come esperto negoziatore (“Esperto”). 
La stessa Relazione, infatti, precisava che “La scelta compiuta è quella di affiancare all’imprenditore un esperto nel campo della ristrutturazione, terzo e indipendente e munito di specifiche competenze, al quale è affidato il compito di agevolare le trattative necessarie per il risanamento dell’impresa”. 
Se, quindi, l’istituto della CNC si propone l’obiettivo di colmare un vuoto presente nel precedente assetto degli strumenti di risoluzione della crisi, l’Esperto si candida, a tutti gli effetti, per un ruolo cardine nei processi di risanamento, in quanto dal medesimo, nonché dalle sue capacità personali (anche come suggeritore di possibili soluzioni), potrebbe discendere o meno il risanamento dell’impresa in crisi. 
Tuttavia, nell’espletamento del suo incarico, l’Esperto dovrà ponderare attentamente i profili di rischio (anche penali), in cui potrebbe incorrere nell’esercizio delle funzioni che lo vedono – contemporaneamente – (i) a fianco dell’imprenditore in difficoltà, (ii) a tutela dei creditori sociali, nonché (iii) a supporto del giudice. 
Al fine di affrontare efficacemente i molteplici profili di responsabilità in cui potrebbe incorrere l’Esperto nell’espletamento del proprio incarico, pare opportuno preliminarmente definire i requisiti di eleggibilità necessari, le attività che è chiamato a svolgere e il suo inquadramento giuridico. Questi elementi non solo determinano le modalità con le quali si esplica il suo operato ma determinano, altresì, i rischi a cui potrebbe essere esposto.
2 . Requisiti
L’art. 16 CCII disciplina i requisiti che l’Esperto deve necessariamente possedere al fine di poter assumere l’incarico. Nel dettaglio, tale norma, oltre a richiedere il rispetto delle disposizioni previste nell’art. 2399 c.c. riferite alle cause d’ineleggibilità dei sindaci (il cui articolo a sua volta richiama l’art. 2382 c.c. relativo alle cause d’ineleggibilità degli amministratori), specifica che l’Esperto deve, da un lato, soddisfare il requisito dell’indipendenza e, dall’altro lato, operare in modo professionale, riservato e imparziale. 
Si precisa che, ai fini del presente elaborato, le condizioni che l’Esperto dovrà possedere in sede di assunzione dell’incarico – e naturalmente mantenere per tutta la durata del medesimo – saranno oggetto di breve disamina, senza alcuna pretesa di approfondimento. 
Oltre a quanto espressamente richiesto dalla norma di riferimento, come già anticipato, implicitamente si richiedono anche delle attitudini squisitamente personali, che dovrebbero guidare la Commissione costituita presso le Camere di commercio dei capoluoghi di Regione nella fase di designazione dell’Esperto, in quanto appare evidente, e peraltro condiviso da molti commentatori delle norme che disciplinano la CNC, che “il buon funzionamento dell’istituto dipenderà dalla nomina quali esperti di soggetti ai quali gli “ambienti di riferimento” riconoscono le qualità necessarie per svolgere l’incarico e la scelta di persone inadatte – al di là dei profili puramente formali anche di formazione – potrà essere una ragione di mancato successo dell’istituto”[2]. 
Nel dettaglio, e a mero titolo esemplificativo, è necessario che l’Esperto sia dotato di una autorevolezza sufficiente a guidare la negoziazione verso soluzioni rapide e sicure, nonché di solide capacità manageriali, piuttosto che di più circoscritte competenze consulenziali[3], che consentano una più rapida, concreta e ragionevole valutazione – secondo principi di equilibrio e misura – delle prospettive di risanamento delle società che accedono alla CNC. 
2.1 . Indipendenza
Nel rispetto del dovere d’indipendenza, di cui all’Articolo 16 CCII, l’Esperto, oltre a dover “essere in possesso dei requisiti previsti dall’articolo 2399 del Codice civile”, non potrà essere legato all’impresa debitrice, o ad altre parti interessate all’operazione di risanamento, da rapporti di natura personale o professionale; e tale requisito si estende anche ai soggetti con i quali sia eventualmente unito in associazione professionale. 
Inoltre, al momento dell’assunzione dell’incarico, l’Esperto non deve aver svolto, negli ultimi cinque anni, attività di lavoro subordinato o autonomo a favore dell’imprenditore richiedente l’accesso alla CNC, né essere stato membro dell’organo di amministrazione o di controllo dell’impresa in crisi, né tantomeno aver posseduto partecipazioni in essa. 
In tale ottica, risulta coerente la previsione secondo cui, al fine di prevenire potenziali conflitti d'interesse da parte dell’Esperto, anche in prospettiva futura, chi ha ricoperto tale incarico non può intrattenere rapporti professionali con l’imprenditore prima di due anni dall’archiviazione della CNC (il cd. “freezing out”). 
2.2 . Riservatezza
Altro requisito fondamentale richiesto all’Esperto nell’esercizio del suo incarico è la riservatezza[4], imposta dal Legislatore al fine di consentire – ma anche incentivare – che l’imprenditore anticipi il più possibile l’emersione della crisi e acceda rapidamente agli strumenti di regolazione previsti, sull’evidente presupposto che un pronto intervento possa realizzare la migliore soddisfazione degli interessi che la Legge tutela, quali la continuità aziendale e (conseguentemente) il miglior soddisfacimento dei creditori sociali. 
Come infatti precisato già nell’Analisi tecnico-normativa dello Schema di decreto-legge recante “Misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia[5]”, il Legislatore ha fin da subito scrupolosamente chiarito che “le trattative hanno natura riservata proprio perché sono funzionali alla ricerca di una soluzione di risanamento e non a fornire ai creditori o al mercato informazioni sulla situazione patrimoniale e finanziaria dell’imprenditore. L’obbligo di riservatezza, affermato con forza insieme a quello di correttezza e buona fede, rappresenta un elemento essenziale per il successo della composizione negoziata e per la sua appetibilità. Tutte le parti coinvolte, dall’imprenditore, all’esperto, ai creditori, fino alle altre parti interessate, sono tenute a non divulgare le notizie sull’impresa apprese nel corso delle trattative ed a collaborare per assicurarne il regolare svolgimento”. 
Infatti, lo stesso Legislatore nel CCII invita espressamente l’Esperto alla riservatezza (“l’esperto…opera in modo riservato …” – art. 16, comma 2, CCII), e in linea generale tutte le parti coinvolte nelle trattative (“Tutte le parti coinvolte nella trattativa … rispettano l’obbligo di riservatezza sulla situazione dell’imprenditore, sulle iniziative da questo assunte o programmate e sulle informazioni acquisite nel corso delle trattative” – art. 16, comma 6, CCII). 
Il requisito della riservatezza si esplica, altresì, nel fatto che l’Esperto non può essere chiamato a deporre, né davanti all’autorità giudiziaria né davanti ad altre autorità, circa il contenuto delle dichiarazioni rese e con riferimento alle informazioni acquisite nell’esercizio delle sue funzioni (l’art. 16, comma 3, CCII dispone infatti che “… l’esperto non può essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nell’esercizio delle sue funzioni, né davanti all’autorità giudiziaria né davanti ad altra autorità”), mentre ha la facoltà, o – quando ne ricorrono le fattispecie – l’obbligo, di pubblicare il suo dissenso nel registro delle imprese, rispetto a determinati atti compiuti dall’imprenditore nel corso della CNC per i quali l’Esperto intende così evidenziare la propria presa di distanza dagli stessi.
2.3 . Professionalità
Per essere inserito nell’elenco degli Esperti presso la competente camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, è richiesto che l’aspirante Esperto soddisfi almeno uno dei seguenti requisiti di professionalità: 
- essere iscritto da almeno cinque anni all’albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili; 
- essere iscritto da almeno cinque anni all'albo degli avvocati (in questo caso, il professionista deve documentare di aver maturato precedenti esperienze nel campo della ristrutturazione aziendale e della crisi d'impresa); 
- essere iscritto da almeno cinque anni all’albo dei consulenti del lavoro (in questo caso, il professionista deve documentare di avere concorso, almeno in tre casi, alla conclusione di accordi di ristrutturazione dei debiti omologati o di accordi sottostanti a piani attestati o di avere concorso alla presentazione di concordati con continuità aziendale omologati). 
Tuttavia, la platea dei soggetti a cui il Legislatore permette di assumere l’incarico di Esperto non si limita ai soli professionisti iscritti agli albi professionali di cui sopra ma si estende, altresì, a coloro i quali, pur non essendo iscritti negli appositi albi professionali, dimostrino di avere svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in imprese interessate da operazioni di ristrutturazione concluse con piani di risanamento attestati, accordi di ristrutturazione dei debiti e concordati preventivi con continuità aziendale omologati, nei confronti dei quali non sia stata successivamente pronunciata sentenza dichiarativa di fallimento (o di apertura della liquidazione giudiziale) o sentenza di accertamento dello stato di insolvenza. 
A ben vedere, l’esclusione dei revisori legali non deve sorprendere ed appare motivata dal presupposto che l’Esperto, in quanto tale, pur dovendo necessariamente avere competenze contabili, possa – ove necessario – nominare collaboratori a supporto dotati di tale specifica competenza, come previsto dall’art. 4, comma 2, CCII. 
Per completezza, è importante ricordare che l’iscrizione nell’elenco è comunque subordinata al possesso di una specifica formazione, come meglio precisato dal decreto dirigenziale del Ministero della Giustizia che ne disciplina il meccanismo. Tale attività formativa appare – senza dubbio – dirimente, in quanto mira a “completare” le competenze professionali che l’Esperto deve possedere, con specifico riferimento all’attività di composizione propriamente detta, ovvero di negoziazione e facilitazione degli accordi tra il debitore e i suoi creditori. 
A corroborare ulteriormente la sua professionalità, l’art. 17, comma 4, CCII stabilisce che l’Esperto non può assumere più di due incarichi contemporaneamente, affinché lo stesso possa dedicare (auspicabilmente) le sue competenze in maniera adeguata[6].
3 . Attività e funzioni
Volendo offrire una definizione, l’Esperto è un professionista che svolge attività eterogenee a supporto dell’imprenditore in crisi, al fine di affiancarlo e accompagnarlo lungo il complesso percorso di risanamento e verso un auspicato accordo con i propri creditori. 
In questo percorso – che può durare fino a 180 giorni, prorogabili, a determinate condizioni, per altrettanti giorni – l’Esperto potrà essere chiamato a svolgere una serie di attività complesse, la cui disamina, senza scendere nel dettaglio, appare necessaria ai fini del nostro discorso, per meglio comprendere i potenziali profili di responsabilità cui l’Esperto potrebbe essere soggetto. 
3.1 . Attività preliminari
In primo luogo, ai sensi dell’art. 17, comma 4, CCII, l’Esperto è chiamato a svolgere talune attività preliminari, quali (i) la verifica della propria indipendenza e (ii) la verifica del possesso delle competenze e della disponibilità di tempo necessari per lo svolgimento dell’incarico. Successivamente, all’esito positivo delle stesse, e dopo aver comunicato all’imprenditore la propria accettazione, l’Esperto inserisce contestualmente nella piattaforma sia la dichiarazione di accettazione, sia quella d’indipendenza. 
3.2 . Analisi e valutazione del piano di risanamento
Assunto l’incarico, l’Esperto svolge un ruolo cruciale nell’analisi e nella valutazione del piano di risanamento predisposto dal debitore e, più in generale, delle informazioni su cui lo stesso si basa. Per tali ragioni, l’Esperto ha accesso alle banche dati e alle informazioni contenute nella piattaforma telematica (art. 14, comma 2, CCII) e verifica la coerenza complessiva delle informazioni fornite dall’imprenditore (e/o dall’organo di controllo), chiedendo al medesimo e ai creditori tutte le ulteriori informazioni utili o necessarie (art. 16, comma 2, CCII). 
È essenziale che questa attività venga condotta con molta attenzione, poiché il primo compito dell’Esperto (e, di conseguenza, la prima responsabilità che grava sullo stesso) è quello di bloccare sul nascere qualsiasi iniziativa di accesso alla CNC non fondata su concrete possibilità di risanamento. 
Tale attività di verifica del piano di risanamento predisposto dal debitore, raggiunge il suo culmine nel momento in cui l’Esperto sottoscrive l’accordo ritenuto coerente, nel caso, con la regolazione della crisi o dell’insolvenza (art. 23, comma 1, lett. c) e art. 25-quater, comma 3, lett. c), CCII). 
In virtù di queste funzioni, il Codice riconosce all’Esperto poteri (e impone, di contro, doveri) che lo rendono il vero ago della bilancia di questo strumento. Nel dettaglio, l’Esperto (i) acconsente alla prosecuzione dell’incarico, per non oltre 180 giorni e, quando tutte le parti lo richiedano (art. 17, comma 7, CCII), (ii) comunica l’assenza di concrete prospettive di risanamento all’imprenditore e al segretario generale della competente camera di commercio, il quale dispone, conseguentemente, l’archiviazione dell’istanza (art. 17, comma 5, CCII), (iii) segnala all’imprenditore eventuali circostanze per cui l’atto di straordinaria amministrazione possa arrecare pregiudizio ai creditori (art. 21, comma 3, CCII) e potrà, altresì, (iv) iscrivere il proprio dissenso nel registro delle imprese qualora, nonostante la segnalazione, l’imprenditore compia tale atto (in ogni caso, l’iscrizione nel registro delle imprese è obbligatoria se l’atto pregiudica gli interessi dei creditori (art. 21, comma 4, CCII). 
3.3 . Facilitazione dell’accordo
Durante tutto il processo di negoziazione, l’Esperto svolge principalmente la funzione di facilitatore dell’accordo. Infatti, egli convoca senza indugio l’imprenditore al fine di valutare l’esistenza di una concreta prospettiva di risanamento (art. 17, comma 5, CCII) e incontra le parti interessate al processo di risanamento (che, per mero scrupolo, potrebbero essere anche soggetti diversi dai creditori, quali ad esempio terzi investitori interessati a rilanciare la società debitrice), prospettando loro le possibili strategie di intervento e fissando i successivi incontri con cadenza periodica ravvicinata (art. 17, comma 5, CCII). 
In questo contesto, l’Esperto può invitare le parti a rideterminare il contenuto dei contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita, qualora la prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa o se, in ragione di circostanze sopravvenute, sia stato alterato l’equilibrio del rapporto (art. 17, comma 5, CCII). 
3.4 . Espressione di pareri
L’Esperto è esplicitamente chiamato ad esprimere, in favore del tribunale, il proprio parere allorquando l’imprenditore ne abbia richiesto l’intervento per il rilascio delle misure protettive, disciplinate dall’art. 18 CCII. Nello specifico, l’Esperto può essere chiamato ad esprimere un giudizio (i) sulla funzionalità delle misure richieste, che dovrebbero essere volte ad assicurare il buon esito delle trattative (art. 19, comma 4, CCII), (ii) sulla richiesta di proroga della durata delle misure protettive, al fine di assicurare il buon esito delle trattative (art. 19, comma 5, CCII), e (iii) sulle cause per le quali le misure protettive dovrebbero essere revocate (art. 19, comma 6, CCII). 
Al termine del proprio incarico, l’Esperto è tenuto a redigere la relazione finale e ad inserirla nella piattaforma preposta, nonché a comunicarla all’imprenditore e, in caso di concessione delle misure protettive e cautelari, al Giudice che le ha emesse e che ne dichiara cessati gli effetti (art. 17, comma 8, CCII); a quest'ultimo, invece, spetta darne comunicazione al segretario generale della camera di commercio competente, perché proceda con l’archiviazione dell’istanza di CNC (art. 17, comma 8, CCII). 
Inoltre, nella prassi il tribunale coinvolge l’Esperto nelle richieste di autorizzazioni, di cui all’art. 22 CCII, per (i) contrarre finanziamenti prededucibili e (ii) cedere l’azienda o rami della stessa a terzi, al fine di dare il suo giudizio sulla funzionalità di tali atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori. 
Si deve infine segnalare che il giudizio dell’Esperto è richiesto espressamente anche qualora l’imprenditore, al termine di una CNC chiusasi negativamente, volesse accedere alla procedura di concordato semplificato, che gli sarebbe preclusa nel caso in cui il medesimo Esperto non si esprimesse positivamente in merito alla correttezza e buona fede delle trattative svolte nel corso della CNC (art. 25 sexies, comma 1, CCII). 
4 . Inquadramento
Come analizzato nei paragrafi precedenti, l’Esperto deve rispettare stringenti requisiti di indipendenza e professionalità, al fine di svolgere correttamente il suo incarico, il quale si articola in una serie di attività eterogenee e non si limita all’espletamento dei compiti richiesti a un mero negoziatore. 
Alla luce di quanto sopra, ci si deve chiedere se la figura in esame sia riconducibile ad una figura professionale già esistente nell’Ordinamento prima dell’introduzione della CNC o se, al contrario, il Legislatore ne abbia introdotto una nuova. 
4.1 . (non è) Pubblico Ufficiale
Certamente, si può affermare che l’Esperto non è un pubblico ufficiale. 
Infatti, l'art. 357 c.p. dispone che "agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali, coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa". 
Ai fini del riconoscimento della qualifica di “Pubblico Ufficiale” deve quindi valutarsi la natura dell'attività effettivamente espletata dall'agente, ancorché lo stesso sia un soggetto privato[7]. Conseguentemente, il fatto che l’Esperto sia nominato da una commissione composta da membri di nomina (prevalentemente) pubblica non rileva ai fini del riconoscimento di tale qualifica. 
Nel Codice, e ciò pare dirimente, la qualifica di pubblico ufficiale è esplicitamente attribuita al curatore (art. 127 CCII), al commissario giudiziale (art. 92 CCII), al commissario liquidatore (art. 302 CCII) ma non all’Esperto, le cui funzioni non sono, per l’effetto, da ritenersi pubblicistiche. 
D’altronde, la previsione secondo cui l’Esperto non possa essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nell’esercizio delle sue funzioni, né davanti all’autorità giudiziaria, né davanti ad altre autorità (art. 16, comma 3, CCII), sembra eliminare ogni dubbio in merito. 
Tuttavia, pur essendo assodato che l’Esperto non rivesta alcuna qualifica di pubblico ufficiale, il medesimo è legittimato, in ogni caso, a richiedere all’imprenditore e ai creditori (di qualunque rango e categoria), senza alcun limite, le informazioni utili o necessarie per lo svolgimento del proprio incarico e, per lo stesso fine, può avvalersi dell’opera di altri professionisti, nel caso in cui siano necessarie specifiche ed ulteriori competenze rispetto alle proprie.
4.2 . (non è) Commissario Giudiziale, Curatore o Consulente Tecnico d’Ufficio
Appare indubbio, altresì, che l’Esperto ricopra (anche) un ruolo di consulente del Giudice, si pensi alle ipotesi in cui lo stesso è chiamato dal Giudice ad esprimersi sulla richiesta di misure protettive da parte dell’imprenditore, oppure quando è coinvolto nella richiesta dell’imprenditore di autorizzazione da parte del tribunale a contrarre finanziamenti prededucibili o a cedere a terzi l’azienda o rami d’azienda ai sensi dell’art. 22 CCII. Al pari, il suo giudizio è richiesto e rileva nel successivo (eventuale) accesso alla procedura di Concordato Semplificato. 
Certamente, però, quella dell’Esperto è una figura che non può essere paragonata, né al Commissario Giudiziale – in quanto, a titolo esemplificativo, non è nominato dall’autorità giudiziaria e non deve vigilare sull’esercizio dell’impresa[8] – né al consulente tecnico di ufficio, il cui parere è richiesto dal Giudice[9]. 
Analogamente, la figura dell’Esperto non è paragonabile neppure al Curatore; infatti, a differenza di quest’ultimo, all’Esperto non vengono attribuite funzioni gestorie e neppure si richiedono autorizzazioni da parte del tribunale per il compimento di atti.
4.3 . (non è) Attestatore
Come previsto dall’art. 13, comma 2, CCII, l’Esperto non è nemmeno equiparabile al professionista indipendente, di cui all’art. 2, comma 1, lettera o), CCII (i.e. il c.d. “attestatore”) e ciò trova conferma, da un lato – già di per sé sufficiente – sull’assunto che, a differenza dell’Esperto, l’attestatore viene nominato direttamente dall’imprenditore in crisi, dall’altro lato, nell’intrinseca diversità delle attività che Esperto e attestatore sono chiamati a svolgere. 
In tale logica, non appare convincente la tesi secondo cui valutare la coerenza del piano di risanamento con la regolazione della crisi o dell’insolvenza sia equivalente ad attestare la veridicità dei dati contabili e la fattibilità del piano, rientrante, invece, tra i compiti dell’attestatore. A tal proposito, il Legislatore ha precisato che il giudizio dell’Esperto deve limitarsi a valutare la “coerenza” del piano, lasciando intendere, pertanto, che lo stesso debba limitarsi ad appurare l’assenza di macroscopici segnali di non fattibilità del piano oggetto di esame. 
Infatti, tra le attività affidate all’Esperto sono evidentemente escluse quelle relative alla possibilità (i) di verificare il dato contabile offerto dall’imprenditore e (ii) di esprimere un vero e proprio giudizio sulla fattibilità del piano di risanamento al medesimo sottoposto. La scelta di escludere tali attività deriverebbe dall’intenzione del Legislatore di creare uno strumento – quale la CNC – il più snello e semplificato possibile. Invero, tali valutazioni non devono essere compiute neppure quando l’Esperto sottoscrive l’accordo ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett. c), CCII (o dell’art. 25-quater, comma 3 lett. c), CCII), stante, come già discusso poc’anzi, il dettato letterale della norma che riconduce il giudizio dell’Esperto alla “coerenza” del piano di risanamento con la regolazione della crisi o dell'insolvenza. Pertanto, in tal caso, il giudizio espresso dall’Esperto – che, ricordiamo, potrà avvalersi di soggetti dotati di specifiche competenze e di un revisore legale, a dimostrazione che la verifica della veridicità dei dati contabili è semmai demandabile a terzi (art. 16, comma 2, CCII) – potrà configurarsi come una sorta di “visto” a favore dei creditori sociali. 
Pertanto, si può pacificamente affermare che il legislatore non ha ignorato l’esigenza di fornire ai creditori coinvolti in una CNC un giudizio esterno sui dati contabili e sul piano di risanamento predisposti dal debitore ma ha semplicemente stabilito che l’Esperto debba limitare il proprio giudizio ad un visto di conformità (del primo) e ad un visto di congruità (del secondo). 
Tutto ciò ampiamente premesso, non si possono tuttavia negare alcuni punti di contatto tra le due figure; ad esempio, l’Esperto deve esprimere il proprio giudizio in favore del Giudice in seno al procedimento relativo alle misure protettive e cautelari di cui all’art. 19 CCII[10], situazione assimilabile al ruolo richiesto all’attestatore negli accordi di ristrutturazione del debito, come previsto dall’articolo 54, comma 3, CCII. 
Inoltre, sebbene il Codice non imponga espressamente il parere dell’Esperto nel caso in cui l’imprenditore chieda autorizzazione al tribunale a contrarre finanziamenti prededucibili o a trasferire in qualunque forma l’azienda o uno o più suoi rami ex art. 22 CCII, nella prassi il Giudice richiede che egli si esprima sulle istanze formulate dal Debitore affinché ne venga valutata la funzionalità rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori. Allo stesso modo, il Codice prevede che l’attestatore si esprima nei casi in cui il debitore abbia chiesto l’autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili all’interno del concordato preventivo (art. 99 CCII); in questa fattispecie, infatti, l’attestatore è chiamato a esprimersi quando il giudice non ha ancora maturato il proprio giudizio sulla fattibilità del piano, dovendo valutare unicamente se tale finanziamento sia o meno funzionale alla miglior soddisfazione dei creditori. 
4.4 . (non è) Advisor finanziario
Parte della dottrina, per le stesse motivazioni esposte nel paragrafo che precede, ha ritenuto di assimilare l’Esperto all’advisor finanziario, ovvero a quel professionista che redige con l’imprenditore il piano di risanamento, lo supporta nelle decisioni strategiche e si occupa delle trattative con gli stakeholders
Sebbene i punti di contatto siano abbastanza evidenti, l’Esperto è e rimane – prioritariamente e inequivocabilmente – un professionista indipendente (anche in questo, a ben vedere, assimilabile all’attestatore), mentre l’advisor finanziario, al contrario, non soddisfa mai questa condizione. Pertanto, le due figure devono essere necessariamente tenute distinte. 
4.5 . (non è solo) Mediatore
Un’attività fondamentale richiesta all’Esperto è quella di essere un abile negoziatore, un facilitatore di accordi, capace di comprendere le esigenze dei soggetti seduti al tavolo delle trattative e comporne gli interessi. 
In effetti, fin dai primi commenti al D.L. 118/2021, l’Esperto è stato definito “tutor” o “amministratore di sostegno”, in quanto ad esso è stato attribuito un ruolo di facilitatore e di negoziatore tra il debitore e i propri creditori. 
In questo contesto, pertanto, le parti sono tenute a collaborare tra loro, al fine di trovare una soluzione condivisa della crisi. Tuttavia, nei fatti l’invito alla collaborazione non può mai ritenersi sufficiente e risolutivo di per sé, in quanto notoriamente le parti non ragionano in termini puramente economici e, al contempo, è molto frequente che nel corso delle trattative intervengano (ove non prevalgano) comportamenti disruptive guidati dalle emozioni dei soggetti coinvolti. Il senso di “revenge” può infatti talvolta avere la meglio e, conseguentemente, rischiare di compromettere in ogni momento anche trattative ben avviate. 
Nel contesto appena delineato, l’Esperto ha un ruolo cruciale nel promuovere la negoziazione collaborativa, da un lato, aiutando le parti a comprendere ogni aspetto dell’accordo proposto, dall’altro lato, ascoltando e avvicinando le posizioni dei creditori, mitigando comportamenti dannosi per gli interessi reciproci. 
In questa sua attività, l’Esperto può essere assimilato al mediatore, ovvero ad un professionista imparziale che si impegna, anche con una certa sensibilità psicologica, per trovare una soluzione stragiudiziale tra parti con interessi spesso contrapposti [11]. 
Tuttavia, l’Esperto è assimilabile a tale figura solo in occasione e limitatamente allo svolgimento della sua funzione di facilitatore, e non certamente al coacervo di attività che deve invece espletare, tra cui, a titolo esemplificativo, quelle consulenziali, per cui è chiamato ad esprimere giudizi in merito al compimento di operazioni straordinarie o al rilascio di misure protettive. In questo senso, la legge gli riconosce una funzione idonea a far distinguere la sua figura da quella del mediatore propriamente detto. 
4.6 . L’autonoma figura dell’Esperto
Come abbiamo avuto modo di analizzare nei paragrafi che precedono, l’Esperto è un professionista che deve possedere le competenze tipiche dell’attestatore, dell’advisor finanziario e del negoziatore, sebbene non ricopra nessuno di questi ruoli. 
Alla luce di ciò, la logica conclusione della disamina appena svolta è che l’Esperto – per caratteristiche, funzioni e attività – rappresenta una figura professionale del tutto nuova e diversa da ogni altra già esistente nel nostro Ordinamento. 
Questa nuova figura (definibile anche "camaleontica”, per le mille sfaccettature che la funzione dell’Esperto può assumere e la sua capacità di adattarsi ai molteplici contesti in cui opera) non potrà prescindere dal possedere una spiccata capacità di analisi prospettica dei dati finanziari ed economici per valutare la concreta possibilità che un piano di risanamento possa andare a buon fine e, quindi, da una significativa competenza tecnica relativa all’analisi economico-aziendale dei dati, unita a una arguta capacità di mediazione e un’adeguata competenza giuridica, al fine di stimolare utilmente le trattative, agevolare gli accordi e comprendere (ove l’Esperto non voglia direttamente suggerire alle parti) soluzioni giuridiche idonee a risolvere la crisi (a tal riguardo si pensi, a titolo esemplificativo, al compimento di operazioni di distressed M&A idonee allo scopo di garantire la continuità aziendale). 
Più in generale, l’Esperto deve necessariamente possedere un ricco bagaglio di esperienze e competenze (principalmente in ambito economico e giuridico) che gli permetta, anche con il supporto di consulenti esterni (che deciderà di volta in volta di coinvolgere sulla base della propria esperienza e capacità di comprenderne l’utilità specifica), di evitare il compimento di atti che arrechino danno al concorso dei creditori o responsabilità in capo al medesimo. 
5 . Profili di Responsabilità
Una volta inquadrata la figura dell’Esperto all’interno dei suoi (seppur ampi) confini – sia in ordine alle competenze, sia in ordine alle attività da svolgere che gli sono richieste – occorrerà analizzare di seguito i profili di responsabilità ai quali potrebbe essere soggetto nell’espletamento del suo incarico, riguardanti situazioni in cui le operazioni o i consigli forniti dall’Esperto, sebbene inizialmente ritenuti formalmente leciti e coerenti con il suo intervento, vengano successivamente rivalutati, in caso di insuccesso della manovra di risanamento aziendale attuata dall’imprenditore e al conseguente assoggettamento della società debitrice alla procedura di liquidazione giudiziale. 
Sebbene dalla disamina che seguirà saranno escluse le fattispecie riconducibili a condotte dolosamente preordinate, è possibile che l’Esperto, pur avendo agito in buona fede, si trovi a dover adottare decisioni, compiere atti o omissioni che potrebbero essere ex post valutate attività integranti (anche) responsabilità penali. 
5.1 . Violazione degli obblighi di indipendenza
L’Esperto è tenuto a rispettare i rigorosi vincoli d’indipendenza, terzietà, professionalità e riservatezza, la cui violazione potrà configurarsi quale prima fonte di responsabilità. 
Come già analizzato nei paragrafi precedenti, l’Esperto deve porre particolare attenzione al rispetto del requisito d’indipendenza (tanto ex ante all’assunzione dell’incarico, quanto ex post all’espletamento dello stesso). A mente dell’art. 16, comma 2, CCII, egli deve verificare di non essere legato all’impresa o ad altre parti interessate all’operazione di risanamento, da rapporti di natura personale e/o professionale, estendendo la verifica anche ai componenti dell’associazione professionale di cui facesse eventualmente parte (c.d. conflict checks); inoltre, è tenuto a conservare tale requisito per i successivi due anni dall’archiviazione della CNC. 
Qualora l’Esperto violi l’obbligo d’indipendenza, egli potrà incorrere in una responsabilità disciplinare, che può comportare, quale conseguenza, la sua cancellazione dall’elenco degli Esperti presso la camera di commercio competente. 
Inoltre, a parere di chi scrive, la violazione di tali obblighi potrebbe essere valutata quale elemento aggravante rispetto agli ulteriori profili di responsabilità, che si analizzeranno a seguire. 
5.2 . Violazione degli obblighi di diligenza professionale
Le attività che l’Esperto è chiamato a svolgere in esecuzione del proprio incarico sono, inevitabilmente, le (potenziali) fonti della sua responsabilità e, in tale contesto, al fine di coglierne appieno l’ampiezza, appare necessario rifarsi anche al Decreto Dirigenziale del Ministero della Giustizia del 28.09.2021[12], in cui è definito il “protocollo di conduzione della composizione negoziata”, che regola in maniera analitica gli obblighi in capo all’Esperto. 
Il Protocollo in oggetto è definibile quale “vademecum operativo” che l’Esperto deve utilizzare come guida, pur non qualificandosi quale precetto normativo assoluto[13]. Tuttavia, le disposizioni contenute nella sezione terza del documento allegato al Decreto Dirigenziale in parola – perlomeno nella parte in cui definiscono il contenuto delle norme del Codice – introducono, di fatto, un obbligo di diligenza professionale, che potrà essere oggetto di valutazione ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c.. 
In particolare, poiché in caso di esito negativo della negoziazione l’Esperto potrebbe essere chiamato a rispondere per non aver svolto il proprio incarico in ossequio ai canoni della diligenza professionale, egli dovrà dimostrare di aver correttamente ottemperato agli standard esigibili nella fattispecie. 
I creditori, a loro volta, potrebbero tentare di attribuire all’Esperto, in concorso con l’imprenditore, una responsabilità in caso di effetti pregiudizievoli derivanti dall’indebita prosecuzione dell’attività d’impresa e dalle operazioni compiute nel corso della negoziazione. Sempre in tale fattispecie, l’imprenditore potrebbe – almeno in astratto – attribuire all’Esperto le cause del mancato accordo; tuttavia, tale ipotesi pare remota, stante l’evidenza che il Codice non prevede la possibilità per le Parti di chiedere la sostituzione dell’Esperto, fatta eccezione del caso in cui sia sollevata un’eccezione sulla sua indipendenza (art. 17, comma 6, CCII). 
5.3 . Fatti ed eventi delittuosi
Durante la CNC, l’imprenditore – ai sensi dell’art. 21 CCII – conserva la gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa, mentre all’Esperto è riservato, da un lato, un ruolo specifico di controllo e segnalazione ai creditori degli atti ritenuti per loro pregiudizievoli, dall’altro lato, un ruolo più generico di “guida” dell’imprenditore. 
In questo contesto, preso atto dell’assenza di una specifica regolamentazione riguardante le responsabilità dell’Esperto, e in relazione agli specifici atti compiuti nella fase endoprocedimentale della gestione della crisi, ci si dovrà chiedere in quali circostanze lo stesso potrà essere chiamato a rispondere, anche in concorso con l’imprenditore, per i danni provocati ai creditori sociali durante la CNC. 
A tal proposito, la discriminante appare riconducibile alla valutazione del suo operato in relazione al contributo materiale (quando interviene personalmente nella serie di atti che danno vita all’elemento materiale del fatto reato) e/o morale (quando dà impulso psicologico alla realizzazione di un fatto reato che materialmente viene commesso da altre persone) apportato alla generazione dell’evento delittuoso: conseguentemente, ci si dovrà chiedere se l’Esperto (i) vi abbia concorso, ovvero (ii) non lo abbia impedito ovvero, infine, (iii) se non abbia vigilato, considerato che egli è titolare di un generico dovere di sorveglianza (e, quindi, oltre a quanto disposto dall’art. 21, comma 3 e 4, CCII, con particolare riferimento all’obbligo di iscrizione degli atti compiuti in pregiudizio dei creditori). 
6 . La responsabilità civile nei confronti del debitore
Concordando con taluni interpreti, si ritiene che la responsabilità civile dell’Esperto nei confronti dell’imprenditore sia di natura contrattuale[14]. 
Tuttavia, non essendoci all’evidenza un vero e proprio contratto di opera professionale tra le parti, la responsabilità dell’Esperto andrebbe ricondotta, più correttamente, alla responsabilità da “contatto sociale qualificato”, concetto elaborato e definito nel tempo da copiosa giurisprudenza. 
Il contatto sociale, infatti, rappresenta una forma particolare di responsabilità contrattuale, che non sorge da alcun contratto, bensì da un rapporto giuridico e si annovera tra gli atti o fatti idonei a produrre obbligazioni ex art. 1173 c.c., a mente del quale le obbligazioni possono derivare, oltre che da un contratto o da un atto illecito, anche da qualsiasi atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ordinamento giuridico. 
Nella fattispecie in esame, il rapporto che s’instaura tra l’Esperto e l’imprenditore in crisi può qualificarsi, infatti, quale rapporto di fatto, inteso quale rapporto giuridico che si instaura tra le parti senza che vi sia un incontro formale di consensi, come avviene nelle ipotesi contrattuali tipiche. 
Conseguentemente, secondo l’orientamento giurisprudenziale prevalente[15], in virtù del principio dell’atipicità delle fonti delle obbligazioni, anche la violazione di obbligazioni specifiche che trovano la loro fonte non in un contratto, ma nel contatto sociale qualificato, determina una responsabilità di tipo contrattuale[16]. 
Nel caso di specie, tra l’Esperto e il debitore si instaura un rapporto giuridico, priva di obblighi di prestazione, bensì con obblighi di protezione, che vanno oltre il generico divieto del neminem ledere
La ricostruzione giurisprudenziale appena delineata ha una evidente finalità garantista, atteso che, riconducendo la responsabilità da contatto sociale nella disciplina della responsabilità contrattuale, il soggetto danneggiato beneficia di indubbi vantaggi sotto il profilo della prescrizione (che nella responsabilità contrattuale si verifica dopo il decorso di 10 anni dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, a fronte del termine di 5 anni previsto per la responsabilità extracontrattuale) e dell’onere della prova.  
Per quanto attiene al c.d. “meccanismo probatorio”, il contatto sociale qualificato implica invero un regime di assoluto favor creditoris
In particolare, mentre per l’illecito aquiliano, di cui all’art. 2043 c.c., è onere del creditore (art. 2697, c.c.) dover provare tutti gli elementi costitutivi della responsabilità extracontrattuale, nel caso di responsabilità contrattuale, il creditore può limitarsi a provare il titolo dell’obbligazione e allegare l’inadempimento, gravando sul debitore l’onere di provare i fatti estintivi, modificativi o impeditivi. 
Trattandosi peraltro di obbligazioni del professionista intellettuale – poiché tale è l’Esperto – il regime probatorio applicabile si fonda sulla regola del c.d. “doppio ciclo causale”, patrocinata dalla più recente giurisprudenza della III Sez. della Cassazione[17]. Pertanto, in prima battuta, il danneggiato deve provare, anche tramite presunzioni, la causalità materiale tra condotta del danneggiante e l’evento dannoso (c.d. causalità-costitutiva). In un secondo momento, invece, il danneggiante è tenuto a provare la causa imprevedibile e inevitabile che ha reso impossibile l’adempimento della prestazione (c.d. causalità-estintiva). 
In altre parole, l’imprenditore dovrà provare che l’infruttuoso esito della CNC sia derivato dall’inadempimento dell’Esperto (in base alla regola della conditio sine qua non, quindi, sulla base di un giudizio inferenziale del più probabile che non) e, successivamente, l’Esperto potrà andare esente da responsabilità provando che l’inadempimento sia stato dovuto a causa imprevedibile e inevitabile (ovvero la non imputabilità). 
Conseguentemente, affinché sia configurabile la responsabilità dell’Esperto nei confronti dell’imprenditore per la mancata conclusione della CNC, è necessario che la condotta del professionista sia stata negligente, ovvero che il medesimo non abbia usato, nello svolgimento dell’incarico, la diligenza professionale richiesta dall’art. 1176, comma 2 c.c., secondo cui “nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata”. 
Ci si chiede, infine, se possa ritenersi applicabile ratione materiae all'Esperto, altresì, l’art. 2236 c.c., secondo il quale il professionista risponde dei danni nelle prestazioni che implicano la “soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà” solo in caso di dolo o di colpa grave. 
Tale norma risulta sicuramente applicabile – secondo giurisprudenza e dottrina formatasi già ai tempi della vigenza della legge fallimentare – all’attestatore con riferimento alle attività che è chiamato a svolgere (i.e. giudizio sulla veridicità dei dati contabili e fattibilità del piano di risanamento), che però, si ricorda, sono diverse da quelle dell’Esperto. Conseguentemente, parrebbe prima facie difficile sostenere un’estensione analogica della disciplina di cui al 2236 c.c. all’Esperto.
7 . La potenziale responsabilità civile dell’Esperto nei confronti dei terzi
Sulla base di quanto sopra, ci si interroga sulla eventuale possibilità che l’Esperto, nell’esecuzione del proprio incarico, possa rispondere, oltre che nei confronti dell’imprenditore, anche nei confronti dei creditori e, più in generale, dei terzi danneggiati. 
Invero, attraverso un’analisi ampia ed estensiva delle pronunce giurisprudenziali stratificatesi nel tempo con riferimento alle obbligazioni derivanti da “contatto sociale qualificato”, ci si potrebbe finanche spingere a considerare che la descritta ipotesi di responsabilità abbia parimenti natura di responsabilità contrattuale scaturente, appunto, da un “contatto sociale qualificato”, poggiandosi sull’assunto che l’Esperto abbia un obbligo generale di protezione nei confronti del ceto creditorio, che fa affidamento sul suo operato per la propria tutela[18]. 
In tal senso, per chiarezza espositiva, si ricorda che i cc.dd. “obblighi di protezione” trovano la loro fonte nel principio di buona fede[19], e sono diretti a tutelare interessi diversi ed ulteriori rispetto a quelli derivanti dal contratto – o, come nel caso in ipotesi, dal contatto sociale qualificato – che rischiano di essere compromessi dall’esecuzione del rapporto obbligatorio. È pacifico, infatti – proprio perché sono espressione del principio della solidarietà sociale di cui all’art. 2, Cost. – che tali obblighi possano essere previsti anche a tutela d’interessi terzi che, trovandosi con la controparte contrattuale – nel caso di specie con l’imprenditore – in relazione di prossimità, rischiano di essere danneggiati dallo svolgimento stesso della prestazione (nel caso di specie, da parte dell’Esperto)[20]. In ogni caso, quello che giova qui rammentare è che la violazione di tali obblighi dà luogo alla cd. “responsabilità contrattuale debole”[21] e non aquiliana, in quanto nascente dall’inadempimento di un obbligo di protezione non dovuto ex lege
Pertanto, senza ripercorrere quanto già enunciato con riferimento alla natura e agli effetti della responsabilità contrattuale, in questa sede ci si propone di porre l’attenzione, in primis, sulla possibilità che eventuali violazioni degli obblighi d’indipendenza e di diligenza professionale possano essere sollevate, nei confronti dell’Esperto, da parte del curatore nella successiva liquidazione giudiziale, in secundis, sui termini entro i quali tali violazioni potrebbero configurarsi. In questa prospettiva, sembrerebbe, infatti, essenziale interrogarsi sul livello di diligenza minimo che l’Esperto dovrebbe osservare al fine di evitare possibili implicazioni di responsabilità civile[22]. Resta fermo che, in questi casi, non sarebbe sufficiente per il curatore fornire la prova che le violazioni commesse dall’Esperto abbiano determinato la negativa conclusione della CNC, ma lo stesso dovrebbe necessariamente verificare se, durante l’operato dell’Esperto, si sia prodotto un peggioramento in termini di soddisfazione dei creditori, giacché in tale peggioramento consisterebbe il danno risarcibile ex post (non sussistendo, come noto, un diritto al risarcimento del danno in re ipsa). 
In altri termini, nell’ipotesi suesposta il curatore dovrebbe verificare le eventuali perdite prodotte durante l’intero procedimento, ricostruendo e comparando il patrimonio netto ex ante ed expost accesso alla CNC, al netto della maturazione degli interessi di legge. 
8.1 . La (non) responsabilità penale per crimini contro la Pubblica Amministrazione
Esclusa la qualifica di pubblico ufficiale (o incaricato di pubblico servizio), l’Esperto non potrà mai essere considerato responsabile delle fattispecie criminose proprie del pubblico ufficiale, commesse nei confronti della Pubblica Amministrazione. Conseguentemente, non saranno ascrivibili all’Esperto i reati tipici di tale fattispecie. 
L’Esperto non potrà quindi essere accusato di reato di corruzione (art. 318 c.p.) o concussione (art. 317 c.p.) qualora egli riceva un compenso eccedente la propria opera e riconducibile ad un comportamento illecito. Allo stesso modo, l’Esperto che si fosse indebitamente appropriato di denaro o di beni affidatigli dall’imprenditore (fattispecie che appare invero incompatibile con le attività a lui riservate dal Codice) non potrà rispondere di peculato (artt. 314 e 316 c.p.). 
Non si estendono, altresì, all’Esperto neppure i reati di falso (art. 476 e ss. c.p.), in primis, perché il Codice non prevede un reato di falso specifico (al contrario di quanto avviene per l’attestatore all’art. 342 CCII), in secundis, perché sarebbe incompatibile con i suoi compiti, non dovendo garantire la veridicità delle proprie asserzioni. Ciò detto, all’Esperto non saranno neppure applicabili gli artt. 476 e ss. c.p., riservati alla figura del pubblico ufficiale. 
Per la stessa ragione, qualora l’Esperto – che abbia accettato la nomina – non adempia successivamente ai compiti a lui affidati, non risponderà del reato di omissione di atti d’ufficio (art. 328 c.p.). 
Infine, per la sua natura privatistica, si deve escludere l’applicabilità dei reati di omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale (art. 361 c.p.) e di omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico servizio (art. 362 c.p.). 
Sebbene l’Esperto sia tenuto a iscrivere presso il registro delle imprese il proprio dissenso quando l’atto compiuto dall’imprenditore pregiudica gli interessi dei creditori (art. 21, comma 4, CCII), egli non appare tenuto ad un generale obbligo di denuncia qualora riscontri condotte illecite dell’imprenditore. A tale fine, si ricorda che l’imprenditore deve comunicare (all’Esperto, ai creditori e ai terzi interessati) la propria situazione (economica, finanziaria e patrimoniale) in modo completo e gestire l’impresa senza pregiudicare i creditori (art. 17, comma 5, CCII) nonché inserire nella piattaforma telematica la copiosa documentazione richiesta (art. 17, comma 3, CCII).
8.2 . La (non) responsabilità penale per falso in attestazione
Il Codice, al pari della precedente legge fallimentare, prevede una specifica disciplina sanzionatoria applicabile al professionista attestatore che esponga informazioni false ovvero ne ometta di rilevanti. La fattispecie, ora disciplinata dall’art. 342 CCII, è riconducibile ai delitti contro la fede pubblica e, in particolare, ai delitti di falsità in atti, il cui oggetto materiale del reato sono specificatamente le relazioni e le attestazioni. Il falso in attestazioni e relazioni è un reato proprio, riferito allo specifico professionista incaricato dall’imprenditore di redigere la relazione o l’attestazione previste per i piani attestati (art. 56, comma 4, CCII), per gli accordi di ristrutturazione (artt. 57, comma 4 e 58, commi 1 e 2, CCII), per la convenzione di moratoria (art. 62, comma 2, lettera d) CCII), per il concordato preventivo (art. 87, comma 3, CCII), per la transazione dei crediti tributari e previdenziali (art. 88, commi 1 e 2, CCII), per le proposte concorrenti (art. 90, comma 5 CCII) e per le autorizzazioni ai pagamenti pregressi (art. 100, commi 1 e 2, CCII). 
Conseguentemente ricordando che l’Esperto non redige relazioni e/o attestazioni aventi il contenuto di cui alle suddette fattispecie – egli non potrà essere accusato neppure ai sensi dell’art. 342 CCII. 
Alla stessa conclusione, non può che pervenirsi anche nel caso disciplinato dall’art. 23, comma 1, lett. c) CCII, in ragione del fatto che, in questa fattispecie, l’Esperto sottoscrive l’accordo con l’imprenditore e i creditori, che produce gli effetti di cui agli articoli 166, comma 3, lettera d) e 324 CCII. Con tale sottoscrizione, l’Esperto dà atto che il piano di risanamento appaia coerente con la regolazione della crisi o dell’insolvenza, senza la necessità di alcuna attestazione. 
Appare difficile interpretare, in modo difforme da quanto sopra, una norma che introduce specificatamente il concetto di “coerenza”, che è ben diverso da quello di “veridicità” (dei dati contabili) e di “fattibilità” (del piano) riferiti alle verifiche dell’attestatore. Tuttavia, anche ove si prescindesse dalla lettera normativa, l’interpretazione avversa violerebbe il principio di tassatività, insito in materia penale, in ragione della mancanza di un richiamo espresso della norma di cui all’art. 342 CCII. 
8.3 . La responsabilità penale
Escluse le fattispecie riconducibili ai reati contro la Pubblica Amministrazione e in considerazione della natura privatistica dell’incarico dell’Esperto, la sua condotta avrà rilevanza penale qualora contribuisca, materialmente o moralmente, alla produzione di eventi delittuosi (normalmente in concorso con l’imprenditore in crisi, in quanto commessi principalmente dall’imprenditore stesso)[23]. Viceversa, la configurabilità di un reato di tipo omissivo in capo all’Esperto risulterebbe invece difficilmente ascrivibile in quanto mancherebbe la fonte giuridica da cui poter ricavare la posizione di garanzia richiesta dalla norma di cui all’art. 40 c.p., diversamente da quanto invece avviene, per esempio, per gli organi di controllo delle società, ex artt. 2403 e 2407 c.c.[24]. 
Per le condotte penalmente rilevanti eventualmente tenute nella fase endoprocedimentale, l’Esperto potrà essere ritenuto responsabile nella sola fattispecie di accesso ad una procedura concorsuale (leggasi “liquidazione giudiziale”[25]). I reati a lui ascrivibili – essenzialmente in concorso con l’imprenditore – potrebbero essere i reati della crisi d’impresa previsti dall’attuale titolo IX del CCII e principalmente quelli relativi alla bancarotta (semplice, documentale e fraudolenta). 
L’unico esimente alla responsabilità penale per condotte dell’Esperto che fossero ritenute a posteriori delittuose, parrebbe essere quella contenuta nell’art. 24, comma 5, CCII, secondo cui la bancarotta semplice e fraudolenta non sarebbe ascrivibile ai pagamenti e alle operazioni coerenti con l’andamento delle trattative e nella prospettiva di risanamento dell’impresa. Tuttavia, la norma rimette allo stesso Esperto tale valutazione, ma nulla dovrebbe impedire al successivo curatore di dare una rilettura degli atti compiuti eccependo il compimento di un disegno delittuoso. Diversamente, i reati di bancarotta semplice e fraudolenta non potranno mai essere imputati nel caso di operazioni autorizzate dal tribunale a norma dell'articolo 22 CCII. 
In considerazione del fatto che l’Esperto non compie atti di gestione dell’impresa, appare logico ritenere che di fatto egli potrà rispondere dei reati commessi solo in concorso – morale o materiale (artt. 110 e ss. c.p.) – con l’imprenditore, anche in ragione del possesso di specifiche competenze professionali che gli permetterebbero di consentire o di favorire la perpetrazione del reato, così come è stato peraltro già ascritto in alcuni arresti giurisprudenziali a consulenti rei di aver supportato l’imprenditore/amministratore agente nella perpetrazione del reato, mettendo a disposizione del medesimo le proprie competenze tecniche[26]. 
Nell’esecuzione del proprio incarico, l’Esperto potrebbe accorgersi del comportamento delittuoso dell’imprenditore decidendo di non intervenire e tale condotta, come già scritto, non dovrebbe essere – di per sé – penalmente perseguibile, vista l’inapplicabilità dei reati di omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio. Tuttavia, appare difficile escludere a priori che l’assenza di una reazione non possa essere configurata al pari di una fattiva collaborazione, stante il fatto che l’Esperto si troverà certamente nell’amletica condizione di assecondare l’imprenditore ovvero (come è auspicabile che sia) prenderne le distanze ricorrendo anche a manifestazioni di dissenso da iscrivere nel registro delle imprese (ex art. 21 CCII), ancorché, a ben vedere, tale obbligo a provvedervi si attiverebbe solo ex post
Come già ricordavamo, l’Esperto non collabora con (e, tanto meno, si sostituisce al) l’imprenditore nella gestione dell’impresa, in quanto svolge, peraltro, un ruolo diverso rispetto ai sindaci o ai revisori, che sono, invece, direttamente coinvolti nel processo di verifica degli adeguati assetti, di cui all’art. 2086 c.c.. Conseguentemente, l’Esperto non sarà tenuto ad intervenire per impedire o denunciare condotte penalmente rilevanti dell’imprenditore ai sensi dell’art. 40 c.p., ma dovrà porre attenzione a non supportare, direttamente o indirettamente, tali comportamenti. 
Fatte salve le condotte omissive, l’Esperto potrà astrattamente trovarsi nella condizione di concorrere fattivamente con l’imprenditore in comportamenti qualificabili nella sfera giuridica della bancarotta, per esempio “agevolando le trattative e prospettando le possibili strategie di intervento” (art. 17, comma 5, CCII) pur in assenza di prospettive concrete di rilancio della società in crisi. La responsabilità dell’Esperto, infatti, appare rinvenibile anche allorquando egli assecondi o (peggio) favorisca l’attendibilità delle proposte avanzate dall’imprenditore ai creditori, nonostante la loro evidente insostenibilità. 
Per effetto della dichiarazione di liquidazione giudiziale, qualora sia dimostrato il reato in capo all’imprenditore che abbia indebitamente utilizzato lo strumento della CNC al fine di “dilatare” l’accesso alla c.d. procedura concorsuale maggiore, con la conseguenza di aver aggravato il dissesto (da intendersi come differenza tra patrimonio netto alla data di accesso alla CNC e patrimonio netto alla data di dichiarazione della liquidazione giudiziale), l’Esperto potrà rispondere in concorso di bancarotta fraudolenta ove sia dimostrato il suo ruolo attivo nel disegno criminale dell’imprenditore stesso. 
L’utilizzo distorto dell’istituto della CNC (in quanto attivata nonostante sia evidentemente priva, già a priori, della minima possibilità di successo), pertanto, finirebbe per ritorcersi verso l’Esperto, non tanto perché egli non abbia denunciato il comportamento dell’imprenditore, ma allorquando egli – consapevole di quanto stesse avvenendo – lo abbia favorito proseguendo nelle sue attività, collaborando così, di fatto, nel compimento del disegno criminoso. 
La fattispecie potrà poi arricchirsi qualora l’imprenditore abbia effettuato atti di straordinaria amministrazione che potrebbero però a ben vedere configurarsi come distrattivi. Nel caso poi in cui l’imprenditore avesse finanche ottenuto l’autorizzazione da parte del tribunale ai sensi dell’art. 22 CCII, tali atti conserverebbero i loro effetti nella successiva liquidazione giudiziale (art. 24, comma 1, CCII). Qualora il nominato curatore riuscisse però a provare l’esistenza di un disegno criminoso, conosciuto e avallato dall’Esperto, in cui si inseriscono gli atti che sono stati oggetto dell’autorizzazione conseguita, quest’ultimo di certo non sarebbe esente da responsabilità per il fatto in sé che il compimento degli atti in parola siano passati per autorizzazione del giudice. Ciò in quanto l’autorizzazione sarebbe stata ottenuta grazie a informazioni non corrispondenti al vero o comunque manipolate unicamente al fine di ottenere proprio l’autorizzazione, realizzando così il disegno criminoso con il formale avvallo del tribunale.

Note:

[1] 
Più precisamente, il D.Lgs. n. 83/2022 ha introdotto la CNC nel Titolo II del Codice della Crisi d’impresa e dell’Insolvenza. 
[2] 
Per un maggiore approfondimento sul tema si veda G. Baravas, S. Bonfatti, R. Guidotti, M. Tarabusi, Il ruolo dell'Esperto nella Composizione Negoziata per la soluzione della Crisi d'Impresa, Giappichelli, Torino, 2023. 
[3] 
Sul tema si veda G. La Croce, Ruolo e funzioni dell’esperto nella composizione negoziata, in La “Composizione” e il risanamento delle imprese, a cura di A. Danovi e G. Acciaro, Il Sole24ore, 2023. 
[4] 
Sul tema della riservatezza della composizione negoziata si veda I. Pagni, M. Fabiani, La transizione dal Codice della Crisi alla Composizione negoziata (e viceversa), in Dirittodellacrisi.it, 2 novembre 2021, pp. 10–30. 
[5] 
 https://www.governo.it/sites/governo.it/files/DL_CRISI_IMPRESA_ATN.pdf.
[6] 
Sul rischio di un Esperto non adeguatamente competente si interroga anche cfr. V. Minervini, La “composizione negoziata” nella prospettiva del recepimento della direttiva “insolvency”. Prime riflessioni, in https://ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it., il quale propone “una soluzione di buon senso potrebbe essere quella di permettere da subito l’avvio delle procedure di Composizione, delegandole però a un collegio di esperti, quantomeno fino a quando non sarà possibile formare adeguatamente un professionista ‘a tutto tondo’”. 
[7] 
Cassazione Penale, Sez. VI – Sentenza n. 5550/2022. 
[8] 
Con riferimento al Commissario Giudiziale, appare tuttavia opportuno ricordare, per completezza, che l’art. 92, comma 3, CCII prevede che quest’ultimo, se richiesto o in caso di concessione delle misure protettive, affianca il Debitore e i Creditori nella negoziazione del piano, formulando, ove occorra, suggerimenti per la relativa redazione. In questo modo, il Codice ha voluto attribuire al Commissario Giudiziale un ruolo maggiormente collaborativo, in quanto lo stesso, in passato, era deputato limitatamente a vigilare sull’operato del Debitore. Tuttavia, anche questa considerazione non appare rilevante ai fini di una (improbabile) assimilazione della figura dell’Esperto a quella del Commissario Giudiziale. 
[9] 
Il CTU, in quanto ausiliario del Giudice, assume – nell’espletamento della propria funzione – la qualità di Pubblico Ufficialee, pertanto, l’atto da lui redatto, il quale attesta che a lui sono state rese le succitate informazioni fa fede fino a querela di falso. Sul punto, si richiama la pronuncia della Cassazione Penale, Sez. VI – Sentenza n. 5793/2015.
[10] 
Sul punto, appare particolarmente interessante il decreto del 10 ottobre 2023 del Tribunale di Salerno dal quale si evince che il parere dell’esperto debba includere: a) Il controllo del deposito di tutta la documentazione prescritta e la congruità dei documenti depositati, rispetto alla risanabilità dell’impresa; b) la valutazione della struttura organizzativa, amministrativa e contabile dell’impresa (vedi articolo 2086 c.c.); c) la circostanza che risultino avviate trattative in corso con i creditori, descrivendo lo stato delle stesse; d) la considerazione dell’incidenza delle misure protettive sui diritti di terzi e che le stesse risultano funzionali allo svolgimento delle trattative ed al risanamento della crisi, potendo eventuali iniziative assunte da singoli creditori pregiudicare l’attuazione del piano proposto; e) un giudizio positivo riguardo alla effettiva e concreta fattibilità giuridica ed economica del piano ed a ritenere ragionevolmente perseguibile l’obiettivo del risanamento della crisi di impresa. 
[11] 
Tale figura parrebbe richiamare quanto previsto dall’art. 611–4 del Code de Commerce (modificato con Ordonnance n. 2010–1512 del dicembre 2010), che tuttavia declina una procedura di conciliazione riservata alle attività artigianali e commerciali che presentano una crisi “leggera”, ovvero con squilibri economico/finanziari ma con un ritardo dei pagamenti correnti non superiore a 45 giorni. Sul punto si veda F. Perochon, Entreprises en difficulté, L.G.D.J., Paris, 2014, pp. 70–71. 
[12] 
Con decreto del 21 marzo 2023, il Ministero della Giustizia ha aggiornato il decreto dirigenziale del 28 settembre 2021 predisposto per effetto del D.L. n. 118/2021 necessitando di specifici correttivi in considerazione dell’entrata in vigore del Codice come modificato dal D.Lgs. n. 83/2022. Le modifiche hanno interessato anche la sezione dedicata al “PROTOCOLLO DI CONDUZIONE DELLA COMPOSIZIONE NEGOZIATA”. Su tale documento contenente le linee guida che l’esperto deve seguire nello svolgimento delle trattative, costituente una sorta di linguaggio comune tra imprenditore ed esperto (oltre che tra imprenditore e parti interessate) si veda il contributo di S. Pacchi, “L’Esperto: un’ “alta” professionalità dinanzi alle trattative e alla gestione dell’impresa”, in https://ristrutturazioniaziendali.ilcaso.it, 2022. 
[13] 
L’incipit della Sezione III del Decreto Dirigenziale del Ministero della Giustizia del 28.09.2021, titolata “PROTOCOLLO DI CONDUZIONE DELLA COMPOSIZIONE NEGOZIATA”, specifica, infatti, che “[i]l presente protocollo reca la declinazione operativa delle prescrizioni normative contenute nel decreto–legge; esso, inoltre, recepisce le migliori pratiche per una soluzione concordata della crisi, da intendersi, pertanto, come buone prassi e non come precetti assoluti”.
[14] 
Sul punto si veda M. Monteleone, “I profili di Responsabilità dell’Esperto compositore, in ODEC, Milano, 2023. In generale, sulla responsabilità dell’Esperto nel procedimento di CNC si veda G. Meo, “La responsabilità nella composizione negoziata della crisi”, in Il Diritto Fallimentare e delle Società Commerciali, V, 2023, pp. 842 ss. 
[15] 
Ex pluribus si veda Cassazione Civile, Sez. I – Sentenza n. 14188/2016. 
[16] 
Sulla natura giuridica dell’obbligazione derivante da contatto sociale si è infatti a lungo discusso e, alla fine, la giurisprudenza sembra aver aderito a quell’orientamento che ritiene inquadrabile il rapporto qualificato nell’alveo della responsabilità contrattuale, ex art. 1218 del c.c., con tutto ciò che ne consegue in punto di prescrizione ed onere probatorio. 
[17] 
Si fa riferimento a Cassazione Civile, Sez. III – Sentenza n. 28991/2019, ampiamente commentata in dottrina. 
[18] 
Sul punto, si trova opportuno richiamare la pronuncia della Cassazione Civile, Sez. III – Sentenza n. 24071/2017, che ha chiarito: “In tema di obbligazioni e contratti, il "contatto sociale qualificato", inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni, ex art. 1173 c.c., e dal quale derivano, a carico delle parti, non obblighi di prestazione ai sensi dell'art. 1174 c.c., bensì reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione, giusta gli artt. 1175 e 1375 c.c., opera anche, nella materia contrattuale, in relazione a quegli aspetti che non attengono alla esecuzione della prestazione principale, ma ad interessi ulteriori, che insorgono, anche al di fuori di uno specifico vincolo contrattuale, tutte le volte in cui le parti instaurino una "relazione qualificata" e cioè agiscano di concerto in vista del conseguimento di uno scopo”. 
[19] 
Considerata, nell’accezione moderna, una “regola di comportamento”, ovvero una vera e propria fonte di obblighi ulteriori rispetto a quelli programmati nel regolamento negoziale. 
[20] 
Secondo l’impostazione maggioritaria che si sostanzia in una visione complessa del rapporto obbligatorio, l’effetto protettivo verso il terzo è pur sempre il risultato d’irradiazione dell’obbligazione primaria di prestazione verso di esso. In altri termini, ammettendo l’idea di un rapporto obbligatorio inteso come rapporto complesso formato dall’obbligo di prestazione principale e da una serie di obblighi accessori di protezione, si può compiere il passo ulteriore di allargare il discorso all’esterno del rapporto giuridico che lega le parti, nel senso che certi soggetti terzi potrebbero essere pregiudicati a seguito della violazione di uno dei doveri accessori di protezione in cui si sostanzia il rapporto obbligatorio che lega le parti. In tal senso, A. Di Maio, La protezione contrattuale del terzo, in L. Vacca (a cura di), Gli effetti del contratto nei confronti dei terzi nella prospettiva storico-comparatistica, IV Congresso Internazionale ARISTEC, Roma 13-16 settembre 1999, Torino 2000, pp. 109 e ss. 
[21] 
Viene definita “responsabilità contrattuale debole” in quanto sorge in riferimento a rapporti di fatto per i quali sussiste l’affidamento di una parte nei confronti di un’altra, il che porta alla tutela di quella, appunto, cd. “debole”. In genere, infatti, in queste fattispecie vi è un soggetto che riveste un particolare status, che gli impone di comportarsi secondo buona fede e di tutelare l’affidamento che la parte con cui entra in contatto ripone nei suoi confronti. 
[22] 
Ad oggi risulta prematuro tentare di inquadrare fattispecie analoghe già oggetto di discussione giurisprudenziale nell’analisi in corso, tuttavia, ben si nota una recente pronuncia del Tribunale di Parma del 26 settembre 2023, che delinea i presupposti affinché possano essere riconosciute e conservate le misure protettive e cautelari a favore del ricorrente. Secondo il Tribunale di Parma, infatti, “in sede di composizione negoziata la conferma delle misure protettive all’inizio delle trattative può  essere concessa solo a fronte di un piano “in continuità” che, secondo la valutazione prognostica dell’Esperto, consenta di approdare, in termini di ragionevolezza, ad un accordo con i creditori o comunque ad una delle soluzioni previste dall’art. 23, comma 1 e comma 2, lettera b).C.C.I. e ciò anche se la ricorrente non abbia ancora esplicitamente individuato la “veste giuridica” più adeguata che assumeranno (…)”. È possibile opinare allora, sulla scorta delle argomentazioni del giudice parmense e della giurisprudenza conforme, che nel caso di composizione negoziata lo standard minimo di diligenza esigibile impone che la valutazione prognostica positiva del professionista sia appunto “ragionevole” e cioè non manifestamente illogica o abnorme.
[23] 
Sull’argomento, si richiama C. Ferriani, A. Viglione, “Quali rischi penali in capo all’esperto della Composizione negoziata per la soluzione della crisi d'impresa?”, in Giurisprudenza Penale, 2021. 
[24] 
Sul tema si veda A. Keller, “Esperto indipendente e responsabilità penale”, in A. Danovi e G. Acciario, La “Composizione” e il risanamento delle imprese, in Il Sole24ore, 2023. 
[25] 
Con la precisazione che (i) la CNC non determina lo spossessamento della gestione dell’impresa nei confronti dell’imprenditore e (ii) l’eventuale insuccesso della CNC non determina un’automatica apertura della liquidazione giudiziale e nemmeno la trasmissione di una notizia di reato in Procura. 
[26] 
Cassazione Penale, Sez. V – Sentenza n. 18677/2021, secondo la cui massima “Concorre in qualità di “extraneus” nel reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, il legale o il consulente contabile che, consapevole dei propositi distrattivi dell’imprenditore o dell’amministratore di una società in dissesto, fornisca a questi consigli o suggerimenti sui mezzi giuridici idonei a sottrarre i beni ai creditori o li assista nella conclusione dei relativi negozi, ovvero svolga un’attività diretta a garantire l’impunità o a rafforzare, con il proprio ausilio e con le proprie preventive assicurazioni, l’altrui progetto delittuoso”. 

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