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Le misure premiali fiscali nella composizione negoziata della crisi

Giulio Andreani, Dottore commercialista e consulente fiscale in Milano

14 Ottobre 2024

Le imprese che accedono alla composizione negoziata della crisi hanno il diritto di usufruire di alcune peculiari misure premiali di natura fiscale, previste dai primi quattro commi dell’art. 25 bis del Codice della crisi, le quali consistono nella riduzione delle somme dovute a titolo di sanzioni e interessi e nella possibilità di dilazionare il pagamento anche dei debiti tributari non ancora iscritti a ruolo. Sebbene l’appeal di queste misure sia destinato a essere ridimensionato a seguito dell’introduzione nell’ordinamento della possibilità del debitore di concludere un accordo con le agenzie fiscali relativamente a qualsiasi debito tributario (comma 2 bis dell’art. 23), in alcuni casi, come quando la composizione negoziata sfocia in uno strumento di regolazione della crisi, esse possono tuttora risultare utili. Tuttavia, la lettera del citato art. 25 bis, anche per effetto della recente riforma del sistema di riscossione dei tributi attuata con il D. Lgs. n. 110/2024, è tale da generare numerose incertezze interpretative e incongruenze, che l’autore affronta in questo articolo, contandone ben dieci.
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1 . Premessa
L’art. 25 bis del Codice della crisi prevede - a favore delle imprese che fanno ricorso al percorso della composizione negoziata - alcune misure premiali di carattere fiscale, che variano a seconda del periodo a cui si riferiscono i debiti tributari e della soluzione a cui si perviene all’esito delle trattative condotte in tale ambito. In particolare, è prevista: 
i) la riduzione al tasso legale degli interessi sui debiti tributari che maturano dall’accettazione dell’incarico e sino alla conclusione delle trattative, quando la composizione negoziata si conclude con una delle soluzioni stragiudiziali positive di cui all’art. 23, comma 1, o con un accordo di ristrutturazione dei debiti (comma 1). Il beneficio viene tuttavia meno – e si genera una riespansione in misura piena degli interessi - nel caso di successiva apertura della procedura di liquidazione giudiziale o di liquidazione controllata ovvero nel caso di accertamento dello stato d’insolvenza (comma 6). Il vantaggio che ne deriva è pertanto rappresentato dalla differenza fra i tassi stabiliti dalle norme tributarie, compresi in un range il cui livello più elevato può superare il 4 per cento annuo, e quello legale. Si tratta, a ben vedere, di un beneficio assai modesto e di scarsa efficacia rispetto al risanamento, la cui entità varia a seconda della misura del tasso legale ed è persino nullo se quest’ultimo - com’è accaduto nel corso del 2023 – è maggiore dell’altro (attesa la sua finalità agevolativa, la norma non può tuttavia mai imporre al contribuente l’applicazione di un tasso legale superiore a quello tributario ordinario); 
ii) la riduzione delle sanzioni per le quali è prevista l’applicazione in misura ridotta in caso di pagamento entro un determinato termine dalla comunicazione dell’ufficio che la irroga, se il relativo termine di pagamento scade dopo la presentazione dell’istanza di cui all’art. 17 (comma 2). Anche questo beneficio viene meno nel caso di successiva apertura della procedura di liquidazione giudiziale o di liquidazione controllata ovvero nel caso di accertamento dello stato d’insolvenza;  
iii) la riduzione alla metà delle sanzioni e degli interessi sui debiti tributari sorti prima dell’istanza di accesso di cui all’art. 17, nelle ipotesi previste dall’art. 23, comma 2, e quindi se alla composizione negoziata segue una delle procedure di risoluzione della crisi previste da quest’ultima disposizione: un piano attestato di risanamento, un accordo di ristrutturazione dei debiti, un concordato semplificato, un altro strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza disciplinato dal Codice o l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi (comma 3). Questo beneficio compete pertanto se la composizione negoziata non si conclude con una delle soluzioni previste dal comma 1 dell’art. 23 e viene comunque meno nel caso di successiva apertura della procedura di liquidazione giudiziale o di liquidazione controllata ovvero nel caso di accertamento dello stato d’insolvenza; 
iv) la rateazione - fino a un massimo di centoventi rate mensili (anche di importo variabile nel tempo, in base alla risposta a interpello che l’Agenzia delle Entrate ha emesso il 29 settembre 2023) - del pagamento delle somme dovute e non versate, a titolo di imposte sul reddito, ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d’imposta, iva e irap non ancora iscritte a ruolo e dei relativi accessori, se in esito alla composizione è pubblicato nel registro delle imprese un contratto idoneo ad assicurare la continuità aziendale per almeno due anni ovvero un accordo che produce i medesimi effetti di un piano attestato di risanamento (comma 4). 
La lettera dei primi quattro commi del citato art. 25 bis costringe l’interprete a porsi dieci domande, alle quali in qualche caso è possibile fornire risposte soddisfacenti e in altri meno. 
2 . La riduzione degli interessi e delle sanzioni di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 25 bis
La prima domanda attiene al presupposto di applicazione del menzionato comma 1 e cioè se la riduzione al tasso legale degli interessi che maturano sui debiti tributari dall’apertura alla chiusura della composizione negoziata compete solo in caso di conclusione positiva della composizione negoziata. L’esplicito riferimento che la norma fa a una delle soluzioni di cui all’art. 23, commi 1 e 2, lett. b), induce a ritenere che la misura premiale spetti in effetti solo se ricorre una di dette soluzioni e pertanto: 
a) se viene concluso un contratto, con uno o più creditori oppure con una o più parti interessate all’operazione di risanamento, sempre che, secondo la relazione dell’esperto di cui all’art. 17, comma 9, tale contratto sia idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni; 
b) se viene conclusa una convenzione di moratoria di cui all’art. 62; 
c) se viene concluso un accordo sottoscritto dall’imprenditore, dai creditori aderenti e dalle altre parti interessate all’operazione di risanamento che vi hanno aderito nonché dall’esperto, che produce gli effetti di cui agli articoli 166, comma 3, lett. d), e 321 CCII; 
d) se, alternativamente, viene chiesta l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi degli articoli 57, 60 e 61. 
Conseguentemente in assenza di un epilogo della composizione negoziata diverso da quello costituito da una delle suddette soluzioni la misura premiale non compete. 
La seconda domanda riguarda la delimitazione del periodo di insorgenza dei debiti tributari i cui interessi possono essere ridotti ovvero se la riduzione ha a oggetto solo gli interessi inerenti ai debiti sorti prima dell’accesso alla composizione negoziata oppure anche quelli generatisi durante tale percorso. La lettera della norma (“Dall’accettazione dell’incarico …. e sino alla conclusione delle trattative …”) sembra deporre, anche se non in modo univoco, a favore della prima ipotesi, facendo essa indirettamente riferimento a debiti già esistenti al momento dell’accettazione e non a quelli sorti successivamente. Alla medesima conclusione si dovrebbe inoltre giungere in base a considerazioni d’ordine logico, poiché un conto è agevolare il risanamento delle imprese in crisi riducendo gli interessi che gravano sui debiti tributari esistenti all’avvio del risanamento e presumibilmente originati dalla situazione di squilibrio finanziario a cui l’impresa cerca di porre rimedio con la composizione negoziata; altro conto è agevolare il trattamento dei debiti sorti dopo tale momento mediante una disposizione che, se così fosse, si tradurrebbe addirittura in un incentivo a generare debiti che in realtà non dovrebbero neppure sorgere, essendo contrario alle più elementari regole di sana gestione che durante la composizione negoziata i tributi non vengano pagati tempestivamente, creando per di più oneri suppletivi costituiti da sanzioni  e interessi. In ogni caso il beneficio riguarda gli interessi che maturano sui suddetti debiti dall’accettazione dell’incarico da pate dell’esperto sino alla conclusione delle trattative. 
Una terza domanda concerne la permanenza della riduzione nel caso in cui la composizione negoziata sfoci in un accordo di ristrutturazione dei debiti che preveda anche una transazione fiscale. Considerato che il presupposto del beneficio è costituito dalla conclusione delle trattative con una delle soluzioni stragiudiziali di cui all’art. 23, commi 1 o con un accordo di ristrutturazione dei debiti ai sensi del comma  2, lett. b), del medesimo art. 23, e dunque anche con quest’ultimo strumento di regolazione della crisi, il beneficio non viene meno qualora il debito tributario divenga oggetto del trattamento previsto dall’art. 63, che disciplina la transazione fiscale nell’accordo di ristrutturazione dei debiti. Ne discende che in tale ipotesi la misura premiale riduce l’importo del debito tributario oggetto della transazione fiscale proposta dal debitore a seguito della chiusura della composizione negoziata (così come riduce l’importo del debito che deve risultare dalla certificazione che le agenzie fiscali rilasciano in tale procedura). Anche sotto il profilo logico questa conclusione non è irrazionale, rappresentando il beneficio, appunto, un premio per le imprese che affrontano tempestivamente lo stato di crisi in cui vengono a trovarsi attraverso la diligente richiesta di accesso alla composizione negoziata, in presenza di una conclusione positiva del percorso. L’effetto è peraltro analogo a quello previsto dall’art. 23, comma 2, lett. d), che, quando è individuata una soluzione idonea al superamento della crisi, dispone – a vantaggio di chi ha avviato il percorso della composizione negoziata - la riduzione (dal 75 al 60 per cento) della percentuale di cui all’art. 61, comma 2, ai fini dell’accordo di ristrutturazione a efficacia estesa. Del resto, mentre il comma 1 dell’art. 25 bis stabilisce quando il beneficio compete, il successivo comma 6 - come si è già rilevato - dispone chiaramente quando il beneficio viene meno: solo in caso di successiva apertura della procedura di liquidazione giudiziale o di liquidazione controllata ovvero di accertamento dello stato d’insolvenza e non di altre procedure. 
Una quarta domanda riguarda l’individuazione delle sanzioni a cui si applica la riduzione prevista dal comma 2 dell’art. 25-bis, che la norma definisce quelle per le quali è prevista l’applicazione in misura ridotta in caso di pagamento entro un determinato termine dalla comunicazione dell’ufficio che la irroga; riduzione che spetta, in ogni caso, se il relativo termine di pagamento scade dopo la presentazione dell’istanza di composizione negoziata. Deve necessariamente trattarsi di sanzioni per le quali è prevista una misura ridotta e dunque di penalità per le quali sono previste due misure: una ridotta e una “ordinaria”, di cui la prima costituisca un’attenuazione. Tuttavia, considerato che tale caratteristica riguarda vari tipi di sanzioni, occorre accertare se si tratta di tutte le (o di solo alcune delle) tipologie di sanzioni di seguito indicate: 
1) di quelle irrogabili - in dipendenza dell’omesso versamento di tributi, a seguito delle liquidazioni delle imposte eseguite in base alle dichiarazioni - ai sensi, per le imposte sui redditi, dell’art. 36 bis del D.P.R. n. 600/1973 e, per l’iva, dell’art. 54 bis del D.P.R. n. 633/1972, la cui applicazione in misura ridotta è disposta dall’art. 2 del D. Lgs. n. 462/1997; 
2) di quelle irrogabili, relativamente a violazioni diverse da quella indicata al precedente n. 1), a seguito della liquidazione prevista dall’art. 36 bis del D.P.R. n. 600/1973 e del controllo formale delle dichiarazioni previsto dall’art. 36-ter del medesimo decreto, la cui applicazione in misura ridotta è disposta dagli articoli 2 e 3 del D. Lgs. n. 462/1997;  
3) di quelle che derivano dall’acquiescenza ad atti impositivi relativi a tributi non dichiarati; 
4) di quelle che discendono dalla definizione di vertenze (già radicate o radicabili dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria) attuate mediante istituti deflattivi del contenzioso (accertamento con adesione, conciliazione giudiziale, ecc.); 
5) di quelle che si rendono dovute per effetto delle forme di definizione agevolata delle sole sanzioni previste dall’art. 16, comma 3, e dall’art. 17, comma 2, del D. Lgs. n. 472/1997 ovvero di forme straordinarie di definizione agevolata; 
6) di quelle che si rendono dovute a seguito di ravvedimento operoso di cui dall’art. 13 del D. Lgs. n. 472/1997. 
La norma si riferisce, letteralmente, alle sanzioni “per le quali è prevista l’applicazione in misura ridotta in caso di pagamento entro un determinato termine dalla comunicazione dell’ufficio che la irroga”: deve trattasi dunque di sanzioni relativamente alle quali, oltre a sussistere una misura ridotta, l’Amministrazione finanziaria deve inviare al contribuente una “comunicazione”. Questa previsione consente di escludere dallo spettro delle sanzioni suscettibili della riduzione di cui trattasi quelle derivanti da ravvedimento operoso (sopra indicate sub n. 6), poiché in questo caso l’iniziativa del contribuente anticipa il provvedimento del Fisco, che non gli invia quindi alcuna comunicazione. Consente, inoltre, di ricomprendervi certamente quelle discendenti dall’omesso versamento di tributi che viene rilevato dall’Amministrazione finanziaria mediante il controllo previsto dall’art. 36 bis del D.P.R. n. 600/1973 e dall’art. 54 bis del D.P.R. n. 633/1973 (sopra indicate sub n. 1), poiché in tal caso: 
- se emerge un’imposta o una maggior imposta dovuta, “l’esito della liquidazione è comunicato al contribuente o al sostituto d’imposta”, mediante l’atto denominato “comunicazione di irregolarità” o “avviso bonario”: vi è quindi una “comunicazione”; 
- ai sensi dell’art. 2 del D. Lgs. n. 462/1997 le somme, che in base a tali controlli risultano dovute, devono essere iscritte a ruolo; 
- l’iscrizione a ruolo non è tuttavia eseguita, ai sensi del medesimo art. 2, se il contribuente provvede a pagare dette somme “entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dai predetti artt. 36 bis e 54 bis …….” e in tal caso “l’ammontare delle sanzioni amministrative è ridotto a un terzo …”: è quindi prevista una “misura ridotta” della sanzione. 
Significa che, a seguito dell’omesso versamento dei tributi rilevato mediante la liquidazione di cui ai citati art. 36 bis e 54 bis, non ha luogo l’iscrizione a ruolo delle somme non versate e delle relative sanzioni nella misura del 30% delle imposte, se il contribuente provvede a pagarle, nel qual caso dette sanzioni sono ridotte al 10% (cioè a un terzo della misura ordinaria del 30%). 
È invece da escludere l’applicazione della riduzione di cui trattasi alle sanzioni che derivano dall’acquiescenza ad atti impositivi, dalla definizione di vertenze attuate mediante istituti deflattivi del contenzioso, dalle forme di definizione agevolata delle sole sanzioni previste dall’art. 16, comma 3, e dall’art. 17, comma 2, del D. Lgs. n. 472/1997 (sopra indicate sub nn. 3, 4 e 5), per due ragioni: 
i) poiché in nessuna di tali ipotesi l’Amministrazione finanziaria invia al contribuente una “comunicazione”. È vero che anche in questi casi l’Agenzia delle Entrate emette degli atti che notifica (peraltro attraverso modalità diverse) al contribuente; si tratta, però, di avvisi di accertamento e rettifica dei tributi, atti di contestazione delle sanzioni di cui al citato art. 16 e atti di irrogazione delle sanzioni di cui al citato art. 17, comma 2. Pertanto, se il legislatore avesse voluto far riferimento a essi, per individuare gli atti rilevanti ai fini del comma dell’art. 25-bis, li avrebbe richiamati mediante i termini tecnicamente appropriati con cui sono definiti nelle disposizioni legislative che li disciplinano, anziché utilizzare l’espressione “comunicazione”; non tanto perché questa sia generica, ma perché ha un differente significato, essendo stata impiegata dal legislatore per individuare atti di altra natura (quelli di cui all’art. 2, comma 2, del D. Lgs. n. 462/1997) che assolvono a funzioni diverse; 
ii) inoltre, perché una situazione di squilibrio o crisi finanziaria può giustificare sul piano logico una riduzione delle sanzioni relative all’omesso versamento di tributi dichiarati, essendo tale omissione in un certo senso riconducibile a una sorta di causa di forza maggiore dovuta proprio alla situazione di crisi in cui si trova il contribuente; la medesima situazione non può invece giustificare una riduzione delle sanzioni relative alla omessa dichiarazione dell’imponibile e del relativo tributo, attesa l’assenza di qualsiasi nesso tra questo tipo di violazione e la situazione di crisi in cui versa il contribuente. È vero che la riduzione di cui trattasi intende essere una misura premiale per l’imprenditore in crisi che si avvale tempestivamente della composizione negoziata per riacquisire il proprio equilibrio economico-finanziario e patrimoniale, ma, ove fosse riferibile anche a violazioni rappresentate dal mancato corretto adempimento degli obblighi dichiarativi, essa costituirebbe un premio all’evasore più che al contribuente che ha omesso di versare le imposte a causa delle proprie difficoltà finanziarie alle quali cerca diligentemente di porre rimedio. 
Per i medesimi motivi logici testé esposti dovrebbero essere escluse dal beneficio di cui trattasi anche le sanzioni relative alle violazioni diverse da quella indicata al precedente n. 1) irrogate a seguito della liquidazione prevista dal medesimo art. 36 bis del D.P.R. n. 600/1973 e del controllo formale delle dichiarazioni previsto dall’art. 36 ter del medesimo decreto (sopra indicate sub n. 2). Tuttavia, tali violazioni sono “comunicate” dall’Amministrazione finanziaria al contribuente e rappresentano quindi fattispecie che, in assenza di un’esplicita esclusione, pare difficile escludere dal perimetro delineato dall’enunciato del comma 2 dell’art. 25 bis
3 . La riduzione degli interessi e delle sanzioni di cui al comma 3 dell’art. 25 bis
Una quinta domanda deriva dal fatto che quest’ultima norma, seppur stabilendo che la riduzione di cui trattasi riguarda le “sanzioni tributarie per le quali è prevista l’applicazione in misura ridotta in caso di pagamento entro un determinato termine”, nulla dispone in merito al termine di adempimento che deve essere rispettato per usufruire della misura premiale. Ci spieghiamo meglio. La riduzione della sanzione alla misura minima (quella del 10% in luogo di quella del 30%, come si è sopra precisato) compete, in virtù dell’art. 2 del D. Lgs. n. 462/1997, se il contribuente provvede a pagare le imposte dovute “entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione prevista dai predetti artt. 36 bis e 54 bis …….” oppure se entro tale termine inizia il pagamento rateale previsto dall’art. 3 bis del medesimo decreto legislativo (che può prevedere sino a venti rate trimestrali). Poiché tale riduzione spetta, in base alle disposizioni stabilite da tali norme, alla generalità dei contribuenti anche in assenza di una norma speciale, qual è quella recata dal comma 2 dell’art. 25-bis, la misura di cui trattasi deve necessariamente consistere nel permettere il pagamento delle imposte anche successivamente al suddetto termine di trenta giorni; altrimenti non ne deriverebbe alcun beneficio per il contribuente e la norma che la prevede sarebbe inutile. Il termine, diverso da quello ordinario, entro cui tale pagamento deve essere eseguito, la cui scadenza è necessariamente successiva al deposito della domanda di nomina dell’esperto, può essere individuato in via interpretativa in quello discendente - laddove sia consentita - dalla rateazione relativa ai tributi non ancora iscritti a ruolo disciplinata dal successivo comma 4, ovvero in quello discendente dalla rateazione disciplinata in via ordinaria dall’art. 19 del D.P.R. n. 602/1973 relativamente alle somme iscritte a ruolo. A differenza di quest’ultima disposizione che è applicabile in assenza di particolari condizioni, il citato comma 4, tuttavia, consente la rateazione delle somme non ancora iscritte a ruolo solo in caso di pubblicazione nel registro delle imprese del contratto di cui all’art. 23, comma 1, lett. a) e dell’accordo di cui al medesimo comma, lett. c), mentre la riduzione delle sanzioni disposta dal comma 2 dell’art. 25 bis compete indipendentemente da un simile esito della composizione negoziata. Le due fattispecie non sono quindi corrispondenti. Ciò rende la disposizione recata dal citato comma 2 - sotto questo profilo, ma non solo visti i numerosi interrogativi che essa solleva - lacunosa e difficile da integrare in via interpretativa, ma se ne dovrebbe trarre la conclusione che, nei casi diversi da quelli per i quali il citato comma 4 dell’art. 25 bis del Codice della crisi (per le somme non iscritte a ruolo) e l’art. 19 del D.P.R. n. 602/1973 (per quelle iscritte a ruolo) prevedono una possibilità di rateazione, la riduzione delle sanzioni alla misura minima competa solo qualora venga rispettato l’originario termine di pagamento; il che equivale però ad affermare che in tali ipotesi la riduzione opera in base alla regola generale e che quindi la misura premiale non trova applicazione. 
Si tratta di una conclusione non del tutto appagante, ma a ben vedere nemmeno del tutto incoerente, se si considera che in base a essa la riduzione delle sanzioni di cui trattasi: i) spetterebbe in presenza di presupposti (rappresentati dalla sottoscrizione del contratto e dell’accordo di cui alle lettere a) e c) del comma 1 del citato art. 23) non dissimili da quelli al ricorrere dei quali il comma 1 del medesimo art. 25 bis consente la riduzione degli interessi, sebbene non spettando a seguito della conclusione di un accordo di ristrutturazione dei debiti e di una convenzione di moratoria (in queste ipotesi spetterebbe quindi la riduzione degli interessi, ma non quella delle sanzioni); ii) rimarrebbe in ogni caso applicabile, indipendentemente dall’esito della composizione negoziata, in presenza della rateazione di cui al citato art. 19 del D.P.R. n. 602/1973, ove si tratti di sanzioni relative a tributi iscritti a ruolo. Conseguentemente la misura premiale competerebbe sempre, salvo che - relativamente alle somme non iscritte a ruolo – qualora la composizione negoziata si concluda con un accordo di ristrutturazione dei debiti o con una convenzione di moratoria. 
Tuttavia, in caso di sbocco della composizione negoziata nell’accordo di ristrutturazione dei debiti il debitore ha la possibilità di ristrutturare i propri debiti tributari avvalendosi dell’istituto della transazione fiscale e quindi può in tale sede convenire la rideterminazione delle sanzioni, come di ogni altra componente del suo debito tributario, senza alcuna limitazione. 
Questa ricostruzione non corrisponde alla lettera del comma 2, che non pone di per sé limitazioni al beneficio di cui trattasi, ma, pur con i limiti descritti, ha quanto meno il pregio di rendere possibile l’applicazione di tale norma nelle circostanze sopra descritte, il cui spettro è peraltro sufficientemente ampio, nonostante l’incompletezza di detta norma. 
Fortunatamente l’introduzione nell’art. 23 del comma 2 bis (si veda al riguardo il successivo par. 6), che prevede anche nella composizione negoziata la possibilità di un accordo tra contribuenti e Fisco relativamente ai debiti relativi ai tributi, consente di superare la criticità interpretativa, poiché i termini di pagamento dei debiti a cui si riferiscono le sanzioni oggetto della riduzione prevista dal comma 2 dell’art. 25 bis possono essere ora chiaramente individuati in quelli risultanti da tale accordo, rendendo sempre concreta la misura premiale. 
Una sesta domanda riguarda l’individuazione dell’oggetto del beneficio previsto dal comma 3 dell’art 25 bis, costituito dalla “riduzione alla metà delle sanzioni e degli interessi sui debiti tributari sorti prima dell’istanza di cui all’art. 17 e oggetto della composizione negoziata”. Ai fini della sussistenza del presupposto di questo beneficio rileva quindi un fattore temporale e il fatto che i debiti siano oggetto del percorso della composizione negoziata. 
Letteralmente il participio “sorti” e la locuzione “oggetto della composizione negoziata” possono essere riferiti sia ai debiti tributari sia alle sanzioni e agli interessi. Per motivi logici, invece, mentre il participio “sorti” potrebbe essere attribuito tanto ai debiti quanto a sanzioni e interessi, ciò che costituisce “oggetto della composizione negoziata” non può riguardare solo tali componenti (sanzioni e interessi) e non anche i debiti tributari a cui questi ineriscono, perché non avrebbe senso assumere che la ristrutturazione dei debiti attuata mediante la composizione negoziata possa attenere ai soli accessori e non anche al capitale costituito dai tributi. La misura premiale dovrebbe pertanto riguardare le sanzioni e gli interessi maturati sui debiti già sorti alla data della domanda di nomina dell’esperto, che al tempo stesso costituiscano “oggetto della composizione negoziata”. Tuttavia, se la misura premiale prevista dal comma 3 riguardasse sia le sanzioni e gli interessi maturati sino a tale data sia quelli maturati successivamente, si creerebbe una sovrapposizione con la misura prevista al comma 1 del medesimo art. 25 bis (che - come si è visto - si applica agli interessi “Dall’accettazione dell’incarico …. sino alla conclusione delle trattative”); quanto meno nei casi in cui quest’ultima trova applicazione, e ciò sarebbe poco logico. Ne discenderebbe inoltre che, nell’ipotesi in cui la composizione negoziata sfociasse in una delle soluzioni di cui al comma 2 dell’art. 23, che sono “meno positive” di quelle indicate dal comma 1 dello stesso art. 23, l’imprenditore godrebbe (salvo i casi di una misura dei tassi diversa da quella attuale) di un beneficio maggiore di quello previsto in caso di un esito maggiormente positivo, qual è quello rappresentato dalle soluzioni di cui al comma 1 e al comma 2, lett. b, dell’art. 23); anche ciò sarebbe illogico. 
Per tali ragioni è da ritenersi che la riduzione disposta dal comma 3 dell’art. 25 bis abbia a oggetto le sanzioni e gli interessi maturati sino alla data dell’istanza di cui all’art. 17 e non anche successivamente, mentre quella stabilita dal comma 1 del medesimo art. 25 bis si applica agli intesse maturati a partire dalla predetta data. Le due misure premiali sono quindi legate da un nesso di complementarità temporale. 
Una settima domanda concerne il campo di applicazione delle sanzioni oggetto della riduzione prevista dal citato comma 3 e più precisamente se essa riguarda tutte le sanzioni relative ai debiti tributari oppure solo alcune di esse (l’elencazione delle diverse tipologie è esposta, seppur senza pretesa di esaustività, nel par. 4.1). La lettera della norma non consente all’interprete di introdurre limiti di natura qualitativa e quantitativa, salvo che si tratti di sanzioni relative a “debiti tributari sorti prima dell’istanza di cui all’art. 17” e quindi di sanzioni sorte anch’esse prima di tale istanza. Può trattarsi pertanto di sanzioni discendenti dall’omesso versamento di tributi, come di sanzioni discendenti da violazioni sostanziali costituite dalla omessa dichiarazione di materia imponibile, di sanzioni relative a violazioni formali come di violazioni relative a omessi adempimenti (ad esempio la mancata emissione e annotazione di fatture o l’utilizzo del “plafond iva”), di sanzioni derivanti da acquiescenza come di sanzioni derivanti dal passaggio in giudicato di una sentenza istituti o da istituti deflattivi del contenzioso tributario. In assenza di alcuna delimitazione legislativa, si tratta, più semplicemente, di sanzioni tributarie di qualsiasi natura. 
Un’ottava domanda concerne il momento in cui le sanzioni oggetto della riduzione prevista dal comma 3 devono intendersi sorte, posto che la misura premiale si applica solo ai debiti sorti prima della domanda di accesso alla composizione negoziata. Tale momento non può che essere individuato in quello della violazione, insorgendo il presupposto della sanzione per effetto della commissione della violazione e non della contestazione di quest’ultima da parte dell’Amministrazione finanziaria. 
Una nona domanda è relativa al significato della locuzione “oggetto della composizione negoziata”, che è tutt’altro che chiaro. Infatti, sino all’introduzione del comma 2 bis nell’art. 23 disposta con il decreto correttivo (che verrà trattata nel par. 6), i debiti relativi ai tributi non potevano essere sottoposti ad alcuna ristrutturazione nella composizione negoziata e dunque quando la disposizione fu scritta non potevano esservi debiti “oggetto della composizione negoziata”. Tale previsione rischiava di (e in una certa misura può tuttora) impedire dunque l’applicazione dell’intero comma di cui fa parte, poiché condiziona il beneficio a un presupposto che non poteva realizzarsi, in quanto non consentito dalla legge stessa.  Essa, infatti, non poteva (e non può) essere riferita ai debiti di cui può essere richiesta la rateazione ai sensi del successivo comma 4 - il che, se fosse possibile, renderebbe tali debiti “oggetto della composizione negoziata” e permetterebbe conseguentemente la fruizione del beneficio -, perché tale rateazione richiede la sottoscrizione del contratto e dell’accordo previsti dal comma 1 dell’art. 23, mentre la misura premiale di cui trattasi compete solo nelle ipotesi previste dal comma 2 di tale articolo, che sono diverse da quelle indicate nel predetto comma 1. È da ritenersi tuttavia errato sotto il profilo ermeneutico attribuire a tale previsione un effetto abrogativo dell’intera norma che la contiene e, anche in considerazione di questa esigenza, essa può essere intesa come riferita ai debiti tributari che, in quanto sorti prima dell’avvio del percorso di risanamento e non soddisfatti al momento della domanda di nomina dell’esperto, rientrano tra quelli in essere nel momento di accesso alla (e sono dunque “oggetto” della) composizione negoziata, nel senso che, indipendentemente dal trattamento che nel corso della stessa potranno ricevere, sono comunque destinati a essere pagati o ristrutturati, anche mediante ricorso agli altri istituti in cui tale percorso può sfociare. 
L’introduzione nell’art. 23 del comma 2 bis, che prevede anche nella composizione negoziata la possibilità di un accordo tra contribuenti e Fisco relativamente ai debiti relativi ai tributi, consente peraltro di superare, quanto meno con riferimento alle domande di accesso presentate dall’entrata in vigore di tale norma, anche a questo riguardo ogni criticità interpretativa e di eliminare incertezze circa la fruizione della riduzione alla metà di sanzioni e interessi disposta dal comma 3 dell’art. 25 bis
La decima domanda concerne la conservazione della riduzione prevista dal comma 3 dell’art. 25 bis nel caso in cui la composizione negoziata sfoci in un istituto ove è prevista la transazione fiscale o in un concordato semplificato. Il presupposto della riduzione delle sanzioni di cui trattasi è costituito dal ricorso - all’esito delle trattative e in assenza di una delle soluzioni di cui al comma 1 dell’art. 23 - a uno degli istituti indicati dal comma 2 del medesimo articolo, e dunque anche a un accordo di ristrutturazione dei debiti, a un concordato semplificato o a un concordato preventivo. Ne discende che in queste ipotesi il beneficio non viene meno qualora il debito tributario sia oggetto del trattamento previsto dall’art. 63 e dell’art. 88, riducendo l’importo del debito tributario oggetto della transazione fiscale attuata in tali contesti, o l’impresa debitrice presenti una domanda di concordato semplificato. Vien invece meno se lo sbocco della composizione negoziata è costituito da un’altra procedura. 
4 . La rateazione delle somme non ancora iscritte a ruolo
Il comma 4 dell’art. 25 bis prevede che, in caso di pubblicazione nel registro delle imprese del contratto di cui all’art. 23, comma 1, lett. a), o dell’accordo di cui alla lett. c) del medesimo comma, l’Agenzia delle Entrate concede all’imprenditore che lo richiede un piano di rateazione fino a un massimo di settantadue rate mensili per il pagamento delle somme dovute e non versate a titolo di imposte sul reddito, ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d’imposta, iva e irap non ancora iscritte a ruolo e dei relativi accessori, cioè delle sanzioni e degli interessi a esse inerenti. La richiesta deve essere formulata con istanza sottoscritta anche dall’esperto nominato ai fini della composizione negoziata e, poiché la norma utilizza l’espressione “l’Agenzia delle Entrate concede”, detto Ufficio, se ne ricorrono i menzionati presupposti (pubblicazione dell’accordo o del contratto, natura delle somme dovute, sottoscrizione dell’istanza anche da parte dell’esperto e rispetto della durata della dilazione prevista dalla norma), non ha titolo per rifiutare la concessione della rateazione. Si tratta, infatti, di una misura premiale volta a incentivare il ricorso delle imprese alla composizione negoziata e la sottoscrizione dell’istanza da parte dell'esperto costituisce prova dell'esistenza di una temporanea situazione di obiettiva difficoltà, che di per sé giustifica la suddetta rateazione. Tuttavia, poiché la norma prevede la concessione della rateazione “fino a un massimo di settantadue mesi”, una valutazione della situazione del debitore deve essere necessariamente compiuta dall’Agenzia delle Entrate, per stabilire la durata della dilazione. 
In caso di comprovata e grave situazione di difficoltà dell’impresa, rappresentata nell’istanza di rateazione e sottoscritta dall’esperto, l’ultimo periodo del medesimo comma 4 dell’art. 25 bis (aggiunto dal decreto correttivo) stabilisce espressamente (in precedenza lo prevedeva peraltro l'art. 38, comma 1, del D.L. n. 13/2023) che l’Agenzia delle Entrate può concedere una dilazione sino a centoventi rate mensili. A questo riguardo la norma non prevede che l’Agenzia “concede” ma che “può concedere” la maggior rateazione: significa che, ai fini dell’estensione della dilazione di pagamento, tale Ufficio deve compiere una valutazione circa la gravità della situazione in cui versa l’impresa debitrice e quindi che la maggior rateazione, pur costituendo un diritto dell’imprenditore se ne ricorrono i presupposti, non è il frutto di un automatismo e spetta solo in presenza di una situazione realmente grave che la giustifica, di cui la sottoscrizione dell’esperto rappresenta comunque una conferma. 
Indipendentemente dalla sua durata il piano di pagamento può prevedere rate variabili di importo crescente per ciascun anno e non necessariamente rate di pari ammontare. Lo ha confermato l’Agenzia delle Entrate con la risposta a interpello n. 443 del 2 ottobre 2023. Come si vedrà meglio nel prosieguo, si applicano infatti alla predetta rateazione, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'art. 19 del D.P.R. n. 602/1973, il quale – dopo le modifiche apportatevi dal D. Lgs. n. 110/2024 (avente a oggetto la revisione ella disciplina della riscossione), in vigore dall’8 agosto 2024 - prevede a sua volta in generale, cioè anche al di fuori della composizione negoziata, seppure con riguardo alle somme iscritte a ruolo, poiché di esse di occupa tale norma, quanto segue: 
- l'agente della riscossione, su semplice richiesta del contribuente che dichiara di versare in temporanea situazione di obiettiva difficoltà economico-finanziaria, concede una dilazione di pagamento delle somme (in questo caso iscritte a ruolo), se il loro importo (compreso in ciascuna richiesta di dilazione) non è superiore a 120 mila, fino a un numero massimo di rate che varia da ottantaquattro a centootto a seconda dell’anno di presentazione della richiesta: ottantaquattro se presentata negli anni 2025 e 2026, novantasei se presentata negli anni 2027 e 2028 e centootto per le richieste presentate a decorrere dal 1° gennaio 2029 (comma 1.1); 
- l'agente della riscossione, su richiesta del contribuente che documenta la temporanea situazione di obiettiva difficoltà economico-finanziaria, concede una dilazione di pagamento delle somme (in questo caso iscritte a ruolo) fino ad un massimo di centoventi rate mensili, se il loro importo (compreso in ciascuna richiesta di dilazione) è superiore a 120 mila euro. Il numero di rate è di poco inferiore, variando da ottantacinque a centonove a seconda della data di presentazione della richiesta di dilazione: ottantacinque per gli anni 2025 e 2026, novantasette per gli anni 2027 e 2028 e centonove per le richieste presentate a decorrere dal 1 gennaio 2029, se l’ammontare dovuto non eccede quello di 120 mila euro (comma 1); 
- il debitore può chiedere che il piano di rateazione preveda, in luogo di rate costanti, rate di importo variabile crescente per ciascun anno (comma 1 ter). 
L’espresso richiamo alle disposizioni di cui all'art. 19 del D.P.R. n. 602/1973, in quanto compatibili, comporta l’applicazione, oltre che del citato comma 1-ter come la stessa Agenzia delle Entrate ha avuto modo di confermare in merito alla possibilità di prevedere rate variabili crescenti, anche delle seguenti norme: 
- del comma 1-quater 2, ai sensi del quale il pagamento della prima rata determina l’estinzione delle procedure esecutive, fatte salve le deroghe ivi espressamente indicate; 
- del comma 3 bis, ai sensi del quale, in caso di provvedimento amministrativo o giudiziale di sospensione totale o parziale della riscossione, emesso in relazione alle somme che costituiscono oggetto della dilazione, il debitore è autorizzato a non versare - limitatamente alle stesse - le successive rate; 
- del comma 3 ter, secondo cui la decadenza dal beneficio della rateazione di uno o più carichi non preclude al debitore la possibilità di ottenere la dilazione di pagamento di carichi diversi da quelli per i quali è intervenuta la decadenza; 
- del comma 4, ai sensi del quale le rate mensili oggetto di dilazione scadono nel giorno di ciascun mese indicato nell’atto di accoglimento dell’istanza di dilazione. 
Il richiamo delle norme recate dall’art. 19 nella loro interezza, sempre che compatibili, rendeva applicabile nella composizione negoziata anche la disposizione prevista dal comma 1 quinquies di tale articolo, laddove disponeva che: i) ove il debitore si fosse trovato, per ragioni estranee alla propria responsabilità, in una comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, la rateazione avrebbe potuto essere aumentata fino a centoventi rate mensili; ii) ai fini della concessione della maggior rateazione sino a centoventi mesi, si doveva intendere per comprovata e grave situazione di difficoltà quella in cui ricorrevano congiuntamente le seguenti condizioni: a) accertata impossibilità per il contribuente di eseguire il pagamento del credito tributario secondo un piano di rateazione ordinario; b) solvibilità del contribuente, valutata in relazione al piano di rateazione che può essere concesso. 
Tuttavia, da un lato, questa disposizione era già da considerare almeno parzialmente superata dall’ultimo periodo del comma 4 dell’art. 25 bis e in precedenza dall'art. 38, comma 1, del D.L. n. 13/2023, che hanno espressamente previsto la possibilità di una rateazione di centoventi mesi a seguito di istanza recante la sottoscrizione anche dell’esperto; dall’altro lato, il citato comma 1 quinquies è stato abrogato dall’art. 13 del D. Lgs. n. 110/2024 (avente a oggetto la revisione ella disciplina della riscossione), in vigore dall’8 agosto 2024, e i nuovi commi 1. e 1.1 dell’art. 19 del D.P.R. n. 602/1973 stabiliscono - come si è già rilevato -  che l’agente della riscossione concede in via ordinaria una dilazione di pagamento variabile da ottantaquattro a centoventi rate mensili, a seconda che le somme dovute siano minori o maggiori dell’importo di 120 mila euro, che la temporanea situazione di obiettiva difficoltà economico-finanziaria del debitore sia semplicemente dichiarata oppure documentata nonché a seconda dell’anno di presentazione della richiesta. 
Ciò posto, sono allo stato vigenti (e si sovrappongono) le seguenti disposizioni: 
i) una prima norma, applicabile alla generalità delle imprese, costituita dal comma 1. del citato art. 19, ai sensi della quale, in presenza di una semplicemente dichiarata temporanea situazione di obiettiva difficoltà economico-finanziaria del debitore, l’agente della riscossione concede una dilazione di pagamento fino a centootto rate mensili, se l’importo delle somme iscritte a ruolo non eccede l’ammontare di 120 mila euro; 
ii) una seconda norma, applicabile alla generalità delle imprese, costituita dal comma 1.1. del citato art. 19, ai sensi della quale, in presenza di una documentata temporanea situazione di obiettiva difficoltà economico-finanziaria del debitore, l’agente della riscossione concede una dilazione di pagamento fino a centoventi rate mensili se l’importo delle somme iscritte a ruolo eccede l’ammontare di 120 mila euro o per un minor numero di rate (fino a centonove) se l’importo dovuto non eccede tale ammontare; 
iii) una terza norma, costituita dal primo periodo del comma 4 dell’art. 25 bis del Codice della crisi, applicabile solo alle imprese che hanno avuto accesso alla composizione negoziata della crisi, ai sensi della quale, relativamente alle somme non ancora iscritte a ruolo, in caso di pubblicazione nel registro delle imprese del contratto di cui all’art. 23, comma 1, lett. a), o dell’accordo di cui alla lett. c) del medesimo comma, indipendentemente dall’importo del debito, l’Agenzia delle Entrate concede all’imprenditore che lo richiede un piano di rateazione di settantadue rate mensili per il pagamento delle somme dovute e non versate a titolo di imposte sul reddito, ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto d’imposta, iva e irap non ancora iscritte a ruolo e dei relativi accessori, cioè delle sanzioni e degli interessi inerenti a tali somme; 
iv) una quarta norma, costituita dall’ultimo periodo del comma 4 dell’art. 25 bis del Codice della crisi, applicabile solo alle imprese che hanno avuto accesso alla composizione negoziata della crisi, ai sensi della quale, relativamente alle somme non ancora iscritte a ruolo, in caso di comprovata e grave situazione di difficoltà dell’impresa, rappresentata nell’istanza di rateazione e sottoscritta dall’esperto, indipendentemente dall’importo del debito, l’Agenzia delle Entrate può concedere una dilazione sino a centoventi rate mensili.  
Quando l’art. 25 bis entrò in vigore in vigore, seppur in presenza di alcune (peraltro non particolarmente significative) differenze circa la tipologia di tributi rateizzabili, sussisteva una certa specularità fra ciò che tale norma prevedeva circa l’ampiezza della rateazione concedibile nell’ambito della composizione negoziata (relativamente alle somme non ancora iscritte a ruolo) e ciò che il citato art. 19 stabiliva – per la generalità delle imprese - circa l’ampiezza della rateazione concedibile nella generalità dei casi relativamente alle somme iscritte a ruolo: entrambe le norme prevedevano infatti una dilazione di settantadue rate mensili. Sussisteva inoltre una certa specularità fra le norme – quelle relative alla composizione negoziata (comprensive di quella recata dall’art. l'art. 38, comma 1, del D.L. n. 13/2023) e il comma 1 quinquies del citato art. 19 - che disciplinavano la possibilità della concessione di una maggior dilazione sino a centoventi mesi. 
Invece, alla luce dell’attuale assetto normativo (sopra descritto), formatosi a seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 110/2024, il cui art. 13 ha modificato il menzionato art. 19, sussiste oggi un evidente scollamento fra le due discipline. Infatti, la rateazione delle somme iscritte a ruolo spettante in via ordinaria alla generalità delle imprese è fisiologicamente costituita (per le somme superiori a 120 mila euro) da centoventi rate mensili ed è concessa semplicemente in presenza di una documentata temporanea situazione di obiettiva difficoltà economico-finanziaria (il numero di rate varia da ottantacinque a centonove, se la somma dovuta non eccede il predetto importo di 120 mila euro); invece, quella delle somme non ancora iscritte a ruolo di cui possono usufruire le imprese che hanno avuto accesso alla composizione negoziata, cioè di soggetti che hanno bisogno di un maggior sostegno finanziario e hanno documentato in modo ben più circostanziato il proprio stato, è fisiologicamente costituita solo da settantadue rate mensili e compete solo a seguito del raggiungimento di accordi con altri creditori. 
È evidente l’incongruenza creatasi a causa della introduzione di norme che si sono sovrapposte in assenza del necessario coordinamento. È vero che la rateazione concessa nella composizione negoziata ai sensi del comma 4 dell’art. 25 bis può essere anch’essa estesa a centoventi rate mensili, ma in presenza di presupposti ben più stringenti di quelli richiesti ai fini della concessione della dilazione ordinaria di centoventi rate prevista dal novellato art. 19. Inoltre, se le somme dovute sono inferiori a 120 mila euro in assenza della composizione negoziata la rateazione compete, a regime, nella misura di centootto mesi solo a seguito della presentazione di una richiesta con cui il debitore “dichiara” la propria situazione di temporanea difficoltà (a fronte delle settantadue rate previste dal comma 4 dell’art. 25 bis). 
Sebbene si tratti di norme - quelle del D.P.R. n. 602/1973 e quelle del Codice della crisi - che sono state modificate recentissimamente e pressoché contestualmente, è da ritenersi opportuna una loro ulteriore modifica, affinché ne derivi una disciplina complessiva più omogenea e coerente. 
L’imprenditore decade automaticamente dal beneficio della rateazione in caso di mancato pagamento anche di una sola rata alla sua scadenza o di successivo deposito di un ricorso ai sensi dell’art. 40 del Codice della crisi, di successiva apertura della procedura di liquidazione giudiziale o di liquidazione controllata ovvero di accertamento dello stato di insolvenza. Conseguentemente, nonostante il richiamo dell’art. 19 del D.P.R. n. 602/1973, non può trovare applicazione, in quanto non compatibili con specifiche norme dell’art. 25 bis in commento, il comma 3 del citato art. 19, che stabilisce alcune limitazioni alla decadenza della rateazione ordinaria per inadempimento. 

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