Sullo stampo dell’art. 104 L. fall., l’art. 211 CCII ha inteso sorvolare sulle modalità di svolgimento dell’attività d’impresa, ad opera della curatela.
Nell’assenza di prescrizioni, sembra plausibile ritenere che l’organo concorsuale non necessiti di autorizzazioni del comitato al fine di compiere gli atti di gestione: non vi è nulla di straordinario nell’esercizio degli atti in cui si compendia la conduzione necessarimente dinamica dell’impresa, sicchè, nel quadro del Codice, sono sufficienti a legittimarne il compimento, per un verso l’approvazione che il comitato abbia accordato al programma di liquidazione che preveda l’impiego dell’istituto (art. 213, comma 7, CCII), per altro e concomitante verso, l’autorizzazione generale e preventiva in cui si risolve il provvedimento che dispone l’esercizio.
Solo per gli atti che esulino da quanto pianificato e che si connotino, proprio per ciò, come straordinari, occorrerà l’autorizzazione di cui all’art. 132 CCII ("Integrazione dei poteri del curatore"); sarà, invece, necessaria l’autorizzazione del giudice delegato per le costituzioni in giudizio ai sensi dell’art. 123, comma 1, lett. f, CCII.
Sul piano pratico, prevedibili incombenze assorbiranno l’attività del curatore, che dovrà senz’altro adempiere agli obblighi connessi alla tenuta delle scritture contabili e alle scadenze fiscali e sarà tenuto a guadagnarsi la fiducia degli stakeholders attraverso un credibile piano industriale, che muova da un’approfondimento di cause e circostanze del dissesto e dalla fissazione coerente di strategie future del business, anche in guisa da offrire ai potenziali acquirenti elementi di trasparenza e certezza. Indubbiamente, in virtù della supervisione del Tribunale, l’esercizio dell’impresa risulterà piuttosto rassicurante per gli interlocutori di quest’ultima: le banche saranno meglio disposte a concedere finanza necessaria per il rilancio dell'impresa; i fornitori, garantiti dal soddisfacimento dei loro crediti in prededuzione, saranno meno refrattari a riprendere le forniture delle materie prime; i clienti, confortati dal fatto che il loro nuovo referente è organo riconducibile al tribunale, torneranno a confidare in qualche misura nella governance; infine, le maestranze, informate da un soggetto super partes sulla reale condizione della società, potranno profondere energie per concorrere al rilancio aziendale[19].
In funzione del riassetto, i costi amministrativi e le spese generali funzionali al ciclo produttivo andranno calibrati al minimo, mentre la rete vendite dovrà essere riarticolata attraverso una gestione del "portafoglio clienti" tale da assicurare un fatturato con una apprezzabile marginalità.
Il curatore si occuperà, poi, di selezionare i contratti compiutamente funzionali alla continuità, sospendendo o sciogliendo unilateralmente quelli che tali non siano, a tenore di quanto consentitogli dal comma 8 dell’art. 211 CCII.
Detto comma accoglie la regola per quale i contratti pendenti alla data di apertura della liquidazione proseguono in costanza di esercizio dell’impresa del debitore, ferma e impregiudicata la facoltà del curatore di chiederne la sospensione oppure lo scioglimento, alla stregua delle disposizioni dettate in materia di effetti della liquidazione medesima sui rapporti giuridici pendenti. La valutazione ad opera della curatela, oltre che imperniarsi sul parametro di economicità, dovrà ponderare la reale utilità dei contratti in vista di una redditizia conservazione dei beni in funzione liquidatoria, tenuto conto anche della prededucibilità dei crediti sorti durante l’esercizio[20]. Al momento della cessazione dell’esercizio si applicheranno, ad ogni buon conto, le norme di cui alla Sezione V del Capo I del Titolo V[21].
La disposizione, in esame, va, peraltro, raccordata con gli artt. 172 e ss. CCII. Il coordinamento sta in ciò, che le norme generali vedono riespandere la propria incidenza applicativa una volta concluso l’esercizio della curatela e in relazione ai contratti che, nelle more, non siano stati sciolti. In ogni caso, deve ritenersi applicabile analogicamente, in costanza di esercizio, la prerogativa di cui al comma 2 dell’art. 172 richiamato, che consente al privato contraente di mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non superiore a sessanta giorni, decorso il quale, ove l’organo concorsuale non comunichi di voler subentrare nel rapporto negoziale, quest’ultimo si intende risolto.
La struttura della disciplina dei contratti pendenti nel contesto dell’esercizio provvisorio è coerente con la finalità conservativa del patrimonio produttivo delle imprese in crisi, perseguita dal legislatore, proprio in quanto permette al curatore di proseguire con profitto l'attività imprenditoriale anche e soprattutto attraverso l'esercizio di un’ampia prerogativa di slegarsi dai contratti che appaiano incompatibili con gli scopi della procedura[22].
Il medesimo comma 8 in parola è chiaro nel riconoscere l’inerenza alla massa, quindi la prededucibilità, ai crediti sorti nel corso dell'esercizio provvisorio[23].
La dichiarazione di fallimento dell'imprenditore non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto di lavoro, in quanto l'azienda, nella sua universalità, sopravvive e l'impresa non cessa, passando soltanto da una gestione per fini di produzione, suscettibile peraltro di essere continuata o ripresa, ad una gestione per fini di liquidazione, sicché, nel caso in cui la prestazione lavorativa sia proseguita dopo la dichiarazione di fallimento e, di fatto, anche oltre il periodo di esercizio provvisorio dell'impresa autorizzato dal tribunale, i crediti maturati dal lavoratore devono essere ammessi al passivo in prededuzione[24].
Nell'ipotesi di trasferimento di imprese o parti di esse il cui cedente sia oggetto di una procedura fallimentare, può valere l'operatività degli effetti previsti dall'art. 47, comma 5, della L. n. 428 del 1990, ossia l’esclusione dei lavoratori eccedentari dal passaggio presso il cessionario. Il requisito della cessazione dell'attività di impresa è da riferire esclusivamente alla procedura di amministrazione straordinaria, mentre in ipotesi di esercizio provvisorio il criterio dirimente si rinviene nella natura "liquidatoria" o meno delle procedure concorsuali coinvolte[25].